Sentenza n. 271 del 2008

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SENTENZA N. 271

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                 BILE                                      Presidente

- Giovanni Maria   FLICK                                                 Giudice     

- Francesco            AMIRANTE                                 "

- Ugo                     DE SIERVO                                 "

- Paolo                    MADDALENA                            "

- Alfio                    FINOCCHIARO                          "

- Alfonso               QUARANTA                               "

- Franco                 GALLO                                        "

- Luigi                    MAZZELLA                                "

- Gaetano               SILVESTRI                                  "

- Sabino                 CASSESE                                     "

- Maria Rita           SAULLE                                      "

- Giuseppe             TESAURO                                   "

- Paolo Maria         NAPOLITANO                            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 13 della legge della Regione Liguria 3 aprile 2007, n. 15 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Liguria – Legge finanziaria 2007), promossi con n. 5 ordinanze del 15 novembre 2007 dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria rispettivamente iscritte ai nn. da 79 a 83 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visti gli atti di costituzione della Società Astra Zeneca s.p.a. ed altra, della Farmindustria – Associazione delle imprese del farmaco, della Janssen Cilag s.p.a. e della Malesci – Istituto Farmacobiologico s.p.a. e della Regione Liguria;

udito nell’udienza pubblica del 10 giugno 2008 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari per la Società Astra Zeneca s.p.a. ed altra, Giuseppe Franco Ferrari e Diego Vaiano per la Farmindustria – Associazione delle imprese del farmaco, Antonio Romei per la Janssen Cilag s.p.a., Diego Vaiano per la Malesci – Istituto Farmacobiologico s.p.a. e Giuseppe Morbidelli per la Regione Liguria.

Ritenuto in fatto

1. – Con cinque ordinanze del 15 novembre 2007 (r.o. nn. 79, 80, 81, 82 e 83 del 2008), di contenuto pressoché identico, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6 (recte:13) della legge della Regione Liguria 3 aprile 2007, n. 15 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Liguria – Legge finanziaria 2007), in riferimento agli artt. 3, 24, 32, 113 e 117, comma secondo, lettera m), e comma terzo, della Costituzione.

1.1. – La vicenda ha origine dai ricorsi presentati da alcune società farmaceutiche avverso alcuni provvedimenti amministrativi della Regione Liguria che, al fine di contenere la spesa sanitaria complessiva, hanno individuato una categoria terapeutica omogenea di farmaci (quella degli inibitori di pompa protonica), in ordine alla quale, sul presupposto della sostanziale equipollenza tra i farmaci appartenenti a tale categoria, la spesa addebitabile a carico del servizio sanitario regionale è stata limitata al costo del farmaco cosiddetto generico. A tali atti (e, principalmente, alla deliberazione della Giunta regionale della Liguria 29 dicembre 2006, n. 1666) sono state mosse censure concernenti la violazione di norme costituzionali e legislative, nonché l’eccesso di potere sotto diversi profili.

Il rimettente ha disposto, con ordinanza cautelare dell’8 marzo 2007, la sospensione dell’efficacia degli atti impugnati, in specie sotto il dedotto profilo della insufficienza istruttoria effettuata dall’amministrazione regionale in merito alla effettiva equivalenza tra il farmaco generico ed i restanti farmaci presenti nella relativa categoria terapeutica.

Successivamente, è intervenuta la legge regionale n. 15 del 2007, il cui art. 13 stabilisce che, «ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 18 settembre 2001 n. 347, convertito in legge 16 novembre 2001 n. 405 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), del parere espresso dalla Commissione tecnico scientifica dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in data 20 febbraio 2007 ed ai fini del rispetto degli impegni assunti con l’accordo 6 marzo 2007 con il Ministero della salute e con il Ministero dell’economia e delle finanze, relativamente agli interventi per il contenimento della spesa farmaceutica, per quanto concerne la categoria terapeutica degli inibitori di pompa protonica, è posto a carico del Servizio sanitario solo il costo del farmaco generico incluso in tale categoria terapeutica, salvo le deroghe previste con provvedimenti amministrativi. La Giunta regionale può altresì derogare dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo in presenza di atti nazionali o regionali finalizzati a garantire i medesimi effetti economici».

La delibera attuativa di tale disposizione è stata oggetto di ricorso per motivi aggiunti con i quali sono stati dedotti anche vizi specifici, contestandosi pure la legittimità costituzionale del sistema derivante dalla norma regionale.

Il giudice a quo riferisce di essersi nuovamente pronunciato in sede cautelare, disponendo l’acquisizione, presso l’Agenzia italiana del farmaco, dell’atto col quale la commissione consultiva tecnico scientifica avrebbe espresso parere favorevole in ordine all’applicazione delle condizioni di cui all’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001. Con la medesima ordinanza è stata sospesa l’esecuzione del provvedimento attuativo impugnato con i motivi aggiunti.

1.2. – In punto di rilevanza, il rimettente osserva che, in caso di accoglimento della questione di costituzionalità, deriverebbero effetti immediati e diretti sull’atto attuativo gravato dai motivi aggiunti, che verrebbe a perdere il proprio parametro normativo di riferimento. D’altro canto, a fronte della eventuale caducazione della legge regionale e del suo atto applicativo, permarrebbe l’interesse alla decisione del ricorso principale avente per oggetto la delibera originaria, la quale riprenderebbe efficacia, non essendo stata annullata ma unicamente sospesa.

1.3.1. – Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo procede ad una ricostruzione del quadro normativo in cui si inserisce la censurata disposizione legislativa regionale.

Ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione rientra nella competenza legislativa esclusiva statale la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ed in quella concorrente la materia della tutela della salute (art. 117, terzo comma). La tutela dei diritti fondamentali in materia sanitaria sarebbe quindi affidata contestualmente allo Stato ed alle Regioni, secondo il noto schema per cui il primo detta i princípi fondamentali e le seconde le norme di attuazione.

