SENTENZA N. 252
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta
dai signori:
-
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
- Giuliano AMATO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi per conflitti di
attribuzione tra enti sorti a seguito del decreto di sequestro n.
0002941-17/10/2012-PR_BZ-U15-P adottato dalla Procura regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Trentino-Alto Adige, sede
di Bolzano, il 17 ottobre 2012, e della richiesta di documentazione n.
0000457-22/02/2013-PR_BZ-U15-P, adottata dalla stessa Procura regionale presso
la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Trentino-Alto Adige,
sede di Bolzano, il 21 febbraio 2013, promossi dalla Provincia autonoma di
Bolzano con ricorsi notificati il 17 dicembre 2012 ed il 22 aprile 2013,
depositati in cancelleria il 21 dicembre 2012 ed il 29 aprile 2013 ed iscritti
al n. 16 del registro conflitti tra enti 2012 ed al n. 4 del registro conflitti
tra enti 2013.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del
Consiglio dei ministri e della Procura regionale presso la sezione
giurisdizionale della Corte dei conti per il Trentino-Alto Adige, sede di
Bolzano;
udito nell’udienza pubblica del 24 settembre 2013 il
Giudice relatore Sergio Mattarella;
uditi gli avvocati Luigi Manzi e Carola Pagliarin per la Provincia autonoma di Bolzano, il
procuratore regionale Robert Schülmers per la Procura
regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il
Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso (reg. confl. enti n. 16 del 2012) notificato al Presidente del
Consiglio dei ministri il 17 dicembre 2012, nonché alla Corte dei conti,
sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, e alla
Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
il Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, il 15-20 dicembre 2012, e depositato
il 21 dicembre 2012, la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso − in riferimento
agli artt. 5, 97 (in relazione al principio di buon andamento della pubblica
amministrazione), 100, 103, 114, 116, 117, 118 e 119 della Costituzione e agli
artt. 4 (in particolare, comma 1, lettera a), 8 (in particolare, comma 1,
lettera a), 16, 52 e 69 e seguenti dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), disciplinanti, questi ultimi, la «Finanza
della regione e delle province» − conflitto di attribuzione nei confronti
dello Stato, in relazione al decreto di sequestro n.
0002941-17/10/2012-PR_BZ-U15-P adottato dalla Procura regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Trentino-Alto Adige, sede
di Bolzano, il 17 ottobre 2012 e notificatole il 18 ottobre 2012. Con tale atto
istruttorio, emesso nell’àmbito del procedimento per
responsabilità amministrativa n. V2012/00402, la Procura regionale presso la
sezione giurisdizionale di Bolzano aveva disposto il sequestro in originale di
«tutta la documentazione giustificativa relativa alle spese riservate impegnate
sul capitolo di spesa di pertinenza del Presidente provinciale e relative alle
[…] annualità […] dal 1994 sino ad oggi (eccezione fatta per l’anno 2011, in
quanto già sottoposte a sequestro)», nonché dei «registri in cui sono state e
vengono annotate le spese riservate del presidente provinciale dal 1994 ad
oggi».
Dal decreto impugnato risulta che: a)
esso faceva séguito a un precedente decreto di sequestro − adottato dalla
medesima Procura regionale di Bolzano il 10 ottobre 2012 nell’àmbito del procedimento per responsabilità amministrativa
n. V2011/00394, aperto a fronte di notizie di danno erariale relative alle
spese per l’organizzazione della festa di compleanno del Presidente della
Provincia autonoma di Bolzano Alois Durnwalder tenutasi il 24 settembre 2011 − con il
quale detta Procura aveva disposto il sequestro probatorio, tra l’altro, di
«tutti i documenti giustificativi inerenti alle spese di rappresentanza e alle
spese c.d. riservate compiute o comunque riferibili al presidente provinciale Alois Durnwalder nel corso
dell’anno 2011»; b) i riscontri documentali acquisiti in séguito all’esecuzione
del decreto di sequestro del 10 ottobre 2012 avrebbero integrato, «a loro
volta, una chiara, specifica ed autonoma notizia di danno erariale appresa nel
corso dell’istruttoria, che impone autonomi accertamenti da parte del pubblico
ministero contabile stante l’assoluta evidenza dei potenziali illeciti
contabili commessi» c) da tale documentazione sarebbe infatti «emerso che la
quasi totalità delle c.d. spese riservate di pertinenza del Presidente Alois Durnwalder […] non solo
pare discostarsi da quelli che sono i requisiti di legittimità delle stesse […]
ma […] si traduce in spese prive di apparente connessione con le funzioni
esercitate […] essendo in gran parte prive di una seria o comunque certa causa
di giustificazione ed aventi in molti casi una indiscutibile matrice
esclusivamente personale»); d) «in particolare», l’atto istruttorio sarebbe
giustificato dalla «dimensione dei presunti illeciti relativi alle c.d. spese
riservate di pertinenza del Presidente Durnwalder» e
dalla «sistematicità degli stessi», ciò che farebbe ritenere, «secondo l’id quod plerumque
accidit, che tali comportamenti illeciti si siano
verificati, con un grado di probabilità pari alla quasi certezza, anche nei
periodi di tempo precedenti al 2011 e successivi allo stesso anno», con la conseguenza
che sarebbe stato «necessario acquisire tutta la pertinente documentazione
relativa alle predette annualità per accertare e quantificare il danno erariale
complessivo»); e) poteva, «allo stato degli atti […] ritenersi assai
verosimilmente integrato un "occultamento doloso del danno” da parte del
Presidente Durnwalder, protrattosi dall’inizio
dell’assunzione della Presidenza provinciale ad oggi stante: a) la probabile
natura dolosa degli apparenti illeciti commessi dal Durnwalder;
b) l’utilizzo del fondo delle c.d. spese riservate anche come forma di
provvista per altre spese di dubbia liceità o non altrimenti giustificabili; c)
la sistematica mancata sottoposizione delle c.d. spese riservate […] ad una
forma di controllo interno compatibile con i principi generali in materia di
contabilità pubblica […]; d) la sistematica deliberata sottrazione delle spese
riservate a forme di controllo legittimamente esercitate da altri organi
provinciali», con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della
legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e
controllo della Corte dei conti), il termine quinquennale di prescrizione del
diritto al risarcimento del danno erariale decorre «dalla data della sua
scoperta» − avvenuta, nella specie, il 12 ottobre 2012 (cioè il giorno in
cui la documentazione acquisita in conseguenza dell’esecuzione del primo
decreto di sequestro del 10 ottobre 2012 fu trasmessa alla Procura regionale) −
e che, in ragione di ciò, sarebbe stato «necessario acquisire tutta la
documentazione giustificativa relativa alle spese riservate del presidente Durnwalder relativamente al periodo che va dal 1994 ad oggi
(salvo l’anno 2011)».
Secondo la Provincia autonoma
ricorrente, l’impugnato decreto di sequestro violerebbe anzitutto i limiti
posti alle attribuzioni della Corte dei conti dagli artt. 100 e 103 Cost. Ciò
in quanto esso, integrando un’attività istruttoria «non suffragata da elementi
concreti e specifici» in ordine al compimento di illeciti amministrativi produttivi
di danno erariale, «ma fondata su mere supposizioni» e, quindi, «meramente
esplorativa», e comportando l’acquisizione di una documentazione vastissima,
concernente l’intero «settore di attività» della Provincia autonoma costituito
dalle spese riservate del suo Presidente relativamente a un lunghissimo periodo
di tempo (pari a poco meno di un ventennio) per gran parte del quale il diritto
al risarcimento del danno erariale avrebbe dovuto ritenersi prescritto, si
tradurrebbe, nella sostanza, in un vero e proprio «strumento di controllo
generalizzato», «indiscriminato e globale», del citato settore di attività
istituzionale del Presidente della Provincia autonoma, non spettante alla Corte
dei conti e comportante, perciò, l’illegittima invasione della sfera costituzionale
di competenza della Provincia.
