SENTENZA N. 69
ANNO 1985
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Abruzzo, notificato il 17 luglio 1981, depositato in cancelleria il 24 successivo ed iscritto al n. 34 del registro 1981, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell'apertura, da parte della Procura della Repubblica de L'Aquila, di un procedimento penale nei confronti di componenti del Consiglio regionale.
Udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1984 il Giudice relatore Alberto Malagugini;
udito l'avv. Giancarlo Perone per la Regione Abruzzo.
Ritenuto in fatto
1. - In esecuzione di indagini delegate dalla locale Procura della Repubblica, il Comandante del Nucleo P.G. de L'Aquila chiedeva alla Presidenza del Consiglio Regionale d'Abruzzo, con nota n. 59/3 del 20 maggio 1981, "di voler comunicare i nominativi dei consiglieri regionali della 5 Commissione Affari Sociali, che hanno preso parte alla seduta tenuta dalla predetta Commissione il 4 dicembre 1980, trasmettendo copia del parere espresso in quella sede in merito alla richiesta di convenzionamento avanzata dal Laboratorio di analisi "Sanitas" di Baldinetti Maria Teresa e copia di tutti gli interventi fatti in quella sede dai consiglieri presenti". Sollecitato a chiarire le ragioni e le finalità della richiesta, il medesimo Comandante del Nucleo P. G., con nota n. 53/9-I del 19 giugno 1981 comunicava che "La richiesta é in relazione al procedimento penale n. 129/81 reg. Gen. "A" della Procura della Repubblica de L'Aquila, contro il consigliere regionale Galluppi Fernando più cinque per interesse privato in atti d'ufficio".
Su conforme delibera dell'Ufficio di Presidenza del consiglio regionale, il Presidente della Giunta regionale sollevava, con ricorso del 16 luglio 1981, conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato, assumendo che con l'instaurazione di un procedimento penale da parte della Procura della Repubblica e con le predette note del Comandante del Nucleo P. G. era stata invasa la sfera di competenza costituzionale della regione garantita dall'art. 122 Cost. e dall'art. 20 St. reg., e chiedendo conseguentemente l'annullamento di tutti gli atti del procedimento e di quelli di P. G. emessi nel corso di esso, in quanto "aventi ad oggetto il Consigliere regionale Galluppi Fernando, ed, eventualmente, altri consiglieri regionali, in riferimento alle opinioni espresse e ai voti dati nell'esercizio delle funzioni consiliari".
Pur non essendo chiaro l'oggetto del procedimento - osservava la Regione - esso certamente investe "opinioni espresse" e "voti dati" da membri del Consiglio regionale "nell'esercizio delle loro funzioni", dei quali costoro "non possono essere chiamati a rispondere" (art. 122 Cost.). A sostegno del ricorso, la Regione richiamava l'analogo caso deciso con la sentenza n. 81 del 1975, nella quale la Corte ha precisato che l'irresponsabilità garantita da detta norma, a tutela delle funzioni riservate al Consiglio Regionale, mentre non copre l'attività amministrativa della Giunta regionale, "comprende certamente le opinioni e i voti manifestati nell'esercizio delle funzioni spettanti al Consiglio", anche quando le deliberazioni consiliari assumono forma amministrativa. Anche nel caso di specie, quindi, la Corte dovrebbe dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria (Procura della Repubblica de L'Aquila) ad accertare la penale responsabilità dei consiglieri regionali, nonché il difetto di attribuzioni della Polizia giudiziaria.
Il ricorso é stato notificato al Presidente del Consiglio dei ministri il 17 luglio 1981 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 24 luglio 1981.
Il Presidente del Consiglio dei ministri non si é costituito.
La causa, discussa all'udienza del 15 maggio 1984, veniva rinviata a nuovo ruolo a seguito del decesso del giudice costituzionale Arnaldo Maccarone e quindi nuovamente discussa all'udienza del 12 dicembre 1984.
