SENTENZA N. 50
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Luigi MAZZELLA Presidente
- Gaetano SILVESTRI Giudice
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 10, 11, primo periodo, 14 e 16, della legge della Regione Abruzzo 12 aprile 2011, n. 9 (Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 1° luglio 2011, ricevuto il successivo 6 luglio, depositato in cancelleria l’11 luglio, ed iscritto al n. 67 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica del 13 marzo 2013 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi l’avvocato dello Stato Giustina Noviello per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Federico Tedeschini per la Regione Abruzzo.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notifica il 1° luglio 2011, ricevuto il successivo 6 luglio e depositato l’11 luglio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 10, 11, primo periodo, 14 e 16, della legge della Regione Abruzzo 12 aprile 2011, n. 9 (Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo), per violazione dell’art. 117, primo e secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione.
1.1.– Il ricorrente assume in premessa che la normativa impugnata sarebbe ascrivibile all’ambito materiale della gestione delle risorse idriche, rientrante nella competenza legislativa esclusiva statale in tema di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (ex art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) e di tutela della concorrenza (ex art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.).
Da quanto appena detto discenderebbe la natura vincolante, nei confronti del legislatore regionale, delle norme recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), «che costituiscono standards minimi ed uniformi di tutela dell’ambiente validi sull’intero territorio nazionale». Siffatta ricostruzione avrebbe trovato conferma, da ultimo, nelle sentenze della Corte costituzionale n. 187 e n. 44 del 2011.
1.2.– Sulla base di tali premesse il ricorrente ritiene che debbano essere censurati i commi 11, 12 (recte: 10) e 14 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011.
Il comma 10 stabilisce: «In ciascuna Provincia del territorio regionale è istituita l’assemblea dei sindaci – di seguito denominata ASSI – per l’esercizio delle competenze nelle materie assegnate agli enti locali dalla legislazione statale e regionale, in particolare i compiti di organizzazione del Servizio, di adozione del piano d’ambito provinciale, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all’utenza, di affidamento della gestione. L’assemblea dei sindaci si riunisce su base provinciale e si articola nei subambiti territoriali corrispondenti agli ambiti di competenza dei singoli soggetti gestori che operano nella Regione. La partecipazione ai lavori dell’assemblea è gratuita».
Il comma 11, primo periodo, dispone: «L’ASSI, nell’ambito delle competenze materiali e territoriali di cui al comma 10, esprime in via ordinaria pareri obbligatori e vincolanti all’ERSI».
Infine, il comma 14 prevede: «L’ERSI propone gli atti fondamentali di pianificazione e di programmazione del Servizio alle ASSI, che esprimono parere obbligatorio e vincolante. L’ERSI coordina ed unifica a livello regionale le deliberazioni delle ASSI al fine di mantenere l’uniformità di azione sull’intero territorio regionale, sentita la Commissione del Consiglio regionale competente, che deve esprimersi in via definitiva entro e non oltre i ventuno (21) giorni successivi alla richiesta da parte dell’ERSI. Il parere si intende reso in senso favorevole qualora la Commissione consiliare non si pronunci in via definitiva nel termine perentorio su indicato».
La richiamata normativa regionale si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., «per il tramite della normativa statale di riferimento in materia ambientale, da considerarsi quale disciplina interposta», ed in particolare dell’art. 149, comma 3, secondo periodo, del d.lgs. n. 152 del 2006.
L’art. 149 – posto nel Titolo II (dedicato al «Servizio idrico integrato») della Sezione III del citato d.lgs. n. 152 del 2006 – prevede che l’Autorità d’ambito provveda alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d’ambito, il quale è costituito, tra l’altro, dal «programma degli interventi». Ai sensi del citato art. 149, comma 3, secondo periodo, «il programma degli interventi, commisurato all’intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione».
Il ricorrente ritiene che le previsioni della legge regionale si pongano in contrasto con le anzidette norme statali, specie là dove la prima prevede (comma 10) l’istituzione in ciascuna Provincia di un’assemblea dei sindaci (ASSI), che si riunisce su base provinciale e si articola nei sub-ambiti territoriali corrispondenti agli ambiti di competenza dei singoli soggetti gestori che operano nella Regione.
Secondo la difesa statale, l’attribuzione all’assemblea dei sindaci della competenza ad adottare il piano d’ambito provinciale porrebbe l’assemblea stessa in una posizione di egemonia rispetto all’ente regionale per il servizio idrico integrato (ERSI), che costituisce il soggetto competente per l’ambito territoriale unico regionale (ATUR).