Sul piano della legislazione ordinaria, il Tribunale rimettente richiama l’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001. Detta disposizione, per un verso, demanda ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione dei livelli essenziali di assistenza e, per un altro verso, rimette ad un provvedimento della Commissione unica del farmaco l’individuazione dei farmaci che, in relazione al loro ruolo non essenziale, alla presenza fra i medicinali concedibili di prodotti aventi attività terapeutica sovrapponibile secondo il criterio delle categorie terapeutiche omogenee, possono essere totalmente o parzialmente esclusi dalla rimborsabilità (comma 1).

Lo stesso art. 6, comma 2, poi, prevede che la totale o parziale esclusione dalla rimborsabilità dei farmaci di cui al comma 1 è disposta, anche con provvedimento amministrativo della Regione, tenuto conto dell’andamento della propria spesa farmaceutica rispetto al tetto di spesa programmato. Inoltre si ricorda che sono intervenuti rispettivamente il d.P.C.m. 29 novembre 2001, recante la definizione dei livelli essenziali di assistenza in cui rientra anche quella farmaceutica erogata attraverso le farmacie territoriali per la fornitura di specialità medicinali e prodotti galenici classificati in classe A, nonché il decreto della Commissione unica del farmaco datato 4 dicembre 2001 (peraltro successivamente abrogato).

Secondo il rimettente, il meccanismo di cui all’art. 6, comma 2, risulta in parte superato in virtù del successivo art. 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326. Tale disposizione ha istituito l’Agenzia italiana del farmaco, con effetto dal 1° gennaio 2004, al fine di garantire l’unitarietà delle attività in materia di farmaceutica oltre che di favorire in Italia gli investimenti in ricerca e sviluppo. Tra i compiti di tale organismo viene individuato espressamente quello di «provvedere […] a redigere l’elenco dei farmaci rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, sulla base dei criteri di costo e di efficacia in modo da assicurare, su base annua, il rispetto dei livelli di spesa programmata nei vigenti documenti contabili di finanza pubblica» e di «procedere in caso di superamento del tetto di spesa di cui al comma 1 […] a ridefinire, anche temporaneamente, nella misura del 60 per cento del superamento, la quota di spettanza al produttore». (comma 5, lettere c) ed f).

Nelle ordinanze di rinvio si rammenta che, ai sensi dell’art. 1, comma 796, lettera l), numero 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), in caso di superamento del tetto di spesa indicato, «le regioni interessate, in alternativa alla predetta applicazione di una quota fissa per confezione, possono adottare anche diverse misure regionali di contenimento della spesa farmaceutica convenzionata, purché di importo adeguato a garantire l’integrale contenimento del 40 per cento».

1.3.2. – Nel descritto quadro normativo nazionale si inscrive la censurata disposizione legislativa  regionale.

Prendendo le mosse dalla parte motiva, per il giudice a quo la censurata disposizione disattenderebbe l’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 nella parte in cui consente il descritto meccanismo di cui al comma 2 solo per i farmaci non essenziali, tra i quali quindi non rientrerebbero quelli di fascia A, fra i quali sono gli inibitori della pompa protonica in oggetto.

La Regione avrebbe fondato l’applicabilità del descritto meccanismo normativo in base alla ritenuta esclusione dell’essenzialità dei farmaci in questione, statuita dall’Agenzia italiana del farmaco con l’atto richiamato. Peraltro l’atto indicato nella norma regionale avrebbe solo valore procedimentale e prodromico rispetto al necessario atto conclusivo del procedimento. In altri termini, alla data di entrata in vigore della impugnata disposizione sarebbe intervenuto solo un mero parere.

Secondo il rimettente, poi, l’amministrazione regionale sarebbe «caduta in errore» allorquando, dopo aver finalmente preso cognizione di tale atto (in epoca successiva all’approvazione della norma), ha ritenuto di poter trarre l’indicazione sulla certezza della equivalenza tra i farmaci estrapolando una singola frase del parere.

Per il rimettente, invece, la contestata disposizione non appare compatibile con i parametri legislativi nazionali che, sul punto, assumono evidente rilievo in termini di determinazione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, per cui l’esclusione dalla piena rimborsabilità presuppone una valutazione dell’Agenzia italiana del farmaco avente carattere di provvedimento efficace adottato dall’organo competente, mentre nel caso di specie sarebbe intervenuto in epoca successiva all’approvazione della norma regionale.

Al riguardo, il giudice a quo deduce altresì la violazione del principio di eguaglianza, in quanto il provvedimento della suddetta Agenzia ha approvato l’allineamento del prezzo di rimborso dei farmaci in oggetto reputando necessario assicurare sull’intero territorio nazionale la unitarietà prescrittiva e la disponibilità a carico del Servizio sanitario nazionale della categoria omogenea degli inibitori di pompa.

1.3.3. – Nell’ordinanza di rimessione si prospetta anche la violazione dei princípi costituzionali di ragionevolezza, eguaglianza e tutela della salute. La disposizione oggetto di censura attribuirebbe, infatti, in termini generici, una «delega in bianco agli organi amministrativi per la deroga alla disposizione, senza l’individuazione di alcun criterio o parametro per l’esercizio di tale potere di deroga». D’altro canto, l’asserita violazione dei princípi di ragionevolezza e di eguaglianza affiorerebbe altresì dalla natura di legge-provvedimento della norma regionale censurata, «essendo la stessa produttiva di effetti nei confronti di destinatari chiaramente individuabili, aziende farmaceutiche ricorrenti e pazienti che necessitano di tale farmaco, con la conseguenza che si impone uno scrutinio rigoroso di legittimità costituzionale per il pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare o derogatorio, anche territoriale, oltre che in termini di ragionevolezza».

