ANNO 2017
Commenti alla decisione di
I. Chiara Bergonzini,
Trasparenza
e veridicità dei bilanci: l’annullamento del rendiconto oggetto di
manipolazioni contabili, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
II. Rosario Scalia, Il
giudizio di parificazione del rendiconto generale delle Regioni, per
g.c. di Federalismi.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI
Presidente
- Giorgio LATTANZI
Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de
PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art.
6 della legge della Regione Liguria 2 novembre 2016, n. 26 (Assestamento al
bilancio di previsione della Regione Liguria per gli anni finanziari 2016-2018),
promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 7-11 gennaio 2017, depositato in cancelleria il 10 gennaio 2017
ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2017.
Visto l’atto di costituzione della Regione
Liguria;
udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 2017 il
Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato dello Stato Leonello Mariani per il
Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Luca Antonini per la Regione
Liguria.
Ritenuto
in fatto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri,
con ricorso notificato il 7-11 gennaio 2017 e depositato il 10 gennaio 2017
(reg. ric. n. 2 del 2017), ha promosso questione di legittimità costituzionale
dell’art. 6 della legge della Regione Liguria 2 novembre 2016, n. 26
(Assestamento al bilancio di previsione della Regione Liguria per gli anni
finanziari 2016-2018), in riferimento all’art. 81, terzo comma,
della Costituzione.
Espone il ricorrente che l’art. 6 della
legge reg. Liguria n. 26 del 2016 prevede l’applicazione al bilancio di una
quota libera di avanzo di amministrazione pari ad euro 3.509.506,73, riferita
alla missione n. 20 (Fondi e accantonamenti) – Programma 2 (Fondo crediti di
dubbia esigibilità), impiegata per incrementare l’accantonamento al Fondo
crediti di dubbia esigibilità per l’anno 2016, come indicato nella Nota
integrativa all’assestamento al bilancio di previsione 2016-2018 (pag. 74 degli
allegati al bilancio).
Secondo il Presidente del Consiglio dei
ministri, la suddetta quota di avanzo libero sarebbe stata tuttavia
impropriamente determinata in quanto il risultato di amministrazione
disponibile al 31 dicembre 2015 risulterebbe negativo, essendo pari ad euro
-254.607.931,79, come risulterebbe dal Prospetto dimostrativo del risultato di
amministrazione al 31 dicembre 2015, a pag. 36 degli allegati al bilancio.
A tale proposito il Presidente del
Consiglio dei ministri rammenta che l’art. 42, comma 1, terzo periodo, del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni,
degli enti locali e dei loro organismi a norma degli articoli 1 e 2 della legge
5 maggio 2009, n. 42) prevede che, nel caso in cui il risultato di
amministrazione non presenti un importo sufficiente a comprendere le quote
vincolate, destinate ed accantonate, la differenza è iscritta nel primo
esercizio considerato nel bilancio di previsione, prima di tutte le spese, come
disavanzo da recuperare.
Più precisamente, l’anzidetta quota
"libera” di euro 3.509.506,73 – da ritenersi, secondo il ricorrente, in realtà
inesistente, stante il risultato di amministrazione negativo – sarebbe stata
fittiziamente creata e contabilmente ricavata per detrazione dal maggior
importo di euro 117.666.638,03 indicato, quale disavanzo da mutuo autorizzato e
non contratto, nella già citata nota integrativa (pag. 72 degli allegati al
bilancio).
Ed infatti, si prosegue, il risultato
negativo di amministrazione della Regione Liguria – pari ad euro
-254.607.931,79 – corrisponderebbe esattamente alla somma dell’importo residuo
del disavanzo da mutuo autorizzato e non contratto –pari ad euro
114.157.131,30, importo risultante dalla sottrazione dall’importo originario di
euro 117.666.638,03 della somma di euro 3.509.506,73 – e degli importi delle
ulteriori componenti negative, ammontanti ad euro 140.450.800,49, per un totale
complessivo di euro 254.607.931,79.
Osserva al riguardo che, se è vero che le
Regioni hanno la facoltà di impiegare l’eventuale quota del risultato di
amministrazione "svincolata” dopo l’approvazione del rendiconto per finanziare
lo stanziamento del Fondo crediti di dubbia esigibilità dell’esercizio
successivo a quello cui il rendiconto si riferisce, sulla base di quanto al
riguardo previsto dal principio contabile applicato concernente la contabilità
finanziaria (è richiamato l’allegato n. 4/2, punto 3.3, del d.lgs. n. 118 del
2011), sarebbe tuttavia altrettanto vero che la Regione Liguria non avrebbe
dimostrato né l’esistenza né l’ammontare delle risorse svincolate dopo
l’approvazione del rendiconto e, come tali, disponibili per il finanziamento
del Fondo crediti di dubbia esigibilità.
Da tanto, secondo il Presidente del
Consiglio dei ministri, conseguirebbe il contrasto della norma impugnata con
l’obbligo di copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, Cost.,
nella misura in cui, da un lato, si prevede una variazione in aumento
dell’avanzo di amministrazione, specificamente destinata all’incremento dell’accantonamento
al Fondo crediti di dubbia esigibilità, cui non corrisponderebbe in realtà un
correlato risultato positivo di amministrazione e, dall’altro, si finanzia lo
stanziamento del suddetto Fondo senza dare evidenza contabile delle risorse
economiche svincolate dopo l’approvazione del rendiconto e, come tali, a quel
fine disponibili.
2.– Si è costituita in giudizio la Regione
Liguria, in persona del Presidente pro
tempore della Giunta regionale, deducendo l’inammissibilità e comunque
l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale promossa dallo
Stato.
Preliminarmente, precisa la Regione che la
quota di avanzo libero di euro 3.509.506,73, non sarebbe stata "inventata”
dalla legge regionale di assestamento al bilancio di previsione, ma sarebbe
frutto del definitivo accertamento dell’avanzo di amministrazione operato con
la legge della Regione Liguria 9 agosto 2016, n. 20 (Rendiconto generale
dell’amministrazione della Regione Liguria per l’esercizio finanziario 2015),
con la quale è stato accertato dalla Regione un risultato positivo di
amministrazione, al 31 dicembre 2015, pari ad euro 124.704.879,50 e che avrebbe
anche accertato la quota di avanzo libero, di euro 3.509.506,73, derivante
dalla capienza dell’avanzo di amministrazione, dopo la specifica considerazione
contabile della componente negativa per mutui autorizzati e non contratti e del
Fondo anticipazioni liquidità previsto dall’art. 1, comma 8, del decreto-legge
13 novembre 2015, n. 179 (Disposizioni urgenti in materia di contabilità e di
concorso all’equilibrio della finanza pubblica delle Regioni).
La Regione in tal modo avrebbe fatto
applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1, commi 698 e seguenti, della
legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», per
quanto riguarda il Fondo anticipazioni liquidità; e degli artt. 40, comma 2,
del d.lgs. 118 del 2011 e l, comma 688-bis,
della medesima legge n. 208 del 2015, per quanto riguarda il mutuo autorizzato
e non contratto, rispetto alle quote vincolate, destinate e accantonate. Tanto
si ricaverebbe dalla nota 6 posta in calce al Prospetto dimostrativo del
risultato di amministrazione, pubblicato alle pagg. 464 e 465 del Bollettino ufficiale della Regione Liguria 11
agosto 2016, n. 16, dove risulta:
Componente negativa per mutuo autorizzato e non
contratto 117.666.638,03
Fondo anticipazioni liquidità di cui al D.L.
179/2015
140.450.800,49
Disavanzo autorizzato
258.117.438,52
Risultato "Totale parte disponibile” -254.607.931,79
Avanzo libero disponibile 3.509.506,73
Evidenzia la Regione resistente che tale
legge regionale di approvazione del rendiconto generale della Regione Liguria
per l’esercizio 2015, debitamente corredata dal parere del Collegio dei
revisori, non sarebbe stata oggetto di impugnativa da parte dello Stato, come
deliberato in data 4 ottobre 2016 dal Consiglio dei Ministri e pertanto la
Regione Liguria con l’art. 6 della legge reg. n. 26 del 2016 avrebbe
legittimamente fatto riferimento al dato accertato in sede di rendiconto.
Contesta inoltre la genericità del
riferimento fatto dallo Stato all’allegato n. 4/2, punto 3.3, o ad altra
disposizione normativa o principio contabile del d.lgs. n. 118 del 2011,
rendendo quindi impossibile intendere da quali norme il ricorrente faccia
desumere il rispetto dei principi evocati.
