SENTENZA N. 325
ANNO 2011
Commento alla decisione di
Antonio Ruggeri
Summum ius summa iniuria, ovverosia quando l’autonomia regionale non riesce a convertirsi in servizio per i diritti fondamentali (a margine di Corte cost. n. 325 del 2011)
nella Rubrica "Studi” di Consulta OnLine
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11, commi 3, 4 e 5, 13, commi 1 e 2, 37, 46, 51 e 54 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio-3 marzo 2011, depositato in cancelleria l’8 marzo 2011 ed iscritto al n. 19 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;
udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2011 il Giudice relatore Sabino Cassese;
udito l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 28 febbraio-3 marzo 2011 e depositato presso la cancelleria di questa Corte l’8 marzo 2011 (reg. ric. n. 19 del 2011), ha impugnato gli artt. 11, commi 3, 4 e 5, 13, commi 1 e 2, 37, 46, 51 e 54 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia), per violazione degli artt. 3, 81, 117, commi primo, secondo, lettere h), o) e s), e terzo, della Costituzione.
2. – Le disposizioni impugnate contengono misure in materia di spesa sanitaria, aree naturali protette, promozione della legalità e personale delle pubbliche amministrazioni nella Regione Puglia.
2.1. – L’art. 11 della legge censurata detta una serie di adempimenti relativi all’attuazione del Piano di rientro, di riqualificazione e riorganizzazione e di individuazione degli interventi per il perseguimento dell’equilibrio economico di cui all’Accordo tra il Ministro della salute, il Ministro dell’economia e delle finanze e la Regione Puglia sottoscritto in data 29 novembre 2010, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005). In particolare, il comma 3 dispone che la Giunta regionale, con proprio provvedimento da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima legge regionale n. 19 del 2010, «procede alla ricognizione delle dotazioni organiche e della spesa del personale delle aziende ed enti pubblici del SSR con riferimento a quanto previsto dal combinato disposto dell’art. 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), e dell’art. 2, commi 71 e 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010)». Ai sensi del successivo comma 4, tale provvedimento deve contenere anche «un piano dettagliato di rientro della spesa del personale entro i limiti di cui al combinato disposto dell’art. 1, comma 565, della legge n. 296 del 2006, dell’art. 2, commi 71 e 73, della legge n. 191 del 2009 e nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale 15 novembre 2010, n. 333 e dell’art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, da realizzarsi nel periodo di vigenza del Piano di rientro, di riqualificazione e riorganizzazione e di individuazione degli interventi per il perseguimento dell’equilibrio economico, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, della Regione Puglia approvato con Accordo tra il Ministro della salute, il Ministro dell’economia e delle finanze e la Regione Puglia, sottoscritto in data 29 novembre 2010, salvaguardando comunque il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) come stabiliti dalle disposizioni vigenti». Infine, il comma 5 dispone che «In connessione con i processi di riorganizzazione previsti dal Piano di rientro 2010-2012, ivi compresa la razionalizzazione della rete ospedaliera con l’attivazione e potenziamento delle attività di assistenza domiciliare, delle cure intermedie e delle attività di riabilitazione domiciliare e ambulatoriale per la non autosufficienza e la disabilità fisica, psichica e sensoriale, con provvedimento di Giunta regionale, da adottarsi previo parere delle Commissioni consiliari permanenti competenti, sono fissati gli indirizzi applicativi di cui all’articolo 2, comma 72, lettera b), della legge n. 191 del 2009».
2.2. – L’art. 13 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010 contiene disposizioni relative all’esenzione dal ticket per visite ed esami specialistici. In particolare, il comma 1 stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, «l’esenzione dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria (ticket) per motivi di reddito, di cui all’articolo 8, comma 16, della legge n. 537 del 1993 e successive modificazioni e integrazioni, con le specificazioni introdotte dal decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge n. 133 del 2008, è riconosciuta esclusivamente: a) ai cittadini di età inferiore a sei anni o superiore a sessantacinque anni, appartenente a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo non superiore a euro 36.151,98; b) ai titolari di pensione sociale e loro familiari a carico; c) ai titolari di pensione al minimo aventi età superiore a sessant’anni e loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; d) ai disoccupati e loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; e) agli inoccupati e loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; f) ai lavoratori in cassa integrazione ordinaria e straordinaria e loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; g) ai lavoratori in mobilità e loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico». Il successivo comma 2 prevede che spetta alla Giunta regionale disciplinare le modalità di riconoscimento e fruizione di tali esenzioni.
2.3. – L’art. 37 della legge censurata detta norme riguardanti il Parco naturale regionale «Terra delle gravine», disponendo l’abrogazione delle lettere d) ed i) del comma 7 dell’art. 4 (Azioni di valorizzazione del territorio e norme di tutela) della legge regionale 20 dicembre 2005, n. 18 (Istituzione del Parco naturale regionale «Terra delle gravine»). Le norme abrogate prevedevano che, allo scopo di perseguire le finalità di salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente naturale, nel Parco naturale regionale «Terra delle gravine» non fosse consentito, tra l’altro: esercitare l’attività venatoria, fatti salvi, su autorizzazione dell’Ente di gestione, gli interventi di controllo delle specie previsti dall’art. 11, comma 4, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge-quadro sulle aree protette), ed eventuali prelievi effettuati a fini scientifici (lettera d); transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorali (lettera i).
2.4. – L’art. 46 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010 contiene norme in materia di sensibilizzazione della cultura della legalità, prevedendo l’istituzione dell’«Agenzia regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale», i cui compiti e funzioni sono definiti con legge regionale. Per finanziare le attività dell’agenzia, «è istituito nel bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2011, nell’ambito della UPB 05.06.01, il capitolo di spesa 721071, denominato "Spese per la promozione della legalità nell’ambito della cittadinanza sociale e delle politiche della salute”, con una dotazione finanziaria, in termini di competenza e cassa, di euro 200mila».
