SENTENZA N. 235
ANNO 2015
Commento
alla decisione di
Flavio Guella
per g.c. di Forum di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai
signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi
per conflitto di attribuzione tra enti sorti a seguito della nota del
Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per
l’Emilia-Romagna n. 3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione della
deliberazione n. 249 del 2013; della nota del Procuratore regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna n. 5190 del
9 luglio 2014; degli atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre
della Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti
per l’Emilia-Romagna del 5 giugno 2014 e date successive; nonché degli atti di
citazione della Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte
dei conti per l’Emilia-Romagna del 3 dicembre 2014 e date successive, conflitti
promossi dalla Regione Emilia-Romagna con ricorsi rispettivamente notificati il
1° agosto 2014 e il 27 febbraio 2015, depositati in cancelleria il 13 agosto
2014 e il 9 marzo 2015, ed iscritti al n. 8 del
registro conflitti tra enti 2014 e al n. 1 del
registro conflitti tra enti 2015.
Visti gli atti di costituzione della Procura regionale
presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna e
del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica
del 6 ottobre 2015 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi gli avvocati
Giandomenico Falcon, Luigi Manzi e Franco
Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna, il Procuratore regionale Salvatore
Pilato per la Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte
dei conti per l’Emilia-Romagna e l’Avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.−
La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato in data 1° agosto 2014,
depositato il successivo 13 agosto ed iscritto al n. 8 del registro conflitti
tra enti 2014 (d’ora innanzi il "primo ricorso”), ha promosso conflitto di
attribuzione nei confronti dello Stato in relazione: 1) alla nota del
Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per
l’Emilia-Romagna n. 3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione alla Procura
regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
l’Emilia-Romagna della deliberazione n. 249 del 2013, di accertamento
dell’irregolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari per l’anno 2012; 2) a
quattordici atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre, del 5
giugno e date successive, inviati dalla Procura regionale della Corte dei conti
ai Presidenti dei gruppi consiliari e ad alcuni consiglieri regionali; 3) alla
nota del Procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte
dei conti per l’Emilia-Romagna n. 5190 del 9 luglio 2014, inviata al Presidente
del Consiglio regionale e recante un invito al recupero di somme irregolarmente
spese.
Secondo la
ricorrente tali atti sarebbero lesivi «dell’autonomia e delle prerogative
costituzionali dell’Assemblea legislativa, quali garantite dal complesso delle
regole e dei principi» di cui agli artt. 100, secondo comma, 103, secondo comma, 114, secondo comma, 117 e 123 della Costituzione,
«e, per quanto riguarda specificamente il Consiglio regionale» agli artt. 121, primo e
secondo comma, e 122,
quarto comma, Cost.
Con altro
ricorso notificato in data 27 febbraio 2015, depositato il successivo 9 marzo
ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra enti 2015 (d’ora innanzi il
"secondo ricorso”), la Regione Emilia-Romagna ha promosso conflitto di
attribuzione nei confronti dello Stato in relazione a tredici atti di
citazione, del 3 dicembre 2014 e date successive, emessi dalla Procura
regionale nei confronti dei capigruppo e di alcuni consiglieri regionali.
Anche
questi atti sarebbero lesivi della sua autonomia istituzionale, dell’autonomia
organizzativa e contabile del Consiglio regionale, e dell’immunità dei
consiglieri regionali per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio
delle funzioni.
1.1.−
Premette in punto di fatto la ricorrente che con la sentenza n. 130 del
2014 la Corte costituzionale ha annullato le deliberazioni della sezione
regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna relative ai
rendiconti dei gruppi consiliari regionali per l’esercizio finanziario 2012,
ritenendo che il potere di controllo previsto dal decreto-legge 10 ottobre
2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli
enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone
terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma
1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, potesse essere esercitato solo a
partire dal 2013, sulla base delle linee guida deliberate dalla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano e recepite con d.P.C.m. 21
dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 2 febbraio 2013 ed
entrato in vigore il 17 febbraio seguente.
Ciò
nonostante, sulla base della trasmissione, ad opera del Presidente della
sezione regionale di controllo, della deliberazione n. 249 del 10 luglio 2013,
recante la dichiarazione di irregolarità dei rendiconti dei gruppi e gli
elenchi delle spese ingiustificate, il Procuratore regionale aveva adottato gli
impugnati atti di contestazione di responsabilità.
Con la
successiva nota n. 5190 del 9 luglio 2014 lo stesso Procuratore aveva informato
il Presidente del Consiglio regionale di alcune irregolarità contabili
riscontrate con riferimento alla posizione di tre consiglieri, invitandolo, in
considerazione dell’esiguità degli importi e della conseguente diseconomicità
di ogni iniziativa processuale, «al recupero amministrativo delle somme
risultate irregolari per difetto di inerenza al mandato istituzionale».
In date 3
dicembre 2014 e successive, infine, la Procura regionale aveva emesso tredici
atti di citazione nei confronti dei capigruppo e di alcuni consiglieri, atti
che la ricorrente afferma di essere stata costretta a impugnare con il secondo
ricorso per evitare che la sua inerzia fosse valutata come manifestazione di
acquiescenza.
1.2.− Prima di passare all’illustrazione delle singole
censure, la ricorrente premette alcune considerazioni sull’ammissibilità del
conflitto proposto in relazione agli inviti a dedurre e alla nota del
Procuratore regionale del 9 luglio 2014, «atti connessi all’esercizio della
funzione giurisdizionale».
La Regione
Emilia-Romagna deduce di non contestare l’astratta esistenza in capo alla Corte
dei conti della giurisdizione sulle spese dei Consigli regionali e dei loro
gruppi, né di lamentare il cattivo uso della funzione giurisdizionale. Essa,
invece, sostiene «di essere legittimata a ricorrere in difesa delle proprie
attribuzioni, lese da atti della Procura regionale, che sotto diversi profili
eccedono dalle sue competenze istituzionali e costituiscono anche
disapplicazione della legge regionale n. 32/1997, recante la disciplina sul
finanziamento e sulla rendicontazione dei Gruppi consiliari vigente all’epoca
della redazione dei rendiconti […] relativi all’esercizio 2012».
Prosegue la
ricorrente affermando di essere consapevole che, in passato, la Corte
costituzionale ha dichiarato inammissibile un ricorso per conflitto di
attribuzione relativo ad alcuni inviti a dedurre, ritenendoli atti non
invasivi. Nel caso di specie, tuttavia, il conflitto sarebbe ammissibile perché
gli odierni inviti sarebbero nient’altro che una «prosecuzione ed
attualizzazione dell’illegittima azione di controllo» tradottasi nelle
deliberazioni annullate dalla Corte costituzionale.
1.3.− Ciò premesso, con il primo motivo del primo ricorso la
ricorrente lamenta l’illegittimità della nota del Presidente della sezione
regionale di controllo n. 3660 del 10 luglio 2013, poiché essa, nel trasmettere
la deliberazione di irregolarità delle spese dei gruppi consiliari, avrebbe
realizzato una indebita interferenza tra le due fondamentali funzioni della
Corte dei conti, e cioè quelle di controllo e giurisdizionale.
Secondo la
Regione Emilia-Romagna, fermo restando il dovere di segnalare eventuali gravi
trasgressioni di cui risulti documentata notizia, non potrebbero «la funzione e
l’attività di controllo riversarsi direttamente e integralmente nella funzione
inquirente, al fine di tramutarne l’esito nell’esercizio dell’azione contabile
di responsabilità».
