SENTENZA N. 228
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 2, 18, commi 1 e 2, 67, commi 1 e 2, 68, comma 1, lettera a), 69 e 79 della legge della Regione Molise 26 gennaio 2012, n. 2 (Legge finanziaria regionale), e dell’art. 6 della legge della Regione Molise 7 agosto 2012, n. 16 (Modifiche alla legge regionale 26 gennaio 2012, n. 2 – Legge finanziaria regionale 2012), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 28-30 marzo 2012 e il 15-17 ottobre 2012, depositati in cancelleria il 4 aprile 2012 ed il 22 ottobre 2012 ed iscritti ai nn. 67 e 167 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Molise;
udito nell’udienza pubblica del 2 luglio 2013 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Vincenzo Colalillo per la Regione Molise.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso (iscritto al n. 67 del reg. ric. del 2012), notificato il 28-30 marzo 2012, depositato presso la cancelleria di questa Corte il successivo 4 aprile, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in via principale, questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 2; 18, commi 1 e 2; 67, commi 1 e 2; 68, comma 1, lett. a); 69 e 79 della legge della Regione Molise 26 gennaio 2012, n. 2 (Legge finanziaria regionale 2012), in riferimento all’art. 117, comma primo, comma secondo, lettere e), l), ed s), e comma terzo, Cost. ed all’art. 120 Cost.
1.1. – In particolare, il ricorrente ha impugnato l’art. 18, commi 1 e 2, della citata legge regionale, nella parte in cui consente al personale con qualifica dirigenziale titolare di incarichi apicali, ai responsabili di programmi collegati all’utilizzo di fondi comunitari e nazionali, nonché ai funzionari e dirigenti incaricati dell’esercizio di funzioni ispettive o di controllo e di patrocinio legale, l’utilizzo del mezzo proprio ed il relativo rimborso di spese in occasione delle trasferte di servizio, in caso di impossibilità di utilizzo di idoneo mezzo dell’Amministrazione o di altro mezzo pubblico di trasporto.
Così disponendo, l’art. 18, commi 1 e 2, innanzitutto si porrebbe in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica dettato dal legislatore statale all’art. 6, comma 12, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, secondo il quale al personale contrattualizzato di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), non possono più essere applicate le norme relative al trattamento economico di missione contenute nell’art. 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 (Trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali), e nell’art. 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 (Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali); in secondo luogo, sarebbe lesivo della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile, intervenendo a disciplinare il rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici.
1.2. – L’art. 79 della medesima legge regionale è, invece, impugnato nella parte in cui affida direttamente la gestione del servizio idrico integrato all’Azienda speciale regionale Molise Acque, ente di diritto pubblico, la cui natura giuridica non può essere modificata.
Detta norma sarebbe costituzionalmente illegittima in quanto, affidando in via diretta la gestione del servizio ad un ente strumentale della Regione, e quindi sottraendo al soggetto subentrato all’Autorità d’ambito il potere di scelta delle modalità di «affidamento della gestione del servizio idrico integrato», violerebbe la competenza legislativa esclusiva statale nelle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente alla quale va ricondotta la disciplina delle Autorità d’ambito territoriale (e dei nuovi soggetti che dette autorità andranno a sostituire), ponendosi in contrasto con la normativa statale.
Essa, inoltre, affidando ope legis la gestione del servizio idrico integrato, che è un servizio di rilevanza economica, riconducibile alla categoria dei servizi di interesse economico generale, soggetto in quanto tale alla concorrenza, ad un ente di diritto pubblico che si configura quale ente strumentale della Regione, escluderebbe la concorrenza, violando il diritto comunitario.
1.3. – Il ricorrente censura, infine, gli artt. 3, commi 1 e 2, 67, commi 1 e 2, 68, comma 1, lettera a), e 69, della legge regionale n. 2 del 2012, nella parte in cui attribuiscono alla Giunta regionale compiti in materia di riorganizzazione sanitaria che interferirebbero con le funzioni espletate dal commissario ad acta nominato dal Governo, nell’esercizio del potere sostitutivo di cui al secondo comma dell’art. 120 Cost.