2.5. – L’art. 51 della legge impugnata disciplina il lavoro straordinario dei dipendenti regionali, prorogando dal 30 giugno 2010 al 31 dicembre 2010 il termine – previsto dall’art. 34 (Lavoro straordinario) della legge regionale 31 dicembre 2009, n. 34 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2010 e bilancio pluriennale 2010-2012 della Regione Puglia) – entro il quale, «in attesa del completamento delle procedure rivolte all’installazione del sistema di rilevazione automatica delle presenze, ai dipendenti regionali può essere erogato il compenso per il lavoro straordinario».
2.6. – L’art. 54 della legge censurata detta disposizioni relative allo status di componente della Giunta regionale, stabilendo che «ai componenti esterni della Giunta regionale si applicano, dalla data di nomina e per l’intera durata dell’incarico, le disposizioni vigenti concernenti i consiglieri regionali relativamente al collocamento in aspettativa senza assegni per l’espletamento di cariche pubbliche».
3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri riferisce, innanzitutto, che la legge della Regione Puglia n. 19 del 2010 fa seguito alla emanazione di altre due leggi regionali – la legge della Regione Puglia 24 settembre 2010, n. 11 (Norme per la copertura delle perdite di esercizio degli enti del Servizio sanitario regionale "SSR”), e la legge della Regione Puglia 24 settembre 2010, n. 12 (Piano di rientro 2010-2012. Adempimenti) – con le quali sono state stabilite, tra l’altro, misure relative alla copertura finanziaria, nonché al piano di rientro dal disavanzo regionale. Il ricorrente, dopo aver ricostruito le vicende relative al disavanzo nella Regione, con particolare riferimento al Servizio sanitario, sottolinea che, con la legge censurata, la Regione Puglia è «nuovamente intervenuta deliberando alcune misure economico-finanziarie necessarie per il recupero del disavanzo senza, peraltro, tenere conto delle previsioni né dell’Accordo del 29 novembre 2010, né del Piano di rientro dal disavanzo allegato al suddetto Accordo».
3.1. – La difesa dello Stato censura, in primo luogo, l’art. 11, commi 3, 4 e 5, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica. Le disposizioni impugnate prevedono l’adozione da parte della Regione di provvedimenti e di piani che «implicano misure e interventi che, peraltro, formano già oggetto dell’Accordo stipulato il 29 novembre 2010 e dell’allegato Piano di rientro dal disavanzo sanitario». Il ricorrente riporta, infatti, che tali misure «sono contenute nell’"obiettivo generale B3” e negli obiettivi specifici "B3.1, B3.2 e B3.4” del suddetto Piano di rientro». Ad avviso della difesa dello Stato, pertanto, le norme regionali sarebbero illegittime nella parte in cui hanno omesso qualsiasi richiamo a tale Piano, prevedendo provvedimenti e interventi «paralleli» al Piano stesso, ponendosi così in contrasto con l’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, in base a cui «gli interventi individuati dal Piano sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del richiamato Piano di rientro».
3.2. – Il ricorrente censura, in secondo luogo, l’art. 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, relativo alle esenzioni dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria (cosiddetto ticket), sotto diversi profili.
Innanzitutto, ad avviso della difesa dello Stato, l’art. 13, comma 1, lettere e), f) e g), della legge impugnata sarebbe illegittimo in quanto, «tra le categorie di esenti per reddito, inserisce anche gli inoccupati e i familiari a carico, i lavoratori in cassa integrazione ordinaria e straordinaria e i loro familiari a carico e i lavoratori in mobilità con i rispettivi familiari a carico», categorie «non previste dall’art. 8, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e/o, in ogni caso, previsti con dei limiti di reddito ben stabiliti». La norma censurata, quindi, includerebbe, tra i soggetti esentati dal pagamento della quota di compartecipazione sanitaria, categorie non comprese dalla legislazione statale di principio in materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza pubblica, così violando l’art. 117, terzo comma, Cost. L’art. 13, comma 2, della legge censurata attribuendo alla Giunta regionale il potere di regolare le modalità di riconoscimento e fruizione delle esenzioni, sarebbe in contrasto con l’art. 8, comma 16, della legge n. 537 del 1993, che «stabilisce espressamente quali sono le categorie di soggetti esentati dal ticket e le modalità ed i limiti economici di reddito che danno diritto alle dette esenzioni».
Secondo la difesa dello Stato, inoltre, le disposizioni impugnate sarebbero illegittime per violazione dell’art. 81 Cost., risultando «assolutamente prive di ogni copertura finanziaria». In aggiunta, il ricorrente rileva che le norme censurate lederebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica, perché detterebbero interventi in contrasto con quanto previsto dall’obiettivo E1.3 del Piano di rientro, con conseguente violazione dell’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009.
3.3. – L’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, riguardante il Parco naturale regionale «Terra delle gravine», è censurato dalla difesa dello Stato per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera s), Cost. La disposizione impugnata prevede, tra l’altro, che sia abrogata la lettera i) del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, istitutiva del citato Parco, ai sensi della quale vigeva il divieto di «transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorali». Ad avviso del ricorrente, tale previsione sarebbe in contrasto con l’art. 11, comma 2, lettera c), della legge n. 394 del 1991, secondo cui il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo all’interno del parco è disciplinato dal regolamento del parco. Il ricorrente sostiene, quindi, che «poiché la norma statale riconosce al "piano del parco”, la caratteristica di essere strumento insostituibile di programmazione, regolazione e controllo, appare evidente che l’abrogazione del suddetto divieto comporta interferenze anche nei confronti di specie, habitat ed habitat di specie tutelati ai sensi della Direttiva 92/43/CEE e della Direttiva 2009/147/CE». Pertanto, «la disposizione regionale, nel disciplinare una materia rimessa alla competenza dello Stato, e disponendo in modo non conforme alla legislazione statale che individua standard minimi ed uniformi di tutela validi sull’intero territorio nazionale, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’art. 117 Cost., secondo comma, lettera s), ai sensi del quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema». Infine, la norma, «comportando interferenze anche nei confronti di specie, habitat ed habitat di specie» ai sensi della direttiva del Consiglio delle Comunità europee 92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche e della direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui il legislatore regionale non ha rispettato i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
3.4. – Il ricorrente, in quarto luogo, censura l’art. 46 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, istitutivo dell’Agenzia regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale, perché sarebbe in contrasto «con la normativa statale di riferimento che attribuisce al Ministero dell’interno la possibilità di regolamentare, su tutto il territorio nazionale, la materia trattata dalla legge regionale in oggetto». In particolare, il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4 (Istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito in legge 31 marzo 2010, n. 50, nell’istituire l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, avrebbe «espressamente e specificamente affrontato anche le problematiche relative alla cultura della legalità nelle aree interessate del territorio nazionale». Ad avviso del ricorrente, il legislatore regionale, «introducendo – con propria legge – disposizioni sulla costituzione e sul funzionamento di una agenzia, con funzioni analoghe alla neo-istituita Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, si pone in contrasto con la legge n. 50/2010 e viola l’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., in materia di pubblica sicurezza».