1.3.4. – Per il giudice rimettente, la censurata disposizione violerebbe altresì gli artt. 24 e 113 della Costituzione, «in quanto la norma provvedimento risulta approvata dalla regione all’evidente fine di riproporre in via legislativa un atto amministrativo i cui effetti risultano essere stati sospesi in via cautelare nella naturale sede giurisdizionale». Il rimettente, a questo proposito, paventa anche i rischi di elusione della tutela assicurata in termini di principio fondamentale dalle norme costituzionali evocate, a séguito del sempre maggior ricorso, in ambito regionale, alle leggi-provvedimento in pendenza di giudizi ed al fine di superare provvedimenti giurisdizionali.

2. – E’ intervenuto nel presente giudizio il Presidente della Giunta della Regione Liguria, che ha sostenuto la inammissibilità e, comunque, l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale.

2.1. – In via preliminare, la difesa regionale evidenzia le finalità sottese alla disposizione censurata.

A fronte del superamento del tetto di spesa, negli anni 2005 e 2006, in ordine all’assistenza farmaceutica, la Regione Liguria ha adottato una serie di misure: in particolare, è stato incentivato il ricorso ai farmaci equivalenti. Proprio in relazione agli inibitori di pompa protonica, malgrado la presenza di un principio attivo a brevetto scaduto, si è registrata una tendenza a prescrivere farmaci più costosi a fronte di una sostanziale equivalenza terapeutica. Pertanto, la Regione Liguria, con l’impugnata delibera di Giunta n. 1666 del 2006, ha posto a carico del Servizio sanitario nazionale il solo costo del farmaco generico, salvi i casi di specifica prescrizione medica attestante l’insostituibilità.

Una volta disposta, da parte del Tribunale rimettente, la sospensione della predetta delibera, la Regione Liguria ha costituito un apposito gruppo tecnico, che ha confermato la sostanziale equivalenza di efficacia terapeutica dei vari inibitori. La congruità della misura disposta in ambito regionale è stata positivamente vagliata dall’Agenzia italiana del farmaco, la quale ha espresso parere favorevole a che le condizioni previste dall’art. 6, comma 1, del decreto-legge n. 347 del 2001 fossero applicate «esclusivamente alla categoria degli inibitori di pompa». Oltre al parere della suddetta Agenzia, il contestato intervento legislativo si basa anche sull’accordo nel frattempo intervenuto tra i Ministeri dell’economia e delle finanze, e della salute, del 6 marzo 2007, accordo finalizzato all’approvazione del Piano di rientro e di individuazione degli interventi per il perseguimento dell’equilibrio economico ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005). In questo accordo si legge che «il potenziamento dell’utilizzo di farmaci generici è un obiettivo imprescindibile, per ricondurre la spesa farmaceutica all’interno delle percentuali del 13% e del 16% della spesa sanitaria» e che «uno degli esempi più significativi è quello della categoria degli inibitori di pompa acida».

2.2. – Quanto alle specifiche censure, la difesa regionale obietta che l’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001, al primo comma, attribuisce (ora) all’Agenzia italiana del farmaco l’identificazione dei farmaci che, in presenza di altri prodotti provvisti di efficacia terapeutica sovrapponibile purché appartenenti alla medesima categoria, possono essere totalmente o parzialmente esclusi dalla rimborsabilità a carico del Servizio sanitario nazionale, e, al secondo comma, riconosce alle stesse Regioni tale facoltà di esclusione in relazione ai farmaci (rispetto il cui ruolo essenziale) non sia stato riconosciuto dalla predetta Agenzia: «vi è quindi una valutazione a livello centrale, che accerta l’osservanza del livello minimo di prestazioni». Nel caso di specie, la stessa Agenzia ha espresso un parere favorevole circa le limitazioni introdotte in àmbito regionale alla rimborsabilità dei farmaci qui considerati.

Sicché – a detta della Regione interveniente – cadrebbero anche le doglianze basate sulla pretesa violazione dell’art. 32 Cost., anche alla luce di alcune pronunce rese dai giudici amministrativi che hanno escluso la compromissione del diritto alla salute in caso di preferenza accordata al farmaco meno costoso.

Per quanto concerne la dedotta illegittima configurazione, da parte del legislatore regionale, del potere di deroga ivi contemplato, che non sarebbe assistito da idonei criteri direttivi, la difesa regionale replica sottolineando che, a fronte di valutazioni eminentemente tecniche, la genericità della previsione in oggetto è la conseguenza della eterogeneità delle ipotesi che si possono, in concreto, delineare.

La Regione interveniente, infine, nega la natura asseritamente provvedimentale della censurata disciplina, attesa la sua portata generale e astratta. D’altronde – conclude la difesa regionale – l’unico limite del giudicato non risulterebbe superato, trattandosi di contenzioso ancora in corso.

3. – Si sono costituite nel presente giudizio di legittimità costituzionale quattro società farmaceutiche (che erano) parti nei giudizi a quibus, nonché la Farmindustria-Associazione delle imprese del farmaco, (che era) intervenuta ad adiuvandum in uno di questi giudizi.

3.1. – Nel merito, la Astra Zeneca s.p.a. e la Bracco s.p.a. contestano la competenza della Regione Liguria ad escludere, sia pure parzialmente, dal regime di rimborsabilità assicurato a livello nazionale farmaci che siano classificati dall’Agenzia italiana del farmaco in fascia A e che, come tali, rientrano tra i livelli essenziali di assistenza, con conseguente violazione degli artt. 3, 32 e 117 Cost.

Per la difesa di queste società, all’Agenzia italiana del farmaco «è devoluta una competenza esclusiva in punto di valutazione ed approvazione dei farmaci e ad essa sola spetta stabilire le categorie di rimborsabilità dei medesimi». Sicché, una volta ricondotto un farmaco tra i medicinali di fascia A, trattandosi di farmaci ascrivibili ex lege ai livelli essenziali di assistenza, esso non può formare oggetto di alcun intervento limitativo regionale.

