Sentenza n. 150 del 2007

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SENTENZA N. 150

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                        Presidente

- Giovanni Maria       FLICK                       Giudice

- Francesco               AMIRANTE                   "

- Ugo                        DE SIERVO                   "

- Romano                  VACCARELLA              "

- Paolo                      MADDALENA               "

- Alfio                      FINOCCHIARO             "

- Alfonso                  QUARANTA                  "

- Franco                    GALLO                          "

- Luigi                      MAZZELLA                   "

- Gaetano                  SILVESTRI                                   "

- Sabino                    CASSESE                      "

- Maria Rita              SAULLE                        "

- Giuseppe                TESAURO                     "

- Paolo Maria            NAPOLITANO               "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito del decreto del Presidente del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima-quater, 6 settembre 2006, n. 4932, promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 15 settembre 2006, depositato in cancelleria il 20 settembre 2006 ed iscritto al n. 13 del registro conflitti tra enti 2006.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 6 marzo 2007 il Giudice relatore Maria Rita Saulle;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon, Andrea Manzi e Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 15 settembre 2006 e depositato il successivo 20 settembre, la Regione Emilia-Romagna ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Presidente del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima-quater, 6 settembre 2006, n. 4932, lamentando la violazione degli artt. 117, 134 e 136 della Costituzione e chiedendo a questa Corte di «dichiarare che non spetta allo Stato e per esso al Presidente del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima-quater, di sospendere l’efficacia di una legge regionale».

1.1. – la Regione ricorrente premette che un’associazione ambientalista, la Lega Anti Vivisezione – Onlus (LAV), ha impugnato dinanzi al TAR del Lazio la deliberazione della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna adottata il 17 maggio 2006, n. 658 (Definizione del calendario per l’esercizio venatorio nella Regione Emilia-Romagna per la stagione 2006/2007), nonché la successiva legge della Regione Emilia-Romagna 10 luglio 2006, n. 10 (Norme per la definizione del calendario venatorio regionale per le stagioni 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009), chiedendo espressamente l’annullamento, previa sospensione – anche in via provvisoria –, di entrambi gli atti nella parte in cui, con una previsione di identico tenore, autorizzavano le Province ad anticipare l’esercizio venatorio ai primi giorni del mese di settembre 2006, per talune specie animali.

1.2. – Ciò posto, secondo la ricorrente, il citato decreto presidenziale n. 4932 del 2006, adottato ai sensi dell’art. 21, comma nono, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali) – come sostituito dall’art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 305 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa) –, avendo accolto l’istanza cautelare presentata nei suddetti termini dalla LAV, avrebbe sospeso, oltre che la citata deliberazione della Giunta regionale n. 658 del 2006, anche l’efficacia della legge regionale n. 10 del 2006.

Anzi, ad avviso della ricorrente, il decreto impugnato avrebbe sospeso gli effetti della sola legge regionale, poiché al momento dell’adozione del decreto in parola l’unica disciplina vigente sarebbe stata quella dettata da quest’ultimo atto normativo, posto che, con delibera del 5 agosto 2006, n. 1162, la Giunta regionale dell’Emilia-Romagna aveva formalmente revocato la menzionata deliberazione n. 658.

Conseguentemente, il TAR del Lazio, provvedendo positivamente in ordine ad un’istanza cautelare riferita direttamente alla legge regionale, anziché ai provvedimenti applicativi di essa, avrebbe sottoposto alla propria giurisdizione un atto ad essa sottratto, travalicando i limiti della funzione giurisdizionale.

1.3. – In particolare, la difesa regionale osserva che il giudice, essendo soggetto alla legge, come espressamente stabilito dall’art. 101 Cost., è privo «del potere di disporre in via diretta degli atti aventi forza di legge», potendo unicamente, allorché dubiti della legittimità di essi, sollevare le relative questioni dinanzi alla Corte costituzionale, affinché quest’ultima si pronunci ai sensi e per gli effetti dell’art. 136 Cost.

Pertanto, prosegue la Regione, come l’eventuale disapplicazione diretta di una legge, ad opera di un provvedimento giurisdizionale, violerebbe le prerogative del legislatore, così ad analoga conclusione si dovrebbe pervenire nell’ipotesi in cui detto atto determini una sospensione - sia pure provvisoria - degli effetti di essa.