Secondo la Regione Liguria, anche la
stessa pretesa violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.,
esposta alla fine del ricorso statale, sarebbe motivata in modo del tutto
generico e inconferente in quanto, contrariamente all’assunto dello Stato, la
Regione avrebbe fornito l’evidenza contabile nella sede a ciò deputata, ovvero
nella propria legge n. 20 del 2016, e in particolare alla nota 6 posta in calce
al prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione.
Da quanto sopra ne deriverebbe
innanzitutto l’inammissibilità del ricorso statale per insufficiente
motivazione, nonché per assoluta genericità e apoditticità della stessa.
In ogni caso, secondo la Regione Liguria,
tale censura sarebbe comunque infondata.
La Regione richiama quanto affermato dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 184 del
2016, secondo la quale «una tipizzazione della struttura del bilancio
regionale, che sia conciliabile e rispettosa dei limiti esterni e non sia in
contrasto con gli standard provenienti dall’armonizzazione, dal coordinamento,
dal rispetto dei vincoli europei e degli equilibri di bilancio è funzionale
dunque alla valorizzazione della democrazia rappresentativa, nell’ambito della
quale deve essere assicurata ai membri della collettività la cognizione delle
modalità con le quali le risorse vengono prelevate, chieste in prestito,
destinate, autorizzate in bilancio ed infine spese».
3.– Con ulteriore memoria depositata in vista
dell’udienza pubblica, la Regione Liguria ha ulteriormente insistito per la
declaratoria di inammissibilità o infondatezza del ricorso.
Evidenzia che il risultato di
amministrazione, pari ad euro 124.704.879,50, è stato così determinato
dall’art. 10 della legge regionale n. 20 del 2016 e sarebbe quindi un risultato
positivo, dal quale devono essere dedotte le quote accantonate e vincolate,
così come previsto dal citato art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011 e come
riportato nella seconda parte del prospetto dimostrativo del risultato di
amministrazione al rendiconto regionale per l’esercizio 2015.
La quota delle risorse accantonate e
vincolate per l’esercizio 2015 ammonta ad un totale di 238.862.010,80 euro (al
netto del Fondo anticipazioni liquidità di cui al d.l. n. 179 del 2015, la cui
consistenza al 31 dicembre 2015 è pari ad euro 140.450.800,49).
Se al risultato di amministrazione di euro
124.704.879,50 si sommano le entrate non accertate per la mancata contrazione
del mutuo autorizzato con il bilancio 2015 (e pari ad euro 117.666.638,03) si
ottiene l’importo di euro 242.371.517,53, che sarebbe più che sufficiente alla
copertura degli accantonamenti al netto del Fondo anticipazioni liquidità. E,
prosegue la Regione Liguria, proprio dal confronto tra il risultato di
amministrazione (pari ad euro 242.371.517,53) e la quota delle risorse
accantonate e vincolate per l’esercizio 2015, ammontante ad un totale di 238.862.010,80
euro, deriverebbe l’avanzo esposto a rendiconto per un totale di euro
3.509.506,73.
Evidenzia che al risultato negativo
complessivo di amministrazione pari a euro 254.607.931,79, concorrono sia il
citato accantonamento di euro 140.450.800,49, relativo al Fondo anticipazioni
liquidità di cui al d.l. n. 179 del 2015, che il disavanzo derivante dal debito
autorizzato e non contratto di cui all’art 40, comma 2, del d.lgs. n. 118 del
2011, pari ad euro 117.666.638,03.
Osserva in proposito la Regione Liguria
che entrambe queste componenti costituirebbero voci "speciali” contenute
all’interno del risultato complessivo di amministrazione e sarebbero regolate,
per le Regioni, da specifiche disposizioni (rispettivamente: art. 1, commi 698
e seguenti, della legge n. 208 del 2015 ed art. 40, comma 2, del d.lgs. n. 118
del 2011) inerenti, rispettivamente, alle modalità di ripiano per il primo e la
copertura del relativo debito per il secondo. Si tratterebbe, quindi, di
"disavanzi autorizzati per legge” e non derivanti dalla gestione del bilancio
di previsione.
In particolare, il mancato accertamento
del mutuo autorizzato e non contratto sarebbe del tutto temporaneo e
reversibile, in quanto attraverso l’effettiva contrazione del prestito, che può
avvenire in momenti successivi all’autorizzazione, il relativo disavanzo è
assorbito dal bilancio a seguito della contabilizzazione delle poste di
entrata.
Evidenzia inoltre che tale componente
costituirebbe una posta specifica e speciale del sistema contabile delle Regioni,
disciplinata già dall’art. 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti
finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario), nel tempo
confermata con continuità dall’art. 23 del decreto legislativo 28 marzo 2000,
n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e
di contabilità delle regioni, in attuazione dell’art. 1, comma 4, della L. 25
giugno 1999, n. 208), ed infine dall’art. 62 del d.lgs. n. 118 del 2011, fino
all’ultima proroga intervenuta con l’art. 688-bis della legge n. 208 del 2015.
Precisa ulteriormente la Regione Liguria
che la possibilità di stanziare spesa di investimento coperta da autorizzazione
di mutuo, rinviandone ad esercizi successivi l’effettiva contrazione in
relazione alle effettive esigenze di cassa nel limite degli impegni assunti,
sarebbe pienamente conforme all’art. 40, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011,
secondo il quale «A decorrere dal 2016, il disavanzo di amministrazione
derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di
investimento, risultante dal rendiconto 2015, può essere coperto con il ricorso
al debito che può essere contratto solo per far fronte ad effettive esigenze di
cassa».
Stante quanto sopra, il risultato di
amministrazione di euro 124.704.879,50 si appaleserebbe pienamente sufficiente
alla copertura del totale degli accantonamenti sopra calcolati, in quanto lo
stesso sarebbe stato determinato al netto delle entrate non accertate per la
mancata contrazione del mutuo autorizzato con il bilancio 2015, ricalcolato nel
limite degli importi effettivamente impegnati al 31 dicembre 2015, sui capitoli
di spesa di investimento finanziati da detta entrata, ai sensi dell’art 40,
comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011.
4.– Ha depositato memoria anche il Presidente
del Consiglio dei ministri.
Il ricorrente, richiamato il dettato
dell’art. 42, commi 1, 3, 4, e 5, del d.lgs. n. 118 del 2011, evidenzia che la
facoltà di impiegare una quota del risultato di amministrazione per finanziare
lo stanziamento relativo al Fondo crediti di dubbia esigibilità del bilancio di
previsione dell’esercizio successivo a quello cui il rendiconto si riferisce,
potrebbe riguardare unicamente l’eventuale quota del risultato di
amministrazione "svincolata”. Tale quota, dunque, dovrebbe afferire a fondi
liberi da vincoli di bilancio, vale a dire a fondi "svincolati” e, come tali,
liberamente disponibili, diversi perciò dai fondi accantonati, da quelli
destinati agli investimenti e da quelli vincolati; ma, ancor prima, si
prosegue, l’esercizio di quella facoltà presupporrebbe un avanzo di
amministrazione, vale a dire un risultato positivo di gestione suscettibile di
essere impiegato per finanziare, incrementandolo, lo stanziamento (originario)
del Fondo crediti di dubbia esigibilità.
Secondo il Presidente del Consiglio dei
ministri, sarebbe pertanto evidente che in presenza di un disavanzo di
amministrazione, vale a dire di un risultato negativo di gestione, la facoltà
«di impiegare l’eventuale quota del risultato di amministrazione "svincolata”»
prevista dall’art. 42, comma 7, del d.lgs. n. 118 del 2011 non sia in concreto
esercitabile, non esistendo fondi liberi e, quindi, risorse "svincolate”, da
destinare al finanziamento del Fondo crediti di dubbia esigibilità. Si osserva
inoltre che, in tal caso, tra l’altro, laddove l’amministrazione intendesse
mutare la destinazione di risorse destinate ad altri fini ma non ancora
impegnate – come appunto quelle afferenti a mutui autorizzati ma non contratti
– esse dovrebbero essere prioritariamente destinate, in ossequio a quanto
disposto dal comma 1 dell’art. 42 citato e comunque in vista del pareggio di
bilancio imposto dall’art. 81, primo comma, Cost., al
ripiano del "disavanzo da recuperare”.
In definitiva, la contestuale esistenza di
un disavanzo di amministrazione e di un avanzo (libero) di amministrazione
sarebbe una vera e propria contraddizione in termini.