Pertanto, l’art. 117 Cost. non ammette alcuna disciplina regionale differenziata quanto ai livelli essenziali di assistenza, giacché la discrezionalità di cui dispongono le Regioni può esprimersi sul piano meramente organizzativo. Né l’art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 347 del 2001 potrebbe giustificare l’intervento legislativo regionale, dal momento che la possibilità di escludere, in tutto o in parte, la rimborsabilità è circoscritta ai farmaci aventi un ruolo non essenziale o sovrapponibili. D’altro canto, il legislatore statale, con il decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 29 novembre 2007, n. 222, ha inserito, nel testo del succitato art. 6, un comma 2-bis, il quale sancisce la nullità dei provvedimenti regionali di cui al comma 2, assunti in difformità da quanto deliberato, ai sensi del comma 1, dalla Commissione unica del farmaco o, successivamente alla istituzione dell’Agenzia, dalla Commissione consultiva tecnico-scientifica, fatte salve eventuali ratifiche adottate dall’Agenzia medesima antecedentemente al 1° ottobre 2007.

Nel caso di specie, l’Agenzia non ha ratificato le misure limitative disposte dalla Regione Liguria.

In definitiva, nel settore farmaceutico la legislazione nazionale, come si evince dalla stessa giurisprudenza costituzionale, rifletterebbe l’esigenza di una disciplina necessariamente uniforme, potendo le Regioni semmai prevedere ulteriori prestazioni o servizi, facendovi fronte con risorse proprie.

Né la legittimazione della contestata determinazione legislativa potrebbe derivare dalla volontà di contenere in tal modo la spesa pubblica. Infatti, l’individuazione in sede nazionale dei livelli essenziali di assistenza ha già avuto luogo in applicazione del principio di economicità. Spetta solo all’Agenzia italiana del farmaco il compito di monitorare il consumo e la spesa farmaceutica e di intervenire su quest’ultima in caso di superamento del tetto di spesa.

3.2. – La violazione degli artt. 3, 32 e 97 Cost. discenderebbe, a detta delle costituite società, dalla illegittima disparità di trattamento così determinata, da un lato, tra patologie e, dall’altro, tra singoli princípi attivi che verrebbero differenziati solo sulla base del fattore costo. Senza trascurare, poi, l’ingiustificata disparità di trattamento tra le aziende che commercializzano farmaci appartenenti alla categoria in oggetto.

Diversamente da quanto sostenuto nelle ordinanze di rinvio, per la difesa delle parti private l’elevato numero di prescrizioni del farmaco in parola non è indice di inappropriatezza prescrittiva, in quanto la più diffusa prescrizione di tali farmaci ancora coperti da brevetto poggerebbe su ragioni prettamente scientifiche e mediche, non sindacabili dall’amministrazione regionale.

Replicando alla difesa regionale – secondo cui non sussisterebbe la contestata violazione dell’art. 32 Cost., dal momento che ai pazienti sarebbero comunque garantite le cure necessarie – le predette società sottolineano come a tale assunto si contrappongano i restrittivi criteri applicativi della denunciata disposizione, dettati dalla deliberazione della Giunta regionale n. 2749 del 2007. La totale rimborsabilità di farmaci essenziali e di comprovata efficacia clinica, quali quelli commercializzati dalle Società, sarebbe espressione del principio di cui all’art. 32 Cost.

3.3. – Infine, la censurata disposizione sarebbe qualificabile come legge-provvedimento, risultando idonea ad incidere su un numero determinato e limitato di destinatari. Anzi, si aggiunge, che detta disposizione cela l’intendimento di traslare in sede legislativa una determinazione amministrativa, già sospesa, in via cautelare, dal competente giudice amministrativo. Pertanto, la censurata disposizione deve essere sindacata alla stregua del consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’ammissibilità di leggi-provvedimento incontra un limite specifico nel rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso, o che, per le circostanze di tempo, per le modalità e per il contesto di riferimento, si rivelino adottate al solo scopo di eludere l’obbligo di dare esecuzione ad una decisione giurisdizionale, con conseguente lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale e del diritto di difesa.

3.4. – Nel merito, la Farmindustria – Associazione delle imprese del farmaco e la Malesi – Istituto farmacobiologico s.p.a. sostengono anzitutto la violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera m), e comma terzo, Cost.: la censurata disposizione inciderebbe nella materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali, affidata in via esclusiva al legislatore statale in vista della definizione di una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale. Attraverso la fissazione dei livelli essenziali ad opera del legislatore statale si definirebbero i limiti inviolabili del diritto fondamentale alla salute e si garantirebbe l’eguaglianza degli utenti nelle varie Regioni quanto alla disponibilità dei farmaci essenziali di classe A.

Pertanto, il potere regionale di deroga è destinato ad operare solo con riferimento ad altre classi di rimborsabilità. D’altro canto, l’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 non potrebbe essere richiamato dalla disposizione denunciata, innanzitutto in quanto si tratta di «un sistema superato dall’evoluzione normativa e provvedimentale determinatasi dopo il settembre 2002»; in secondo luogo, giacché il suo richiamo presupporrebbe una valutazione in termini di non essenzialità del farmaco che, alla stregua della vigente normativa, dovrebbe condurre alla radicale esclusione della categoria terapeutica dalla rimborsabilità stessa; infine, non risulta che sia stata fatta alcuna valutazione in termini di non essenzialità, sia in àmbito regionale, che da parte dell’Agenzia italiana del farmaco.

3.5. – Per quanto concerne l’asserita violazione degli artt. 3 e 32 Cost., si afferma che la censurata disposizione determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento tra cittadini affetti dalla medesima patologia ma residenti in Regioni diverse.

3.6. – In ordine, infine, alla censura basata sugli artt. 24 e 113 Cost., viene condivisa  la tesi del rimettente circa l’arbitrario ricorso ad una legge-provvedimento allo scopo precipuo di eludere una precisa statuizione giurisdizionale.

