SENTENZA N. 49
ANNO 2018
Commento alla decisione di
Laura Buffoni
Il
potere sostitutivo del Governo e l’equilibrio di bilancio
per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI
Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale della legge
della Regione Abruzzo 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio
2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa
preliminare) e, in particolare, degli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e
12, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 19-22 maggio 2017, depositato in cancelleria il 29 maggio 2017 e
iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2017.
Visto
l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito
nell’udienza pubblica del 9 gennaio 2018 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato
dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e
l’avvocato Stefania Valeri per la Regione Abruzzo.
Ritenuto in fatto
1.– Il Presidente del
Consiglio dei ministri ha impugnato l’intera legge della Regione Abruzzo 7
marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio 2013. Conto finanziario,
conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare), nonché,
specificamente, gli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12 della medesima
legge, per violazione degli artt. 81, quarto comma,
e 117, terzo comma,
della Costituzione, anche in riferimento all’art. 29, comma 1, del decreto
legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di
coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in
attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208) ed
all’art. 39, comma 1, della legge
Regione Abruzzo 25 marzo 2002, n. 3 (Ordinamento contabile della Regione
Abruzzo).
1.1.– Espone il Presidente del
Consiglio dei ministri che con la legge reg. n. 16 del 2017 la Regione Abruzzo
ha emanato le disposizioni in tema di Rendiconto generale per l’esercizio 2013,
conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa
preliminare. Secondo il ricorrente, con le norme denunciate in epigrafe, la
Regione Abruzzo avrebbe ecceduto dalla propria competenza per i seguenti
motivi.
1.2.– L’art. 1, commi 1 e 2,
della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 violerebbe gli artt. 81, quarto comma,
e 117, terzo comma, Cost., anche in riferimento all’art. 29, comma 1, del
d.lgs. n. 76 del 2000 e all’art. 39, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 3 del
2002.
Premette il ricorrente che
l’art. 1 della legge regionale n. 16 del 2017 prevede, al primo comma, che «il
rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2013 è approvato con le
risultanze negli articoli che seguono» e, al secondo comma, che «sono approvate
le previsioni definitive di competenza come indicate nel conto di bilancio
allegato alla presente legge». In base al successivo art. 19, comma 1, la legge
regionale n. 16 del 2017 è entrata in vigore il 21 marzo 2017, giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nel BURAT (Bollettino Ufficiale
della Regione Abruzzo in versione telematica).
Il Presidente del Consiglio
dei ministri obietta che la legge regionale n. 16 del 2017 sarebbe stata quindi
approvata in forma legislativa oltre i termini imposti dall’art. 39, comma 1,
della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2002. Tale norma prevede, infatti, al primo
comma, che «Il rendiconto generale è predisposto dalla Giunta, ed è approvato
dal Consiglio entro il 30 giugno e comprende il conto del bilancio e il conto
generale del patrimonio e dimostra i risultati della gestione».
Si tratterebbe, secondo il
ricorrente, di una tassativa previsione temporale, coerente con quanto
dispone[va] l’art. 29, comma 1, del decreto legislativo n. 76 del 2000 il quale
prevede che «il rendiconto generale della regione è approvato con legge
regionale entro il 30 giugno dell’anno successivo all’esercizio cui questo si riferisce».
Al riguardo, la difesa dello Stato precisa che il predetto comma trovava
applicazione alla fattispecie in esame, poiché è stato abrogato dalla lettera
c) del comma 1, dell’art. 77, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi
di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma
degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), aggiunto dall’art. 1,
comma 1, lettera aa), del decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126
(Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011,
n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili
e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro
organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), ma a
decorrere dal 1° gennaio 2015.
1.3.– Secondo il Presidente
del Consiglio dei ministri gli artt. 8, 9, 10, 11 e 12 della legge Regione
Abruzzo n. 16 del 2017 violano gli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo
comma, lettera e), e terzo comma, Cost.
1.3.1.– Premette il ricorrente
che, con la delibera n. 39/2016/PARI, la Corte dei Conti, sezione regionale di
controllo per l’Abruzzo, ha parificato il rendiconto generale riferito all’anno
2013 della Regione Abruzzo con talune eccezioni, tra cui i capitoli concernenti
le economie vincolate riprogrammate per finalità diverse da quelle inizialmente
previste e la mancata neutralizzazione dell’anticipazione di liquidità ricevuta
ai sensi dell’art. 3 del decreto-legge n. 35 del 2013. Inoltre, su tali
argomenti, la predetta Corte ha sollevato questioni di legittimità
costituzionale nei confronti degli artt. 7, commi 1, 2 e 3, della legge della
Regione Abruzzo n. 2 del 2013, recante «Disposizioni finanziarie per la
redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 - 2015 della Regione
Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2013)», degli artt. 1, 4, 11 e 15, comma
3, della legge della Regione Abruzzo n. 3 del 2013 (Bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario 2013 - Bilancio pluriennale 2013/2015) e dell’art. 16
della legge della Regione Abruzzo 16 luglio 2013, n. 20 (Modifiche alla legge
regionale 10 gennaio 2013, n. 2 recante «Disposizioni finanziarie per la
redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 - 2015 della Regione
Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2013)», modifiche alla legge regionale 10
gennaio 2013, n. 3 recante «Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario
2013 - bilancio pluriennale 2013-2015» e ulteriori disposizioni normative).
Conseguentemente ha sospeso il giudizio per le voci non parificate, interessate
dalle suddette disposizioni. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 89 del
2017, depositata il 27 aprile 2017, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale delle predette norme censurate. Questa decisione ha rilevato una
violazione del principio di equilibrio del bilancio con riferimento ad economie
vincolate riprogrammate per obiettivi diversi da quelli inizialmente previsti,
finanziate da avanzo non accertato in via definitiva con l’approvazione del
rendiconto relativo all’esercizio precedente. Tale «riprogrammazione» ha
determinato un incremento indebito della spesa, attraverso l’iscrizione
illegittima dell’avanzo di amministrazione ed in assenza di un autentico
vincolo di destinazione.
Evidenzia il ricorrente che,
per quello che rileva in particolare in questa sede, la Corte non ha accolto le
difese svolte dalla Regione Abruzzo, tra le quali l’argomento secondo cui la
sopravvenuta legge regionale n. 16 del 2017, impugnata con il presente ricorso,
avrebbe risolto il problema della copertura attraverso l’accertamento di un
congruo avanzo di amministrazione (punto 4. del Considerato in diritto): ha
affermato difatti la Corte costituzionale che la predetta legge regionale
«produce norme e meccanismi contabili elusivi dei medesimi precetti in questa
sede invocati». Tale risultato di amministrazione, infatti, secondo la citata decisione,
non risulta affidabile in quanto «ritenuto parziale e non attendibile» dalla
Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, la quale non ha
parificato ingenti poste dei residui attivi e passivi, rilevando considerevoli
criticità sia in merito alla loro sussistenza ed al loro mantenimento in
bilancio, sia riguardo alle ricadute dell’operazione di riaccertamento dei
residui compiuta dalla Regione, in termini di certezza delle risultanze di
bilancio. Detto avanzo infatti, prosegue la sentenza n. 89 del
2017, viene ottenuto attraverso una operazione contabile non corretta, in
quanto, indipendentemente dalla procedura di riaccertamento straordinario dei
residui prevista dal decreto legislativo n. 118 del 2011 (che non è qui in
discussione), sussiste comunque l’obbligo indefettibile per ciascun ente
territoriale di effettuare annualmente, ed in ogni caso prima della
predisposizione del rendiconto, l’esatta ricognizione dei residui attivi e
passivi. La ricognizione annuale dei residui attivi e passivi è operazione
propedeutica a qualsiasi rendiconto, in quanto consente di individuare
formalmente: crediti di dubbia e difficile esazione; crediti inesigibili ed
insussistenti (per l’avvenuta legale estinzione o per indebito o erroneo
accertamento del credito); debiti prescritti; somme da portare in economia e,
in ogni caso, tutte le componenti degli esercizi decorsi che influiscono sul
risultato di amministrazione. È evidente che senza una verifica di tal genere
non si può procedere all’approvazione del rendiconto, ancorché tale procedura
sia rafforzata, come nel caso delle Regioni, dall’adozione di un atto
legislativo. In definitiva, la legge sopravvenuta, oltre a non avere un legame
diretto con le norme impugnate, non assicura chiarezza e stabilità ai conti
regionali, peggiorando la situazione dell’ente territoriale, anche per
l’assenza di punti di riferimento sicuri quali la continuità con le risultanze
degli esercizi pregressi e l’esatta contabilizzazione dei crediti e dei debiti
allo stato esistenti (punto 6.4. del Considerato in diritto della sentenza n. 89 del
2017).
Osserva ulteriormente il
Presidente del Consiglio dei ministri che nella citata sentenza n. 89 del
2017 (punto 8 del Considerato in diritto) si trova affermato che «la
regolarizzazione della tenuta dei conti non consiste nel mero rispetto della
sequenza temporale degli adempimenti legislativi ed amministrativi afferenti al
bilancio preventivo e consuntivo. Il nucleo della sana gestione finanziaria
consiste, al contrario, nella corretta determinazione della situazione economico-finanziaria
da cui prende le mosse e a cui, successivamente, approda la gestione
finanziaria». Tale determinazione, prosegue la pronuncia richiamata dalla
difesa dello Stato, «è strettamente correlata al principio di continuità degli
esercizi finanziari, per effetto del quale ogni determinazione infedele del
risultato di amministrazione si riverbera a cascata sugli esercizi successivi.
Ne risulta così coinvolto in modo durevole l’equilibrio del bilancio:
quest’ultimo, considerato nella sua prospettiva dinamica, la quale "consiste
nella continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse
disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche” (sentenza n. 266 del
2013; in senso conforme, sentenza n. 250 del
2013), esige che la base di tale ricerca sia salda e non condizionata da
perturbanti potenzialità di indeterminazione». Sono «Proprio la costanza e la
continuità di tale ricerca» che «ne spiegano l’operatività nell’arco di più
esercizi finanziari; al contrario, prendere le mosse da infedeli
rappresentazioni delle risultanze economiche e patrimoniali provoca un effetto
"domino" nei sopravvenienti esercizi, pregiudicando irrimediabilmente
ogni operazione di risanamento come quella rivendicata dalla Regione Abruzzo
attraverso le norme censurate e la legge sopravvenuta» (sentenza n. 89 del
2017). «In questa prospettiva sia le disposizioni di legge denunciate dalla
magistratura rimettente, sia la richiamata legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017
pregiudicano ulteriormente l’equilibrio finanziario della Regione Abruzzo, già
storicamente inciso dalle pregresse gestioni e dalle disposizioni di legge
regionale che ne erano alla base».