La denunciata egemonia discenderebbe, in particolare, dalla previsione di un parere, non solo obbligatorio, ma anche vincolante da parte delle ASSI all’ERSI, che renderebbe difficilmente realizzabile il ruolo di coordinamento a livello regionale delle deliberazioni delle ASSI, assegnato dalla legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011 all’ERSI.
In sostanza, i commi censurati attribuirebbero all’ERSI il compito di «coordinare una somma di distinti Piani d’ambito provinciale, piuttosto che comporre la sintesi degli stessi, in modo pienamente coerente con quanto stabilito dal citato art. 149, comma 3, secondo periodo». Al riguardo, il ricorrente ritiene che sarebbe stato necessario demandare all’ERSI la funzione di redigere un autonomo e unitario piano d’ambito (su scala regionale) e di procedere alla sua adozione.
Sarebbe, pertanto, negata la necessaria prospettiva d’insieme che solo un piano d’ambito unitario potrebbe assicurare a tutela delle comunità locali e degli utenti.
Il ricorrente osserva che, mentre la normativa statale prevede un programma unitario di interventi ed obiettivi, ponendo in capo all’AATO (ed ora ai soggetti individuati dalle Regioni ai sensi dell’art. 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2010») le funzioni di pianificazione, le norme regionali impugnate prevedono espressamente che «L’ERSI coordina ed unifica a livello regionale le deliberazioni delle ASSI al fine di mantenere l’uniformità di azione sull’intero territorio regionale». Di conseguenza, le esigenze di unitarietà sarebbe assicurate, nella normativa regionale, «solo dalla funzione di “coordinamento” e non dalla pianificazione stessa».
1.3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna anche il comma 16 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, secondo cui «In conformità alla normativa vigente, il controllo analogo sui gestori in house del Servizio è svolto dall’ERSI ovvero dal Commissario di cui al successivo comma 19. Il controllo analogo è esercitato, nel rispetto dell’autonomia gestionale del soggetto gestore, attraverso parere obbligatorio sugli atti fondamentali del soggetto gestore in house».
La difesa statale contesta la previsione secondo cui il «controllo analogo», svolto dall’ERSI sui gestori in house del Servizio idrico integrato, debba essere esercitato «solo mediante pareri obbligatori – ma non vincolanti – ed in più con l’obbligo di rispettare l’“autonomia gestionale” dei soggetti gestori».
La norma anzidetta, a parere del ricorrente, non sarebbe in linea con il diritto dell’Unione europea, come applicato dalla Corte di giustizia (è richiamata la sentenza 13 novembre 2008, in causa C-324/07), e quindi con l’art. 117, primo comma, Cost.; il censurato comma 16 si porrebbe, inoltre, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
1.3.1.– Quanto alla violazione del diritto dell’Unione europea, la difesa statale sottolinea come l’in house providing costituisca un modello eccezionale, i cui requisiti devono essere interpretati con rigore, poiché costituiscono una deroga alle regole generali del diritto dell’Unione europea imperniate sul modello della competizione aperta.
Il ricorrente precisa, altresì, che la giurisprudenza europea e nazionale ha definito i caratteri essenziali del cosiddetto controllo analogo, richiedendo, a tal fine, un controllo strutturale, non limitato agli aspetti formali, ma effettivo e svincolato da qualsiasi condizione, futura ed eventuale. In particolare, la Corte di giustizia ha interpretato in maniera restrittiva l’affidamento dei servizi tramite in house providing, riconducendo il concetto di controllo da parte dell’amministrazione affidante alla possibilità di quest’ultima di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni più importanti. Questo controllo non sarebbe assicurato dalla sola detenzione in mano pubblica dell’intero capitale sociale della società (è richiamata la sentenza 6 aprile 2006, in causa C-410/04).
In definitiva, la difesa statale ritiene che il requisito del «controllo analogo» postuli un rapporto tra gli organi della società affidataria e l’ente pubblico affidante, tale che «quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicisti o con mezzi societari di derivazione privatistica, di indirizzare “tutta” l’attività sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento». Al riguardo, è citata la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 7 aprile 2011, n. 2151, nella quale si afferma che «ad avviso delle istituzioni comunitarie per controllo analogo s’intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sull’ente societario. In detta evenienza, pertanto, l’affidamento diretto della gestione del servizio è consentito senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle disposizioni comunitarie».