3.7. – In via preliminare, la Janssen Cilag s.p.a., afferma, in punto di fatto, che la Regione Liguria avrebbe erroneamente imposto la prescrizione di un inibitore senza considerare che i suddetti inibitori non sono composti dal medesimo principio attivo, né hanno un’equipollenza terapeutica.

3.8. – In termini di ricostruzione del quadro normativo di riferimento afferente alla erogazione dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, la difesa della società ritiene che la legislazione statale sia sorretta da due finalità: la garanzia a tutti i cittadini dei livelli essenziali di prestazioni sanitarie omogenee, il contenimento della spesa pubblica. In vista del conseguimento di tali obiettivi fondamentali, il legislatore statale ha configurato penetranti poteri di controllo e di regolazione, valorizzando il ruolo dell’Agenzia italiana del farmaco.

Quanto al regime di rimborsabilità, la predetta difesa ricorda la originaria suddivisione dei farmaci in tre classi (classe A: farmaci essenziali e per le malattie croniche; classe B: farmaci, non compresi nella classe A, di rilevante interesse terapeutico; classe C: altri farmaci, privi delle suindicate caratteristiche, a totale carico dell’assistito) e la successiva soppressione della classe B. L’organo deputato ad operare la predetta classificazione è proprio l’Agenzia italiana del farmaco.

I farmaci inclusi nella classe A costituiscono un livello essenziale di assistenza.

Quindi in quest’ambito, secondo la difesa della Janssen Cilag s.p.a., alle Regioni «residua soltanto il potere di adottare norme di dettaglio per la determinazione e la disciplina dei sistemi organizzativi, necessari per rendere concrete ed efficaci le previsioni statali in tema di livelli essenziali di assistenza».

3.9. – Per la costituita società, l’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 va inteso nel senso di riservare in via esclusiva all’autorità centrale – più precisamente, all’Agenzia italiana del farmaco – il compito di individuare le categorie terapeutiche omogenee e, all’interno di queste, i farmaci aventi un ruolo non essenziale ed attività terapeutica sovrapponibile, i quali, quindi, possono essere esclusi dalla rimborsabilità.

Alla data di adozione dei provvedimenti regionali oggetto di ricorso nei giudizi principali, nel Prontuario farmaceutico nazionale 2006 (adottato con deliberazione dell’Agenzia italiana del farmaco 3 luglio 2006), risultava inclusa soltanto la categoria omogenea degli inibitori di pompa protonica A02BC, mentre non risulta esservi alcun provvedimento definitivo della stessa Agenzia che riconosca ai farmaci in oggetto una «attività terapeutica sovrapponibile». Anche il successivo mutamento del quadro normativo avrebbe ribadito, a detta della parte privata, le suesposte preclusioni in ordine ai poteri regionali sulla rimborsabilità dei farmaci.

In conclusione, la costituita società afferma che i farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale costituiscono livelli essenziali di assistenza; lo Stato garantisce l’unitaria gestione delle attività in materia farmaceutica attraverso l’Agenzia italiana del farmaco; l’elenco dei farmaci rimborsabili viene periodicamente stabilito dalla predetta Agenzia sulla base di un criterio di costo-efficacia, nel rispetto dei programmati limiti di spesa; eventuali sforamenti del tetto di spesa, nei limiti del 40 per cento, possono essere dalle Regioni ripianati con il ricorso alle misure previste dall’art. 48, comma 5, lettera f), del decreto-legge n. 269 del 2003, «che escludono categoricamente l’adozione di provvedimenti come quelli qui avversati».

3.10. – Per quanto attiene, in particolare, al parere della Commissione tecnico-scientifica dell’Agenzia italiana del farmaco 20 febbraio 2007, la difesa della Janssen Cilag s.p.a. aderisce alla qualificazione dello stesso, operata dal giudice a quo, come mero atto endoprocedimentale e prodromico rispetto ad un eventuale provvedimento della medesima Agenzia.

Peraltro, la stessa difesa sottolinea come la predetta Commissione, con la successiva nota 3-4 aprile 2007, abbia proposto al Consiglio di amministrazione dell’Agenzia di assumere, a livello nazionale, un prezzo unico di riferimento per la categoria degli inibitori di pompa protonica, allineando il costo al giorno degli inibitori ancora protetti da brevetto al prezzo più basso ed escludendo il prezzo del generico, l’unico per il quale il brevetto era scaduto.

Il suddetto Consiglio di amministrazione ha recepito tale proposta e, con delibera n. 13 del 19 aprile 2007, l’Agenzia italiana del farmaco ha disposto l’allineamento del prezzo di rimborso al costo giornaliero più basso dei medicinali ancora coperti da brevetto nell’àmbito della categoria in oggetto, mantenendo il costo giornaliero del lansoprazolo generico al valore di 0,79 euro. La costituita società inferisce dal mutato contesto che il parere richiamato dalla censurata disposizione sia stato «ampiamente superato», attesa la conseguente impossibilità per le Regioni di imporre prezzi di riferimento inferiori al costo giornaliero più basso dei farmaci coperti da brevetto all’interno della stessa categoria terapeutica omogenea.

3.11. – La difesa della parte privata conclude richiamando le argomentazioni svolte nell’ordinanza di rinvio in ordine alla illegittima previsione di una «delega in bianco» all’amministrazione regionale ed in ordine alla asserita configurazione della censurata disposizione come "norma-provvedimento”.

4. – In prossimità dell’udienza, la Regione Liguria ha depositato in ciascuno dei giudizi una memoria di identico contenuto, nella quale contesta le censure svolte dal TAR rimettente.

Con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., la difesa della Regione sostiene che la legge regionale avrebbe rispettato i presupposti previsti dall’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001, dal momento che la Commissione dell’AIFA aveva espresso parere favorevole, ritenendo che gli inibitori di pompa protonica fossero da ritenere medicinali non essenziali e sovrapponibili ai sensi del citato art. 6. Il limite dei livelli essenziali, dunque, sarebbe stato rispettato, dal momento che l’intervento regionale sarebbe avvenuto in conformità alla valutazione tecnica espressa dall’organo a ciò preposto dalla legge. Inoltre, la sovrapponibilità dell’efficacia clinica di tutti gli inibitori di pompa protronica sarebbe confermata anche da recenti studi della Società italiana di medicina generale.

