Sentenza n. 467 del 1990

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SENTENZA N.467

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Piemonte notificato il 15 maggio 1990, depositato in cancelleria il 24 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro della sanità 16 febbraio 1990, dal titolo <Modificazioni al d.m. 3 novembre 1989, concernente l'autorizzazione all'espletamento delle attività di prelievo e trapianto di cuore da cadavere a scopo terapeutico presso l'Istituto di medicina e chirurgia cardiovascolare - cattedra di cardiochirurgia dell'Università degli Studi di Torino>, ed iscritto al n. 16 del registro conflitti 1990.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 luglio 1990 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi l'Avvocato Gustavo Romanelli per la Regione Piemonte e l'Avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato nei termini di legge al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della sanità e ritualmente depositato, la Regione Piemonte ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro della sanità 16 febbraio 1990, dal titolo "Modificazioni al d.m. 3 novembre 1989, concernente l'autorizzazione all'espletamento delle attività di prelievo e trapianto di cuore da cadavere a scopo terapeutico presso l'Istituto di medicina e chirurgia cardiovascolare - cattedra di cardiochirurgia dell'Università degli studi di Torino".

La Regione Piemonte ricorda che il d.m. 3 novembre 1989, che l'atto impugnato intende modificare, autorizza l'Istituto di medicina e chirurgia cardiovascolare - cattedra di cardiochirurgia dell'Università degli studi di Torino ad espletare l'attività di prelievo e di trapianto di cuore da cadavere a scopo terapeutico, prevedendo, in particolare, che tale istituto "si avvarrà dei servizio di immunologia dei trapianti dell'Istituto di genetica medica che svolge la funzione di centro regionale di riferimento" (art. 5). Questo decreto aveva alle spalle una precedente attività regionale, dal momento che la Regione Piemonte aveva già provveduto, con deliberazione consiliare n. 207.7608 del 22 settembre 1982, a costituire, "ai sensi dell'art. 13 della legge 2 dicembre 1975, n. 644, e dell'art. 11 del d.P.R. 16 giugno 1977, n. 409", il Centro regionale di riferimento di immunogenetica dell'istocompatibilità, che era stato individuato nel Servizio di immunologia dei trapianti, istituito presso l'università di Torino in virtù di un'apposita convenzione stipulata con l'ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e della Città di Torino, approvata con deliberazione della Giunta regionale n. 174-26792. Sicchè, quando il d.m. 3 novembre 1989 provvide ad abilitare il Centro regionale di riferimento all'attività di prelievo e di trapianto sopra riferita, fu pacifica l'individuazione del Centro regionale di riferimento in quell'istituto universitario.

Il decreto ministeriale impugnato, sostituendo senza alcuna giustificazione e con un atto viziato per eccesso di potere il Centro di riferimento regionale con il Centro interregionale Nord Italia Munsplant, si porrebbe in contrasto con le competenze garantite alla Regione dall'art. 117 della Costituzione, in correlazione con la legge 2 dicembre 1975, n. 644, e con il d.P.R. 16 giugno 1977, n. 409. Eguale lesione sarebbe sussistente anche in relazione al contenuto del decreto stesso, che attribuisce al predetto Centro interregionale il compito di coordinare: a) "la ricerca di anticorpi linfocitotossici nel siero dei candidati al trapianto e la loro tipizzazione tissutale; b) il contatto con i centri di prelievo e trapianto, l'accertamento delle caratteristiche immunogenetiche dei donatori ed il cross-match tra ricevente e donatore; c) il collegamento funzionale tra attività di prelievo e quella di trapianto del cuore"; d) "la costituzione e l'aggiornamento dell'elenco nazionale dei potenziali riceventi", in attesa dell'istituzione del Centro nazionale di riferimento. Pertanto, la ricorrente chiede che, oltre a riconoscere il potere della Regione a disciplinare la suddetta materia, sia annullato il decreto ministeriale impugnato.

2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, ribadendo di essere l'unico legittimato a contraddire al proposto ricorso, si é costituito per chiedere il rigetto dei ricorso stesso.