L’illegittimità
della nota di trasmissione sarebbe nel caso specifico ancora più evidente,
essendosi il controllo svolto contra legem, da un
lato, perché avrebbe investito i rendiconti relativi all’esercizio 2012 in
assenza di copertura legislativa, e, dall’altro, perché avrebbe sindacato il
merito delle scelte di spesa dei gruppi.
1.4.− Con un secondo motivo, comune ad entrambi i ricorsi, la
ricorrente lamenta l’illegittimità degli atti di contestazione di
responsabilità e invito a dedurre e dei susseguenti atti di citazione, dal
momento che essi sarebbero l’automatica trasposizione in sede giurisdizionale
della delibera di controllo illegittimamente assunta e delle schede allegate.
Ciò sarebbe
evidente dallo stesso esame della loro struttura, identica in tutti i punti e
differente solo a metà del quinto, ove in poche righe sarebbe genericamente
spiegata la singola imputazione. Anche la formula contenente l’ipotesi di
responsabilità sarebbe identica in tutti gli atti impugnati e riguarderebbe la
«effettuazione di spese manifestamente non inerenti all’attività istituzionale
e al funzionamento del gruppo stesso», laddove la non inerenza sarebbe ritenuta
sulla base di un’eclatante inversione dell’onere probatorio.
Nonostante,
poi, gli atti in questione attribuiscano alla documentazione inviata dalla
sezione di controllo la funzione di "integrare” le preesistenti fonti di
informazione della Procura contabile, non vi sarebbe alcun elemento che faccia
ipotizzare l’esistenza di quest’ultime.
1.5.− Con un terzo motivo, anche questo comune a entrambi i
ricorsi, la Regione Emilia-Romagna lamenta l’illegittimità degli atti di
contestazione e dei conseguenti atti di citazione, nella misura in cui essi,
nonostante l’affermazione di ossequio formale al principio dell’autonomia
politica dei gruppi consiliari, concretizzerebbero un inammissibile sindacato
di merito sulle scelte di spesa di quest’ultimi.
Le
illegittimità contestate, infatti, non si riferirebbero a spese eccedenti i
limiti dell’attività istituzionale, ma a spese che vi rientrano: così, ad
esempio, con riferimento a quelle di missione per l’inaugurazione di un ex
edificio scolastico, o a quella per un biglietto di trasporto pubblico per
recarsi a un convegno fuori Regione.
1.6.– Con un ulteriore motivo comune ad entrambi i ricorsi, la ricorrente
lamenta che l’esorbitanza dal potere giurisdizionale della magistratura
contabile si è tradotta in una violazione dell’art. 122, quarto comma, Cost.
Espone la
Regione Emilia-Romagna che i Consigli regionali sono dotati di autonomia
contabile e organizzativa in virtù di norme statali contenute prima nella legge
6 dicembre 1973, n. 853 (Autonomia contabile e funzionale dei consigli regionali
delle regioni a statuto ordinario) e poi nell’art. 67 del decreto legislativo
23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei
loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).
Sulla base di queste norme, e prima ancora degli artt. 121, 122 e 123 Cost., lo statuto della Regione Emilia-Romagna ha
disciplinato gli aspetti di tale autonomia, rinviando l’attuazione ad un regolamento
interno.
La
disciplina dettagliata delle spese dei gruppi e del controllo su di esse,
prosegue la ricorrente, si trova, quanto all’esercizio finanziario 2012, nella
legge della Regione Emilia-Romagna 8 settembre 1997, n. 32 (Funzionamento dei
gruppi consiliari − Modificazioni alla legge regionale 14 aprile 1995, n.
42) e nella delibera attuativa dell’ufficio di presidenza n. 5 del 17 gennaio
2012.
In base a
tale complesso normativo, i gruppi sono tenuti alla presentazione del
rendiconto annuale, che deve essere approvato da un comitato tecnico, rispetto
al cui giudizio l’ufficio di presidenza può discostarsi solo con espressa
motivazione.
La
normativa regionale, quindi, prevedrebbe, in attuazione delle disposizioni
costituzionali, un sistema compiuto di documentazione, rendicontazione e
controllo delle spese effettuate dai gruppi, volto a verificare che i
contributi assegnati non siano devoluti a fini diversi da quelli istituzionali.
Ebbene, gli
atti controllo e approvazione delle spese si sarebbero tradotti in "voti” e
"opinioni” sia da parte dei gruppi che dell’ufficio di presidenza, con la
conseguenza che sarebbero presidiati dall’immunità prevista dall’art. 122,
quarto comma, Cost. a tutela dell’autonomia politica e
di organizzazione interna del Consiglio regionale, e gli atti impugnati tale
immunità violerebbero.
1.7.−
Con l’ultimo motivo del primo ricorso la Regione Emilia-Romagna lamenta
l’illegittimità della nota del Procuratore regionale n. 5190 del 9 luglio 2014,
con cui il Presidente del Consiglio regionale è stato invitato al recupero
amministrativo di modeste somme spese da tre consiglieri, ritenute irregolari
per difetto di inerenza, dal momento che la singolare iniziativa del
Procuratore regionale non avrebbe alcun ancoraggio costituzionale e
legislativo, realizzando un’ingerenza del tutto ingiustificata nella sfera di
autonomia del Consiglio.
1.8.−
La ricorrente ha quindi concluso chiedendo alla Corte costituzionale di
accertare che non spettava allo Stato, e per esso: 1) al Presidente della
sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna,
trasmettere alla Procura regionale, con la nota n. 3660 del 10 luglio 2013, la
deliberazione di accertamento dell’irregolarità dei rendiconti dei gruppi
consiliari per l’anno 2012; 2) alla Procura regionale, adottare gli atti di
contestazione di responsabilità e invito a dedurre nei confronti dei capigruppo
e di alcuni consiglieri regionali; 3) alla Procura regionale, procedere, in
relazione alle spese dei gruppi consiliari per l’anno 2012, sulla base di un
illegittimo atto di controllo, a un generalizzato sindacato di merito sulla
loro «inerenza al mandato istituzionale»; 4) al Procuratore regionale, il
potere di inviare la nota n. 5190 del 9 luglio 2014, avente ad oggetto l’invito
al recupero amministrativo di somme spese irregolarmente; 5) alla Procura
regionale, emettere gli atti di citazione impugnati in prosecuzione
dell’iniziativa avviata con gli inviti a dedurre.
2.− In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
2.1.− La difesa dello Stato ha eccepito, in punto di fatto,
che la Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei
conti per la Regione Emilia-Romagna aveva avviato un’istruttoria sulle spese
dei gruppi regionali, alla luce di molteplici notizie di stampa, qualificate da
specificità e concretezza, relative a fatti sottoposti ad indagine dalla
Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Bologna. Tali fonti,
unitamente a esposti di soggetti privati, erano state poi integrate dalla
trasmissione della deliberazione della sezione regionale di controllo del 10
luglio 2013, n. 249.
Sulla base
del complesso di tali elementi la Procura contabile aveva espletato
un’analitica verifica della regolarità della documentazione di spesa e tale
verifica aveva dato luogo agli atti di contestazione e alla nota di invito al
recupero di somme impugnati.
Il
Presidente del Consiglio dei ministri ha poi affermato che il secondo ricorso
avrebbe ampliato notevolmente il thema decidendum delineato dal primo, poiché
gli atti di citazione gravati sarebbero espressione di un potere
giurisdizionale in senso stretto, operando in maniera indipendente dalle
competenze della sezione di controllo e "aprendo” all’esercizio del potere
decisorio del giudice contabile.