Tanto premesso, evidenzia il Presidente
del Consiglio dei ministri che dai documenti di bilancio emergerebbe
chiaramente che al 31 dicembre 2015 la Regione Liguria non disponeva di alcuna
quota di risultato di amministrazione "svincolata”, libera e disponibile,
destinabile, come tale, al finanziamento dello stanziamento del Fondo crediti
di dubbia esigibilità per l’anno 2016.
Infatti, dal prospetto dimostrativo del
risultato di amministrazione e relativa composizione, alla data del 31 dicembre
2015 risulterebbe che il risultato di amministrazione della Regione Liguria
era, al netto delle quote accantonate e vincolate, negativo per euro
254.607.931,79.
Tale risultato, se da un lato costituiva
disavanzo da ripianare, da iscrivere, come tale, tra le spese del bilancio di
previsione a mente dell’art. 42, comma 1, terzo periodo, del d.lgs. n. 118 del
2011, dall’altro escluderebbe di per sé l’esistenza di un avanzo libero
disponibile suscettibile di essere destinato all’incremento dello stanziamento
del Fondo crediti di dubbia esigibilità dell’anno successivo.
Osserva, piuttosto, il Presidente del
Consiglio dei ministri, che il richiamo alla legge di approvazione del
rendiconto generale avrebbe contribuito a chiarire il percorso attraverso il
quale la Regione Liguria era pervenuta alla creazione del fittizio "avanzo
libero disponibile” di euro 3.509.506,73 destinato all’incremento del
finanziamento dello stanziamento del Fondo crediti di dubbia esigibilità.
Infatti, come risulta dagli allegati alla
legge di approvazione del rendiconto (pag. 465 del B.U.R.L. n. 16 del 2016),
per provvedere a ciò la Regione Liguria avrebbe reperito le relative risorse,
per complessivi euro 3.509.506,73, stornandole dal "disavanzo autorizzato”, di
ammontare pari a complessivi euro 258.117.438,52 e costituito dalla "componente
negativa per mutuo autorizzato e non contratto” (euro 117.666.638,03) nonché
dal "Fondo anticipazioni liquidità di cui al D.L. 119/2015” (euro
140.450.800,49).
Più precisamente, si prosegue, la
"creazione” dell’"avanzo libero disponibile” di euro
3.509.506,73 sarebbe avvenuta detraendo dal "disavanzo autorizzato” di cui
sopra (pari ad euro 258.117.438,52) il "disavanzo da ripianare”, risultante dal
rendiconto generale ed iscritto nel bilancio di previsione, corrispondente ad
euro 254.607.931,79.
In definitiva, si evidenzia che il
reperimento di risorse da destinare all’incremento del Fondo crediti di dubbia
esigibilità sarebbe stato realizzato non già mediante l’impiego di fondi
effettivamente liberi e disponibili – come previsto e consentito dal comma 7
dell’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011 –, bensì attraverso lo storno di
risorse già destinate ad altri fini, quali il rimborso di mutui o di
anticipazioni di liquidità.
In ogni caso, il Presidente del Consiglio
dei ministri evidenzia che, anche in ossequio al principio costituzionale del
pareggio di bilancio di cui all’art. 81, primo comma, Cost., l’importo di euro
3.509.506,73 – risultante dalla differenza tra il "disavanzo autorizzato” e il
"disavanzo da ripianare” – avrebbe dovuto essere correttamente impiegato per la
riduzione del disavanzo da recuperare accertato con l’approvazione del
rendiconto della gestione dell’esercizio 2015, disavanzo comprensivo anche
della quota riferibile al "disavanzo da debito autorizzato e non contratto”: se
ciò fosse avvenuto, l’ammontare di tale componente del disavanzo complessivo
della Regione Liguria si sarebbe ridotto di un pari importo, contribuendo di
conseguenza ad un più celere ripiano del disavanzo accertato dell’ente
territoriale.
Osserva, inoltre, il Presidente del
Consiglio dei ministri, che la mancata impugnazione della legge regionale di
approvazione del rendiconto non potrebbe comportare la preclusione dell’odierna
contestazione della legittimità costituzionale della legge di assestamento del
bilancio di previsione, sia in quanto la determinazione del cosiddetto "avanzo
libero disponibile” sarebbe estranea al contenuto precettivo e vincolante di
quella legge, sia perché tra atti aventi forza di legge non sarebbe
configurabile quel rapporto di giuridica presupposizione ravvisabile invece tra
atti amministrativi, sia infine perché il potere della Corte costituzionale di
dichiarare quali sono le altre disposizioni legislative la cui illegittimità
deriva come conseguenza dalla decisione adottata in ordine a quelle
direttamente impugnate (art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, recante
«Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale»),
dimostrerebbe che la mancata impugnazione della legge "presupposta” non
esplicherebbe alcun effetto preclusivo della successiva impugnazione della
legge emanata sul "presupposto” di quella.
Pertanto, in applicazione della
disposizione testé citata, il ricorrente ritiene che la Corte costituzionale,
qualora dovesse dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della
legge reg. Liguria n. 26 del 2016, ben potrebbe altresì dichiarare
l’illegittimità costituzionale derivata della legge reg. Liguria n. 20 del
2016, nella parte in cui essa determina, nei modi indicati, il (presunto)
avanzo libero disponibile di amministrazione, in seguito assunto dall’art. 6
della legge reg. Liguria n. 26 del 2016 a base dell’incremento dello
stanziamento destinato al finanziamento del Fondo crediti di dubbia
esigibilità.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
impugnato l’art. 6 della legge della Regione Liguria 2 novembre 2016, n. 26
(Assestamento al bilancio di previsione della Regione Liguria per gli anni
finanziari 2016-2018), in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost.
1.1.– Il ricorrente espone che l’art. 6 prevede l’applicazione al bilancio di
una quota libera di avanzo di amministrazione, pari a euro 3.509.506,73,
impiegata per incrementare l’accantonamento nel Fondo crediti di dubbia
esigibilità per l’anno 2016, come indicato nella nota integrativa
all’assestamento del bilancio di previsione 2016-2018. Tale previsione pertanto
sarebbe in contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost.,
trattandosi di posta fittiziamente creata, in realtà inesistente, alla quale
non corrisponderebbe un correlato risultato positivo di amministrazione
riferito all’esercizio finanziario 2015.
Secondo il Presidente del Consiglio dei
ministri, la suddetta quota di avanzo libero sarebbe stata impropriamente
determinata in quanto il risultato di amministrazione disponibile al 31
dicembre 2015 risulterebbe negativo per euro 254.607.931,79, come risulterebbe
aggregando correttamente i dati del prospetto dimostrativo del risultato di
amministrazione.
Più precisamente, l’anzidetta quota "libera” di
euro 3.509.506,73 sarebbe stata fittiziamente creata per detrazione dal maggior
importo di euro 117.666.638,03, quale disavanzo da mutuo autorizzato e non
contratto, indicato nella citata nota integrativa.
Vi sarebbe al contrario un risultato negativo di
amministrazione della Regione Liguria pari a euro 254.607.931,79, che
corrisponderebbe alla somma dell’ammontare residuo del disavanzo da mutuo
autorizzato e non contratto – euro 114.157.131,30, risultante dalla sottrazione
dall’importo originario di euro 117.666.638,03 della somma di euro 3.509.506,73
– e dell’importo del "Fondo anticipazioni liquidità di cui al D.L 119/2015” –
euro 140.450.800,49.
Il ricorrente osserva che, se è vero che le
Regioni hanno la facoltà di impiegare l’eventuale quota del risultato di
amministrazione "svincolata” dopo l’approvazione del rendiconto per finanziare
lo stanziamento del Fondo crediti di dubbia esigibilità dell’esercizio
successivo a quello cui il rendiconto si riferisce, sulla base di quanto al
riguardo previsto dal principio contabile applicato, concernente la contabilità
finanziaria (art. 42, comma 7, e allegato n. 4/2, punto 3.3, del decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante «Disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni,
degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della
legge 5 maggio 2009, n. 42»), la Regione Liguria non avrebbe tuttavia
dimostrato né l’esistenza, né l’ammontare delle risorse svincolate dopo
l’approvazione del rendiconto e, come tali, disponibili per il finanziamento
del Fondo crediti di dubbia esigibilità.