Inoltre, la disposizione regionale censurata sarebbe stata adottata in conformità all’accordo intercorso con i Ministeri dell’economia e delle finanze, e della salute in data 6 marzo 2007 il quale prevedeva, tra le misure di contenimento della spesa farmaceutica, il potenziamento dell’utilizzo dei farmaci generici, tra cui, in particolare, i suddetti inibitori.

Con riguardo alla dedotta violazione del principio di uguaglianza e del diritto alla salute, la Regione osserva che, ricorrendo i presupposti previsti dalla legge, le Regioni possono adottare misure come quelle previste dalla disposizione censurata, mentre la garanzia di uniformità tra le varie realtà regionali competerebbe alla Conferenza Stato-Regioni, ovvero all’amministrazione statale.

D’altra parte, non vi sarebbe alcuna compressione del diritto alla salute, posto che i farmaci generici avrebbero, per definizione, le stesse proprietà terapeutiche dei prodotti più costosi. La stessa giurisprudenza amministrativa avrebbe ritenuto in più decisioni che rientra nella discrezionalità politico-finanziaria delle Regioni la scelta delle modalità di intervento per la riduzione obbligatoria della spesa farmaceutica.

Quanto alla dedotta violazione degli artt. 3 e 32 Cost. in conseguenza della delega in bianco conferita dalla disposizione censurata agli organi amministrativi, osserva la difesa regionale che la questione sarebbe irrilevante, dal momento che nel giudizio a quo non sarebbe contestato il corretto esercizio o il non esercizio del potere di deroga. Precisamente, la prima deroga, contenuta nell’art. 13 della legge regionale n. 15 del 2007 sarebbe in melius, in quanto volta a non applicare il criterio della equipollenza-sostituibilità di cui all’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001; pertanto, l’eccezione di incostituzionalità sarebbe non solo irrilevante, ma anche contraddittoria, «perché non si può censurare una disciplina per incostituzionalità e poi nel contempo censurare l’eccezione a tale disciplina». La seconda deroga, nel richiamare eventuali atti nazionali o regionali finalizzati a garantire gli stessi effetti economici, lascerebbe spazio ad altre soluzioni e dunque non avrebbe effetto lesivo.

La difesa della Regione esclude, poi, che la disposizione regionale censurata abbia natura di legge-provvedimento, dal momento che i destinatari di essa, cioè i pazienti che necessitano dei farmaci in questione, non sarebbero individuati né individuabili; inoltre, la menzionata legge regionale n. 15 del 2007 presenterebbe il carattere dell’astrattezza, trovando applicazione tutte le volte in cui vi sarà la prescrizione di un farmaco rientrante nella categoria degli inibitori di pompa protronica.

Quanto, infine, alla asserita violazione degli artt. 24 e 113 Cost., la Regione Liguria nega che scopo della disposizione denunciata fosse quello di superare provvedimenti giurisprudenziali, avendo come fine solo quello di stabilire i presupposti per l’applicazione dell’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001. Inoltre, detta disposizione opererebbe solo per il futuro e non inciderebbe, pertanto, sulle fattispecie sub iudice dal momento che le vicende pregresse sono regolate dalla normativa vigente al tempo della loro verificazione.

L’adozione di una legge per disciplinare la fattispecie in questione, d’altra parte, non comporterebbe una diminuzione della tutela giurisdizionale, essendo sempre possibile il sindacato della Corte costituzionale.

5. – Con memorie di identico contenuto la Astra Zeneca s.p.a. e la Bracco s.p.a., ribadiscono la fondatezza della censura prospettata in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., osservando che il d.P.C.m. 23 aprile 2008, all’art. 8, avrebbe ulteriormente confermato che l’accesso ai farmaci di classe A costituisce livello essenziale di assistenza e non può essere arbitrariamente limitato dalle Regioni. Queste potrebbero soltanto individuare la formula organizzativa ritenuta più adeguata per garantire l’erogazione di tali prestazioni, ovvero ampliare il novero delle prestazioni garantite, prevedendo la erogazione gratuita di un farmaco, non previsto dalla legislazione nazionale.

Pertanto, mentre l’inclusione di un farmaco in fascia A costituirebbe principio fondamentale, non altrettanto varrebbe per l’esclusione da tale fascia.

L’esigenza di contenere la spesa farmaceutica dovrebbe essere assolta dalle Regioni con strumenti e modalità diverse.

Entrambe le società ribadiscono, poi, che la deroga in bianco contenuta nel censurato art. 13 della legge regionale si fonderebbe sull’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001, che sarebbe in parte superato e non applicabile, nonché su un atto endoprocedimentale non conosciuto all’epoca dell’emanazione della legge.

Quanto alla censura sollevata in riferimento agli artt. 24 e 113 Cost., le parti private sostengono che la successione cronologica degli eventi attesterebbe come la disposizione censurata sia stata emanata proprio allo scopo di eludere l’ordinanza cautelare con cui il TAR aveva sospeso l’efficacia della delibera della Giunta regionale n. 1666 del 2006. Ciò troverebbe conferma anche nel comunicato stampa diramato dall’Assessorato alla salute della Regione Liguria nel quale si legge che la legge regionale avrebbe «ripristinato» quanto deciso dalla precedente delibera.

6. – Anche la società Janssen Cilag s.p.a., in prossimità dell’udienza, ha depositato una memoria nella quale osserva innanzitutto che, a differenza di quanto sostenuto dalla Regione Liguria, gli inibitori di pompa protronica non sarebbero farmaci generici, dal momento che tra di essi vi sarebbero ben cinque diverse molecole e che solo per una di queste esisterebbe un farmaco generico.