Attraverso un esame della legge n. 644 del 1975 e del relativo regolamento di esecuzione (d.P.R. n. 409 del 1977), il resistente sottolinea come quelle norme distinguano le operazioni di prelievo effettuabili negli ospedali civili e militari, nonchè negli istituti universitari, negli istituti di ricerca e nelle case di cura private all'uopo autorizzati dal Ministro della sanità (art. 3, comma secondo), rispetto alle operazioni di trapianto effettuabili esclusivamente presso gli enti ospedalieri o gli istituti universitari autorizzati dal Ministro della sanità, previo parere del Consiglio superiore della sanità in ordine all'idoneità del luogo di esecuzione dell'innesto (terapeutico o sperimentale) e alla capacità tecnica degli esecutori (art. 10). Sulla base delle stesse norme, prosegue l'Avvocatura dello Stato, uno speciale organismo, che é denominato "Centro di riferimento" e può essere regionale, interregionale o nazionale, é tenuto a individuare i soggetti idonei a ricevere il trapianto di organi (artt. 13 e 14 della legge, nonchè 11-13 del regolamento).

Dal momento che l'art. 13 della suddetta legge attribuisce alle regioni soltanto il compito di promuovere la costituzione (istituzione) dei "centri di riferimento" regionali e interregionali, l'Avvocatura dello Stato rileva che tale competenza non potrebbe essere confusa con quella di individuare, fra più centri regionali o interregionali, il centro di cui dovrà servirsi l'istituto che viene autorizzato ad effettuare prelievi e trapianti. Ed invero, conclude la stessa Avvocatura, considerato che la funzione dei centri di riferimento é quella di individuare i soggetti idonei ad ottenere il trapianto, non potrebbe esservi autorizzazione ad operare prelievi e trapianti senza contestuale identificazione del centro destinato ad accertare quell'idoneità. Sicchè l'identificazione dovrebbe esser configurata come funzione accessoria e propedeutica rispetto a quella autorizzatoria e, come tale, non potrebbe non rientrare nella competenza dell'autorità cui spetta l'adozione dell'autorizzazione, cioé del Ministro della sanità.

In linea di fatto l'Avvocatura dello Stato rileva da ultimo che il decreto impugnato é diretto a rettificare il precedente d.m. 3 novembre 1989, che aveva erroneamente individuato il centro regionale di riferimento anzichè quello interregionale Transplant come centro interregionale del Nord Italia. Poichè, dunque, la Regione non ha impugnato il precedente decreto, che pur aveva esercitato, anche se erroneamente, il potere di individuazione del centro di riferimento, l'Avvocatura sottolinea l'incoerenza della Regione stessa, che ha impugnato oggi il secondo decreto, il quale non contiene altro che una rettifica del precedente.

Considerato in diritto

1. - Il conflitto di attribuzione oggetto dell'attuale giudizio è stato sollevato dalla Regione Piemonte con un ricorso, notificato entro il termine prescritto sia al Presidente del Consiglio dei ministri che al Ministro della sanità e regolarmente depositato, con il quale si contesta allo Stato la invasione delle competenze ad essa garantite dall'art. 117 della Costituzione, come attuato dalla legge 22 dicembre 1975, n, 644, e dal d.P.R. 16 giugno 1977, n, 409, in seguito all'emanazione del decreto del Ministro della sanità 16 febbraio 1990, dal titolo 6Modificazioni al d.m. 3 novembre 1989, concernente l'autorizzazione all'espletamento delle attività di prelievo e trapianto di cuore da cadavere a scopo terapeutico presso l'Istituto di medicina e chirurgia cardiovascolare-cattedra di cardiochirurgia dell'Università degli studi di Torino6.

