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SENTENZA N. 62
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
-
Alfonso
QUARANTA
Presidente
-
Franco
GALLO
Giudice
-
Luigi
MAZZELLA
”
-
Sabino
CASSESE
”
-
Giuseppe
TESAURO
”
- Paolo
Maria
NAPOLITANO
”
- Giuseppe
FRIGO
”
-
Alessandro
CRISCUOLO
”
-
Paolo
GROSSI
”
-
Giorgio
LATTANZI
”
-
Aldo
CAROSI
”
-
Marta
CARTABIA
”
-
Sergio
MATTARELLA
”
- Mario
Rosario
MORELLI
”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’art. 5, comma 6,
lettera g), della legge della Regione Puglia 30 maggio 2011, n. 9
(Istituzione dell’Autorità idrica pugliese), nonché dell’art. 2, comma 1,
dell’art. 5 e dell’art. 9, comma 1, della legge della Regione Puglia 20 giugno
2011, n. 11 (Gestione del servizio idrico integrato. Costituzione dell’Azienda
pubblica regionale "Acquedotto pugliese – AQP”), promossi dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 1°- 4 agosto 2011 e l’8-12
agosto 2011, depositati in cancelleria il 10 ed il 17 agosto 2011 ed iscritti
al n. 81 (concernente la legge reg. n. 9 del 2011) ed al n. 83 (concernente la
legge reg. n. 11 del 2011) del registro ricorsi 2011, pubblicati,
rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie
speciale, n. 42 del 5 ottobre 2011 e n. 43 del 12 ottobre 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia nel
giudizio di cui al ricorso n. 83 del 2011;
udito nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2011 il
Giudice relatore Franco Gallo;
udito l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato a mezzo del
servizio postale, spedito il 1° agosto 2011, ricevuto il 4 agosto successivo e
depositato il 10 agosto 2011 (registro ricorsi n. 81 del 2011), il Presidente
del Consiglio dei ministri ha promosso questioni principali di legittimità
costituzionale dell’art. 5, comma 6, lettera g), e dell’art. 11, comma
1, della legge della Regione Puglia 30 maggio 2011, n. 9 (Istituzione
dell’Autorità idrica pugliese), pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione Puglia n. 87 del 3 giugno 2011 ed entrata in vigore lo stesso
giorno della pubblicazione
1.1.− L’impugnato comma 6, lettera g), dell’art. 5 della legge della Regione Puglia n. 9 del 2011, nel testo vigente al momento della proposizione del ricorso, stabiliva che il Direttore generale dell’«Autorità idrica pugliese» (autorità istituita dall’art. 1 della stessa legge regionale «per il governo pubblico dell’acqua» e dotata di personalità giuridica di diritto pubblico) «predispone lo schema di convenzione diretto a regolare i rapporti tra l’Autorità e il gestore del servizio idrico integrato, da sottoporre all’approvazione del Consiglio direttivo».
Nel ricorso si denuncia il contrasto tra tale disposizione e
la legislazione statale, perché la norma impugnata, nel riservare al Direttore
generale del predetto ente pubblico regionale il cómpito
di "predisporre” l’indicata convenzione, gli attribuisce una funzione che
l’art. 10, comma 14, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70
(Semestre Europeo. Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, assegna invece all’«Agenzia
nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua», ente statale
istituito con il comma 11 del medesimo articolo 10. Infatti, prosegue il
ricorso, il citato comma 14, lettera b), dell’art. 10 stabilisce che la
menzionata Agenzia nazionale «predispone una o più convenzioni tipo di cui
all’articolo 151 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152», cioè le
convenzioni tipo dirette a disciplinare i rapporti tra Autorità d’àmbito e gestori del servizio idrico integrato. Del resto,
aggiunge la difesa dello Stato, il comma 15 dell’art. 10 del decreto-legge n.