Secondo il ricorrente, sarebbe pertanto evidente
che, in presenza di un disavanzo di amministrazione, vale a dire di un
risultato negativo di gestione, la facoltà prevista dal comma 7 dell’art. 42
del d.lgs. n. 118 del 2011 non sia in concreto esercitabile, non esistendo
fondi liberi e, quindi, risorse "svincolate”, da destinare al finanziamento del
Fondo crediti di dubbia esigibilità. Le risorse destinate ad altri fini ma non
ancora impegnate – come, appunto, quelle afferenti a mutui autorizzati ma non
contratti − ove l’amministrazione intendesse mutarne la destinazione,
dovrebbero essere prioritariamente destinate, in ossequio a quanto disposto dal
comma 1 dell’art. 42 citato, e comunque nella prospettiva del pareggio di
bilancio imposto dall’art. 81, primo comma, Cost., al
ripiano del "disavanzo da recuperare”.
In definitiva, la contestuale esistenza di un
disavanzo di amministrazione e di un avanzo (libero) di amministrazione sarebbe
una vera e propria contraddizione in termini.
Tanto premesso, il Presidente del Consiglio dei
ministri evidenzia che dai documenti di bilancio risulterebbe che al 31
dicembre 2015 la Regione Liguria non disponeva di alcuna quota di risultato di
amministrazione "svincolata”, libera e disponibile, destinabile, come tale, al
finanziamento dello stanziamento del Fondo crediti di dubbia esigibilità per
l’anno 2016.
Infatti, dal «prospetto dimostrativo del risultato
di amministrazione e relativa composizione» al 31 dicembre 2015 (di cui a pag.
36 delle Tabelle allegate alla legge impugnata, pubblicata alla pag. 64 del Bollettino ufficiale della Regione Liguria
n. 20 del 2016) – prospetto peraltro identico a quello allegato alla legge di
approvazione del Rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2015 (pag. 68
delle relative Tabelle pubblicate alle pagg. 464-465 del B.U.R.L. n. 16 del
2016) – deriverebbe che il risultato di amministrazione al 31 dicembre 2015
della Regione Liguria era, al netto delle quote accantonate e vincolate,
negativo per euro 254.607.931,79.
Il Presidente del Consiglio dei ministri osserva
che, come si evincerebbe dagli allegati alla legge di approvazione del
rendiconto (pag. 465 del B.U.R.L. n. 16 del 2016), la Regione Liguria avrebbe
reperito le relative risorse − per complessivi euro 3.509.506,73 −
stornandole dal «disavanzo autorizzato», di ammontare pari a complessivi euro
258.117.438,52 e costituito dalla «componente negativa per mutuo autorizzato e
non contratto» (euro 117.666.638,03), nonché dal «Fondo anticipazioni liquidità
di cui al D.L. 179/2015» (euro 140.450.800,49).
Più precisamente, la "creazione” dell’«avanzo libero disponibile» di euro 3.509.506,73 sarebbe
avvenuta detraendo dal «disavanzo autorizzato» di cui sopra – euro
258.117.438,52 – il «disavanzo da ripianare» risultante dal rendiconto generale
e iscritto nel bilancio di previsione – euro 254.607.931,79 – (euro
258.117.438,52 – euro 254.607.931,79 = euro 3.509.506,73).
In definitiva, il reperimento di risorse da
destinare all’incremento del Fondo crediti di dubbia esigibilità sarebbe stato
realizzato non già mediante l’impiego di fondi − effettivamente −
liberi e disponibili, come previsto e consentito dall’art. 42, comma 7, del
d.lgs. n. 118 del 2011, bensì attraverso lo storno di risorse già destinate ad
altri fini, quali il rimborso di mutui o di anticipazioni di liquidità.
In altri termini, l’importo di euro 3.509.506,73
− risultante dalla differenza tra il «disavanzo autorizzato» e il
«disavanzo da ripianare» − avrebbe dovuto essere correttamente impiegato
per la riduzione del disavanzo da recuperare accertato con l’approvazione del
rendiconto della gestione dell’esercizio 2015, disavanzo comprensivo anche
della quota riferibile al «disavanzo da debito autorizzato e non contratto»: se
ciò fosse avvenuto, l’ammontare di tale componente del disavanzo complessivo
della Regione Liguria si sarebbe ridotto di un pari importo − scendendo
da euro 117.666.638,03 a euro 114.157.131,30 − contribuendo di
conseguenza a un più celere rientro dal disavanzo accertato dell’ente
territoriale.
Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri
osserva, con successiva memoria, che la mancata impugnazione della legge reg.
Liguria 9 agosto 2016, n. 20
(Rendiconto generale dell’amministrazione della regione Liguria per l’esercizio
finanziario 2015), di approvazione del rendiconto, non potrebbe
comportare la preclusione dell’odierna contestazione della legittimità
costituzionale della legge di assestamento del bilancio di previsione, sia
perché la determinazione del cosiddetto "avanzo libero disponibile” sarebbe
estranea al contenuto precettivo e vincolante di quella legge, sia perché la
mancata impugnazione della legge "presupposta” non esplicherebbe alcun effetto
preclusivo della successiva impugnazione della legge emanata sul "presupposto”
di quella.
Il ricorrente ritiene pertanto che questa Corte,
qualora dichiarasse l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg.
Liguria n. 26 del 2016, ben potrebbe altresì dichiarare l’illegittimità
costituzionale derivata della legge reg. Liguria n. 20 del 2016, nella parte in
cui determina, nei modi ivi indicati, il (presunto) avanzo libero disponibile
di amministrazione successivamente assunto dall’impugnato art. 6 a base
dell’incremento dello stanziamento destinato al finanziamento del Fondo crediti
di dubbia esigibilità.
1.2.– Si è costituita in giudizio la Regione Liguria, deducendo
l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza della questione sollevata dal
Presidente del Consiglio dei ministri.
Secondo la Regione Liguria la quota di avanzo
libero di euro 3.509.506,73 non sarebbe stata "inventata” dalla legge regionale
di assestamento del bilancio di previsione, ma sarebbe frutto del definitivo
accertamento dell’avanzo di amministrazione attraverso la legge reg. n. 20 del
2016 di approvazione del rendiconto, con la quale sarebbe stato accertato dalla
Regione un risultato positivo di amministrazione al 31 dicembre 2015, pari a
euro 124.704.879,50. La suddetta quota di avanzo libero, di euro 3.509.506,73,
deriverebbe quindi dalla capienza dell’avanzo di amministrazione, dopo la
specifica considerazione contabile delle suddette voci e si ricaverebbe dalla
nota 6 posta in calce al «prospetto dimostrativo del risultato di
amministrazione alla fine dell’esercizio», pubblicato alle pagg. 464-465 del
B.U.R.L. n. 16 del 2016.
La Regione Liguria evidenzia che la legge
regionale di approvazione del rendiconto per l’esercizio 2015, debitamente
corredata dal parere del Collegio dei revisori, non sarebbe stata oggetto di
impugnativa da parte dello Stato, come deliberato in data 4 ottobre 2016 dal
Consiglio dei ministri. Pertanto, con l’art. 6 della legge reg. n. 26 del 2016
si sarebbe legittimamente fatto riferimento al dato accertato in sede di
rendiconto.
Al risultato negativo complessivo di
amministrazione pari a euro 254.607.931,79, concorrerebbero: a) il citato
accantonamento di euro 140.450.800,49, relativo al Fondo anticipazioni
liquidità di cui al decreto-legge 13 novembre 2015, n. 179 (Disposizioni
urgenti in materia di contabilità e di concorso all'equilibrio della finanza
pubblica delle Regioni); b) il «disavanzo derivante dal debito autorizzato e
non contratto di cui all’art 40 comma 2 del d.lgs. n. 118 del 2011», pari a
euro 117.666.638,03.
La Regione Liguria osserva che entrambe queste
componenti costituirebbero voci "speciali” contenute all’interno del risultato
complessivo di amministrazione e sarebbero regolate, per le Regioni, da
specifiche norme – art. 1, commi 698 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015,
n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)» e art. 40, comma 2, del
d.lgs. n. 118 del 2011 – inerenti, rispettivamente, alle modalità di ripiano
per il primo e alla copertura del relativo debito per il secondo. Si
tratterebbe, quindi, di "disavanzi autorizzati per legge” e non derivanti dalla
gestione del bilancio di previsione.
In particolare, il mancato accertamento del
mutuo autorizzato e non contratto sarebbe del tutto temporaneo e reversibile,
in quanto attraverso l’effettiva contrazione del prestito, che può avvenire in
momenti successivi all’autorizzazione, il relativo disavanzo sarebbe assorbito
dal bilancio a seguito della contabilizzazione delle poste di entrata.
