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SENTENZA N. 325
ANNO 2011
Commento alla decisione
di
Antonio Ruggeri
Summum
ius summa iniuria, ovverosia quando l’autonomia regionale non riesce a
convertirsi in servizio per i diritti fondamentali (a margine di Corte cost. n. 325
del 2011)
nella
Rubrica "Studi e Commenti”
di
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA
"
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11,
commi 3, 4 e 5, 13, commi 1 e 2, 37, 46, 51 e 54 della legge della Regione
Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di
previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia),
promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28
febbraio-3 marzo 2011, depositato in cancelleria l’8 marzo 2011 ed iscritto al
n. 19 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;
udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2011 il Giudice
relatore Sabino Cassese;
udito l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con
ricorso notificato il 28 febbraio-3 marzo 2011 e depositato presso la cancelleria
di questa Corte l’8 marzo 2011 (reg. ric. n. 19 del 2011), ha impugnato gli
artt. 11, commi 3, 4 e 5, 13, commi 1 e 2, 37, 46, 51 e 54 della legge della
Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del
bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione
Puglia), per violazione degli artt. 3, 81, 117, commi primo, secondo, lettere h), o)
e s), e terzo, della Costituzione.
2. – Le disposizioni impugnate
contengono misure in materia di spesa sanitaria, aree naturali protette,
promozione della legalità e personale delle pubbliche amministrazioni nella
Regione Puglia.
2.1. – L’art. 11 della legge
censurata detta una serie
di adempimenti relativi all’attuazione del Piano di rientro, di riqualificazione
e riorganizzazione e di individuazione degli interventi per il perseguimento
dell’equilibrio economico di cui all’Accordo tra il Ministro della salute, il
Ministro dell’economia e delle finanze e
2.2. – L’art. 13 della legge della
Regione Puglia n. 19 del 2010 contiene disposizioni relative all’esenzione dal ticket per visite ed esami specialistici. In
particolare, il comma 1 stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2011,
«l’esenzione dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa
sanitaria (ticket) per motivi di reddito, di cui all’articolo 8, comma 16, della legge n. 537 del 1993 e successive
modificazioni e integrazioni, con le specificazioni introdotte dal decreto legge n. 112 del 2008,
convertito, con modificazioni, nella legge
n. 133 del 2008, è riconosciuta esclusivamente: a) ai cittadini di età inferiore a sei anni o superiore a
sessantacinque anni, appartenente a un nucleo familiare con un reddito
complessivo annuo non superiore a euro 36.151,98; b) ai titolari di pensione sociale e loro familiari a carico; c) ai titolari di pensione al minimo
aventi età superiore a sessant’anni e loro familiari a carico, appartenenti a
un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31,
incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di
ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; d) ai disoccupati e loro familiari a carico, appartenenti a un
nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31,
incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di
ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; e) agli inoccupati e loro familiari a carico, appartenenti a un
nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31,
incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di
ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; f) ai lavoratori in cassa integrazione ordinaria e straordinaria e
loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito
complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05
in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a
carico; g) ai lavoratori in mobilità
e loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito
complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05
in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a
carico». Il successivo comma 2 prevede che spetta alla Giunta regionale
disciplinare le modalità di riconoscimento e fruizione di tali esenzioni.
2.3. – L’art. 37 della legge censurata
detta norme riguardanti il Parco naturale regionale «Terra delle gravine»,
disponendo l’abrogazione delle lettere d)
ed i) del comma 7 dell’art. 4 (Azioni
di valorizzazione del territorio e norme di tutela) della legge regionale 20
dicembre 2005, n. 18 (Istituzione del Parco naturale regionale «Terra delle
gravine»). Le norme abrogate prevedevano che, allo scopo di perseguire le
finalità di salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente naturale, nel Parco
naturale regionale «Terra delle gravine» non fosse consentito, tra l’altro:
esercitare l’attività venatoria, fatti salvi, su autorizzazione dell’Ente di
gestione, gli interventi di controllo delle specie previsti dall’art. 11, comma
4, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge-quadro sulle aree protette), ed
eventuali prelievi effettuati a fini scientifici (lettera d); transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali,
provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico
passaggio, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorali (lettera i).
2.4. – L’art. 46 della legge della
Regione Puglia n. 19 del 2010 contiene norme in materia di sensibilizzazione della
cultura della legalità, prevedendo l’istituzione dell’«Agenzia regionale
per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale», i cui compiti e
funzioni sono definiti con legge regionale. Per finanziare le attività
dell’agenzia, «è istituito nel bilancio di previsione per l’esercizio
finanziario 2011, nell’ambito della UPB 05.06.01, il capitolo di spesa 721071,
denominato "Spese per la promozione della legalità nell’ambito della
cittadinanza sociale e delle politiche della salute”, con una dotazione
finanziaria, in termini di competenza e cassa, di euro 200mila».
2.5. – L’art. 51 della legge impugnata
disciplina il lavoro straordinario dei dipendenti regionali, prorogando dal 30
giugno 2010 al 31 dicembre 2010 il termine – previsto dall’art. 34
(Lavoro straordinario) della legge
regionale 31 dicembre 2009, n. 34 (Disposizioni per la formazione del bilancio
di previsione 2010 e bilancio pluriennale 2010-2012 della Regione Puglia) – entro il quale, «in attesa del
completamento delle procedure rivolte all’installazione del sistema di
rilevazione automatica delle presenze, ai dipendenti regionali può essere erogato il compenso
per il lavoro straordinario».
2.6. – L’art. 54 della legge censurata
detta disposizioni relative allo status di
componente della Giunta regionale, stabilendo che «ai componenti
esterni della Giunta regionale si applicano, dalla data di nomina e per
l’intera durata dell’incarico, le disposizioni vigenti concernenti i
consiglieri regionali relativamente al collocamento in aspettativa senza
assegni per l’espletamento di cariche pubbliche».
