SENTENZA N. 392
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio per conflitto di attribuzione in relazione all'atto di citazione emesso dalla Procura regionale della Corte dei conti per la Lombardia, in data 3 aprile 1997, nei confronti di Zaccaria Francesco ed altri, rispettivamente Presidente del Consiglio regionale e componenti dell'Ufficio di Presidenza nella V Legislatura, per talune deliberazioni di spesa assunte negli anni dal 1992 al 1994, promosso con ricorso della Regione Lombardia, recante istanza di sospensione, notificato il 2 gennaio 1998, depositato in Cancelleria il 13 successivo ed iscritto al n. 4 del registro conflitti 1998.
Udito nell'udienza pubblica del 6 luglio 1999 il Giudice relatore Massimo Vari;
udito l'Avv. Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia.
Ritenuto in fatto
1.¾ Con ricorso notificato il 2 gennaio 1998 (R. confl. n. 4 del 1998) la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione all'atto di citazione, notificato il 7 novembre 1997, con il quale il Procuratore regionale della Corte dei conti per la Lombardia ha convenuto in giudizio, per danno erariale, il Presidente del Consiglio regionale ed i componenti dell'Ufficio di presidenza che avevano approvato talune deliberazioni di spesa (nn. 623, 389 e 690, tutte del 1992 e nn. 833 e 1028, entrambe del 1994), con le quali erano state autorizzate missioni di consiglieri e funzionari regionali in vari Paesi europei ed extra europei.
Secondo la Procura regionale della Corte dei conti non risulterebbe innanzitutto evidenziata l'utilità di tali iniziative; al tempo stesso, mancherebbero "progetti, opere, atti, programmi" in cui risultino trasfuse le cognizioni acquisite ed i contatti commerciali e culturali avuti dai partecipanti; sarebbe, altresì, palese "la mancata acquisizione di cognizioni tecniche o commerciali immediatamente utilizzabili presso la struttura di appartenenza e a favore di imprese operanti nella Regione", come pure l'eccessività della spesa a causa del numero dei partecipanti ai viaggi.
1.1.¾ La ricorrente, sostenendo che l'atto di citazione reca grave pregiudizio all'autonomia costituzionalmente garantita alla Regione ed ai suoi organi, chiede che, previa sospensione dell'atto impugnato, la Corte costituzionale dichiari che non spetta allo Stato, e per esso alla Procura regionale della Corte dei conti, il potere di citare in giudizio, per responsabilità amministrativa, il Presidente del Consiglio regionale ed i componenti pro-tempore dell'Ufficio di presidenza e che, di conseguenza, annulli il medesimo atto di citazione.
1.2.¾ A sostegno delle proprie doglianze la Regione Lombardia deduce, in primo luogo, la invasione della sfera di autonomia ad essa costituzionalmente garantita dagli artt. 5, 117, 118, 119, 121, 122, quarto comma, e 123 della Costituzione, in relazione alla legge 22 maggio 1971, n. 339 (Approvazione, ai sensi dell'art. 123, comma secondo, della Costituzione, dello Statuto della Regione Lombardia) ed alla legge 6 dicembre 1973, n. 853 (Autonomia contabile e funzionale dei Consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario), nonché il difetto assoluto di giurisdizione della Corte dei conti.
Sulla base dell'autonomia contabile e funzionale, di cui l'organo consiliare godrebbe non solo nell'ambito dei rapporti interorganici regionali, ma altresì con riguardo ai rapporti intersoggettivi con lo Stato, la Regione sostiene che non spetta alla magistratura contabile di ingerirsi nell'autorganizzazione del Consiglio regionale, come pure di sottoporre a sindacato di ragionevolezza o di opportunità le deliberazioni di spese concernenti le esigenze funzionali del Consiglio medesimo.