In particolare, l’art. 3, commi 1 e 2, nella parte in cui riconosce alla Giunta regionale la potestà di impartire direttive all’Azienda sanitaria regionale del Molise (ASREM), l’art. 67, nella parte in cui consente alla Giunta regionale di intervenire in merito al riordino ed alla rideterminazione dei distretti dell’unità sanitaria locale, l’art. 68, comma 1, lettera a), nella parte in cui, modificando il comma 2 dell’art. 31 della legge regionale 22 febbraio 2010, n. 8 (Disciplina sull’assetto programmatorio, contabile, gestionale e di controllo dell’Azienda sanitaria regionale del Molise – Abrogazione della legge regionale 14 maggio 1997, n. 12), ove interpretata nel senso di reiterare norme già dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza di questa Corte n. 78 del 2011, conserva in capo alla Giunta regionale il controllo di alcuni degli atti del Direttore generale dell’Azienda sanitaria regionale, nonché l’art. 69, nella parte in cui assegna alla Giunta regionale compiti in materia di accreditamento istituzionale, interferirebbero con le funzioni assegnate al commissario ad acta nominato dal Governo, come risulta dal mandato commissariale allegato alla delibera di nomina del commissario ad acta del 24 luglio 2009, individuato nel Presidente della Giunta regionale pro-tempore.
2. – Con un successivo ricorso (iscritto al n. 167 del reg. ric. del 2012), notificato il 15-17 ottobre 2012, depositato il successivo 22 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale dell’art. 6 della legge della Regione Molise 7 agosto 2012, n. 16 (Modifiche alla legge regionale 26 gennaio 2012, n 2 – Legge finanziaria regionale 2012).
Con tale disposizione, il legislatore regionale ha modificato la legge regionale n. 2 del 2012 aggiungendo, dopo l’art. 69, l’art. 69-bis, il quale stabilisce che, nel periodo di attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, l’esercizio delle funzioni previste dall’art. 3, commi 1 e 2, dall’art. 67, dall’art. 68 e dall’art. 69 della citata legge regionale n. 2 del 2012 è attribuito al commissario ad acta nominato ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, vale a dire al Presidente pro tempore della Regione Molise.
Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna tale disposizione per violazione dell’art. 117, terzo comma, e dell’art. 120, secondo comma, Cost. in quanto, attribuendo al Presidente della Regione, in qualità di commissario ad acta nominato ex art. 4 del d.l. n. 159 del 2007, le funzioni di cui agli artt. 3, commi 1 e 2, 67, 68 e 69 della legge regionale n. 2 del 2012, determinerebbe un’illegittima interferenza degli organi regionali sulle funzioni commissariali, ponendosi in contrasto con la delibera del 7 giugno 2012, con cui il Consiglio dei ministri, in attuazione dell’art. 2, comma 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2010), tenuto conto degli esiti negativi, emersi nella riunione di verifica del 3 aprile 2012, inerenti all’attuazione degli obblighi derivanti del piano di rientro dal disavanzo sanitario da parte del Presidente della Regione, aveva provveduto ad attribuire le predette funzioni ad un nuovo commissario ad acta, nell’esercizio del potere sostitutivo di cui al secondo comma dell’art. 120 Cost. ed in attuazione di norme di principio riconducibili alla materia del «coordinamento della finanza pubblica» ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
2.1. – Nel giudizio instaurato con questo ricorso (r.r. n.167 del 2012) si è costituita la Regione Molise, in persona del Presidente della Giunta regionale, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale venga dichiarata inammissibile e infondata.
Secondo la Regione, la legge regionale impugnata non ha inteso caducare il commissario ad acta nominato dal Governo, ma ha solo esercitato la propria competenza legislativa nella materia dell’organizzazione sanitaria e nella predisposizione dei compiti di rientro dal disavanzo, senza interferire con i poteri statali, né con i compiti attribuiti dal Governo al nuovo commissario ad acta. La norma impugnata, lungi dal violare l’art. 120 Cost., garantirebbe che le scelte del piano di rientro siano adottate sulla base della valutazione dell’assetto territoriale, dei problemi climatici, dei rilievi della patologia, in un’ottica di garanzia della salute: anche ove si determinassero “inadempienze giustificate” tali da imporre la nomina di un organo statale, non potrebbe, infatti, non riconoscersi all’organo regionale un potere coordinato.