3. – Il Presidente del Consiglio dei
ministri riferisce, innanzitutto, che la legge della Regione Puglia n. 19 del
2010 fa seguito alla emanazione di altre due leggi regionali – la legge della
Regione Puglia 24 settembre 2010, n. 11 (Norme per la copertura delle perdite
di esercizio degli enti del Servizio sanitario regionale "SSR”), e la legge della Regione Puglia 24
settembre 2010, n. 12 (Piano di rientro 2010-2012. Adempimenti) – con le quali sono state stabilite,
tra l’altro, misure relative alla copertura finanziaria, nonché al piano di
rientro dal disavanzo regionale. Il ricorrente, dopo aver ricostruito le
vicende relative al disavanzo nella Regione, con particolare riferimento al
Servizio sanitario, sottolinea che, con la legge censurata,
3.1. – La difesa dello Stato censura, in
primo luogo, l’art. 11, commi 3, 4 e 5, della legge della Regione Puglia n. 19 del
2010, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di
coordinamento della finanza pubblica. Le disposizioni impugnate prevedono
l’adozione da parte della Regione di provvedimenti e di piani che «implicano
misure e interventi che, peraltro, formano già oggetto dell’Accordo stipulato
il 29 novembre 2010 e dell’allegato Piano di rientro dal disavanzo sanitario».
Il ricorrente riporta, infatti, che tali misure «sono contenute nell’"obiettivo
generale B3” e negli obiettivi specifici "B3.1, B3.2 e B3.4” del suddetto Piano
di rientro». Ad avviso della difesa dello Stato, pertanto, le norme regionali
sarebbero illegittime nella parte in cui hanno omesso qualsiasi richiamo a tale
Piano, prevedendo provvedimenti e interventi «paralleli» al Piano stesso,
ponendosi così in contrasto con l’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del
3.2. – Il ricorrente censura, in secondo
luogo, l’art. 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010,
relativo alle esenzioni dal pagamento della quota di compartecipazione alla
spesa sanitaria (cosiddetto ticket),
sotto diversi profili.
Innanzitutto, ad avviso della difesa
dello Stato, l’art. 13, comma 1, lettere e),
f) e g), della legge impugnata sarebbe illegittimo in quanto, «tra le
categorie di esenti per reddito, inserisce anche gli inoccupati e i familiari a
carico, i lavoratori in cassa integrazione ordinaria e straordinaria e i loro
familiari a carico e i lavoratori in mobilità con i rispettivi familiari a
carico», categorie «non previste dall’art. 8, comma 16, della legge 24 dicembre
1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e/o, in ogni caso, previsti con
dei limiti di reddito ben stabiliti». La norma censurata, quindi, includerebbe,
tra i soggetti esentati dal pagamento della quota di compartecipazione
sanitaria, categorie non comprese dalla legislazione statale di principio in
materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza pubblica, così
violando l’art. 117, terzo comma, Cost. L’art. 13, comma 2, della legge censurata
attribuendo alla Giunta regionale il potere di regolare le modalità di
riconoscimento e fruizione delle esenzioni, sarebbe in contrasto con l’art. 8,
comma 16, della legge n. 537 del 1993, che «stabilisce espressamente quali sono
le categorie di soggetti esentati dal ticket e le modalità ed i limiti
economici di reddito che danno diritto alle dette esenzioni».
Secondo la difesa dello Stato, inoltre,
le disposizioni impugnate sarebbero illegittime per violazione dell’art. 81
Cost., risultando «assolutamente prive di ogni copertura finanziaria». In
aggiunta, il ricorrente rileva che le norme censurate lederebbero l’art. 117,
terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica, perché
detterebbero interventi in contrasto con quanto previsto dall’obiettivo E1.3
del Piano di rientro, con conseguente violazione dell’art. 2, commi 80 e 95,
della legge n. 191 del 2009.
3.3. – L’art. 37 della legge della
Regione Puglia n. 19 del 2010, riguardante il Parco naturale regionale «Terra
delle gravine», è censurato dalla difesa dello Stato per violazione dell’art.
117, commi primo e secondo, lettera s),
Cost. La disposizione impugnata prevede, tra l’altro, che sia abrogata la
lettera i) del comma 7 dell’art. 4
della legge regionale n. 18 del 2005, istitutiva del citato Parco, ai sensi
della quale vigeva il divieto di «transitare con mezzi motorizzati fuori dalle
strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi
di pubblico passaggio, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le
attività agro-silvo-pastorali». Ad avviso del
ricorrente, tale previsione sarebbe in contrasto con l’art. 11, comma 2,
lettera c), della legge n. 394 del
1991, secondo cui il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi
mezzo all’interno del parco è disciplinato dal regolamento del parco. Il ricorrente
sostiene, quindi, che «poiché la norma statale riconosce al "piano del parco”,
la caratteristica di essere strumento insostituibile di programmazione,
regolazione e controllo, appare evidente che l’abrogazione del suddetto divieto
comporta interferenze anche nei confronti di specie, habitat ed habitat di
specie tutelati ai sensi della Direttiva 92/43/CEE e della Direttiva
2009/147/CE». Pertanto, «la disposizione regionale, nel disciplinare una
materia rimessa alla competenza dello Stato, e disponendo in modo non conforme
alla legislazione statale che individua standard minimi ed uniformi di tutela
validi sull’intero territorio nazionale, presenta profili di illegittimità
costituzionale con riferimento all’art. 117 Cost., secondo comma, lettera s), ai sensi del quale lo Stato ha
competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema». Infine, la norma, «comportando interferenze anche nei
confronti di specie, habitat ed habitat di specie» ai sensi della direttiva del Consiglio delle Comunità
europee 92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche e della
direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre
2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, violerebbe l’art.