Precisato, altresì, che fra le funzioni coperte da insindacabilità sono ricomprese quelle relative alla amministrazione e gestione dei fondi di bilancio intestati alla Presidenza del Consiglio regionale, in relazione ad attività legate all'espletamento del mandato rappresentativo, il ricorso osserva che l'art. 4, terzo comma, della legge statale 6 dicembre 1973, n. 853, ha escluso dal controllo di legittimità, previsto dall'art. 125 della Costituzione, gli atti relativi, tra l'altro, alle spese per le indennità di missione spettanti ai componenti del Consiglio regionale.
Donde la conclusione che le deliberazioni concernenti queste ultime spese atterrebbero, senz'altro, a quel nucleo essenziale delle funzioni consiliari da ritenere sindacabile soltanto dalla stessa assemblea consiliare e nei casi stabiliti dai regolamenti interni.
1.3.¾ Anche sotto un ulteriore profilo la Regione Lombardia denuncia la lesione delle sue attribuzioni, lamentando, in particolare, la violazione degli artt. 5, 118 e 122 della Costituzione, in relazione alla legge 6 dicembre 1973, n. 953 (recte: n. 853), nonché il correlato difetto assoluto di giurisdizione della Corte dei conti.
Secondo la ricorrente le contestazioni della Procura regionale involgerebbero valutazioni di merito, e non di legittimità, in quanto sarebbero attinenti all'"utilità" delle autorizzazioni di spesa deliberate dall'Ufficio di presidenza, così trascurando che ogni apprezzamento circa il valore politico delle manifestazioni internazionali, cui il Consiglio intende partecipare, rientra nella sfera delle valutazioni di discrezionalità politica spettanti a detto organo.
L'iniziativa della stessa Procura, ponendosi in evidente controtendenza rispetto all'evoluzione in senso autonomistico dell'ordinamento statale, risulterebbe, perciò, nella pretesa di valutare l'utilità di atti interni del Consiglio regionale, lesiva sia dell'autonomia amministrativa della Regione sia dell'autonomia funzionale del suo massimo organo politico-rappresentativo.
1.4.¾ Nelle more della pronuncia di merito, la ricorrente chiede alla Corte "l'immediata sospensione" dell'atto di citazione impugnato, adducendo che l'iniziativa della Procura regionale sarebbe fonte di gravi danni alla Regione.
2.¾ Con successiva memoria, depositata nell'imminenza dell'udienza, la ricorrente insiste per l'accoglimento del ricorso, rilevando che, in base alla giurisprudenza costituzionale, anche le attività svolte dai consiglieri regionali nelle articolazioni interne del Consiglio, tra le quali va ricompreso l'Ufficio di presidenza, devono essere considerate coperte dall'insindacabilità di cui all'art. 122, quarto comma, della Costituzione.
In proposito la ricorrente richiama quella giurisprudenza secondo la quale l'insindacabilità stessa concerne non solo l'esercizio della funzione legislativa, di indirizzo politico e di autorganizzazione interna, ma si estende, altresì, alla funzione amministrativa, ove attribuita al Consiglio regionale, in via immediata ed esclusiva, dalla Costituzione e da leggi dello Stato; tale principio sarebbe applicabile nel caso di specie, in quanto la gestione dei fondi di bilancio intestati alla Presidenza del Consiglio regionale è disciplinata dalla legge statale n. 853 del 1973.
Nel rammentare che la stessa Corte costituzionale ha, recentemente (cfr. sentenza n. 289 del 1997), precisato che le spese indicate nella menzionata legge n. 853 del 1973, in quanto riconducibili alla previsione dell'art. 122, quarto comma, della Costituzione, non sono soggette al sindacato del giudice contabile, la memoria osserva che, con le deliberazioni di spesa per indennità di missione legate a viaggi-studio all'estero, l'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale ha operato scelte mirate ad elevare le cognizioni culturali dei propri componenti, contribuendo a migliorare le condizioni per l'espletamento del mandato rappresentativo.