3.5. – Secondo la difesa dello Stato, in quinto luogo, l’art. 51 della legge impugnata violerebbe gli artt. 3 e 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica. Il ricorrente evidenzia che «la predisposizione della rilevazione informatizzata delle presenze è stata più volte rinviata a partire dal 2008» e che l’art. 3, comma 83, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), «stabilisce l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di provvedere alla rilevazione automatica delle presenze al fine di corrispondere i compensi per lavoro straordinario». La difesa dello Stato sostiene, dunque, che «procrastinare ulteriormente l’applicazione della disposizione della legge finanziaria comporta una disparità di trattamento con il personale delle altre pubbliche amministrazioni, in palese contrasto, pertanto, con i principi di eguaglianza fra i cittadini di cui all’art. 3 Cost. nonché con l’art. 117, terzo comma, Cost., rientrando tale materia nel coordinamento della finanza pubblica e, pertanto, tra quelle di legislazione concorrente».
3.6. – Infine, l’art. 54 della legge impugnata è censurato per violazione degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera o), Cost. La norma prevede che ai componenti esterni della Giunta regionale si applicano, dalla data di nomina e per l’intera durata dell’incarico, le disposizioni vigenti concernenti i consiglieri regionali relativamente al collocamento in aspettativa senza assegni per l’espletamento di cariche pubbliche. Tale materia, ad avviso del ricorrente, rientrerebbe nella previsione dell’art. 47, lettera g), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), il quale dispone che «le indennità di cui all’articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e all’articolo 1 della legge 13 agosto 1979, n. 384, percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo e le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive e per le funzioni di cui agli articoli 114 e 135 della Costituzione e alla legge 27 dicembre 1985, n. 816, nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni e l’assegno del Presidente della Repubblica, sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente». Il legislatore regionale avrebbe quindi «esorbitato dalla propria competenza, avendo, tra l’altro, previsto (e assunto al bilancio regionale) anche oneri previdenziali, in contrasto sia con l’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di previdenza sociale, che con l’art. 3 Cost. per disparità di trattamento tra le cariche elettive».
4. – Con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte il 15 aprile 2011, si è costituita in giudizio la Regione Puglia, sostenendo che le censure prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri sono inammissibili e, comunque, non fondate.
La difesa regionale riferisce, innanzitutto, che alcune delle disposizioni impugnate sono state abrogate o sono in corso di abrogazione. In particolare, l’art. 11, commi 3, 4 e 5 della legge censurata risulterebbe abrogato dall’art. 2 della legge della Regione Puglia 8 aprile 2011, n. 5 (Norme in materia di Residenze sanitarie e socio-sanitarie assistenziali "RSSA”, riabilitazione e hospice e disposizioni urgenti in materia sanitaria). Gli artt. 13, commi 1 e 2, e 51 sarebbero oggetto di un apposito disegno di legge di abrogazione. La lettera i) del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, abrogata dall’art. 37 della legge impugnata, sarebbe stata riprodotta nel disegno di legge regionale «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 dicembre 2005, n. 18 (Istituzione del Parco naturale regionale "Terra delle gravine”)», così ripristinando il divieto di «transitare» all’interno del parco «con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorali». Di conseguenza, la difesa regionale osserva che «il già accaduto o prossimo venire meno del contrasto» di queste disposizioni con i parametri evocati dal ricorrente «induce a trattare» solo i motivi relativi agli artt. 46 e 54 della legge impugnata.
4.1. – Quanto all’art. 46 della legge censurata, la Regione rileva che tale disposizione si limita ad istituire l’Agenzia regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale, rinviando a una futura legge la definizione dei compiti e delle funzioni di detta Agenzia. Ne discenderebbe che il contrasto denunciato dal ricorrente sarebbe «inattuale, futuro e incerto», perché «potrà semmai essere indubbiata di contrasto la successiva legge regionale, in quanto dovesse definire i compiti dell’agenzia regionale in maniera sovrapponibile a quelli dell’agenzia nazionale». La censura sarebbe quindi inammissibile, in quanto priva di concretezza e attualità, nonché generica, dato che non sarebbe indicata la disposizione di legge statale asseritamente contrastata. Nel merito, la difesa regionale rileva che, anche a voler ritenere i futuri compiti dell’ente regionale già contenuti nella formula «promozione della legalità», neppure sembrerebbe esservi il denunciato contrasto, in quanto l’Agenzia nazionale avrebbe compiti specifici in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
4.2. – Con riferimento all’art. 54 della legge impugnata, riguardante lo status di componente della Giunta regionale, la resistente rileva innanzitutto che l’art. 43, comma 7, dello statuto della Regione Puglia garantisce che «al componente esterno è attribuito, altresì, il trattamento economico previsto per il consigliere regionale e l’indennità di funzione prevista per l’assessore», stabilendo una parificazione di tutti i componenti della Giunta – eletti o non eletti – ai Consiglieri eletti, ivi inclusa la tutela previdenziale. Secondo la Regione, la disposizione impugnata riconoscerebbe «agli assessori non consiglieri la copertura previdenziale che l’ordinamento in generale garantisce, pur secondo diverse modalità, ai lavoratori, pubblici e privati, chiamati a ricoprire funzioni pubbliche», sul presupposto che la tutela previdenziale sia «parte integrante [del] reddito da lavoro dipendente cui sono assimilate, secondo la legge statale citata, le indennità previste per l’esercizio delle pubbliche funzioni». La difesa regionale osserva poi che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, «la copertura contributiva del lavoratore pubblico nominato assessore, per il periodo di espletamento del mandato, si realizza senza spesa per il Bilancio regionale [...], trovando nella fattispecie applicazione l’istituto della contribuzione figurativa che prevede il pagamento della quota dei contributi personali all’Istituto previdenziale a carico dell’assessore-pubblico dipendente». La norma regionale, pertanto, non inciderebbe sulla natura degli emolumenti corrisposti agli assessori, che rimane di stretta competenza statale, o sulle norme previdenziali statali riferite ai lavoratori pubblici e non. Non vi sarebbe quindi alcuna violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost.
