SENTENZA N. 172
ANNO 1983
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso dalla Regione Trentino-Alto Adige contro il Ministro del Tesoro, notificato il 2 luglio 1981 depositato nella Cancelleria della Corte costituzionale l'8 luglio 1981, iscritto al n. 28 del registro ricorsi 1981, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dei decreti del Ministro del Tesoro 11 aprile 1981 (G.U. n. 120) e 5 maggio 1981 (G.U. n. 136) in tema di autonomia finanziaria, contabile e patrimoniale;
visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1982 il giudice relatore dott. Brunetto Bucciarelli Ducci;
uditi l'avv. Alessandro Pace, per la Regione Trentino-Alto Adige e l'avvocato dello Stato Paolo Vittoria, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 2 luglio 1981 la Regione Trentino-Alto Adige, in persona del Presidente della Giunta regionale, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Ministro del Tesoro avverso i decreti dello stesso ministro dell'11 aprile e del 5 maggio 1981 (pubblicati sulla GG. UU. del 4 maggio 1981 n. 120 e del 20 maggio 1981 n. 136).
La Regione premette di aver già sollevato in via principale, con ricorso dell'8 maggio 1981 depositato il 16 successivo, questione di legittimità costituzionale degli artt. 40 e 35 della legge n. 119/1981, dei quali i due decreti ministeriali costituiscono attuazione.
Secondo la Regione, infatti, il legislatore nazionale con le citate disposizioni della legge n. 119 del 1981 e, conseguentemente, con i due decreti impugnati in questa sede, ha invaso la competenza legislativa regionale in tema di autonomia finanziaria, contabile e patrimoniale, nonché in ordine alla disciplina della gestione patrimoniale e finanziaria dei Comuni e dell'ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri.
La Regione conclude chiedendo che la Corte costituzionale, "previa declaratoria d'incostituzionalità degli artt. 35 e 40 della legge n. 119/1981, voglia affermare la competenza della Regione Trentino-Alto Adige nelle materie sopra indicate e conseguentemente annullare i decreti del Ministro del tesoro 11 aprile e 5 maggio 1981 in tutte quelle parti in cui viene invasa la competenza legislativa e amministrativa regionale".
Con lo stesso ricorso si chiede inoltre la sospensione dell'esecuzione del D.M. 11 aprile 1981.
2. - Si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, eccependo in primo luogo l'inammissibilità del ricorso, a norma degli artt. 39 l. 11 marzo 1953 n. 87 e 27 delle Norme integrative 16 marzo 1956, essendo rivolto e notificato al Ministro del Tesoro anziché al Presidente del Consiglio. L'Avvocatura richiama in proposito la sentenza di questa Corte del 26 gennaio 1957 n. 6.
Nel merito la difesa dello Stato ha rilevato che le disposizioni richiamate, indicando nel conto corrente con il Tesoro lo strumento per accreditare ai Comuni le somme provenienti dallo Stato, da un lato trovano il loro sicuro fondamento nell'art. 119 Cost., dall'altro regolano materia che esula dalla competenza regionale in tema di ordinamento degli enti locali.
Per quanto riguarda, invece, la disciplina dell'uso delle disponibilità (art. 40 l. n. 119/1981), essa interferisce indubbiamente sulla normativa di competenza regionale, ma trova comunque il suo fondamento negli artt. 4 e 5, prima parte, dello Statuto T.A.A.. Occorre, infatti distinguere tra risorse provenienti dal bilancio dello Stato e ogni altra risorsa di pertinenza del Comune.
Per le prime, in consonanza con quanto la Corte ha affermato nelle sentenze nn. 94 e 95/1981, deve ritenersi che la disciplina del loro accredito ai comuni costituisca la naturale prosecuzione del potere di disciplina della finanza comunale mediante l'attribuzione di risorse che transitano per il bilancio dello Stato.
Per le seconde - osserva l'Avvocatura - le disposizioni dettate con l'art. 40 l. n. 119/1981 si inseriscono in un quadro unitario diretto a salvaguardare, per quanto concerne la finanza degli enti, la possibilità di programmare la spesa e di destinare le risorse di loro competenza ai bisogni la cui cura é ad essi attribuita (secondo quanto dispone per le Regioni l'art. 119 comma secondo Cost.).
Viceversa l'uso patrimoniale delle medesime risorse, cioé la loro giacenza fruttifera in attesa dell'impiego, costituisce un momento del fenomeno finanziario che lo Stato ha il potere di regolare coordinando la propria finanza con quella degli enti, giacché la separazione dei flussi delle risorse prima del loro impiego genera fenomeni economici distorsivi, che é nell'interesse generale della comunità evitare.