2.2.− In punto di diritto, secondo l’Avvocatura generale dello
Stato, entrambi i ricorsi sarebbero inammissibili per difetto di legittimazione
attiva della Regione Emilia-Romagna, poiché gli atti impugnati inciderebbero
sulla posizione giuridica dei gruppi consiliari o dei singoli consiglieri, ma
non lederebbero le sue prerogative costituzionali, essendo l’istruttoria
contabile oggettivamente diretta a salvaguardare proprio tali prerogative.
2.3.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi eccepito
l’inammissibilità del primo ricorso per genericità dei motivi, dal momento che
mancherebbe l’indicazione delle competenze costituzionali violate.
Da altra
angolazione, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, entrambi i ricorsi
difetterebbero di tono costituzionale, essendo gli atti impugnati riconducibili
a funzioni attribuite dall’ordinamento alla magistratura contabile, con la
conseguenza che non potrebbero considerarsi lesivi di altrui competenze
costituzionali.
2.4.− La difesa dello Stato ha eccepito, ancora,
l’inammissibilità del primo ricorso nella parte in cui è rivolto avverso la
nota di trasmissione della deliberazione di controllo, in quanto avente valenza
puramente interna, per ciò solo inidonea a ledere le competenze costituzionali
della ricorrente.
Secondo la
difesa dello Stato, la cointestazione delle funzioni
di controllo e giurisdizionale in capo alla magistratura contabile avrebbe un
solido radicamento costituzionale e sarebbe legittimo l’utilizzo in sede di
responsabilità delle notizie raccolte in sede di controllo, con il solo limite
della tutela effettiva del diritto di difesa.
2.5.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi eccepito
l’inammissibilità del secondo e del terzo motivo del primo ricorso relativi
alla illegittimità degli atti di contestazione, e del terzo motivo del secondo
ricorso relativo agli atti di citazione.
Con tali
censure si contesterebbe non la sussistenza in astratto della giurisdizione
contabile, ma il modo in cui è stata esercitata, facendo nella sostanza valere errores in iudicando contro i quali andrebbero attivati gli
ordinari rimedi apprestati dalla giurisdizione comune.
2.6.− Anche il quarto motivo del primo ricorso, con cui si
lamenta l’illegittimità della nota del Procuratore regionale di invito al
recupero amministrativo di spese ritenute irregolari, sarebbe inammissibile.
Il tenore
della nota, infatti, mostrerebbe come l’ufficio inquirente non abbia inteso
vincolare le determinazioni liberamente assumibili dal Presidente del Consiglio
regionale, muovendosi, per contro, in una logica collaborativa. Essa, in ogni
caso, non potrebbe essere considerata una chiara e inequivoca affermazione di
un proprio potere.
2.7.− L’Avvocatura generale dello Stato ha altresì eccepito
l’inammissibilità del primo ricorso nella parte in cui è rivolto avverso gli
atti di contestazione adottati nel corso dell’istruttoria per l’accertamento
delle responsabilità erariali.
Tali atti,
in quanto «preprocessuali» − poiché la proposizione dell’azione di
responsabilità è solo futura ed eventuale − sarebbero sprovvisti di
attitudine lesiva.
2.8.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha infine
eccepito l’inammissibilità del primo ricorso per genericità, attesa la mancata
indicazione delle spese il cui merito la Procura contabile avrebbe
indebitamente sindacato.
2.9.− Nel merito, ritiene la difesa dello Stato che la sentenza n. 130 del
2014 della Corte costituzionale non sia rilevante, poiché l’annullamento
dell’attività di controllo è avvenuta esclusivamente in ragione dell’assenza,
per l’esercizio 2012, della previa individuazione dei criteri adoperabili, per
come richiesto dal d.l. n. 174 del 2012. Di conseguenza, tale annullamento non
rileverebbe ai fini dell’esercizio della funzione giurisdizionale della Procura
contabile, in presenza dei presupposti giuridicamente legittimanti
l’attivazione della sua competenza.
Ciò sarebbe
ancora più vero in ragione del fatto che «gli elementi notiziali» posti a base
delle indagini contabili proverrebbero anche da notizie di stampa, esposti
privati e «risultanze già acquisite nell’ambito delle parallele indagini penali
in corso».
Secondo
l’Avvocatura generale dello Stato, poi, non vi sarebbe stata alcuna intrusione
nel merito di scelte discrezionali, avendo per contro la Procura regionale
verificato esclusivamente l’inerenza delle spese dei gruppi alle finalità
istituzionali.
Con
riferimento alla lamentata violazione dell’immunità dei consiglieri regionali,
la difesa dello Stato osserva che «altro è perseguire un soggetto per un voto
dato nell’espletamento della sua funzione», «altro è promuovere un giudizio
volto ad accertare la responsabilità contabile».
3.− Si è costituita in entrambi i giudizi anche la Procura regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, chiedendo
che i ricorsi siano dichiarati inammissibili ovvero infondati.
3.1.− In punto di fatto, secondo la Procura regionale della
Corte dei conti la dinamica di svolgimento degli accertamenti espletati sulle
spese dei gruppi sarebbe molto più complessa di come esposto in ricorso.
Tali
accertamenti avrebbero riguardato il triennio 2010-2012, come sarebbe evidente
dal diverso giudizio originato dall’atto di citazione per le spese remunerative
dei costi delle interviste a pagamento commissionate dai gruppi consiliari:
questo giudizio avrebbe ad oggetto gli stessi soggetti raggiunti dagli atti
impugnati nei presenti giudizi costituzionali e sarebbe sorretto dalla stessa
metodologia istruttoria, senza però che sia stato proposto, in relazione ad
esso, alcun conflitto di attribuzione.
Sull’ampio
«raggio» di tali accertamenti si sarebbe «giustapposto» l’intervento della
sezione di controllo, che avrebbe acquisito l’integrale documentazione
giustificativa della spese dei gruppi per l’esercizio finanziario 2012, mediante
l’estrazione di copia degli atti sottoposti a vincolo penale.
La
descritta sequenza temporale mostrerebbe la piena autonomia e indipendenza
delle iniziative della magistratura inquirente rispetto all’esercizio della
funzione di controllo.
3.2.− Ciò premesso, la Procura regionale ha eccepito, in primo
luogo, l’inammissibilità dei ricorsi perché volti a contestare un cattivo uso
della funzione giurisdizionale da far valere innanzi alla giurisdizione comune.
3.3.– La Procura contabile ha altresì eccepito l’inammissibilità del primo
ricorso per contraddittorietà della prospettazione di fondo, dal momento che la
Regione ricorrente, dopo avere lamentato l’illegittimità della mera
trasposizione dell’attività di controllo nell’azione di «prosecuzione contabile»,
avrebbe ammesso che la trasmissione degli atti dal controllo alla giurisdizione
era avvenuta in relazione ad indagini già in corso sulla base di altre fonti
informative.
3.4.– Ha poi eccepito l’inammissibilità del primo ricorso per inesistenza ictu oculi del lamentato controllo di merito sulle spese
dei gruppi.
3.5.− Con riferimento al primo motivo del primo ricorso la
Procura regionale ha eccepito l’inammissibilità per tardività, essendo la nota
impugnata risalente a oltre un anno addietro la proposizione del conflitto.
3.6.– L’ultimo motivo di ricorso, invece, sarebbe inammissibile per difetto di
lesività, poiché il tenore della nota n. 5190 del 9 luglio 2014 mostrerebbe
come l’ufficio inquirente non abbia in alcun modo voluto vincolare le determinazioni
liberamente assumibili dal Presidente del Consiglio regionale, muovendosi per
contro in una logica essenzialmente collaborativa.
