Sentenza n. 112 del 2020

SENTENZA N. 112

ANNO 2020

Commenti alla decisione di

1. Redazione, La “ridondanza” confermata, per g.c. di Diritto & Conti

2. Massimiliano Carnia, La Consulta favorevole all’ampliamento dei parametri normativi costituzionali su cui fondare questioni di illegittimità in sede di parifica, per g.c. di Diritto & Conti

3. Laura D'Ambrosio, Continua il percorso di ampliamento delle questioni di costituzionalità rilevabili in sede di parifica, per g.c. de La Rivista della Cote dei conti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2 e 6, e dell’art. 6, commi 1 e 2, della legge della Regione Basilicata 9 febbraio 2001, n. 7 (Disciplina delle attività di informazione e comunicazione della Regione Basilicata), promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Basilicata per l’esercizio finanziario 2017, con ordinanza del 26 luglio 2019, iscritta al n. 227 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Udito il Giudice relatore Giulio Prosperetti nella camera di consiglio del 6 maggio 2020, svolta ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a);

deliberato nella camera di consiglio del 19 maggio 2020.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 26 luglio 2019, iscritta al reg. ord. n. 227 del 2019, la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2 e 6, e dell’art. 6, commi 1 e 2, della legge della Regione Basilicata 9 febbraio 2001, n. 7 (Disciplina delle attività di informazione e comunicazione della Regione Basilicata), in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.

2.– Le questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate nell’ambito del giudizio di parifica del rendiconto della Regione Basilicata relativo all’esercizio 2017, in esito all’avvenuto riscontro del progressivo aumento dell’aggregato di spesa relativo al personale regionale, determinato dall’incremento della voce relativa al personale giornalistico “contrattista a tempo indeterminato”, il cui costo è cresciuto negli esercizi 2014-2017, nonostante l’invarianza (e nell’esercizio 2017, la diminuzione) del numero di unità utilizzate.

In particolare, viene evidenziato che, ad invarianza del numero di unità, gli importi per la spesa del personale giornalistico imputato alla Giunta regionale sono stati di euro 329.927,00 nell’esercizio 2014, di euro 355.047,00 nell’esercizio 2015 e di euro 392.552,00 nell’esercizio 2016, e che lo stesso incremento ha interessato il personale giornalistico imputato al Consiglio regionale.

La Corte dei conti riferisce in maniera analitica l’andamento dei suddetti costi nel periodo 2014-2016 e 2016-2017, precisando che, nel periodo 2014-2016, l’incremento di quelli del personale giornalistico intestato alla Giunta è stato pari a euro 62.625,00 e di quelli del personale intestato al Consiglio regionale è stato pari a euro 35.113,00, mentre nell’esercizio 2017 l’incremento, valutato in maniera aggregata, per Giunta e Consiglio, è stato pari a euro 57.254,19; inoltre, rappresenta che complessivamente, nel periodo 2014-2017, l’aumento della spesa per il personale è stato pari a euro 129.140,23, passando da euro 578.204,00 (Giunta e Consiglio) dell’esercizio 2014 a quello di euro 707.344,23 (Giunta e Consiglio) dell’esercizio 2017.

3.– In sede istruttoria, la Giunta e il Consiglio hanno imputato le maggiori spese alla necessità di erogare gli aumenti previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti, che viene applicato al personale assunto negli uffici stampa regionali per effetto della legge reg. Basilicata n. 7 del 2001, su cui si appuntano i dubbi di legittimità costituzionale della Corte dei conti.

Infatti, il contratto giornalistico prevede un trattamento economico, previdenziale ed assistenziale superiore a quello del comparto delle funzioni locali, che viene generalmente applicato al personale assunto negli uffici stampa regionali.

Gli oneri economici conseguenti all’applicazione del contratto giornalistico sarebbero, dunque, costituzionalmente illegittimi per illegittimità derivata dalla legge regionale, che, disciplinando il trattamento economico dei dipendenti pubblici, avrebbe invaso la sfera di competenza esclusiva del legislatore nazionale in materia di ordinamento civile, con violazione degli artt. 81, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost.