Quanto alla lamentata lesione dell’art. 3 Cost., la difesa regionale sottolinea che la norma censurata «tende proprio a garantire una parità di trattamento previdenziale fra cittadino, pubblico dipendente eletto consigliere e poi nominato assessore, e cittadino pubblico dipendente non consigliere e nominato assessore, nonché fra lavoratore pubblico e privato nominato assessore regionale; tutti investiti di una medesima funzione pubblica: l’essere componente di un organo esecutivo». La resistente osserva, infine, che neppure sembrerebbe sussistere «disparità di trattamento tra le cariche elettive», laddove «tale generica dizione fosse intesa nel senso di disparità tra assessori e consiglieri di diverse Regioni», in quanto anche altre Regioni avrebbero adottato da tempo una normativa identica a quella pugliese (sarebbe il caso degli artt. 2 e 3 della legge della Regione Emilia-Romagna 24 marzo 2000, n. 17 «Disposizioni in materia di indennità agli assessori della giunta regionale non consiglieri regionali») o comunque interpretato nello stesso senso della normativa censurata la propria legge regionale in materia (sarebbe il caso della deliberazione n. 33/63 del 30 settembre 2010 della Regione Sardegna).
5. – Successivamente al ricorso, alcune delle disposizioni impugnate sono state oggetto di modifica da parte della Regione Puglia.
5.1. – I commi 3, 4 e 5 dell’art. 11 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010 sono stati abrogati dall’art. 2 della legge regionale n. 5 del 2011, a decorrere dal giorno stesso della pubblicazione di tale legge (11 aprile 2011).
5.2. – I commi 1 e 2 dell’art. 13 della legge impugnata sono stati abrogati dall’art. 1 della legge della Regione Puglia 16 giugno 2011, n. 10 (Esenzione ticket assistenza specialistica per motivi di reddito - Modifiche all’articolo 11 della legge regionale 4 gennaio 2011, n. 1 «Norme in materia di ottimizzazione e valutazione della produttività del lavoro pubblico e di contenimento dei costi degli apparati amministrativi nella Regione Puglia»), a decorrere dal giorno stesso della pubblicazione di tale legge (20 giugno 2011).
5.3. – L’art. 1, comma 1, lettera d), della legge della Regione Puglia 21 aprile 2011, n. 6 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 dicembre 2005, n. 18 "Istituzione del Parco naturale regionale ‘Terra delle gravine’”), ha aggiunto, dopo la lettera m) del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, le seguenti lettere: «m-bis) resta fermo il divieto di esercizio dell’attività venatoria sancito dal comma 6 dell’articolo 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), nonché dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 8 della legge regionale 24 luglio 1997, n. 19 (Norme per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette nella Regione Puglia); m-ter) resta fermo il divieto di transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorale». Sono state così reintrodotte, a partire dal 26 aprile 2011, le disposizioni di cui alle lettere d) e i) del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, abrogate dall’art. 37 della legge impugnata.
6. – Con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte il 4 ottobre 2010, l’Avvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, ha dichiarato di rinunciare parzialmente al ricorso n. 19 del 2011, con riguardo alle censure relative agli artt. 11, commi 3, 4 e 5, e 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 28 febbraio-3 marzo 2011 e depositato presso la cancelleria di questa Corte l’8 marzo 2011 (reg. ric. n. 19 del 2011), ha impugnato gli artt. 11, commi 3, 4 e 5, 13, commi 1 e 2, 37, 46, 51 e 54 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia), per violazione degli artt. 3, 81, 117, commi primo, secondo, lettere h), o) e s), e terzo, Cost.
Le questioni sottoposte all’esame di questa Corte riguardano misure in materia di spesa sanitaria, aree naturali protette, promozione della legalità e personale delle pubbliche amministrazioni nella Regione Puglia. Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le norme impugnate violerebbero diversi parametri costituzionali, essendo in gran parte lesive delle competenze legislative dello Stato.
2. – Successivamente al ricorso, la legge della Regione Puglia n. 19 del 2010 è stata oggetto di modifiche. In primo luogo, i commi 3, 4 e 5 dell’art. 11 della legge impugnata sono stati abrogati dall’art. 2 della legge regionale 8 aprile 2011 n. 5 (Norme in materia di Residenze sanitarie e socio-sanitarie assistenziali "RSSA”, riabilitazione e hospice e disposizioni urgenti in materia sanitaria), a decorrere dal giorno stesso della pubblicazione di tale legge (11 aprile 2011). In secondo luogo, i commi 1 e 2 dell’art. 13 della legge censurata sono stati abrogati dall’art. 1 della legge della Regione Puglia 16 giugno 2011, n. 10 (Esenzione ticket assistenza specialistica per motivi di reddito – Modifiche all’articolo 11 della legge regionale 4 gennaio 2011, n. 1 «Norme in materia di ottimizzazione e valutazione della produttività del lavoro pubblico e di contenimento dei costi degli apparati amministrativi nella Regione Puglia»), anche in questo caso a decorrere dal giorno stesso della pubblicazione di tale legge (20 giugno 2011).