La Regione evidenzia inoltre che tale componente
costituirebbe una posta specifica e speciale del sistema contabile delle
Regioni, disciplinata già dall’art. 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti
finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario), e, nel tempo,
confermata con continuità dall’art. 23 del decreto legislativo 28 marzo 2000,
n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e
di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della
legge 25 giugno 1999, n. 208), e, infine, dall’art. 62 del d.lgs. n. 118 del
2011, fino all’ultima proroga intervenuta con l’art. 688-bis della legge n. 208 del 2015.
Stante quanto sopra, il risultato di
amministrazione di euro 124.704.879,50 risulterebbe sufficiente alla copertura
del totale degli accantonamenti sopra calcolati, in quanto lo stesso sarebbe
stato determinato al netto delle entrate non accertate per la mancata
contrazione del mutuo autorizzato con il bilancio 2015, ricalcolato nel limite
degli importi effettivamente impegnati al 31 dicembre 2015, sui capitoli di
spesa di investimento finanziati da detta entrata ai sensi dell’art. 40, comma
2, del d.lgs. n. 118 del 2011.
La resistente precisa che il risultato
apparentemente negativo rilevabile dal prospetto dimostrativo del risultato di
amministrazione deriverebbe dalla modalità di esposizione imposta dal modello
di cui all’allegato 10 al d.lgs. n. 118 del 2011, modello standard per tutti
gli enti territoriali, che, in ogni caso, prevede, laddove la voce «totale parte disponibile» sia negativa, questa specifica
annotazione per le Regioni: «in caso di risultato negativo, le regioni indicano
in nota la quota del disavanzo corrispondente al debito autorizzato e non
contratto distintamente da quella derivante dalla gestione ordinaria».
Con successiva memoria la Regione Liguria ha
ribadito che il risultato di amministrazione del proprio rendiconto al 31
dicembre 2015 sarebbe pari a euro 124.704.879,50, e sarebbe così determinato in
conformità a quanto stabilito dall’art. 42, comma 1, del d.lgs. n. 118 del
2011.
Tale risultato di amministrazione sarebbe quindi
positivo, e da esso dovrebbero essere dedotte le quote accantonate e vincolate
così come previsto dal citato art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011 e come
riportato nella seconda parte del prospetto dimostrativo del risultato di
amministrazione al rendiconto regionale per l’esercizio 2015.
La Regione Liguria evidenzia che la quota delle
risorse accantonate e vincolate per l’esercizio 2015 ammonterebbe a un totale
di euro 238.862.010,80 (al netto del Fondo anticipazioni liquidità di cui al
d.l. n. 179 del 2015, la cui consistenza al 31 dicembre 2015 è pari a euro
140.450.800,49).
Se al risultato di amministrazione di euro
124.704.879,50 venissero sommate le entrate non accertate per la mancata
contrazione del mutuo autorizzato con il bilancio 2015 (e pari a euro
117.666.638,03) si otterrebbe l’importo di euro 242.371.517,53, sufficiente alla
copertura degli accantonamenti al netto del Fondo anticipazioni liquidità.
2.– Preliminarmente devono essere respinte le eccezioni di inammissibilità
sollevate dalla Regione Liguria. Il ricorso individua con chiarezza le
disposizioni impugnate e il parametro costituzionale di cui si assume la
violazione e contiene adeguate argomentazioni in merito al dedotto vizio di
legittimità inerente alle poste considerate dalla legge di assestamento del
bilancio 2016, nonché alla disciplina statale ad esse applicabile, con
particolare riferimento anche al d.lgs. n. 118 del 2011.
3.– Occorre premettere che la questione sorge in occasione
dell’applicazione delle nuove regole contabili introdotte dal d.lgs. n. 118 del
2011 nella fase di transizione dalle disposizioni previgenti a quelle nuove.
Ciò per effetto della particolare interpretazione che la Regione Liguria ha
inteso dare ad alcune di tali regole.
A decorrere dal 1° gennaio 2015, ai sensi
dell’art. 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 118 del 2011, è entrata in vigore
la nuova disciplina sull’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio delle Regioni, con conseguente cessazione di efficacia delle
disposizioni legislative regionali incompatibili con il decreto medesimo. Per
quanto concerne il risultato di amministrazione, la nuova disciplina prevede
una separata evidenza per le quote vincolate e accantonate (art. 42 del d.lgs.
n. 118 del 2011): tali partite, infatti, necessitano di essere garantite da
adeguate risorse loro specificamente destinate in conformità ai principi della
copertura economica. Si tratta, in altre parole, di risorse che non possono
essere assolutamente distratte per essere diversamente impiegate; da tanto
deriva l’indisponibilità delle corrispondenti fonti di finanziamento.
Il risultato finale ottenuto dalla Regione
Liguria per il rendiconto 2015 è il frutto di un procedimento complesso
compiuto in più fasi ed esposto nella legge reg. Liguria n. 20 del 2016 di
approvazione del rendiconto generale.
La tabella riassuntiva, dimostrativa del
risultato di amministrazione, evidenziava – a fronte di un risultato di
amministrazione "positivo” di euro 124.704.879,50 (prima parte della tabella) –
la presenza di quote accantonate pari complessivamente a euro 243.288.570,21
(delle quali euro 140.450.800,49 erano dovuti al Fondo per anticipazioni di
liquidità di cui al d.l. n. 179 del 2015), nonché di quote vincolate pari
complessivamente a euro 132.024.241,08: tanto conduceva quindi a un risultato
negativo di euro 254.607.931,79 (seconda parte della tabella).
Una parte di questo disavanzo era rappresentato
dalla componente negativa per «mutui autorizzati e non contratti» per un
ammontare di euro 117.666.638,03.
Proprio su queste due componenti (il Fondo
anticipazioni di liquidità e i mutui autorizzati e non contratti) si
fronteggiano le argomentazioni e le repliche delle parti.
È necessario quindi valutare se effettivamente
la Regione Liguria possa vantare una differenza "positiva” e disponibile di
euro 3.509.506,73 rispetto al predetto risultato di amministrazione (negativo)
– e, in quanto tale, applicabile al bilancio d’esercizio come voce d’entrata,
come poi avvenuto con la legge reg. di assestamento al bilancio n. 26 del 2016,
oggetto di impugnazione – oppure se tale soluzione normativa sia
costituzionalmente illegittima perché lesiva dell’equilibrio di bilancio.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene
che a fronte di un risultato di amministrazione negativo per oltre 254 milioni
di euro non sarebbe possibile riscontrare alcun avanzo disponibile e tale da
poter essere utilizzato come fonte di copertura per altri impieghi, come invece
avrebbe fatto la Regione Liguria con la censurata legge di assestamento del
bilancio n. 26 del 2016.
La resistente eccepisce che dal predetto
risultato negativo di amministrazione debba essere considerato a parte il
cosiddetto "debito autorizzato”, che sarebbe costituito dal Fondo per
anticipazioni di liquidità e dai mutui autorizzati e non contratti. Tale
operazione sarebbe conforme a specifiche previsioni legislative. La somma delle
suddette voci (euro 117.666.638,03 e euro 140.450.800,49) – ammontante a euro
258.117.438,52 – sarebbe superiore al risultato negativo di amministrazione
(pari a euro 254.607.931,79) e, secondo la Regione Liguria, la differenza (di
euro 3.509.506,73) sarebbe liberamente impiegabile come "parte disponibile” (e
nella specie utilizzabile, come avvenuto con l’art. 6 della legge reg. Liguria
n. 26 del 2016) per alimentare il Fondo crediti di dubbia esigibilità. Nella
memoria la Regione offre anche un diverso metodo di calcolo che conduce
peraltro al medesimo risultato.
In merito all’avanzo di amministrazione, questa
Corte ha affermato più volte che esso può essere utilizzato solamente in
seguito al definitivo accertamento mediante approvazione del rendiconto e che
tale risultato deve essere coerente con i profili giuridici inerenti alle
partite creditorie e debitorie. Sotto tale profilo la complessa articolazione
dell’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011, introducendo nella definizione
dell’avanzo la distinzione in fondi liberi, accantonati, destinati agli
investimenti e vincolati, non fa altro che conferire codificazione a principi
enunciati da questa Corte (ex multis,
sentenza n. 70
del 2012), senza intaccare la natura "mista”, finanziaria e giuridica,
delle componenti del risultato di amministrazione.