L'Avvocatura conclude chiedendo che la Corte costituzionale, respinta la domanda di sospensione, dichiari il ricorso inammissibile oppure lo rigetti, statuendo che allo Stato spetta dettare le disposizioni emanate con i decreti ministeriali 11 aprile e 5 maggio 1981.
Considerato in diritto
1. - La questione sottoposta all'esame della Corte é se i DD.MM. del Ministro del Tesoro dell'll aprile e del 5 maggio 1981 siano o meno lesivi della sfera di competenza legislativa regionale, in tema di autonomia finanziaria, contabile e patrimoniale, della regione Trentino-Alto Adige (artt. 3,23, 81 e 97 della Costituzione e 4, 5, 16, 69 e ss. dello Statuto Speciale T.A.A.).
Con il primo di detti decreti il Ministro, richiamandosi all'art. 40 della legge 30 marzo 1981 n. 119, ha disposto che gli enti pubblici di cui agli artt. 25 e 31 della legge 5 agosto 1978, n. 468 (tra i quali le regioni a statuto ordinario e speciale), nonché le province e i comuni con popolazione superiore a ottomila abitanti e con bilancio di entrata superiore a un miliardo di lire, non possano mantenere disponibilità depositate a qualunque titolo presso le aziende di credito, di cui all'art. 5 del r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375, per un importo superiore al 12 per cento dell'ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza degli enti medesimi. Ha conseguentemente dettato tutta una serie di norme che disciplinano gli obblighi di informazione posti a carico degli enti predetti in favore delle aziende di credito; i modi di afflusso delle disponibilità degli enti stessi in contabilità speciali istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato; la sottoposizione delle relative contabilità alle norme del r.d.l. 23 maggio 1924 n. 827; il riconoscimento a favore di tali contabilità di un interesse annuo posticipato del 5%; l'afflusso in dette contabilità di tutte le assegnazioni, i contributi e quant'altro proveniente dal bilancio dello Stato, fatta eccezione per i fondi di cui all'art. 38 dello Statuto della regione siciliana, nonché quelli destinati alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano.
Con il secondo decreto (5 maggio 1981) lo stesso Ministro, richiamandosi questa volta all'art. 35, comma primo, della legge n. 119/1981, ha stabilito che le unità sanitarie locali, di cui all'art. 14 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, devono affidare la gestione del proprio servizio di tesoreria a determinate istituzioni creditizie che vengono tassativamente indicate.
Nel ricorso la Regione prospetta quattro motivi di conflitto: 1) violazione, da parte del D.M. 11 aprile 1981 e dell'art. 40 della legge n. 119/1981, della competenza legislativa secondaria in tema di ordinamento dei Comuni (art. 5 n. 1 St. T.A.A., art. 81 Cost. e art. 16 St. T.A.A.). 2) Violazione, da parte dello stesso D.M. 11 aprile 1981 e dell'art. 40 della legge n. 119/1981, dell'autonomia contabile e finanziaria della Regione (artt. 69 ss. St. T.A.A.) e dell'autonomia patrimoniale dell'ente. Disparità di trattamento e irragionevolezza della disciplina (artt. 3 e 97 Cost.). 3) Violazione, da parte del D.M. predetto e del citato art. 40 l. n. 119/1981, dagli artt. 23 Cost. e 16 St. T.A.A., sempre in tema di autonomia contabile, finanziaria e patrimoniale della Regione. 4) Violazione, da parte del D.M. 20 maggio 1981 e dell'art.35 della legge n. 119/1981, dell'art. 4 n. 7 e dell'art. 16 St. T.A.A., in relazione all'art. 6 bis del D.L. 30 dicembre 1979 n. 663, così come modificato dalla legge 29 febbraio 1980 n. 33, e all'art. 2 del D.P.R. 28 marzo 1975 n. 474.
2. - Il ricorso, tuttavia, é inammissibile per non essere stato notificato al Presidente del Consiglio dei ministri, bensì al Ministro del Tesoro.
Questa Corte ha più volte affermato che i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni "devono svolgersi esclusivamente nel contraddittorio del Presidente del Consiglio dei Ministri, da un lato, e del Presidente della Regione, dall'altro, di qualunque autorità dello Stato o della Regione sia l'atto dal quale il conflitto deriva" (sentenza n. 6/1957), disponendo in tal senso gli artt.39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 27 delle norme integrative 16 marzo 1956.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso con il ricorso in epigrafe indicato, dalla Regione Trentino- Alto Adige.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 1983.
Leopoldo ELIA – Michele ROSSANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 16 giugno 1983.