3.7.– La Procura contabile ha poi eccepito l’inammissibilità del secondo
ricorso, poiché, nei giudizi di responsabilità instaurati con gli atti di
citazione, le parti convenute avrebbero manifestato, ante iudicium,
la disponibilità al versamento spontaneo delle somme contestate, pervenendosi,
in due casi, all’adesione alla determinazione degli addebiti, con conseguente
risarcimento spontaneo del danno.
3.8.– La Procura regionale ha infine eccepito l’inammissibilità del secondo
motivo del secondo ricorso per mancanza di tono costituzionale, in ragione
della omessa indicazione delle specifiche attribuzioni costituzionali asseritamente
violate.
3.9.– Nel merito, la Procura contabile ha osservato che nessuna norma, di rango
costituzionale od ordinario, vieterebbe il raccordo tra le funzioni di
controllo e quelle giurisdizionali della Corte dei conti.
L’esame
degli atti di contestazione impugnati evidenzierebbe poi l’infondatezza della
censura avversaria, poiché sarebbe chiaro che non vi è stata alcuna automatica
trasposizione dell’attività di controllo in quella inquirente.
Nell’espletamento
di quest’ultima, per contro, la Procura regionale avrebbe accertato singoli
fatti di gestione, desumendoli dalla rendicontazione di ogni spesa. L’unico
tratto che nella specie avrebbe accomunato le due funzioni starebbe nella
identità della documentazione proveniente dalle indagini penali.
Essa,
ancora, avrebbe esercitato in maniera appropriata la funzione inquirente, volta
a verificare non il merito ma l’inerenza delle spese al mandato istituzionale,
senza incidere sulla sfera di autonomia dei gruppi e dei consiglieri. Allo
stato degli atti le uniche spese la cui inerenza sarebbe stata provata
sarebbero i due esempi menzionati in ricorso e di cui la Procura contabile dà
conto di voler prendere atto.
Né vi
sarebbe alcuna inversione dell’onere della prova, poiché graverebbe sul
beneficiario della spesa indicare la causa del mandato istituzionale.
Ha ancora
osservato la Procura regionale che gli adempimenti connessi alla
rendicontazione e al controllo sulla spesa dei gruppi non hanno alcuna
attinenza con le funzioni normative o con quelle di supporto alle stesse,
sicché non opererebbe l’invocata guarentigia di cui all’art. 122, quarto comma,
Cost.
Quanto alla
nota di invito al recupero amministrativo delle spese ritenute irregolari, essa
apparterrebbe, secondo la Procura contabile, alle "buone pratiche” elaborate ai
fini della semplificazione ed effettività dell’esercizio delle funzioni
inquirenti e si baserebbe su una lettura evolutiva del potere di richiesta di
informazioni documentali previsto dall’art. 74 del regio decreto 12 luglio 1934,
n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti).
In ipotesi
di danni erariali di importo modesto sarebbe prassi diffusa tra gli uffici
inquirenti quella di segnalare alla pubblica amministrazione la necessità di
provvedere al recupero in autotutela, salva la sussistenza di situazioni
legittimanti da documentare con la trasmissione delle relative prove. Tale
richiesta, ispirata ai principi di leale collaborazione e cooperazione
istituzionale, inciderebbe su attività meramente amministrative e di gestione
contabile della spesa, senza alcuna interferenza con attività normative e di
rilevanza costituzionale.
4.– La Regione ricorrente in date 9 e 15 settembre 2015 ha depositato memorie
nei due giudizi, volte a replicare alle eccezioni del Presidente del Consiglio
dei ministri e della Procura contabile.
4.1.– Con
riferimento alle eccezioni di difetto di interesse e di legittimazione attiva
sollevate in entrambi i giudizi, sostiene la ricorrente, rispettivamente, che,
pur avendo gli atti impugnati natura istruttoria, ciò che essa lamenta è
l’esercizio di un’attività illegittima perché prosecuzione di quella di
controllo censurata dalla Corte costituzionale, e che quest’ultima avrebbe già
ammesso l’interesse della Regione a sollevare conflitto di attribuzione in caso
di lesione delle prerogative dei suoi gruppi consiliari.
4.2.– Infondata sarebbe anche l’eccezione di assenza di tono costituzionale,
come dimostrato dal rilievo che i conflitti aventi ad oggetto i presupposti
atti di controllo sui rendiconti dei gruppi erano già stati ritenuti
ammissibili dalla Corte costituzionale.
4.3.– Del pari infondata sarebbe l’eccezione di inammissibilità del primo
ricorso per genericità e contraddittorietà dei motivi, poiché la ricorrente
avrebbe illustrato compiutamente le censure, richiamando le norme
costituzionali poste a presidio della sua autonomia e indicando le ragioni
della lesione della sua sfera di attribuzioni.
4.4.– Quanto all’asserita inidoneità lesiva della nota di trasmissione impugnata
con il primo ricorso, osserva la Regione Emilia-Romagna che essa non ha mera
rilevanza interna, trattandosi di un atto di esternazione che ha sortito
effetti materiali precisi, consistiti nell’utilizzo da parte della Procura
contabile della documentazione trasmessa.
4.5.– Infondata sarebbe infine l’eccezione di inammissibilità del secondo
ricorso per acquiescenza, poiché la disponibilità al risarcimento spontaneo
proverrebbe da due consiglieri non coinvolti nella vicenda che ha dato luogo al
conflitto e in ogni caso non inciderebbe sulla permanenza del distinto
interesse della Regione.
4.6.– In
relazione alle deduzioni avversarie attinenti al merito dei ricorsi, la Regione
Emilia-Romagna ribadisce di non contestare l’assoggettamento dei consiglieri
alla responsabilità erariale ma la riproduzione in concreto, ad opera della
Procura contabile, di un’attività dichiarata illegittima dalla Corte
costituzionale; che gli atti di gestione dei fondi dei gruppi rientrano nella
sfera di insindacabilità garantita dall’art. 122, quarto comma, Cost.; che,
infine, avendo l’art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con
modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102,
espressamente previsto che l’azione inquirente possa essere avviata
esclusivamente a fronte di una notitia damni specifica e qualificata, sarebbe tutt’altro che
irrilevante la circostanza che il materiale istruttorio sia stato
illegittimamente acquisito dalla sezione di controllo.
Considerato in diritto
1.– La
Regione Emilia-Romagna, con i ricorsi iscritti al n. 8 del registro conflitti
tra enti 2014 (d’ora innanzi il "primo ricorso”) e al n. 1 del registro
conflitti tra enti 2015 (d’ora innanzi "il secondo ricorso”), ha promosso
conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione,
rispettivamente: 1) alla nota del Presidente della sezione regionale di
controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna n. 3660 del 10 luglio
2013, di trasmissione alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale
della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna della deliberazione n. 249 del 2013,
avente ad oggetto la dichiarazione di irregolarità dei rendiconti dei gruppi
consiliari per l’anno 2012; 2) agli atti di contestazione di responsabilità e
invito a dedurre, del 5 giugno 2014 e date successive, adottati dalla Procura
contabile nei confronti dei capigruppo e di alcuni consiglieri regionali; 3)
alla nota del Procuratore regionale n. 5190 del 9 luglio 2014, indirizzata al
Presidente del Consiglio regionale, di invito al recupero di somme; 4) nonché a
tredici atti di citazione emessi dalla Procura contabile nei confronti dei
capigruppo e di alcuni consiglieri regionali per i medesimi fatti oggetto degli
inviti a dedurre.