Inoltre, prosegue il
Presidente del Consiglio dei ministri, sempre nella medesima sentenza n. 89
(punto 8.1. del Considerato in diritto) si pone in luce che «[…] le norme
censurate ripetono e aggravano fenomeni distorsivi della finanza regionale già
oggetto di sindacato negativo da parte di questa Corte (infedeltà del risultato
d’amministrazione e mancato accertamento dei residui; sforamento dei limiti di
spesa attraverso l’iscrizione di fittizie partite di entrata quali l’avanzo di
amministrazione presunto: sentenze n. 192 del 2012
e n. 250 del
2013), mentre la sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, oltre a
non tenere in alcun conto la parifica parziale della Corte dei conti effettuata
con delibera n. 39/2016/PARI, finisce per alterare in modo ancor più grave le
disfunzioni accertate per gli anni precedenti». Infine, si rileva che
«l’operazione di risanamento dei conti auspicata dalla Regione non può che
passare dall’adeguamento ai principi espressi da questa Corte. Ciò soprattutto
attraverso un corretto riaccertamento dei residui attivi e passivi che possa
consentire una credibile e congruente determinazione del risultato
d’amministrazione, eventualmente usufruendo – ove risulti un deficit non
riassorbibile in un solo anno – delle opportunità di copertura dilazionata
consentite dalla legislazione statale agli enti territoriali in particolare
situazione di disagio (in ordine a tali disposizioni legislative, sentenze n. 6 del 2017 e
n. 107 del 2016).
È evidente che, senza tali verifiche, ogni procedimento volto ad assicurare
chiarezza e stabilità ai conti regionali ed a recuperare fondi vincolati,
incamerati e non spesi negli esercizi precedenti, rischia di fallire, se non di
peggiorare la situazione dell’ente territoriale per l’assenza di punti di
riferimento sicuri, in ordine alle risorse disponibili ed allo stato dei
programmi e degli interventi a suo tempo intrapresi» (punto 8.2. del
Considerato in diritto).
1.3.2.– Tanto premesso, espone
il Presidente del Consiglio dei ministri, che la legge reg. n. 16 del 2017,
all’art. 8, determina i residui attivi a chiusura dell’esercizio 2013; all’art.
9 determina i residui passivi a chiusura dell’esercizio 2013; all’art. 10 il
saldo finanziario positivo al 31 dicembre 2013; all’art. 11, approvando la
tabella «Residui perenti ed economie vincolate 2013», riconosce gli importi
delle «economie riprogrammate», oggetto di rilievo della Corte dei Conti, e,
all’art. 12, rileva un disavanzo effettivo che include l’importo
dell’anticipazione di liquidità, sebbene non sia rappresentato nel conto
finanziario.
Gli artt. 8, 9, 10, 11 e 12
citati contrasterebbero, quindi, con l’intero art. 81 Cost. e, in particolare,
con il quarto comma 4, nonché con l’art. 117, secondo comma, lettera e), in
materia di sistema contabile dello Stato, nonché con le fonti interposte,
rappresentate dai principi di coordinamento della finanza pubblica emanati dal
legislatore statale, nei quali, appunto, sono ravvisabili limitazioni ai saldi
dei bilanci regionali (sono richiamate le sentenze n. 115 del 2012
e n. 70 del 2012)
e con l’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento ai principi fondamentali
di coordinamento della finanza pubblica.
Secondo il ricorrente tutte le
richiamate disposizioni della legge regionale n. 16 del 2017 dovrebbero
ritenersi costituzionalmente illegittime proprio sulla base delle
considerazioni svolte nel secondo motivo di ricorso. Si tratterebbe di un
provvedimento normativo che nel suo complesso e nella sua interezza
pregiudicherebbe «ulteriormente l’equilibrio finanziario della Regione
Abruzzo», e finirebbe anche «per alterare in modo ancor più grave le
disfunzioni accertate per gli anni precedenti», in violazione dei richiamati
parametri costituzionali di cui agli artt. 81, in particolare il quarto comma,
117, secondo comma, lettera e), e terzo. L’illegittimità costituzionale del
Rendiconto 2013 deriverebbe, quindi, dalla sua non conformità ai «principi
fondamentali» sopra illustrati anche in materia di armonizzazione dei bilanci
pubblici, applicabile alla fattispecie ratione temporis.
1.4.– Conclude quindi il
Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la legge regionale Abruzzo
n. 16 del 2017, e, in particolare gli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12,
indicata in epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.
2.– Si è costituita in
giudizio la Regione Abruzzo, in persona del suo Presidente pro tempore.
2.1.– La Regione Abruzzo
rammenta che l’odierna impugnativa giunge all’indomani del giudizio riguardante
la questione di legittimità costituzionale promossa dalla Corte dei conti,
sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, con ordinanza n. 13 del 26
febbraio 2016 (iscritta al n. 97 del registro ordinanze 2016), conclusa con la sentenza n. 89 del
2017.
Alla base delle questioni
sollevate nell’odierna circostanza, secondo la Regione resistente, l’Avvocatura
dello Stato rileva la non attendibilità del risultato di amministrazione
compiuto dalla Regione Abruzzo in ordine al riaccertamento dei residui e
richiama le considerazioni rese da codesta Corte nella citata sentenza
circa l’inesattezza dell’operazione contabile compiuta dagli uffici regionali.
A tal proposito, la Regione
Abruzzo ritiene necessaria una più dettagliata ed esaustiva illustrazione delle
disposizioni contenute nella legge reg. n. 16 del 2017 e del percorso seguito
dagli uffici regionali per il riaccertamento contabile, con contestuale
accantonamento, allo scopo di chiarire come le risultanze dello stesso
sarebbero rispondenti alle richieste avanzate innanzi tutto dalla Corte dei
conti, e che le doglianze lamentate nel ricorso da parte avversa sarebbero del
tutto infondate.
2.2.– Relativamente alla
tempistica di approvazione del rendiconto generale per l’anno 2013, censurato
con il primo motivo di ricorso, la Regione Abruzzo evidenzia che il termine del
30 giugno non potrebbe essere inteso in maniera perentoria, tale da precludere
in maniera categorica la possibilità di adozione di un successivo provvedimento
in merito e non potrebbe, quindi, comportare alcuna decadenza rispetto
all’approvazione del rendiconto regionale; piuttosto, essa sarebbe sintomatica
di una programmazione del ciclo di bilancio non perfettamente allineata:
circostanza già censurata dalla Corte dei conti con espresso riguardo alla
vicenda in discussione ed alla quale la legge regionale in oggetto intendeva
porre parziale rimedio.
In nessun caso, peraltro,
secondo la Regione resistente, potrebbe ritenersi preclusa un’approvazione
tardiva dei documenti contabili di rendicontazione, visto che, sia l’art. 39 della
legge reg. n. 3 del 2002 concernente l’ordinamento contabile regionale, sia la
normativa statale applicabile alla fattispecie in esame (l’art. 29 del d.lgs.
n. 76 del 2000), non attribuiscono ad altri soggetti la competenza in materia
di approvazione dei rendiconti in caso di mancato rispetto del termine de quo.
Resterebbe, pertanto,
ineludibile prerogativa del Consiglio regionale, pure se in un momento
successivo al predetto termine, la competenza inerente l’approvazione della
legge di rendiconto, su iniziativa della Giunta regionale.
Del resto, secondo la Regione
Abruzzo la mancata approvazione del rendiconto generale verrebbe a creare un
vulnus ancor più grave nell’ordinamento contabile, anche in termini di
coordinamento di finanza pubblica, impedendo così il perseguimento degli
obiettivi di convergenza e di stabilità derivanti dall’appartenenza dell’Italia
all’Unione Europea.
Nell’ipotesi in cui la legge
regionale in esame venisse dichiarata incostituzionale per il solo motivo
riguardante il mancato rispetto della data del 30 giugno dell’anno successivo,
si creerebbe una insostenibile situazione giuridica che, impedendo in termini
assoluti di sanare, anche a posteriori, l’attività di rendicontazione,
produrrebbe una paralisi senza via d’uscita per l’amministrazione regionale con
le intuibili e inevitabili ripercussioni sulla finanza pubblica.
Evidenzia ulteriormente che
precedenti leggi regionali di approvazione del rendiconto, ancorché emanate
oltre il medesimo termine, non sono state impugnate dal Governo.
2.3.– Relativamente al secondo
motivo di gravame, ritiene che al provvedimento impugnato dovrebbe essere data
una differente lettura.
Richiamati i vari passaggi
della vicenda amministrativa e giudiziaria sottesa all’adozione della legge
regionale medesima, rammenta che in seguito all’approvazione del disegno di
legge afferente il Rendiconto generale della Regione Abruzzo per l’esercizio
2013, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti ne ha dichiarato
la regolarità con l’esclusione:
«- del saldo finanziario
positivo, di cui al prospetto dell’articolo 10 della proposta di legge di
approvazione del rendiconto stesso, pari a euro 1.184.286.519,66 limitatamente
alle voci dei residui attivi e passivi, nei capitoli e per gli importi riportati
negli allegati A, B, C e D:
- della tabella dei "residui
perenti ed economie vincolate esercizio 2013”, di cui all’articolo 11 della
proposta di legge di approvazione del rendiconto stesso, concernente le somme a
destinazione vincolata da reiscrivere negli esercizi successivi, per un totale
di euro l.722.487.991,46.
- dei capitoli di cui
all’allegato E, concernente economie vincolate riprogrammate per finalità
diverse da quelle inizialmente previste per un importo di euro 61.899.400,13.
(rectius 61.889.400,13) omissis, secondo le modalità di cui all’articolo 7,
commi l, 2 e 3, della L.R. 10 gennaio 2013, n. 2 ..omissis..;
- del capitolo 21300
..omissis.. osservato nell’ambito del procedimento di controllo delle scritture
contabili su base campionaria;
- del disavanzo finanziario al
termine dell’esercizio pari a euro - 538.201.471,80, ritenuto parziale e non
attendibile, in assenza del riconteggio delle poste di cui sopra e della
considerazione dell’anticipazione di liquidità ai sensi del d.l. 8 aprile 2016
(recante "Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il
territorio”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 6
giugno 2013, n. 64)».