Da detto superamento dei limiti posti
alle attribuzioni della Corte dei conti dagli artt. 100 e 103 Cost. deriverebbe
poi – sempre secondo la Provincia autonoma ricorrente – l’invasione della sfera
di autonomia organizzativa, legislativa, amministrativa e finanziaria assegnata
alla stessa dalla Costituzione e dallo statuto di autonomia, nonché la
violazione dell’art. 97 Cost.
Risulterebbe lesa, anzitutto,
l’autonomia garantita alla Provincia autonoma di Bolzano dagli artt. 5, 114 e
116 Cost. Il decreto impugnato violerebbe, in particolare, l’autonomia
organizzativa della Provincia autonoma, atteso che tale sfera di competenza «si
esprime anche attraverso la scelta di assicurare l’espletamento delle finalità
e dei compiti propri dell’amministrazione provinciale, nonché la valorizzazione
dell’immagine istituzionale della Provincia stessa, per mezzo dello
stanziamento in bilancio di somme destinate alla copertura di spese […]
riservate».
Sarebbe poi violata l’autonomia
legislativa assegnata alla Provincia autonoma dagli articoli 116 e 117 Cost. e
4, comma 1, lettera a), e 8, comma 1, lettera a), del suo statuto speciale, i
quali attribuiscono, rispettivamente, alla Regione Trentino-Alto Adige la
potestà legislativa in materia di «ordinamento degli uffici regionali e del
personale ad essi addetto» e alle sue Province autonome quella in materia di
«ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto». Secondo
la ricorrente, infatti, dalla motivazione del decreto di sequestro impugnato
«si intuisce che la Procura, nel riconoscere come legittimo solamente un certo
modello di gestione e rendicontazione dell’attività di spesa, guardi con
sospetto la speciale legislazione adottata dalla Provincia […], presumendo, pur
in mancanza di dati concreti e oggettivi in tal senso, l’illegittimità e
l’illiceità delle condotte poste in essere, in ogni caso, nell’osservanza della
predetta legislazione speciale». Ne discenderebbe che tale decreto di sequestro
presuppone «un giudizio globalmente negativo […] in ordine all’esercizio della
potestà legislativa, per come essa è stata in concreto discrezionalmente
espletata dalla Provincia autonoma di Bolzano», in particolare, con riguardo
alla disciplina dei «profili […] contabili e finanziari inerenti
all’ordinamento […] degli uffici provinciali».
Verrebbe poi lesa l’autonomia
amministrativa assegnata alla Provincia autonoma dall’art. 118 Cost. e dagli
artt. 16 e 52 del suo statuto speciale. Ciò in quanto il decreto impugnato comporterebbe
una compressione delle funzioni amministrative della Provincia autonoma e, in
specie, di quelle del suo Presidente che abbiano comportato una spesa avente la
propria copertura finanziaria nel capitolo del bilancio provinciale dedicato
alle spese riservate.
Sarebbe leso, ulteriormente, l’art. 97
Cost., in riferimento al principio del buon andamento della pubblica
amministrazione, con il quale l’atto istruttorio impugnato contrasterebbe «in
quanto espressione di un controllo generalizzato, successivo ed ultroneo rispetto alle operazioni di rendicontazione già
espletate all’interno dell’amministrazione provinciale».
Infine, sarebbe violata l’autonomia
finanziaria di spesa assegnata alla Provincia autonoma dall’art. 119 Cost.
nonché dagli articoli «69 ss.» dello statuto speciale, disciplinanti la
«Finanza della regione e delle province» (in particolare, dagli artt. 83 e 84,
primo comma, di detto statuto). Tale violazione conseguirebbe al fatto che il
decreto di sequestro impugnato «appare strumentale rispetto alla contestazione
dell’autonomia di spesa della Provincia autonoma di Bolzano e delle scelte di
allocazione delle risorse da essa compiute, con particolare riferimento allo
stanziamento annuale, in appositi capitoli di bilancio, di somme destinate al
sostenimento delle spese di rappresentanza e riservate».
La ricorrente chiede perciò alla Corte
costituzionale, previa sospensione dell’esecuzione dell’impugnato decreto di
sequestro, di dichiarare che «non spetta allo Stato e, per esso, al Procuratore
regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Bolzano,
disporre un sequestro generalizzato in ordine ai documenti contabili relativi
alle spese riservate del Presidente della Provincia autonoma di Bolzano e, per
l’effetto, annullare l’atto impugnato nella sua interezza».
2.– È intervenuta in giudizio la Procura
regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il
Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, nella persona del Procuratore regionale
pro-tempore, chiedendo che l’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto
impugnato sia dichiarata inammissibile e che il ricorso sia dichiarato
inammissibile o, comunque, infondato.
La Procura regionale deduce,
preliminarmente, l’inammissibilità del conflitto per tre motivi.
Un primo motivo di inammissibilità del
conflitto sarebbe costituito dall’invalidità della deliberazione della Giunta
della Provincia autonoma di Bolzano n. 1867 del 10 dicembre 2012, con la quale
ne è stata decisa la proposizione. Tale invalidità sarebbe stata determinata,
in particolare, dalla partecipazione, sia alla discussione che alla votazione
della deliberazione, del Presidente della Provincia Alois
Durnwalder, il quale si sarebbe trovato in una
situazione di conflitto di interessi − derivante, essenzialmente, dal
fatto che il procedimento nel cui àmbito era stato
adottato l’impugnato decreto di sequestro aveva a oggetto proprio la gestione
delle spese riservate a lui riconosciute – che gli avrebbe imposto di
astenersi.
Un secondo motivo di inammissibilità
sarebbe costituito dalla «genericità» della stessa deliberazione in sèguito
alla quale il ricorso è stato proposto, che non spiegherebbe quali siano «le
competenze lese e, soprattutto, in quale modo tale lesione si sarebbe
verificata ad opera del decreto di sequestro impugnato».
Un terzo motivo di inammissibilità del
ricorso risiederebbe infine nel fatto che lo stesso si tradurrebbe, in realtà,
in un improprio mezzo di censura del modo di esercizio della funzione
giudiziaria da parte della Procura regionale. Ciò troverebbe conferma, tra
l’altro, in due circostanze. Anzitutto, nel fatto che il ricorso contesta in
più punti la sussistenza di un occultamento doloso del danno, cioè di un
profilo che dovrebbe essere esaminato nella «sede naturale» costituita dalla
sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Bolzano, dinanzi alla quale si
celebrerà, verosimilmente, il giudizio di responsabilità amministrativa, e non,
invece, davanti alla Corte costituzionale. In secondo luogo, nella circostanza
che quanto sostenuto nel ricorso – in ordine al carattere meramente esplorativo
dell’impugnato decreto di sequestro e al fatto che esso implicherebbe, nella
sostanza, un controllo generalizzato di un intero settore di attività della
Provincia autonoma – integra un interesse tutelabile attraverso l’azione di
nullità prevista dal comma 30-ter dell’art. 17 del decreto-legge 1° luglio
2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), inserito
dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102 e modificato dall’art. 1,
comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103
(Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009),
convertito dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, secondo cui: «Le procure della
Corte dei conti possono iniziare l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio
dell’azione di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di
danno» e qualunque atto istruttorio posto in essere in violazione di tale
diposizione «è nullo e la relativa nullità può essere fatta valere in ogni
momento, da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla competente sezione
giurisdizionale della Corte dei conti». Dalla norma citata discende, sempre
secondo la resistente, che la Provincia autonoma ricorrente ben avrebbe potuto,
e potrebbe tutt’ora, esercitare l’azione di nullità sulla base delle stesse
argomentazioni poste a fondamento del promosso ricorso per conflitto di
attribuzione.