70 del 2011 precisa che alla menzionata Agenzia nazionale «sono trasferite le
funzioni già attribuite alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle
risorse idriche dall’articolo
161 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dalle altre
disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto» e,
quindi, anche la funzione di "predisporre” «con delibera una o più convenzioni
tipo di cui all’articolo 151» dello stesso d.lgs. n. 152 del 2006; delibera da
trasmettersi «al Ministro per l’ambiente e per la tutela del territorio e del
mare, che la adotta con proprio decreto sentita
Ad avviso del ricorrente, poiché la sopra citata vigente normativa statale costituisce esercizio della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e, pertanto, non è derogabile dal legislatore regionale, il rilevato contrasto tra la normativa regionale e quella statale si risolve nella violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
1.2.– Il parimenti impugnato comma 1 dell’art. 11 della stessa legge reg. Puglia n. 9 del 2011 stabiliva, nel testo vigente al momento della proposizione del ricorso, che: «Il personale assunto a tempo indeterminato alla data del 1° gennaio 2010 presso ATO Puglia è trasferito all’Autorità idrica pugliese, che provvede all’inquadramento nello stesso profilo professionale e relative attribuzioni economiche». Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, tale disposizione víola gli artt. 3, 51 e 97, terzo comma, Cost.
Il Presidente della Corte costituzionale ha disposto il rinvio della trattazione di tale questione, separandola dall’altra, in ragione dell’opportunità di esaminare in una stessa udienza, ancora da stabilirsi, le censure prospettate avverso il predetto comma 1 dell’art. 11 della legge reg. Puglia n. 9 del 2011 sia nel testo originario, impugnato con il ricorso n. 81 del 2011, sia nel testo sostituito ad opera del comma 1 dell’art. 3 della legge della Regione Puglia 13 ottobre 2011, n. 27 (Modifiche alla legge regionale 30 maggio 2011, n. 9 – Istituzione dell’Autorità idrica pugliese), anch’esso impugnato dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 170 del 2011.
2.− Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale, spedito l’8 agosto 2011, ricevuto il 12 agosto successivo e depositato il 17 agosto 2011 (registro ricorsi n. 83 del 2011), il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni principali di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, dell’art. 5 e dell’art. 9, comma 1, della legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11 (Gestione del servizio idrico integrato. Costituzione dell’Azienda pubblica regionale "Acquedotto pugliese – AQP”), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 96 del 20 giugno 2011 ed entrata in vigore il 5 luglio 2011.
2.1.− L’impugnato comma 1 dell’art. 2 della legge reg. Puglia n. 11 del 2011 stabilisce che «Il servizio idrico integrato della Puglia è affidato a un’azienda pubblica regionale che realizza la parte prevalente della propria attività con l’ente pubblico che la controlla, anche per beneficiare delle economie di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamento del servizio e con l’obbligo del reinvestimento nel servizio di almeno l’80 per cento degli avanzi netti di gestione. Ai fini della presente legge, per avanzo netto di gestione si intende il risultato economico di esercizio del soggetto di cui all’articolo 5 [cioè l’Azienda pubblica regionale denominata «Acquedotto pugliese (AQP)», istituita da tale articolo] al netto degli ammortamenti, accantonamenti, interessi, imposte e tasse».
Tale comma, secondo il ricorrente, nell’affidare direttamente, mediante una norma di legge, la gestione del «servizio idrico integrato» (SII) ad un ente pubblico regionale controllato dalla Regione Puglia (AQP), víola: a) l’art. 117, primo comma, Cost., perché si pone in contrasto con i princípi del diritto dell’Unione europea vigenti in materia di «servizio di interesse economico generale» (SIEG), direttamente applicabili nell’ordinamento italiano, a séguito dell’abrogazione, con referendum popolare, dell’art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, riguardante, in particolare, le forme di gestione dei servizi pubblici locali (SPL) di rilevanza economica; b) l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., perché, pur avendo rango di fonte legislativa regionale, statuisce nelle materie tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente, riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Con riguardo alla censura sub a), l’Avvocatura generale dello Stato premette che il SII costituisce un «servizio pubblico locale» (SPL) di rilevanza economica e, quindi, rientra nella nozione (caratteristica del diritto dell’Unione europea) di SIEG, che, in base all’art. 