Il ricorrente evidenzia, altresì, come sia stata affermata la necessità che il consiglio di amministrazione della società affidataria in house non sia titolare di rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria (è citata la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514). Ne deriva un modello di gestione in cui le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di “in house frazionato”, della totalità degli enti pubblici soci.
La difesa statale ritiene, pertanto, che la norma regionale impugnata, prevedendo solo un parere obbligatorio ma non vincolante da parte dell’ente pubblico affidante sulle scelte del gestore in house del servizio ed imponendo il rispetto dell’autonomia gestionale del soggetto affidatario, configuri «un sistema che svuota di contenuto il c.d. controllo analogo e, quindi, aggira il divieto di affidamento del servizio “in house” solo in via eccezionale e […] i principi generali del diritto comunitario, tra cui la non discriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza». Da quanto appena detto discenderebbe la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.
1.3.2.– In riferimento al parametro costituzionale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., il ricorrente sostiene che la violazione delle regole della concorrenza derivi dalla mancata previsione di un controllo effettivo e strutturale sui soggetti in house da parte dell’ente pubblico locale. La norma regionale impugnata, infatti, consentirebbe a soggetti svincolati da un controllo stringente dell’ente pubblico locale la gestione in house del servizio idrico.
2.– La Regione Abruzzo si è costituita in giudizio chiedendo che le questioni prospettate siano dichiarate inammissibili o infondate.
2.1.– In via preliminare, la resistente contesta l’ascrivibilità delle norme impugnate alle materie della tutela dell’ambiente e della tutela della concorrenza, evidenziando le differenze esistenti fra le norme in esame e quelle oggetto dei giudizi decisi con le sentenze della Corte costituzionale n. 187 e n. 44 del 2011.
Le norme regionali sottoposte all’odierno scrutinio riguarderebbero, piuttosto, la materia dell’organizzazione del servizio idrico integrato sul territorio regionale e l’allocazione delle funzioni amministrative di cui erano titolari le soppresse autorità d’ambito. Al riguardo, la Regione Abruzzo avrebbe «correttamente esercitato la delega assegnatale dall’art. 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009», secondo cui «entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza».
La difesa regionale fa altresì notare che già l’art. 9 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche) e, successivamente, l’art. 148 del d.lgs. n. 152 del 2006 attribuivano alle Regioni il potere di disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale. Entrambe le disposizioni da ultimo citate sono state abrogate, ma il citato comma 186-bis dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009 avrebbe nuovamente assegnato alle Regioni il compito di organizzare il servizio sul proprio territorio; compito che la Regione Abruzzo avrebbe assolto con la legge impugnata.
2.2.– In ordine alle impugnative proposte nei confronti dei commi 10, 11 e 14 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, la resistente eccepisce, in via preliminare, la genericità delle censure.
Nel merito, la resistente, dopo aver richiamato il disposto dell’art. 142 del d.lgs. n. 152 del 2006 e del comma 186-bis dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009, precisa che la finalità delle norme impugnate è quella di realizzare un modello di gestione «in grado di far convergere tutto il sistema delle autonomie locali nel nuovo soggetto d’ambito e di assicurare la presenza di tutti i livelli di governo presenti sul territorio regionale».
In particolare, la partecipazione della Regione sarebbe assicurata attraverso l’autorità d’ambito regionale, rappresentata dall’ERSI; la partecipazione delle Province si realizzerebbe riconoscendo loro un ruolo di coordinamento degli enti locali, mediante la presidenza e la direzione delle ASSI, formate su base provinciale; infine, la partecipazione dei Comuni sarebbe garantita dalla loro presenza in seno alle ASSI e dall’attribuzione del potere di esprimere pareri obbligatori e vincolanti. Infine, le Province, attraverso i loro presidenti, e quattro sindaci, in rappresentanza degli enti locali, sono componenti del Consiglio di amministrazione dell’ERSI.
La resistente richiama, altresì, la sentenza della Corte costituzionale n. 128 del 2011, nella quale si precisa che il comma 186-bis dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009 «riserva al legislatore regionale un’ampia sfera di discrezionalità, consentendogli di scegliere i moduli organizzativi più adeguati a garantire l’efficienza del servizio idrico integrato e del servizio di gestione ugualmente integrato dei rifiuti urbani, nonché forme di cooperazione fra i diversi enti territoriali interessati».