117, primo comma, Cost., nella parte in cui il legislatore regionale non ha
rispettato i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
3.4. – Il ricorrente, in quarto luogo,
censura l’art. 46 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, istitutivo dell’Agenzia
regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale, perché
sarebbe in contrasto «con la normativa statale di riferimento che attribuisce
al Ministero dell’interno la possibilità di regolamentare, su tutto il
territorio nazionale, la materia trattata dalla legge regionale in oggetto». In
particolare, il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4 (Istituzione dell’Agenzia
nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e
confiscati alla criminalità organizzata), convertito in legge 31 marzo 2010, n.
50, nell’istituire l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, avrebbe
«espressamente e specificamente affrontato anche le problematiche relative alla
cultura della legalità nelle aree interessate del territorio nazionale». Ad
avviso del ricorrente, il legislatore regionale, «introducendo – con propria
legge – disposizioni sulla costituzione e sul funzionamento di una agenzia, con
funzioni analoghe alla neo-istituita Agenzia nazionale per l’amministrazione e
la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata,
si pone in contrasto con la legge n. 50/2010 e viola l’art. 117, secondo comma,
lettera h), Cost., in materia di
pubblica sicurezza».
3.5. – Secondo la difesa dello Stato, in
quinto luogo, l’art. 51 della legge impugnata violerebbe gli artt. 3 e 117,
terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica. Il ricorrente
evidenzia che «la predisposizione della rilevazione informatizzata delle
presenze è stata più volte rinviata a partire dal 2008» e che l’art. 3, comma
83, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), «stabilisce l’obbligo per le pubbliche
amministrazioni di provvedere alla rilevazione automatica delle presenze al
fine di corrispondere i compensi per lavoro straordinario». La difesa dello
Stato sostiene, dunque, che «procrastinare ulteriormente l’applicazione della
disposizione della legge finanziaria comporta una disparità di trattamento con
il personale delle altre pubbliche amministrazioni, in palese contrasto,
pertanto, con i principi di eguaglianza fra i cittadini di cui all’art. 3 Cost.
nonché con l’art. 117, terzo comma, Cost., rientrando tale materia nel
coordinamento della finanza pubblica e, pertanto, tra quelle di legislazione
concorrente».
3.6. – Infine, l’art. 54 della legge
impugnata è censurato per violazione degli artt. 3 e 117, secondo comma,
lettera o), Cost. La norma prevede
che ai
componenti esterni della Giunta regionale si applicano, dalla data di nomina e
per l’intera durata dell’incarico, le disposizioni vigenti concernenti i
consiglieri regionali relativamente al collocamento in aspettativa senza
assegni per l’espletamento di cariche pubbliche. Tale materia, ad avviso del
ricorrente, rientrerebbe nella previsione dell’art. 47, lettera g), del decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte
sui redditi), il quale dispone che «le indennità di cui all’articolo 1 della
legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e all’articolo 1 della legge 13 agosto 1979, n.
384, percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo e
le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive e per le
funzioni di cui agli articoli 114 e 135 della Costituzione e alla legge 27
dicembre 1985, n. 816, nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in
dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni e
l’assegno del Presidente della Repubblica, sono assimilati ai redditi di lavoro
dipendente». Il legislatore regionale avrebbe quindi «esorbitato dalla propria
competenza, avendo, tra l’altro, previsto (e assunto al bilancio regionale)
anche oneri previdenziali, in contrasto sia con l’art. 117, secondo comma,
lettera o), Cost., che attribuisce
allo Stato la competenza esclusiva in materia di previdenza sociale, che con
l’art. 3 Cost. per disparità di trattamento tra le cariche elettive».
4. – Con atto depositato presso la
cancelleria di questa Corte il 15 aprile 2011, si è costituita in giudizio
La difesa regionale riferisce,
innanzitutto, che alcune delle disposizioni impugnate sono state abrogate o
sono in corso di abrogazione. In particolare, l’art. 11, commi 3, 4 e 5 della
legge censurata risulterebbe abrogato dall’art. 2 della legge della Regione
Puglia 8 aprile 2011, n. 5 (Norme in materia di Residenze sanitarie e
socio-sanitarie assistenziali "RSSA”, riabilitazione e hospice e disposizioni urgenti in
materia sanitaria). Gli artt. 13, commi 1 e 2, e 51 sarebbero oggetto di un
apposito disegno di legge di abrogazione. La lettera i) del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005,
abrogata dall’art. 37 della legge impugnata, sarebbe stata riprodotta nel
disegno di legge regionale «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20
dicembre 2005, n. 18 (Istituzione del Parco naturale regionale "Terra delle
gravine”)», così ripristinando il divieto di «transitare» all’interno del parco
«con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali,
private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione
per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorali».
Di conseguenza, la difesa regionale osserva che «il già accaduto o prossimo
venire meno del contrasto» di queste disposizioni con i parametri evocati dal
ricorrente «induce a trattare» solo i motivi relativi agli artt. 46 e 54 della
legge impugnata.
4.1. – Quanto all’art. 46 della legge
censurata,
4.2. – Con
riferimento all’art. 54 della legge impugnata, riguardante lo status di componente della Giunta regionale,
la resistente rileva innanzitutto che l’art. 43, comma 7, dello statuto della
Regione Puglia garantisce che «al componente esterno è attribuito, altresì, il
trattamento economico previsto per il consigliere regionale e l’indennità di
funzione prevista per l’assessore», stabilendo una parificazione di tutti i
componenti della Giunta – eletti o non eletti – ai Consiglieri eletti, ivi
inclusa la tutela previdenziale. Secondo
Quanto alla lamentata lesione dell’art.