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), è soggetto alle regole di concorrenza fissate nei trattati dell’Unione e, in particolare, alla regola dell’affidamento della sua gestione a terzi mediante gara ad evidenza pubblica, salvo che lo Stato membro ritenga che l’applicazione di tali regole possa ostacolare la «speciale missione» attribuita al servizio dall’ordinamento giuridico (vengono citate le sentenze della Corte costituzionale n. 187 del 2011, n. 325 del 2010, n. 246 del 2009 e le sentenze della Corte di giustizia UE 10 settembre 2009, in causa C-573/07, Sea s.r.l., e 11 gennaio 2005, in causa C-26/03, Stadt Halle, punti 48 e 49). Da tale premessa e dalla conseguente «natura derogatoria ed eccezionale degli affidamenti» della gestione dei SIEG, mediante l’in house providing, «ad aziende pubbliche controllate», l’Avvocatura fa derivare la necessità che tali eccezionali affidamenti avvengano «mediante provvedimenti suscettibili di controllo giurisdizionale e sorretti da congrua e logica motivazione sulle ragioni che giustificano una tale scelta, secondo canoni di ragionevolezza, di proporzionalità e di adeguatezza». Ne segue, per il ricorrente, che la disposizione denunciata, individuando mediante non un atto amministrativo, ma un atto legislativo – cioè con un atto di volontà politica, per sua natura privo di una formale motivazione – il soggetto affidatario della gestione del SII, impedisce il sindacato giurisdizionale sulla correttezza delle ragioni che giustificano la deroga all’ordinaria regola pro concorrenziale, posta dal diritto dell’Unione, di affidamento mediante gara ad evidenza pubblica.
Con riguardo alla censura sub b), il ricorrente
osserva che l’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio
2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), convertito,
con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n.
2.2. – È impugnato anche l’art. 5 della stessa legge reg. Puglia n. 11 del 2011, il quale istituisce l’Azienda pubblica regionale «Acquedotto pugliese (AQP)» e stabilisce il subentro di tale azienda nel patrimonio e nei rapporti della s.p.a. Acquedotto pugliese, a suo tempo costituita, quale successore nei rapporti del disciolto «Ente autonomo per l’acquedotto pugliese», con d.lgs. 11 maggio 1999, n. 141 (Trasformazione dell’Ente autonomo acquedotto pugliese in società per azioni, a norma dell’articolo 11, comma 1, lettera b, della legge 15 marzo 1997, n. 59).
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, tale disposizione, pur non incidendo formalmente sulla normativa statale e pur non provocando l’estinzione della s.p.a. Acquedotto pugliese (operante, in forza di detto decreto legislativo, fino al 31 dicembre 2018, per l’esercizio delle attività di captazione, adduzione, potabilizzazione, distribuzione di acqua ad usi civili, nonché di fognatura e depurazione delle acque reflue, cioè per l’esercizio delle attività in cui si articola il SII), víola ugualmente l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., perché finisce «per privare di qualsiasi funzione la società» e, quindi, «per svuotare di qualsiasi efficacia» il predetto decreto legislativo, dettato in materie ascrivibili alla tutela della concorrenza ed alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, appartenenti alla sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
2.3.– In base al parimenti impugnato comma 1 dell’art. 9 della medesima legge reg. Puglia n. 11 del 2011, «Il personale in servizio presso l’Acquedotto pugliese S.p.A. alla data di costituzione dell’AQP transita nell’organico dell’AQP alla data della costituzione della medesima, conservando tutti i diritti giuridici ed economici acquisiti, senza ulteriori e maggiori oneri. Nell’attuazione di tale progetto sono assicurate le relazioni sindacali».