La legge regionale impugnata avrebbe realizzato l’unitarietà della gestione del servizio idrico integrato, attraverso la costituzione di un unico ambito territoriale ottimale (ATUR), ed al contempo avrebbe migliorato il sistema di controllo sulle gestioni «collocandolo presso un soggetto altamente specializzato e competente». La scelta della Regione sarebbe, del resto, in linea con le competenze riconosciute alla stessa dalla Costituzione, dall’art. 142, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 e dall’art. 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009. Queste disposizioni, infatti, avrebbero sancito «in maniera indiscutibile un obbligo di coinvolgimento degli enti locali nei processi di organizzazione, indirizzo e controllo del servizio idrico integrato».
La difesa regionale conclude sul punto rilevando come all’ERSI spetti non solo «proporre» alle ASSI gli atti fondamentali di pianificazione e di programmazione del servizio, ma anche «unificare i documenti di pianificazione e garantire l’uniformità di indirizzo e di azione sull’intero territorio regionale» (art. 1, comma 14, della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011).
In ordine all’asserita violazione dell’art. 149, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, la resistente ritiene che dalla lettura sistematica dell’intera legge regionale, recante le norme censurate, si evinca la natura autonoma e unitaria del piano d’ambito regionale, che non sarebbe costituito dalla mera «somma di distinti piani d’ambito provinciali» ma deriverebbe dall’attività di coordinamento e di unificazione svolta dall’ERSI su scala regionale.
2.3.– Quanto all’impugnativa proposta nei confronti del comma 16 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, la resistente, dopo aver precisato che la predetta disposizione reca nell’incipit l’obbligo a conformarsi «alla normativa vigente», evidenzia come il legislatore regionale abbia «inteso declinare il potere di direzione dell’ERSI sui soggetti affidatari in house del servizio idrico integrato con la previsione di pareri obbligatori su tutti gli atti fondamentali di gestione, ai quali gli affidatari medesimi sono tenuti ad adeguarsi, nel quadro delle proprie scelte gestionali». In questo modo sarebbe stata configurata quella situazione di «effettivo controllo e di orientamento dell’attività della società controllata», richiesta dalla normativa e dalla giurisprudenza dell’Unione europea per giustificare l’affidamento diretto.
L’art. 1, comma 16, inoltre, risulterebbe in linea con la normativa statale in materia, «almeno con quella vigente al momento della sua entrata in vigore». È richiamato, al riguardo, l’art. 15, comma 1-ter, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 20 novembre 2009, n. 166, il quale stabilisce che «tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato […] devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore». La norma da ultimo citata sarebbe volta a garantire che l’ingerenza e il controllo sugli atti fondamentali delle società che gestiscono il servizio non comprimano, in modo assoluto, quel minimo di autonomia imprescindibilmente connessa alla loro natura di soggetti che svolgono un’attività di carattere industriale.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la resistente ritiene che il censurato comma 16 non si ponga in contrasto né con il diritto dell’Unione europea né con le norme poste dal legislatore nazionale a tutela della concorrenza.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 10, 11, primo periodo, 14 e 16, della legge della Regione Abruzzo 12 aprile 2011, n. 9 (Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo), per violazione dell’art. 117, primo e secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione.
2.– Il ricorrente impugna, innanzitutto, i commi 10, 11 e 14 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., «per il tramite della normativa statale di riferimento in materia ambientale, da considerarsi quale disciplina interposta», ed in particolare dell’art. 149, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).
I commi censurati, prevedendo un parere, non solo obbligatorio, ma anche vincolante da parte delle ASSI (Assemblee dei sindaci) all’ERSI (Ente regionale per il servizio idrico integrato), attribuirebbero a quest’ultimo il compito di «coordinare una somma di distinti Piani d’ambito provinciale, piuttosto che comporre la sintesi degli stessi, in modo pienamente coerente con quanto stabilito dal citato art. 149, comma 3, secondo periodo».
Sarebbe, pertanto, negata la necessaria prospettiva d’insieme che solo un piano d’ambito unitario potrebbe assicurare a tutela delle comunità locali e degli utenti.
