Sentenza n.215 del 1988

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SENTENZA N.215

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Trentino Alto Adige notificato il 3 ottobre 1981, depositato in Cancelleria il 10 ottobre successivo ed iscritto al n. 39 del Registro ricorsi 1981, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto 30 luglio 1981, recante: <Modificazione alla percentuale delle disponibilità degli enti che le aziende di credito possono detenere, nonchè delle modalità di riafflusso nella tesoreria statale delle eccedenze di disponibilità>.

Visto l'atto di costituzione del Ministro del Tesoro;

udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

udito l'Avv. Alessandro Pace per la Regione Trentino Alto Adige e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Considerato in diritto

L'eccezione di inammissibilità prospettata dall'Avvocatura dello Stato in quanto il ricorso é stato notificato al Ministro del Tesoro, anzichè al Presidente del Consiglio dei Ministri, é fondata.

Questa Corte, con giurisprudenza costante e ormai consolidata (sentt. nn. 6 del 1957, 172 del 1983; ord. n. 245 del 1986), sulla premessa che <i giudizi su conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni devono svolgersi esclusivamente nel contraddittorio del Presidente del Consiglio dei Ministri (o di un Ministro da lui delegato), da un lato, e del Presidente della Regione, dall'altro, di qualunque autorità dello Stato o della Regione sia l'atto dal quale il conflitto deriva>, ha affermato che la notificazione del ricorso dev'essere diretta agli organi cui spetta la legittimazione ad agire o a contraddire nei giudizi anzidetti, vale a dire, a seconda di chi sia il ricorrente, al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Presidente della Regione interessata.

Da questo orientamento non c'é motivo di discostarsi neppure di fronte alle nuove argomentazioni addotte dalla ricorrente a sostegno dell'opinione che la notificazione del ricorso debba essere rivolta all'autore dell'atto presupposto del conflitto.

Innanzitutto, la Corte ritiene che non sia corretta la configurazione del conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni come giudizio avente come oggetto principale, o essenziale, l'atto ritenuto invasivo della competenza che si assume menomata, anzichè come giudizio principalmente diretto a dichiarare la competenza in contestazione e, quindi, a dirimere controversie su attribuzioni relativamente a un dato rapporto (ad es. sentt. nn. 44 del 1958, n. 18 e 110 del 1970).

Tuttavia, ammesso pure, per mera ipotesi, che si tratti essenzialmente di un giudizio sull'atto ritenuto invasivo, da ciò non può assolutamente desumersi che destinatario della notificazione del ricorso debba essere l'autore dell'atto impugnato, per il semplice fatto che, essendo il regime delle notificazioni finalizzato alla regolare costituzione delle parti processuali, il ricorso dev'essere notificato agli organi che, per legge, hanno il potere di rappresentare in giudizio le parti del conflitto, vale a dire al Presidente del Consiglio dei Ministri, per lo Stato, e al Presidente della Giunta regionale, per la Regione. Nè può individuarsi una possibile breccia rispetto a questi principi nell'art. 39 l. n. 87 del 1953, laddove si prevede che per la proposizione del ricorso da parte dello Stato possa esser delegato un Ministro, poichè da questa norma si desume una conferma della esclusiva spettanza della legittimazione al Presidente del Consiglio dei Ministri in rappresentanza del Governo.

Tantomeno, possono ricavarsi principi contrari, in relazione al problema ora discusso, da norme dirette a regolare processi, come quello amministrativo, in cui, di norma, sono parti le singole amministrazioni pubbliche, non già lo Stato quale soggetto complessivo, come sempre avviene invece nel caso dei conflitti in oggetto. Nè, infine, alcun argomento può dedursi dalla sent. n. 97 del 1967 di questa Corte, il cui richiamo é in realtà del tutto inconferente, trattandosi di un caso vertente sulla equiparazione dei soggetti privati a quelli pubblici in relazione alla sanatoria dei vizi della notifica.

Va altresì respinto il secondo argomento addotto dalla ricorrente, in base al quale la costituzione della controparte avrebbe sanato ogni vizio della notifica, in quanto questa avrebbe cosi raggiunto il suo scopo. In primo luogo va osservato che il principio invocato si applica soltanto ai vizi direttamente attinenti alla notificazione, non già a quelli relativi all'individuazione del soggetto o dell'organo chiamato in giudizio, che comportano invece l'inammissibilità (non sanabile) del ricorso. In secondo luogo, va comunque precisato che, ammessa per mera ipotesi l'invocabilità di quel principio, quest'ultimo non può trovare applicazione a casi, come quello di specie, in cui la controparte si costituisce proprio per eccepire l'inammissibilità del ricorso in quanto notificato ad organo diverso da quello dovuto.

Resta assorbito ogni altro profilo della questione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Trentino Alto Adige con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/02/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 25 Febbraio 1988.