Ad avviso del
ricorrente, la suddetta disposizione, nel prevedere il trasferimento del
personale dalla s.p.a. Acquedotto pugliese all’Azienda pubblica regionale AQP,
a prescindere dalla circostanza che il personale sia inquadrato nel comparto
pubblico con procedura selettiva concorsuale, víola:
a) l’art. 3 Cost., perché irragionevolmente consente al solo personale in
servizio presso la s.p.a. Acquedotto pugliese di essere inquadrato nei ruoli
dell’AQP, prescindendo dalla regola della selezione concorsuale che si impone
invece per la generalità dei pubblici dipendenti; b) l’art. 51 Cost., perché,
privilegiando il personale già in servizio presso la s.p.a. Acquedotto pugliese
rispetto ad altri possibili aspiranti all’assunzione presso l’AQP, non permette
a tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici in condizioni di
eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge; c) l’art. 97, terzo
comma, Cost., perché il generalizzato ed automatico inquadramento di tutti i
dipendenti in servizio presso la s.p.a. Acquedotto pugliese nei ruoli dell’AQP
contrasta con la regola di accesso agli impieghi pubblici tramite concorso
pubblico, posta a tutela non solo dei potenziali aspiranti, ma anche
dell’interesse pubblico alla scelta dei candidati migliori, nonché
all’imparzialità ed al buon andamento della pubblica amministrazione (vengono
citate le sentenze della Corte costituzionale n. 52 del 2011;
n. 81 del 2006;
n. 159 del 2005;
n. 205 e n. 34 del 2004);
d) l’art. 117, terzo comma, Cost., perché si pone in contrasto con l’art. 17,
commi da
3.– Nel
giudizio di cui al ricorso n. 83 del 2011 si è costituita
3.1.– Con
riferimento all’impugnato comma 1 dell’art. 2 della legge reg. Puglia n. 11 del
2011, la difesa della resistente eccepisce l’inammissibilità della censura
prospettata, perché il ricorrente non ha esperito alcun tentativo di fornire
una interpretazione secundum Constitutionem della disposizione denunciata
(vengono richiamate le pronunce della Corte costituzionale n. 177 del 2006;
n. 89 del 2005;
n. 356 del 1996).
3.2.– Con riferimento alle censure relative all’art. 5 della legge reg. Puglia n. 11 del 2011, istitutivo dell’Azienda pubblica regionale «Acquedotto pugliese (AQP)», la difesa della resistente osserva che la trasformazione in società per azioni dell’Ente autonomo per l’acquedotto pugliese era stata disposta dal d.lgs. n. 141 del 1999 ben prima della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione ed a fini non già di tutela della concorrenza e dell’ambiente, ma solo di riordino degli enti pubblici nazionali (ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera b, della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa»), per favorire la privatizzazione, evitare aggravi per la finanza pubblica, favorire il riassetto funzionale ed organizzativo, migliorare l’efficienza della gestione (ai sensi dell’art. 1, comma 83, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica»), cosí da incidere, se mai, nella materia, di competenza legislativa concorrente, armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost., nel testo vigente). Il rispetto, da parte della Regione, dei princípi fondamentali posti dalla legislazione statale nelle suddette materie di competenza legislativa concorrente fa concludere la resistente per l’inammissibilità o la non fondatezza della questione in esame.
3.3.– Con riferimento, infine, all’art.
9 della legge reg. Puglia n. 11 del 2011, la difesa della resistente afferma
che è intenzione della Giunta regionale di modificare tale disposizione «in
senso aderente alla giurisprudenza costituzionale formatasi sull’art. 97, comma
terzo, della Costituzione», al fine di far venir meno l’interesse dello Stato
al ricorso.
Considerato in diritto
1.− Con il ricorso n. 81 del 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso due questioni principali di legittimità costituzionale aventi ad oggetto, la prima, l’art. 5, comma 6, lettera g), della legge della Regione Puglia 30 maggio 2011, n. 9 (Istituzione dell’Autorità idrica pugliese); la seconda, l’art. 11, comma 1, della stessa legge.
Con il ricorso n. 83 del 2001, il medesimo ricorrente ha promosso tre questioni principali di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11 (Gestione del servizio idrico integrato. Costituzione dell’Azienda pubblica regionale "Acquedotto pugliese – AQP”), aventi ad oggetto, rispettivamente, l’art. 2, comma 1, l’art. 5 e l’art. 9, comma 1, di tale legge.
Il Presidente della Corte costituzionale ha successivamente disposto il rinvio della trattazione della questione riguardante l’art. 11, comma 1, della legge reg. n. 9 del 2011, promossa con il ricorso n. 81 del 2011. Ne deriva che il thema decidendum è limitato alla questione riguardante l’art. 5, comma 6, lettera g), della legge reg. Puglia n. 9 del 2011, promossa con il ricorso n. 81 del 2011, ed a quelle promosse con il ricorso n. 83 del 2011.