Più precisamente, poichè il provvedimento impugnato afferma di sostituire l'art. 5 del d.m. 3 novembre 1989 - il quale stabiliva che l'Istituto di medicina e chirurgia vascolare - cattedra di cardiochirurgia, ai fini della ricerca dei caratteri immunogenetici dei donatori e dei riceventi si avvale, quale Centro regionale di riferimento, del Servizio di immunologia dell'Istituto di genetica medica dell'Università di Torino - e poichè lo stesso provvedimento individua nel Centro interregionale di riferimento del Nord Italia Transplant il detentore di una serie di compiti di coordinamento e gestionali attinenti alle competenze affidate dalla legge ai centri di riferimento regionali e interregionali, operanti nell'ambito della sfera di competenza regionale, la ricorrente ritiene che risultino lese le attribuzioni conferite alle regioni dall'art. 117 della Costituzione, come attuato dalla legge 2 dicembre 1975, n. 644.

2. -Premesso che il contradittorio si è regolarmente costituito, dal momento che, come questa Corte ha costantemente affermato, i conflitti di attribuzione fra Stato e regioni <devono svolgersi esclusivamente nel contradittorio del Presidente del Consiglio dei ministri, da un lato, e del Presidente della Regione, dall'altro, di qualunque autorità dello Stato o della Regione sia l'atto dal quale il conflitto deriva> (v., da ultimo, sent. n. 215 del 1988, nonchè sentt. nn. 15 del 1957 e 172 del 1983), e premesso che, dunque, l'ulteriore notifica del ricorso al Ministro della sanità è un atto superfluo che non esige alcuna dichiarazione di inammissibilità (v. sent. n. 44 del 1958), occorre dire che l'attuale giudizio per conflitto di attribuzione va risolto con l'accoglimento del ricorso proposto dalla Regione Piemonte.

La ripartizione delle competenze fra Stato e regioni nella materia dedotta in giudizio è determinata, in immediata attuazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, dall'art. 6, lettera 1, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario nazionale). La disposizione ivi contenuta-la quale conferma un'analoga statuizione posta dall'art. 30, lettera l, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) - stabilisce che, nell'ambito della materia <assistenza sanitaria e ospedaliera>, sono di competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti <il prelievo di parti di cadavere, la loro utilizzazione e il trapianto di organi limitatamente alle funzioni di cui alla legge 2 dicembre 1975, n. 644>.

Tale legge, che è stata parzialmente modificata dalla successiva legge 13 luglio 1990, n. 198, in ordine ai prelievi di parti di cadavere e ai trapianti terapeutici definisce le attribuzioni dello Stato nel seguente modo: a) il Ministro della sanità è competente ad autorizzare le case di cura private ad effettuare le attività di prelievo e gli enti ospedalieri e gli istituti universitari ad effettuare le operazioni di trapianto (quest'ultima autorizzazione, che deve indicare anche i nomi dei sanitari abilitati al trapianto, viene rilasciata previo parere del Consiglio superiore di sanità e sul presupposto che l'Istituto superiore della sanità abbia accertato l'idoneità delle attrezzature esistenti nel settore dell'intervento chirurgico e in quello dell'organizzazione della ricerca immunologica e abbia documentato la specifica competenza medico- chirurgica e biologica dei sanitari preposti agli interventi) (artt. 3 e 10); b) il <centro nazionale di riferimento per i trapianti di organi>, che deve esser costituito in base alla legge presso l'Istituto superiore di sanità, ha il compito di determinare gli standards genetici, biologici e tecnici necessari per stabilire la compatibilità fra soggetti donanti e soggetti riceventi il trapianto (art. 14).

La stessa legge, poi, determina le attribuzioni spettanti alle regioni nella medesima materia disponendo che queste ultime <promuovono la costituzione> dei centri regionali o interregionali di riferimento, competenti <per l'individuazione dei soggetti idonei a ricevere il trapianto di organi>, la cui istituzione e la cui gestione sono regolate da convenzioni, da stipularsi in ogni regione, fra gli enti ospedalieri, le case di cura private e gli istituti universitari e di ricerca autorizzati, ai sensi degli artt. 3 e 10, ad effettuare i prelievi e i trapianti (art. 13, primo e secondo comma). Nello stesso art. 13, al terzo comma, è poi stabilito che i centri regionali o interregionali comunicano agli enti convenzionati <i dati necessari per stabilire la compatibilità genetica tra soggetto donante e soggetto ricevente il trapianto, sulla base dei dati forniti dagli stessi>.