Nell'imminenza delle predette udienze, la Regione Abruzzo depositava memorie aggiunte, nelle quali si diffondeva in particolare nella confutazione della tesi secondo cui l'irresponsabilità ex art. 122, quarto comma, Cost. non coprirebbe le opinioni espresse ed i voti dati dai consiglieri regionali nell'esercizio di attività amministrativa (quale, appunto, il parere espresso dalla V Commissione consiliare nella citata seduta). Ad avviso della Regione, una siffatta limitazione confliggerebbe, sia con l'ampia formulazione letterale della norma, sia con la sua ratio, essendo essa - come quella parallela di cui all'art. 68, primo comma, Cost. - volta a garantire l'autonomia politica e l'indipendenza funzionale delle Assemblee regionali per quel che di essenziale accomuna le opinioni espresse ed i voti dati dai loro componenti, e cioé la politicità del loro processo formativo. D'altra parte, non solo é talvolta difficile - come ad es. in materia di approvazione di bilanci - distinguere in concreto tra attività legislativa ed amministrativa, ma quest'ultima, nell'esercizio di chi ne é titolare, si ricollega strumentalmente alla prima. Con la limitazione in discorso, perciò, verrebbe compromessa la tutela della stessa attività legislativa, giacché si demanderebbe al giudizio di un organo esterno un inammissibile sindacato sul suo ambito e sui suoi limiti. L'attuale sistema, basato sulla coincidenza tra competenza legislativa ed amministrativa, consentirebbe del resto alla Regione di regolare la stessa materia indifferentemente o con legge o con atto amministrativo: e quindi, distinguendo, si giungerebbe al risultato paradossale di ancorare a meri accorgimenti formali la sussistenza o meno della guarentigia in questione.
Nel caso di specie occorrerebbe inoltre, ad avviso della Regione, tener conto del particolare carattere del reato ipotizzato (interesse privato in atti d'ufficio). Poiché rispetto a questo l'atto penalmente illecito viene ad identificarsi con l'atto stesso di esercizio delle funzioni, l'indagine giudiziaria sulla sua eventuale illeceità si concreterebbe nel sindacare quale autentica motivazione abbia guidato l'orientamento del suo autore e darebbe luogo quindi ad un'ingerenza indebita nei confronti dei componenti di un organo politico. Sugli atti in questione perciò - concludeva la Regione - non potrebbe esercitarsi un sindacato giudiziario, ed essi sarebbero suscettibili solo del controllo politico diffuso.
La Regione allegava poi taluni atti del procedimento in relazione al quale é stato sollevato il conflitto di attribuzioni dai quali risulta: 1) che al consigliere regionale Galluppi Fernando era addebitato di avere, in concorso con altre cinque persone, preso interesse privato nella emissione - da parte della V Commissione consiliare da lui stesso presieduta - del parere favorevole al convenzionamento con enti mutualistici del laboratorio di analisi cliniche "Sanitas s.n.c.": e ciò avvalendosi dell'atto simulato con cui in precedenza il capitale sociale era stato dai tre soci effettivi (tra cui lo stesso Galluppi) fittiziamente ceduto a taluni loro congiunti; 2) che il Galluppi aveva altresì partecipato quale consigliere alla delibera con cui il Consiglio regionale aveva ammesso detta società al preconvenzionamento con taluni enti mutualistici: 3) che in esito all'istruttoria, sulla richiesta di rinvio a giudizio del P. M., il G. I. aveva prosciolto il Galluppi in quanto persona non punibile ai sensi dell'art. 122, quarto comma, Cost. ed i coimputati per non aver commesso il fatto. A tale conclusione il G. I. pervenne richiamando la sentenza n. 81/75 della Corte e nella considerazione che la lettera della norma costituzionale non consente di distinguere tra l'attività politica e legislativa e l'attività amministrativa svolta dai Consigli regionali e dagli organi (commissioni, comitati od altro) che ne siano diretta emanazione, e che anche per queste ultime sussiste l'interesse pubblico ad una piena libertà delle discussioni.
Tale decisione fu impugnata dal P. M., il quale osservò: 1) che la guarentigia dell'irresponsabilità fu prevista e voluta dal Costituente solo per le funzioni di rilievo costituzionale, politico e legislativo, dei consiglieri regionali; 2) che l'art. 121 Cost. non fa esplicito riferimento a competenze di natura amministrativa - salvo quelle regolamentari - del Consiglio regionale, e le attribuisce invece, tendenzialmente, alla Giunta; 3) che esse, anzi, vanno normalmente delegate agli enti locali (art. 118, terzo comma, Cost.); 4) che trovando l'attribuzione di funzioni amministrative ai Consigli la propria fonte non nella Costituzione, ma negli Statuti, la sfera dell'irresponsabilità verrebbe a variare da regione a regione a seconda della forma di governo (a tendenza più o meno assembleare) adottata da ciascuno di essi; 5) che la citata sentenza 81/75 ritenne sussistente la guarentigia sol perché nella fattispecie considerata, si verteva in una materia - stato giuridico dei consiglieri regionali - funzionalmente propria del Consiglio.