Cosí precisato l’oggetto del decidere, va ulteriormente rilevato che le questioni da esaminare riguardano leggi della Regione Puglia in tema di servizio idrico integrato (SII). L’identità del tema e delle parti ricorrenti e resistenti (Stato e Regione Puglia) rende opportuna la riunione dei giudizi, affinché questi siano congiuntamente trattati e decisi.
2.− La questione promossa con il
ricorso n. 81 del
In ordine alla questione deve essere
dichiarata la cessazione della materia del contendere. Dopo la proposizione del
ricorso, il comma 1 dell’art. 2 della legge della Regione Puglia 13 ottobre
2011, n. 27 (Modifiche alla legge regionale 30 maggio 2011, n. 9 – Istituzione
dell’Autorità idrica pugliese), pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione Puglia n. 165 del 21 ottobre 2011 ed entrata in vigore il giorno
stesso della pubblicazione, ha soppresso la disposizione impugnata, la quale è
rimasta in vigore, pertanto, soltanto dal 3 giugno 2011 al 21 ottobre dello
stesso anno. Durante tale periodo di vigenza non risulta predisposta, da parte
del Direttore generale dell’Autorità idrica pugliese, alcuna convenzione tipo
diretta a disciplinare i rapporti tra Autorità d’àmbito
e gestori del servizio idrico integrato. Ne deriva che l’abrogazione disposta
dal citato ius superveniens
è idonea a superare le censure prospettate dal ricorrente ed è intervenuta
quando la norma abrogata non aveva ancora avuto applicazione. Di qui la
cessazione della materia del contendere.
3.− Con la prima questione
promossa con il ricorso n. 83 del 2011 viene impugnato l’art. 2, comma 1, della
legge reg. Puglia n. 11 del 2011, pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione Puglia n. 96 del 20 giugno 2011 ed entrata in vigore il 5 luglio
Per il ricorrente, tale comma víola, in primo luogo, l’art. 117, primo comma,
Cost., perché si pone in contrasto con i princípi del
diritto dell’Unione europea vigenti in materia di «servizio di interesse
economico generale» (SIEG), che sono direttamente applicabili nell’ordinamento
italiano a séguito dell’abrogazione, con referendum popolare, dell’art. 23-bis
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, riguardante, in particolare, le forme di
gestione dei SPL di rilevanza economica. Secondo la difesa dello Stato, detto
parametro è violato in base alle seguenti considerazioni: a) il servizio idrico
integrato (SII) costituisce un «servizio pubblico locale» (SPL) di rilevanza
economica e, quindi, rientra nella nozione (caratteristica del diritto
dell’Unione europea) di SIEG, che, in base all’art. 106 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (TFUE), è soggetto alle regole di concorrenza
fissate nei trattati dell’Unione e, quindi, alla regola dell’affidamento della
sua gestione a terzi mediante gara ad evidenza pubblica, salvo che lo Stato
membro ritenga che l’applicazione di tali regole possa ostacolare la «speciale
missione» attribuita al servizio dall’ordinamento giuridico; b) la conseguente
«natura derogatoria ed eccezionale degli affidamenti» della gestione dei SIEG,
mediante l’in house providing, «ad aziende
pubbliche controllate», esige che tali eccezionali affidamenti avvengano
«mediante provvedimenti suscettibili di controllo giurisdizionale e sorretti da
congrua e logica motivazione sulle ragioni che giustificano una tale scelta,
secondo canoni di ragionevolezza, di proporzionalità e di adeguatezza»; c) la
disposizione denunciata, individuando mediante non un atto amministrativo ma un
atto legislativo – cioè mediante un atto di volontà politica, per sua
natura privo di una formale motivazione – il soggetto affidatario della
gestione del SII, impedisce il sindacato giurisdizionale sulla correttezza
delle ragioni che giustificano la deroga all’ordinaria regola pro
concorrenziale, posta dal diritto dell’Unione, di affidamento mediante gara ad
evidenza pubblica. In secondo luogo, viene dedotta la violazione dell’art. 117,
secondo comma, lettere e) ed s), Cost., perché la disposizione
impugnata, pur avendo rango di fonte legislativa regionale, statuisce nelle
materie tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente, riservate alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto affida la gestione del
SII, direttamente ed a tempo indeterminato, ad uno specifico ente regionale,
tanto da porsi in contrasto con il vigente comma 186-bis dell’art. 2
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), in base
al quale le Regioni debbono limitarsi ad individuare con legge gli enti e gli
organi ai quali devolvere le funzioni già esercitate dalle AATO (Autorità d’àmbito territoriale ottimale) ed ai quali soltanto spetta
il cómpito di determinare in via amministrativa le
forme della gestione e le modalità di affidamento del SII, ferma restando –
attenendo alle indicate materie tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente
− la competenza legislativa esclusiva statale ad individuare le suddette
funzioni ed a disciplinarne l’esercizio.