La Procura regionale deduce poi, in ogni
caso, l’infondatezza del ricorso. Al riguardo, sottolinea che l’impugnato
decreto di sequestro fu adottato dopo avere rilevato − sulla base della
documentazione contabile relativa alle spese riservate del Presidente della
Provincia autonoma relative all’anno 2011, acquisita in esito all’esecuzione del
decreto di sequestro adottato nell’àmbito del
procedimento V2011/00394 − «la natura illecita di plurime condotte gestorie del Durnwalder in
relazione all’uso del c.d. fondo riservato». In particolare, dall’esame
dell’estratto (relativo al solo anno 2011) del registro sul quale venivano
quotidianamente registrate le spese effettuate con il denaro del fondo
riservato (cosiddetto registro SOFO), sarebbero emerse «anomalie e criticità
che lasciavano desumere la natura illecita […] di gran parte delle spese in
esso riportate». La Procura regionale elenca sette categorie di spese
effettuate su detto fondo e registrate sul registro SOFO delle quali poteva
desumersi la natura illecita, indicando le ragioni di tale illiceità. Le
maggiori anomalie nella gestione del fondo per le spese riservate sarebbero
state relative, però, a quella che la Procura regionale definisce «una […]
contabilità occulta del Durnwalder, non risultante
dal registro SOFO, ma da separati rendiconti mensili dallo stesso sottoscritti»
e posta in essere attraverso una serie di operazioni compiutamente descritte
dalla stessa Procura e, a suo avviso, certamente illecite. La resistente
afferma quindi che l’illecita utilizzazione del fondo per le spese riservate,
mediante esborsi sia registrati sul registro SOFO che riconducibili alla
predetta contabilità occulta, costituiva una danno evidente per
l’amministrazione provinciale e che per tale ragione aveva disposto l’apertura
di un nuovo procedimento avente ad oggetto le modalità di gestione del fondo da
parte del Presidente Durnwalder e adottato il decreto
di sequestro impugnato. Quest’ultimo, perciò, sarebbe stato disposto non sulla
scorta di «supposizioni» o «congetture» ma sulla base di «precisi elementi
gravemente indizianti a carico del Durnwalder», di
«solidi indizi di responsabilità» in capo allo stesso, configurandosi perciò
come «una doverosa iniziativa giudiziaria». La Procura regionale afferma ancora
che l’oggetto del decreto di sequestro impugnato non era «affatto vago ed
impreciso […] ma, al contrario, era assolutamente specifico» con riguardo sia
ai documenti che si intendeva acquisire, cioè quelli «relativi alla contabilità
del Durnwalder», sia alle annualità alle quali gli
stessi si riferivano, cioè quelle dal 1994 all’ottobre del 2012, con
l’esclusione del 2011. Per tali ragioni il ricorso sarebbe, oltre che
inammissibile, infondato.
3.– Si è costituito in giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o
infondato.
La difesa dello Stato deduce,
preliminarmente, l’inammissibilità del conflitto sia per la genericità della
delibera della Giunta provinciale a séguito della quale fu proposto, mancando
la stessa dell’indicazione specifica dei motivi dell’impugnazione, sia «per
omesso esercizio dell’azione di nullità» prevista dall’art. 17, comma 30-ter,
del decreto-legge n. 78 del 2009, ciò che confermerebbe come il ricorso si
risolva in un improprio strumento di censura del modo di esercizio della
funzione giudiziaria spettante alla Corte dei conti.
Quanto all’infondatezza del ricorso, la
difesa statale afferma che essa emerge dalla semplice lettura dei fatti
indicati nell’impugnato decreto di sequestro, la cui sussistenza escluderebbe
in radice che la Procura regionale abbia inteso esercitare l’attività di
«controllo generalizzato» lamentata dalla ricorrente e ne abbia perciò leso la
sfera di competenza. Ciò in quanto da detti fatti risulterebbe che: a)
l’indagine della Procura regionale era sorta in relazione all’utilizzazione a
fini personali (la celebrazione della festa di compleanno del Presidente Durnwalder) di un immobile pubblico, alla quale aveva fatto
séguito il sequestro della documentazione relativa alle spese riservate
dell’anno 2011; b) da tale documentazione erano emerse irregolarità così gravi
e sistematiche da fare presumere la loro non occasionalità
e la commissione delle stesse anche nei periodi precedenti; c) tali periodi ben
potevano comprendere annualità anteriori al quinquennio precedente, tenuto
conto del fondato sospetto di occultamento degli illeciti. L’Avvocatura dello
Stato osserva ancora che, poiché il ricorso ha ad oggetto un provvedimento «di
natura cautelare, finalizzato ad acquisire ulteriori elementi di prova rispetto
a quanto già emergente dalla documentazione relativa al 2011», ad escludere la
fondatezza dello stesso sarebbe «sufficiente la sussistenza di una possibile
fondatezza dell’ipotesi accusatoria avanzata dalla Procura, indipendentemente dal
fatto se tale ipotesi troverà o meno conferma davanti all’organo giudicante
della […] Corte dei conti».
4.− Con ricorso (reg. confl. enti n. 4 del 2013) notificato al Presidente del
Consiglio dei ministri il 22 aprile 2013, nonché alla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, e alla Procura
regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il
Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, il 20-24 aprile 2013, e depositato il 29
aprile 2013, la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso – in riferimento ai
medesimi parametri costituzionali e statutari invocati nel ricorso iscritto al
n. 16 del reg. confl. enti 2012 – conflitto di
attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla richiesta di documentazione
n. 0000457-22/02/2013-PR_BZ-U15-P, adottata dalla Procura regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Trentino-Alto Adige, sede
di Bolzano, il 21 febbraio 2013 e ricevuta il 27 febbraio 2013. Con tale atto
istruttorio − emesso nello stesso procedimento per responsabilità
amministrativa nell’àmbito del quale era già stato
adottato, dalla medesima Procura regionale, il decreto di sequestro impugnato
con il ricorso iscritto al n. 16 del reg. confl. enti
2012 – la Procura regionale di Bolzano chiedeva alla Provincia autonoma di
Bolzano la trasmissione, entro il termine di quindici giorni, di «copia
autentica di tutti gli atti e documenti di spesa riferibili all’uso del fondo
riservato del Presidente Durnwalder dal 19 ottobre
2012 ad oggi», nonché di «copia autentica del registro eventualmente utilizzato
per registrare da parte delle segretarie tutte le singole voci di spesa dal 19
ottobre 2012 ad oggi».
Dalla richiesta di documentazione
impugnata risulta che: a) essa muoveva dall’ipotesi (formulata in un invito a
dedurre emesso nei riguardi del Presidente della Provincia autonoma) che lo
stesso Presidente avesse utilizzato le risorse pubbliche presenti nel fondo per
spese riservate ponendo in essere spese illecite o comunque non riconducibili
alle funzioni istituzionali dell’organo; b) a sostegno della necessità di
acquisire la documentazione richiesta, il Procuratore regionale adduceva il
fatto, emerso «alla luce di diverse dichiarazioni riportate dalla stampa», che
il Presidente della Provincia autonoma «avrebbe continuato, dall’ottobre 2012
ad oggi, ad utilizzare i fondi stanziati sul capitolo di spesa per le c.d.
spese riservate del Presidente provinciale per scopi già ritenuti da questa
Procura come illeciti e comunque non riconducibili alle funzioni istituzionali
di Presidente provinciale (quali offerte, mance e simili)»; c) da tale fatto
conseguiva la necessità di «acquisire la documentazione di spesa relativa al
periodo che va dal 19 ottobre 2012 (data successiva al sequestro) al fine di
integrare la contestazione del danno nel suo effettivo importo attuale».
Ad avviso della ricorrente, la richiesta
impugnata si fonda «sulle medesime finalità esplorative» del precedente decreto
di sequestro. Anch’essa, infatti, si configurerebbe come un atto istruttorio
«non suffragato da elementi concreti e specifici» e, dunque, non sorretto da
effettive esigenze istruttorie e meramente «esplorativo», in tale modo
«reiterando la condotta pregiudizievole» posta in essere dalla Procura
regionale con il decreto di sequestro. Ne segue che la richiesta di
documentazione, per la «vastità e genericità dell’oggetto […] oltre che per il
fatto che essa rappresenta una reiterazione della lesione già posta in essere
con il decreto di sequestro», si tradurrebbe in «una forma di controllo
globale» e «indiscriminato» non previsto dalla Costituzione − nel quale
la Procura regionale «persevera» − dell’intero settore di attività della
Provincia autonoma costituito dalle spese riservate del suo Presidente, con
conseguente illegittima invasione della sfera di competenza assegnata alla
ricorrente Provincia autonoma dalla Costituzione e dal suo statuto speciale.