3 Cost., la difesa regionale sottolinea che la norma censurata «tende proprio a
garantire una parità di trattamento previdenziale fra cittadino, pubblico
dipendente eletto consigliere e poi nominato assessore, e cittadino pubblico
dipendente non consigliere e nominato assessore, nonché fra lavoratore pubblico
e privato nominato assessore regionale; tutti investiti di una medesima
funzione pubblica: l’essere componente di un organo esecutivo». La resistente
osserva, infine, che neppure sembrerebbe sussistere «disparità di trattamento
tra le cariche elettive», laddove «tale generica dizione fosse intesa nel senso
di disparità tra assessori e consiglieri di diverse Regioni», in quanto anche
altre Regioni avrebbero adottato da tempo una normativa identica a quella
pugliese (sarebbe il caso degli artt. 2 e 3 della legge della Regione
Emilia-Romagna 24 marzo 2000, n. 17 «Disposizioni
in materia di indennità agli assessori della giunta regionale non consiglieri
regionali») o comunque interpretato
nello stesso senso della normativa censurata la propria legge regionale in
materia (sarebbe il caso della deliberazione n. 33/63 del 30 settembre 2010
della Regione Sardegna).
5. – Successivamente al ricorso, alcune
delle disposizioni impugnate sono state oggetto di modifica da parte della
Regione Puglia.
5.1. – I commi 3, 4 e 5 dell’art. 11
della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010 sono stati abrogati dall’art. 2
della legge regionale n. 5 del
5.2. – I commi 1 e 2 dell’art. 13 della
legge impugnata sono stati abrogati dall’art. 1 della legge della Regione
Puglia 16 giugno 2011, n. 10 (Esenzione ticket assistenza specialistica per motivi
di reddito - Modifiche all’articolo 11 della legge regionale 4 gennaio 2011, n.
1 «Norme in materia di ottimizzazione e valutazione della produttività del
lavoro pubblico e di contenimento dei costi degli apparati amministrativi nella
Regione Puglia»), a
decorrere dal giorno stesso della pubblicazione di tale legge (20 giugno 2011).
5.3. – L’art. 1,
comma 1, lettera d), della legge
della Regione Puglia 21 aprile 2011, n. 6 (Modifiche e integrazioni alla legge
regionale 20 dicembre 2005, n. 18 "Istituzione del Parco naturale regionale
‘Terra delle gravine’”), ha aggiunto, dopo la lettera m) del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, le
seguenti lettere: «m-bis) resta fermo il divieto di esercizio
dell’attività venatoria sancito dal comma 6 dell’articolo 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro
sulle aree protette), nonché dalla lettera b)
del comma 1 dell’articolo 8 della
legge regionale 24 luglio 1997, n. 19 (Norme per l’istituzione e la
gestione delle aree naturali protette nella Regione Puglia); m-ter)
resta fermo il divieto di transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade
statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di
pubblico passaggio, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorale». Sono state così reintrodotte, a
partire dal 26 aprile 2011, le disposizioni di cui alle lettere d) e i)
del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, abrogate
dall’art. 37 della legge impugnata.
6. – Con atto depositato presso la cancelleria
di questa Corte il 4 ottobre 2010, l’Avvocatura generale dello Stato, per conto
del Presidente del Consiglio dei ministri, ha dichiarato di rinunciare
parzialmente al ricorso n. 19 del 2011, con riguardo alle censure relative agli
artt. 11, commi 3, 4 e 5, e 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia
n. 19 del 2010.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con
ricorso notificato il 28 febbraio-3 marzo 2011 e depositato presso la
cancelleria di questa Corte l’8 marzo 2011 (reg. ric. n. 19 del 2011), ha
impugnato gli artt. 11, commi 3, 4 e 5, 13, commi 1 e 2, 37, 46, 51 e 54 della
legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione
del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione
Puglia), per violazione degli artt. 3, 81, 117, commi primo, secondo, lettere h), o)
e s), e terzo, Cost.
Le questioni sottoposte all’esame di
questa Corte riguardano misure in materia di spesa sanitaria, aree naturali
protette, promozione della legalità e personale delle pubbliche amministrazioni
nella Regione Puglia. Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le
norme impugnate violerebbero diversi parametri costituzionali, essendo in gran
parte lesive delle competenze legislative dello Stato.
2. – Successivamente al ricorso, la
legge della Regione Puglia n. 19 del 2010 è stata oggetto di modifiche. In primo luogo, i commi 3, 4 e 5 dell’art. 11
della legge impugnata sono stati abrogati dall’art. 2 della legge regionale 8
aprile 2011 n. 5 (Norme in materia di Residenze sanitarie e socio-sanitarie
assistenziali "RSSA”, riabilitazione e hospice e disposizioni urgenti in materia sanitaria), a
decorrere dal giorno stesso della pubblicazione di tale legge (11 aprile 2011).
In secondo luogo, i commi 1 e 2 dell’art. 13 della legge censurata sono stati
abrogati dall’art. 1 della legge della Regione Puglia 16 giugno 2011, n. 10 (Esenzione ticket
assistenza specialistica per motivi di reddito – Modifiche all’articolo 11
della legge regionale 4 gennaio 2011, n. 1 «Norme in materia di ottimizzazione
e valutazione della produttività del lavoro pubblico e di contenimento dei
costi degli apparati amministrativi nella Regione Puglia»), anche in questo
caso a decorrere dal giorno
stesso della pubblicazione di tale legge (20 giugno 2011).