Osserva, inoltre, che la Commissione unica per il farmaco (e poi l’AIFA) non avrebbe mai adottato un provvedimento definitivo che stabilisca che gli inibitori di pompa protronica sono farmaci non essenziali o sovrapponibili e che, pertanto, la Regione non avrebbe potuto adottare alcuna misura al riguardo, non ricorrendo i presupposti di cui all’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001.

D’altra parte, il prezzo dei farmaci soggetti a rimborso, tra i quali rientrano appunto gli inibitori di pompa protronica, deve essere unico su tutto il territorio nazionale e deve essere contrattato solo con l’AIFA, mentre le Regioni non potrebbero intervenire su tale prezzo se non nei limiti fissati dall’art. 48 del decreto-legge n. 269 del 2003.

Quanto poi alla nota dell’AIFA 21 febbraio 2007, posta dalla Regione Liguria a fondamento della legge n. 15 del 2007, essa si sarebbe limitata a richiamare il contenuto del parere espresso il 20 febbraio 2007 dalla Commissione dell’AIFA, organo consultivo, senza entrare nel merito delle analisi svolte. Tale parere, inoltre, non sarebbe mai stato recepito in un atto definitivo. Sull’argomento sarebbe intervenuta la stessa Commissione con provvedimento 3-4 aprile 2007, con il quale ha deciso di proporre al Consiglio di amministrazione dell’AIFA di assumere un prezzo unico a livello nazionale per la categoria degli inibitori di pompa protronica. Tale proposta è stata approvata dal Consiglio di amministrazione con delibera n. 13 del 19 aprile 2007, nella quale viene ribadita la necessità di assicurare un prezzo unico sull’intero territorio nazionale.

Infine, la parte privata sostiene che le modifiche apportate all’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 da parte del decreto-legge n. 159 del 2007 confermerebbero la competenza centrale e non regionale a decidere in ordine alla rimborsabilità dei farmaci; a ciò conseguirebbe che le singole Regioni non potrebbero incidere sui livelli essenziali di assistenza.

7. – Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, la società Malesci – Istituto farmacobiologico s.p.a. rileva innanzitutto come sia necessario distinguere tra il concetto di sostanziale sovrapponibilità di farmaci che appartengono alla stessa categoria terapeutica ma che assumono a propria base princípi attivi diversi, e il concetto di perfetta sovrapponibilità di farmaci che hanno il medesimo princípio attivo di cui sia scaduto il brevetto e sia stato commercializzato il cosiddetto "generico”.

Sostiene la parte privata che solo con riguardo a questa seconda ipotesi opera la regola della sostituibilità della specialità medicinale con il farmaco equivalente a più basso costo, ai sensi dell’art. 7 del decreto-legge n. 347 del 2001. La legge della Regione Liguria, invece, per la prima volta avrebbe affermato la sostituibilità di un prodotto con altro avente a propria base un diverso principio attivo.

La società contesta, inoltre, che la legge regionale n. 15 del 2007 abbia dato corretta attuazione all’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001, dal momento che la disposizione censurata sarebbe stata adottata sulla base di un semplice parere della Commissione dell’AIFA, il quale non sarebbe stato recepito in uno specifico atto del direttore dell’AIFA, né sarebbe intervenuta alcuna ratifica da parte di tale Agenzia dei provvedimenti regionali.

La parte privata ritiene, infine, che il sistema elaborato dalla disposizione regionale sia intrinsecamente contraddittorio, in quanto, da un lato, presume la perfetta sovrapponibilità del farmaco commercializzato dalla società con il generico di cui assume l’identica efficacia terapeutica; dall’altro lato, però, prevede che la spesa necessaria per l’acquisto del farmaco più costoso rimanga a carico del S.S.N. qualora il medico abbia indicato che tale farmaco sia insostituibile.

In realtà, solo ragioni economiche avrebbero indotto la Regione Liguria ad adottare la disposizione censurata la quale violerebbe il principio di uniformità dei livelli essenziali di assistenza.

Considerato in diritto

1. – Con cinque analoghe ordinanze il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6 (recte: 13) della legge della Regione Liguria 3 aprile 2007, n. 15 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Liguria – Legge finanziaria 2007), in riferimento agli artt. 3, 24, 32, 113 e 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione.

In pendenza di cinque giudizi  relativi ad un provvedimento amministrativo della Regione Liguria – che ha limitato al costo del farmaco cosiddetto "generico” la spesa addebitabile a carico del Servizio sanitario regionale per una categoria terapeutica omogenea di farmaci (quella degli inibitori di pompa protonica), sul presupposto della sostanziale equipollenza terapeutica tra i farmaci appartenenti a tale categoria –, il T.A.R. rimettente ha disposto in via cautelare la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, in specie sotto il dedotto profilo della insufficienza istruttoria effettuata dall’amministrazione regionale in merito alla effettiva equivalenza del farmaco generico con i restanti farmaci presenti nella relativa categoria terapeutica.

Successivamente, nelle more del giudizio amministrativo, è intervenuta la impugnata legge regionale n. 15 del 2007, il cui censurato art. 13 stabilisce che, «ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 18 settembre 2001 n. 347, convertito in legge 16 novembre 2001 n. 405 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), del parere espresso dalla Commissione tecnico scientifica dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in data 20 febbraio 2007 ed ai fini del rispetto degli impegni assunti con l’accordo 6 marzo 2007 con il Ministero della salute e con il Ministero dell’economia e delle finanze, relativamente agli interventi per il contenimento della spesa farmaceutica, per quanto concerne la categoria terapeutica degli inibitori di pompa protonica, è posto a carico del Servizio sanitario solo il costo del farmaco generico incluso in tale categoria terapeutica, salvo le deroghe previste con provvedimenti amministrativi. La Giunta regionale può altresì derogare dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo in presenza di atti nazionali o regionali finalizzati a garantire i medesimi effetti economici».