Tanto premesso, la ricorrente deduce che
l’impugnata richiesta di documentazione víola le sopra
indicate disposizioni della Costituzione e dello statuto speciale per ragioni
analoghe a quelle indicate nel ricorso proposto avverso il precedente decreto
di sequestro.
La Provincia autonoma ricorrente chiede
quindi alla Corte, previa sospensione dell’esecuzione dell’atto, di dichiarare
che «non spetta allo Stato e, per esso, al Procuratore regionale presso la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Bolzano, disporre la
trasmissione generalizzata dei documenti contabili relativi alle spese riservate
del Presidente della Provincia autonoma di Bolzano e, per l’effetto, annullare
l’atto impugnato nella sua interezza».
5.– Anche in tale giudizio è intervenuta
la Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
il Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, nella persona del Procuratore
regionale pro tempore, chiedendo che l’istanza di sospensione dell’esecuzione
dell’atto impugnato sia dichiarata inammissibile e che il ricorso sia
dichiarato inammissibile o, comunque, infondato.
La Procura regionale afferma anzitutto
l’inammissibilità del ricorso in ragione dell’invalidità della deliberazione
della Giunta della Provincia autonoma di Bolzano n. 520 dell’8 aprile 2013 con
la quale ne è stata deliberata la proposizione. In ordine a tale profilo, la
Procura regionale adduce ragioni analoghe a quelle espresse nell’atto di
intervento spiegato nel giudizio iscritto al n. 16 del registro conflitto enti
2012.
La Procura resistente deduce poi
l’infondatezza del ricorso affermando, in proposito, che l’atto impugnato non
costituisce un «controllo generalizzato» ma «un accertamento doveroso»
determinato: a) da dichiarazioni rese dallo stesso Presidente Durnwalder alla stampa successivamente all’avvio
dell’indagine, nelle quali egli affermava di continuare ad utilizzare il fondo
riservato nello stesso modo in cui lo aveva sempre usato; b) dalla contestuale
consapevolezza della stessa Procura regionale, espressa in un invito a dedurre
notificato al Durnwalder, che tale modalità di
utilizzo di fondi pubblici integrava un illecito amministrativo-contabile.
6.– Si è costituito in giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o
infondato.
La difesa dello Stato, dopo avere
richiamato quanto esposto nel proprio atto di costituzione nel giudizio
iscritto al n. 16 del reg. confl. enti 2012, afferma
che la richiesta di documentazione impugnata, alla luce degli elementi sui
quali si fonda, si «inserisce nell’ambito della competenza della Corte dei
conti come delineata», in particolare, dall’art. 5, comma 6, lettera a), del
decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di
giurisdizione e controllo della Corte dei conti), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, che
attribuisce al procuratore regionale il potere di disporre «l’esibizione di
documenti», dovendosi perciò escludere che la stessa richiesta sia diretta a
realizzare un controllo globale in ordine ad un intero settore di attività del
Presidente della Provincia autonoma di Bolzano. A tale conclusione di
infondatezza si perverrebbe anche − sempre secondo l’Avvocatura generale
dello Stato − applicando al caso di specie i princípi
affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 337 del
2005, atteso che la richiesta di documentazione: a) riguarda un periodo
determinato (dal 19 ottobre 2012 alla data della richiesta); b) ha un oggetto
determinato (la gestione delle spese riservate del Presidente della Provincia);
c) è motivata sulla base di fatti che fanno «presumere comportamenti di
pubblici funzionari ipoteticamente configuranti illeciti produttivi di danno
erariale». La difesa dello Stato osserva ancora che la fondatezza delle tesi
della Procura regionale sarà oggetto del vaglio dell’organo giudicante
contabile; tuttavia, il fatto che la Provincia autonoma non le condivida non
implica che si sia per ciò solo in presenza di una «impropria attività di
controllo».
Sotto tale ultimo profilo, il ricorso
della Provincia autonoma si potrebbe configurare come un improprio strumento di
sindacato del modo di esercizio delle funzioni della Procura regionale, con la
conseguenza che il ricorso sarebbe, prima che infondato, inammissibile.
7.– Con memorie depositate in prossimità
dell’udienza in relazione sia al conflitto n. 16 del 2012 sia al conflitto n. 4
del 2013, la Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte
dei conti per il Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, oltre a ribadire quanto
già sostenuto nei propri atti di intervento, deduce, in aggiunta ai tre motivi
di inammissibilità dei conflitti già fatti valere in tali atti, quattro
ulteriori motivi di inammissibilità dei ricorsi («e/o di cessazione della
materia del contendere»).
Anzitutto, sarebbero inammissibili le
censure avanzate con riguardo alla lesione dell’autonomia finanziaria di spesa
della Provincia autonoma in quanto promosse: a) per una parte, in riferimento a
parametri (l’art. 119 Cost. e gli articoli del d.P.R.
n. 670 del 1972 in materia di «Finanza della regione e delle province» diversi
dall’art. 69) non indicati nelle deliberazioni della Giunta provinciale in
séguito alle quali sono stati promossi i ricorsi; b) per l’altra, in
riferimento a un parametro − l’art. 69 del d.P.R.
n. 670 del 1972 – per il quale né le citate deliberazioni né i successivi
ricorsi indicavano modalità di violazione a opera del decreto di sequestro e
dalla richiesta di documentazione impugnati.
I conflitti sarebbero poi inammissibili
per «intervenuta decadenza dall’esercizio dell’azione», atteso che il decreto
di sequestro e la richiesta di documentazione impugnati: a) hanno un contenuto
analogo a quello del decreto di sequestro precedentemente adottato dalla stessa
Procura regionale di Bolzano il 10 ottobre 2012, notificato alla Provincia
autonoma e da questa non impugnato nei termini; b) costituiscono una
conseguenza logico-giuridica del suddetto decreto di sequestro.
Ulteriore ragione di inammissibilità dei
conflitti sarebbe poi costituita dalla «mancanza di lesività»
dei provvedimenti impugnati. Sotto tale aspetto, la Procura regionale
sottolinea che la documentazione effettivamente acquisita in esecuzione degli
stessi è risultata rappresentativa non di spese impegnate sul capitolo di
bilancio relativo alle spese riservate del Presidente della Provincia autonoma
e poste in essere secondo le procedure disciplinate dalla legislazione
provinciale in materia, ma di spese poste in essere nell’àmbito
di una gestione di fatto successiva all’esaurimento di dette procedure −
momento che segna anche la cessazione della competenza provinciale in materia
di spese riservate − e con denaro ormai fuoriuscito dal bilancio
provinciale. Ne discende che, non potendo la suddetta documentazione ritenersi
espressiva della sfera di competenza costituzionale della Provincia
(specificamente, di quella in materia di spese riservate), la sua acquisizione
non sarebbe suscettibile di invadere la stessa.
La Procura regionale deduce infine
l’inammissibilità dei conflitti per «sopravvenuta carenza di interesse». Ciò in
ragione del fatto che, in séguito all’abrogazione (a opera dell’art. 8 della
legge prov. Bolzano 18 marzo 2013, n. 4, recante «Riordino e aggiornamento
delle spese di rappresentanza»), della norma (l’art. 2 della legge prov.
Bolzano 11 agosto 1994, n. 6, recante «Disposizioni finanziarie in connessione
con l’assestamento del bilancio di previsione della Provincia per l’anno
finanziario 1994 e per il triennio 1994-1996») che riconosceva spese riservate
al Presidente della Provincia autonoma di Bolzano, il legislatore provinciale
ha eliminato le attribuzioni dello stesso Presidente in materia, con la conseguenza
che lo Stato non ha più il potere di emanare atti che, come quelli impugnati,
sottopongano l’esercizio delle stesse a controllo (generalizzato) invadendo le
attribuzioni provinciali.