A conclusione del giudizio di
parifica la stessa sezione regionale di controllo per l’Abruzzo della Corte dei
conti ha stabilito di promuovere la questione di legittimità costituzionale in
ordine alle sopra indicate disposizioni regionali riferite all’esercizio 2013
(art. 7, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo n. 2 del 2013; artt.
1, 4, 11 e 15, comma 3, della legge della Regione Abruzzo n. 3 del 2013; ed
art. 16 della legge della Regione Abruzzo n. 20 del 2013.
Le questioni di legittimità
costituzionale sono state decise con la sentenza n. 89 del
27 aprile 2017, nella quale la Corte costituzionale ha dichiarato
l’incostituzionalità delle richiamate previsioni, riguardanti le economie
riprogrammate (punti da n. 1 a n. 5 del dispositivo) e la contabilizzazione
dell’anticipazione di liquidità di cui al d.l. n. 35 del 2013 (punto n. 6 del
dispositivo).
La Regione Abruzzo rammenta
inoltre che in più di un passaggio la citata sentenza
accenna all’attività di correzione dei conti da parte dell’amministrazione
regionale, postulando espressamente, prima delle conclusioni che, «[…] in base
al principio dell’equilibrio dinamico, la Regione Abruzzo è chiamata, pertanto,
a rideterminare il bilancio dell’esercizio 2013 in modo da accertare il
risultato di amministrazione secondo canoni costituzionalmente corretti».
2.4.– Osserva quindi la
Regione Abruzzo che, avendo la Corte condiviso le osservazioni in tal senso
formulate dalla Corte dei conti, si dovrebbe ritenere che i termini
dell’attività di adeguamento richiesta siano quelli indicati nel punto 1.2. del
Ritenuto in fatto della sentenza, laddove, nel riportare le richieste del
giudice contabile che aveva attivato quel giudizio di costituzionalità, si
precisa che «[…] Le disposizioni finanziarie e di bilancio censurate, peraltro,
inciderebbero sulla gestione annuale, determinando un ampliamento non
consentito della capacità di spesa, pari all’importo dell’avanzo presunto
illegittimamente utilizzato per finalità di copertura; inoltre le variazioni di
bilancio, operate con il richiamato art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 20 del
2013, avrebbero generato un impatto sostanziale sugli equilibri, sul risultato
d’amministrazione e, conseguentemente, anche sull’equilibrio dei bilanci
futuri. Difatti, se si applicassero le citate disposizioni, il disavanzo
d’amministrazione dell’esercizio 2013 rimarrebbe fissato in euro
538.201.471,80, come esposto nel progetto di legge di approvazione del
rendiconto. Diversamente, se le stesse venissero dichiarate costituzionalmente
illegittime, le spese legate alla riprogrammazione di economie vincolate e
quelle finanziate con le anticipazioni di liquidità, ottenute ai sensi
dell’art. 3 del d.l. n. 35 del 2013, provocherebbero un incremento del
disavanzo d’amministrazione del relativo importo (rispettivamente per euro
61.889.400, 15 ed euro 174.009.000,00)».
Evidenzia la Regione che
l’ultimo periodo non riporta il totale complessivo, ma indica le relative
modalità di calcolo: esse consisterebbero nel sommare al risultato contenuto
nella delibera di Giunta regionale n. 688/C del 2015 (antecedente all’avvio del
giudizio di parifica) i due importi oggetto del giudizio di incostituzionalità,
operazione a fronte della quale si determinerebbe un ammontare finale
complessivo del disavanzo di amministrazione pari a 774.099.871,95
(538.201.471,80 + 61.889.400,15 + 174.009.000,00 = 774.099.871,95).
Ne consegue che, prosegue la
resistente, secondo le richieste della Corte dei conti, il risultato di
amministrazione doveva essere corretto indicando un valore pari a -
774.099.871,95.
Espone la Regione Abruzzo che
in occasione della precedente vertenza da un canto si era costituita in
giudizio ma, dall’altro canto, a seguito di ulteriori riflessioni portate
avanti con gli uffici finanziari competenti, aveva ravvisato l’opportunità di
adeguarsi alle indicazioni della Corte dei conti, includendole, con adeguata
modifica, nell’allora disegno di legge per l’approvazione del Rendiconto 2013.
In particolare, si era
proceduto a rivedere il risultato d’amministrazione 2013, inserendo le due
poste di spesa contestate dalla Corte dei conti e cioè quella relativa alle
economie riprogrammate (pari a euro 61.889.400,15) e quella riferita
all’anticipazione di liquidità (pari a euro 174.009.000,00), con peggioramento
del risultato d’amministrazione
Sicché, con la legge regionale
n. 16 del 2017, il risultato di amministrazione negativo veniva rappresentato
pari a euro - 770.134.872,62.
Rammenta che il risultato di
amministrazione si compone attraverso passaggi successivi:
a) dapprima si determina il
saldo finale della gestione (competenza e residui) così come risultante dalle
scritture contabili riepilogate nel conto del bilancio.
Il saldo attivo finale della
gestione è pari ad euro 1.184,28 milioni ed è costituito dal fondo di cassa c/o
il tesoriere al 31.12.2013 pari a euro 372,58 milioni, dai residui attivi pari
a euro 2.189,50 milioni e dai residui passivi pari a euro 1.377,80 milioni.
Evidenzia in particolare la
Regione che il saldo finanziario reca un risultato in diminuzione rispetto
all’esercizio finanziario precedente, e costituisce l’esito delle procedure di
riaccertamento dei residui al 31.12.2013;
b) quindi, ai fini della determinazione
dell’effettivo saldo finale, occorre espungere dall’importo del saldo
finanziario le seguenti voci:
i fondi a destinazione
vincolata eliminati quali "economie” e "residui perenti vincolati” il cui
ammontare, anche a seguito dell’adeguamento alle prescrizioni in sede di
parifica della Corte dei conti, è risultato pari a euro 1.780.412.392,28,
l’ulteriore accantonamento di euro 174.009.000,00 pari all’importo
dell’anticipazione di liquidità.
c) a fronte delle operazioni
in tal senso effettuate si giunge a determinare il risultato finale
d’amministrazione che, relativamente all’esercizio 2013, è negativo per
l’importo di euro - 770.134.872,62.
Tale risultato è riportato
negli artt. 10, 11 e 12 della medesima legge regionale n. 16 del 2017 e precisamente
nella sezione IV - "Risultati generali”.
Dalla lettura delle previsioni
che precedono (l’art. 10 determina il saldo finanziario al 31 dicembre 2013,
l’art. 11 approva la tabella delle economie vincolate e l’art. 12 approva il
quadro riassuntivo della gestione finanziaria con un disavanzo effettivo di
euro - 770.134.872,62) sarebbe pertanto possibile concludere che il disavanzo
effettivo approvato con la legge regionale n. 16 del 2017 era pari a -
770.134.872,62 euro, sicché la differenza rispetto a quanto richiesto dalla
sezione regionale di controllo della Corte dei conti, desumibile dalla modalità
di calcolo indicata nel punto 1.2 del Ritenuto in fatto della sentenza n. 89 del 2017,
sarebbe pari a euro 3.964.999,33. Tale valore corrisponderebbe all’importo
delle economie vincolate rideterminatesi al termine dell’esercizio 2013 con
riferimento alle somme re-iscritte relative alla riprogrammazione. In termini
più semplicistici, a fine annualità 2013, rispetto ai 61.889.400,15 di euro
reiscritti, solo 57 milioni sono stati impegnati e, quindi la somma residua,
pari appunto a 3.964.999,33 euro, era già ricompresa all’interno della tabella
delle economie vincolate pari ad euro l.722.487.991,46, contenuta nella
delibera di Giunta regionale n. 688/C/2015 di approvazione del rendiconto
oggetto di giudizio di parifica della sezione regionale della Corte dei conti.
Pertanto, l’importo di 3.964.999,33 euro, avendo già concorso alla quantificazione
delle economie vincolate, non era stato preso in considerazione nel calcolo
effettuato e riportato nella legge regionale n. 16 del 2017, in quanto le
pertinenti somme erano già state ricomprese nella determinazione del risultato
d’amministrazione e, dunque, l’aggiunta dell’intero importo di 61 milioni di
euro all’aumento del disavanzo avrebbe comportato una duplicazione di economie
vincolate per 3,9 milioni di euro.
In conclusione, per le ragioni
sopra riportate, secondo la Regione Abruzzo le economie vincolate sono state
incrementate di un importo pari alla differenza tra la somma re-iscritta e
quella impegnata, ovvero 3.964.999,33 euro, ed il risultato d’amministrazione
dell’anno 2013 è stato rideterminato, così come richiesto dalla sezione regionale
della Corte dei conti, in - 770.134.872,62 (disavanzo).
2.5.– Ripercorsi nei termini
che precedono i passaggi principali della procedura contabile seguita dagli
uffici regionali competenti per il riaccertamento delle somme di cui al
Rendiconto 2013, la Regione Abruzzo richiama le considerazioni in fatto della sentenza n. 89 del
2017, ed alla fine del punto 2.2 del Ritenuto in fatto, dove viene
riportata per due volte la stessa affermazione: «Nel corso dell’udienza
pubblica, la difesa della Regione Abruzzo ha illustrato la sopravvenuta legge
regionale 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio 2013. Conto
finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare),
che avrebbe approvato il rendiconto 2013, il quale presenterebbe un congruo
avanzo. in tal modo sarebbe non solo dimostrata l’opera di risanamento dei
conti regionali, ma sarebbero anche superate le censure della sezione
rimettente in ordine alla copertura delle partite di spesa impugnate e delle
spese correlate alla anticipazione di liquidità».
Sul punto, evidenzia la
regione che la ratio sottesa all’iniziativa normativa regionale era
effettivamente rivolta all’approvazione del Rendiconto relativo all’annualità
2013 al fine di superare le censure sollevate dal giudice remittente in ordine
alla copertura delle partite di spesa impugnate e delle spese correlate alla
anticipazione di liquidità.
Obietta che tale finalità,
tuttavia, diversamente da quanto si legge nel citato passaggio della sentenza
in parola, non sarebbe stata affatto perseguita dal legislatore regionale
attraverso un rendiconto che presenta un «congruo avanzo», bensì con un
risultato che presenta un congruo disavanzo, siccome aumentato delle poste
richieste proprio dalla sezione regionale della Corte dei conti (pari a euro -
770.134.872,62) e quindi sarebbe del tutto coerente con le istanze avanzate dal
giudice contabile in sede di parifica.