Secondo la
ricorrente tali atti, in quanto prosecuzione di un’attività di controllo già
dichiarata illegittima da questa Corte con la sentenza n. 130 del
2014 e volti a realizzare un indebito controllo di merito sulle scelte
discrezionali dei gruppi consiliari, sarebbero, sotto svariati profili, lesivi
della sua autonomia istituzionale e dell’autonomia organizzativa e contabile
del Consiglio regionale, e violerebbero l’art. 122, quarto comma, della
Costituzione, che garantisce l’insindacabilità delle opinioni espresse e dei
voti dati dai consiglieri regionali nell’esercizio delle funzioni.
2.– I giudizi, data l’identità delle parti e la stretta connessione oggettiva,
vanno riuniti.
3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri e la Procura regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna,
costituitisi in entrambi i giudizi, hanno sollevato diverse eccezioni di
inammissibilità, alcune rivolte ai ricorsi nella loro interezza, altre mirate a
singole censure.
L’esame
delle prime, per ovvie ragioni, precede quello delle seconde, alcune delle
quali, tuttavia, essendo identiche o strettamente connesse a quelle generali,
verranno trattate congiuntamente ad esse.
4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito, in primo luogo,
l’inammissibilità di entrambi i ricorsi per difetto di interesse, perché
l’intervento della Procura della Corte dei conti si sarebbe svolto
nell’interesse della Regione ricorrente, che non sarebbe pertanto legittimata
alla proposizione dei conflitti.
L’eccezione
non è fondata alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la quale,
«partendo dall’osservazione che i gruppi consiliari sono stati qualificati come
organi del Consiglio regionale (sentenza n. 39 del
2014), ha affermato che "La lamentata lesione delle prerogative dei gruppi
si risolve dunque in una compressione delle competenze proprie dei consigli
regionali e quindi delle Regioni ricorrenti, pertanto legittimate alla
proposizione del conflitto (sentenze n. 252 del
2013, n. 195
del 2007 e n.
163 del 1997)”. Identica considerazione non può che essere svolta con
riferimento ai presidenti dei gruppi consiliari» (sentenza n. 107 del
2015, che richiama la sentenza n. 130 del
2014) e ai singoli consiglieri.
5.– L’Avvocatura generale dello Stato ha poi eccepito l’inammissibilità del
primo ricorso per mancata indicazione delle prerogative costituzionali
regionali violate dagli atti impugnati.
L’eccezione
può essere esaminata unitamente all’altra, sollevata dalla stessa difesa dello
Stato in entrambi i giudizi, secondo cui i ricorsi mancherebbero di tono
costituzionale, essendo gli atti impugnati riconducibili a funzioni
regolarmente attribuite dall’ordinamento alla magistratura contabile, nonché a
quella sollevata dalla Procura regionale, in relazione al secondo motivo del
secondo ricorso, di omessa indicazione, da parte della Regione ricorrente,
delle specifiche attribuzioni costituzionali violate comporterebbe l’assenza di
tono costituzionale.
Anche tali
eccezioni non sono fondate.
Si legge
nel primo ricorso che gli atti impugnati sono considerati lesivi
«dell’autonomia e delle prerogative costituzionali dell’Assemblea legislativa,
quali garantite dal complesso delle regole e dei principi» di cui agli artt.
100, secondo comma, 103, secondo comma, 114, secondo comma, 117 e 123 Cost., «e per quanto riguarda specificamente il Consiglio
regionale» agli artt. 121, primo e secondo comma, e 122, quarto comma, Cost.
La lettura
congiunta delle censure sollevate dalla ricorrente nel secondo ricorso, poi,
consente di comprendere con sufficiente chiarezza come le prerogative
costituzionali asseritamente violate siano, anche qui, quelle della sua
autonomia istituzionale, di quella organizzativa e contabile del suo Consiglio
regionale, nonché la guarentigia di insindacabilità apprestata ai consiglieri
regionali dall’art. 122, quarto comma, Cost.
La
prospettazione della lesione delle competenze costituzionali della ricorrente,
salvo quanto si dirà circa l’ammissibilità dei conflitti innescati da atti
giurisdizionali, conferisce ai ricorsi, di per sé, il necessario tono
costituzionale (sentenze n. 263 e n. 137 del 2014,
n. 380 del 2007
e ordinanza n.
27 del 2006).
6.– La Procura regionale ha eccepito l’inammissibilità di entrambi i ricorsi
perché la Regione Emilia-Romagna avrebbe in realtà contestato un cattivo uso
del potere giurisdizionale, censura, questa, da fare valere in seno alla
giurisdizione contabile e non in sede di conflitto di attribuzione.
La stessa
eccezione è stata sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato con
riferimento al secondo e al terzo motivo del primo ricorso, riguardanti gli
atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre, e al terzo motivo
del secondo ricorso con cui si lamenta che la Procura regionale abbia
sconfinato, con gli atti di citazione impugnati, in non consentite valutazioni
di merito.
L’eccezione
va esaminata separatamente in relazione alla diversa natura degli atti
impugnati.
6.1.− Parte del primo ricorso è rivolta avverso un atto non
giurisdizionale, qual è la nota del Presidente della sezione regionale di
controllo di trasmissione alla Procura contabile della deliberazione di
accertamento dell’irregolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari relativi
all’anno 2012, sulla base della ritenuta emersione di una notitia
damni.
Essa,
infatti, segue il procedimento di controllo attivato dalla Corte dei conti in
forza dell’art. 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni
urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché
ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre
2012, n. 213 ed è estranea allo svolgimento delle funzioni giurisdizionali
attribuite alla magistratura contabile, dal che consegue che in questa parte
l’eccezione va rigettata.
6.2.− Sono invece giurisdizionali, nell’accezione lata in cui
tale nozione viene in rilievo nei conflitti di attribuzione, gli altri atti
impugnati provenienti dalla Procura contabile nell’esercizio o in occasione
della sua funzione istruttoria preordinata all’accertamento giudiziale di
responsabilità erariali (sentenze n. 252 del
2013 e n. 70
del 1985).
Secondo
questa Corte gli «atti della giurisdizione sono suscettibili di essere posti a
base di un conflitto di attribuzione tra Regione, o Provincia autonoma, e
Stato, oltre che tra poteri dello Stato, solo "quando sia contestata
radicalmente la riconducibilità dell’atto che determina il conflitto alla
funzione giurisdizionale ovvero sia messa in questione l’esistenza stessa del
potere giurisdizionale nei confronti del soggetto ricorrente” […] (sentenza n. 326 del
2003, in un passaggio testualmente riportato anche dalla successiva sentenza n. 150 del
2007)» (sentenza
n. 252 del 2013).
In
quest’ultima pronuncia si è precisato, proprio con riferimento agli atti
provenienti dalla Procura contabile nello svolgimento delle sue funzioni istruttorie
propedeutiche al giudizio di responsabilità, che, per fare valere eventuali
«errori di giudizio, non vale, quindi, il conflitto di attribuzione, ma valgono
i rimedi previsti dall’ordinamento processuale contabile in cui gli impugnati
atti di giurisdizione si iscrivono».
Alla
stregua di tali criteri l’eccezione non è fondata.
Difatti,
con l’impugnazione della nota del Procuratore regionale di invito al recupero
di somme si lamenta la sua non riconducibilità ai poteri assegnati
dall’ordinamento alla magistratura inquirente; con l’impugnazione degli atti di
contestazione e di citazione ci si duole dell’indebita trasposizione
nell’ambito giurisdizionale dell’attività di controllo travolta ab imis dalla sentenza n. 130 del
2014 di questa Corte, dell’utilizzo di criteri di merito nella verifica di
regolarità delle spese e della violazione dell’immunità dei consiglieri
regionali: in tutti i casi viene, dunque, prospettata l’inesistenza o il palese
sconfinamento dall’ambito del potere giurisdizionale assegnato alla Procura
della Corte dei conti.