La Procura regionale illustra poi
ulteriormente i tre motivi di inammissibilità dei conflitti già fatti valere
nei propri atti di costituzione in giudizio (motivi che vengono riferiti, nelle
memorie, a entrambi i conflitti). Quanto, in particolare, all’inammissibilità
in ragione del fatto che i conflitti costituirebbero un improprio strumento di
censura dell’esercizio della funzione giudiziaria, la Procura regionale afferma
che essa trova conferma nel fatto che, a mezzo dei ricorsi proposti, la
Provincia autonoma non avrebbe contestato alla Procura contabile di avere adottato
gli impugnati atti istruttori prescindendo dalla necessità di fondare il
proprio potere istruttorio su di una notitia damni specifica e concreta ma, piuttosto, di avere errato
nel ritenere che gli elementi a propria disposizione fossero tali da integrare
una notizia di danno siffatta (idonea, perciò, a giustificare l’avvio di
un’indagine); doglianza che ben avrebbe potuto essere fatta valere con l’azione
di nullità prevista dal comma 30-ter dell’art. 17 del decreto-legge n. 78 del
2009.
Per il caso in cui la Corte dovesse
ritenere l’insussistenza di motivi di inammissibilità dei conflitti, la Procura
regionale solleva poi, in riferimento agli artt. 3 e 97, primo comma, Cost., e
16, terzo comma, dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, questioni
di legittimità costituzionale del citato (e ormai abrogato) art. 2 della legge
prov. Bolzano n. 6 del 1994 – secondo cui: «Al presidente ed ai membri della
giunta provinciale sono riconosciute spese riservate, connesse con l’esercizio
della funzione, nei limiti d’importo stabiliti annualmente con legge
finanziaria» − in quanto applicabile al giudizio ratione
temporis. Secondo la Procura regionale, tali
questioni sarebbero: a) rilevanti, perché il loro accoglimento, comportando il
venir meno ex tunc delle attribuzioni costituzionali
in contestazione, precluderebbe alla Corte di «prendere in considerazione» i
ricorsi e, comunque, di ritenerli fondati; b) non manifestamente infondate in
riferimento ai citati parametri costituzionali.
La Procura regionale ribadisce, poi,
l’infondatezza dei conflitti nel merito.
8.− In prossimità dell’udienza,
anche la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato delle memorie in relazione
sia al conflitto n. 16 del 2012 sia al conflitto n. 4 del 2013, nelle quali,
oltre a richiamare i motivi posti a fondamento dei ricorsi, contesta,
preliminarmente, le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Procura
regionale e dal Presidente del Consiglio dei ministri nei propri atti di
costituzione in giudizio.
Osserva anzitutto la Provincia autonoma
che la deliberazione della Giunta provinciale n. 1867 del 10 dicembre 2012 (a
séguito della quale è stato promosso il conflitto iscritto al n. 16 del
registro conflitto enti 2012) non risulta connotata da quell’assoluta
genericità da cui consegue l’inammissibilità del ricorso, atteso che in essa
vengono indicati i parametri costituzionali e statutari asseritamente
violati e le ragioni poste a sostegno dell’impugnativa.
La ricorrente afferma poi l’infondatezza
dell’eccezione secondo cui il conflitto iscritto al n. 16 del registro
conflitto enti 2012 costituirebbe un improprio strumento di doglianza in
ragione della possibilità, in capo alla Provincia autonoma di Bolzano, di
promuovere l’azione di nullità disciplinata dall’art. 17, comma 30-ter, del
decreto-legge n. 78 del 2009, innanzi alla competente sezione giurisdizionale
della Corte dei conti. Tale tesi sarebbe «fuorviante» in quanto: a) la
Provincia autonoma non sarebbe legittimata a esercitare detta azione atteso
che, in quanto amministrazione che si assume danneggiata dal fatto del proprio
funzionario, essa è priva di interesse ad agire (come confermato anche dalla
circostanza che l’amministrazione presunta danneggiata non può né agire né
intervenire nel giudizio di responsabilità amministrativa); b) l’azione di
nullità prevista dallo stesso comma 30-ter è inidonea a garantire alla
ricorrente la tutela delle proprie prerogative costituzionali a fronte
dell’invasione delle stesse da parte di un atto che esorbita dai poteri che la
Costituzione riconosce alla magistratura contabile.
Quanto, infine, all’affermata
inammissibilità dei conflitti in ragione della supposta invalidità delle
delibere della Giunta provinciale n. 1867 del 10 dicembre 2012 e n. 520 dell’8
aprile 2013, oltre ad affermarne l’infondatezza, la ricorrente sottolinea come
«rispetto al presente giudizio, sia radicalmente estranea qualsivoglia
valutazione in ordine alla legittimità della delibera recante l’autorizzazione
a stare in giudizio, trattandosi di un provvedimento allo stato inoppugnabile
e, in ogni caso, insindacabile in questa sede».
Considerato in diritto
1.– La Provincia autonoma di Bolzano ha
proposto ricorsi per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato (reg. confl. enti n. 16 del 2012 e n. 4 del 2013) in relazione a
due atti istruttori − rispettivamente, il decreto di sequestro n.
0002941-17/10/2012-PR_BZ-U15-P del 17 ottobre 2012 e la richiesta di
documentazione n. 0000457-22/02/2013-PR_BZ-U15-P del 21 febbraio 2013 –
adottati, nell’àmbito del medesimo procedimento di
responsabilità amministrativa, dalla Procura regionale presso la sezione
giurisdizionale della Corte dei conti per il Trentino-Alto Adige, sede di
Bolzano.
Con gli indicati atti impugnati, detta
Procura regionale disponeva, ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di
danno erariale, rispettivamente: a) il sequestro di tutta la documentazione
concernente le spese riservate impegnate sul capitolo di spesa di pertinenza
dell’attuale Presidente della Provincia autonoma di Bolzano e relative agli
anni dal 1994 – anno in cui il legislatore provinciale aveva introdotto la
categoria delle spese riservate del Presidente, oltre che dei membri, della
Giunta provinciale (art. 2 della legge prov. Bolzano 11 agosto 1994, n. 6,
recante «Disposizioni finanziarie in connessione con l’assestamento del
bilancio di previsione della Provincia per l’anno finanziario 1994 e per il
triennio 1994-1996») − «sino ad oggi» (ad eccezione dell’anno 2011, in
quanto la documentazione concernente le spese relative a tale anno era già
stata sottoposta a sequestro), nonché dei registri sui quali dette spese
venivano annotate; b) la trasmissione, entro il termine di quindici giorni
(successivamente prorogato di ulteriori sessanta giorni), di copia autentica di
tutti gli atti e documenti di spesa riferibili all’uso del fondo riservato
dello stesso Presidente della Provincia autonoma di Bolzano dal 19 ottobre 2012
– giorno successivo a quello in cui era stato eseguito il decreto di sequestro
del 17 ottobre 2012 − «ad oggi», nonché del registro eventualmente
utilizzato per annotare le spese effettuate in tale intervallo temporale.
La ricorrente Provincia autonoma lamenta
che gli atti istruttori impugnati, in quanto adottati in mancanza di una
qualificata notitia damni,
suffragata dall’esistenza di elementi concreti e specifici, e rivolti ad
acquisire la documentazione concernente un intero «settore di attività» della
Provincia autonoma relativamente a un lunghissimo periodo di tempo, per gran
parte del quale il diritto al risarcimento del danno erariale doveva ritenersi
ormai prescritto, concreterebbero un’anomala attività di controllo
generalizzato dell’attività della Provincia, esorbitante dalle attribuzioni che
gli artt. 100 e 103 della Costituzione conferiscono alla Corte dei conti. Gli
stessi atti impugnati, nel superare i limiti assegnati dalla Costituzione alla
giurisdizione contabile, invaderebbero anche la sfera di autonomia
organizzativa, legislativa, amministrativa e finanziaria assegnata alla
Provincia autonoma di Bolzano dagli artt. 114, 116, 117, 118 e 119 Cost. e
dagli artt. 4, comma 1, lettera a), 8, comma 1, lettera a), 16, 52 e 69 e
seguenti dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige), disciplinanti, questi ultimi, la «Finanza della regione e delle
province», con riguardo, in particolare, alla previsione e alla disciplina
legislativa delle spese riservate del Presidente della Provincia, allo
stanziamento in bilancio di somme destinate alla copertura delle stesse e
all’attività amministrativa che in tali somme trova copertura, oltre a violare
il principio del buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art.