2.5.1.– Parimenti, si
prosegue, in altro passaggio della sentenza (punto 7.2
delle considerazioni in diritto) si legge che «Ne è dimostrazione l’art. 13
della sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 laddove si prevede un avanzo
di amministrazione per l ‘esercizio 2013 pari ad euro 1.184.286.519,66, mentre
il risultato di amministrazione accertato dalla Corte dei conti presenta, al
netto delle partite non parificate, un saldo negativo, pari ad euro
538.201.471,80, "ritenuto parziale e non attendibile, in assenza del
riconteggio [di poste attive e passive non accertabili] e della considerazione
dell’anticipazione di liquidità ex d.l. n. 35/2013” (delibera della Corte dei
conti, sezione controllo per l’Abruzzo n. 39/2016/PARI, lettera e del
dispositivo).» Al riguardo evidenzia la Regione Abruzzo che il valore riportato
nel citato passaggio, pari a euro 1.184.286.519,66 verrebbe erroneamente
considerato alla stregua di un risultato di amministrazione, mentre il relativo
importo rappresenta un risultato parziale antecedente alla determinazione delle
economie vincolate (che è pari a euro 1.780.412.392,28).
2.5.2.– Ulteriormente, osserva
che nel punto 1.2. delle considerazioni in diritto contenute nella medesima sentenza
la Corte fa ancora riferimento all’udienza di discussione del precedente
giudizio: «Nel corso dell’udienza la difesa regionale ha sostenuto che non vi
sarebbe un disavanzo di amministrazione precedente, poiché i residui attivi e
passivi da sommare alle risultanze di cassa finirebbero per dare al risultato
di amministrazione un segno positivo: è stata così richiamata la legge
regionale 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l ‘esercizio 2013. Conto
finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare) che
avrebbe dimostrato l’esistenza di un avanzo per l’esercizio 2013».
2.5.3.– Obietta la Regione
Abruzzo che tale ordine di argomentazioni, che replica quanto già affermato nel
Ritenuto in fatto, muoverebbe dall’erroneo presupposto che la legge regionale
sopravvenuta dimostrerebbe «[…] l’esistenza di un avanzo per l’esercizio 2013»,
mentre il Rendiconto approvato con la legge reg. n. 16 del 2017, adeguandosi ai
rilievi della Corte dei conti presentava un congruo disavanzo aumentato delle
poste richieste dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti pari
a euro - 770.134.872,62 del tutto coerente con le istanze formulate in sede di
parifica.
2.5.4.– Con riferimento al
quanto affermato nel punto 6.4 delle considerazioni in diritto della citata sentenza
si afferma che «Non può essere, infine, preso in considerazione l’argomento,
svolto in sede di discussione orale dalla difesa regionale, secondo cui la
sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 avrebbe risolto il problema
della copertura attraverso l’accertamento di un congruo avanzo di
amministrazione».
Al riguardo, secondo la
Regione Abruzzo dovrebbe invece ribadirsi quanto già evidenziato in ordine al
fatto che il Rendiconto 2013, a differenza di quanto si legge nella citata sentenza n. 89 del
2017, non chiudeva con un avanzo di amministrazione, bensì con un disavanzo
di 770 milioni di euro, quindi maggiore rispetto al disavanzo di 538 milioni di
euro, antecedente alla parifica della Corte dei conti. Pertanto, attraverso la
legge n. 16 del 2017 la Regione Abruzzo avrebbe approvato il rendiconto 2013 in
adesione alle indicazioni ed alle richieste del giudice contabile, inserendo
nel disavanzo sia le maggiori spese da riprogrammazione sia l’anticipazione di
liquidità.
2.5.5.– In merito a quanto
sostenuto dalla Corte nel punto 6.4 del Considerato in diritto della sentenza n. 89 del
2017, laddove si afferma che: «Detto avanzo viene ottenuto attraverso
un’operazione contabile non corretta, per i motivi in precedenza già
evidenziati, in considerazione del fatto che vengono inserite partite attive
per ben 2.189.508.684,93 di euro in assenza delle necessarie operazioni di
accertamento, come è stato contestato dalla Corte dei conti in sede di parifica
del medesimo rendiconto 2013.», la Regione Abruzzo intende chiarire che il
valore riportato pari a 2.189.508.684,93 di euro di residui attivi sarebbe
rintracciabile nel prospetto contenuto nell’articolo 10 della medesima legge
regionale n. 16 del 2017 e costituisce l’importo dei residui attivi da
conservare che concorre alla determinazione del saldo del conto del bilancio.
Sebbene la menzionata sentenza n. 89
osservi che detto valore risulterebbe iscritto «[…] in assenza delle necessarie
operazioni di accertamento» e che tale circostanza sarebbe stata contestata
anche dalla Corte dei conti in sede di parifica del medesimo rendiconto 2013,
la Regione Abruzzo obietta che, ad un esame più analitico delle risultanze del
giudizio di parifica della Corte dei Conti, sarebbe possibile rilevare che la
sezione regionale di controllo, con riferimento al Rendiconto generale della
Regione Abruzzo per l’esercizio 2013, abbia espressamente escluso dalla
regolarità contabile il saldo finanziario positivo, di cui al prospetto
contenuto nell’articolo 10 della proposta di legge di approvazione del
rendiconto stesso, pari a euro 1.184.286.519,66 limitatamente alle voci dei
residui attivi e passivi, nei capitoli e per gli importi riportati negli
allegati A, B, C e D.
Dalla lettura della predetta
ordinanza, dunque, non tutti i residui attivi e passivi sarebbero stati
ritenuti non parificati ma esclusivamente quelli riportati nelle suddette
tabelle. Più precisamente, i riepiloghi delle partite attive (residui attivi) e
delle partite passive (residui passivi) che non sono stati oggetto di parifica
concernerebbero solamente alcune tipologie di residui attivi (e precisamente:
residui ritenuti sussistenti dall’amministrazione ma non formalmente
riaccertati e mantenuti con riserva in quanto da sottoporre a ulteriori
verifiche e comunque al riaccertamento dei residui al 31 dicembre 2014; residui
attivi di importo non motivato all’esito del contraddittorio; residui attivi di
importo ancora incerto all’esito del contraddittorio) per circa 120 milioni di
euro; e residui passivi (ritenuti sussistenti dall’amministrazione ma non
formalmente riaccertati e mantenuti con riserva in quanto da sottoporre a
ulteriori verifiche e comunque al riaccertamento dei residui al 31 dicembre
2014), per circa 138 milioni di euro.
La Regione Abruzzo afferma di
condividere pienamente le riflessioni di questa Corte a proposito del fatto
che, a prescindere dalla procedura di riaccertamento straordinario dei residui
prevista dal d.lgs. n. 118 del 2011, «[…] sussiste comunque l’obbligo
indefettibile per ciascun ente territoriale di effettuare annualmente, ed in
ogni caso prima della predisposizione del rendiconto, l’esatta ricognizione dei
residui attivi e passivi» (sentenza n. 89 del
2017).
Sul punto rappresenta tuttavia
che, nella fattispecie che ne occupa, le poste ritenute non parificabili dalla
sezione regionale della Corte dei conti risulterebbero pari a 120 milioni di
euro di residui attivi ed a 138 milioni di euro di residui passivi: importi
indubbiamente significativi ma che non potrebbero ritenersi certo abnormi
rispetto al complesso di residui attivi e passivi.
Inoltre, la Regione evidenzia
che dall’esame delle risultanze si evincerebbe che le poste dei residui passivi
non parificate siano maggiori di quelle attive. Ne conseguirebbe che una
eliminazione delle stesse (tra l’altro subordinata ad una revisione)
comporterebbe un miglioramento del risultato d’amministrazione.
La resistente rappresenta
inoltre che nel corso dell’anno 2016 l’esecutivo regionale e gli uffici
finanziari della Regione Abruzzo avrebbero effettuato le operazioni di
riaccertamento dei residui e dall’analisi delle partite riaccertate e riferite
alle tabelle A, B, C e D e che erano state contestate nel giudizio di parifica
2013.
2.5.6.– In merito poi a quanto
affermato da questa Corte nella predetta sentenza n. 89 del
2017 (punto 7.2. del Considerato in diritto) dove si legge che «In
particolare, risulta insanabile la contraddizione tra l’esigenza di chiedere
allo Stato l’anticipazione di cassa e la situazione di formale e rilevante
avanzo di amministrazione (ipotizzato nella sopravvenuta legge regionale in
euro 1.184.286.519,66), nonché improbabile una così florida situazione dopo un
deficit della sanità tanto ampio da comportare una quasi decennale procedura di
rientro», obietta la Regione Abruzzo che la situazione "florida” che la Corte
ritiene improbabile non potrebbe ipotizzarsi nel caso di specie, stante
l’accertato disavanzo di oltre 770 milioni di euro.
2.5.7.– In merito a quanto
rilevato nel punto 8 del Considerato in diritto della sentenza ora citata,
dove si afferma che «La Regione Abruzzo ha più volte dedotto, sia nelle memorie
che oralmente, l’esigenza di mettere in sicurezza i propri conti e quella di
riallineare temporalmente la fisiologica approvazione dei rendiconti degli
esercizi decorsi. Con tali lodevoli intenti non è tuttavia coerente il percorso
normativa seguito. Infatti, la regolarizzazione della tenuta dei conti non
consiste nel mero rispetto della sequenza temporale degli adempimenti
legislativi ed amministrativi afferenti al bilancio preventivo e consuntivo. Il
nucleo della sana gestione finanziaria consiste, al contrario, nella corretta
determinazione della situazione economico-finanziaria da cui prende le mosse e
a cui, successivamente, approda la gestione finanziaria. Tale determinazione è
strettamente correlata al principio di continuità degli esercizi finanziari,
per effetto del quale ogni determinazione infedele del risultato di
amministrazione si riverbera a cascata sugli esercizi successivi. Ne risulta
così coinvolto in modo durevole l’equilibrio del bilancio: quest’ultimo,
considerato nella sua prospettiva dinamica, la quale «consiste nella continua
ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e
spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche» (sentenza n. 266 del
2013; in senso conforme, sentenza n. 250 del
2013), esige che la base di tale ricerca sia salda e non condizionata da
perturbanti potenzialità di indeterminazione. Proprio la costanza e la
continuità di tale ricerca ne spiegano l ‘operatività nel! ‘arco di più esercizi
finanziari; al contrario, prendere le mosse da infedeli rappresentazioni delle
risultanze economiche e patrimoniali provoca un effetto "domino” nei
sopravvenienti esercizi, pregiudicando irrimediabilmente ogni operazione di
risanamento come quella rivendicata dalla Regione Abruzzo attraverso le norme
censurate e la legge sopravvenuta. In questa prospettiva sia le disposizioni di
legge denunciate dalla magistratura rimettente, sia la richiamata legge reg.