6.3.– Quest’ultima ha eccepito l’inammissibilità del primo ricorso per
contraddittorietà della prospettazione di fondo, dal momento che la Regione
ricorrente, dopo avere lamentato l’illegittimità della mera trasposizione
dell’attività di controllo nell’azione di «prosecuzione contabile», avrebbe
ammesso che la trasmissione degli atti dal controllo alla giurisdizione era
avvenuta in relazione a indagini già in corso sulla base di altre fonti
informative.
L’eccezione
è infondata poiché emerge con sufficiente chiarezza che le censure cui essa si
riferisce sono in realtà incentrate sulla presunta influenza determinante
dell’illegittima attività di controllo su quella d’indagine successiva.
6.4.– La Procura regionale ha anche eccepito l’inammissibilità del secondo
ricorso, poiché nei giudizi di responsabilità instaurati con gli atti di
citazione le parti convenute avrebbero manifestato, ante iudicium,
la disponibilità al versamento spontaneo delle somme contestate, pervenendosi,
in due casi, l’adesione alla determinazione degli addebiti individuali, con
conseguente risarcimento spontaneo del danno liquidato.
L’eccezione,
oltre a riguardare già in tesi esclusivamente due dei soggetti raggiunti dagli
atti di citazione impugnati con il ricorso, non è fondata, poiché quand’anche
vi fosse, da parte di tutti i consiglieri regionali, un’accettazione della
responsabilità addebitata, ciò non potrebbe determinare il venire meno del
diverso interesse della Regione all’accertamento della lesione delle sue
competenze costituzionali.
7.– Può passarsi ad esaminare le restanti eccezioni d’inammissibilità
sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato e dalla Procura regionale in
entrambi i giudizi con riferimento a specifici motivi di censura.
7.1.− Non è fondata l’eccezione della Procura contabile di
inammissibilità per tardività del primo motivo del primo ricorso rivolto
avverso la nota del Presidente della sezione regionale di controllo della Corte
dei conti per l’Emilia-Romagna n. 3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione alla
sezione regionale della deliberazione n. 249 di accertamento dell’irregolarità
dei rendiconti dei gruppi consiliari per l’anno 2012.
È noto che
il conflitto di attribuzione deve essere proposto, in forza dell’art. 39,
secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale), nel termine perentorio di 60 giorni
dalla conoscenza degli atti assunti come lesivi.
Nel caso di
specie non vi è la prova che la nota in questione, indirizzata esclusivamente
alla Procura regionale, sia stata conosciuta dalla ricorrente prima
dell’accesso agli atti disposto con la notificazione dei successivi atti di
contestazione di responsabilità e invito a dedurre (in date successive al 5
giugno 2014), con la conseguenza che non vi è la prova che al momento della
proposizione del ricorso (1° agosto 2014) il termine per l’impugnazione fosse
spirato.
7.2.– Non fondata è anche l’eccezione dell’Avvocatura generale dello Stato di
inammissibilità dello stesso motivo per la differente ragione che l’atto
impugnato sarebbe sprovvisto di efficacia esterna e per ciò solo inidoneo a
determinare, anche solo indirettamente, una lesione delle competenze
costituzionali della ricorrente.
La nota in
esame, che si presenta quale tratto terminale e accessorio della funzione di
controllo espletata dalla sezione regionale, è naturaliter
rivolta all’esterno, essendo indirizzata all’organo inquirente della
magistratura contabile, ed è di per sé idonea a innescare il compimento di
un’attività di indagine della Procura: queste caratteristiche conferiscono
all’atto gravato una potenziale capacità lesiva delle prerogative costituzionali
della ricorrente.
8.− È invece fondata l’eccezione dell’Avvocatura generale dello Stato di
inammissibilità del secondo e terzo motivo del primo ricorso rivolti avverso
gli atti di contestazione e invito a dedurre in quanto sprovvisti di idoneità
lesiva.
Questa
Corte ha già osservato che questi atti sono volti «all’acquisizione di
ulteriori elementi, se del caso anche di carattere esimente, in vista delle
conclusive determinazioni che non necessariamente dovranno essere nel senso
dell’inizio dell’azione di responsabilità. Le accennate connotazioni degli atti
oggetto di conflitto, ed in particolare l’assenza di ogni univocità circa
l’ulteriore seguito dell’iniziativa assunta dal Procuratore regionale non
consentono perciò di scorgere in essi quella lesività che il ricorso ritiene,
invece, di individuare […]. L’inidoneità degli atti oggetto di conflitto a
realizzare la lamentata lesione determina l’inammissibilità del ricorso» (sentenza n. 163 del
1997).
L’accoglimento
della eccezione comporta l’assorbimento delle altre rivolte, di fatto, al terzo
motivo del primo ricorso dal Presidente del Consiglio dei ministri e dalla
Procura regionale, rispettivamente, per genericità e inesistenza ictu oculi del lamentato controllo di merito.
9.– Va invece rilevata d’ufficio l’inammissibilità per genericità del terzo
motivo del secondo ricorso, con cui la Regione Emilia-Romagna lamenta che la
Procura della Corte dei conti abbia effettuato, con gli atti di citazione
impugnati, una indebita valutazione del merito delle scelte di spesa dei gruppi
consiliari.
Difatti, a
fronte delle numerose contestazioni mosse dalla Procura regionale ai capigruppo
e ai consiglieri convenuti, la doglianza risulta circostanziata esclusivamente
con riferimento a due addebiti: uno relativo alle spese di missione per
l’inaugurazione di un ex edificio scolastico e l’altro al rimborso di un
biglietto di trasporto pubblico per recarsi a un convegno in altra Regione. Al
di fuori di questi due casi, la ricorrente non ha sviluppato la tesi con
l’esame delle spese di cui la Procura contabile avrebbe valutato il merito,
rendendo così la censura apodittica e priva di concretezza (sentenze n. 263 del
2014; n. 122,
n. 77 e n. 46 del 2013;
n. 246 del 2012;
n. 200 del 2010
e n. 105 del
2009).
Essa è allo
stesso tempo contraddittoria, perché la ricorrente in alcuni passaggi lamenta
che la Procura regionale abbia sindacato il merito delle spese e in altri
contesta la stessa legittimità del controllo di inerenza al mandato
istituzionale, controllo che altrove nello stesso ricorso viene invece assunto
come legittimamente riconducibile all’esercizio dell’attività inquirente, e ciò
a ragione, perché questo controllo si risolve nella verifica della violazione
della normativa sulla contribuzione pubblica ai gruppi consiliari che integra
una species di condotta contra ius,
la quale, laddove causativa di danno erariale, costituisce l’oggetto
dell’accertamento nel giudizio di responsabilità.
10.– Risolte le questioni pregiudiziali nei termini riferiti, l’esame del
merito si restringe alle residue censure rivolte alla nota di trasmissione del
Presidente della sezione regionale di controllo, agli atti di citazione (con
esclusione del motivo attinente al lamentato sconfinamento nel merito) e alla
nota del Procuratore regionale di invito al recupero di somme.
11.– Quanto alla nota di trasmissione della deliberazione n. 249 del 2013, la
Regione Emilia-Romagna, con il primo motivo del primo ricorso, lamenta che essa
comporti un’indebita prosecuzione dell’attività di controllo censurata dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 130 del
2014, ledendo così la sua autonomia organizzativa e contabile.
La censura
è fondata.