3. – All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, con un primo ricorso (r.r. n. 67 del 2012), dubita della legittimità costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 2; 18, commi 1 e 2; 67, commi 1 e 2; 68, comma 1, lettera a); 69 e 79 della legge della Regione Molise 26 gennaio 2012, n. 2 (Legge finanziaria regionale 2012).
Con un successivo ricorso (r.r. n.167 del 2012), il Presidente censura l’art. 6 della legge della Regione Molise 7 agosto 2012, n. 16 (Modifiche alla legge regionale 26 gennaio 2012, n. 2 – Legge finanziaria regionale 2012), nella parte in cui ha introdotto l’art. 69-bis dopo l’art. 69 della legge regionale n. 2 del 2012, modificando alcune delle norme oggetto del primo ricorso.
1.1. – In considerazione dell’analogia di alcune delle norme impugnate e dell’identità delle censure proposte nei confronti delle stesse, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.
2. – In particolare, viene, in primo luogo, censurato (r.r. n. 67 del 2012) l’art. 18, commi 1 e 2, della citata legge regionale, in quanto, nella parte in cui riconosce «al personale con qualifica dirigenziale titolare di incarichi apicali, ai responsabili di programmi collegati all'utilizzo di fondi comunitari e nazionali, ai funzionari e dirigenti incaricati dell'esercizio di funzioni ispettive o di controllo e di patrocinio legale la possibilità di utilizzare il mezzo proprio di trasporto in occasione delle trasferte di servizio, in caso di impossibilità di utilizzo di idoneo mezzo dell’Amministrazione o di altro mezzo pubblico di trasporto», violerebbe l’art. 117, secondo comma, lett. l), e terzo comma, Cost. Esso, infatti, intervenendo a disciplinare un aspetto del rapporto di lavoro di pubblico impiego dirigenziale, invaderebbe la competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile e si porrebbe, altresì, in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica dettato dal legislatore statale all’art. 6, comma 12, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, secondo il quale al personale contrattualizzato di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), non possono più essere applicate le norme relative al trattamento economico di missione contenute nell’art. 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 (Trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali), e nell’art. 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 (Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali).
2.1. – In linea preliminare, occorre considerare che la Regione Molise, con la legge 7 agosto 2012, n. 16 (Modifiche alla legge regionale 26 gennaio 2012, n 2 – Legge finanziaria regionale 2012), all’art. 3, ha disposto l’abrogazione dei censurati commi 1 e 2 dell’art. 18 della legge regionale n. 2 del 2012, con efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione (il 16 agosto) della predetta legge regionale n. 16.
Tuttavia, sebbene l’intervenuta abrogazione dei commi impugnati abbia carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso, essa non consente a questa Corte di dichiarare cessata la materia del contendere: le previsioni contenute nell’art. 18, commi 1 e 2, hanno introdotto una misura di efficacia immediata, rimasta in vigore – sebbene per un breve lasso di tempo - fino alla sua abrogazione, periodo in relazione al quale non è fornita alcuna dimostrazione che essa non abbia avuto applicazione. Pertanto, non ricorrono, nella specie, le condizioni richieste dalla giurisprudenza di questa Corte perché possa essere dichiarata la cessazione della materia del contendere (ex plurimis, sentenze n. 93 del 2013, n. 245 del 2012).
2.2. – Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, commi 1 e 2, della legge regionale n. 2 del 2012, promossa in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., è fondata.