La tesi del P. M. fu condivisa dalla Sezione istruttoria che, con sentenza del 7 giugno 1983, dispose il rinvio a giudizio del Galluppi.
La Regione precisava poi che l'autorizzazione preventiva al convenzionamento con enti mutualistici veniva rilasciata se conforme allo schema di convenzione vigente in sede nazionale e rientrava nella competenza del Consiglio (su Proposta della Giunta e previo parere della V Commissione consiliare) in quanto ad esso attribuita dall'art. 15 L. R. 31 agosto 1978, n. 53. Ad avviso della ricorrente, tale attribuzione si giustifica in quanto trattasi di una funzione di tipo programmatico e di indirizzo (art. 31 St.).
Considerato in diritto
1. - Con il ricorso in data 16 luglio 1981, la Regione Abruzzo ha chiesto che la Corte dichiari il difetto assoluto di giurisdizione dell'Autorità giudiziaria a procedere per l'accertamento dell’eventuale responsabilità penale del consigliere regionale Galluppi Fernando per quanto attiene all’approvazione del parere espresso il 4 dicembre 1980 dalla V Commissione del Consiglio regionale, da lui stesso presieduta, nonché - come verrà documentato dalla difesa della Regione nel corso del giudizio - della conseguente conforme deliberazione, adottata il 13 gennaio 1981, dal Consiglio regionale; provvedimenti aventi entrambi ad oggetto l'ammissione al convenzionamento preventivo con enti mutualistici di un laboratorio privato di analisi. A carico del consigliere Galluppi viene ipotizzato, a titolo di concorso (art. 110 del codice penale), il delitto di interesse privato in atti di ufficio (art. 324 del codice penale).
Secondo l'assunto della Regione, poiché la condotta in tal modo incriminata consisterebbe nei voti dati dal Galluppi nelle due occasioni ricordate, e quindi, sicuramente, nell'esercizio di sue funzioni di consigliere regionale, di quei voti egli non può essere chiamato a rispondere, in forza dell'art. 122, quarto comma, Cost..
Sull'ambito di operatività della guarentigia apprestata da questo disposto costituzionale (diversamente inteso, nell'ambito del procedimento penale che qui viene in considerazione, dal Giudice istruttore, da un lato, e dal pubblico ministero nonché dalla Sezione istruttoria presso la Corte di Appello de L'Aquila, dall'altro), la Corte é, dunque, ancora una volta, chiamata a pronunciarsi.
2. - Con la sentenza n. 81 del 1975 - ripetutamente richiamata dalla Regione ricorrente - questa Corte ha ricollegato la "eccezionale deroga" all'attuazione della potestà punitiva dello Stato, di cui all'art. 122, quarto comma, Cost., alla particolare natura delle attribuzioni del Consiglio regionale, "esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite" (ma non "a livello di sovranità") attraverso l'esercizio di funzioni "in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in parte dalle altre fonti normative cui la prima rinvia".
Dopo aver espressamente menzionato - quali funzioni di maggiore spicco - la funzione legislativa e quella di indirizzo politico, la Corte ha risolto a favore della Regione il conflitto di attribuzioni allora sottopostole sull'assunto che "la forma amministrativa che connota le deliberazioni consiliari non valga ad escludere l'irresponsabilità di coloro che le adottarono nell'esercizio di competenze spettanti al consiglio". Di qui il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria, dichiarato nella specie con riferimento a delibere consiliari se pur "in forma amministrativa", ritenute "connesse allo stato giuridico dei consiglieri regionali" (stipula di contratti di assicurazione).
3. - La ratio decidendi della pronuncia del 1975, rapportata al caso deciso, non implicava un’affermazione generale d’insindacabilità in riferimento a qualsiasi atto consiliare in forma amministrativa, bensì, più specificamente, l'insufficienza della "forma amministrativa" dell'atto ai fini di escludere la guarentigia per atti attinenti allo stato giuridico dei consiglieri, e in definitiva all'autoorganizzazione del Consiglio stesso.