2.1.¾ Osservato, altresì, che l'atto impugnato, nella pretesa di esercitare un controllo sulle spese di cui alla legge n. 853 del 1973, finisce per violare il principio di autonomia contabile e funzionale dei Consigli regionali, la memoria si sofferma, contestandone la legittimità, sulle modalità di esercizio del sindacato giurisdizionale da parte della Corte dei conti, con specifico riguardo ad alcuni passaggi dell'atto di citazione che sarebbero, comunque, lesivi, oltre che dell'immunità dei consiglieri, anche della discrezionalità politica dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.
In particolare sono richiamati i ripetuti riferimenti che il Procuratore regionale fa all'utilità dei viaggi, con rilievi che, concernendo la mera opportunità delle iniziative, si risolvono in un vero e proprio sindacato di merito sulle scelte discrezionali, che, escluso anche dall'art. 1 della legge n. 20 del 1994, sarebbe in evidente contrasto con i principi dell'ordinamento in tema di autonomia funzionale ed amministrativa dei Consigli regionali.
3.¾ All'udienza pubblica del 6 luglio 1999, la difesa della Regione ricorrente ¾ nel depositare copia dell'ordinanza 10 aprile 1998 con la quale, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione in epigrafe, il Presidente della Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti per la Lombardia ha sospeso il giudizio di responsabilità, promosso con l'atto di citazione impugnato ¾ ha dichiarato di non insistere nella richiesta di sospensiva.
Considerato in diritto
1.¾ La Regione Lombardia solleva conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione all'atto di citazione con il quale il Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Lombardia ha convenuto in giudizio il Presidente del Consiglio regionale ed alcuni componenti dell'Ufficio di presidenza per aver autorizzato, con talune delibere di spesa assunte nel periodo dal 1992 al 1994, missioni all'estero di consiglieri e funzionari regionali.
Secondo le contestazioni mosse dalla Procura regionale le predette delibere sarebbero fonte di danno all'erario in quanto non risulterebbe, innanzitutto, evidenziata l'utilità di tali iniziative; al tempo stesso mancherebbero "progetti, opere, atti, programmi" in cui risultino trasfuse le cognizioni acquisite e i contatti commerciali e culturali avuti dai partecipanti; sarebbe, altresì, palese "la mancata acquisizione di cognizioni tecniche o commerciali immediatamente utilizzabili presso la struttura di appartenenza e a favore di imprese operanti nella Regione", come pure l'eccessività della spesa a causa del numero dei partecipanti ai viaggi.
2.¾ Deduce, dal canto suo, la Regione Lombardia che l'atto in parola sarebbe lesivo della sfera di autonomia ad essa costituzionalmente garantita:
¾ dagli artt. 5, 117, 118, 119, 121, 122, quarto comma, e 123 della Costituzione, in relazione alla legge 22 maggio 1971, n. 339 (Approvazione, ai sensi dell'art. 123, comma secondo, della Costituzione, dello Statuto della Regione Lombardia) ed alla legge 6 dicembre 1973, n. 853 (Autonomia contabile e funzionale dei Consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario), atteso che fra le funzioni coperte da immunità sono comprese quelle relative all'amministrazione ed alla gestione di fondi intestati alla Presidenza del Consiglio regionale, in relazione ad "attività legate strettamente all'esplicazione del mandato rappresentativo" e, quindi, non ricadenti sotto la giurisdizione contabile;
¾ dagli artt. 5, 118 e 122 della Costituzione, in relazione alla menzionata legge 6 dicembre 1973, n. 853, in quanto le contestazioni rivolte in sede contabile involgono valutazioni di merito rientranti nella discrezionalità politica del Consiglio, in ordine alle quali sussiste, anche in relazione a quanto previsto dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), difetto assoluto di giurisdizione da parte della Corte dei conti.
3.¾ Il ricorso va accolto, essendo fondato su ragioni che, alla luce degli indirizzi della giurisprudenza costituzionale richiamati dalla stessa ricorrente, non possono non essere condivise.