Questa Corte ha costantemente ricondotto alla materia «ordinamento civile» la disciplina dei rimborsi spese e dell’indennità di trasferta, quali componenti del «trattamento economico» del dipendente pubblico regionale (ex plurimis, sentenze n. 77 del 2011 e n. 95 del 2007), precisando che «essa rientra […] nella regolamentazione del contratto di diritto privato che lega tali dipendenti “privatizzati” all’ente di appartenenza» (sentenza n. 77 del 2011). Nella stessa prospettiva, in relazione a norme statali che hanno soppresso le indennità di trasferta e le indennità supplementari previste dall’articolo 14 della legge n. 836 del 1973 – analogamente a quanto previsto dall’articolo 6, comma 12, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, in materia di autorizzazione all’uso del mezzo proprio e di determinazione della cosiddetta “indennità chilometrica” – la giurisprudenza costituzionale «ha affermato che il legislatore statale, disponendo la “soppressione” delle indennità e stabilendo l’inderogabilità di tale soppressione con riferimento alle clausole dei contratti e degli accordi collettivi che le prevedono, ha inciso sull’autonomia negoziale collettiva dell’intero settore del pubblico impiego», compreso quello relativo a Regioni ed enti locali, il quale, «essendo stato “privatizzato” ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001, è retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro tra privati ed è, perciò, soggetto alle regole che garantiscono l’uniformità di tale tipo di rapporti».
Di recente, con riferimento ad una norma regionale dal contenuto analogo a quella qui in esame recante la previsione della possibilità per i dipendenti regionali di utilizzare il mezzo proprio ed ottenere, sia pure a determinate condizioni, il relativo rimborso, questa Corte ha, altresì, affermato che essa «afferisce ad uno specifico profilo del trattamento economico del dipendente pubblico regionale (ex plurimis, sentenze n. 332 e n. 151 del 2010), il cui rapporto d’impiego è stato privatizzato e disciplinato dalla contrattazione collettiva (ex plurimis, sentenze n. 7 del 2011 e n. 189 del 2007)» (sent. n. 19 del 2013).
Pertanto, la materia alla quale va ricondotto il citato art. 18, commi 1 e 2, è quella dell’ordinamento civile, che appartiene alla potestà del legislatore statale, il quale «ben può intervenire, come nel caso in esame, a conformare gli istituti del rapporto di impiego attraverso norme che si impongono all’autonomia privata con il carattere dell’inderogabilità, anche in relazione ai rapporti di impiego dei dipendenti delle Regioni» (sent. n. 19 del 2013).
Deve, quindi, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, commi 1 e 2, della legge regionale n. 2 del 2012.
Le censure riferite all’art. 117, terzo comma, Cost. restano assorbite.
3. – L’art. 79 della legge regionale n. 2 del 2012 è impugnato nella parte in cui stabilisce che «la gestione del servizio idrico integrato è affidata all'Azienda speciale regionale Molise Acque, ente di diritto pubblico, la cui natura giuridica non può essere modificata».
Secondo il ricorrente tale norma, affidando in via diretta la gestione del servizio ad un ente strumentale della Regione, e quindi sottraendo al soggetto subentrato all’Autorità d’ambito territoriale ottimale il potere di scelta delle modalità di «affidamento della gestione del servizio idrico integrato», violerebbe la competenza legislativa esclusiva statale nelle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettere e ed s, Cost.), alla quale va ricondotta la disciplina delle Autorità d’ambito territoriale (e dei nuovi soggetti che dette autorità andranno a sostituire), in contrasto con la normativa statale. Essa, inoltre, violerebbe anche l’art. 117, primo comma, Cost., ponendosi in contrasto con il diritto comunitario, nella parte in cui affida in via diretta ad un ente di diritto pubblico che si configura quale ente strumentale della Regione la gestione del servizio idrico integrato, servizio di rilevanza economica, riconducibile alla categoria dei servizi di interesse economico generale, soggetto in quanto tale alla concorrenza.
3.1. – La questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 79 della legge regionale n. 2 del 2012, sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., è fondata.
Questa Corte ha più volte affermato che «la disciplina dell’affidamento della gestione del servizio idrico integrato attiene […] alle materie tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 187 del 2011; n. 128 del 2011; n. 325 del 2010; n. 142 del 2010; n. 307 del 2009; n. 246 del 2009)» (sentenza n. 62 del 2012). In base al disposto del terzo periodo del comma 186-bis dell’art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), inserito dall’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), convertito con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42, «alla legge regionale spetta soltanto disporre l’attribuzione delle funzioni delle soppresse Autorità d’ambito territoriale ottimale (AATO), “nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza”, e non spetta, di conseguenza, provvedere direttamente all’esercizio di tali funzioni affidando la gestione ad un soggetto determinato» (sent. n. 62 del 2012). In altri termini, in base alla normativa statale, la legge regionale deve limitarsi ad individuare l’ente od il soggetto che eserciti le competenze già spettanti all’AATO, al quale, quindi, spetta sia deliberare la forma di gestione del servizio idrico integrato, sia aggiudicarne la gestione.