Questa
Corte, con la sentenza
n. 29 del 1995, ha affermato la legittimità del raccordo tra le funzioni
della Corte dei conti di controllo sulla gestione e giurisdizionale: «è
incontestabile che il titolare dell’azione di responsabilità possa promuovere
quest’ultima sulla base di una notizia o di un dato acquisito attraverso
l’esercizio dei ricordati poteri istruttori inerenti al controllo sulla
gestione, poiché, una volta cha abbia avuto comunque conoscenza di un’ipotesi
di danno, non può esimersi, ove ne ricorrano tutti i presupposti, dall’attivare
l’azione di responsabilità. Ma i rapporti tra attività giurisdizionale e
controllo sulla gestione debbono arrestarsi a questo punto, poiché si
vanificherebbero illegittimamente gli inviolabili "diritti della difesa”,
garantiti a tutti i cittadini in ogni giudizio dall’art. 24 della Costituzione,
ove le notizie o i dati acquisiti ai sensi delle disposizioni contestate
potessero essere utilizzati anche in sede processuale (acquisizioni che, allo
stato, devono avvenire nell’ambito della procedura prevista dall’art. 5 della
legge n. 19 del 1994)».
Tali
affermazioni, che sono volte ad assicurare il rispetto del principio del
contraddittorio, non possono non valere anche per le notizie o i dati acquisiti
dalla magistratura contabile nell’esercizio di qualsivoglia funzione di
controllo, ivi compresa quella sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali,
che, come questa Corte ha chiarito, «non può non ricomprendere la verifica
dell’attinenza delle spese alle funzioni istituzionali svolte dai gruppi
medesimi, secondo il generale principio contabile, costantemente seguito dalla
Corte dei conti in sede di verifica della regolarità dei rendiconti, della loro
coerenza con le finalità previste dalla legge» (sentenza n. 263 del
2014).
La stessa
ricorrente, del resto, non contesta che l’obbligo di segnalazione discende dai
principi generali e grava sulle sezioni regionali di controllo della Corte dei
conti, laddove emergano fatti idonei a evidenziare una responsabilità
contabile.
Quel che
viene in rilievo, tuttavia, nel caso specifico, è la circostanza che la
segnalazione alla Procura contabile trae origine da un’attività di controllo
che, in quanto travolta dalla successiva sentenza n. 130 del
2014 di questa Corte, è illegittima ex tunc.
Con la
sentenza in parola è stata annullata la deliberazione n. 249 del 2013, di
accertamento dell’irregolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari della
Regione Emilia-Romagna per l’anno 2012, e la presupposta deliberazione
istruttoria n. 234 del 2013, sulla base della considerazione che la relativa
attività di controllo avrebbe potuto essere intrapresa dalla Corte dei conti
solo a partire dall’anno 2013, essendo nel disegno legislativo condizionata
alla previa emanazione dei criteri definiti con le linee guida deliberate dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano e recepite con d.P.C.m.
21 dicembre 2012 (Recepimento delle linee guida sul rendiconto di esercizio
annuale approvato dai gruppi consiliari dei consigli regionali, ai sensi
dell’art. 1, comma 9, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213), pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 28 del 2 febbraio 2013 ed entrato in vigore il 17
febbraio seguente.
La
deliberazione annullata, del resto, conteneva l’ordine alla segreteria di
trasmissione della deliberazione medesima «alla Procura della Repubblica di
Bologna e alla Procura regionale della Corte dei conti di Bologna anche in
relazione alle indagini in corso di rispettiva competenza», ordine che è
rimasto travolto unitamente all’atto che lo conteneva.
La nota di
trasmissione è quindi funzionalmente collegata in maniera indissolubile alla
deliberazione di controllo, sì che l’annullamento della seconda non può che
comportare la caducazione della prima.
12.− Anche con riferimento agli atti di citazione, la ricorrente, con la
seconda censura del secondo ricorso, lamenta, in primo luogo, che essi
sarebbero affetti da invalidità derivata dalla deliberazione di controllo, la
cui trasmissione, ad iniziativa del Presidente della sezione regionale, darebbe
luogo a una non consentita interferenza tra le due fondamentali funzioni della
Corte dei conti. Lo stesso esame degli atti di contestazione e di citazione
mostrerebbe la stretta derivazione dalla deliberazione annullata, di cui
ricalcherebbero la struttura e l’impostazione.
Sebbene,
infine, gli atti di citazione attribuiscano alla documentazione inviata dalla
sezione regionale di controllo la funzione di "integrare” le preesistenti fonti
di informazione della Procura, non vi sarebbe alcun elemento che faccia
ipotizzare l’esistenza di tali informazioni.
In punto di
fatto e con riferimento a tale ultimo aspetto, non è in realtà contestato che
la Procura contabile, già prima della segnalazione del Presidente della sezione
regionale di controllo, avesse avviato delle indagini sulle spese dei gruppi
consiliari sulla base di notizie provenienti dalla stampa.
Quel che
più conta, poi, è che l’attività d’indagine della Procura regionale e le sue
determinazioni finali si fondano non già sulla deliberazione annullata dalla
Corte costituzionale ma sulla documentazione contabile autonomamente acquisita
presso la sezione regionale di controllo con la nota del 13 novembre 2013, documentazione
che era stata trasmessa alla sezione dalla Procura della Repubblica presso il
Tribunale ordinario di Bologna, che, a sua volta, l’aveva acquisita nell’ambito
delle indagini avviate già nel corso del 2012.
La
documentazione in esame, dunque, legittimamente è stata ottenuta dalla Procura
contabile nel rispetto della procedura prevista dall’art. 5, comma 1, del
decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di
giurisdizione e controllo della Corte dei conti), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, e poi
posta a base delle attività di indagine per l’accertamento delle responsabilità
erariali.
L’istruttoria
contabile, in conclusione, non può ritenersi una mera derivazione delle
deliberazioni annullate, il che rende gli atti di citazione insensibili ai vizi
di quest’ultime.
12.1.– La Regione Emilia-Romagna con il primo motivo del secondo ricorso ha poi
lamentato l’illegittimità degli atti di citazione per violazione dell’art. 122,
quarto comma, Cost., che garantisce l’insindacabilità delle opinioni espresse e
dei voti dati dai consiglieri regionali nell’esercizio delle funzioni.
La
ricorrente ha esposto che il Consiglio regionale è dotato di autonomia
contabile e organizzativa e che la disciplina delle spese dei gruppi consiliari
e del relativo controllo era dettata, per l’esercizio 2012, dalla legge della
Regione Emilia-Romagna 8 settembre 1997, n. 32 (Funzionamento dei gruppi
consiliari − Modificazioni alla legge regionale 14 aprile 1995, n. 42).
In base a tale disciplina, prosegue la ricorrente, il rendiconto annuale dei
gruppi doveva essere oggetto di approvazione da parte di un comitato tecnico,
rispetto al cui giudizio l’ufficio di presidenza poteva discostarsi solo con
espressa motivazione.
Gli atti di
approvazione delle spese si sarebbero tradotti in "voti” e "opinioni” sia da
parte dei gruppi che da parte dell’ufficio di presidenza, con la conseguenza
che sarebbero presidiati dall’immunità prevista dall’art. 122, quarto comma,
Cost. a tutela dell’autonomia politica e di
autorganizzazione interna del Consiglio regionale: gli atti di citazione si
sovrapporrebbero illegittimamente a quelli di approvazione, comprimendo
l’autonomia consiliare.
La censura
non è fondata.
Questa
Corte recentemente, proprio con riferimento alla gestione delle somme erogate a
titolo di contributi pubblici ai gruppi consiliari, ha affermato che i
capigruppo dei Consigli regionali, anche se sottratti alla giurisdizione di
conto, «restano assoggettati alla responsabilità amministrativa e contabile
(oltre che penale, ricorrendone i presupposti)» (sentenza n. 107 del
2015).