4.– Le disposizioni della legge reg. Basilicata n. 7 del 2001 specificamente censurate sono: l’art. 2, comma 2, che prevede, per gli addetti agli uffici stampa della Regione e degli enti sub-regionali, l’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti; l’art. 2, comma 6, che demanda ad una specifica area di contrattazione a livello regionale, tra gli organi regionali e l’Associazione della stampa di Basilicata, l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali all’interno degli uffici stampa; l’art. 6, comma 1, che prevede che gli iscritti all’ordine dei giornalisti appartenenti agli organici regionali, con contratto a tempo indeterminato, possono optare, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, per la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’applicazione del contratto di lavoro giornalistico; l’art 6, comma 2, che prevede che nel caso di opzione per il contratto giornalistico, ai soli fini dell’anzianità di servizio, gli anni prestati presso gli uffici stampa regionali sono valutati al cinquanta per cento e che la Regione garantisce, a richiesta e dalla data dell’opzione, la contribuzione previdenziale all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (INPGI) e quella assistenziale alla Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani (CASAGIT), mentre eventuali ricongiungimenti, ai fini previdenziali e assistenziali relativi a posizioni pregresse, restano a totale carico degli interessati.

5.– In merito alla propria legittimazione a sollevare le questioni di legittimità costituzionale, la Corte dei conti rappresenta che i giudizi di parificazione dei rendiconti regionali hanno tratti sempre più equiparabili all’attività giurisdizionale e ricorda la giurisprudenza costituzionale, secondo cui tali giudizi costituiscono uno strumento indispensabile per evitare “zone d’ombra” nel sistema di principi garantiti dalla Costituzione.

Per effetto della riforma di cui alla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), la tutela della finanza pubblica e degli equilibri di bilancio coinvolge tutte le amministrazioni del consolidato pubblico, anche al fine di garantire il rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, e alla Corte di conti è stata conferita la funzione di verifica della legittimità del sistema di bilancio regionale anche con riguardo ai parametri costituzionali di cui agli artt. 28, 81, 97, 100 e 119 Cost. Conseguentemente, argomenta il giudice rimettente, si è estesa a quest’ultima la legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale, includendovi la violazione dei suddetti parametri e del criterio di riparto di competenze tra Stato e Regioni, di cui all’art. 117, secondo e terzo comma, Cost., che si riverbera sul potere di allocare risorse e di adottare provvedimenti implicanti una spesa.

6.– Nel caso di specie, prosegue l’ordinanza di rimessione, il vulnus di costituzionalità sarebbe stato originato proprio dalla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiché la Regione, invadendo la sfera di competenza del legislatore statale, avrebbe derogato alle sue disposizioni e, segnatamente, a quanto previsto dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e dalla legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni), che hanno demandato alla contrattazione collettiva nazionale la disciplina del personale pubblico, inclusa quella del personale giornalistico addetto agli uffici stampa regionali, specificamente disciplinato nell’ambito del contratto per il comparto degli enti locali.

7.– La suddetta deroga, concretizzandosi in un incremento della spesa pubblica per il personale, a cui si sarebbe fatto fronte con risorse affette da illegittimità derivata, per mancanza dei presupposti normativi per la loro allocazione, avrebbe comportato la violazione delle norme costituzionali in materia di tutela del bilancio e degli equilibri finanziari, di cui agli artt. 81 e 97 Cost.

8.– Inoltre, poiché la spesa per il personale pubblico costituisce un importante aggregato della spesa corrente e le disposizioni volte al suo contenimento assurgono a principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, la norma regionale oggetto di censura avrebbe violato anche l’art. 117, terzo comma, Cost. per lesione della competenza statale a disciplinare i principi di coordinamento della finanza pubblica.