97 Cost.
2.− I proposti ricorsi hanno per
oggetto due atti istruttori adottati dalla Procura regionale presso la sezione
giurisdizionale della Corte dei conti di Bolzano nell’àmbito
del medesimo procedimento per responsabilità amministrativa e diretti entrambi
ad acquisire documentazione relativa alle spese riservate di pertinenza del
Presidente della Provincia autonoma di Bolzano. Gli stessi ricorsi prospettano
motivi di impugnazione sostanzialmente identici. Tali elementi di connessione inducono
a disporre la riunione dei giudizi, perché questi siano congiuntamente trattati
e decisi con un’unica pronuncia.
3.– Nel corso della discussione delle
cause in pubblica udienza, la difesa della Provincia autonoma di Bolzano ha
eccepito l’inammissibilità degli interventi spiegati, in entrambi i giudizi,
dalla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti
di Bolzano, deducendo che quest’ultima non sarebbe legittimata a partecipare ai
giudizi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni o Province autonome.
A sostegno del proprio assunto, la difesa provinciale invocava l’art. 39 della
legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), il quale, individuando nel Presidente del Consiglio dei
ministri e nel Presidente della Giunta regionale i soli organi legittimati a
ricorrere e a resistere, in rappresentanza dei rispettivi enti di appartenenza,
nei giudizi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni o Province autonome,
non lascerebbe spazio all’intervento di organi diversi, quale, nella specie, la
Procura regionale della Corte dei conti. Né − sempre ad avviso della
difesa provinciale − la legittimazione della Procura regionale a
intervenire nei giudizi potrebbe essere riconosciuta sulla base delle due
disposizioni della medesima legge n. 87 del 1953, gli artt. 37, ultimo comma, e
20, secondo comma, che sarebbero state invocate dalla stessa Procura a sostegno
del proprio diritto all’intervento. In proposito, la difesa provinciale
osservava infatti: quanto all’art. 37, ultimo comma, che esso prevede la
comparizione degli «organi interessati» nell’àmbito
dei giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e non tra
Stato e Regioni; quanto all’art. 20, secondo comma (secondo cui, nei
procedimenti davanti alla Corte costituzionale, «Gli organi dello Stato e delle
Regioni hanno diritto di intervenire in giudizio»), che esso non riguarda, come
costantemente affermato da questa Corte (in particolare, nelle sentenze n. 350 del 1998
e n. 163 del
2005, nonché nell’ordinanza letta in
udienza e allegata alla sentenza n. 232 del 2006), la disciplina
dell’intervento in giudizio di detti organi ma, come risulta dal contesto
dell’intero articolo, quella della loro rappresentanza e difesa −
consentendo di stare in giudizio senza valersi di un difensore abilitato (ai
sensi del primo o del terzo comma dello stesso art. 20) a quegli organi per i
quali sussistono i presupposti per un intervento ammissibile − e non
legittima, perciò, di per sé, all’intervento organi per i quali, come nel caso
della Procura regionale, detti presupposti sono, per le ragioni dette,
insussistenti. La legittimazione a intervenire della Procura regionale non
potrebbe, infine, essere affermata neppure sulla base dell’art. 25, comma 2,
delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (nel
testo, attualmente vigente, modificato con la deliberazione della stessa Corte
del 7 ottobre 2008), secondo cui: «Il ricorso [per conflitto di attribuzione
tra Stato e Regioni] deve essere notificato altresì all’organo che ha emanato
l’atto, quando si tratti di autorità diverse da quelle di Governo e da quelle
dipendenti dal Governo»; secondo la difesa provinciale, tale notificazione del
ricorso all’organo che ha emanato l’atto sarebbe infatti prevista non in
funzione dell’eventuale intervento dello stesso nel giudizio sul conflitto ma
«perché questi organi possano dare allo Stato […] tutti i contributi che
possono emergere dall’esperienza, dalla documentazione e dagli elementi di cui
dispongono».
L’eccezione non è fondata.
Il problema posto dalla ricorrente
Provincia autonoma è quello della partecipazione al giudizio per conflitto di
attribuzione tra Stato e Regioni o Province autonome dell’autorità giudiziaria
che ha adottato l’atto dal quale sarebbe stata invasa la competenza
costituzionale regionale o provinciale. Si tratta di una questione non nuova
nella giurisprudenza di questa Corte che, nelle prime pronunce sul tema, aveva
escluso che la disciplina dei conflitti all’epoca vigente consentisse tale
partecipazione. Nelle sentenze n. 70 del 1985
e n. 309 del
2000, si era infatti affermato che, poiché in base agli artt. 39, terzo
comma, della legge n. 87 del 1953, e 27 delle Norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale, legittimato a intervenire per lo Stato era
sempre e solo il Presidente del Consiglio dei ministri, ciò valeva anche nei casi
in cui il conflitto avesse ad oggetto atti provenienti da organi dello Stato
che − come quelli appartenenti all’ordine giudiziario − per la
natura delle funzioni esercitate godono, secondo Costituzione, di una posizione
di autonomia e indipendenza dal Governo. In tali occasioni, questa Corte non
mancò tuttavia di sottolineare che, proprio in ragione dell’indipendenza
dell’autorità giudiziaria da quella governativa, essa non ignorava «l’esigenza
di autonoma rappresentanza e difesa dell’ordine giudiziario anche nei conflitti
tra Stato e Regioni nei quali siano in discussione provvedimenti giudiziari» (sentenza n. 70 del
1985, richiamata, sul punto, anche dalla sentenza n. 309 del
2000), aggiungendo che, poiché l’ordinamento vigente, che pure detta
esigenza «pone […], non fornisce indicazioni sufficienti circa il modo di colmare
la lacuna» in via interpretativa, «a tale carenza occorre […] che si ponga
rimedio in via normativa», nella sede competente a dettare le norme in materia
di giudizi costituzionali (sentenza n. 309 del
2000).
Tale disciplina delle modalità della
partecipazione dell’autorità giudiziaria ai giudizi per conflitto di
attribuzione tra Stato e Regioni o Province autonome è stata dettata − successivamente
alla citata pronuncia di questa Corte, che ne aveva messo in rilievo la carenza
− a mezzo dell’inserimento, nell’art. 27 delle Norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale (nel testo modificato con la
deliberazione di questa Corte del 10 giugno 2004), di un nuovo comma 2, il
quale, col prevedere che il ricorso con cui il conflitto è promosso deve essere
notificato, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri, «altresì
all’organo che ha emanato l’atto, quando si tratti di autorità diverse da
quelle di Governo o da quelle dipendenti dal Governo», pone tale organo nella
condizione di esercitare la facoltà − che la norma implicitamente ma
inequivocabilmente così gli riconosce − di intervenire nel giudizio
costituzionale. Che tale sia la funzione dell’ulteriore obbligo di
notificazione del ricorso introdotto con la novella del 2004 (ora collocata
nell’art. 25, comma 2, delle Norme integrative, nel testo modificato con la
deliberazione di questa Corte del 7 ottobre 2008), risulta in effetti evidente
alla luce sia delle citate sentenze n. 70 del 1985
e n. 309 del
2000 − essendo tale novella chiaramente rivolta a dare forma, sul
piano procedurale, a quell’esigenza, imposta dall’ordinamento, di adeguata
rappresentanza e difesa dell’autorità giudiziaria sottolineata in dette
pronunce −, sia del fatto che finalità della notificazione degli atti
giudiziari è, di regola, proprio quella di consentire l’instaurazione del
contraddittorio e l’esercizio del diritto di difesa (ex plurimis, sentenza n. 346 del
1998), ciò che vale, in tutta evidenza, anche per la notificazione degli
atti dei giudizi costituzionali.