Questa
affermazione, che va estesa a tutti i consiglieri regionali, non è inficiata
dalla guarentigia invocata, che, in quanto deroga alla regola generale della
giurisdizione (sentenza n. 200 del 2008), «non mira ad assicurare una posizione
di privilegio ai consiglieri regionali, ma a preservare da interferenze e
condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia
costituzionalmente riservata al Consiglio regionale (ex plurimis,
sentenze n. 195
del 2007, n.
392 e n. 391
del 1999)» (sentenza
n. 332 del 2011), e «non copre gli atti non riconducibili ragionevolmente
all’autonomia ed alle esigenze ad essa sottese» (sentenza n. 289 del
1997).
Più in
particolare, già con la sentenza n. 292 del
2001 si è evidenziato come la prerogativa d’insindacabilità in parola non
riguardi l’attività materiale di gestione delle risorse finanziarie, che resta
assoggettata alla ordinaria giurisdizione di responsabilità civile, penale e
contabile, e la conclusione non muta in ragione dell’intervenuta approvazione
dei rendiconti da parte del comitato tecnico (quand’anche composto da
consiglieri regionali) o dall’ufficio di presidenza, poiché il voto dato in
tali sedi rappresenta una ratifica formale di spese già effettuate dai gruppi e
non già un atto deliberativo che ne costituisce ex ante il titolo
giustificativo. Egualmente essa non può mutare in ragione dell’approvazione del
rendiconto generale della Regione nel quale confluiscono quelli dei gruppi
consiliari, poiché anche esso costituisce un mero documento di sintesi ex post
delle risultanze contabili della gestione finanziaria e patrimoniale dell’ente,
e non il titolo legittimante le spese.
Considerato
che il rendiconto generale riguarda ogni attività dell’ente regionale, opinare
diversamente condurrebbe, come correttamente osservato dalla giurisprudenza di
legittimità e della Corte dei conti, al risultato abnorme, e senza dubbio
contrario alla natura eccezionale della guarentigia di cui all’art. 122, quarto
comma, Cost., di delineare un’area di totale
irresponsabilità civile, contabile e penale in favore dei consiglieri
regionali.
Tale
conclusione, peraltro, «comporterebbe, in maniera paradossale e del tutto
ingiustificata, una tutela della insindacabilità delle opinioni dei consiglieri
regionali più ampia di quella apprestata relativamente a quelle dei
parlamentari nazionali» (sentenza n. 235 del
2007), «in contrasto sia con il principio di responsabilità per gli atti
compiuti, che informa l’attività amministrativa (artt. 28 e 113 Cost.), sia con
il principio che riserva alla legge dello Stato la determinazione dei
presupposti (positivi e negativi) della responsabilità penale (art. 25 Cost.)»
(sentenza n. 69 del 1985).
13.– La nota del Procuratore regionale n. 5190 del 9 luglio 2014, indirizzata
al Presidente del Consiglio regionale, di invito al recupero amministrativo di
somme spese irregolarmente, è oggetto dell’ultimo motivo del primo ricorso,
secondo cui essa sarebbe espressione di un potere non attribuito
dall’ordinamento alla Procura contabile e realizzerebbe un’ingerenza
ingiustificata nella sfera di autonomia del Consiglio regionale.
La Procura
regionale ha eccepito che l’atto in questione apparterrebbe alle "buone
pratiche” elaborate ai fini della semplificazione ed effettività dell’esercizio
delle funzioni inquirenti e troverebbe fondamento in una lettura evolutiva del
potere di richiesta di informazioni documentali previsto dall’art. 74 del regio
decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla
Corte dei conti).
In ipotesi
di danni erariali di importo modesto sarebbe prassi diffusa tra gli uffici
inquirenti quella di segnalare alla pubblica amministrazione interessata la
necessità di provvedere al recupero in autotutela, salva la sussistenza di
situazioni legittimanti da documentare con la trasmissione delle relative
prove.
Il motivo è
fondato.
Questa
Corte, con la sentenza
n. 100 del 1995, resa nell’ambito di un giudizio per conflitto di
attribuzione tra la Regione Umbria e la Procura regionale della Corte dei
conti, ha annullato una nota del Procuratore contabile fondata sullo stesso
art. 74, con la quale si era richiesto all’amministrazione «l’attuale
residenza» dei responsabili di documenti istruttori e degli autori di alcune
deliberazioni.
In
quell’occasione si è affermato che, «ai sensi del ricordato art. 74 del regio
decreto n. 1214 del 1934, il Procuratore della Corte dei conti può chiedere in
comunicazione atti e documenti "in possesso” di autorità amministrative, mentre
non può esigere da queste ultime, come avviene con le richieste ora esaminate,
una specifica e ulteriore attività di acquisizione di dati o di notizie»:
quest’ultima, in altri termini, esula dalle facoltà della magistratura
inquirente e per ciò solo incide sull’autonomia organizzativa della Regione.
Le medesime
argomentazioni non possono che valere, a fortiori, in relazione a una richiesta
di svolgimento di un’attività di recupero amministrativo, in danno di soggetti
terzi, di somme spese irregolarmente, senza che peraltro sia intervenuta alcuna
pronuncia giurisdizionale che abbia accertato effettivamente tale irregolarità.
14.– Deve
pertanto concludersi nel senso che: 1) non spettava allo Stato, e per esso al Presidente
della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Regione
Emilia-Romagna, inviare alla Procura regionale la nota n. 3660 del 10 luglio
2013, di trasmissione della deliberazione n. 249 del 2013; 2) non spettava allo
Stato, e per esso alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale
della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, adottare la nota n. 5190 del 9
luglio 2014, di invito del Presidente del Consiglio regionale al recupero di
somme; 3) spettava allo Stato, e per esso alla Procura regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, adottare i
tredici atti di citazione del 3 dicembre 2014 e date successive.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibili il secondo e il
terzo motivo del ricorso iscritto al n. 8 del registro conflitti tra enti 2014,
promosso dalla Regione Emilia-Romagna in relazione agli atti di contestazione
di responsabilità e invito a dedurre del 5 giugno 2014 e date successive, adottati
dalla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti
per l’Emilia-Romagna;
2) dichiara inammissibile il terzo motivo
del ricorso iscritto al n. 1 del registro conflitti tra enti 2015, promosso
dalla Regione Emilia-Romagna in relazione ai tredici atti di citazione, del 3
dicembre 2014 e date successive, adottati dalla Procura regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna;
3) dichiara che non spettava allo Stato, e
per esso al Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei
conti per la Regione Emilia-Romagna, inviare alla Procura regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna la nota n.
3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione della deliberazione n. 249 del 2013;
4) annulla, per l’effetto, la nota di
trasmissione indicata al punto che precede;
5) dichiara che non spettava allo Stato, e
per esso alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte
dei conti per l’Emilia-Romagna, adottare la nota n. 5190 del 9 luglio 2014,
indirizzata al Presidente del Consiglio regionale, di invito al recupero di
somme;
6) annulla, per l’effetto, la nota indicata
al punto che precede;
7) respinge per il resto il ricorso,
dichiarando che spettava alla Procura regionale presso la sezione
giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna adottare i tredici
atti di citazione del 3 dicembre 2014 e date successive.
Così deciso
in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6
ottobre 2015.
F.to:
Alessandro
CRISCUOLO, Presidente
Giancarlo
CORAGGIO, Redattore
Gabriella
Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 19 novembre 2015.