Secondo l'orientamento che questa Corte ha già avuto occasione di manifestare sin dalla sentenza n. 81 del 1975, e di ribadire più di recente con la sentenza n. 289 del 1997, l'immunità prevista dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione attiene alla particolare natura delle attribuzioni del Consiglio regionale, che costituiscono esplicazione di autonomia costituzionalmente garantita, risultando "in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in parte dalle altre fonti normative cui la prima rinvia". Anche alla luce di tale giurisprudenza (per cui vedi, altresì, sentenze nn. 69 e 70 del 1985) è da ritenere che il nucleo caratterizzante delle predette attribuzioni, quale definito dall'art. 121, secondo comma, della Costituzione, ricomprenda non solo le funzioni legislative e regolamentari, di indirizzo politico, di controllo e di autorganizzazione, ma anche quelle di amministrazione attiva, quando siano assegnate all'organo in via diretta ed immediata dalle leggi dello Stato.
Peraltro, quanto al presupposto sistematico della disposizione sull'immunità, la Corte ha già avuto occasione di precisare che, pur rinvenendosi il criterio di delimitazione della insindacabilità dei consiglieri regionali nella fonte attributiva della funzione, e non nella forma degli atti, ciò non significa che l'immunità sia diretta ad assicurare una posizione di privilegio per i consiglieri regionali, giacché essa si giustifica solo in quanto vale a preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia propria dell'organo (cfr. la già menzionata sentenza n. 289 del 1997).
4.¾ Da detti principi va fatta discendere la soluzione del caso in esame, considerando che, a salvaguardia dell'autonomia contabile e funzionale dei Consigli regionali, la legge n. 853 del 1973 ha previsto, da un lato, che, "per le esigenze funzionali" di detti organi, siano istituiti nel bilancio della Regione appositi capitoli di spesa tra i quali sono ricompresi espressamente anche quelli per le indennità di missione, come pure per convegni, studi e ricerche, mentre ha escluso, dall'altro, che gli atti amministrativi e di gestione dei fondi siano soggetti ai controlli ex art. 125, primo comma, della Costituzione (vedi legge n. 853 del 1973, artt. 1, 2 e 4, terzo comma).
Il che comporta la riconducibilità all'art. 122, quarto comma, della Costituzione delle opinioni espresse e dei voti dati dai consiglieri regionali nell'ambito delle attività di gestione dei fondi stanziati in bilancio per le esigenze di cui sopra, con la doverosa precisazione, peraltro, che non si tratta di una immunità assoluta, in quanto essa non copre gli atti non riconducibili, secondo ragionevolezza, all'autonomia ed alle esigenze ad essa sottese (v. sentenza n. 289 del 1997, già citata).
L’addebito rivolto ai componenti dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale non è formulato, tuttavia, in termini di estraneità o, comunque, di non riconducibilità, alla stregua di un criterio di ragionevolezza, dell’autorizzazione dei viaggi all’autonomia funzionale del Consiglio regionale (così come desunta dagli artt. 121 e 122 della Costituzione). L’addebito della Procura regionale della Corte dei conti è essenzialmente imperniato, invece, su valutazioni negative in ordine all’utilità, alla proficuità o, addirittura, alla ricaduta pratica concreta dei suddetti viaggi, con apprezzamenti riferibili al merito delle spese e, pertanto, non idonei ad essere elevati a criterio di verificazione della riconducibilità o meno delle spese stesse al suddetto principio di autonomia.
Per i motivi sopra indicati la partecipazione all'adozione delle delibere oggetto del giudizio promosso dal Procuratore regionale della Corte dei conti ¾ delibere concernenti spese per missioni, rientranti come tali tra quelle contemplate dalla predetta legge n. 853 del 1973 ¾ non è suscettibile di sindacato da parte del giudice contabile.
5.¾ Per le esposte considerazioni, assorbito ogni altro motivo, il ricorso va accolto.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spetta allo Stato, e per esso alla Procura regionale della Corte dei conti per la Lombardia, di convenire in giudizio per responsabilità, con l'atto di citazione in epigrafe indicato, il Presidente del Consiglio regionale della Lombardia ed i componenti pro-tempore dell'Ufficio di presidenza di detto Consiglio e, di conseguenza, annulla l'atto di citazione medesimo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 ottobre 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1999.