Per tali ragioni, non può trovare
accoglimento la tesi della difesa della ricorrente Provincia autonoma secondo
cui la finalità della notificazione prevista dall’art. 25, comma 2, delle Norme
integrative per i giudizi davanti a questa Corte, sarebbe invece quella di
consentire agli organi che ne sono destinatari di «dare allo Stato […] tutti i
contributi che possono emergere dall’esperienza, dalla documentazione e dagli
elementi di cui dispongono»; tali «contributi», del resto, ben avrebbero potuto
(e potrebbero) essere richiesti dal Presidente del Consiglio dei ministri agli
organi in questione senza che fosse necessario prevedere, al fine di
consentirne l’acquisizione da parte dello stesso Presidente del Consiglio, la
notificazione agli stessi dell’atto introduttivo del giudizio.
Può perciò affermarsi che, in base
all’attuale disciplina dei conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni o
Province autonome, successiva alla modificazione delle Norme integrative per i
giudizi davanti a questa Corte posta in essere nel 2004, quando l’esercizio
dell’attribuzione statale spetta a organi indipendenti dal Governo −
destinatari, perciò, della notificazione prevista dall’art. 25, comma 2, delle
citate Norme integrative − a questi è riconosciuta la facoltà di
intervenire nel giudizio costituzionale al fine di fare valere le ragioni della
legittimità dell’atto impugnato, da essi adottato, in via autonoma dal
resistente Presidente del Consiglio dei ministri. Tale facoltà di intervento è
stata, in effetti, già riconosciuta da questa Corte nelle sentenze n. 2 del 2007 −
resa in un giudizio che, per la prima volta, ha visto la concreta
partecipazione al processo costituzionale di un’autorità giudiziaria
destinataria della notificazione ai sensi dell’art. 27, comma 2, delle Norme
integrative − e n. 195 del 2007.
Gli interventi spiegati dalla Procura
regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Bolzano
sono, pertanto, ammissibili..
4.– Sempre con riguardo al profilo
soggettivo dei proposti conflitti, deve poi rilevarsi che la Provincia autonoma
di Bolzano ha notificato i ricorsi anche alla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, organo che, non
avendo emanato gli atti impugnati, non rientra tra quelli ai quali l’art. 25,
comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale, impone di notificare il ricorso per conflitto di attribuzione
tra Stato e Regioni o Province autonome.
Premesso che tale organo non è
intervenuto nei giudizi, le dette notificazioni costituiscono un atto superfluo
che non richiede una dichiarazione di inammissibilità (sentenze n. 44 del 1958,
n. 467 e n. 550 del 1990).
I giudizi possono quindi senz’altro svolgersi nel contraddittorio, regolarmente
costituito, delle parti ricorrente e resistente e dell’organo, la Procura
regionale di Bolzano, che ha adottato gli atti impugnati.
5.− Occorre ora esaminare, sempre
in via preliminare, i numerosi profili di inammissibilità dei conflitti
sollevati. Esame che deve prendere le mosse, logicamente, dal vaglio dei due
profili con i quali, affermandosi, rispettivamente, l’invalidità e la
genericità delle deliberazioni con cui la Giunta provinciale della Provincia
autonoma di Bolzano ha deciso le impugnazioni, viene contestata la regolarità
stessa della proposizione dei ricorsi.
5.1.− Con il primo rilievo, si
prospetta, in particolare, che dette deliberazioni sarebbero invalide in quanto
adottate (all’unanimità) con la partecipazione, sia alla discussione che alla
votazione delle stesse, del Presidente della Provincia autonoma ricorrente, il
quale si sarebbe trovato in una situazione di conflitto di interessi −
derivante, essenzialmente, dal fatto che il procedimento nell’àmbito del quale erano stati adottati gli impugnati decreto
di sequestro e richiesta di documentazione aveva a oggetto la gestione delle
spese riservate a lui riconosciute − che gli avrebbe imposto di astenersi
da dette discussione e votazione.
Il rilievo non è fondato.
A prescindere da ogni considerazione in
ordine alla possibilità di fare valere davanti a questa Corte vizi di
legittimità delle delibere di autorizzazione a proporre i ricorsi che, come
quello prospettato dalla Procura regionale, non attengono né alla (previa)
esistenza di dette delibere né alla provenienza delle stesse dall’organo
collegiale competente ad adottarle − secondo quanto previsto, per lo
Stato, dall’art. 2, comma 3, lettera g), della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri) e, per le Regioni e le Province autonome, dagli artt.
39, terzo comma, e 40 della legge n. 87 del 1953, nonché dalle disposizioni di
alcuni statuti speciali − deve escludersi che la partecipazione del
Presidente della Provincia autonoma di Bolzano alla discussione e alla
votazione delle decisioni di impugnazione abbia determinato l’insorgere di un
conflitto di interessi. In proposito, va infatti osservato che tali
deliberazioni di proporre i ricorsi non erano in grado, di per sé, di produrre
alcuna conseguenza, né favorevole né sfavorevole, sulla situazione personale
del Presidente della Provincia autonoma nel procedimento in corso davanti alla
Procura regionale della Corte dei conti, atteso che, con la proposizione dei
ricorsi, ogni decisione sulla legittimità costituzionale degli atti istruttori
emessi in quel procedimento e sul loro eventuale annullamento è stata rimessa a
questa Corte. Da tale inidoneità delle deliberazioni della Giunta della
Provincia autonoma di Bolzano, con le quali è stata decisa la proposizione dei
conflitti, a influire direttamente sull’interesse personale del Presidente
provinciale, discende che il concorso di quest’ultimo all’adozione delle stesse
non integra un’ipotesi di conflitto di interessi e non comporta, perciò,
l’invalidità di dette delibere.
5.2.– Con il secondo rilievo si deduce che
le menzionate deliberazioni della Giunta provinciale della Provincia autonoma
di Bolzano sarebbero inidonee a costituire il fondamento dei proposti ricorsi.
Le stesse, infatti, si sarebbero limitate a lamentare la violazione di numerose
disposizioni costituzionali e statutarie – talora contenenti, come nel caso
degli invocati artt. 117, 118 e 119 Cost. e degli artt. 4, 8, 16 e 52 dello
statuto speciale, diversi parametri – senza indicare quali siano le competenze
della Provincia autonoma che sarebbero state lese dal decreto di sequestro e
dalla richiesta di documentazione impugnati, né come tale lesione si sia
determinata.
Neppure tale rilievo è fondato.
Le delibere della Giunta provinciale n.
1867 del 10 dicembre 2012 e n. 520 dell’8 aprile 2013, poste a base dei ricorsi
introduttivi dei giudizi, dopo avere richiamato la giurisprudenza di questa
Corte in tema di limiti ai poteri istruttori delle procure presso la Corte dei
conti, lamentano – così deducendo, implicitamente ma in modo inequivocabile, un
contrasto con detta giurisprudenza – che gli impugnati atti istruttori
sarebbero stati adottati dalla Procura regionale di Bolzano in mancanza di una notitia damni suffragata dalla
sussistenza di elementi concreti e specifici e sarebbero rivolti ad acquisire
la documentazione concernente un intero «settore di attività» della Provincia
autonoma relativamente a un lunghissimo periodo di tempo, per gran parte del
quale il diritto al risarcimento del danno erariale sarebbe stato già
prescritto. Nelle stesse delibere si afferma poi che, tale essendo la portata
dei due atti istruttori, «il potere che [con gli stessi] si intende esercitare
[…] viene […] a costituire una vera e propria attività di controllo da parte
della magistratura contabile che, secondo gli artt. 100 e 103 Cost., [essa] non
è abilitata ad effettuare, con la conseguenza che risulta lesa la sfera di
autonomia della Provincia autonoma di Bolzano, garantita dagli artt. 5, 114,
116, 117, 118, 119 della Costituzione e dagli artt. 4, 8, 16, 52, 69 dello Statuto
Speciale, nonché leso il principio del buon andamento della pubblica
amministrazione (art. 97 Cost.)», precisandosi, inoltre, che «a tale proposito
va anche considerato che la Provincia autonoma di Bolzano, nell’esercizio
dell’autonomia riconosciutale, ha disciplinato con proprie norme sia le spese
riservate che quelle di rappresentanza».