La questione è fondata in riferimento all’evocato
art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., assorbito ogni
altro profilo.
3.1.– Al riguardo,
L’eccezione non può essere accolta sia
perché nel giudizio di legittimità costituzionale promosso in via principale il
ricorrente – a differenza del giudice rimettente nell’incidente di
costituzionalità – non ha l’onere di esperire, a pena di inammissibilità della
questione, un tentativo di interpretazione conforme a Costituzione della
disposizione impugnata, sia perché il denunciato art. 2, comma 1, della legge
reg. n. 11 del 2011 non è interpretabile nel senso indicato dalla Regione.
Sotto il primo aspetto, è sufficiente
ricordare che, per costante giurisprudenza di questa Corte, la questione di
legittimità costituzionale promossa in via principale, pur non potendo avere
per oggetto la definizione di un mero contrasto sulla interpretazione della
norma (sentenza
n. 19 del 1956), è ammissibile anche quando la richiesta di
dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma di legge,
accompagnata dall’indicazione del vizio denunciato, sia prospettata in base
alla tesi interpretativa prescelta dal ricorrente (ex multis,
sentenze n. 412
del 2001; n.
244 del 1997 e n. 482 del 1991),
senza il previo esperimento del tentativo di giungere ad una interpretazione
alternativa, idonea a superare i dubbi di costituzionalità. Questa conclusione
si giustifica in ragione della radicale differenza delle questioni promosse in
via principale rispetto a quelle sollevate in via incidentale: nelle prime è lo
stesso ricorrente (Stato o Regione), parte nel giudizio di costituzionalità, ad
avanzare una propria interpretazione della norma denunciata, con riferimento
all’astratta possibilità di applicazione della norma stessa; nelle seconde,
cioè in quelle sollevate in via incidentale, è il giudice rimettente a dover
fornire la dimostrazione della rilevanza del dubbio di costituzionalità, cioè
del fatto che, in concreto, il giudizio a quo «non possa essere definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità
costituzionale» (art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
recante «Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale») e quindi, in particolare, che il dubbio di costituzionalità
non possa essere risolto facendo uso degli strumenti interpretativi a
disposizione dell’autorità giurisdizionale. Solo per l’incidente di
costituzionalità dunque – e non per il giudizio di legittimità costituzionale
promosso in via di azione – è richiesto al rimettente, a pena di
inammissibilità della questione, un previo tentativo di interpretazione
conforme a Costituzione, nel senso che «la risoluzione dell’eventuale dubbio
interpretativo in ordine alla norma impugnata è lasciata alla preliminare
valutazione del rimettente, vuoi ai fini della richiesta motivazione sulla
rilevanza della questione di legittimità costituzionale nel giudizio a quo
vuoi in ossequio all’obbligo, pure posto a carico dello stesso giudice, della
interpretazione adeguatrice, ove possibile, alla
Costituzione» (citata sentenza n. 412 del
2001).
Sotto il secondo aspetto, va rilevato
che, contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, la legge regionale n.