In applicazione di siffatto principio, appare evidente che la norma regionale impugnata, nella parte in cui affida direttamente la gestione del servizio idrico integrato all’«Azienda speciale regionale Molise Acque», ente di diritto pubblico strumentale della Regione, si pone in contrasto con la suddetta normativa statale e quindi viola l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost.
Essa, infatti, da un lato, esclude che l’ente individuato dalla Regione come successore delle competenze dell’AATO deliberi, con un proprio atto, le forme di gestione del servizio idrico integrato e provveda all’aggiudicazione della gestione del servizio; dall’altro, con disposizione che tiene luogo di un provvedimento, stabilisce essa stessa che il predetto servizio sia affidato specificamente alla citata azienda pubblica regionale, precisamente individuata dalla medesima legge regionale del Molise.
Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’impugnato art. 79 della citata legge regionale n. 2 del 2012.
Le censure riferite all’art. 117, primo comma, Cost. restano assorbite.
4. – Vengono, infine, censurati gli artt. 3, commi 1 e 2, 67, commi 1 e 2, 68, comma 1, lettera a), e 69 della legge regionale n. 2 del 2012 (con il ricorso n. 67 del 2012) e l’art. 6 della successiva legge regionale n. 16 del 2012 (con il ricorso n. 167 del 2012), in quanto conferirebbero ad organi regionali ordinari compiti in materia di riorganizzazione sanitaria che interferirebbero con le funzioni espletate dal commissario ad acta nominato dal Governo, nell’esercizio del potere sostitutivo.
4.1. – In particolare, con il ricorso n. 67 del 2012, il ricorrente impugna: l’art. 3, commi 1 e 2, nella parte in cui riconosce alla Giunta regionale la potestà di impartire direttive all’Azienda sanitaria regionale del Molise (ASREM), in contrasto con il mandato commissariale richiamato dalla delibera del Consiglio dei ministri del 20 gennaio 2012 (par. A n. 4), che conferisce al commissario ad acta l’incarico di provvedere a realizzare il «completamento dell’assetto territoriale dell’ASREM»; l’art. 67, nella parte in cui consente alla Giunta regionale di intervenire in ordine al riordino ed alla rideterminazione dei distretti dell’unità sanitaria locale, in contrasto con il predetto mandato commissariale di cui alla delibera del Consiglio dei ministri del 20 gennaio 2012 (par. A, n. 3), che conferisce al commissario ad acta l’incarico di provvedere a realizzare «il riassetto della rete ospedaliera e territoriale»; l’art. 68, comma 1, lett. a), nella parte in cui, modificando il comma 2 dell’art. 31 della legge regionale 22 febbraio 2010, n. 8 (Disciplina sull’assetto programmatorio, contabile, gestionale e di controllo dell’Azienda sanitaria regionale del Molise – Abrogazione della legge regionale 14 maggio 1997, n. 12), ove interpretato nel senso di reiterare norme già dichiarate costituzionalmente illegittime con sentenza n. 78 del 2011, conserva in capo alla Giunta regionale il controllo di alcuni degli atti del Direttore generale dell’Azienda sanitaria regionale; nonché l’art. 69, nella parte in cui assegna alla Giunta regionale compiti in materia di accreditamento istituzionale in contrasto con il par. A, n. 5 e n. 7 e con il par. C del menzionato mandato commissariale che conferisce al commissario ad acta specifici compiti in materia di accreditamento istituzionale.
Ad avviso del ricorrente, tali norme, attribuendo alla Giunta regionale compiti che interferiscono con le funzioni espletate dal commissario ad acta nominato dal Governo, nell’esercizio del potere sostitutivo, per l’attuazione delle misure previste dal piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, violerebbero l’art. 120, secondo comma, Cost.