Invero, solo un bilancio pubblico allargato “sano ed equilibrato” assicurerebbe il rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’appartenenza all’Unione europea e, in questa prospettiva, a parere della rimettente, va valutato il collegamento tra coordinamento in materia di tutela della finanza pubblica, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., e riserva di competenza esclusiva nelle materie strategiche di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

9.– La violazione dei parametri costituzionali in materia di equilibrio di bilancio e di copertura della spesa pubblica, derivante dall’invasione della sfera di competenza del legislatore nazionale in materia di ordinamento civile, legittimerebbe, dunque, la Corte dei conti a sollevare le questioni di legittimità costituzionale in riferimento a tutti i parametri evocati.

10.– Quato alla rilevanza delle questioni la Corte rimettente rappresenta che, essendo il giudizio di parifica del rendiconto regionale, introdotto dal comma 5 dell’art. 1 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, un giudizio sugli equilibri economico-finanziari dell’ente, in termini di effettiva capacità di spesa e di mantenimento degli equilibri di bilancio in chiave dinamica e statica, quando la Corte dei conti riscontra voci di entrata e di spesa che si sospettano illegittime, per vizio derivato dalla “legge fonte”, deve sollevare la questione di legittimità costituzionale, dovendo altrimenti validare un risultato di amministrazione ritenuto non corretto, suscettibile di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari dell’ente.

Tale sarebbe la situazione profilatasi nella specie poiché, come si è detto, nel periodo 2014-2017 l’incremento del macroaggregato della spesa del personale assunto presso gli uffici stampa della Giunta e del Consiglio sarebbe avvenuto in assenza di una legittima “copertura normativa”, per incompetenza del legislatore regionale a disciplinare il trattamento economico dei dipendenti pubblici, nonché di una legittima “copertura finanziaria”, per mancanza dei presupposti legittimanti l’allocazione delle risorse, con conseguente impossibilità di procedere alla parificazione.

11.– In punto di non manifesta infondatezza, il Collegio rimettente ribadisce che il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e precisa che la legge regionale della Basilicata impugnata si pone in contrasto con gli artt. 2, commi 2 e 3, 40, comma 2, e 45, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, che definiscono lo statuto giuridico ed economico del rapporto di lavoro pubblico, e con l’art. 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000, che disciplina le attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni, affidando l’individuazione e la regolamentazione degli specifici profili professionali alla contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contrattazione.

12.– La Corte dei conti sottolinea che quest’ultima disposizione è stata modificata dall’art. 25-bis, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2019, n. 26, in riferimento alle sole Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, che sono state autorizzate, in via transitoria e fino al 31 ottobre 2019, ad applicare al personale degli uffici stampa la disciplina prevista dai rispettivi ordinamenti, in attesa di una specifica contrattazione collettiva, confermando che la deroga non riguarda il personale degli uffici stampa delle Regioni a statuto ordinario.

Ai giornalisti dipendenti della Regione Basilicata, in quanto Regione ordinaria, si applica, dunque, il contratto collettivo nazionale del comparto funzioni locali per il triennio 2016-2018, che all’art. 18-bis ha ribadito che la disciplina del trattamento dei giornalisti assunti dalle pubbliche amministrazioni, anche regionali, è quello del comparto, prevedendo distinti profili professionali da collocare nelle ventiquattro categorie del vigente sistema di classificazione del personale.

13.– A sostegno delle proprie argomentazioni, il rimettente ricorda che la Corte costituzionale, nel 2019, è intervenuta con due pronunce, la n. 10 e la n. 81, che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di leggi regionali che prevedevano l’applicazione del contratto giornalistico agli addetti degli uffici stampa regionali, in quanto invasive della sfera di attribuzioni costituzionali e della competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, e hanno stabilito il principio della riserva di contrattazione nel pubblico impiego, attribuendolo alla specifica negoziazione in sede di Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN).