A seguito di dette abrogazioni, con atto
depositato presso la cancelleria di questa Corte il 4 ottobre 2011,
l’Avvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei
ministri, ha dichiarato di rinunciare parzialmente al ricorso n. 19 del 2011,
con riguardo alle censure riferite all’art. 11, commi 3, 4 e 5, e all’art. 13,
commi 1 e 2, della legge impugnata. La rinuncia non è stata accettata dalla
Regione Puglia e non può dichiararsi estinto il giudizio in relazione a tali
questioni. Tuttavia, la rinuncia non regolarmente accettata, pur non
determinando l’estinzione del giudizio, «può fondare, unitamente ad altri
elementi, una dichiarazione di cessazione della materia del contendere per
carenza di interesse del ricorrente» (ordinanza n. 199
del 2010). Occorre quindi verificare se le disposizioni impugnate abbiano o
non abbiano trovato applicazione nel periodo in cui sono state in vigore.
2.1. – Nel caso dell’art. 11, commi 3, 4
e 5, della legge impugnata, non risulta che le norme censurate abbiano trovato medio tempore attuazione e «il
successivo intervento normativo può ritenersi satisfattivo della pretesa
avanzata con il ricorso, anche alla luce del contenuto dell’atto di rinuncia»
(così ancora l’ordinanza
n. 199 del 2010). La sopravvenuta abrogazione della disposizione impugnata
e la conseguente rinuncia da parte del ricorrente hanno determinato, unitamente
alla sua mancata applicazione, la cessazione della materia del contendere con
riferimento alla questione riguardante l’art. 11, commi 3, 4 e 5, della legge
della Regione Puglia n. 19 del 2010.
2.2. – Situazione diversa è quella
relativa all’art. 13, commi 1 e 2, della legge censurata, concernente
l’esenzione dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria
(cosiddetto ticket). Dato il
contenuto delle disposizioni impugnate, infatti, la norma ha verosimilmente
trovato applicazione nel periodo di circa sei mesi in cui è stata in vigore. Di
conseguenza, la sola rinuncia all’impugnativa da parte del ricorrente, in
assenza di formale accettazione, non può in questo caso consentire di
dichiarare cessata la materia del contendere con riferimento alla questione
riguardante l’art. 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia n. 19 del
2010.
2.3. – Né può dichiararsi cessata la materia
del contendere con riferimento alla questione relativa all’art. 37 della legge
censurata, come invece prospettato dalla difesa regionale.
L’art. 1, comma 1, lettera d), della legge della Regione Puglia 21 aprile
2011, n. 6 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 dicembre 2005, n.
18 «Istituzione del Parco naturale regionale "Terra delle gravine”»), ha
aggiunto, dopo la lettera m) del
comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, le seguenti lettere:
«m-bis) resta fermo il divieto di esercizio dell’attività venatoria
sancito dal comma 6 dell’articolo 22
della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette),
nonché dalla lettera b) del comma 1
dell’articolo 8 della legge regionale
24 luglio 1997, n. 19 (Norme per l’istituzione e la gestione delle aree
naturali protette nella Regione Puglia); m-ter) resta fermo il divieto di
transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali,
private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione
per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorale».
Sono state così reintrodotte, a partire dal 26 aprile 2011, le disposizioni di
cui alle lettere d) e i) del comma 7 dell’art. 4 della legge
della Regione Puglia n. 18 del 2005, abrogate dall’art. 37 della legge
impugnata nel presente giudizio. Tuttavia, può ragionevolmente assumersi che la disposizione censurata
abbia avuto medio tempore
applicazione, in quanto essa ha rimosso un divieto per un periodo di circa
quattro mesi.
3. – Vanno preliminarmente esaminati i
profili di ammissibilità delle censure prospettate dal Presidente del Consiglio
dei ministri.
3.1. – Innanzitutto, va
respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Puglia in
quanto le censure formulate dal ricorrente sarebbero generiche e non
sufficientemente motivate. Le violazioni
lamentate e i parametri invocati, infatti, sono sempre chiaramente individuati
dalla difesa dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 68 del
2011 e n.
332 del 2010). In tutte le questioni sollevate,
risulta agevole cogliere le argomentazioni formulate dal ricorrente a sostegno
delle asserite violazioni delle disposizioni costituzionali indicate.
3.2. – Parimenti non fondata è
l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Puglia con riguardo alla
censura riferita all’istituzione dell’Agenzia regionale per la promozione della
legalità e della cittadinanza sociale (art. 46 della legge impugnata), in
quanto tale censura sarebbe priva di concretezza e attualità, nonché generica,
dato che non risulterebbe indicata la disposizione di legge statale con la
quale la norma impugnata sarebbe in contrasto.
L’art. 46 della legge della Regione
Puglia n. 19 del 2010, nell’istituire l’Agenzia regionale per la promozione
della legalità e della cittadinanza sociale, individua già un contenuto minimo
di compiti, necessariamente collegato al nomen dell’ente. Ed elementi
utili per determinare il tipo di attività svolte dall’Agenzia possono trarsi
dalla stessa disposizione impugnata, che rinvia a un’apposita unità
previsionale di base (05.06.01) e a un apposito capitolo di spesa del bilancio
regionale (721071). Inoltre, anche a prescindere dal fatto che, in materia di
organizzazione, un corretto percorso logico prevede dapprima l’individuazione
di una funzione e poi l’istituzione dell’ufficio competente ad assolverla, non
può sostenersi che la creazione con legge di un organismo non consenta di
individuare almeno le finalità da esso perseguite e che ne hanno reso
necessaria l’istituzione. Né può condividersi la tesi della Regione, per cui il
ricorrente dovrebbe attendere una successiva legge regionale per contestare una
eventuale lesione della competenza legislativa statale: è nel momento stesso in
cui l’ente viene creato che l’interesse al ricorso diviene attuale, salvo poi
verificare la fondatezza, nel merito, delle censure prospettate.
Inoltre, la censura formulata dal
Presidente del Consiglio dei ministri non è generica. Il parametro
costituzionale invocato è chiaramente indicato (art. 117, secondo comma,
lettera h), Cost.) e il riferimento
al decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4 (Istituzione dell’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata), convertito in legge 31 marzo 2010, n. 50, istitutivo
dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, consente di individuare
agevolmente le disposizioni statali con cui la norma impugnata sarebbe in
contrasto.