L’esercizio di un tale potere spetta, infatti, in via esclusiva alla Corte costituzionale e risulta specificamente disciplinato dall’art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), come sostituito dall’art. 9, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).

1.4. – Alla luce di tali premesse, la Regione Emilia-Romagna conclude affermando che l’atto giurisdizionale impugnato «ha violato il regime costituzionale della legge, come definito dagli artt. 117, 134 e 136 Cost., in relazione all’art. 35 della legge n. 87 del 1953», violando le prerogative costituzionali della ricorrente e, al contempo, appropriandosi delle funzioni di cui questa Corte è titolare esclusiva.

2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, infondato.

2.1. – Osserva, in particolare, la difesa erariale che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il decreto cautelare impugnato non avrebbe in alcun modo sospeso la citata legge regionale, ma si sarebbe limitato a sospendere l’efficacia della deliberazione della Giunta regionale n. 658 del 2006.

Tanto si evincerebbe, in primo luogo, dall’analisi testuale dell’atto giurisdizionale in questione, dovendosi ritenere che, con la locuzione «provvedimento impugnato», si sia fatto riferimento soltanto alla deliberazione della Giunta regionale e non già anche, od addirittura solo, alla legge regionale.

In secondo luogo, la successiva ordinanza 14 settembre 2006, n. 5243, emessa dallo stesso TAR del Lazio, a seguito della trattazione collegiale della medesima istanza cautelare, avrebbe confermato il decreto cautelare presidenziale 6 settembre 2006, n. 4932, indicando, quale atto oggetto del giudizio cautelare, esclusivamente la richiamata delibera regionale.

2.2. – Per altro verso, sempre ad avviso della difesa erariale, risulterebbe priva di pregio l’argomentazione posta a sostegno del ricorso, secondo la quale, attesa la revoca della delibera regionale n. 658 del 2006, il decreto impugnato non potrebbe che aver sospeso gli effetti della sola legge regionale. Infatti, trattandosi di questione diversa dall’individuazione dell’atto sospeso ed inerente, piuttosto, alla censura di eventuali vizi del decreto e della successiva ordinanza, essa dovrebbe formare oggetto degli ordinari rimedi processuali, anziché di un giudizio per conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale.

2.3. – Ciò posto, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, il conflitto, prima ancora che infondato, dovrebbe essere dichiarato inammissibile per il difetto di interesse in capo alla Regione Emilia-Romagna ad ottenere l’annullamento del decreto cautelare presidenziale in questione, giacché esso si sarebbe limitato a sospendere un atto amministrativo, nei confronti del quale il giudice amministrativo vanta giurisdizione piena.

3. – La Regione Emilia-Romagna ha depositato in data 9 febbraio 2007 copia del ricorso notificato al TAR del Lazio il 5 febbraio 2007, unitamente all’avviso di fissazione dell’udienza pubblica per il 6 marzo 2007.

4. – In prossimità dell’udienza, sia la difesa della Regione ricorrente che l’Avvocatura generale dello Stato hanno depositato memorie nonché specifica documentazione, insistendo nelle rispettive conclusioni.

4.1. – In particolare, la Regione Emilia-Romagna, in replica a quanto esposto dall’Avvocatura generale dello Stato nel proprio atto di costituzione in giudizio, ha affermato che l’intenzione del Presidente del TAR del Lazio di conseguire l’effetto sospensivo della citata legge regionale si evincerebbe anche dalla precisazione, contenuta nella parte motiva dell’atto impugnato, in ordine al «ruolo del legislatore regionale in materia di protezione della fauna», asseritamente escluso, in subiecta materia, dalla Corte costituzionale con sentenza n. 313 del 2006.

Da ultimo, la difesa regionale sottolinea come la sopravvenuta inefficacia del decreto del Presidente del TAR del Lazio in questione non farebbe, in ogni caso, venir meno l’interesse della Regione ad ottenere una pronuncia nel merito del conflitto.

4.2. – Quanto alle ulteriori deduzioni svolte dal Presidente del Consiglio dei ministri, la difesa erariale evidenzia che, medio tempore, la associazione ricorrente dinanzi al TAR del Lazio (LAV) ha rinunciato al ricorso con atto del 7 novembre 2006.

Sotto altro profilo, l’Avvocatura generale osserva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Regione, dalle argomentazioni poste a sostegno dell’impugnato decreto non si evincerebbe la volontà del giudice amministrativo di sospendere la legge regionale, in quanto esse ricorrerebbero, in termini identici, anche in altri cinque decreti cautelari – relativi a controversie di contenuto analogo a quella in cui è stato reso l’atto impugnato –, nelle quali risultano sospesi meri atti amministrativi di apertura anticipata dell’esercizio venatorio.

Considerato in diritto

1. – La Regione Emilia-Romagna ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Presidente del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima-quater, 6 settembre 2006, n. 4932, adottato ai sensi dell’art. 21, comma nono, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), per violazione degli artt. 117, 134 e 136 della Costituzione, anche in relazione all’art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

La ricorrente, in particolare, lamenta che il decreto impugnato, accogliendo l’istanza cautelare presentata dalla Lega Anti Vivisezione – Onlus (LAV), avente ad oggetto la deliberazione della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna adottata il 17 maggio 2006, n. 658 (Definizione del calendario per l’esercizio venatorio nella Regione Emilia-Romagna per la stagione 2006/2007), nonché la successiva legge della Regione Emilia-Romagna 10 luglio 2006, n. 10 (Norme per la definizione del calendario venatorio regionale per le stagioni 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009), avrebbe sospeso, sia pure in via provvisoria, gli effetti della legge regionale, con conseguente travalicamento dei limiti della funzione giurisdizionale.

2. – Il conflitto è inammissibile.

2.1. – Come costantemente affermato da questa Corte, gli atti giurisdizionali sono suscettibili di essere posti a base di un conflitto di attribuzione tra la Regione e lo Stato, «quando sia contestata radicalmente la riconducibilità dell’atto che determina il conflitto alla funzione giurisdizionale ovvero sia messa in questione l’esistenza stessa del potere giurisdizionale nei confronti del soggetto ricorrente. Il conflitto è invece inammissibile qualora si risolva in strumento improprio di censura del modo di esercizio della funzione giurisdizionale, valendo contro gli errori in iudicando di diritto sostanziale o processuale i rimedi consueti riconosciuti dagli ordinamenti delle diverse giurisdizioni» (sentenza n. 326 del 2003; in senso conforme, si vedano, ex plurimis, le sentenze n. 276 del 2003 e n. 27 del 1999).

2.2. – Nel caso ora all’esame di questa Corte, deve anzitutto precisarsi che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, dal tenore letterale del decreto presidenziale in questione non emerge la dedotta sospensione della legge regionale n. 10 del 2006.

Invero, anche se nell’intestazione di tale atto viene riportata l’epigrafe del ricorso introduttivo al TAR, presentato dalla LAV, espressamente rivolta nei confronti della delibera n. 658 del 2006 e della legge regionale n. 10 del 2006, ciò nondimeno, nel corpo dell’atto giurisdizionale in questione, si legge testualmente che oggetto di sospensione è il «provvedimento impugnato», al singolare, dovendosi, pertanto, intendere che si sia fatto riferimento all’unico atto provvedimentale oggetto di impugnazione: la deliberazione della Giunta regionale n. 658 del 2006.

L’esattezza di tale ricostruzione risulta, peraltro, confermata dallo stesso TAR del Lazio, sia pure in un atto successivo del medesimo giudizio, con l’ordinanza cautelare del 14 settembre 2006, n. 5243. Tale provvedimento, adottato a seguito della trattazione collegiale dell’istanza di sospensione proposta dalla LAV, nel confermare il decreto cautelare provvisorio n. 4392 del 2006, afferma esplicitamente che esso ha avuto ad oggetto la delibera n. 658 del 2006.

2.3. – Né a conclusioni diverse può condurre l’iter argomentativo posto a sostegno del ricorso, secondo il quale il TAR del Lazio avrebbe di fatto sospeso l’applicabilità della sola legge regionale n. 10 del 2006, in ragione del fatto che, al momento dell’emanazione del decreto cautelare provvisorio, risultava vigente solo la citata legge regionale, in quanto la deliberazione della Giunta n. 658 del 2006 era già stata revocata dalla successiva deliberazione n. 1162 del 5 agosto 2006.

Tale circostanza nell’ambito del presente giudizio non rileva in quanto l’adozione di una misura cautelare nei confronti di un provvedimento revocato configura un evidente errore di diritto.

2.4. –  Quanto precede determina l’inammissibilità del conflitto.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Emilia-Romagna nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Presidente del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione prima-quater, 6 settembre 2006, n. 4932, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2007.