A seguito di dette abrogazioni, con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte il 4 ottobre 2011, l’Avvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, ha dichiarato di rinunciare parzialmente al ricorso n. 19 del 2011, con riguardo alle censure riferite all’art. 11, commi 3, 4 e 5, e all’art. 13, commi 1 e 2, della legge impugnata. La rinuncia non è stata accettata dalla Regione Puglia e non può dichiararsi estinto il giudizio in relazione a tali questioni. Tuttavia, la rinuncia non regolarmente accettata, pur non determinando l’estinzione del giudizio, «può fondare, unitamente ad altri elementi, una dichiarazione di cessazione della materia del contendere per carenza di interesse del ricorrente» (ordinanza n. 199 del 2010). Occorre quindi verificare se le disposizioni impugnate abbiano o non abbiano trovato applicazione nel periodo in cui sono state in vigore.
2.1. – Nel caso dell’art. 11, commi 3, 4 e 5, della legge impugnata, non risulta che le norme censurate abbiano trovato medio tempore attuazione e «il successivo intervento normativo può ritenersi satisfattivo della pretesa avanzata con il ricorso, anche alla luce del contenuto dell’atto di rinuncia» (così ancora l’ordinanza n. 199 del 2010). La sopravvenuta abrogazione della disposizione impugnata e la conseguente rinuncia da parte del ricorrente hanno determinato, unitamente alla sua mancata applicazione, la cessazione della materia del contendere con riferimento alla questione riguardante l’art. 11, commi 3, 4 e 5, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010.
2.2. – Situazione diversa è quella relativa all’art. 13, commi 1 e 2, della legge censurata, concernente l’esenzione dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria (cosiddetto ticket). Dato il contenuto delle disposizioni impugnate, infatti, la norma ha verosimilmente trovato applicazione nel periodo di circa sei mesi in cui è stata in vigore. Di conseguenza, la sola rinuncia all’impugnativa da parte del ricorrente, in assenza di formale accettazione, non può in questo caso consentire di dichiarare cessata la materia del contendere con riferimento alla questione riguardante l’art. 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010.
2.3. – Né può dichiararsi cessata la materia del contendere con riferimento alla questione relativa all’art. 37 della legge censurata, come invece prospettato dalla difesa regionale.
L’art. 1, comma 1, lettera d), della legge della Regione Puglia 21 aprile 2011, n. 6 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 dicembre 2005, n. 18 «Istituzione del Parco naturale regionale "Terra delle gravine”»), ha aggiunto, dopo la lettera m) del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, le seguenti lettere: «m-bis) resta fermo il divieto di esercizio dell’attività venatoria sancito dal comma 6 dell’articolo 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), nonché dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 8 della legge regionale 24 luglio 1997, n. 19 (Norme per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette nella Regione Puglia); m-ter) resta fermo il divieto di transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorale». Sono state così reintrodotte, a partire dal 26 aprile 2011, le disposizioni di cui alle lettere d) e i) del comma 7 dell’art. 4 della legge della Regione Puglia n. 18 del 2005, abrogate dall’art. 37 della legge impugnata nel presente giudizio. Tuttavia, può ragionevolmente assumersi che la disposizione censurata abbia avuto medio tempore applicazione, in quanto essa ha rimosso un divieto per un periodo di circa quattro mesi.
3. – Vanno preliminarmente esaminati i profili di ammissibilità delle censure prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri.
3.1. – Innanzitutto, va respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Puglia in quanto le censure formulate dal ricorrente sarebbero generiche e non sufficientemente motivate. Le violazioni lamentate e i parametri invocati, infatti, sono sempre chiaramente individuati dalla difesa dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 68 del 2011 e n. 332 del 2010). In tutte le questioni sollevate, risulta agevole cogliere le argomentazioni formulate dal ricorrente a sostegno delle asserite violazioni delle disposizioni costituzionali indicate.
3.2. – Parimenti non fondata è l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Puglia con riguardo alla censura riferita all’istituzione dell’Agenzia regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale (art. 46 della legge impugnata), in quanto tale censura sarebbe priva di concretezza e attualità, nonché generica, dato che non risulterebbe indicata la disposizione di legge statale con la quale la norma impugnata sarebbe in contrasto.
L’art. 46 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, nell’istituire l’Agenzia regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale, individua già un contenuto minimo di compiti, necessariamente collegato al nomen dell’ente. Ed elementi utili per determinare il tipo di attività svolte dall’Agenzia possono trarsi dalla stessa disposizione impugnata, che rinvia a un’apposita unità previsionale di base (05.06.01) e a un apposito capitolo di spesa del bilancio regionale (721071). Inoltre, anche a prescindere dal fatto che, in materia di organizzazione, un corretto percorso logico prevede dapprima l’individuazione di una funzione e poi l’istituzione dell’ufficio competente ad assolverla, non può sostenersi che la creazione con legge di un organismo non consenta di individuare almeno le finalità da esso perseguite e che ne hanno reso necessaria l’istituzione. Né può condividersi la tesi della Regione, per cui il ricorrente dovrebbe attendere una successiva legge regionale per contestare una eventuale lesione della competenza legislativa statale: è nel momento stesso in cui l’ente viene creato che l’interesse al ricorso diviene attuale, salvo poi verificare la fondatezza, nel merito, delle censure prospettate.
Inoltre, la censura formulata dal Presidente del Consiglio dei ministri non è generica. Il parametro costituzionale invocato è chiaramente indicato (art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.) e il riferimento al decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4 (Istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito in legge 31 marzo 2010, n. 50, istitutivo dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, consente di individuare agevolmente le disposizioni statali con cui la norma impugnata sarebbe in contrasto.