4. – Nel merito, le censure prospettate
dal Presidente del Consiglio dei ministri possono essere divise in cinque
gruppi, ciascuno riferito a un diverso articolo della legge impugnata.
5. – Il primo
gruppo di censure riguarda l’art. 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia n. 19 del
2010, che ha disposto l’estensione delle categorie di soggetti esentati dal
pagamento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria (cosiddetto ticket).
Tale articolo stabilisce, al comma 1, che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, l’esenzione sia garantita anche «e) agli inoccupati e loro familiari a
carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo
inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro
5.1. – Ad avviso del ricorrente,
innanzitutto, l’art. 13, comma 1, lettere e),
f) e g), della legge impugnata sarebbe illegittimo in quanto
includerebbe, tra i soggetti esentati dal pagamento della quota di
compartecipazione sanitaria, categorie non comprese dalla legislazione statale
di principio in materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza
pubblica (in particolare, l’art. 8, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n.
537 «Interventi correttivi di finanza pubblica»), così violando l’art. 117,
terzo comma, Cost. L’art. 13, comma 2, della legge censurata, attribuendo alla
Giunta regionale il potere di regolare le modalità di riconoscimento e
fruizione delle esenzioni, sarebbe in contrasto con l’art. 8, comma 16, della
legge n. 537 del 1993, che «stabilisce espressamente quali sono le categorie di
soggetti esentati dal ticket e le modalità ed i limiti economici di reddito che
danno diritto alle dette esenzioni». Secondo la difesa dello Stato, infine, le
disposizioni impugnate, risultando «assolutamente prive di ogni copertura
finanziaria», violerebbero l’art. 81 Cost., e, dettando interventi in contrasto
con quanto previsto dall’obiettivo E1.3 del Piano di rientro, lederebbero
l’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n.
191
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge finanziaria 2010), con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in
materia di coordinamento della finanza pubblica.
5.2. – La questione è fondata.
L’art. 8, comma 16, della legge n. 537
del 1993, che indica le categorie di soggetti esentate dal pagamento della
quota di compartecipazione alla spesa sanitaria (cosiddetto ticket), costituisce un principio
fondamentale della legislazione sia in materia di «tutela della salute», sia in
materia di «coordinamento della finanza pubblica». L’art. 13, commi 1 e 2,
della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, esentando plurime categorie di
assistiti, e anche gli inoccupati, i lavoratori in cassa integrazione ordinaria
e straordinaria e i lavoratori in mobilità, con i loro rispettivi familiari a
carico, include tra i soggetti esentati dal pagamento del ticket categorie non comprese dalla legislazione statale di
principio, così violando l’art. 117, terzo comma, Cost.
Restano assorbiti gli ulteriori profili
di censura.
5.3. – Dall’illegittimità dell’art. 13,
commi 1 e 2, della legge regionale n. 19 del 2010 discende, in via
consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 13 della legge della Regione Puglia 6 luglio 2011, n.
14 (Assestamento e prima variazione di bilancio di previsione per l’esercizio
finanziario 2011). Questa disposizione, infatti, ha nuovamente inserito tra i
soggetti esentati dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa
sanitaria, a decorrere dal 1° luglio 2011, le medesime categorie già previste
dall’art. 13, comma 1, della legge impugnata.
6. – Il secondo gruppo di censure
riguarda l’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010. Tale
disposizione prevede, tra l’altro, che sia abrogata la lettera i) del comma 7 dell’art. 4 della legge
regionale n. 18 del 2005, istitutiva del Parco naturale regionale «Terra delle
gravine», ai sensi della quale vigeva il divieto di «transitare con mezzi
motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e
vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione per i mezzi
di servizio e per le attività agro-silvo-pastorali».
6.1. – Ad avviso del ricorrente, tale
previsione sarebbe in contrasto con l’art. 11, comma 2, lettera c), della legge 6 dicembre 1991, n. 394
(Legge quadro sulle aree protette), secondo cui il soggiorno e la circolazione
del pubblico con qualsiasi mezzo all’interno del parco deve essere disciplinato
dal regolamento del parco stesso. La disposizione regionale, «nel disciplinare
una materia rimessa alla competenza dello Stato, e disponendo in modo non
conforme alla legislazione statale che individua standard minimi ed uniformi di
tutela validi sull’intero territorio nazionale», violerebbe l’art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost., in materia
di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Infine, la norma, «comportando
interferenze anche nei confronti di specie, habitat ed habitat di specie
tutelati» ai sensi della direttiva del Consiglio delle Comunità europee
92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali
e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche e della direttiva
2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009
concernente la conservazione degli uccelli selvatici, violerebbe l’art. 117,
primo comma, Cost., nella parte in cui il legislatore regionale non ha
rispettato i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
6.2. – La questione è fondata, nei
termini di seguito precisati.
6.2.1. – In via preliminare, è
necessario esaminare la disciplina statale rilevante ai fini della risoluzione
della questione di legittimità costituzionale proposta.
La tutela delle aree naturali protette è
regolata dalla legge n. 394 del 1991. Essa prevede l’istituzione di parchi
regionali, demandando alle Regioni il compito di introdurre, con apposita
legge, criteri conformi alla normativa statale. La legge regionale istitutiva
del parco naturale «definisce la perimetrazione provvisoria e le misure di
salvaguardia, individua il soggetto per la gestione del parco e indica gli
elementi del piano per il parco, di cui all’articolo 25, comma 1, nonché i
princìpi del regolamento del parco» (art. 23 della legge n. 394 del 1991). Ai
sensi dell’art. 22, comma 1, lettera d),
tra i princìpi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette
regionali vi è anche «l’adozione, secondo criteri stabiliti con legge regionale
in conformità ai princìpi di cui all’articolo 11, di regolamenti delle aree
protette».