4.1.1. – In via preliminare, occorre osservare che le disposizioni censurate (artt. 3, commi 1 e 2, 67, 68 e 69) sono state oggetto di modifica ad opera dell’art. 6 della legge regionale n. 16 del 2012, che ha attribuito le funzioni di cui alle predette disposizioni al commissario ad acta, nominato ex art. 4 del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, ed individuato nella persona del Presidente della Regione. Considerato che il Presidente del Consiglio ha impugnato, con il ricorso n. 167 del 2012, anche il citato art. 6, non ritenendolo satisfattivo delle proprie richieste, in ragione del mutato contesto normativo ed istituzionale, e che non è dimostrato che le predette disposizioni non abbiano avuto applicazione, non sussistono, nella specie, le condizioni richieste dalla giurisprudenza di questa Corte perché possa essere dichiarata la cessazione della materia del contendere (ex plurimis, sentenze n. 93 del 2013, n. 245 del 2012).
4.1.2. – Nel merito la questione, in riferimento all’art. 120, secondo comma, Cost., è fondata.
Più volte questa Corte ha affermato che la nomina di un commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, «sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un'attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica»: essa è volta a soddisfare la «necessità di assicurare la tutela dell'unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute» (sentenze n. 104 e n. 28 del 2013; sentenze n. 78 del 2011 e n. 193 del 2007). Per tale motivo, «le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali» (sentenza n. 104 del 2013), al fine di scongiurare il rischio che le misure eventualmente adottate dagli organi regionali, già inadempienti, possano «vanificare l’obiettivo di risanamento del servizio sanitario regionale» (sentenza n. 2 del 2010). In questa prospettiva, la scelta di attribuire ad organi ordinari della Regione compiti che presentino profili di interferenza con l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, si risolve in un obiettivo svuotamento dei poteri del commissario ad acta, il quale sarebbe impossibilitato a svolgere appieno le sue funzioni di organo straordinario dello Stato ai sensi dell'art. 120 Cost. (sentenza n. 20 del 2010).
Nella specie, la Regione Molise non aveva provveduto a realizzare gli obiettivi previsti dal piano di rientro, stipulato il 30 marzo 2007, nei tempi e nelle dimensioni di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2005), nonché dall’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 e dai successivi interventi legislativi in materia, cosicché è stata commissariata ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 159 del 2007. Nella riunione del Consiglio dei ministri del 24 luglio 2009, infatti, quest’ultimo aveva deliberato la nomina di un commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dei disavanzi nel settore sanitario della Regione Molise, individuandolo nel Presidente della Regione pro-tempore. Nella riunione del 20 gennaio 2012, il Consiglio dei ministri confermava la nomina del Presidente della Regione pro-tempore quale commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario e dei successivi programmi operativi, conferendo al medesimo l’incarico di provvedere a realizzare determinati interventi prioritari, delineati nel mandato commissariale allegato alla delibera di conferma, fra i quali il «completamento dell’assetto territoriale dell’ASREM […]; l’adozione del nuovo atto aziendale, secondo i rilievi ministeriali, in coerenza con il Programma operativo 2011-2012 […] con la previsione della definizione di un centro unico di responsabilità delle principali funzioni, quali la gestione contabile, la gestione del personale e gli acquisti» (par. 4), il «riassetto della rete ospedaliera e territoriale» (par. 3), la «corretta conclusione delle procedure di accreditamento degli erogatori» (par. 7).
Risulta, pertanto, evidente che le funzioni attribuite alla Giunta regionale dagli artt. 3, commi 1 e 2, 67, commi 1 e 2, 68, comma 1, lettera a), e 69, della legge regionale n. 2 del 2012, in tema di direttive all’ASREM, di riordino e rideterminazione dei distretti dell’unità sanitaria locale, di controllo sugli atti dell’ASREM, nonché di accreditamento istituzionale, determinano, se non un contrasto, senz’altro un’indiscutibile interferenza rispetto a quelle assegnate al commissario ad acta in vista dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, interferenza che è idonea ad integrare una violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 2, 67, commi 1 e 2, 68, comma 1, lettera a), e 69, della legge regionale n. 2 del 2012 nella parte in cui non escludono dall’ambito della loro operatività le funzioni e le attività del commissario ad acta nominato dal Governo per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo regionale in materia sanitaria.