3.– Preliminarmente, si deve rilevare che, nel periodo intercorso tra l’impugnazione e la discussione delle questioni in esame, i commi 10 e 14 sono stati modificati dalla legge della Regione Abruzzo 17 luglio 2012, n. 34 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 3 agosto 2011, n. 25 recante: “Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo speciale destinato alla perequazione in favore del territorio montano per le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativi alle utenze di acque pubbliche”, integrazione alla legge regionale 17 aprile 2003, n. 7 recante: “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2003 e pluriennale 2003-2005 della Regione Abruzzo – legge finanziaria regionale 2003”, modifiche alla legge regionale 12 aprile 2011, n. 9 recante “Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo” e modifica all’art. 63 della L.R. n. 1/2012 recante: Legge finanziaria regionale 2012).
In particolare, nel comma 10 sono stati inseriti due nuovi periodi, i quali prevedono che «L’Assemblea dei Sindaci è integrata dai Sindaci dei Comuni di altre province che sono soci del soggetto gestore che opera prevalentemente nella provincia. Le maggioranze e le presenze previste nel comma 11 e nei regolamenti di cui al comma 12 sono determinate tenendo conto di tale integrazione».
Nel secondo periodo del comma 14, invece, sono state inserite, dopo le parole «deliberazioni delle ASSI», le seguenti «superando eventuali contrasti».
Si tratta di modifiche che non incidono sulla sostanza normativa oggetto dell’impugnativa statale; pertanto, le questioni promosse mantengono inalterata la loro attualità e devono intendersi trasferite sul testo oggi vigente delle disposizioni censurate.
4.– La questione di legittimità costituzionale dei commi 10, 11 e 14 è parzialmente fondata, nei termini di seguito precisati.
4.1.– Il servizio idrico integrato è stato qualificato da questa Corte come «servizio pubblico locale di rilevanza economica» (sentenza n. 187 del 2011), pur nel rilievo che tale espressione non è mai utilizzata in ambito comunitario (sentenza n. 325 del 2010). La giurisprudenza costituzionale è inoltre univoca nel ritenere che la disciplina normativa di tale servizio ricade nelle materie della «tutela della concorrenza» e della «tutela dell’ambiente», entrambe di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Di conseguenza, la potestà legislativa regionale deve contenersi nei limiti, negativi e positivi, tracciati dalla legislazione statale.
4.2.– Per quanto riguarda le Autorità d’ambito, preposte alla programmazione ed alla gestione del servizio idrico integrato nel territorio delle Regioni, l’art. 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), nel sopprimere le Autorità d’ambito territoriale, di cui agli artt. 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), ha stabilito che «le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza».
Con la modifica del 2009, la legislazione statale ha inteso realizzare, mediante l’attuazione dei principi di cui sopra, una razionalizzazione nella programmazione e nella gestione del servizio idrico integrato, superando la precedente frammentazione. Perché ciò avvenga, è innanzitutto necessario che i soggetti cui sono affidate le funzioni abbiano una consistenza territoriale adeguata, ma è anche indispensabile che i piani d’ambito abbiano natura integrata e unitaria, in modo da realizzare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del servizio.
5.– La Regione Abruzzo, avvalendosi degli spazi di autonomia ad essa riconosciuti dalla legge statale (art. 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009) e dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 128 del 2011), ha previsto (art. 1, comma 5, della legge reg. n. 9 del 2011), per il servizio idrico integrato, un ambito territoriale unico regionale (ATUR), coincidente con l’intero territorio regionale, ed un unico soggetto d’ambito competente (ente regionale per il servizio idrico – ERSI), al quale sono attribuite tutte le funzioni già assegnate alle soppresse Autorità d’ambito.
L’art. 1, comma 10, della stessa legge regionale istituisce l’assemblea dei sindaci (ASSI) in ciascuna Provincia della Regione, «per l’esercizio delle competenze nelle materie assegnate agli enti locali dalla legislazione statale e regionale». L’ASSI, «nell’ambito delle competenze materiali e territoriali di cui al comma 10, esprime in via ordinaria pareri obbligatori e vincolanti all’ERSI» (art. 1, comma 11). Inoltre, «l’ERSI propone gli atti fondamentali di pianificazione e di programmazione del Servizio alle ASSI, che esprimono parere obbligatorio e vincolante» (art. 1, comma 14).
5.1.– Si deve al riguardo osservare che il rispetto dei principi di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza, richiamati dal sopra citato art. 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009, implica che non possa essere trascurato, nella prefigurazione normativa regionale della struttura e delle funzioni dei soggetti attributari dei servizi, il ruolo degli enti locali e che debba essere prevista la loro cooperazione in vista del raggiungimento di fini unitari nello spazio territoriale che il legislatore regionale reputa ottimale. Si deve ritenere, pertanto, che un organismo come l’assemblea dei sindaci (ASSI) ben si inserisca nell’organizzazione dell’ente regionale unitario, allo scopo di mantenere un costante rapporto tra programmazione e gestione del servizio su scala regionale ed esigenze dei singoli territori compresi nell’ambito complessivo dell’ERSI.