Abruzzo n. 16 del 2017 pregiudicano ulteriormente l’equilibrio finanziario
della Regione Abruzzo, già storicamente inciso dalle pregresse gestioni e dalle
disposizioni di legge regionale che ne erano alla base», la Regione Abruzzo
sostiene che, sulla scorta delle precisazioni già effettuate in merito all’incremento
del disavanzo a 770 milioni di euro, la legge regionale n. 16 del 2017 – al
contrario delle leggi approvate nel 2013 e che avevano hanno pregiudicato gli
equilibri regionali – avrebbe messo in sicurezza i conti regionali rilevando un
risultato negativo del tutto allineato con quanto richiesto in sede di parifica
dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti.
La Regione non ritiene quindi
condivisibile quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 89 del
2017 (punto 8.1. del Considerato in diritto), dove la Corte così conclude:
«[…] le norme censurate ripetono e aggravano fenomeni distorsivi della finanza
regionale già oggetto di sindacato negativo da parte di questa Corte (infedeltà
del risultato d’amministrazione e mancato accertamento dei residui; sforamento
dei limiti di spesa attraverso l’iscrizione di fittizie partite di entrata
quali l’avanzo di amministrazione presunto: sentenze n. 192 del 2012
e n. 250 del
2013), mentre la sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, oltre a
non tenere in alcun conto la parifica parziale della Corte dei conti effettuata
con delibera n. 3912016/PARI, finisce per alterare in modo ancor più grave le
disfunzioni accertate per gli anni precedenti. È evidente come tutto ciò
conduca ad una situazione di ulteriore anomalia anziché produrre la
normalizzazione auspicata dalla Regione». In particolare la resistente ritiene
di aver già ampiamento fornito adeguate argomentazioni a sostegno dell’attività
di adeguamento alle prescrizioni rese dal giudice contabile, avendo essa
avviato nel 2013 e proseguito nel 2014 un processo di riaccertamento con
contestuale accantonamento. Aggiunge inoltre che, in ossequio anche ai principi
espressi da codesta Corte, la Regione Abruzzo avrebbe altresì proceduto
all’approvazione della delibera di ripartizione decennale del maggior
disavanzo.
2.6.– La Regione Abruzzo
ritiene in definitiva che il Rendiconto 2013 e le risultanze dello stesso, così
come contenute nella legge regionale n. 16 del 2017, rispondano alle richieste
del giudice contabile, e abbiano di fatto realizzato quell’attività di
«corretto riaccertamento dei residui attivi e passivi che possa consentire una
credibile e congruente determinazione del risultato d’amministrazione»
auspicata anche da questa Corte nella sentenza n. 89 del
2017.
2.7.– Conclude quindi
chiedendo che il ricorso sia ritenuto infondato o comunque rigettato nel
merito, con riferimento ad entrambi i motivi di gravame.
3.– Con memoria depositata per
l’udienza pubblica il Presidente del Consiglio dei ministri ha replicato alle
difese della Regione Abruzzo.
3.1.– In merito alla censura
che evidenziava che la legge reg. n. 16 del 2017 è stata approvata in forma
legislativa oltre i termini tassativi imposti dall’art. 39, comma l, della
legge reg. n. 3 del 2002, e dall’art. 29, comma l, del d.lgs. n. 76 del 2000,
il ricorrente non ritiene condivisibile la tesi della difesa della Regione
Abruzzo che vorrebbe attribuire al richiamato termine del 30 giugno natura
ordinatoria, in quanto la natura perentoria del termine deriverebbe
dall’applicazione coerente e sistematica dei principi generali in tema di
pareggio e di equilibrio tendenziale di bilancio fissati dall’art. 81, quarto
comma, Cost., con particolare riferimento alla prima delle due regole (una
statica e una dinamica), attraverso le quali tali principi si realizzano, la
prima consistente nella parificazione delle previsioni di entrata e di spesa e
la seconda nel continuo perseguimento di una situazione di equilibrio tra
partite attive e passive che compongono il bilancio, attraverso un’interazione
delle loro dinamiche in modo tale che il saldo sia tendenzialmente nullo (è
richiamata la sentenza
n. 250 del 2013, punto 3.2. del Considerato in diritto).
Inoltre, secondo il Presidente
del Consiglio dei ministri non potrebbe assumere alcun rilievo il fatto che le
precedenti leggi regionali di approvazione del rendiconto, anche se emanate
nello stesso termine, non siano state impugnate dal Governo.
Tale circostanza, si prosegue,
non potrebbe far sorgere alcuna legittima aspettativa di analogo trattamento,
anche in considerazione del ruolo svolto dallo Stato che è direttamente
responsabile delle regole di convergenza e di stabilità dei conti pubblici,
provenienti sia dall’ordinamento eurounitario sia da quello nazionale.
3.2.– In merito al secondo
motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che se è
indubitabile che il controllo effettuato dalla Corte dei conti sia finalizzato
a stimolare l’adozione da parte delle Amministrazioni interessate di processi
di autocorrezione in un’ottica di interazione e di collaborazione al fine, in
ogni caso, di salvaguardare l’efficienza e l’efficacia dell’azione
amministrativa e la sana gestione finanziaria degli stessi, sarebbe proprio con
riferimento alle statuizioni contenute nella sentenza della
Corte n. 89 del 2017 che, in concreto, le rideterminazioni del bilancio
dell’esercizio 2013 non sarebbero state svolte correttamente.
Secondo il ricorrente, sebbene
con un comportamento successivo la Regione Abruzzo abbia proceduto a rivedere
il risultato di amministrazione 2013 (come la medesima afferma nella memoria di
costituzione), e ritenga di aver ripetuto l’attività di accertamento
registrando un miglioramento del processo di analisi dei residui, la
ricognizione annuale dei residui attivi e passivi – da ritenersi un’operazione
propedeutica a qualsiasi rendiconto, in quanto consente di individuare
formalmente tutte le componenti degli esercizi decorsi che influiscono sul
risultato di amministrazione – non sembrerebbe completata nella sua interezza,
permanendo così inalterati i rilievi e le considerazioni contenute nella citata sentenza n.
89 del 2017.
Al riguardo il Presidente del
Consiglio dei ministri osserva che permarrebbe l’esigenza di individuare le
obbligazioni assunte, ma non ancora adempiute al fine, appunto, di conservare
nell’apposito conto dei residui, la provvista necessaria per l’adempimento,
assicurando in tal modo la copertura dei debiti anche negli anni finanziari
successivi a quello in cui l’obbligazione è sorta, nella definizione della
realtà gestionale che deve trovare veridica rappresentazione nel rendiconto. La
regola del riaccertamento sarebbe quindi l’unica in grado di garantire la
tendenziale realizzazione del principio di veridicità del bilancio e del
rendiconto.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del
Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 1, commi 1 e 2, della legge della
Regione Abruzzo 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio 2013,
conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota illustrativa
preliminare), in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, terzo comma,
della Costituzione, e in relazione all’art. 29, comma 1, del decreto
legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di
coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in
attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208), e
all’art. 39, comma 1, della legge Regione Abruzzo 25 marzo 2002, n. 3 (Ordinamento
contabile della Regione Abruzzo).
Il ricorrente ha altresì
impugnato, specificamente, gli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12 di tale
legge in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera
e), e terzo comma, Cost., anche in riferimento ai «principi fondamentali» in
materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, in quanto, per le ragioni già
esposte nella sentenza
della Corte costituzionale n. 89 del 2017, detta legge nel suo complesso e
con le disposizioni sopra richiamate pregiudicherebbe ulteriormente
l’equilibrio finanziario della Regione Abruzzo e finirebbe anche per alterare
in modo ancor più grave le disfunzioni accertate per gli anni precedenti.
1.1.‒ Con il primo
motivo di ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la
tardiva approvazione del rendiconto 2013 da parte della Regione Abruzzo,
avvenuta a distanza di anni con la legge impugnata, la renderebbe di per sé
illegittima. Tale ritardo integrerebbe la lesione degli artt. 81, quarto comma,
e 117, terzo comma, Cost., e delle norme interposte che fissano la scadenza al
30 giugno dell’anno successivo all’esercizio interessato.
Con il secondo motivo di
ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna specificamente gli
artt. 8, 9, 10, 11 e 12 della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, denunciando il
loro contrasto con l’art. 81 Cost. e, in particolare, con il quarto comma dello
stesso, nonché con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in materia di
sistema contabile dello Stato, con l’art. 117, terzo comma, Cost. (con riguardo
ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica), nonché con
le «fonti interposte, rappresentate dai principi di coordinamento della finanza
pubblica emanati dal legislatore statale, nei quali, appunto, sono ravvisabili
limitazioni ai saldi dei bilanci regionali (in tal senso, in particolare, le
sentenze n. 70 del
2012 e n.
115 del 2012)».
Sebbene con riferimento alla
seconda questione la censura sia rivolta a specifici articoli, il ricorrente
sostiene che la legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 nel suo complesso e nella sua
interezza pregiudichi «ulteriormente l’equilibrio finanziario della Regione
Abruzzo» e finisca anche «per alterare in modo ancor più grave le disfunzioni
accertate per gli anni precedenti», in violazione dei richiamati artt. 81, 117,
secondo comma, lettera e), e terzo comma, Cost. L’illegittimità costituzionale
del rendiconto 2013 deriverebbe, quindi, dalla sua non conformità ai «principi
fondamentali» sopra illustrati in materia di armonizzazione dei bilanci
pubblici, applicabili alla fattispecie ratione temporis.
Il Presidente del Consiglio
dei ministri censura inoltre la legge regionale impugnata per il fatto che
«all’art. 11, approvando la tabella Residui perenti ed economie vincolate 2013,
riconosce gli importi delle economie riprogrammate, oggetto di rilievo della
Corte dei Conti, e, all’art. 12, rileva un disavanzo effettivo che include
l’importo dell’anticipazione di liquidità, sebbene non sia rappresentato nel
conto finanziario».
In sintesi, il ricorrente
lamenta l’inattendibilità dei conti, a partire dalla rappresentazione del
risultato di amministrazione, imputando alla Regione l’ostinazione nel non
provvedere a ripristinare un corretto ciclo di bilancio, adottando un’effettiva
e completa operazione di trasparenza sui conti regionali (innanzi tutto
mediante un corretto riaccertamento delle partite contabili pregresse).