4.2. – Con il ricorso n. 167 del 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 6 della legge regionale n. 16 del 2012, nella parte in cui, modificando la legge regionale n. 2 del 2012, ha aggiunto – dopo l’art. 69 – l’art. 69-bis che dispone: «1. Nel periodo di attuazione del Piano di rientro dal disavanzo regionale nel settore sanitario e della sua prosecuzione, secondo programmi operativi coerenti con gli obiettivi finanziari programmati, l'esercizio delle funzioni di cui agli articoli 3, commi 1 e 2, 67, 68 e 69 è attribuito al Commissario ad acta nominato ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222» e cioè al Presidente della Regione.
Detta norma, attribuendo al Presidente della Regione, in qualità di commissario ad acta nominato ex art. 4 del d.l. n. 159 del 2007, le funzioni di cui agli artt. 3, commi 1 e 2, 67, 68 e 69 della legge regionale n. 2 del 2012, è censurata per violazione degli artt. 120, secondo comma, e 117, terzo comma, Cost., in quanto determinerebbe un’illegittima interferenza degli organi regionali sulle funzioni commissariali, ponendosi altresì in contrasto con principi di “coordinamento della finanza pubblica”.
4.2.1. – La questione è fondata.
La norma impugnata, adottata il 7 agosto 2012, pur sottraendo alla Giunta regionale le predette funzioni di cui alle norme oggetto del ricorso n. 67 del 2012, «nel periodo di attuazione del Piano di rientro dal disavanzo regionale nel settore sanitario e della sua prosecuzione», le ha, tuttavia, attribuite al Presidente della Regione, ponendosi così in contrasto con la delibera del 7 giugno 2012, con cui il Consiglio dei ministri, frattanto, aveva provveduto ad attribuire le predette funzioni ad un nuovo commissario ad acta.
Infatti, in attuazione dell’art. 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009, il quale stabilisce che «nei casi di riscontrata difficoltà in sede di verifica e monitoraggio dell’attuazione del Piano (…) il Consiglio dei ministri, in attuazione dell’art. 120 della Costituzione, sentita la Regione interessata, nomina uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria per l’adozione e l’attuazione degli atti indicati nel piano e non realizzati», il Consiglio dei ministri, tenuto conto degli esiti negativi, emersi nella riunione di verifica del 3 aprile 2012, inerenti all’attuazione degli obblighi derivanti dal piano di rientro dal disavanzo sanitario da parte del Presidente della Regione, dopo aver più volte diffidato quest’ultimo a dare attuazione alle misure di cui al piano predetto, senza effetti (e provveduto ad affiancare a quest’ultimo diversi sub-commissari), ha nominato un nuovo commissario ad acta, per l’attuazione degli obiettivi prioritari del piano di rientro e dei successivi programmi operativi non compiutamente realizzati dal Presidente pro tempore in funzione di commissario ad acta.
Pertanto, alla luce delle considerazioni suesposte, anche l’art. 6 della legge regionale n. 16 del 2012, nella parte in cui attribuisce al Presidente della Regione funzioni che interferiscono con quelle affidate al nuovo commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario e dei successivi programmi operativi, determina lo svuotamento dei poteri di quest’ultimo e quindi una violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Va, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge regionale n. 16 del 2012.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, commi 1 e 2, della legge della Regione Molise 26 gennaio 2012, n. 2 (Legge finanziaria regionale 2012);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 79 della legge della Regione Molise n. 2 del 2012;
3) dichiara l’illegittimità costituzionale gli artt. 3, commi 1 e 2, 67, commi 1 e 2, 68, comma 1, lettera a), e 69 della legge della Regione Molise n. 2 del 2012 nella parte in cui non escludono dall’ambito della loro operatività le funzioni e le attività del commissario ad acta nominato dal Governo per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo regionale in materia sanitaria;
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge della Regione Molise 7 agosto 2012, n. 16 (Modifiche alla legge regionale 26 gennaio 2012, n. 2 – Legge finanziaria regionale 2012).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere