SENTENZA N. 32
ANNO 2015
Commento alla decisione di
Giorgia Crisafi
per g.c. dell’Osservatorio AIC
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò
ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale degli artt. 8, comma 3, 10, comma 1, 11 e 15, comma 2, lettere
c) ed e) della legge
della Regione Liguria 24 febbraio 2014, n. 1 (Norme in materia di
individuazione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni relative al
servizio idrico integrato e alla gestione integrata dei rifiuti), promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 28-30 aprile 2014, depositato in cancelleria il 6 maggio 2014 ed
iscritto al n. 34 del registro ricorsi 2014.
Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;
udito nell’udienza pubblica del 10 febbraio 2015 il
Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi
l’avvocato dello Stato Giovanni
Paolo Polizzi per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefano
Santarelli per la Regione Liguria.
1.− Con ricorso spedito per la
notificazione il 28 aprile 2014, ricevuto dalla destinataria il successivo 30
aprile, depositato il 6 maggio 2014 e iscritto al n. 34 del registro ricorsi
del 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 8, comma 3, 10, comma 1, 11 e 15, comma 2, lettere
c) ed e), della legge della Regione Liguria 24 febbraio 2014, n. 1 (Norme in
materia di individuazione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni
relative al servizio idrico integrato e alla gestione integrata dei rifiuti),
in riferimento all’art.
117, secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione e, quali parametri
interposti, agli artt. 147, 202 e 238, comma 3, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), all’art.
3, comma 1, lettere d), e) ed f), del decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012 (Individuazione delle
funzioni dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas attinenti alla
regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell’articolo 21, comma
19 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), e all’art. 10, comma 14, lettere d),
e) ed f), del decreto-legge
13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo ‒ Prime disposizioni urgenti
per l’economia) convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 12 luglio 2011, n. 106.
1.1.− Premette il ricorrente che
la legge regionale afferma di dettare, in attuazione delle disposizioni
nazionali e comunitarie, norme relative all’individuazione degli ambiti
territoriali ottimali per l’esercizio delle funzioni concernenti il servizio
idrico integrato e la gestione integrata dei rifiuti, rafforzando il ruolo
pubblico nel governo dei relativi servizi e definendo ruoli e competenze della
Regione e degli enti locali, nel rispetto dei principi di sussidiarietà,
differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione. Nonostante tali
enunciazioni di principio, prosegue il ricorrente, la legge regionale in esame
contiene alcune previsioni che, ponendosi in contrasto con gli evocati
parametri interposti, sono lesive della competenza legislativa esclusiva
riservata allo Stato nelle materie «tutela della concorrenza» e «tutela
dell’ambiente», di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e), ed s), Cost.).
1.2.– In particolare, l’art. 8 della
legge reg. Liguria n. 1 del 2014 prevede che gli enti d’ambito, entro quattro
mesi dalla data della loro costituzione, devono predisporre i piani d’ambito.
La difesa dello Stato lamenta che il
comma 3 dell’art. 8 in esame, nel disporre che «Il Piano d’ambito deve
prevedere agevolazioni tariffarie e adeguati interventi a sostegno dei piccoli
comuni», si pone in contrasto con quanto previsto dall’art. 3, comma 1, lettera
d), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012,
attuativo dell’art. 21, comma 19, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201(Disposizioni
urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre
2011, n. 214, il quale attribuisce all’Autorità per l’energia elettrica ed il
gas (in seguito, «AEEG») le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo
del servizio idrico integrato (in seguito, anche «SII»), con i compiti, tra gli
altri, di definire i criteri per la determinazione delle tariffe sulla base dei
principi stabiliti con legge dello Stato, ed individuare le agevolazioni
tariffarie attraverso la previsione di «forme di tutela per le categorie di
utenza in condizioni economico sociali disagiate individuate dalla legge». Per
tale motivo, ad avviso del ricorrente, la norma regionale invade l’ambito di
competenza legislativa esclusiva statale nelle materie della tutela della
concorrenza e tutela dell’ambiente, di cui è espressione l’evocata disciplina
sulle funzioni dell’AEEG in materia tariffaria (cita, in proposito, le sentenze
di questa Corte n. 142 e n. 29 del 2010;
n. 246 del 2009).
1.3.– L’art. 10, comma 1, della legge
reg. Liguria n. 1 del 2014 disciplina la facoltà di gestione autonoma del
servizio idrico integrato. Esso prevede che «I comuni già appartenenti alle
comunità montane e con popolazione inferiore o uguale a tremila residenti,
ferma restando la partecipazione all’ATO, hanno facoltà in forma singola o
associata di gestire autonomamente l’intero servizio idrico integrato». Anche
tale disposizione, ad avviso della difesa erariale, risulta essere in contrasto
con la disciplina del SII tracciata dall’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006 in
funzione della razionalizzazione e concorrenzialità del mercato (sono
nuovamente citate le sentenze di questa Corte sopra richiamate).
Secondo l’evocata normativa interposta,
i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali
(in seguito, «ATO») definiti dalle Regioni, che possono modificare le
delimitazioni di detti ambiti per migliorare la gestione del SII, assicurandone
lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel
rispetto dei seguenti principi: unità del bacino idrografico; unitarietà della
gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni
delle risorse idriche; adeguatezza delle dimensioni gestionali. Sostiene il
ricorrente che la norma regionale censurata, introducendo una soglia
quantitativa di tipo demografico, senza considerare parametri fisici e tecnici
e derogando all’unicità della gestione, contrasta con i suindicati principi e,
pertanto, viola la competenza esclusiva statale nelle materie della tutela
della concorrenza e tutela dell’ambiente.
1.4.– L’Avvocatura generale dello Stato
deduce profili di illegittimità costituzionale anche in relazione all’art. 11
della legge ligure n. 1 del 2014, il quale regolamenta l’esercizio dei poteri
sostitutivi della Regione nei confronti degli enti d’ambito e dei Comuni
inadempienti qualora non vengano predisposti i piani d’ambito nei termini
previsti e «non vengano posti in essere gli atti per la realizzazione delle
opere previste dai piani d’ambito e necessarie a garantire il rispetto degli
obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea».
Lamenta il ricorrente che la previsione
in esame è lesiva delle competenze legislative esclusive statali sancite
dall’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., in riferimento ai
parametri interposti rappresentati dall’art. 10, comma 14, lettere d), e) ed
f), del d.l. n. 70 del 2011, come convertito, sulle funzioni della soppressa
Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua e dal
corrispondente art. 3, comma 1, lettere d), e) ed f), del d.P.C.m.
20 luglio 2012 che ha individuato le funzioni di regolazione del servizio
idrico integrato trasferite all’AEEG, ai sensi dell’art. 21, comma 19, del d.l.
n. 201 del 2011, come convertito, i quali tra i compiti dell’Autorità
contemplano la predisposizione del metodo tariffario per la determinazione
della tariffa del SII; la verifica della corretta redazione del piano d’ambito,
tramite osservazioni e rilievi, ed impartendo prescrizioni; l’approvazione
delle tariffe proposte dal soggetto competente sulla base del piano d’ambito.
In tale quadro, la difesa erariale
prospetta come «possibile il verificarsi di una indebita ingerenza della
Regione, quando agisca in attuazione dei poteri sostitutivi degli enti
d’ambito, nelle competenze che la legge dello Stato ha inteso attribuire
specificamente alla competenza dell’AEEG» e richiama, in relazione all’art. 11
in scrutinio, le stesse censure mosse all’art. 8, comma 3, della legge
regionale n. 1 del 2014. A sostegno della prevalenza dei titoli competenziali
statali di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., nel
settore della uniforme metodologia tariffaria del SII, invoca, altresì, la
recente sentenza di questa Corte n. 67 del 2013.
1.5.– In materia di gestione integrata
dei rifiuti, il ricorrente deduce analoghi profili di illegittima incidenza,
sulle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente,
dell’art. 15, comma 2, lettere c) ed e), della legge regionale n. 1 del 2014,
relativo alle funzioni del Comitato d’ambito, organo attraverso il quale opera
l’Autorità d’ambito per il governo del ciclo dei rifiuti, che il comma 1 dello
stesso art. 15 in esame individua nella Regione Liguria.
In particolare, quanto alla censurata
lettera c) del comma 2 dell’art. 15 – che attribuisce al Comitato la funzione
di definire «l’articolazione degli standard di costo intesi come servizi minimi
da garantire al territorio omogeneo e i criteri di determinazione delle tariffe
da applicare a fronte della erogazione dei servizi nelle aree territoriali
omogenee» ‒ la difesa erariale evoca, quale parametro interposto, l’art. 238, comma
3, del d.lgs. n. 152 del 2006, che demanda all’Autorità d’ambito la
determinazione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani sulla base dei
criteri generali definiti dal regolamento emanato dal Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare.
A riprova della dedotta invasione
dell’ambito di competenza esclusiva statale ad opera della disposizione
regionale che detta criteri determinativi delle tariffe deve aggiungersi,
secondo il ricorrente, che a legislazione vigente tali criteri sono definiti in
via generale dal d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (Regolamento recante norme per
la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di
gestione del ciclo dei rifiuti urbani) e che l’art. 3-bis, comma 1-bis, del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, e modificato dal
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita
del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 17
dicembre 2012, n. 221 – nel disciplinare ambiti territoriali e criteri di
organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali – attribuisce alla
competenza regionale la sola funzione di «determinazione delle tariffe
all’utenza per quanto di competenza» e non quella concernente la definizione
dei relativi criteri.
1.6.– L’ulteriore disposizione
impugnata, in materia di gestione integrata dei rifiuti, è l’art. 15, comma 2,
lettera e), della legge reg. Liguria n. 1 del 2014, che prevede che il Comitato
d’ambito «individua gli enti incaricati della gestione delle procedure per la
realizzazione e/o l’affidamento della gestione degli impianti terminali di
recupero o smaltimento di livello regionale o al servizio di più aree omogenee
in base alle previsioni del Piano regionale di gestione dei rifiuti, facendo
riferimento, di norma, ai comuni che rappresentano la maggioranza della
popolazione interessata all’intervento».
Ad avviso dell’Avvocatura generale dello
Stato, la norma regionale, «configurando in termini alternativi il conferimento
dell’incarico per le procedure di "realizzazione” e/o "affidamento della gestione
degli impianti”, deroga al principio comunitario della libera concorrenza e
dell’affidamento dei servizi mediante procedura ad evidenza pubblica» e si
pone, pertanto, in contrasto con l’art. 202 del d.lgs. n. 152 del 2006. Da ciò
discende – a detta della difesa ricorrente – l’invasione della sfera di
competenza esclusiva statale nella materia della tutela della concorrenza, alla
quale è riconducibile la disciplina dell’affidamento e della gestione dei
servizi pubblici locali di rilevanza economica (è citata, a sostegno della
censura, la sentenza di questa Corte n. 325 del 2010).
2.– Si è costituita in giudizio la
Regione Liguria rappresentando, in via preliminare, che la Giunta regionale ha
deliberato di resistere «limitatamente alle censure formulate sull’art. 10
comma 1» della legge reg. n. 1 del 2014, in relazione alle quali ha chiesto il
rigetto del ricorso.
2.1.– In particolare, quanto alla
questione avente ad oggetto la disposizione regionale che attribuisce ai Comuni
già appartenenti alle Comunità montane con popolazione inferiore o uguale a
tremila residenti la possibilità di gestire autonomamente l’intero SII, la
Regione fonda la sua difesa sull’avvenuta abrogazione – a seguito di referendum
popolare – dell’art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6
agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26, della legge 23
luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione
delle imprese, nonché in materia di energia), e dall’art. 15, comma 1, lettera
a) e a-bis), del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti
per l’attuazione degli obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della
Corte di giustizia delle Comunità europee), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 20 novembre 2009, n. 166, e richiama,
altresì, le argomentazioni svolte da questa Corte nella pronuncia n. 119 del 2012.
Su tale premessa la difesa regionale
invoca l’applicabilità diretta della normativa europea in materia di
affidamento dei servizi pubblici locali sostenendo che «[in] assenza di
normativa nazionale che individui le formule gestionali adottabili, si riespande la possibilità – per il livello locale – di
decidere quale strumento utilizzare nella gestione dei servizi». In tale
quadro, a detta della resistente, si giustifica la gestione diretta del
servizio idrico integrato nelle forme previste dalla disposizione censurata,
ferma restando la partecipazione dei Comuni coinvolti all’ATO.
2.2.– Con memoria depositata in
prossimità dell’udienza, la Regione Liguria ha, ribadito quanto dedotto nella
memoria di costituzione in giudizio in relazione alla questione di legittimità
costituzionale concernente l’art. 10, comma 1, della legge regionale n. 1 del
2014.
Osserva la resistente che la norma
censurata affronta un aspetto peculiare della gestione del servizio idrico
integrato senza discostarsi, nel disciplinarne l’organizzazione, con riferimento
agli ATO, dai criteri enunciati dall’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006
evocato come parametro interposto dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Ribadisce, quanto alla dedotta violazione dell’ambito di competenza esclusiva
di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che, a seguito
dell’abrogazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, come convertito,
l’esclusione del SII dalla normativa pro-concorrenziale è stata attuata prima
dal legislatore statale con l’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, come convertito,
e poi dalla stessa Corte, che – sempre a detta della resistente – con la sentenza n. 199 del
2012 "ha affermato la legittimità dell’ipotesi di gestione diretta del
servizio pubblico da parte dell’ente locale direttamente rifacendosi ai criteri
fissati dal diritto comunitario”.
La difesa della Regione eccepisce anche
la genericità del motivo di ricorso che lamenta la violazione della competenza
esclusiva statale nella materia della tutela dell’ambiente, sul duplice rilievo
della mancata individuazione delle modalità con cui la disciplina regionale
avrebbe abbassato gli standard fissati dalla legislazione statale e dell’omessa
valutazione del contenuto del comma 3 del medesimo art. 10 censurato, che onera
i Comuni di assicurare la gestione dell’intero ciclo idrico integrato in base a
livelli di prestazione conformi alla normativa vigente.
1.– Con il ricorso iscritto al n. 34 del
registro ricorsi del 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri censura gli
artt. 8, comma 3, 10, comma 1, 11 e 15, comma 2, lettere c) ed e), della legge
della Regione Liguria 24 febbraio 2014, n. 1 (Norme in materia di
individuazione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni relative al
servizio idrico integrato e alla gestione integrata dei rifiuti), in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione
e, quali parametri interposti, agli artt. 147, 202 e 238, comma 3, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), all’art. 3,
comma 1, lettere d), e) ed f), del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 20 luglio 2012 (Individuazione delle funzioni dell’Autorità per
l’energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei
servizi idrici, ai sensi dell’articolo 21, comma 19 del decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214), e all’art. 10, comma 14, lettere d), e) ed f), del decreto-legge
13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per
l’economia) convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 12
luglio 2011, n. 106.
2.– In primo luogo, il ricorrente
impugna l’art. 8, comma 3, della legge reg. Liguria n. 1 del 2014, nella parte
in cui, in materia di pianificazione d’ambito, dispone che «Il Piano d’ambito
deve prevedere agevolazioni tariffarie e adeguati interventi a sostegno dei
piccoli comuni». Secondo la difesa erariale tale disposizione invade la sfera
di competenza esclusiva statale nelle materie «tutela della concorrenza» e
«tutela dell’ambiente» poiché si pone in contrasto con la norma interposta
rappresentata dall’art. 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 20 luglio 2012, che attribuisce all’Autorità per
l’energia elettrica ed il gas (in seguito, «AEEG») le funzioni di regolazione e
controllo del servizio idrico integrato (in seguito, anche «SII»), con i
compiti, tra gli altri, di definire i criteri per la determinazione delle
tariffe sulla base dei principi stabiliti con legge dello Stato, ed individuare
le agevolazioni tariffarie attraverso la previsione di «forme di tutela per le
categorie di utenza in condizioni economico sociali disagiate individuate dalla
legge».
2.1.– È poi censurato l’art. 10, comma
1, della legge regionale n. 1 del 2014, che attribuisce ai Comuni – già
appartenenti alle Comunità montane e con popolazione inferiore o uguale a
tremila residenti, ferma restando la loro partecipazione all’ambito
territoriale ottimale (in seguito, anche «ATO») – la facoltà di gestire
autonomamente il SII, in forma singola o associata. Ad avviso della difesa
dello Stato, anche tale disposizione regionale si pone in contrasto con l’art.
117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., poiché, introducendo una soglia
quantitativa di tipo demografico senza considerare parametri fisici e tecnici,
viola la norma interposta costituita dall’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006,
che, nell’organizzazione del SII sulla base degli ATO definiti dalle Regioni,
impone il rispetto dei principi dell’unità del bacino idrografico,
dell’unitarietà e, comunque, del superamento della frammentazione verticale
delle gestioni delle risorse idriche, nonché dell’adeguatezza delle dimensioni
gestionali.
2.2.– In terzo luogo, il Presidente del
Consiglio dei ministri impugna l’art. 11 della legge reg. Liguria n. 1 del
2014, che regolamenta l’esercizio dei poteri sostitutivi regionali nei
confronti degli enti d’ambito e dei Comuni inadempienti qualora non vengano
predisposti i piani d’ambito nei termini previsti e «non vengano posti in
essere gli atti per la realizzazione delle opere previste dai piani d’ambito e
necessarie a garantire il rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza
all’Unione europea». Ad avviso del ricorrente, la previsione in esame è lesiva
delle competenze legislative esclusive statali sancite dall’art. 117, secondo
comma, lettere e) ed s), Cost., poiché rende possibile il verificarsi di una
indebita ingerenza della Regione nell’esercizio delle funzioni in materia
tariffaria, di verifica e controllo della corretta redazione del piano d’ambito
che la legge dello Stato ha inteso specificamente riservare all’AEEG. Ciò
avviene in contrasto con quanto previsto dalle norme interposte rappresentate
dall’art. 10, comma 14, lettere d), e) ed f), del d.l. n. 70 del 2011, come
convertito, sulle funzioni della soppressa Agenzia nazionale per la regolazione
e la vigilanza in materia di acqua, e dal corrispondente art. 3, comma 1,
lettere d), e) ed f), del d.P.C.m. 20 luglio 2012,
che ha individuato le funzioni di regolazione del servizio idrico integrato
trasferite all’AEEG.
2.3.– Sono, infine, censurate le lettere
c) ed e) del comma 2 dell’art. 15 della legge reg. Liguria n. 1 del 2014,
disposizioni dettate in materia di gestione integrata dei rifiuti, in ordine
alle quali il ricorrente deduce analoghi profili di illegittima incidenza sugli
ambiti di competenza esclusiva dello Stato nelle materie della tutela della
concorrenza e dell’ambiente, alle quali è ascrivibile la disciplina tariffaria.
In particolare, per la difesa erariale
la lettera c) del comma 2 dell’art. 15 – che attribuisce al Comitato d’ambito
la funzione di definire «l’articolazione degli standard di costo intesi come
servizi minimi da garantire al territorio omogeneo e i criteri di
determinazione delle tariffe da applicare a fronte della erogazione dei servizi
nelle aree territoriali omogenee» – contrasta con l’art. 238, comma 3, del
d.lgs. n. 152 del 2006, che demanda all’Autorità d’ambito la determinazione
della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani sulla base dei criteri
generali definiti dal regolamento emanato dal Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare.
A fondamento della censura la difesa
dello Stato invoca anche la normativa che detta i criteri di organizzazione
dello svolgimento dei servizi pubblici locali – art. 3-bis, comma 1-bis, del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, e modificato dal
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita
del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 17
dicembre 2012, n. 221 – la quale attribuisce alla competenza regionale la sola
funzione di «determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza»
e non quella concernente la definizione dei relativi criteri.
Sostiene, infine, il ricorrente che
l’art. 15, comma 2, lettera e), della legge reg. Liguria n. 1 del 2014 – il
quale prevede che il Comitato d’ambito «individua gli enti incaricati della
gestione delle procedure per la realizzazione e/o l’affidamento della gestione
degli impianti terminali di recupero o smaltimento di livello regionale o al
servizio di più aree omogenee in base alle previsioni del Piano regionale di
gestione dei rifiuti, facendo riferimento, di norma, ai comuni che
rappresentano la maggioranza della popolazione interessata all’intervento» – si
pone in contrasto con l’art. 202 del d.lgs. n. 152 del 2006 poiché introduce
una deroga al principio comunitario dell’affidamento dei servizi mediante
procedura ad evidenza pubblica, ledendo la sfera di competenza esclusiva dello
Stato in materia di «tutela della concorrenza» di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., alla quale è riconducibile la disciplina
dell’affidamento e della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica.
3.– Giova evidenziare che,
successivamente alla proposizione del ricorso, la legge della Regione Liguria 5
agosto 2014, n. 21 (Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2014, n. 1 ‒ Norme in
materia di individuazione degli ambiti ottimali per l'esercizio delle funzioni
relative al servizio idrico integrato e alla gestione integrata dei rifiuti),
ha apportato una serie di modifiche alla legge regionale in scrutinio.
In particolare, la legge regionale
sopravvenuta ha così inciso sulle qui censurate disposizioni della l.r. n. 1
del 2014: l’art. 1, comma 1, della l.r. n. 21 del 2014 ha abrogato il comma 3
dell’art. 8 della l.r. n. 1 del 2014; l’art. 2, comma 1, ha modificato l’art.
11 impugnato, aggiungendo, dopo le parole: «comuni inadempienti», le parole:
«,nel rispetto delle funzioni dell’Agenzia di cui all’articolo 10, comma 14,
del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni
urgenti per l’economia) convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio
2011, n. 106»; l’art. 3 ha modificato l’art. 15 della l.r. n. 1 del 2014,
sostituendo, nella lettera c) del comma 2 del predetto articolo, le parole: «e
i criteri per la determinazione delle tariffe da applicare a fronte della
erogazione dei servizi nelle aree territoriali omogenee» con le parole: «sulla
base dei criteri definiti dal regolamento di cui all’articolo 238, comma 3, del
D.Lgs. 152/2006 e successive modificazioni ed integrazioni», ed inserendo nel
testo della lettera e) del medesimo comma 2 del richiamato articolo 15, dopo la
parola: «enti» la parola: «pubblici», e dopo le parole: «gestione dei rifiuti»
le parole: «, nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale in materia
di concorrenza».
Occorre, dunque, stabilire se la
sopravvenienza legislativa in esame, abrogando e modificando le disposizioni
regionali gravate, possa configurare la fattispecie della cessazione della
materia del contendere quanto alle relative questioni di legittimità
costituzionale, imponendosi, invece, l’esame per ciò che riguarda le censure
mosse all’art. 10, comma 1, della legge reg. Liguria n. 1 del 2014,
disposizione non incisa dal nuovo intervento del legislatore regionale.
3.1.– Secondo il costante orientamento
di questa Corte, le condizioni richieste perché possa essere dichiarata cessata
la materia del contendere sono: «a) la sopravvenuta abrogazione o modificazione
delle norme censurate in senso satisfattivo della pretesa avanzata con il
ricorso; b) la mancata applicazione, medio tempore, delle norme abrogate o
modificate» (sentenza
n. 87 del 2014, e, tra le più recenti, sentenze n. 300, n. 193 e n. 32 del 2012,
n. 325 del 2011).
Nel caso in esame deve ritenersi che lo jus superveniens, incidendo
specificamente sull’oggetto delle questioni in relazione alle censure
sollevate, sia satisfattivo delle ragioni del ricorrente.
Con la novella, infatti, il legislatore
regionale ha espunto dalla disciplina dettata dalla legge reg. Liguria n. 1 del
2014 le previsioni che attribuivano poteri determinativi della tariffa alla
Regione, abrogando il comma 3 dell’articolo 8 sulle agevolazioni tariffarie e
sugli interventi a sostegno dei piccoli Comuni che in materia di SII potevano
essere previsti in seno al Piano d’ambito. Analogamente, il legislatore
regionale ha modificato l’art. 15, comma 2, lettera c), della legge reg.
Liguria n. 1 del 2014, depurando le funzioni attribuite al Comitato d’ambito per
il ciclo dei rifiuti da ogni riferimento alla determinazione delle tariffe ed
imponendo, al contempo, il rispetto dei criteri previsti dalla normativa
interposta evocata dal ricorrente (art. 238, comma 3, del d.lgs. n. 152 del
2006).
Sotto connesso profilo, la legge
regionale n. 21 del 2014 ha modificato l’art. 11 della legge impugnata,
riconducendo l’esercizio dei poteri sostitutivi della Regione nell’alveo delle
funzioni di regolazione del SII già spettanti all’Agenzia nazionale per la
regolazione e la vigilanza in materia di acqua, poi trasferite all’AEEG, in
forza del più volte menzionato art. 3 del d.P.C.m 20
luglio 2012. Il legislatore ligure ha, infine, modificato l’art. 15, comma 2,
lettera e), della legge regionale n. 1 del 2014, imponendo il «rispetto della
normativa comunitaria e nazionale in materia di concorrenza»
nell’individuazione, da parte del Comitato d’ambito per il ciclo dei rifiuti,
degli enti ‒ contestualmente ricondotti a quelli «pubblici» ‒ incaricati
della gestione delle procedure per la realizzazione e/o l’affidamento della
gestione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti.
3.2.– A sostegno della mancata
attuazione delle norme sospettate di illegittimità costituzionale – anche se la
circostanza non risulta allegata dalla Regione resistente, che non si è intesa
difendere in ordine a queste censure – milita il breve lasso temporale
intercorso tra la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Liguria
della legge n. 1 del 2014 (26 febbraio 2014) e della legge novellatrice (6
agosto 2014), circostanza di fatto da valutarsi in uno all’efficacia non
immediata delle norme censurate. Sotto tale profilo, non può essere, infatti,
sottaciuto che la legge impugnata prevede una serie di adempimenti – la
costituzione degli enti d’ambito attraverso l’approvazione di una convenzione
da parte dei Comuni ricadenti nell’ATO (art. 6) e la predisposizione dei piani
d’ambito entro i quattro mesi successivi alla predetta costituzione – per
l’attuazione degli artt. 8 e 11, oltre a demandare alla Regione, quale Autorità
d’ambito per il governo del ciclo dei rifiuti, la definizione delle aree
territoriali omogenee in relazione alle quali si definiscono le funzioni del
Comitato d’ambito di cui all’art. 15.
3.3.– Può, in conclusione, ritenersi che
le descritte modifiche legislative abbiano adeguato la disciplina regionale
censurata ai principi contenuti nelle evocate norme interposte prima della
effettiva applicazione della precedente normativa, così da determinare il
sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente a proseguire nel giudizio.
Deve essere, di conseguenza, dichiarata
la cessazione della materia del contendere in relazione alle questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 8, comma 3, 11 e 15, comma 2, lettere c)
ed e), della legge reg. Liguria n. 1 del 2014, sollevate dal Presidente del
Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e)
ed s), Cost., e, quali parametri interposti, agli artt. 202 e 238, comma 3, del
d.lgs. n. 152 del 2006, all’art. 3, comma 1, lettere d), e) ed f), del d.P.C.m. 20 luglio 2012, ed all’art. 10, comma 14, lettere
d), e) ed f), del d.l. n. 70 del 2011, come convertito.
4.– L’art. 10, comma 1, della legge reg.
n. 1 del 2014 è impugnato dalla difesa dello Stato poiché, ponendosi in
contrasto con la norma interposta dell’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006,
invade le competenze legislative statali nelle materie della tutela della
concorrenza e tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettere
e) ed s), Cost.
4.1.– Nella memoria depositata in
prossimità dell’udienza, la Regione eccepisce la genericità del ricorso in
riferimento alla dedotta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., sostenendo che l’atto avrebbe omesso sia di motivare in ordine alla
negativa incidenza della disciplina regionale sugli standard di tutela
ambientale fissati dal legislatore statale, sia di valutare il contenuto del
comma 3 dell’art. 10 censurato, che impone ai Comuni di assicurare la gestione
dell’intero ciclo idrico integrato in base a livelli di prestazione conformi
alla normativa vigente.
Secondo il consolidato insegnamento di
questa Corte, «il ricorso in via principale non solo "deve identificare
esattamente la questione nei suoi termini normativi”, indicando "le norme
costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto di compatibilità o
incompatibilità costituisce l’oggetto della questione di costituzionalità” (ex plurimis, sentenze n. 40 del
2007, n. 139
del 2006, n.
450 e n. 360
del 2005, n.
213 del 2003, n.
384 del 1999), ma deve, altresì, "contenere una seppur sintetica
argomentazione di merito a sostegno della richiesta declaratoria di
incostituzionalità della legge”» (sentenza n. 3 del
2013, e, nello stesso senso, ordinanza n. 123
del 2012 e sentenza
n. 312 del 2010).
I predetti requisiti di chiarezza e
completezza appaiono essere soddisfatti nel caso in esame.
Invero, dalla formulazione del motivo di
ricorso si evince che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inteso
censurare l’intervento del legislatore ragionale attributivo della facoltà di
gestione diretta del servizio idrico a favore di una particolare categoria di
Comuni appartenenti all’ATO, sull’assunto che la normativa impugnata avrebbe
introdotto una deroga all’unitarietà della gestione del SII. A sostegno della
censura, il ricorrente ha evocato il contrasto con la disciplina interposta
dell’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006, costituente espressione della potestà
legislativa esclusiva statale – delineata richiamando le pertinenti pronunce di
questa Corte – nelle materie della tutela della concorrenza e tutela
dell’ambiente.
5.– Nel merito, la questione è fondata,
per i motivi che si vanno ad illustrare.
La norma regionale censurata, che
attribuisce ai Comuni già appartenenti alle Comunità montane e con popolazione
inferiore o uguale a tremila residenti – ferma restando la partecipazione
all’ATO – la facoltà, in forma singola o associata, di gestire autonomamente
l’intero servizio idrico integrato è riconducibile all’ambito materiale
relativo all’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.
Per definire i contorni della disciplina
statale di riferimento è utile muovere dall’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006
correttamente evocato dal ricorrente come parametro interposto, il quale ‒ all’esito
delle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 13, del d.lgs. 16 gennaio 2008,
n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 3 aprile
2006, n. 152, recante norme in materia ambientale) – prevede che i servizi
idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti
dalle Regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in
materia di risorse idriche), e che le Regioni possono modificare le
delimitazioni degli ATO per migliorare la gestione del SII, purché ne sia
assicurato lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed
economicità, nel rispetto dei principi, rilevanti in questa sede, di unitarietà
della gestione e superamento della frammentazione verticale delle gestioni,
nonché di adeguatezza delle dimensioni gestionali in base a parametri fisici,
demografici e tecnici.
L’art. 148 del d.lgs. n. 152 del 2006 ‒ nella
formulazione applicabile ratione temporis
– individua nell’Autorità d’ambito la struttura, costituita in ciascun ambito
territoriale ottimale delimitato dalla competente Regione, «alla quale gli enti
locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l’esercizio
delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse
idriche».
L’art. 2, comma 186-bis, della legge 23
dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato ‒ legge finanziaria 2010), inserito dall’art. 1,
comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti
concernenti enti locali e regioni), convertito, con modificazioni, dalla legge
26 marzo 2010, n. 42, ha soppresso le Autorità d’ambito territoriale di cui al
citato art. 148 del d.lgs. n. 152 del 2006, sia disponendo che «Entro un anno
dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono
con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità nel rispetto dei principi
di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza», sia delineando un preciso
quadro di riferimento al quale le Regioni devono attenersi nelle loro
determinazioni.
In tale contesto normativo si colloca la
legge in scrutinio, con la quale la Regione Liguria ha individuato gli ambiti
territoriali ottimali ai fini dell’organizzazione del SII (art. 5),
attribuendo, all’interno di ciascun ATO, tutte le funzioni in materia di
servizio idrico integrato stabilite dal d.lgs. n. 152 del 2006 ai Comuni in
esso compresi che le esercitano attraverso l’Ente d’ambito (art. 6), chiamato,
entro quattro mesi dalla costituzione, a predisporre il relativo piano (art.
8).
6.– A sostegno della conformità alla
Costituzione dell’art. 10, comma 1, della legge reg. n. 1 del 2014, la Regione
Liguria invoca l’esito del referendum popolare che ha abrogato l’art. 23-bis
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato
dall’art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo
sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di
energia) e dall’art. 15, comma 1, lettere a) e a-bis) del decreto-legge 25
settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi
comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle
Comunità europee), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 20 novembre 2009, n. 166. Per effetto di tale abrogazione, afferma la
resistente, «si riespande la possibilità – per il
livello locale – di decidere quale strumento utilizzare nella gestione dei
servizi» essendo stato, per primo, il legislatore statale ad escludere il SII
dalla normativa pro-concorrenziale in forza dell’art. 4 del d.l. n. 138 del
2011. Questa Corte ‒ sempre secondo la Regione ‒ con la sentenza n. 199 del
2012 avrebbe "affermato la legittimità dell’ipotesi di gestione diretta del
servizio pubblico da parte dell’ente locale direttamente rifacendosi ai criteri
fissati dal diritto comunitario”.
6.1.– La linea ricostruttiva seguita
dalla difesa resistente non può essere accolta poiché trascura di considerare
che si verte nell’ambito delle competenze esclusive statali «tutela della
concorrenza» e «tutela dell’ambiente» di cui questa Corte ha tracciato i
contorni nella materia dell’affidamento della gestione dei servizi pubblici
locali.
Deve premettersi che il servizio idrico
integrato è stato qualificato come «servizio pubblico locale di rilevanza
economica» (sentenza
n. 187 del 2011) e che la disciplina dell’affidamento della gestione dei
servizi pubblici locali – inclusa la forma di gestione del servizio idrico
integrato e le procedure di affidamento dello stesso – rientra nella materia di
competenza esclusiva statale della tutela della concorrenza «trattandosi di
regole "dirette ad assicurare la concorrenzialità nella gestione del servizio
idrico integrato, disciplinando le modalità del suo conferimento e i requisiti
soggettivi del gestore, al precipuo scopo di garantire la trasparenza,
l’efficienza, l’efficacia e l’economicità della gestione medesima”» (sentenza n. 325 del
2010). L’affidamento della gestione del SII attiene, altresì, alla materia
della tutela dell’ambiente, parimenti riservata alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 62 del
2012 e n.
187 del 2011). Ne consegue che nell’alveo della ricostruita disciplina
statale devono svolgersi le competenze regionali in materia di servizi pubblici
locali (sentenze
n. 270 del 2010, n. 307 e n. 246 del 2009),
e che sono ammissibili «effetti pro-concorrenziali» degli interventi regionali
nelle materie di competenza concorrente o residuale «purché [...] "siano
indiretti e marginali e non si pongano in contrasto con gli obiettivi posti dalle
norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza” (da ultimo, sentenze n. 45 del
2010 e n.
160 del 2009)» (sentenza n. 43 del
2011).
6.2.– All’abrogazione del sopra citato
art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 – che disciplinava anche l’affidamento
diretto dei servizi pubblici locali di rilevanza economica «in deroga»
all’affidamento in via ordinaria (cosiddetta gestione in house) – ha fatto
seguito l’adozione del d.l. n. 138 del 2011, come convertito, che all’art. 4
recava le disposizioni in materia di adeguamento della disciplina dei servizi pubblici
locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea.
A seguito della dichiarazione di
illegittimità costituzionale dell’art. 4 in esame (sentenza n. 199 del
2012) si è prodotto l’effetto, come rimarcato da questa Corte, di
«"escludere l’applicazione delle norme contenute nell’art. 23-bis che limitano,
rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in
particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici
di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)” (sentenza n. 24 del
2011) e di consentire, conseguentemente, l’applicazione diretta della normativa
comunitaria conferente» (così la citata sentenza n. 199 del
2012). Pur essendosi quindi ritenuto che, a seguito delle vicende
abrogative, alla materia dell’affidamento in house «si deve ritenere
applicabile la normativa e la giurisprudenza comunitarie [...] senza alcun
riferimento a leggi interne» (sentenza n. 50 del
2013), non può sfuggire che «la normativa comunitaria consente, ma non
impone, agli Stati membri di prevedere, in via di eccezione e per alcuni casi
determinati, la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente
locale» (sentenza
n. 325 del 2010).
6.3.– Non può pertanto condividersi
l’assunto della resistente in base al quale l’applicabilità diretta del diritto
comunitario non porrebbe limiti all’affidamento in house del servizio idrico,
giacché, secondo l’insegnamento di questa Corte, il sistema normativo interno
basato sull’art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come modificato
dall’art. 14 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti
per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24
novembre 2003, n. 326, induce a ritenere che «i casi di affidamento in house,
quale modello organizzativo succedaneo della (vietata) gestione diretta da
parte dell’ente pubblico, debbono ritenersi eccezionali e tassativamente
previsti» (sentenza
n. 325 del 2010).
Tale conclusione ben si armonizza con
l’ambito di competenza specifico disegnato, come si è detto, dal comma 186-bis
dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009, in forza del quale il legislatore
statale ha consentito alla legge regionale unicamente di individuare gli enti
successori delle soppresse Autorità d’ambito territoriale ottimale, ai quali
spetterà di deliberare, nel rispetto dei principi indicati, la forma di
gestione del servizio idrico integrato (sentenza n. 228 del
2013).
7.– La razionalizzazione della gestione
del servizio idrico è stata attuata dal legislatore statale consentendo alle
Regioni di definire gli ambiti territoriali ottimali ed istituire strutture
diversamente denominate (enti, comitati, autorità) alle quali sono trasferite
le competenze degli enti locali che necessariamente vi fanno parte (sentenze n. 307
e n. 246 del
2009). La Corte ha altresì chiarito che la disciplina tesa al superamento
della frammentazione verticale della gestione delle risorse idriche, demandando
ad un’unica Autorità preposta all’ambito le funzioni di organizzazione,
affidamento e controllo della gestione del SII, è ascrivibile alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza,
essendo diretta ad assicurare la concorrenzialità nel conferimento della
gestione e nella disciplina dei requisiti soggettivi del gestore, allo scopo di
assicurare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del servizio (sentenze n. 325 del
2010 e n.
246 del 2009). Al tempo stesso, la disciplina in esame rientra nella sfera
di competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente in quanto
«l’allocazione all’Autorità d’ambito territoriale ottimale delle competenze
sulla gestione serve a razionalizzare l’uso delle risorse idriche e le
interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della "biosfera” intesa
"come ‘sistema’ [...] nel suo aspetto dinamico” (sentenze n. 168 del
2008, n. 378
e n. 144 del 2007)»
(sentenza n. 246
del 2009).
Va rammentato, per completezza, che la
giurisprudenza di questa Corte riconduce ai titoli di competenza di cui
all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., sia la disciplina della
tariffa del servizio idrico integrato (ex plurimis, sentenze n. 67 del
2013, n. 142
e n. 29 del 2010,
n. 246 del 2009)
sia l’affidamento della gestione di detto servizio (sentenze n. 228 del
2013, n. 62
del 2012, n.
187 e n. 128
del 2011, oltre alle già citate sentenze n. 325
e n. 142 del
2010, n. 307
e n. 246 del
2009).