3.-In definitiva-coerentemente con i principi stabiliti negli artt. 117 e 118 della Costituzione, per i quali spettano alle regioni la potestà legislativa e le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera - la legge n. 644 del 1975 precisa la ripartizione delle competenze fra Stato e regioni, riconoscendo al primo poteri legati a interessi unitari e di rilievo per la collettività generale (fissazione degli standards, attraverso il Centro nazionale di riferimento, per la compatibilità fra donanti e riceventi, nonchè autorizzazione a istituti ospedalieri e di ricerca per l'effettuazione di trapianti) e alle seconde poteri concernenti le attività operative di organizzazione e di erogazione dei relativi servizi, fra cui rientra, innanzitutto, la promozione della costituzione di centri regionali e interregionali di riferimento aventi il compito di individuare i soggetti idonei a ricevere l'organo da trapiantare e di effettuare le operazioni e gli accertamenti necessari per il compimento del trapianto. A questa ripartizione di competenze, peraltro precisamente riprodotta e svolta nel relativo regolamento di esecuzione (v. art. 12 del d.P.R. 16 giugno 1977, n. 409), contravviene manifestamente l'impugnato decreto del Ministro della sanità 16 febbraio 1990.

In primo luogo, quest'ultimo decreto, nell'affermare di sostituire l'art. 5 del d.m. 3 novembre 1989, è in realtà diretto a individuare il <centro di riferimento interregionale> per il Nord Italia, esercitando così una competenza che il già ricordato art. 13 della legge n. 644 del 1975 affida agli enti autorizzati al prelievo e al trapianto sulla base di convenzioni da stipulare a livello regionale. Quest'ultimo articolo, in altre parole, esclude che lo Stato e, per esso, il Ministro della sanità, abbia il potere di individuare quale centro di riferimento per tutte le regioni del Nord Italia un istituto che è stato riconosciuto come centro regionale di riferimento nella Regione Lombardia e con il quale si sono convenzionati allo stesso scopo istituti autorizzati al prelievo e al trapianto operanti in regioni diverse dal Piemonte.

In secondo luogo, lo stesso provvedimento impugnato mira ad attribuire al Centro interregionale di riferimento del Nord Italia Transplant poteri di coordinamento concernenti attività la cui disciplina ricade nelle competenze regionali. Come si è appena ricordato, la legge n. 644 del 1975 (art. 13), nell'imputare ai centri regionali e interregionali di riferimento le attività relative al compimento delle operazioni collegate all'effettuazione del trapianto (individuazione del soggetto ricevente fra quelli in attesa di trapianto, contatti con i centri di prelievo, raccolta dei dati di istocompatibilità, esecuzione delle prove immunologiche e di tipizzazione tissutale, effettuazione di prove incrociate di compatibilità fra donante e ricevente, etc.), attribuisce alle regioni le relative funzioni legislative e amministrative, ad eccezione della fissazione degli standards genetici, biologici e tecnici, nonchè dell'autorizzazione che abilita gli istituti di cura e di ricerca al prelievo e al trapianto, previo accertamento della sussistenza delle necessarie capacità tecniche e organizzative. Sicchè, il decreto impugnato, per il solo fatto di intervenire a fissare le competenze del Centro interregionale di riferimento del Nord Italia Transplant, invade un campo indubbiamente riservato alle regioni.

Infine, per motivi analoghi il decreto impugnato è lesivo delle competenze regionali anche nell'ultimo comma del suo articolo unico, laddove stabilisce che <in attesa dell'istituzione del Centro nazionale di riferimento, il centro interregionale del Nord Italia Transplant è altresì incaricato di coordinare la costituzione e l'aggiornamento dell'elenco nazionale dei potenziali riceventi>. Infatti, la surrogazione, seppur temporanea, del Centro nazionale di riferimento con quello interregionale del Nord Italia Transplant potrebbe essere compiuta dallo Stato soltanto in relazione alle funzioni che la legge attribuisce al Centro nazionale-vale a dire in relazione alla determinazione degli standards genetici, biologici e tecnici necessari per stabilire la compatibilità fra donanti e riceventi -, ma non già in riferimento ad attività, come la compilazione e l'aggiornamento dell'elenco dei soggetti in attesa di trapianto, che, rientrando nell'organizzazione e nell'erogazione delle prestazioni inerenti alle operazioni di prelievo e di trapianto, spettano ai centri regionali e interregionali e sono, quindi, soggetti, a norma della legge n. 644 del 1975, alle competenze legislative e amministrative delle regioni.