Pertanto, poiché al di fuori degli strumenti previsti dalla normativa nazionale non vi sarebbero altre legittime modalità di disciplina del rapporto di lavoro del personale giornalistico assunto dalle pubbliche amministrazioni, la Corte rimettente conclude per l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, commi 2 e 6, e 6, commi 1 e 2, della legge reg. Basilicata n. 7 del 2001.

14.– La Regione Basilicata non si è costituita in giudizio.

Considerato in diritto

1.– La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita della legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 2 e 6, e 6, commi 1 e 2, della legge della Regione Basilicata 9 febbraio 2001, n. 7 (Disciplina delle attività di informazione e comunicazione della Regione Basilicata), in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.

Tali disposizioni sono censurate nell’ambito del giudizio di parifica del rendiconto regionale della Basilicata relativo all’esercizio 2017, in quanto prevedono l’applicazione del contratto nazionale di lavoro dei giornalisti agli addetti degli uffici stampa della Regione e degli enti sub-regionali; demandano ad una specifica area di contrattazione regionale l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali all’interno degli uffici stampa; consentono ai dipendenti regionali, iscritti all’ordine dei giornalisti, di optare per l’applicazione del contratto di lavoro giornalistico, garantendo il relativo trattamento assistenziale e previdenziale.

La previsione dell’applicazione del contratto di lavoro dei giornalisti, in luogo di quello del comparto funzioni locali come prescritto dalla contrattazione collettiva nazionale, avrebbe invaso la sfera di competenza esclusiva del legislatore statale in materia di ordinamento civile, tra cui rientra il trattamento economico dei dipendenti pubblici, e avrebbe determinato un incremento della spesa per il personale illegittimo, in quanto privo di copertura e disposto in assenza dei presupposti normativi, idoneo ad alterare gli equilibri economico finanziari dell’ente.

2.– Preliminarmente, occorre ribadire la legittimazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo, in sede di giudizio di parificazione del rendiconto regionale, a sollevare questioni di legittimità costituzionale, anche in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., se evocato in correlazione funzionale con l’art. 81 e con l’art. 97, primo comma, Cost. (sentenze n. 146 del 2019 e n. 196 del 2018).

3.– Nella fattispecie tale legittimazione va riconosciuta al Collegio rimettente, in quanto esso non può procedere alla validazione del rendiconto perché ritiene le spese per il personale giornalistico illegittime, in quanto autorizzate per effetto di una norma regionale invasiva della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e in contrasto con le previsioni nazionali in materia di trattamento economico degli addetti agli uffici stampa regionali.

L’incremento di spesa sarebbe, dunque, avvenuto senza fondamento normativo e senza valida copertura finanziaria, mancandone i presupposti legittimanti, con conseguente incidenza sull’equilibrio finanziario dell’ente. Tuttavia la vigenza della legge regionale imporrebbe alla sezione di controllo di validare il risultato di amministrazione, salva appunto la possibilità di sollevare la questione di costituzionalità.

4.– Nel merito, le questioni sono fondate.

5.– In riferimento all’art. 2, commi 2 e 6, della legge regionale impugnata, la posizione degli addetti agli uffici stampa regionali va esaminata alla luce delle disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) e successive modifiche e integrazioni.

Il d.lgs. n. 165 del 2001, come è noto, demanda la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici alla contrattazione collettiva, secondo le modalità dettate dall’art. 40.

Con riferimento ai dipendenti pubblici che siano altresì giornalisti, rilevano l’art. 9, comma 2, della legge n. 150 del 2000, che prevede che «[g]li uffici stampa sono costituti da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti» e, il successivo comma 5, secondo cui «[n]egli uffici stampa l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell’àmbito di una speciale area di contrattazione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti». Tale disposizione prevede per le sole Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano l’applicazione, agli addetti agli uffici stampa, del contratto collettivo riconosciuto dai singoli ordinamenti, fino alla definizione di una specifica disciplina in sede di contrattazione collettiva e comunque non oltre il 31 ottobre 2019.