11 del 2011 può essere interpretata solo nel senso che essa stessa provvede
all’affidamento diretto della gestione del SII all’AQP. Infatti detta legge,
nel disporre che la gestione del SII è affidata ad un’azienda pubblica
regionale con particolari caratteristiche e nell’istituire contestualmente una
specifica azienda con tali caratteristiche (a quanto consta, l’unica del
genere) con il fine di gestire il SII, individua proprio in tale azienda
(l’AQP) l’affidataria della gestione del servizio e – attraverso la
determinazione delle caratteristiche generali degli affidatari – anche le forme
di gestione utilizzabili, inibendo cosí all’Autorità
idrica pugliese di procedere alla scelta, previa valutazione comparativa delle
modalità di gestione e degli affidatari. In tal modo la legge reg. n. 11 del
2011 risulta incompatibile con il citato art. 2, comma 2, lettera f),
della legge reg. Puglia n. 9 del 2011 – secondo il quale è, invece, l’Autorità
idrica pugliese a provvedere all’affidamento della gestione del SII – e ne ha
perciò determinato, in quanto lex posterior incompatibile, l’abrogazione tacita.
3.2. – Nel merito, occorre sottolineare
che la disciplina dell’affidamento della gestione del SII attiene, come piú volte affermato da questa Corte, alle materie tutela
della concorrenza e tutela dell’ambiente, riservate alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 187 del 2011;
n. 128 del 2011;
n. 325 del 2010;
n. 142 del 2010;
n. 307 del 2009;
n. 246 del 2009).
Nella specie, anche dopo l’abrogazione referendaria dell’art. 23-bis del
decreto-legge n. 112 del 2008 (con effetto dal 21 luglio 2011, ad opera
dell’art. 1, commi 1 e 2, del d.P.R. 18 luglio 2011,
n. 113, recante «Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell’articolo
23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nel testo risultante a
seguito della sentenza
della Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalità di affidamento
e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica»), resta vigente
il disposto del terzo periodo del comma 186-bis dell’art. 2 della legge
n. 191 del 2009 (inserito dall’art. 1, comma 1-quinquies, del
decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge
26 marzo 2010, n. 42), in forza del quale alla legge regionale spetta soltanto
disporre l’attribuzione delle funzioni delle soppresse Autorità d’àmbito territoriale ottimale (AATO), «nel rispetto dei princípi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza»,
e non spetta, di conseguenza, provvedere direttamente all’esercizio di tali
funzioni affidando la gestione ad un soggetto determinato. Da ciò deriva, in
particolare, che, in base alla normativa statale, la legge regionale deve
limitarsi ad individuare l’ente od il soggetto che eserciti le competenze già
spettanti all’AATO e, quindi, anche la competenza di deliberare la forma di
gestione del servizio idrico integrato e di aggiudicare la gestione di detto servizio.
Queste funzioni, infatti, erano attribuite all’AATO dai commi 1 e 2 dell’art.
150 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), i quali
aggiungevano, rispettivamente, che la forma di gestione era deliberata «fra
quelle di cui all’articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267», recante «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali» (comma 1) e che l’aggiudicazione avveniva «mediante gara […] in
conformità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267 […]» (comma 2). Va precisato che la disciplina di cui ai
richiamati commi 5 e 7 dell’art. 113 è stata delegificata ed abrogata dal
combinato disposto dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008
(in quanto «incompatibili» con tale art. 23-bis) e dell’art. 12, comma
1, lettera a), del d.P.R. 7 settembre 2010, n.
168 (Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica,
a norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133)
e che, prima ancora, questa Corte, con sentenza n. 272 del
2004, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo e del
terzo periodo del comma 7. Tuttavia tale abrogazione e l’indicata dichiarazione
di illegittimità costituzionale hanno fatto venir meno soltanto il vincolo che
i due commi abrogati imponevano alle AATO (e, pertanto, anche ai successori di
queste, individuati con legge regionale) di adottare esclusivamente alcune
specifiche forme di gestione e di rispettare particolari criteri e, perciò, non
hanno soppresso la funzione propria delle AATO medesime di deliberare le forme
di gestione del SII e di aggiudicare tale gestione, nel rispetto dei princípi e delle disposizioni vigenti nel diritto
dell’Unione europea. In proposito, è appena il caso di sottolineare che i piú volte menzionati commi 5 e 7 dell’art. 113 del d.lgs.
n. 267 del 2000 non hanno ripreso vigore a séguito della dichiarazione
dell’avvenuta abrogazione dell’intero art. 23-bis del decreto-legge n.