7.1.– Con l’art. 10, comma 1, della
legge n. 1 del 2014 il legislatore regionale ligure – attuando l’intervento
teso a definire gli ambiti territoriali ottimali per l’organizzazione del
servizio idrico ed a individuare gli enti destinati a succedere nelle
competenze già spettanti alle soppresse Autorità d’ambito – attribuisce ai
Comuni partecipanti all’ATO, già appartenenti alle Comunità montane e con
popolazione inferiore o uguale a tremila residenti, la facoltà di gestire
autonomamente, in forma singola e associata, l’intero SII.
Come questa Corte ha avuto modo di
affermare, ai sensi del terzo periodo del comma 186-bis dell’art. 2 della legge
n. 191 del 2009 (inserito dall’art. 1, comma 1-quinquies, del d.l. n. 2 del
2010) «alla legge regionale spetta soltanto disporre l’attribuzione delle
funzioni delle soppresse Autorità d’àmbito territoriale ottimale (AATO), "nel
rispetto dei princípi di sussidiarietà,
differenziazione e adeguatezza”, e non spetta, di conseguenza, provvedere
direttamente all’esercizio di tali funzioni affidando la gestione ad un
soggetto determinato. Da ciò deriva, in particolare, che, in base alla
normativa statale, la legge regionale deve limitarsi ad individuare l’ente od
il soggetto che eserciti le competenze già spettanti all’AATO» poiché «la
normativa statale non consente che la legge regionale individui direttamente il
soggetto affidatario della gestione del SII e che stabilisca i requisiti
generali dei soggetti affidatari di tale gestione (così determinando,
indirettamente, anche le forme di gestione)» (sentenza n. 62 del
2012).
Nel caso in esame il legislatore
regionale, esulando dall’ambito di competenza tracciato dal legislatore
statale, ha direttamente disposto in ordine ad una modalità di gestione
«autonoma» del servizio idrico escludendo, in relazione all’ipotesi
contemplata, «che l’ente individuato dalla Regione come successore delle
competenze dell’AATO deliberi, con un proprio atto, le forme di gestione del
servizio idrico integrato e provveda all’aggiudicazione della gestione del
servizio» (sentenza
n. 228 del 2013). Per tale ragione la norma censurata si pone in contrasto
con il principio, espresso dalla normativa interposta, di unitarietà e
superamento della frammentazione verticale delle gestioni, e quindi viola
l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost.
8.– Il quadro normativo che sorregge la
pronuncia di fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art.
10, comma 1, della legge reg. Liguria n. 1 del 2014 non muta, infine, alla luce
della disciplina introdotta, in data successiva rispetto a quella in cui il
ricorso è stato presentato, dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure
urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del
dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164.
L’art. 7, comma 1, lettera b), numero
4), del decreto-legge in esame introduce, tra l’altro, modifiche all’art. 147
del d.lgs. n. 152 del 2006, rafforzando le modalità attuative della definizione
degli ambiti territoriali ottimali ed aggiungendo, dopo il comma 2 del citato
art. 147, il seguente comma «2-bis. Qualora l’ambito territoriale ottimale
coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di
conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del
servizio all’utenza, è consentito l’affidamento del servizio idrico integrato
in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali
corrispondenti alle province o alle città metropolitane. Sono fatte salve le
gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani con
popolazione inferiore a 1.000 abitanti istituite ai sensi del comma 5
dell’articolo 148». La disciplina in esame – pur essendo successiva alla legge
regionale censurata – fa salva l’ipotesi di adesione facoltativa alla gestione
unica del SII prevista dall’art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006,
sostituito dall’art. 2, comma 14, del d.lgs. n. 4 del 2008, anch’esso
modificato dal citato d.l. n. 133 del 2014, come convertito.
È utile rammentare che il comma 5 del richiamato
art. 148 è una disposizione che «attiene alla tutela dell’ambiente, con
prevalenza rispetto alla materia dei servizi pubblici locali, perché giustifica
la possibilità di deroghe all’unicità della gestione del servizio sul piano
soggettivo, in ragione dell’elemento tipicamente ambientale costituito dalla
peculiarità idrica delle zone comprese nei territori delle comunità montane»,
per cui nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela
dell’ambiente rientra «anche stabilire le condizioni in presenza delle quali i
Comuni minori appartenenti alle comunità montane possono non partecipare alla
gestione unica del servizio idrico integrato, e cioè che la gestione del
servizio sia operata direttamente da parte dell’amministrazione comunale ovvero
tramite una società a capitale interamente pubblico controllata dallo stesso
Comune» (sentenza
n. 246 del 2009).
Tanto premesso, non può ritenersi che la
previsione regionale censurata sia rispettosa della opzione derogatoria
successivamente dettata dal legislatore statale in materia di gestione autonoma
del SII, sia sotto il profilo dell’individuazione dei Comuni ai quali tale
facoltà è concessa (venendo ampliata, nella disposizione regionale, la platea
ai comuni «con popolazione inferiore o uguale a tremila residenti» a fronte dei
Comuni «con popolazione fino a 1.000 abitanti» previsti dal 5 comma dell’art.
148 e dal novellato comma 2-bis dell’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006) sia
per quanto concerne il «previo consenso della Autorità d’ambito competente»,
previsto dalla legge statale e non già dalla norma regionale in scrutinio.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, della legge della Regione
Liguria 24 febbraio 2014, n. 1 (Norme in materia di individuazione degli ambiti
ottimali per l’esercizio delle funzioni relative al servizio idrico integrato e
alla gestione integrata dei rifiuti);
2)
dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 8, comma 3, 11 e 15, comma 2, lettere c)
ed e), della legge della Regione Liguria n. 1 del 2014, promosse, in riferimento
all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione, dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2015.