Tale natura non viene scalfita ma semmai
raffinata dall’introduzione di alcuni istituti come il Fondo pluriennale
vincolato e il Fondo dei crediti di dubbia esigibilità, finalizzati ad
assicurare appropriate garanzie – sotto il profilo della prudenza – al
perseguimento e alla salvaguardia degli equilibri di bilancio.
4.– Alla luce di tali premesse le censure formulate dal Presidente del
Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., sono
fondate.
L’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011 stabilisce,
infatti, che «Il risultato di amministrazione, distinto in fondi liberi, fondi
accantonati, fondi destinati agli investimenti e fondi vincolati, è accertato
con l’approvazione del rendiconto della gestione dell’ultimo esercizio chiuso,
ed è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei
residui passivi».
In tale contesto i calcoli prodotti dalla
Regione appaiono un errato rimaneggiamento di grandezze negative, le quali sono
completamente diverse dalle componenti previste dalla richiamata disposizione
per il calcolo del risultato di amministrazione.
Tutte le operazioni contabili proposte dalla
Regione scontano l’evidente errore di considerare quali componenti attive del
risultato di amministrazione due voci, il Fondo di anticipazione di liquidità e
il complesso dei mutui autorizzati e non contratti per investimenti che, invece,
ineriscono a profili debitori o addirittura si concretano in cespiti
inesistenti. A quest’ultima categoria appartengono i mutui autorizzati e non
stipulati, mentre le anticipazioni di liquidità costituiscono elemento
influente sulla sola cassa e non un cespite utilizzabile nella parte attiva del
bilancio.
La loro contabilizzazione in entrata amplia
artificiosamente le risorse disponibili consentendo spese oltre il limite del
naturale equilibrio ed esonera, per di più, l’amministrazione dal porre
doveroso rimedio al disavanzo effettivo oscurato dall’eccentrica operazione
contabile. Ne deriva, tra l’altro, la mancata copertura delle spese per
l’insussistenza dei cespiti in entrata e il conseguente squilibrio del bilancio
di competenza, con conseguente aggravio per i risultati di amministrazione
negativi provenienti dai precedenti esercizi.
È bene ricordare, infatti, che copertura
economica delle spese ed equilibrio del bilancio sono due facce della stessa
medaglia, dal momento che l’equilibrio presuppone che ogni intervento
programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse:
nel sindacato di costituzionalità copertura finanziaria ed equilibrio integrano
«una clausola generale in grado di operare pure in assenza di norme interposte quando
l’antinomia [con le disposizioni impugnate] coinvolga direttamente il precetto
costituzionale: infatti "la forza espansiva dell’art. 81, quarto [oggi terzo]
comma, Cost., presidio degli equilibri di finanza pubblica, si sostanzia in una
vera e propria clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati
normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e
contabile” (sentenza
n. 192 del 2012)» (sentenza n. 184 del
2016).
La complessità della legislazione in materia
contabile e finanziaria esige tuttavia un analitico esame delle eccezioni poste
dalla Regione convenuta.
4.1.− La prima riguarda il preteso consolidamento del risultato di
amministrazione dell’esercizio 2015 a seguito della sua intervenuta
approvazione mediante la legge reg. Liguria n. 20 del 2016. In realtà detta
legge presenta – come precedentemente rilevato – risultanze finanziarie
alquanto contraddittorie, le quali non consentono la lettura offerta dalla
Regione resistente.
In ogni caso una situazione finanziaria così
matematicamente anomala non potrebbe comunque costituire un fermo punto di
partenza degli esercizi successivi perché sarebbe in patente contrasto con il
principio di continuità degli esercizi finanziari «per effetto del quale ogni
determinazione infedele del risultato di amministrazione si riverbera a cascata
sugli esercizi successivi. Ne risulta così coinvolto in modo durevole
l’equilibrio del bilancio: quest’ultimo, considerato nella sua prospettiva
dinamica, la quale "consiste nella continua ricerca di un armonico e simmetrico
bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento
delle finalità pubbliche” (sentenza n. 266 del
2013; in senso conforme, sentenza n. 250 del
2013), esige che la base di tale ricerca sia salda e non condizionata da
perturbanti potenzialità di indeterminazione [derivanti nel caso in esame dalle
contraddittorie risultanze della legge reg. Liguria n. 20 del 2016]. Proprio la
costanza e la continuità di tale ricerca ne spiegano l’operatività nell’arco di
più esercizi finanziari; al contrario, prendere le mosse da infedeli
rappresentazioni delle risultanze economiche e patrimoniali provoca un effetto
"domino” nei sopravvenienti esercizi, pregiudicando irrimediabilmente ogni
operazione di risanamento» (sentenza n. 89 del
2017), come quella rivendicata dalla Regione Liguria attraverso la legge di
variazione del bilancio.
In proposito, non può essere sottaciuto che già
in sede di parifica del rendiconto 2015 la Corte dei conti, sezione di
controllo della Regione Liguria, con delibera n. 74/2016/PARIFICA, non aveva
validato alcune partite di bilancio del rendiconto regionale senza che la
successiva legge di approvazione del rendiconto ne avesse preso atto ai fini
della rideterminazione del risultato di amministrazione. Ulteriore sintomo
dell’illegittima contabilizzazione della posta relativa al «debito autorizzato
e non contratto» – di cui si dirà più analiticamente in prosieguo – si rinviene
nell’analisi condotta dalla Corte dei conti, sezione di controllo della Regione
Liguria, nella relazione allegata alla decisione di parifica del rendiconto
generale della Regione Liguria per l’esercizio finanziario 2016 (udienza 21
luglio 2017). La Corte dei conti in quella sede – successiva alla contestata
legge di variazione di bilancio, ma inerente a operazioni finanziarie a essa
antecedenti e quindi pertinenti – ha verificato le spese sostenute dalla
Regione negli esercizi 2009-2014-2015-2016, finanziate da mutui autorizzati e
non contratti rilevando che «[…] l’esame degli impegni finanziati da mutui
autorizzati e non contratti ha evidenziato come le spese [soggette ad analisi a
campione] non possano essere qualificate come spese di investimento, bensì come
spese correnti. Motivo per cui l’autorizzazione a contrarre mutui, per ciascun
esercizio di riferimento, deve essere ridotta per un ammontare pari alle spese
correnti che hanno contribuito a determinare il disavanzo finanziario di ciascun
esercizio finanziario (2014-2015-2016). Diversamente, la copertura fornita a
tali spese si porrebbe in contrasto con l’art. 119 della Costituzione. La
Regione, nel corso del contraddittorio ha condiviso le osservazioni della
Sezione relativamente alla natura corrente di determinate spese ed ha ritenuto
le stesse non finanziabili con ricorso all’indebitamento».
In sostanza, non può essere condiviso l’assunto
della Regione secondo cui un incongruo risultato di amministrazione possa
costituire solida base di partenza per i successivi esercizi poiché, a esso
sovrapponendosi, le norme censurate ripetono e aggravano fenomeni distorsivi
della finanza regionale già parzialmente oggetto di sindacato negativo da parte
della Corte dei conti in sede di parifica. In tal modo le disposizioni
impugnate inerenti alla legge di assestamento del bilancio finiscono per
alterare le risultanze degli esercizi precedenti attraverso l’applicazione di
partite attive inappropriate o inesistenti.
4.2.− Non può essere condivisa neppure la tesi della Regione secondo cui
costituirebbe valida forma di copertura economica l’impiego di mutui
autorizzati in sede di bilancio di previsione ma non contratti.
4.2.1.− L’istituto dei "mutui autorizzati e non contratti” è una peculiarità
originata da un’eccentrica prassi della gestione finanziaria delle Regioni, che
erroneamente la convenuta fa risalire all’art. 10 della legge n. 281 del 1970,
il quale non la contemplava affatto: detta prassi consisteva nell’autorizzare
spese d’investimento determinandone la copertura con prestiti inseriti nella
legge di bilancio regionale, senza vincoli di previo perfezionamento degli
stessi.
Il perfezionamento avveniva solo nel caso di
impossibilità di finanziare gli investimenti con la liquidità presente in tesoreria.
Tanto veniva giustificato con la finalità di risparmiare in termini di
interessi sui prestiti, finalità che peraltro si sarebbe potuta raggiungere in
modo più corretto attraverso l’accertamento – ove sussistente – dell’avanzo di
amministrazione, unico strumento certo di "copertura giuridica”, dal momento
che la mera disponibilità di cassa non costituisce cespite di sicuro
affidamento.