1.2.‒ Con riguardo alla
tempistica di approvazione del rendiconto generale per l’anno 2013, la Regione
Abruzzo evidenzia che il termine del 30 giugno non potrebbe essere inteso in
maniera perentoria, tale da precludere categoricamente la possibilità di
adozione di un successivo provvedimento in merito e non potrebbe, quindi,
comportare alcuna decadenza rispetto all’approvazione del rendiconto regionale;
in nessun caso, comunque, potrebbe ritenersi preclusa un’approvazione tardiva
dei documenti contabili di rendicontazione, visto che né l’art. 39 della legge
reg. Abruzzo n. 3 del 2002, concernente l’ordinamento contabile regionale, né
la normativa statale applicabile alla fattispecie in disamina attribuiscono ad
altri soggetti la competenza in materia di approvazione dei rendiconti in caso
di mancato rispetto del termine de quo.
Secondo la Regione,
nell’ipotesi in cui la legge regionale in esame venisse dichiarata
incostituzionale per il solo motivo riguardante il mancato rispetto della data
del «30 giugno dell’anno successivo», si creerebbe un’insostenibile situazione
giuridica che, impedendo in termini assoluti di sanare, anche a posteriori,
l’attività di rendicontazione, produrrebbe una paralisi senza via d’uscita per
l’amministrazione regionale, con inevitabili ricadute anche sulla finanza
pubblica. La resistente evidenzia che le precedenti leggi regionali di
approvazione del rendiconto, ancorché emanate oltre il medesimo termine, non
sono state fatte oggetto d’impugnazione da parte del Presidente del Consiglio
dei ministri.
Ad avviso della resistente,
con la legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 essa avrebbe approvato il rendiconto
2013 in adesione alle indicazioni e alle richieste del giudice contabile,
inserendo nel disavanzo sia le maggiori spese da riprogrammazione sia
l’anticipazione di liquidità.
Secondo la Regione Abruzzo,
non potrebbe che ribadirsi quanto già evidenziato in ordine al fatto che il rendiconto
2013, a differenza di quanto si legge nella sentenza di questa
Corte n. 89 del 2017, non chiuda con un avanzo di amministrazione, bensì
con un disavanzo di 770 milioni di euro, maggiore rispetto al disavanzo di 538
milioni di euro, antecedente alla parifica della Corte dei conti. Da un esame
più analitico delle risultanze del giudizio di parifica della Corte dei conti,
sarebbe possibile ricavare che la sezione regionale di controllo, con
riferimento al rendiconto generale della Regione Abruzzo per l’esercizio 2013,
abbia espressamente escluso dalla regolarità contabile il saldo finanziario
positivo, di cui al prospetto contenuto nell’art. 10 della proposta di legge di
approvazione del rendiconto stesso, pari a euro 1.184.286.519,66, limitatamente
alle voci dei residui attivi e passivi, nei capitoli e per gli importi
riportati negli allegati A, B, C e D. Aggiunge inoltre che, in ossequio anche
ai principi espressi dalla Corte costituzionale, la Regione Abruzzo avrebbe
altresì proceduto all’approvazione della delibera di ripartizione decennale del
maggior disavanzo.
2.‒ La questione,
proposta in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost. e in relazione
alla legge reg. n. 3 del 2002 e al d.lgs. n. 76 del 2000 circa il superamento
del termine di legge per l’emanazione della legge di approvazione del
rendiconto, non è fondata.
È vero – come affermato dal
ricorrente – che i termini per l’approvazione del rendiconto 2013 della Regione
Abruzzo sono ampiamente scaduti e che tale grave ritardo fa seguito a
un’ulteriore serie di ritardi inerenti agli esercizi anteriori al 2013. Il
superamento del termine di legge, tuttavia, non consuma il potere-dovere
dell’amministrazione regionale di provvedere a un adempimento indefettibile
quale l’approvazione del rendiconto. Infatti, il principio di continuità degli
esercizi finanziari pubblici, che è uno dei parametri teleologicamente
collegati al principio dell’equilibrio pluriennale del bilancio di cui all’art.
81 Cost., esige che ogni rendiconto sia geneticamente collegato alle risultanze
dell’esercizio precedente, dalle quali prende le mosse per la determinazione
delle proprie. Ne consegue che siffatta infondata preclusione paralizzerebbe,
ove fosse applicata, la corretta gestione economico-finanziaria degli esercizi
successivi.
Invero, il richiamato
principio di continuità del bilancio è una specificazione del principio
dell’equilibrio tendenziale contenuto nell’art. 81 Cost., in quanto «collega
gli esercizi sopravvenienti nel tempo in modo ordinato e concatenato» (ex plurimis, sentenza n. 181 del
2015), consentendo di inquadrare in modo strutturale e pluriennale la
stabilità dei bilanci preventivi e successivi.
Non può essere tuttavia
condivisa l’altra eccezione della resistente, secondo cui sarebbe "ineludibile”
la competenza della Regione in qualsiasi situazione di ritardo poiché le norme
in materia non «attribui[rebbero] ad altri soggetti [diversi dalla Regione] la
competenza in materia di approvazione della legge di rendiconto». Al contrario,
in presenza di reiterati e gravi ritardi nell’espletamento di funzioni primarie
da parte dell’ente territoriale, l’ordinamento consente anche provvedimenti
sostitutivi come, ad esempio, la predisposizione del rendiconto, sulla base del
potere contemplato dall’art. 120, secondo comma, Cost.
3.‒ Le questioni di
legittimità costituzionale proposte con il secondo motivo di ricorso nei confronti
degli artt. 1, commi 1 e 2; 8; 9; 10; 11 e 12 della legge reg. Abruzzo n. 16
del 2017, in riferimento agli artt. 81 e 117, secondo e terzo comma, Cost.,
sono invece fondate.
Tali disposizioni prevedono
rispettivamente: l’approvazione delle risultanze generali (art. 1); i residui
emergenti a chiusura della gestione 2013 trasferiti a quella successiva (artt.
8 e 9); la sommatoria algebrica – pari a euro 1.184.286.519,66 – del fondo di
cassa e dei residui attivi e passivi al 31 dicembre 2013, normativamente
definita come «saldo finanziario positivo al 31.12.2013» (art. 10); la tabella
«Residui perenti ed economie vincolate esercizio 2013» da reiscrivere negli
esercizi successivi per un totale di euro 1.780.412.392,28 (art. 11); il quadro
riassuntivo della gestione finanziaria dell’esercizio finanziario 2013
«corredato della comunicazione di riepilogo delle riscossioni e dei pagamenti
riportati nel conto giudiziale relativo all’esercizio finanziario 2013, da cui
rileva un disavanzo effettivo di euro 770.134.872,62» (art. 12).
Dal loro collegamento – in
particolare tra gli artt. 10, 11 e 12 – emerge un forte contrasto logico per la
presenza contemporanea di: a) un "saldo positivo” risultante dalla sommatoria
di fondo di cassa, residui attivi e passivi. Nelle sue componenti la locuzione
"saldo positivo” corrisponde specularmente al concetto di "risultato di
amministrazione” come definito – senza soluzione di continuità – da norme
risalenti e da quelle attualmente vigenti (come di seguito analiticamente indicate);
b) residui perenti non reiscritti nell’esercizio interessato, malgrado la sua
intervenuta conclusione e a oltre tre anni dalla sua chiusura; c) un "disavanzo
di amministrazione” assolutamente scollegato dalla sommatoria algebrica –
prevista dalla legge – di residui attivi, passivi e del fondo di cassa.
Tale evidente aporia,
unitamente alla dimensione dei residui attivi e passivi, dei residui perenti e
delle cosiddette economie vincolate, rende le risultanze del bilancio
consuntivo in contrasto con l’art. 81 Cost. poiché connotate da un insieme di
dati numerici e di collegamenti normativi privi, nel loro complesso, di
attendibilità e coerenza e insuscettibili di essere valutati come credibili,
sufficientemente sicuri, non arbitrari o irrazionali (ex plurimis, sentenze n. 106 e n. 68 del 2011,
n. 141 e n. 100 del 2010,
n. 213 del 2008,
n. 384 del 1991
e n. 1 del 1966).
Nel loro complesso le
risultanze degli artt. 10, 11 e 12 si manifestano oltretutto in modo ancipite,
oscillando tra un segno di senso positivo (avanzo) e uno negativo (disavanzo),
peraltro senza alcuna congruenza matematica tra le rappresentate oscillazioni.
In proposito è stato affermato da questa Corte che l’«elevata tecnicità degli
allegati di bilancio e […] la loro sofisticata articolazione deve essere
necessariamente compensata – nel testo della legge di approvazione del
rendiconto – da una trasparente, corretta, univoca, sintetica e inequivocabile
indicazione del risultato di amministrazione e delle relative componenti di
legge» (sentenza
n. 274 del 2017). Tali caratteri non si riscontrano nella legge della
Regione Abruzzo di approvazione del rendiconto 2013, che presenta una struttura
normativamente e logicamente incongrua.
Sul punto è necessaria
un’ulteriore precisazione che si collega all’evoluzione della finanza pubblica
anche in relazione alla riforma introdotta dalla legge costituzionale 20 aprile
2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta
costituzionale), la quale ha rafforzato i parametri costituzionali attinenti
all’equilibrio individuale dei conti appartenenti al settore pubblico allargato
e al controllo dell’indebitamento (artt. 81 e 97, primo comma, Cost.). Tale
evoluzione – che si è estrinsecata, in particolare per gli enti territoriali,
in una complessa rete di norme attuative, tra le quali è bene ricordare la
"legge organica”, il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e successive modifiche e integrazioni,
nonché le leggi di stabilità e di bilancio succedutesi a partire da tale
riforma – comporta che, nelle leggi di approvazione del rendiconto delle
Regioni, gli elementi basilari inerenti alla dimostrazione della situazione
economico-finanziaria siano espressi con chiarezza e coerenza anche in rapporto
alla fondamentale interdipendenza con il principio di legittimazione
democratica, indefettibile raccordo tra la gestione delle risorse della
collettività e il mandato elettorale degli amministratori.
In definitiva, la legge di
approvazione del rendiconto – indipendentemente dalla compilazione e redazione
dei complessi allegati al bilancio previsti dal d.lgs. n. 118 del 2011 – deve
contenere, in coerenza con le risultanze di detti allegati, tre elementi
fondamentali: a) il risultato di amministrazione espresso secondo l’art. 42 del
decreto in questione; b) il risultato della gestione annuale inerente al
rendiconto; c) lo stato dell’indebitamento e delle eventuali passività
dell’ente applicate agli esercizi futuri.