Da ultimo, va ricordao che la peculiare posizione degli addetti agli uffici stampa regionali trova oggi una regolamentazione nell’intervenuta normativa di cui alla legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), che ha introdotto il comma 5-bis nella legge n. 150 del 2000, dove viene stabilito che ai dipendenti di ruolo in servizio presso gli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni che, prima dei contratti collettivi pubblici relativi al 2016-2018, godevano del contratto nazionale di lavoro giornalistico più favorevole rispetto a quello stabilito dai citati contratti collettivi, può essere riconosciuto il mantenimento del più favorevole trattamento in godimento tramite assegno ad personam riassorbibile.

Ora, tale norma, essendo contenuta nella legge di bilancio, decorre dal 1° gennaio 2020, con riferimento alla possibilità per le amministrazioni di valutare discrezionalmente il mantenimento dell’assegno ad personam.

Si tratta di norma che deve intendersi riferita unicamente ai rapporti di lavoro dei singoli soggetti, ancorché la loro regolazione con il contratto di lavoro giornalistico abbia trovato fonte e ragione in normative regionali, che tale applicazione espressamente autorizzavano, mentre non potrebbe intendersi quale ratifica di tali leggi regionali anche al fine di autorizzazione della spesa da parte dell’ente locale.

6.– É, dunque, evidente che la regolazione del rapporto di lavoro del personale in questione è riconducibile alla competenza statale in materia di ordinamento civile, come questa Corte ha avuto modo di affermare con le sentenze n. 10 e n. 81 del 2019, con cui si è dichiarata l’illegittimità costituzionale di due previsioni regionali analoghe a quelle oggetto del presente giudizio, l’una della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l’altra della Regione Lazio, che prevedevano l’applicazione del contratto giornalistico agli addetti agli uffici stampa regionali, sul presupposto dell’illegittima invasione della sfera di competenza del legislatore statale, a cui spetta in via esclusiva porre la disciplina del rapporto di lavoro pubblico.

Ed invero, il contratto collettivo relativo al personale del comparto funzioni locali (negoziato dall’ARAN e dalle organizzazioni sindacali del comparto) ha disciplinato la posizione dei giornalisti addetti agli uffici stampa regionali, così da escludersi la legittimità di una legge regionale che prevede «l’applicazione ai giornalisti inquadrati, a seguito di concorso pubblico, nel personale di ruolo della Regione di un contratto collettivo non negoziato dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), ma dalle organizzazioni datoriali degli editori e dalla Federazione nazionale della stampa italiana», poiché lesiva della sfera di competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e delle leggi statali di disciplina della contrattazione collettiva del pubblico impiego (sentenza n. 10 del 2019).

7.– La particolare area di contrattazione prevista dalla disciplina statale, peraltro, non è stata mai attuata dalla contrattazione collettiva e la posizione degli addetti agli uffici stampa regionali, come già detto, è attualmente definita non già da un contratto negoziato dal sindacato dei giornalisti, ma dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni locali per il triennio 2016-2018, non sottoscritto dalla Federazione nazionale della stampa italiana.

Non è stata neanche attuata la speciale sezione contrattuale per specifiche professionalità, prevista dal comma 2 dell’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001.

Tuttavia la mancata attuazione della disciplina statale non esclude che la legge reg. Basilicata n. 7 del 2001, la quale prevede che gli uffici stampa regionali operano come redazioni giornalistiche e che agli addetti si applica il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti e prevede, altresì, una specifica area di contrattazione tra gli organi regionali e l’Associazione della stampa di Basilicata, invada la competenza statale, con riferimento all’ordinamento civile.

8.– La suddetta invasione di competenza è funzionalmente correlata alla violazione degli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., avendo determinato un incremento delle poste passive del bilancio in riferimento al costo del personale giornalistico, originato da un’autorizzazione priva di valido presupposto normativo, non potendo la Regione allocare risorse in difetto di competenza legislativa.