A lungo andare – e tenuto conto delle
congiunture economiche non favorevoli alle Regioni – un simile modo di sostenere
spese di investimento, senza una copertura reale ma mediante il ricorso al
fondo cassa regionale, si è rivelato fonte di progressivi incrementi del
disavanzo finanziario.
È di palmare evidenza, poi, come un simile
meccanismo giuridico fosse in problematico rapporto con il principio
dell’equilibrio del bilancio di cui all’art. 81 Cost. e
con lo stesso art. 119, sesto comma, Cost., il quale contempla la "regola
aurea” secondo cui l’indebitamento può servire solo alla promozione di
investimenti e non alla sanatoria di spese per investimenti non coperti.
Il progressivo peggioramento dei risultati di
esercizio delle Regioni ha comportato uno stillicidio di "autorizzazioni a
consuntivo” per mutui, sovente disallineati dallo stesso costo
dell’investimento in ragione della stipulazione parziale (rispetto al
preventivato) e dell’anomala diacronia rispetto alle spese già erogate. In
sostanza, l’uso distorto di tali prestiti finiva per trasformarli in una sorta
di "mutui a pareggio bilancio”, istituti proibiti agli enti locali fin dal
decreto-legge 17 gennaio 1977, n. 2 (Consolidamento delle esposizioni bancarie
a breve termine di comuni e province) – cosiddetto decreto "Stammati” –
convertito, con modificazioni, dalla legge 17 marzo 1977, n. 62.
L’entrata in vigore della legge costituzionale
20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella
Carta costituzionale), l’inasprirsi della crisi finanziaria e il peggioramento
della situazione economica degli enti territoriali hanno indotto il legislatore
statale a interdire inequivocabilmente tale pratica. Attualmente i mutui
autorizzati devono essere stipulati nell’anno di autorizzazione e tale
stipulazione deve necessariamente precedere, secondo i principi generali,
l’avvio di qualsiasi procedura di spesa con essi finanziata.
Si è dovuto tuttavia prendere atto dei dissesti
pregressi, consentendo il recupero dei prestiti già autorizzati in passato ma
non perfezionati e ciò solo fino alla fine dell’esercizio 2016. In questo senso
è intervenuto l’art. 40, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011 – comma aggiunto
dall’art. 1, comma 1, lettera aa) del
decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e
correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) – il quale dispone: «2. A decorrere dal
2016, il disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non
contratto per finanziare spesa di investimento, risultante dal rendiconto 2015,
può essere coperto con il ricorso al debito che può essere contratto solo per
far fronte ad effettive esigenze di cassa». Successivamente, tale facoltà, con
ulteriori limitazioni, è stata prorogata a tutto il 2016 dall’art. 1, comma
688-bis, della legge n. 208 del 2015,
introdotto dall’art. 10, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113
(Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio),
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160.
Si tratta di un intervento straordinario per la
messa in sicurezza dei conti regionali gravemente pregiudicati dalla descritta
prassi: in definitiva l’eccezionale misura legislativa denota, come in analoghe
occasioni, «l’esigenza dello Stato di fronteggiare un problema non circoscritto
alla sola Regione […]. L’indirizzo della subentrata legislazione statale […]
prende in sostanza le mosse dal presupposto che in una fase di complesse
operazioni di riaccertamento» della reale situazione finanziaria delle Regioni,
«i disavanzi emersi non possano essere riassorbiti in un solo ciclo di bilancio
ma richiedano inevitabilmente misure di più ampio respiro temporale» (sentenza n. 107 del
2016). Ciò ha consentito, ove possibile, associare a spese di investimento
non adeguatamente coperte nel passato la stipulazione dei mutui nei casi in cui
la non corretta prassi regionale perpetuatasi oltre la legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione), avesse contemporaneamente prodotto un disavanzo economico e un
deficit di liquidità. La normativa, infatti, contempla un duplice vincolo: a)
quello del previo riscontro delle esigenze effettive di cassa; b) quello
secondo il quale deve essere rigorosamente mantenuta la destinazione a
programmi di investimento già autorizzati ma non finanziati negli esercizi precedenti.
4.2.2.− Nel caso della Regione Liguria l’ammontare dei mutui autorizzati e non
contratti risulta pari ad oltre 117 milioni di euro e riguarda la somma dei
mutui autorizzati risalenti agli
esercizi finanziari 2008, 2009, 2014 e 2015.
Non può essere condivisa la tesi della Regione
secondo cui sarebbe stato possibile avvalersi della facoltà di autorizzare
nuovi mutui senza contrarli anche nel 2016, in virtù di quanto previsto
dall’art. 1, comma 688-bis, della
legge n. 208 del 2015. La Regione Liguria legge tale disposizione come una
generale proroga del predetto istituto. Essa afferma che «[…] il mancato
accertamento del mutuo autorizzato e non contratto, è del tutto temporaneo e
reversibile, in quanto attraverso l’effettiva contrazione del prestito, che può
avvenire in momenti successivi all’autorizzazione, il relativo disavanzo è
assorbito dal bilancio a seguito della contabilizzazione delle poste di
entrata».
L’art. 1, comma 688-bis, della legge n. 208 del 2015 stabilisce che «anche per l’esercizio
2016, per le sole regioni che nell’anno 2015 abbiano registrato indicatori
annuali di tempestività dei pagamenti, calcolati e pubblicati secondo le
modalità stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22
settembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre
2014, tenendo conto di quanto disposto dall’articolo 4, comma 4, del
decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge
6 agosto 2015, n. 125, con un valore inferiore rispetto ai tempi di pagamento
di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, e
successive modificazioni, sono valide le disposizioni di cui al comma 2,
dell’articolo 40, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, con
riferimento alla copertura degli investimenti autorizzati».
La formulazione letterale della norma e il suo
collegamento con le disposizioni a regime contenute nel d.lgs. n. 118 del 2011
consentono di smentire la tesi regionale secondo cui il mancato accertamento
dei mutui negli esercizi precedenti sarebbe temporaneo e reversibile. Infatti,
l’ulteriore ricorso all’indebitamento – sia pure nell’ambito delle precedenti
autorizzazioni – è strettamente limitato, anche dalle disposizioni richiamate
dalla Regione, alla ricorrenza delle situazioni previste dal citato art. 40,
comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011, e non potrebbe essere attivato ad nutum per altre finalità. Se tali
particolari situazioni non ricorrono, e soprattutto se non riguardano
fattispecie antecedenti al 2016, trovano pienamente applicazione le nuove
previsioni contenute nell’art. 62 del d.lgs. n. 118 del 2011, che limitano il
ricorso al debito e lo vincolano strettamente alla soddisfazione di esigenze
per spese di investimento.
In proposito l’esplicita formulazione del comma
4 di tale articolo – il quale stabilisce che «Le entrate derivanti da
operazioni di debito sono immediatamente accertate a seguito del
perfezionamento delle relative obbligazioni, anche se non sono riscosse, e sono
imputate agli esercizi in cui è prevista l’effettiva erogazione del
finanziamento. Contestualmente è impegnata la spesa complessiva riguardante il
rimborso dei prestiti, con imputazione agli esercizi secondo il piano di ammortamento,
distintamente per la quota interessi e la quota capitale» – esclude
tassativamente che si possa avviare qualsiasi operazione di investimento prima
del perfezionamento del contratto di prestito.
La possibilità – prorogata al 2016 – di
ricorrere effettivamente al debito, nei limiti di quello già autorizzato, è
espressamente ristretta dalla norma alla sola necessità di fronteggiare
effettive esigenze di cassa, e tali esigenze debbono essere altresì correlate
al sostegno di spese per investimenti già in precedenza realizzati.
L’art. 40, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011,
quindi, tende a rendere possibile l’ulteriore ricorso al debito solamente per
"sanare” e sorreggere quelle situazioni pregresse di spese di investimento già
deliberate (o in alcuni casi ancora in corso di esecuzione) finanziate con
mutui mai in concreto contratti (in tutto o in parte) anteriormente a tale
sanatoria. Peraltro il sistema finanziario delle autonomie territoriali ha
sempre imposto di farsi carico nell’esercizio successivo dei disavanzi
derivanti dagli esercizi precedenti, provvedendo immediatamente al loro
ripiano. Ne consegue che la tesi proposta dalla Regione è priva di addentellato
positivo e contrasta anzi sia con la lettera che con lo spirito complessivo del
sistema.
4.2.3.− In definitiva, la normativa statale di carattere temporaneo, originata
dall’esigenza di mettere ordine in prassi regionali risalenti ma non più in
linea con la regola aurea precedentemente menzionata con gli altri precetti
costituzionali di natura finanziaria, costituisce un intervento eccezionale.