4. -Contro tale conclusione non vale obiettare che l'individuazione di centri interregionali di riferimento, chiamati a coordinare le attività collegate alle operazioni di prelievo e di trapianto, dovrebbe esser considerata inerente o implicita al potere ministeriale di autorizzare istituti di cura o di ricerca ad effettuare prelievi e trapianti. Questo argomento, addotto dall'Avvocatura dello Stato nei suoi scritti difensivi, non è fondato, per il fatto che diversa è la giustificazione che sta a base dei due poteri.

Il potere del Ministro della sanità di autorizzare le case di cura private ad effettuare le operazioni di prelievo e gli enti ospedalieri e gli istituti universitari e di ricerca ad effettuare quelle di trapianto, si fonda sull'accertamento dell'idoneità dell'istituzione considerata-tenuto conto delle attrezzature tecniche possedute, delle strutture organizzative esistenti e del le capacità professionali di cui dispone - a espletare operazioni che richiedono una particolare dotazione di mezzi e una specifica competenza da parte dei sanitari. Si tratta, in altre parole, di un potere previsto a tutela primaria della salute della generalità dei cittadini e caratterizzato da un elevato grado di conoscenze tecniche e scientifiche (tanto che è esercitato previo parere del Consiglio superiore della sanità e sulla base di accertamenti compiuti dall'Istituto superiore della sanità): un potere, dunque, che a ragione è imputato a un'autorità centrale dello Stato, soprattutto a garanzia del rispetto di standards di valutazione uniformi su tutto il territorio nazionale.

Il potere di individuare centri di riferimento regionali e interregionali risponde, invece, alla diversa esigenza di porre gli enti operatori in condizione di svolgere nel modo migliore le attività di prelievo e di trapianto attraverso la predisposizione a livello regionale e interregionale di adeguati supporti tecnici e organizzativi, quali la compilazione degli elenchi dei soggetti in attesa di trapianto, la trasmissione di segnalazioni di organi disponibili per il trapianto, l'individuazione dei soggetti più idonei a ricevere gli organi da trapiantare previa effettuazione di confronti incrociati di compatibilità tissutale, l'esecuzione di prove immunologiche, la conservazione di campioni biologici, lo scambio di esperienze e metodologie. Si tratta, dunque, di attività che attengono al livello operativo e che, per le ragioni espresse nel punto precedente della motivazione, ricadono quindi nell'ambito delle competenze regionali.

Fra le attività da ultimo menzionate possono rientrare anche attività di coordinamento imputate a centri di riferimento interregionale. Ma la scelta, che il legislatore ha compiuto in attuazione immediata degli artt. 117 e 118 della Costituzione e che è ora concretizzata nelle disposizioni contenute nell'art. 13 della legge 2 dicembre 1975, n. 644, preclude la possibilità che quei poteri di coordinamento siano individuati e attribuiti con decreto del Ministro della sanità. L'art. 13, infatti, prevede che gli enti autorizzati al prelievo e al trapianto <devono convenzionarsi per la istituzione e la gestione di un centro regionale o interregionale di riferimento>. La scelta delle convenzioni per stabilire l'istituzione e la gestione dei predetti centri è talmente netta che lo stesso art. 13, al secondo comma, precisa che le regioni hanno semplicemente poteri attinenti alla promozione della costituzione dei centri medesimi, e non già il potere di istituzione degli stessi con un proprio atto unilaterale. Sicchè la eventuale previsione di poteri di coordinamento di livello interregionale aventi ad oggetto le attività operative degli istituti erogatori dei servizi sanitari relativi al prelievo e al trapianto di organi non può non avere la base convenzionale prescritta dall'art. 13 della legge n. 644 del 1975, rispetto alla quale le regioni, in quanto titolari delle funzioni legislative e amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera, posseggono poteri di promozione, di approvazione e di regolazione, beninteso nei limiti costituzionalmente previsti alle loro competenze. Ciò, del resto, risponde alla natura delle attività di coordinamento eventualmente previste a livello interregionale, le quali, proprio per essere fondate su convenzioni tra gli enti autorizzati al prelievo e al trapianto e per essere imputate a un centro di riferimento che ha la stessa natura giuridica degli enti destinatari di quelle attività, non possono svolgersi altro che nelle forme del coordinamento paritario.