Alla luce di tale tenore delle due
delibere, deve ritenersi che la Giunta provinciale abbia sufficientemente
chiarito, sia pure in modo sintetico, sia le ragioni della dedotta esorbitanza
degli impugnati atti istruttori rispetto ai poteri costituzionalmente spettanti
alla Corte dei conti (e, quindi, della dedotta violazione degli artt. 100 e 103
Cost. che quei poteri delimitano), sia le ragioni della asserita conseguente
lesione della sfera di autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria
della Provincia autonoma, nonché del principio di buon andamento della pubblica
amministrazione, con particolare riguardo al settore – come chiaramente si
evince dall’espresso riferimento all’avvenuto esercizio della propria autonomia
in tale àmbito – delle spese riservate e di
rappresentanza.
Deve perciò affermarsi che le
deliberazioni di autorizzazione alla proposizione dei conflitti, avendo
sufficientemente individuato i termini degli stessi, sono idonee a sorreggere i
ricorsi proposti.
6.– Venendo alle ulteriori eccezioni
sollevate, questa Corte, per economia di giudizio e facendo ricorso al proprio
potere di decidere l’ordine delle eccezioni da affrontare, ritiene di dovere
innanzitutto analizzare quelle con le quali il Presidente del Consiglio dei
ministri – e, con esso, la Procura regionale di Bolzano – ha dedotto
l’inammissibilità dei ricorsi in quanto essi si risolverebbero, in realtà, in
un improprio mezzo di censura del modo di esercizio della funzione giudiziaria.
Tali eccezioni sono fondate.
Questa Corte ha costantemente affermato
che atti della giurisdizione sono suscettibili di essere posti a base di un
conflitto di attribuzione tra Regione, o Provincia autonoma, e Stato, oltre che
tra poteri dello Stato, solo «quando sia contestata radicalmente la
riconducibilità dell’atto che determina il conflitto alla funzione
giurisdizionale ovvero sia messa in questione l’esistenza stessa del potere
giurisdizionale nei confronti del soggetto ricorrente. Il conflitto è invece
inammissibile qualora si risolva in strumento improprio di censura del modo di
esercizio della funzione giurisdizionale, valendo contro gli errori in iudicando di diritto sostanziale o processuale i rimedi
consueti riconosciuti dagli ordinamenti processuali delle diverse
giurisdizioni» (sentenza
n. 326 del 2003, in un passaggio testualmente riportato anche dalla
successiva sentenza
n. 150 del 2007). In caso contrario, infatti, il giudizio costituzionale
sul conflitto si trasformerebbe «in un nuovo grado di giurisdizione avente
portata generale che si andrebbe ad aggiungere ai rimedi per far valere
eventuali vizi o errori di giudizio già previsti dall’ordinamento processuale
nel quale l’atto di giurisdizione concretamente si iscrive» (sentenza n. 326 del
2003).
Nella specie, dal decreto di sequestro e
dalla richiesta di documentazione all’origine dei conflitti, risulta come la
Procura regionale di Bolzano abbia ampiamente motivato in ordine al fondamento
del potere istruttorio esercitato con riguardo all’esistenza sia di elementi
concreti e specifici, idonei a integrare una notizia di danno qualificata,
concernente la gestione delle spese riservate di pertinenza dell’attuale
Presidente della Provincia autonoma di Bolzano a partire dall’anno 1994 (in cui
tale categoria di spese fu introdotta dal legislatore provinciale) e per
l’intero corso della sua presidenza – elementi che sarà compito del competente
giudice contabile valutare nel merito – sia di dati relativi all’asserito
occultamento doloso di detto danno (con conseguenti decorso del termine
quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento solo a fare data dalla
recente scoperta dello stesso, il 12 ottobre 2012, e possibile esercizio
dell’azione di responsabilità in relazione a tutti i fatti dannosi
eventualmente verificatisi dal 1994).
A fronte di tale contenuto del decreto
di sequestro e della richiesta di documentazione impugnati, con i due ricorsi
proposti la Provincia autonoma di Bolzano deduce essenzialmente che,
contrariamente a quanto affermato dalla Procura regionale, da un lato, gli
elementi in base ai quali sono state avviate le indagini non sarebbero concreti
e specifici ma costituirebbero delle «semplici ipotesi o congetture»,
dall’altro, un occultamento doloso del danno sarebbe «radicalmente escluso, se
non altro per la stessa esistenza della documentazione contabile della quale il
Pubblico Ministero chiede il sequestro». La Provincia autonoma ricorrente non
lamenta quindi che la Procura contabile abbia adottato gli impugnati atti istruttori
prescindendo dalla necessità di fondare il proprio potere istruttorio su di una
notitia damni qualificata,
cioè specifica e concreta e non «semplice ipotesi o congettura». Essa lamenta,
piuttosto, che detta Procura avrebbe errato nel reputare che gli elementi a
propria disposizione fossero tali da integrare una notizia di danno siffatta,
nonché, per altro verso, da fare ritenere sussistente un occultamento doloso
del danno. In tale modo, tuttavia, la Provincia autonoma ricorrente non
contesta il compimento, da parte della Procura regionale di Bolzano, di atti
radicalmente non riconducibili all’esercizio delle attribuzioni proprie del
potere giudiziario, ma prospetta, piuttosto, meri errori di valutazione che
sarebbero stati compiuti da detta Procura contabile – alla quale tale
valutazione certamente spetta – per avere essa ritenuto che gli elementi a
propria disposizione integrassero una notizia di danno specifica e concreta e
comprovassero l’occultamento doloso di tale danno. Contesta, cioè, in definitiva,
non l’inesistenza del potere inquirente della Procura regionale di Bolzano ma i
supposti errores in iudicando
dalla stessa commessi nell’esercizio di detto potere. Per fare valere tali
errori di giudizio, non vale, quindi, il conflitto di attribuzione, ma valgono
i rimedi previsti dall’ordinamento processuale contabile in cui gli impugnati
atti di giurisdizione si iscrivono. E ciò tanto più oggi, dopo che, con il
comma 30-ter dell’art. 17 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), inserito dalla legge di
conversione 3 agosto 2009, n. 102 e modificato dall’art. 1, comma 1, lettera
c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 (Disposizioni correttive
del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009), convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, il legislatore è intervenuto a fissare i
presupposti dell’avvio, da parte delle procure contabili, dell’attività
istruttoria − che può essere iniziata solo «a fronte di specifica e concreta
notizia di danno» − stabilendo, altresì, la nullità degli atti istruttori
posti in essere in mancanza di una notizia così qualificata e la facoltà, per
«chiunque vi abbia interesse», di fare valere tale vizio, «in ogni momento»,
davanti alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti. Actio nullitatis che –
contrariamente a quanto dedotto dalla Provincia autonoma ricorrente nelle
proprie memorie – la giurisprudenza della Corte dei conti ritiene esperibile
anche dall’amministrazione che si assume danneggiata dal fatto del proprio
funzionario (Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale centrale
d’appello, sentenza 10 maggio 2011, n. 221) e idonea a rendere privi di effetti
atti istruttori delle procure contabili che siano «espressione di un’impropria
e generalizzata forma di controllo» (in tali termini, ex multis, Corte dei conti, seconda
sezione giurisdizionale centrale d’appello, sentenza 11 novembre 2010, n. 460).
Da quanto precede consegue
l’inammissibilità dei proposti conflitti, con assorbimento della decisione
sulle istanze di sospensione dell’efficacia degli atti impugnati proposte dalla
ricorrente e di ogni ulteriore profilo.
per
questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibili i conflitti di attribuzione promossi
dalla Provincia autonoma di Bolzano nei confronti dello Stato, in relazione al
decreto di sequestro n. 0002941-17/10/2012-PR_BZ-U15-P adottato dalla Procura
regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Trentino-Alto
Adige, sede di Bolzano, il 17 ottobre 2012, e alla richiesta di documentazione
n. 0000457-22/02/2013-PR_BZ-U15-P, adottata dalla stessa Procura regionale
presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Trentino-Alto
Adige, sede di Bolzano, il 21 febbraio 2013, con i ricorsi indicati in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2013.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 ottobre
2013.