Priva di pregio è la tesi regionale secondo cui
il mancato accertamento (recte:
perfezionamento) del mutuo autorizzato e non contratto sarebbe temporaneo e
reversibile. Al contrario, tale operazione è temporalmente circoscritta, nei
termini sopra specificati, e subordinata alla precisa e analitica indicazione
di tutte le spese di investimento – e della loro collocazione nei bilanci
precedenti – realizzate negli esercizi anteriori al 2015. Il perfezionamento di
tale sanatoria può avvenire solo con la contrazione dei relativi mutui e alle
tassative condizioni previste dall’art. 40, comma 2, del d.lgs. n. 118 del
2011. Ogni ulteriore ipotesi di sanatoria normativa sarebbe in evidente
contrasto – per i motivi già esposti – sia con l’art. 81 Cost.,
sia con l’art. 119, sesto comma, Cost., il quale consente l’indebitamento di
scopo per lo sviluppo e non per sanare spese a suo tempo non conformi al
principio della previa copertura economica.
4.3.– Neppure il Fondo anticipazioni di liquidità può essere inserito – al
contrario di quanto ritenuto dalla Regione Liguria – tra le partite attive ai
fini della determinazione del risultato di amministrazione.
Tale Fondo, da restituire in un arco temporale
esteso sino a trenta anni, è stato istituito in base agli artt. 2 e 3 del
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei
debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario
degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti
locali), che consentivano alle Regioni di ottenere dallo Stato anticipazioni
per pagare debiti scaduti e non onorati.
A seguito della sentenza di questa
Corte n. 181 del 2015, il d.l. n. 179 del 2015 stabiliva, all’art. 1, le
modalità per rappresentare correttamente in bilancio le anticipazioni incassate
nel 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, in modo da sterilizzarne completamente
gli effetti economici. Infine, la disciplina recata dal d.l. n. 179 del 2015,
vigente pro tempore (cioè relativa
all’esercizio finanziario 2015, oggetto del rendiconto approvato con la legge
reg. Liguria n. 20 del 2016), è stata abrogata dall’art. 1, comma 705, della
legge n. 208 del 2015, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e sostituita con quella
dettata dall’art. 1, commi da 692 a 701, della medesima legge n. 208 del 2015.
Questa Corte con la sentenza n. 181 del
2015 nel dichiarare l’illegittimità costituzionale di analoghe disposizioni
regionali, aveva posto in evidenza come le anticipazioni di liquidità dovessero
essere neutralizzate sul piano della competenza, dovendosene limitare l’impiego
per il pagamento di debiti, già presenti in bilancio ma scaduti e non onorati.
In sostanza esse devono operare in termini di sola cassa per fronteggiare la
carenza di liquidità e gli adempimenti conseguenti alla normativa nazionale ed
europea.
Ne consegue che l’anticipazione di liquidità,
per il suo carattere neutrale rispetto alla capacità di spesa dell’ente, deve
essere finalizzata esclusivamente al pagamento dei debiti scaduti relativi a
partite già presenti nelle scritture contabili di precedenti esercizi e non
figurare come componente attiva del risultato di amministrazione.
4.4.− Un’ulteriore eccezione della resistente riguarda la complessità e
l’articolazione degli allegati dai quali deriverebbe il calcolo contestato dal
Presidente del Consiglio dei ministri.
Questa Corte non ignora la complessità tecnica
delle regole di redazione dei bilanci degli enti territoriali e in particolare
della redazione degli allegati schemi, caratterizzati da un alto grado di
analiticità e, talvolta, da un rilevante deficit di chiarezza. In proposito è
stato già affermato che tali regole devono essere assoggettate a
interpretazione adeguatrice quando un loro potenziale significato possa entrare
in collisione con i fondamentali principi di copertura della spesa e di
equilibrio del bilancio contenuti nell’art. 81 Cost. e
con gli altri precetti finanziari di rango costituzionale.
Ove ciò non sia possibile siffatte regole
risulterebbero costituzionalmente illegittime.
Nel caso in esame, le pur complesse regole della
legislazione statale, di cui è stata precedentemente richiamata la ratio, e gli allegati schemi
dimostrativi non superano – alla luce di quanto rappresentato dalle parti in
giudizio – il perimetro fissato dai precetti finanziari di rango
costituzionale, mentre ciò avviene per il collegamento tra gli allegati di
bilancio e la norma impugnata e tra i suddetti allegati e la precedente legge
di approvazione del rendiconto 2015.
È bene comunque ribadire, con particolare
riguardo all’elevata tecnicità degli allegati di bilancio e al conseguente
deficit in termini di chiarezza, che la loro sofisticata articolazione deve
essere necessariamente compensata – nel testo della legge di approvazione del
rendiconto – da una trasparente, corretta, univoca, sintetica e inequivocabile
indicazione del risultato di amministrazione e delle relative componenti di
legge.
Tali caratteri non si riscontrano nella legge
della Regione Liguria di approvazione del rendiconto 2015 – in ordine al cui
rapporto di connessione e consequenzialità con la norma impugnata si disporrà
in prosieguo – che presenta una struttura normativamente e logicamente
incongrua.
5.− Deve essere peraltro precisato che la
declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg.
Liguria n. 26 del 2016 non produce effetti invalidanti nei confronti del Fondo
crediti di dubbia esigibilità, il quale – come è noto – è un fondo rischi
finalizzato a evitare l’utilizzo di entrate di dubbia e difficile esazione, in
ragione del fatto che alla sua determinazione non sono intrinsecamente collegate
la dimensione delle anticipazioni di liquidità e quella dei mutui autorizzati e
non perfezionati.
Non di meno, tale Fondo – per effetto della
presente declaratoria di illegittimità costituzionale – dovrà essere alimentato
attraverso risorse alternative. Viene in questo caso in rilievo il principio
dell’equilibrio tendenziale del bilancio, «precetto dinamico della gestione
finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 213 del
2008, n. 384
del 1991 e n.
1 del 1966), [il quale] consiste nella continua ricerca di un armonico e
simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il
perseguimento delle finalità pubbliche» (sentenza n. 250 del
2013). Anche per la Regione Liguria vale dunque – considerato il difetto
genetico relativo all’impostazione della legge di assestamento del bilancio –
la doverosità «dell’adozione di [ulteriori] appropriate variazioni del bilancio
di previsione, in ordine alla cui concreta configurazione permane la
discrezionalità dell’amministrazione [ma] nel rispetto del principio di
priorità dell’impiego delle risorse disponibili per le spese obbligatorie [e,
comunque, per le partite di spesa finanziariamente necessarie come il Fondo
crediti di dubbia esigibilità]» (sentenza n. 250 del
2013; in senso conforme, sentenza n. 266 del
2013).
6.– In considerazione dell’inscindibile
connessione genetica esistente con la norma impugnata e dell’indefettibile
principio di continuità tra le risultanze dei bilanci che si succedono nel
tempo, l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg. Liguria n.
26 del 2016 deve estendersi in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della
legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), all’intera legge reg. Liguria n. 20 del 2016 di
approvazione del rendiconto 2015.
L’evidente correlazione con la norma impugnata
comporta infatti un rapporto di chiara consequenzialità con la decisione
assunta in ordine alla stessa (in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 266
e n. 250 del
2013). Infatti, l’assenza di un risultato univoco di amministrazione,
l’incongruità degli elementi aggregati per il suo calcolo e l’inderogabile
principio di continuità tra gli esercizi finanziari – che richiede il
collegamento genetico tra i bilanci secondo la loro sequenza temporale –
coinvolgono la legge di approvazione del rendiconto 2015 nella sua interezza,
non essendo utilmente scindibili gli elementi che ne compongono la struttura.
L’efficacia di diritto sostanziale che il
rendiconto riveste in riferimento ai risultati dai quali scaturisce la gestione
finanziaria successiva e l’invalidità delle partite destinate, attraverso la
necessaria aggregazione, a determinarne le risultanze, pregiudicano
irrimediabilmente l’armonia logica e matematica che caratterizza funzionalmente
il perseguimento dell’equilibrio del bilancio.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge della Regione Liguria 2
novembre 2016, n. 26 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione
Liguria per gli anni finanziari 2016-2018);
2) dichiara,
in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),
l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Liguria 9 agosto 2016,
n. 20 (Rendiconto generale dell’amministrazione della Regione Liguria per
l’esercizio finanziario 2015).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 novembre 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2017.