5. - Nè, infine, può riconoscersi alcun effetto preclusivo rispetto all'esame del ricorso proposto in ragione della mancata impugnazione del decreto ministeriale 3 novembre 1989, il cui art. 5 è stato sostituito dal decreto oggetto dell'attuale conflitto.

Infatti, pur a prescindere da qualsiasi considerazione sulla non applicazione ai giudizi per conflitto di attribuzione dell'istituto dell'acquiescenza, sta di fatto che l'articolo da ultimo citato conteneva una prescrizione del tutto diversa, poichè stabiliva che, ai fini della ricerca dei caratteri immunogenetici dei donatori e dei riceventi, l'istituto di medicina e chirurgia cardiovascolare - cattedra di cardiochirurgia dell'Università di Torino <si avvarrà del servizio di immunologia dei trapianti dell'istituto di genetica medica che svolge le funzioni di centro regionale di riferimento>. In altri termini, questa disposizione prevedeva semplicemente un'ipotesi di avvalimento da parte di un istituto di un'università statale nei confronti di un <servizio> della stessa università, il quale era già stato individuato come <centro di riferimento regionale> con una procedura conforme all'art. 13 della legge n. 644 del 1975 che era sfociata nella delibera del Consiglio regionale piemontese 22 settembre 1982 n. 207-7608. Ciò significa che l'ultimo inciso dell'art. 5 non poteva avere un'efficacia costitutiva diretta a individuare (illegittimamente) il <centro regionale di riferimento> per il Piemonte, ma aveva semplicemente un effetto ricognitivo di una scelta già compiuta a livello regionale.

Il decreto impugnato, invece, mira a individuare il <centro interregionale di riferimento> per il Nord Italia e a dotarlo dei poteri di coordinamento determinati dallo stesso decreto. Si tratta di disposizioni del tutto diverse da quelle sostituite, che in realtà hanno un contenuto analogo a quello di due decreti del Ministro della sanità adottati in data 11 novembre 1985. Ma anche questi ultimi decreti non possono produrre alcun effetto preclusivo nei confronti del ricorso della Regione Piemonte ora in esame, dal momento che si limitano a indicare, anch'essi con effetto meramente ricognitivo, l'istituto che era stato individuato come centro di riferimento nella Regione Lombardia e con il quale si erano già convenzionati allo stesso scopo, con una procedura attuata ai sensi dell'art. 13 della legge n. 644 del 1975, istituti autorizzati al prelievo e al trapianto operanti in regioni diverse dal Piemonte. Pertanto, l'attribuzione al Centro Nord Italia Transplant della qualifica di centro di riferimento valevole anche per la Regione Piemonte, disposta con il decreto impugnato, produce per la prima volta l'effetto lesivo delle competenze della ricorrente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato individuare, ai sensi dell'art. 13 della legge 2 dicembre 1975, n. 644 (Disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico), il centro interregionale di riferimento per il Nord Italia Transplant e attribuire ad esso poteri di coordinamento delle operazioni di supporto al prelievo e al trapianto di cuore da cadavere a scopo terapeutico;

annulla, conseguentemente, il decreto del Ministro della sanità 16 febbraio 1990 dal titolo <Modificazioni al d.m. 3 novembre 1989, concernente l'autorizzazione all'espletamento delle attività di prelievo e di trapianto di cuore da cadavere a scopo terapeutico presso l'istituto di medicina e chirurgia cardiovascolare - cattedra di cardiochirurgia dell'Università degli Studi di Torino>.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/09/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 16/10/90.