L’art. 11 della legge n. 394 del 1991
disciplina il regolamento del parco. In base al comma 2, per garantire il
perseguimento delle finalità della legge di tutela delle aree naturali protette
e il rispetto delle caratteristiche naturali, paesistiche, antropologiche, storiche
e culturali locali proprie di ogni parco, il regolamento del parco disciplina,
tra l’altro, «il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo
di trasporto» (lettera c). Il comma 3
stabilisce poi che «nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono
compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati
con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi
habitat», prevedendo una serie di divieti che, ai sensi del successivo comma 4,
possono essere eventualmente derogati dal regolamento del parco. Nella ipotesi
di parchi regionali, quindi, il regolamento del parco dovrà rispettare sia i
principi di tutela stabiliti dalla legge statale, sia i criteri fissati dalla
legge regionale.
6.2.2. – In conformità con tale quadro
normativo, la legge della Regione Puglia n. 18 del
La Regione ha dapprima previsto
espressamente, nella legge istitutiva del parco, un divieto di circolazione,
per poi abrogare tale divieto con la norma impugnata. In assenza del
regolamento del parco, questa abrogazione va interpretata, come emerge anche
dai lavori preparatori, nel senso che
Con l’abrogazione dei divieti previsti
nella legge regionale n. 18 del 2005,
Restano assorbiti gli ulteriori profili
di censura.
6.3. – Dall’illegittimità dell’art. 37
della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, nella parte in cui abroga il
divieto di transitare con mezzi motorizzati all’interno del Parco regionale
naturale «Terra delle gravine», discende, in via consequenziale,
l’illegittimità costituzionale del medesimo articolo nella parte in cui abroga
anche la lettera d) del comma 7
dell’art. 4 della legge della Regione Puglia n. 18 del 2005, che prevedeva il
divieto di esercitare l’attività venatoria all’interno del parco, fatti salvi,
su autorizzazione dell’Ente di gestione, gli interventi di controllo delle
specie previsti dall’art. 11, comma 4, della legge n. 394 del 1991, ed
eventuali prelievi effettuati a fini scientifici. Tale divieto, come quello di
transito, è stato ripristinato con la legge della Regione Puglia n. 6 del 2011.
A questo caso possono applicarsi le stesse argomentazioni svolte con
riferimento alla rimozione del divieto di transitare con mezzi motorizzati nel
parco, con riguardo alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
7. – Il terzo gruppo di censure concerne
l’art. 46 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010. Tale disposizione
prevede l’istituzione dell’«Agenzia regionale per la promozione della legalità e
della cittadinanza sociale», i cui compiti e funzioni sono definiti con legge
regionale. Per finanziare le attività dell’agenzia, «è istituito nel bilancio
di previsione per l’esercizio finanziario 2011, nell’ambito della UPB 05.06.01,
il capitolo di spesa 721071, denominato "Spese per la promozione della legalità
nell’ambito della cittadinanza sociale e delle politiche della salute”, con una
dotazione finanziaria, in termini di competenza e cassa, di euro 200mila».
7.1. – Il ricorrente censura tale articolo
perché sarebbe in contrasto «con la normativa statale di riferimento che
attribuisce al Ministero dell’interno la possibilità di regolamentare, su tutto
il territorio nazionale, la materia trattata dalla legge regionale in oggetto».
In particolare, il decreto-legge n. 4 del 2010, convertito in legge n. 50 del
2010, nell’istituire l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata,
avrebbe «espressamente e specificamente affrontato anche le problematiche
relative alla cultura della legalità nelle aree interessate del territorio
nazionale». Ad avviso del ricorrente, il legislatore regionale, «introducendo –
con propria legge – disposizioni sulla costituzione e sul funzionamento di una
agenzia, con funzioni analoghe alla neo-istituita Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata, si pone in contrasto con la legge n. 50 del 2010 e
viola l’art. 117, secondo comma, lettera h),
Cost., in materia di pubblica sicurezza».
7.2. – La questione è fondata.
Questa Corte ha già dichiarato
illegittime disposizioni simili a quella impugnata: una norma della Regione Marche
diretta a regolare la partecipazione di magistrati e prefetti a un comitato di
indirizzo dell’Osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza (sentenza n. 134 del
2004) e una della Regione siciliana istitutiva di un Comitato regionale per
la sicurezza (sentenza
n. 55 del 2001).
Altre Regioni in passato hanno previsto
osservatori o comitati scientifici per la promozione della legalità e/o della
sicurezza. E questa Corte ha ritenuto legittima la previsione in Abruzzo di un
«Comitato scientifico regionale permanente per le politiche della sicurezza e
della legalità», in quanto i compiti da esso svolti sono essenzialmente di
studio e ricerca (sentenza
n. 105 del 2006). Diversamente,
Inoltre, nonostante le denominazioni
dell’unità previsionale di base e del capitolo di spesa previsti per la
copertura finanziaria delle spese dell’Agenzia regionale per la promozione della
legalità e della cittadinanza sociale (rispettivamente «Assistenza ospedaliera
e specialistica» e «Spese per la promozione della legalità in ambito sanitario
e della cittadinanza sociale»), il contesto in cui tale organismo è stato
ideato è riconducibile ad ambiti di intervento parzialmente sovrapponibili con
le competenze statali in materia di sicurezza e di amministrazione di beni
sequestrati.
L’ambito di intervento dell’Agenzia
regionale, pertanto, rientra nella materia dell’ordine pubblico e sicurezza,
riservata alla competenza legislativa statale ai sensi dell’art. 117, secondo
comma, lettera h), Cost.