L'affermazione dell’insindacabilità delle opinioni e dei voti dei consiglieri regionali nell'esercizio della funzione di organizzazione interna dell'organo non fa che sviluppare coerentemente il parallelismo con le guarentigie dei membri del Parlamento, di cui all'art. 68, primo comma, Cost. in relazione al nucleo essenziale comune e caratterizzante delle funzioni degli organi "rappresentativi" dello Stato e delle Regioni: accanto alla funzione primaria, quella legislativa, ed alla funzione d’indirizzo politico e di controllo, la funzione di autoorganizzazione interna, pacificamente riconosciuta al Consiglio regionale al pari che ai due rami del Parlamento.
4. - Invero la guarentigia "delle opinioni espresse e dei voti dati" dai consiglieri regionali, nel sistema costituzionale, trae fondamento e trova il suo ambito in un determinato modello di funzioni dei Consigli regionali, ritenuto meritevole e bisognoso della tutela privilegiata apprestata dall'art. 122, quarto comma, Cost.. L'esonero da responsabilità dei componenti dell'organo (sulla scia di consolidate giustificazioni dell'immunità parlamentare) é vista funzionale alla tutela delle più elevate funzioni di rappresentanza politica, in primis la funzione legislativa, volendosi garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero processo di formazione della volontà politica.
La giustificazione razionale della guarentigia poggia, pertanto, sulla corrispondenza fra il livello costituzionale della guarentigia stessa, ed il livello costituzionale del tipo di funzioni il cui esercizio si é eccezionalmente ritenuto opportuno sottrarre al controllo giudiziario. Quello che la Costituzione ha inteso proteggere, con disposizioni derogatorie rispetto al comune regime di responsabilità, é un modello funzionale che essa stessa ha delineato ed appunto perciò ha potuto valutare meritevole dell'eccezionale protezione.
5. - Funzioni di amministrazione attiva sono viste, in via di principio, estranee al nucleo caratterizzante delle funzioni consiliari. "L'organo esecutivo delle Regioni" é la Giunta (art. 121, terzo comma, Cost.) ed é il Presidente della Giunta che "dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alle Regioni" (art. cit., quarto comma), mentre le funzioni amministrative proprie la Regione le "esercita normalmente" "delegandole alle Province, ai Comuni e ad altri enti locali o valendosi dei loro uffici" (art. 118, ultimo comma, Cost.). Le funzioni amministrative delle Regioni, nella previsione costituzionale, sono affidate in via generale non al Consiglio, ma a soggetti diversi e responsabili. Appunto per questo il campo problematico dell'interpretazione dell’immunità consiliare é costituito da funzioni amministrative, fuoriuscenti dal nucleo essenziale sopra richiamato.
Vero é che, come per il Parlamento, così per i Consigli regionali le funzioni costituzionalmente previste non si esauriscono in quella legislativa. Accanto alla potestà legislativa, d’indirizzo, di controllo e regolamentare riservate alle Regioni, il Consiglio regionale esercita (art. 121, secondo comma, Cost.) "le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi". (Un possibile esempio é il riesame affidato al Consiglio di atti della Regione sui quali fosse stato esercitato controllo eventuale di merito ai sensi dell'art. 125, primo comma, Cost.). É questo il modello funzionale, che la disposizione sull'immunità ha per presupposto sistematico, nel senso che con la guarentigia in esame si é voluto garantire il libero esercizio delle funzioni tipiche ed esclusive riservate al Consiglio regionale, differenziando, per questo, la posizione dei consiglieri regionali da quella dei componenti di tutti gli altri organi investiti di funzioni ovviamente diverse.
L'ampliamento della portata dell'immunità risultante dall'ampliamento, rispetto al modello costituzionale, delle funzioni riservate al Consiglio regionale può essere operato, ove consentito, soltanto con legge dello Stato, perché soltanto il legislatore statale può assicurare, come é costituzionalmente necessario, un’uguale protezione ai consiglieri di tutte le Regioni nell'esercizio delle medesime funzioni e perché soltanto una sua scelta sarebbe conforme al principio di legalità che regge compiutamente il sistema Penale.
6. - Nessuna influenza, rispetto all’estensione dell'immunità, può invece essere riconosciuta nel caso di funzioni amministrative del Consiglio regionale che (come nella specie) abbiano fondamento in normative di fonte regionale, compresi gli statuti.