Infatti, il primo risultato
chiarisce la situazione economico-finanziaria al termine dell’esercizio in modo
comparabile a quella dell’anno precedente e a quella che sarà determinata per
l’esercizio successivo. Il secondo enuclea – dal contesto complessivo di cui al
precedente punto a) – le risultanze della gestione annuale integralmente
imputabile agli amministratori in carica. Il terzo fornisce il quadro
pluriennale dell’indebitamento, consentendo una prospettiva di sindacato sia in
relazione ai vincoli europei, sia in relazione all’equità intergenerazionale,
strumento servente alla determinazione dei costi-benefici afferenti alle
generazioni future con riguardo alle politiche di investimento in concreto
adottate.
Tali elementi,
indipendentemente dalla tecnicità degli allegati al bilancio, costituiscono
appunto la necessaria attuazione degli evocati precetti costituzionali di
natura finanziaria.
Se le esposte considerazioni
avvalorano in modo stringente la non conformità a Costituzione delle norme
impugnate, non può essere sottaciuto che la Regione svolge buona parte delle
sue difese mediante obiezioni verso la precedente sentenza n. 89 del
2017 di questa Corte, sicché la complessità della vicenda e il tono delle
contestazioni necessitano di articolate risposte, attraverso le quali sarà
evidenziato anche il patente contrasto delle disposizioni regionali con il
secondo e il terzo comma dell’art. 117 Cost.
3.1.‒ La prima obiezione
riguarda una serie di eccentriche operazioni matematiche attraverso le quali la
Regione Abruzzo arriva a sostenere: a) che il risultato di amministrazione
accertato nell’esercizio 2013 non sarebbe costituito dall’avanzo di euro
1.184.286.519,66 esposto all’art. 10 della legge impugnata, bensì dal disavanzo
di euro - 770.134.872,62 esposto al successivo art. 12; b) che detto risultato
sarebbe «del tutto coerente con le istanze avanzate dal giudice contabile in
sede di parifica» e che il saldo attivo di euro 1.184.286.519,66 sarebbe stato
da questa Corte (con la sentenza n. 89 del
2017) e dal Presidente del Consiglio dei ministri «erroneamente considerato
alla stregua di un risultato di amministrazione, mentre il relativo importo
rappresent[erebbe] un risultato parziale antecedente alla determinazione delle
economie vincolate (che è pari a 1.780.412.392,28). Ne consegue, come già
evidenziato, che il disavanzo finale (riportato nell’art. 12 della L.R. n.
16/17) è pari a - 770.134.872,62», mentre l’importo di euro 1.184.286.519,66, esposto
all’art. 10 della legge impugnata rappresenterebbe un risultato parziale
antecedente alla determinazione delle economie vincolate (che è pari a euro
1.780.412.392,28).
Nessuna di tali deduzioni può
essere condivisa.
3.1.1.‒ Per quel che
riguarda la pretesa "conformità di vedute” con la Corte dei conti, occorre
anzitutto ricordare che oggetto del presente giudizio è un autonomo ricorso del
Presidente del Consiglio dei ministri e che spetta a questa Corte valutare la
legittimità delle operazioni di bilancio oggetto del ricorso. Del resto gli
atti della magistratura contabile possono essere tenuti presenti solo
nell’eventuale forma dell’accertamento compiuto sulle risultanze del progetto
di rendiconto presentato dalla Regione (ex
plurimis, sentenza
n. 181 del 2015) e non certo ricavando arbitrariamente dalla relazione
allegata alla parifica frasi "decontestualizzate” o pretese lacune.
È vero invece – al contrario
di quanto ritenuto dalla Regione Abruzzo – che la Corte dei conti, sezione di
controllo per la Regione Abruzzo, sia prima che dopo la decisione di parifica
del rendiconto 2013, ha contestato una serie di irregolarità e di violazioni di
legge sostanzialmente analoghe a quelle che avevano indotto precedenti
accoglimenti di ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti
di bilanci e partite finanziarie della medesima Regione (il riferimento deve
intendersi: alla sentenza
n. 250 del 2013, con la quale questa Corte ha ritenuto illegittime le
modalità di contabilizzazione dei residui perenti; alla sentenza n. 241 del
2013, con la quale è stata dichiarata costituzionalmente illegittima la
copertura di spese mediante la «riprogrammazione di economie di bilancio»; alla
sentenza n. 192
del 2012, con la quale è stato censurato l’utilizzo, come strumento di
copertura, della riprogrammazione di economie vincolate in difetto della previa
approvazione del rendiconto dell’anno precedente).
In particolare nella delibera
della Corte dei conti n. 230/2016/FRG del 24 novembre 2016, successiva a quella
inerente alla parziale parifica del rendiconto 2013, la magistratura contabile
ha accertato, tra l’altro, «il perseverare dei seguenti comportamenti contabili
contra legem della Regione Abruzzo: – mancata adozione delle misure consequenziali
alla parifica del rendiconto dell’esercizio 2012, che risulta l’ultimo
consuntivo definitivamente approvato; […] – mancata definizione dell’esatto
ammontare dei residui al 31.12.2014 e del riaccertamento straordinario degli
stessi all’1.1.2015; [...]; – mancata esatta definizione del saldo netto da
finanziare e del disavanzo effettivo di gestione e, di conseguenza, mancata
adozione del Piano di rientro nei termini previsti dalla normativa (decreto
legislativo n. 118/2011); – mancata conseguente iscrizione, nel bilancio di
previsione 2016, del disavanzo effettivo di gestione, risultante da procedure
certe e definitive;[…] – violazione reiterata dei principi a salvaguardia degli
equilibri di bilancio e del principio di copertura delle spese».
Pur a fronte di una siffatta
situazione, la Giunta regionale, con delibera n. 756 del 22 novembre 2016, ha
riproposto il disegno di legge regionale relativo al rendiconto 2013 (poi
approvato con la legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017), il quale recava immutate
tutte le voci del precedente disegno di legge relativo al rendiconto 2013
oggetto di giudizio di parifica, ad eccezione dell’unica correzione recata alle
economie vincolate, che passavano da 1,722 miliardi di euro a 1,780 miliardi di
euro, e del peggioramento del preteso saldo negativo (successivamente confluito
nell’art. 12 precedentemente richiamato), che passava da euro - 538.201.471,80
a euro - 770.134.872,62.
Peraltro, nel parificare solo
parzialmente il rendiconto generale per l’esercizio 2012, la Corte dei conti,
sezione di controllo per la Regione Abruzzo, con delibera n. 116/2014/PARI,
aveva escluso dalla dichiarazione di regolarità i residui attivi e passivi
provenienti dagli esercizi precedenti (rispettivamente pari a euro
2.458.083.450,07 e a euro 1.570.713.130,92), nonché i residui perenti e le
economie vincolate che allora riportavano un valore pari a euro
1.688.149.343,03. Aveva conclusivamente invitato la Regione ad adoperarsi per
riallineare il ciclo di bilancio a una tempistica conforme a normativa e a
utilizzare gli istituti dell’assestamento di bilancio e del riaccertamento
annuale dei residui, oltre che a procedere e concludere il riaccertamento dei
residui attivi e passivi avviato nel 2013, provvedendo, alla luce del medesimo,
all’esatta quantificazione del saldo finanziario positivo e del disavanzo
effettivo di gestione. Ciò al fine di «iscrivere, nel primo bilancio preventivo
utile, il disavanzo effettivo di gestione risultante da procedure certe e
definitive».
3.1.2.‒ Quanto alla
pretesa correzione del risultato di amministrazione di cui all’impugnato art.
10 con le economie vincolate, che sarebbe alla base delle apodittiche cifre
esposte al successivo art. 12, la singolare deduzione della parte convenuta
urta contro molteplici basilari principi della contabilità pubblica. La prima
regola violata è quella che determina il risultato di amministrazione
attraverso il saldo algebrico tra residui attivi, passivi e fondo di cassa:
l’art. 42, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011 ribadisce tale principio,
prescrivendo che «Il risultato di amministrazione […] è accertato con
l’approvazione del rendiconto della gestione dell’ultimo esercizio chiuso, ed è
pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui
passivi». In senso analogo, l’art. 186 del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), prescrive
per gli enti locali che «[i]l risultato contabile di amministrazione è
accertato con l’approvazione del rendiconto dell’ultimo esercizio chiuso ed è
pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui
passivi».
In tale contesto – anteriore
alla riforma contabile entrata in vigore successivamente al 2013 – le
cosiddette economie riprogrammabili devono trovare allocazione nei residui
attivi, limitatamente ai cespiti vincolati eventualmente ancora non riscossi, e
nei residui passivi, per le somme accertate in entrata e ancora non utilizzate
in relazione alle quali persiste uno specifico vincolo di legge. Tardivo e
fuorviante appare il loro inserimento tra i residui perenti, a esercizio già
concluso e in assenza di una loro reiscrizione in bilancio (che sarebbe
peraltro consentita solo nel caso di sussistenza di un vero e specifico vincolo
di legge).
Ulteriore aporia delle
argomentazioni regionali riguarda l’asserita facoltà di esprimere un risultato
di amministrazione senza la previa indicazione analitica dei residui attivi e
passivi, dei relativi crediti e debiti, dei loro titolari e delle ragioni
giuridiche dei rapporti creditori e debitori.
Analogo rilievo investe la
pretesa di iscrivere le economie vincolate senza la previa dimostrazione della
loro inerenza alla disponibilità di cespiti effettivi e alla persistenza dello
specifico vincolo legislativo alla loro utilizzazione. Infatti, l’impiego di
partite di spesa confluite in economie di precedenti esercizi «è impossibile
senza l’accertamento delle risorse dedicate e la sussistenza di impegni od
obbligazioni passive afferenti alla specifica utilizzazione di tali risorse.