4. – Nel merito, le censure prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri possono essere divise in cinque gruppi, ciascuno riferito a un diverso articolo della legge impugnata.
5. – Il primo gruppo di censure riguarda l’art. 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, che ha disposto l’estensione delle categorie di soggetti esentati dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria (cosiddetto ticket).
Tale articolo stabilisce, al comma 1, che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, l’esenzione sia garantita anche «e) agli inoccupati e loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; f) ai lavoratori in cassa integrazione ordinaria e straordinaria e loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico; g) ai lavoratori in mobilità e loro familiari a carico, appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo annuo inferiore a euro 8.263,31, incrementato fino a euro 11.362,05 in presenza del coniuge e in ragione di ulteriori euro 516,46 per ogni figlio a carico». Il successivo comma 2 prevede che spetta alla Giunta regionale disciplinare le modalità di riconoscimento e fruizione di tali esenzioni.
5.1. – Ad avviso del ricorrente, innanzitutto, l’art. 13, comma 1, lettere e), f) e g), della legge impugnata sarebbe illegittimo in quanto includerebbe, tra i soggetti esentati dal pagamento della quota di compartecipazione sanitaria, categorie non comprese dalla legislazione statale di principio in materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza pubblica (in particolare, l’art. 8, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 «Interventi correttivi di finanza pubblica»), così violando l’art. 117, terzo comma, Cost. L’art. 13, comma 2, della legge censurata, attribuendo alla Giunta regionale il potere di regolare le modalità di riconoscimento e fruizione delle esenzioni, sarebbe in contrasto con l’art. 8, comma 16, della legge n. 537 del 1993, che «stabilisce espressamente quali sono le categorie di soggetti esentati dal ticket e le modalità ed i limiti economici di reddito che danno diritto alle dette esenzioni». Secondo la difesa dello Stato, infine, le disposizioni impugnate, risultando «assolutamente prive di ogni copertura finanziaria», violerebbero l’art. 81 Cost., e, dettando interventi in contrasto con quanto previsto dall’obiettivo E1.3 del Piano di rientro, lederebbero l’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica.
5.2. – La questione è fondata.
L’art. 8, comma 16, della legge n. 537 del 1993, che indica le categorie di soggetti esentate dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria (cosiddetto ticket), costituisce un principio fondamentale della legislazione sia in materia di «tutela della salute», sia in materia di «coordinamento della finanza pubblica». L’art. 13, commi 1 e 2, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, esentando plurime categorie di assistiti, e anche gli inoccupati, i lavoratori in cassa integrazione ordinaria e straordinaria e i lavoratori in mobilità, con i loro rispettivi familiari a carico, include tra i soggetti esentati dal pagamento del ticket categorie non comprese dalla legislazione statale di principio, così violando l’art. 117, terzo comma, Cost.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.
5.3. – Dall’illegittimità dell’art. 13, commi 1 e 2, della legge regionale n. 19 del 2010 discende, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 13 della legge della Regione Puglia 6 luglio 2011, n. 14 (Assestamento e prima variazione di bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2011). Questa disposizione, infatti, ha nuovamente inserito tra i soggetti esentati dal pagamento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria, a decorrere dal 1° luglio 2011, le medesime categorie già previste dall’art. 13, comma 1, della legge impugnata.
6. – Il secondo gruppo di censure riguarda l’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010. Tale disposizione prevede, tra l’altro, che sia abrogata la lettera i) del comma 7 dell’art. 4 della legge regionale n. 18 del 2005, istitutiva del Parco naturale regionale «Terra delle gravine», ai sensi della quale vigeva il divieto di «transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività agro-silvo-pastorali».
6.1. – Ad avviso del ricorrente, tale previsione sarebbe in contrasto con l’art. 11, comma 2, lettera c), della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), secondo cui il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo all’interno del parco deve essere disciplinato dal regolamento del parco stesso. La disposizione regionale, «nel disciplinare una materia rimessa alla competenza dello Stato, e disponendo in modo non conforme alla legislazione statale che individua standard minimi ed uniformi di tutela validi sull’intero territorio nazionale», violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Infine, la norma, «comportando interferenze anche nei confronti di specie, habitat ed habitat di specie tutelati» ai sensi della direttiva del Consiglio delle Comunità europee 92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche e della direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui il legislatore regionale non ha rispettato i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
6.2. – La questione è fondata, nei termini di seguito precisati.
6.2.1. – In via preliminare, è necessario esaminare la disciplina statale rilevante ai fini della risoluzione della questione di legittimità costituzionale proposta.
La tutela delle aree naturali protette è regolata dalla legge n. 394 del 1991. Essa prevede l’istituzione di parchi regionali, demandando alle Regioni il compito di introdurre, con apposita legge, criteri conformi alla normativa statale. La legge regionale istitutiva del parco naturale «definisce la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, individua il soggetto per la gestione del parco e indica gli elementi del piano per il parco, di cui all’articolo 25, comma 1, nonché i princìpi del regolamento del parco» (art. 23 della legge n. 394 del 1991). Ai sensi dell’art. 22, comma 1, lettera d), tra i princìpi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali vi è anche «l’adozione, secondo criteri stabiliti con legge regionale in conformità ai princìpi di cui all’articolo 11, di regolamenti delle aree protette».
L’art. 11 della legge n. 394 del 1991 disciplina il regolamento del parco. In base al comma 2, per garantire il perseguimento delle finalità della legge di tutela delle aree naturali protette e il rispetto delle caratteristiche naturali, paesistiche, antropologiche, storiche e culturali locali proprie di ogni parco, il regolamento del parco disciplina, tra l’altro, «il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto» (lettera c). Il comma 3 stabilisce poi che «nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat», prevedendo una serie di divieti che, ai sensi del successivo comma 4, possono essere eventualmente derogati dal regolamento del parco. Nella ipotesi di parchi regionali, quindi, il regolamento del parco dovrà rispettare sia i principi di tutela stabiliti dalla legge statale, sia i criteri fissati dalla legge regionale.