112 del 2008 per effetto dell’esito del referendum indetto con d.P.R. 23 marzo 2011. Come questa Corte ha piú volte affermato, infatti, dall’abrogazione referendaria
dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, non consegue la
reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo (sentenze n. 320 e n. 24 del 2011;
sull’esclusione, di regola, dell’effetto retroattivo dell’abrogazione
referendaria, ordinanza
n. 48 del 2012).
Nella specie, la norma regionale
impugnata si pone in contrasto con la suddetta normativa statale, perché –
disponendo che la gestione del SII è affidata ad un’azienda pubblica regionale
avente determinate caratteristiche – da un lato esclude che l’ente regionale
successore delle competenze dell’AATO (ossia l’Autorità idrica pugliese)
deliberi con un proprio atto le forme di gestione del SII e provveda
all’aggiudicazione della gestione del servizio al soggetto affidatario e
dall’altro, con disposizione che tiene luogo di un provvedimento, stabilisce
essa stessa che il SII sia affidato ad un’azienda pubblica regionale, da
identificarsi necessariamente nell’unica (a quanto consta) azienda pubblica
regionale istituita al fine di detta gestione, cioè nell’azienda denominata
«Acquedotto pugliese – AQP», prevista dalla medesima legge reg. Puglia n. 11
del 2011 (artt. da
4.− La seconda questione promossa
con il ricorso n. 83 del
La questione è fondata.
Va premesso, al riguardo, che la
normativa regionale denunciata deve essere valutata in riferimento al quadro
costituzionale vigente al momento della sua emanazione, cioè a quello
successivo alla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, e non
(come invece pare adombrare la resistente Regione Puglia) alle norme
costituzionali esistenti al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 141
del 1999, il quale ha direttamente costituito la s.p.a. Acquedotto pugliese, il
cui patrimonio ed i cui rapporti sono oggetto del censurato "subentro” in
favore dell’AQP. Di qui la pertinenza dei parametri costituzionali evocati dal
ricorrente.
Ciò posto, non è dubbio che detta normativa
regionale incide sul patrimonio e sui rapporti attivi e passivi di una società
per azioni costituita con legge statale; società nel cui oggetto sociale
rientra la «gestione del ciclo integrato dell’acqua» e che è destinata ad
operare (in base al citato d.lgs. n. 141 del 1999) almeno fino al 31 dicembre
5.− La terza questione promossa
con il ricorso n. 83 del
Anche tale questione è fondata.
La normativa impugnata dispone un
generale ed automatico transito del personale di una persona giuridica di
diritto privato, la s.p.a. Acquedotto pugliese, nell’organico di un soggetto
pubblico regionale, l’Azienda pubblica regionale denominata AQP, senza il
previo espletamento di alcuna procedura selettiva. Le modalità di tale transito
costituiscono, pertanto, una palese deroga al principio del concorso pubblico,
al quale debbono conformarsi − come piú volte
affermato da questa Corte – le procedure di assunzione del personale delle
pubbliche amministrazioni (ex plurimis, sentenza n. 190 del
2005). Il mancato ricorso a tale forma generale e ordinaria di reclutamento
del personale della pubblica amministrazione non trova, nella specie, alcuna
peculiare e straordinaria ragione giustificatrice (che non risulta dal testo
della legge regionale, non è indicata dalla Regione resistente e, allo stato
degli atti, neppure appare ricavabile aliunde),
tanto da risolversi in un privilegio indebito per i soggetti che possono
beneficiare della norma impugnata (sulla necessità che le eccezioni alla regola
di cui all’art. 97 Cost. rispondano a peculiari e straordinarie esigenze di
servizio, ex plurimis, sentenze n. 363, n. 205 e n. 81 del 2006).
Risulta, dunque, violato l’art. 97 Cost. Le ulteriori censure restano
assorbite.
per questi motivi
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, dell’art. 5 e dell’art. 9, comma 1, della legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11 (Gestione del servizio idrico integrato. Costituzione dell’Azienda pubblica regionale "Acquedotto pugliese – AQP”), oggetto delle questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 83 del 2011, indicato in epigrafe;
2) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, lettera g), della legge della Regione Puglia 30 maggio 2011, n. 9 (Istituzione dell’Autorità idrica pugliese), promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, con il ricorso n. 81 del 2011, indicato in epigrafe.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo
2012.
F.to:
Depositata in