Per tale ragione, la questione di legittimità costituzionale del comma 10 dell’art. 1 della legge della Regione Abruzzo n. 9 del 2011 non è fondata.
5.2.– La presenza attiva dei Comuni nell’organizzazione e nell’esercizio delle funzioni dell’ente regionale non può tuttavia privare quest’ultimo della potestà di decidere in via definitiva, operando una sintesi delle diverse istanze e dei concorrenti, e in ipotesi divergenti, interessi delle singole comunità territoriali sub-regionali. La stessa legge regionale impugnata, dopo la modifica introdotta nel comma 14 dell’art. 1, prevede che il coordinamento e l’unificazione, a livello regionale, delle deliberazioni delle ASSI avvenga «superando eventuali contrasti». Ciò in coerenza con l’art. 149, comma 3, secondo periodo, del d.lgs. n. 152 del 2006 – evocato dal ricorrente come norma interposta ai fini del presente giudizio – che così stabilisce: «Il programma degli interventi, commisurato all’intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione».
Emerge dalla disposizione statale sopra citata – nel suo complesso ed anche al di là dell’inciso sopra riportato – la natura necessariamente unitaria del piano d’ambito affidato alla competenza dell’ente regionale. Tale unitarietà si pone tuttavia in contrasto con l’effetto vincolante attribuito dalle norme regionali impugnate ai pareri espressi dall’Assemblea dei sindaci, portatori di istanze potenzialmente frammentarie, di cui si deve tener conto nella redazione del piano regionale, ma che non possono condizionare in modo insuperabile l’attività programmatoria e pianificatoria dell’ente regionale attributario del servizio. La natura vincolante del parere dell’ASSI finisce per vanificare di fatto, nel territorio della Regione Abruzzo, l’intento razionalizzatore ed efficientistico della riforma statale, con cui sono state soppresse le preesistenti Autorità d’ambito.
Per i motivi sopra specificati, si deve dichiarare l’illegittimità costituzionale dei commi 11 e 14 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, limitatamente alle parole «e vincolanti» nel comma 11 e alle parole «e vincolante» nel comma 14, per contrasto con l’art. 149 del d.lgs. n. 152 del 2006, quale norma interposta, rispetto all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
5.3.– Per le ragioni evidenziate nel paragrafo precedente, deve essere dichiarata, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 15, della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, limitatamente alle parole «e vincolante».
6.– Il ricorrente impugna, inoltre, l’art. 1, comma 16, secondo periodo, della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in quanto la previsione di un parere obbligatorio ma non vincolante da parte dell’ente pubblico affidante sul gestore in house del servizio, e del rispetto dell’autonomia gestionale del soggetto affidatario, delineerebbe «un sistema che svuota di contenuto il c.d. controllo analogo e, quindi, aggira il divieto di affidamento del servizio “in house” solo in via eccezionale e […] i principi generali del diritto comunitario, tra cui la non discriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza».
Il comma 16, secondo periodo, è impugnato anche per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto la mancata previsione di un controllo effettivo e strutturale sui soggetti in house da parte dell’ente pubblico locale determinerebbe la violazione delle regole della concorrenza. La norma regionale, infatti, consentirebbe a soggetti svincolati da un controllo stringente dell’ente pubblico locale la gestione in house del servizio idrico.
6.1.– Preliminarmente, deve essere rilevato che il censurato secondo periodo del comma 16 è stato abrogato dalla legge reg. Abruzzo n. 34 del 2012, con la conseguenza che la norma impugnata è stata in vigore dal 5 maggio 2011 (data dell’entrata in vigore della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011) al 26 luglio 2012 (data dell’entrata in vigore della legge reg. Abruzzo n. 34 del 2012).
La norma in esame prevede, al primo periodo, non impugnato, che il controllo analogo sui gestori in house sia svolto dall’ERSI o dal Commissario di cui al successivo comma 19 della medesima legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011. Il secondo periodo indica le modalità di esercizio del controllo analogo che sono ritenute illegittime dal Presidente del Consiglio dei ministri nell’odierno giudizio di costituzionalità.