8. – Il quarto gruppo di censure
riguarda l’art. 51 della legge impugnata. Tale articolo dispone che, in attesa
del completamento dell’installazione del sistema automatico di rilevazione
delle presenze, al personale regionale possa essere erogato il compenso per il
lavoro straordinario fino al 31 dicembre 2010, e non più fino al 30 giugno
2010, come previsto dall’art. 34 della legge regionale 31 dicembre 2009, n. 34
(Disposizioni per la formazione del
bilancio di previsione 2010 e bilancio pluriennale 2010-2012 della Regione
Puglia).
8.1. – La difesa dello Stato evidenzia
che, nella Regione Puglia, «la predisposizione della rilevazione informatizzata
delle presenze è stata più volte rinviata a partire dal 2008» e che l’art. 3,
comma 83, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008),
«stabilisce l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di provvedere alla
rilevazione automatica delle presenze al fine di corrispondere i compensi per
lavoro straordinario». Il ricorrente sostiene, dunque, che «procrastinare
ulteriormente l’applicazione della disposizione della legge finanziaria
comporta una disparità di trattamento con il personale delle altre pubbliche
amministrazioni, in palese contrasto […] con i principi di eguaglianza fra i
cittadini di cui all’art. 3 Cost., nonché con l’art. 117, terzo comma, Cost.,
rientrando tale materia nel coordinamento della finanza pubblica e, pertanto,
tra quelle di legislazione concorrente».
8.2. – La questione è fondata.
L’art. 3, comma 83, della legge n. 244
del 2007 stabilisce che «le pubbliche amministrazioni non possono erogare compensi
per lavoro straordinario se non previa attivazione di sistemi di rilevazione
automatica delle presenze». Esso rappresenta un principio fondamentale di
contenimento della spesa e di buon andamento della pubblica amministrazione, la
cui applicazione non prevede alcuna proroga.
Il rinvio stabilito dalla norma
impugnata ritarda ulteriormente l’applicazione della disposizione della legge
statale, in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di
coordinamento della finanza pubblica, comportando altresì una disparità di
trattamento con il personale delle altre pubbliche amministrazioni, in
violazione dell’art. 3 Cost.
9. – Il quinto gruppo di censure
concerne l’art. 54 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, il quale
prevede che ai componenti esterni della Giunta regionale si applichino, dalla
data di nomina e per l’intera durata dell’incarico, le disposizioni
«concernenti i consiglieri regionali relativamente al collocamento in
aspettativa senza assegni per l’espletamento di cariche pubbliche».
9.1. – La difesa dello Stato impugna
tale articolo perché il legislatore regionale avrebbe «esorbitato dalla propria
competenza, avendo, tra l’altro, previsto (e assunto al bilancio regionale)
anche oneri previdenziali, in contrasto sia con l’art. 117, secondo comma, lettera
o), Cost., che attribuisce allo Stato
la competenza esclusiva in materia di previdenza sociale, che con l’art. 3
Cost. per disparità di trattamento tra le cariche elettive».
9.2. – La questione è fondata.
La censura concerne l’estensione
dell’ambito di applicazione della disciplina previdenziale statale relativa al
personale delle pubbliche amministrazioni, che non contempla l’ipotesi della
cosiddetta contribuzione figurativa per i dipendenti pubblici nominati
assessori regionali.
La normativa statale sul collocamento in
aspettativa dei dipendenti pubblici senza assegni per l’espletamento di cariche
pubbliche è regolata da diverse disposizioni: l’art. 68 del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche); il combinato disposto dell’art. 22, comma 39,
della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica), e dell’art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla
tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e
dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento); per gli
amministratori locali, gli artt. 81 e 86 del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
La legislazione statale – non richiamata
dal ricorrente, il quale fa riferimento solamente all’art. 47, lettera g), del decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte
sui redditi), nel testo anteriore alla riforma del 2004 – non prevede l’ipotesi
della cosiddetta contribuzione figurativa per i dipendenti pubblici chiamati a
svolgere la funzione di assessori regionali, salvo che essi non siano anche
consiglieri eletti.
Solo lo Stato può estendere l’ambito
soggettivo di applicazione di disposizioni che rientrano in ambiti di
competenza legislativa esclusiva statale, tra cui quello della previdenza
sociale. Non spetta alla legislazione regionale disporre una equiparazione del
trattamento previdenziale degli assessori regionali non consiglieri con quello
degli assessori che ricoprano la carica di consigliere. Ove tale equiparazione
fosse effettuata con legge regionale, come nel caso in esame, non solo si
avrebbe una lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, ma si
determinerebbero difformità nella disciplina del trattamento previdenziale dei
dipendenti pubblici da una regione all’altra.
L’art. 54 della legge della Regione
Puglia n. 19 del 2010, dunque, è in contrasto con l’art. 117, secondo comma,
lettera o), Cost., che attribuisce
allo Stato la competenza esclusiva in materia di previdenza sociale, e con
l’art. 3 Cost., per disparità di trattamento tra le cariche elettive.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 13, commi 1 e 2, 46, 51 e 54 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, nella parte in cui abroga la lettera i) del comma 7 dell’art. 4 della legge della Regione Puglia 20 dicembre 2005, n. 18 (Istituzione del Parco naturale regionale «Terra delle gravine»);
3) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 13 della legge della Regione Puglia 6 luglio 2011, n. 14 (Assestamento e prima variazione di bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2011);
4) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, nella parte in cui abroga la lettera d) del comma 7 dell’art. 4 della legge della Regione Puglia n. 18 del 2005;
5) dichiara cessata la materia del contendere con riferimento al giudizio concernente l’art. 11, commi 3, 4 e 5, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 22 novembre 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA,
Presidente
Sabino
CASSESE, Redattore
Gabriella
MELATTI, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 2 dicembre 2011.