La possibile inserzione dei Consigli regionali in funzioni di amministrazione attiva, corrisponde ad un modello più o meno accentuatamente "assembleare" del governo regionale, che diversi statuti hanno fatto proprio, e che é di per se sicuramente compatibile con le norme costituzionali. Ma altro é la distribuzione delle funzioni amministrative tra i propri organi ovvero ad enti locali che la Regione, nell'ambito della propria autonomia, può certamente operare, altro é pretendere che l'attribuzione meramente eventuale di siffatte funzioni al Consiglio regionale renda i componenti di quest'organo irresponsabili anche per l'esercizio di esse. Una ipotesi del genere é estranea al modello funzionale previsto dal costituente e un'interpretazione dell'immunità, che ne faccia il riflesso automatico di qualsiasi attribuzione di funzioni amministrative al Consiglio regionale, in base a normative regionali, avrebbe implicazioni paradossali: le Regioni con il semplice trasferire sul Consiglio date funzioni amministrative, ne porrebbero l'esercizio al riparo da qualsiasi responsabilità, sostituendo soggetti "immuni" ai soggetti in via generale titolari - e responsabili - per la funzione amministrativa.
Si tratta, a tutta evidenza, d’implicazioni non volute dai costituenti: in contrasto sia con il principio di responsabilità per gli atti compiuti, che informa l'attività amministrativa (artt. 28 e 113 Cost.), sia con il principio che riserva alla legge dello Stato la determinazione dei presupposti (positivi e negativi) della responsabilità penale (art. 25 Cost.).
L'interpretazione razionale dell'art. 122, quarto comma, all'interno del sistema costituzionale, conduce pertanto ad escludere che la portata dell’immunità possa essere estesa sulla base di atti della Regione. Ciò si risolverebbe infatti nel consentire al Consiglio regionale la possibilità di predeterminare l’irresponsabilità dei propri membri nell'esercizio di determinate funzioni amministrative (potendosi così configurare diversamente, da regione a regione, l'area delle condotte immuni) il tutto in palese contraddizione con i principi portanti dell'ordine giuridico.
7. - Riassumendo, il criterio di delimitazione dell'immunità consiliare non sta nella forma amministrativa degli atti (in ciò resta valida la motivazione della sentenza n 81/75) bensì nella fonte attributiva delle funzioni stesse. Sono coperte dall'immunità le funzioni amministrative attribuite al Consiglio regionale in via immediata ed esclusiva dalla Costituzione e da leggi dello Stato. Non sono, per contro, coperte dall’immunità eventuali altre funzioni amministrative, attribuite al Consiglio dalla normativa regionale, non essendo concepibile tra l'altro che il limite della potestà punitiva sia segnato, invece che dalla legge dello Stato da atti della Regione.
Il criterio qui precisato appresta al Consiglio adeguate garanzie contro intrusioni indebite.
In ogni caso, di fronte a sconfinamenti dell’autorità giudiziaria nell'area coperta dall'immunità, resta ovviamente il rimedio già sperimentato del conflitto di attribuzioni dinanzi a questa Corte.
Ed anche nell'ambito funzionale fuoriuscente dall'immunità, per quanto riguarda in particolare la responsabilità penale, resta ovviamente impregiudicata la rilevanza dei principi legali e costituzionali (legalità e tipicità dell'illecito penale, ecc.) che delimitano in via generale il controllo giudiziario penale sull'attività, e in particolare sulla discrezionalità amministrativa.
8. - Applicando i suesposti principi al caso di specie se ne deduce che per i voti dati, dapprima in una fase preparatoria e consultiva del procedimento e quindi nella sede deliberativa consiliare, nell'esercizio di funzioni amministrative (di amministrazione attiva) devolute al Consiglio della Regione Abruzzo dalla legge regionale (l. r. n. 53 del 1978, art. 15) i Consiglieri non sono assistiti dalla guarentigia di cui all'art. 122, quarto comma, Cost..
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta agli organi giurisdizionali dello Stato procedere per l'accertamento dell’eventuale responsabilità penale dei consiglieri della Regione Abruzzo per i voti dati con l'approvazione del parere, favorevole all'ammissione al preconvenzionamento con enti mutualistici della s.n.c. Sanitas di Lanciano, espresso dalla V Commissione Consiliare nella seduta del 4 dicembre 1980 nonché con l'approvazione della conforme deliberazione adottata, sul medesimo oggetto, dal Consiglio regionale dell'Abruzzo nella seduta del 13 gennaio 1981.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 1985.
Leopoldo ELIA - Alberto MALAGUGINI
Depositata in cancelleria il 20 marzo 1985.