6.2.2. – In conformità con tale quadro normativo, la legge della Regione Puglia n. 18 del 2005 ha istituito il Parco naturale regionale «Terra delle gravine», indicando una serie di attività non consentite all’interno dell’area protetta. I criteri sono vincolanti per il regolamento del parco e per il piano per il parco. Nelle more dell’approvazione di tali strumenti, entrambi ancora in fase di elaborazione, la legge della Regione Puglia n. 18 del 2005 rappresenta l’unica fonte di regolazione del territorio del parco.
La Regione ha dapprima previsto espressamente, nella legge istitutiva del parco, un divieto di circolazione, per poi abrogare tale divieto con la norma impugnata. In assenza del regolamento del parco, questa abrogazione va interpretata, come emerge anche dai lavori preparatori, nel senso che la Regione ha inteso consentire, all’interno del Parco naturale regionale «Terra delle gravine», le attività in precedenza proibite.
Con l’abrogazione dei divieti previsti nella legge regionale n. 18 del 2005, la Regione Puglia ha permesso il transito di mezzi motorizzati nel parco, anche fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, private e vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio, in contrasto con gli standard minimi di tutela stabiliti dalla legislazione statale, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. In materia di tutela delle aree naturali protette, infatti, la Regione «non può prevedere soglie di tutela inferiori a quelle dettate dallo Stato, mentre può, nell’esercizio di una sua diversa potestà legislativa, prevedere eventualmente livelli maggiori di tutela, che presuppongono logicamente il rispetto degli standard adeguati ed uniformi fissati nelle leggi statali» (sentenza n. 263 del 2011). A riprova di ciò, vi è anche il fatto che la Regione Puglia, con la legge regionale n. 6 del 2011, ha poi reintrodotto i divieti abrogati dall’art. 37 della legge impugnata.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.
6.3. – Dall’illegittimità dell’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, nella parte in cui abroga il divieto di transitare con mezzi motorizzati all’interno del Parco regionale naturale «Terra delle gravine», discende, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale del medesimo articolo nella parte in cui abroga anche la lettera d) del comma 7 dell’art. 4 della legge della Regione Puglia n. 18 del 2005, che prevedeva il divieto di esercitare l’attività venatoria all’interno del parco, fatti salvi, su autorizzazione dell’Ente di gestione, gli interventi di controllo delle specie previsti dall’art. 11, comma 4, della legge n. 394 del 1991, ed eventuali prelievi effettuati a fini scientifici. Tale divieto, come quello di transito, è stato ripristinato con la legge della Regione Puglia n. 6 del 2011. A questo caso possono applicarsi le stesse argomentazioni svolte con riferimento alla rimozione del divieto di transitare con mezzi motorizzati nel parco, con riguardo alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
7. – Il terzo gruppo di censure concerne l’art. 46 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010. Tale disposizione prevede l’istituzione dell’«Agenzia regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale», i cui compiti e funzioni sono definiti con legge regionale. Per finanziare le attività dell’agenzia, «è istituito nel bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2011, nell’ambito della UPB 05.06.01, il capitolo di spesa 721071, denominato "Spese per la promozione della legalità nell’ambito della cittadinanza sociale e delle politiche della salute”, con una dotazione finanziaria, in termini di competenza e cassa, di euro 200mila».
7.1. – Il ricorrente censura tale articolo perché sarebbe in contrasto «con la normativa statale di riferimento che attribuisce al Ministero dell’interno la possibilità di regolamentare, su tutto il territorio nazionale, la materia trattata dalla legge regionale in oggetto». In particolare, il decreto-legge n. 4 del 2010, convertito in legge n. 50 del 2010, nell’istituire l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, avrebbe «espressamente e specificamente affrontato anche le problematiche relative alla cultura della legalità nelle aree interessate del territorio nazionale». Ad avviso del ricorrente, il legislatore regionale, «introducendo – con propria legge – disposizioni sulla costituzione e sul funzionamento di una agenzia, con funzioni analoghe alla neo-istituita Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, si pone in contrasto con la legge n. 50 del 2010 e viola l’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., in materia di pubblica sicurezza».
7.2. – La questione è fondata.
Questa Corte ha già dichiarato illegittime disposizioni simili a quella impugnata: una norma della Regione Marche diretta a regolare la partecipazione di magistrati e prefetti a un comitato di indirizzo dell’Osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza (sentenza n. 134 del 2004) e una della Regione siciliana istitutiva di un Comitato regionale per la sicurezza (sentenza n. 55 del 2001).
Altre Regioni in passato hanno previsto osservatori o comitati scientifici per la promozione della legalità e/o della sicurezza. E questa Corte ha ritenuto legittima la previsione in Abruzzo di un «Comitato scientifico regionale permanente per le politiche della sicurezza e della legalità», in quanto i compiti da esso svolti sono essenzialmente di studio e ricerca (sentenza n. 105 del 2006). Diversamente, la Regione Puglia ha istituito un’apposita Agenzia, il cui nome di per sé evoca un ruolo operativo non riducibile a meri compiti istruttori, consultivi o di studio e ricerca.
Inoltre, nonostante le denominazioni dell’unità previsionale di base e del capitolo di spesa previsti per la copertura finanziaria delle spese dell’Agenzia regionale per la promozione della legalità e della cittadinanza sociale (rispettivamente «Assistenza ospedaliera e specialistica» e «Spese per la promozione della legalità in ambito sanitario e della cittadinanza sociale»), il contesto in cui tale organismo è stato ideato è riconducibile ad ambiti di intervento parzialmente sovrapponibili con le competenze statali in materia di sicurezza e di amministrazione di beni sequestrati.