Nonostante l’integrale abrogazione del censurato secondo periodo del comma 16, non è possibile escludere che la norma ivi prevista abbia avuto applicazione nel periodo di vigenza. Infatti, mentre l’ERSI non risulta ancora istituito, il Commissario di cui al comma 19 è stato nominato prima dell’abrogazione della norma impugnata, con la conseguenza che il controllo analogo sui gestori in house ben potrebbe essere stato esercitato secondo le modalità qui censurate.
Pertanto, questa Corte è tenuta ad esaminare il merito delle questioni promosse.
6.2.– La Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto che rientra nel potere organizzativo delle autorità pubbliche degli Stati membri “autoprodurre” beni, servizi o lavori, mediante il ricorso a soggetti che, ancorché giuridicamente distinti dall’ente conferente, siano legati a quest’ultimo da una “relazione organica” (cosiddetto affidamento in house). Allo scopo di evitare che l’affidamento diretto a soggetti in house si risolva in una violazione dei principi del libero mercato e quindi delle regole concorrenziali, che impongono sia garantito il pari trattamento tra imprese pubbliche e private, la stessa Corte ha affermato che è possibile non osservare le regole della concorrenza a due condizioni. La prima è che l’ente pubblico svolga sulla società in house un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; la seconda è che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico (sentenza 18 novembre 1999, in causa C-107/98, Teckal). Tale impostazione è costantemente richiamata dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 439 del 2008).
6.3.– La norma regionale impugnata prevede che il controllo analogo sia esercitato – dall’ERSI ovvero dal Commissario unico straordinario (CUS) – sugli affidatari in house del servizio idrico integrato «nel rispetto dell’autonomia gestionale del soggetto gestore», attraverso «parere obbligatorio» sugli atti fondamentali di quest’ultimo.
Si deve in proposito ricordare che l’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 20 novembre 2009, n. 166, novellando l’art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, stabiliva: «Tutte le forme di affidamento del servizio idrico integrato, di cui all’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 […] devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore […]».
A seguito dell’esito positivo della consultazione referendaria ammessa con sentenza n. 24 del 2011 di questa Corte, l’art. 23-bis del d.l. n. 112 è stato abrogato, mentre l’art. 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, sostanzialmente riproduttivo della norma abrogata, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 199 del 2012, per violazione del divieto di ripristino di normativa abrogata a seguito di referendum, e quindi dell’art. 75 Cost.
La conseguenza delle vicende legislative e referendarie brevemente richiamate è che, attualmente, si deve ritenere applicabile la normativa e la giurisprudenza comunitarie in materia, senza alcun riferimento a leggi interne.
6.4.– Alla luce di quanto sinora esposto, il comma 16 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011 deve ritenersi costituzionalmente illegittimo sia per la previsione del rispetto dell’autonomia gestionale del soggetto affidatario in house, sia per la prescrizione di pareri obbligatori, ma non vincolanti, sugli atti fondamentali del soggetto gestore.
Per il primo profilo, si deve ricordare che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che sul soggetto concessionario deve essere esercitato «un controllo che consente all’autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti» (sentenza 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixen). Ciò non significa che siano annullati tutti i poteri gestionali dell’affidatario in house, ma che la «possibilità di influenza determinante» è incompatibile con il rispetto dell’autonomia gestionale, senza distinguere – in coerenza con la giurisprudenza comunitaria – tra decisioni importanti e ordinaria amministrazione.
Anche con riferimento al secondo profilo, è appena il caso di osservare che il condizionamento stretto, richiesto dalla giurisprudenza comunitaria, non può essere assicurato da pareri obbligatori, ma non vincolanti, resi peraltro – come esplicitamente prevede la norma impugnata – «sugli atti fondamentali del soggetto gestore in house».
Pertanto, l’intero secondo periodo del comma 16 dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.
7.– Si devono ritenere assorbite le altre censure di legittimità costituzionale prospettate dal ricorrente.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 11, primo periodo, della legge della Regione Abruzzo 12 aprile 2011, n. 9 (Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo), limitatamente alle parole «e vincolanti»;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 14, della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, limitatamente alle parole «e vincolante»;
3) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 15, della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, limitatamente alle parole «e vincolante»;
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 16, secondo periodo, della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, nel testo vigente prima della sua abrogazione;
5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 10, della legge reg. Abruzzo n. 9 del 2011, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 2013.
F.to:
Luigi MAZZELLA, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2013.