[…] Dunque, la irrituale "riprogrammazione” […] viene concretamene a collidere
con il principio di equilibrio del bilancio, incrementando indebitamente la
spesa e, conseguentemente, i preesistenti squilibri» (sentenza n. 89 del
2017). Più in generale, in tema di fondi vincolati, è stato precisato che
«[p]er vincoli formalmente attribuiti dall’ente si intendono quelli previsti
dal principio applicato 9.2 [del d.lgs. n. 118 del 2011], derivanti da "entrate
straordinarie, non aventi natura ricorrente, accertate e riscosse cui
l’amministrazione ha formalmente attribuito una specifica destinazione. È
possibile attribuire un vincolo di destinazione alle entrate straordinarie non
aventi natura ricorrente solo se l’ente non ha rinviato la copertura del
disavanzo di amministrazione negli esercizi successivi [e] ha provveduto nel
corso dell’esercizio alla copertura di tutti gli eventuali debiti fuori
bilancio […]”. Infatti, la facoltà di imprimere uno specifico vincolo deriva
dalla classificazione normativa (entrate straordinarie non aventi natura
ricorrente) e dall’ulteriore requisito dell’assenza di disavanzi da ripianare.
In definitiva, l’analitica classificazione delle somme vincolate non inficia il
principio per cui, quand’anche non direttamente dipendente dalla legge, il
vincolo deve trovare diretto presupposto nella stessa. È anche evidente come
proprio la stessa perimetrazione della fattispecie derogatoria risponda
all’obiettivo di non alterare l’equilibrio del bilancio» (sentenza n. 279 del
2016).
Infine, le eccezioni della
resistente urtano contro il costante orientamento di questa Corte – già in
precedenza richiamato – secondo cui le risultanze dei bilanci devono essere
credibili, sufficientemente sicure, non arbitrarie o irrazionali. Secondo la
Regione Abruzzo sarebbero credibili e veridiche risultanze che comportano una
dimensione di partite contabili arretrate (residui attivi, passivi ed economie
vincolate) pari a circa il cinquantasei per cento dell’intero bilancio annuale.
E ciò senza l’indicazione delle ragioni giuridiche e fattuali in grado di
sorreggere l’esattezza di tale quantificazione. La quantificazione delle
partite attive e passive che non abbiano un obiettivo riscontro finanziario
(come avviene al contrario per il fondo di cassa) non può essere priva
dell’analitica ricognizione dei relativi presupposti giuridici, poiché la loro
applicazione al bilancio costituisce elemento indefettibile per determinarne e
verificarne coperture ed equilibri.
3.2.‒ A ben vedere, le
eccezioni della Regione Abruzzo si fondano su un’ulteriore errata deduzione.
La resistente sottolinea che
l’approvazione del rendiconto 2013, quali che siano le relative risultanze,
sarebbe contemporaneamente tappa indispensabile per smaltire l’arretrato
inerente agli esercizi successivi e "monade contabile”, del tutto svincolata
dall’articolazione dei successivi bilanci.
Se – per gli evidenti motivi
richiamati – non è configurabile una separazione della legge regionale di
approvazione del rendiconto dai bilanci degli esercizi successivi, è altresì
indiscutibile che l’operazione "messa in sicurezza dei conti”, più volte
enfatizzata dalla resistente, non può prescindere dall’esattezza e congruenza
dei dati contabili di partenza, caratteri assenti nella fattispecie in esame.
Peraltro non è neppure
condivisibile l’assunto implicito del ragionamento svolto dalla Regione,
secondo cui l’arretrato debba essere necessariamente smaltito "per tappe”,
scaglionando temporalmente l’approvazione dei conti inevasi.
Come precedentemente
sottolineato, il legislatore prevede termini indefettibili per l’approvazione dei
rendiconti degli enti territoriali (attualmente, ai sensi dell’art. 18 del
d.lgs. n. 118 del 2011, «Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1,
comma 1, approvano: […] b) il rendiconto o il bilancio di esercizio entro il 30
aprile dell’anno successivo. Le regioni approvano il rendiconto entro il 31
luglio dell’anno successivo, con preventiva approvazione da parte della giunta
entro il 30 aprile, per consentire la parifica delle sezioni regionali di
controllo della Corte dei conti», risultando modificato, al riguardo, il
precedente art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 76 del 2000 invocato dal Presidente
del Consiglio dei ministri quale norma interposta), individuando un arco
temporale intermedio tra l’esercizio di riferimento e quello afferente al bilancio
di previsione dei due esercizi successivi.
È evidente come detto arco
temporale non sia determinato dal legislatore in modo arbitrario, bensì
bilanciando le esigenze di una tempestiva accountability nei confronti degli
elettori e degli altri portatori di interessi e quelle inerenti alla
rideterminazione o costruzione degli equilibri dei bilanci di previsione dei
due esercizi successivi. Infatti, una volta accertata l’esistenza di un
disavanzo di amministrazione, devono essere immediatamente adottati i
provvedimenti di legge (art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 per le
Regioni; art. 188 del d.lgs n. 267 del 2000 per gli enti locali) per il
ripianamento dello stesso.
Tale operazione –
indispensabile per garantire e conservare gli equilibri di bilancio di breve e
lungo periodo − non può essere realizzata prendendo a riferimento dati
così lontani nel tempo (per di più non credibili per le ragioni precedentemente
espresse).
Ne consegue che ben potrebbe –
anzi dovrebbe – la Regione Abruzzo effettuare le operazioni necessarie per
recuperare immediatamente, in modo costituzionalmente corretto, tutti gli
adempimenti scaduti inerenti ai rendiconti successivi, pur nel rispetto dei
separati riscontri secondo la partizione annuale.
3.3.‒ Il rispetto dei termini
e degli adempimenti previsti dalle norme di coordinamento della finanza
pubblica e di armonizzazione – nel caso in esame le disposizioni interposte che
fissano gli obblighi di rendicontazione costituiscono, all’un tempo, norme
afferenti al coordinamento della finanza pubblica, all’armonizzazione dei
bilanci e ai precetti in termini di copertura della spesa e di equilibrio dei
bilanci di cui all’art. 81 Cost. (in tal senso sentenza n. 184 del
2016) – comporta comunque l’attuazione immediata e sequenziale di tutte le
operazioni previste nel tempo dal legislatore nazionale per porre rimedio alle
situazioni critiche degli enti territoriali.
In termini di rilevanza
strutturale, tali misure normative possono essere così sintetizzate: a)
accertamento analitico di tutte le tipologie di residui preesistenti
anteriormente all’entrata in vigore del nuovo ordinamento contabile (art. 3,
comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011). Con particolare riguardo alla Regione
Abruzzo, in tali operazioni è compreso il riaccertamento delle cosiddette
economie vincolate, finalizzato a espungere tutte le partite non caratterizzate
da espresso e specifico vincolo normativo; b) confronto tra somme incamerate e
utilizzate a titolo di anticipazioni di liquidità, avente lo scopo di accertare
la piena e corretta utilizzazione di tali somme in termini di sola cassa. Come
rilevato dal Presidente del Consiglio dei ministri la Regione resistente ha
omesso di conformarsi, su questo specifico punto, alla sentenza di questa
Corte n. 89 del 2017; c) rateizzazione nel tempo dei disavanzi accertati
secondo le modalità previste dalle disposizioni vigenti (artt. 3, comma 16, e
42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 e art. 9, comma 5, del decreto-legge
19 giugno 2015, n. 78, recante «Disposizioni per garantire la continuità dei
dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle
spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di
emissioni industriali»).
I richiamati adempimenti sono
organizzati in termini di propedeuticità e sinergia nel senso che tutti mirano
a riequilibrare e rendere chiara la situazione economico-finanziaria dell’ente
territoriale attraverso un ordine sequenziale teleologicamente vincolato.
Infatti, l’accertamento nelle forme di legge delle partite attive e passive è
sicuramente propedeutico all’utilizzazione delle anticipazioni di liquidità, le
quali – come è noto – servono a fronteggiare obbligazioni passive inutilmente
scadute. Le anticipazioni stesse servono a eliminare dal bilancio – attraverso
puntuali pagamenti – i residui passivi inerenti a obbligazioni scadute e ad
altri oneri normativamente imposti e risultano propedeutiche alla revisione
ordinaria e straordinaria dei residui stessi. La revisione straordinaria è
necessariamente preliminare al passaggio tra la vecchia e nuova contabilità
prescritto dall’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011. Infine la
revisione ordinaria e quella straordinaria sono necessarie per azionare la
facoltà di rateizzare il ripianamento dei disavanzi accertati.
3.4.‒ In definitiva
devono essere condivise anche le censure ribadite dall’Avvocatura generale dello
Stato nel corso della discussione in udienza, secondo cui l’assenza di
trasparenza nella rappresentazione della situazione economico-finanziaria della
Regione collide diametralmente con gli evocati parametri costituzionali. In
particolare va ribadito il principio secondo cui la trasparenza dei conti
risulta elemento indefettibile per avvicinare in senso democratico i cittadini
all’attività dell’Amministrazione, in quanto consente di valutare in modo
obiettivo e informato lo svolgimento del mandato elettorale, e per
responsabilizzare gli amministratori, essendo necessariamente servente al
controllo retrospettivo dell’utilizzo dei fondi pubblici (sentenza n. 184 del
2016).
4.‒ In considerazione
dell’inscindibile connessione finanziaria con le disposizioni
costituzionalmente illegittime, tale illegittimità deve estendersi in via
consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), alle
residue disposizioni della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017 di approvazione
del rendiconto 2013. L’evidente correlazione delle disposizioni residue con le
norme impugnate comporta infatti un rapporto di chiara consequenzialità con la
decisione assunta in ordine alle stesse (in senso conforme, ex plurimis, sentenza n. 274 del
2017, sentenze n. 266 e n. 250 del 2013).
Infatti, l’assenza di un risultato univoco di amministrazione, l’incongruità
degli elementi aggregati per il suo calcolo e l’inderogabile principio di
continuità tra gli esercizi finanziari – che richiede il collegamento genetico
tra i bilanci secondo la loro sequenza temporale – coinvolgono la legge di
approvazione del rendiconto 2013 nella sua interezza, non essendo utilmente
scindibili gli elementi che ne compongono la struttura. È utile ribadire che
«l’efficacia di diritto sostanziale che il rendiconto riveste in riferimento ai
risultati dai quali scaturisce la gestione finanziaria successiva e
l’invalidità delle partite destinate, attraverso la necessaria aggregazione, a
determinarne le risultanze, pregiudicano irrimediabilmente l’armonia logica e
matematica che caratterizza funzionalmente il perseguimento dell’equilibrio del
bilancio» (sentenza
n. 274 del 2017) anche negli esercizi successivi.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e
2; 8; 9; 10; 11 e 12 della legge della Regione Abruzzo 7 marzo 2017, n. 16
(Rendiconto generale per l’esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale
del patrimonio e nota illustrativa preliminare);
2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge
11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), l’illegittimità costituzionale delle residue disposizioni
della medesima legge reg. n. 16 del 2017.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5
marzo 2018.