L’ambito di intervento dell’Agenzia regionale, pertanto, rientra nella materia dell’ordine pubblico e sicurezza, riservata alla competenza legislativa statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.
8. – Il quarto gruppo di censure riguarda l’art. 51 della legge impugnata. Tale articolo dispone che, in attesa del completamento dell’installazione del sistema automatico di rilevazione delle presenze, al personale regionale possa essere erogato il compenso per il lavoro straordinario fino al 31 dicembre 2010, e non più fino al 30 giugno 2010, come previsto dall’art. 34 della legge regionale 31 dicembre 2009, n. 34 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2010 e bilancio pluriennale 2010-2012 della Regione Puglia).
8.1. – La difesa dello Stato evidenzia che, nella Regione Puglia, «la predisposizione della rilevazione informatizzata delle presenze è stata più volte rinviata a partire dal 2008» e che l’art. 3, comma 83, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), «stabilisce l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di provvedere alla rilevazione automatica delle presenze al fine di corrispondere i compensi per lavoro straordinario». Il ricorrente sostiene, dunque, che «procrastinare ulteriormente l’applicazione della disposizione della legge finanziaria comporta una disparità di trattamento con il personale delle altre pubbliche amministrazioni, in palese contrasto […] con i principi di eguaglianza fra i cittadini di cui all’art. 3 Cost., nonché con l’art. 117, terzo comma, Cost., rientrando tale materia nel coordinamento della finanza pubblica e, pertanto, tra quelle di legislazione concorrente».
8.2. – La questione è fondata.
L’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007 stabilisce che «le pubbliche amministrazioni non possono erogare compensi per lavoro straordinario se non previa attivazione di sistemi di rilevazione automatica delle presenze». Esso rappresenta un principio fondamentale di contenimento della spesa e di buon andamento della pubblica amministrazione, la cui applicazione non prevede alcuna proroga. La Regione Puglia ha ritardato l’introduzione di un sistema automatico di rilevazione delle presenze dei dipendenti pubblici regionali, prevedendo, sin dal 2008, una serie di proroghe della erogazione del compenso straordinario: dapprima per tutto il 2008 (art. 14 della legge regionale 2 luglio 2008, n. 18 «Assestamento e quarta variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2008»), poi fino al 31 ottobre 2009 (art. 45 della legge regionale 30 aprile 2009, n. 10 «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2009 e bilancio pluriennale 2009-2011 della Regione Puglia»), successivamente fino al 30 giugno 2010 (legge regionale n. 34 del 2009) e, infine, con la disposizione censurata, fino al 31 dicembre 2010.
Il rinvio stabilito dalla norma impugnata ritarda ulteriormente l’applicazione della disposizione della legge statale, in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica, comportando altresì una disparità di trattamento con il personale delle altre pubbliche amministrazioni, in violazione dell’art. 3 Cost.
9. – Il quinto gruppo di censure concerne l’art. 54 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, il quale prevede che ai componenti esterni della Giunta regionale si applichino, dalla data di nomina e per l’intera durata dell’incarico, le disposizioni «concernenti i consiglieri regionali relativamente al collocamento in aspettativa senza assegni per l’espletamento di cariche pubbliche».
9.1. – La difesa dello Stato impugna tale articolo perché il legislatore regionale avrebbe «esorbitato dalla propria competenza, avendo, tra l’altro, previsto (e assunto al bilancio regionale) anche oneri previdenziali, in contrasto sia con l’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di previdenza sociale, che con l’art. 3 Cost. per disparità di trattamento tra le cariche elettive».
9.2. – La questione è fondata.
La censura concerne l’estensione dell’ambito di applicazione della disciplina previdenziale statale relativa al personale delle pubbliche amministrazioni, che non contempla l’ipotesi della cosiddetta contribuzione figurativa per i dipendenti pubblici nominati assessori regionali.
La normativa statale sul collocamento in aspettativa dei dipendenti pubblici senza assegni per l’espletamento di cariche pubbliche è regolata da diverse disposizioni: l’art. 68 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche); il combinato disposto dell’art. 22, comma 39, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e dell’art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento); per gli amministratori locali, gli artt. 81 e 86 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
La legislazione statale – non richiamata dal ricorrente, il quale fa riferimento solamente all’art. 47, lettera g), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), nel testo anteriore alla riforma del 2004 – non prevede l’ipotesi della cosiddetta contribuzione figurativa per i dipendenti pubblici chiamati a svolgere la funzione di assessori regionali, salvo che essi non siano anche consiglieri eletti.
Solo lo Stato può estendere l’ambito soggettivo di applicazione di disposizioni che rientrano in ambiti di competenza legislativa esclusiva statale, tra cui quello della previdenza sociale. Non spetta alla legislazione regionale disporre una equiparazione del trattamento previdenziale degli assessori regionali non consiglieri con quello degli assessori che ricoprano la carica di consigliere. Ove tale equiparazione fosse effettuata con legge regionale, come nel caso in esame, non solo si avrebbe una lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, ma si determinerebbero difformità nella disciplina del trattamento previdenziale dei dipendenti pubblici da una regione all’altra.
L’art. 54 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, dunque, è in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di previdenza sociale, e con l’art. 3 Cost., per disparità di trattamento tra le cariche elettive.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 13, commi 1 e 2, 46, 51 e 54 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011 e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, nella parte in cui abroga la lettera i) del comma 7 dell’art. 4 della legge della Regione Puglia 20 dicembre 2005, n. 18 (Istituzione del Parco naturale regionale «Terra delle gravine»);
3) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 13 della legge della Regione Puglia 6 luglio 2011, n. 14 (Assestamento e prima variazione di bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2011);
4) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 37 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, nella parte in cui abroga la lettera d) del comma 7 dell’art. 4 della legge della Regione Puglia n. 18 del 2005;
5) dichiara cessata la materia del contendere con riferimento al giudizio concernente l’art. 11, commi 3, 4 e 5, della legge della Regione Puglia n. 19 del 2010, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 2 dicembre 2011.