9.– Quindi, la definizione di un trattamento economico attraverso legge regionale, operato mediante la tecnica del rinvio ad un contratto collettivo nazionale del settore privato, quale quello dei giornalisti, non solo integra una fonte di disciplina diversa dalla contrattazione collettiva del pubblico impiego regolata dal d.lgs. n. 165 del 2001, ma, nella prospettiva propria dello specifico giudizio a quo, comporta un aumento illegittimo della spesa. Tale aumento esorbita dalle risorse entro cui si muove la stessa contrattazione collettiva pubblica, risorse che sono assegnate dal legislatore statale tenendo conto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e che vedono nei limiti alla spesa per il personale un importante strumento di contenimento per assicurare l’equilibrio di bilancio di tutto il settore pubblico allargato.

10.– La rimettente Corte dei conti ha altresì impugnato la norma transitoria dell’art. 6 della legge reg. Basilicata n. 7 del 2001, che, al comma 1, consentiva la trasformazione del rapporto di lavoro degli addetti stampa che avessero optato per l’applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico, e, al comma 2, prevedeva la valutazione al cinquanta per cento, ai fini dell’anzianità di servizio, degli anni prestati presso gli uffici stampa della Regione in caso di opzione per l’applicazione del contratto di lavoro giornalistico, nonché la garanzia, ove fosse richiesta, della contribuzione previdenziale all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (INPGI) e quella assistenziale alla Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani (CASAGIT) ed infine eventuali ricongiungimenti previdenziali e assistenziali, ancorché a carico degli interessati.

11.– La norma investe, analogamente all’art. 2, commi 2 e 6, esaminati in precedenza, profili di competenza della contrattazione collettiva e, pertanto, viola parimenti la competenza statale in materia di ordinamento civile, con le conseguenti implicazioni sulla finanza pubblica. Anche le previsioni d’ordine previdenziale, essendo conseguenziali alla disciplina lavoristica, non potevano derogare alla competenza statale.

Su tali implicazioni previdenziali giova ricordare che la legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)», ha previsto che anche i giornalisti dipendenti della pubblica amministrazione debbano essere iscritti all’INPGI, ente previdenziale per i giornalisti.

In proposito, il giudice di legittimità ha affermato che «[l]’obbligo di iscrizione all’Istituto di previdenza “Giovanni Amendola” (INPGI) – cui si collega quello del versamento dei relativi contributi previdenziali – insorge per il solo fatto di aver instaurato un rapporto di lavoro subordinato con un soggetto che sia giornalista professionista o praticante giornalista, a nulla rilevando la natura del datore di lavoro, sia esso un ente pubblico territoriale o un imprenditore che, pur operando in settori diversi dall’editoria, assuma alle sue dipendenze uno dei soggetti sopra indicati, assegnandogli mansioni di carattere giornalistico» (Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 20 luglio 2007, n. 16147).

12.– In conclusione, questa Corte rileva che la ricordata evoluzione normativa segnala l’attenzione del legislatore alle problematiche connesse alla peculiare posizione dei giornalisti che siano pubblici dipendenti, problematiche rientranti nella sicura competenza statale, che vanno affrontate nelle indicate sedi negoziali, attivando le procedure di confronto previste dal legislatore nazionale e, per esso, dalla contrattazione collettiva di settore.

In tale sede, difatti, potranno essere adottate soluzioni per tali pubblici dipendenti attraverso il confronto con le relative associazioni sindacali, al fine di contemperare le oggettive esigenze e peculiarità dell’attività giornalistica e delle sue modalità di espletamento, nell’ambito dell’assetto organizzativo della pubblica amministrazione. È la contrattazione del pubblico impiego che può assicurare il necessario coinvolgimento della parte rappresentativa della categoria dei giornalisti, nell’ambito di aree di contrattazione specificamente dedicate.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 2 e 6, e dell’art. 6, commi 1 e 2, della legge della Regione Basilicata 9 febbraio 2001, n. 7 (Disciplina delle attività di informazione e comunicazione della Regione Basilicata).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2020.

F.to:

Marta CARTABIA, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 giugno 2020.