Il giudice a quo riferisce di essersi nuovamente pronunciato in sede cautelare, sospendendo, a séguito della proposizione di motivi aggiunti, anche l’esecuzione del provvedimento della Giunta regionale attuativo della disposizione legislativa denunciata, ma di dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge regionale n. 15 del 2007 in relazione ai profili che così sintetizza: «violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera m) e comma 3 [della Costituzione], nella parte in cui non è conforme alle norme nazionali di determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei principi fondamentali in tema della tutela della salute; violazione degli artt. 3 e 32 della [Costituzione] nella parte in cui comporta una disparità di trattamento rispetto alle altre Regioni, irragionevolmente si fonda su di una norma nazionale in parte superata ed inapplicabile nella specie, nonché su di un atto endoprocedimentale oltretutto travisato nel suo […] contenuto, ed altresì nella parte in cui irragionevolmente prevede una delega in bianco per l’eventuale deroga al proprio disposto in capo agli organi amministrativi senza alcun criterio  per l’esercizio della deroga stessa; violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione, nella parte in cui la legge provvedimento viene direttamente a vanificare la tutela cautelare assicurata dal giudice competente rispetto ai provvedimenti amministrativi impugnati e che confluiscono nella stessa legge-provvedimento».

Si sono costituite, per argomentare nel senso dell’accoglimento della questione, alcune delle parti ricorrenti nei giudizi principali, mentre il Presidente della Giunta della Regione Liguria si è interamente costituito in tutti i giudizi, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

I giudizi pongono all’esame della Corte analoghe questioni e possono, pertanto, essere riuniti per essere decisi con un’unica sentenza.

2. – Il T.A.R. ricorrente solleva anzitutto la questione della compatibilità della norma censurata con l’art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione, in quanto non «conforme alle norme nazionali di determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei principi fondamentali in tema di tutela della salute».

Si pone pertanto, in via preliminare, il problema della competenza del legislatore regionale ad intervenire in una materia riservata al legislatore statale ai sensi del secondo comma, lettera m), dell’art. 117 della Costituzione, o comunque modellata sulla legislazione statale di principio avente ad oggetto la tutela della salute, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

A tal fine, occorre individuare in quali àmbiti e come il legislatore statale abbia finora esercitato, nel settore dei farmaci destinati all’utilizzazione nel Servizio sanitario nazionale, la propria competenza in tema di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»: è, infatti, evidente che il limite della competenza esclusiva statale appena ricordata rispetto alla competenza legislativa concorrente in tema di «tutela della salute» può essere relativamente mobile e dipendere concretamente dalle scelte legislative operate.

Sotto questo profilo, va rimarcato che, ai sensi del d.P.C.m. 29 novembre 2001 (come ora del d.P.C.m. 23 aprile 2008), l’erogazione di farmaci rientra nei livelli essenziali di assistenza (LEA), il cui godimento è assicurato a tutti in condizioni di uguaglianza sul territorio nazionale (sentenza n. 282 del 2002), affinché non si verifichi che in parti di esso, «gli utenti debbano, in ipotesi, assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato» (sentenza n. 387 del 2007).

In particolare, la legislazione statale (art. 8, comma 14, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante «Interventi correttivi di finanza pubblica») assicura a tutti la totale rimborsabilità dei farmaci collocati in classe A nel prontuario farmaceutico, ma aggiunge (art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001) che, entro tale categoria, la comprovata equipollenza terapeutica dei farmaci consente, nelle forme ivi previste, che possa essere esclusa in modo totale o parziale la rimborsabilità dei medicinali più onerosi per le finanze pubbliche alle condizioni fissate dallo stesso legislatore statale.

È evidente che per tale via la legislazione in punto di livelli essenziali delle prestazioni coniuga una necessaria opera di contenimento della spesa farmaceutica (da ultimo, sentenza n. 279 del 2006) con la garanzia che continuino peraltro ad erogarsi a carico del Servizio sanitario nazionale i farmaci reputati, secondo un apprezzamento tecnico-scientifico, idonei a salvaguardare il diritto alla salute degli assistiti.

Nel contempo, l’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 non manca di attribuire alle singole Regioni, anche nel rispetto delle rilevanti competenze di cui esse godono nella materia concernente la tutela della salute, una sfera di competenza, esercitabile tramite "provvedimento amministrativo”, in punto di esclusione della rimborsabilità del farmaco essenziale, ma terapeuticamente equipollente ad altro più economico, che consente di adeguare il regime vigente di rimborsabilità alla particolare condizione finanziaria di ciascuna Regione.

Per quanto concerne in particolare la determinazione della quota della rimborsabilità dei prezzi farmaceutici, il primo comma dell’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 16 novembre 2001, n. 405, facendo espresso riferimento alle procedure di ridefinizione dei LEA, prevede infatti un’apposita procedura mediante la quale la Commissione unica del farmaco (ora sostituita dalla Commissione tecnico scientifica dell’AIFA, ai sensi dell’art. 2, comma 349, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008») può individuare «i farmaci che, in relazione al loro ruolo non essenziale, alla presenza fra i medicinali concedibili di prodotti aventi attività terapeutica sovrapponibile secondo il criterio delle categorie terapeutiche omogenee, possono essere totalmente o parzialmente esclusi dalla rimborsabilità». Il secondo comma del medesimo articolo, a sua volta, prevede espressamente che «la totale o parziale esclusione della rimborsabilità dei farmaci di cui al comma 1 è disposta, anche con provvedimento amministrativo della Regione, tenuto conto dell’andamento della propria spesa farmaceutica rispetto al tetto di spesa programmato».

L’espressione «farmaci con un ruolo non essenziale» in questo testo, così come nell’art. 1 del d.m. – ora abrogato – 4 dicembre 2001 (Riclassificazione dei medicinali ai sensi della legge 16 novembre 2001, n. 405, di conversione, con modifiche, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347), non comporta, ovviamente, che l’intervento in questione non cada sui farmaci di classe A, definiti come essenziali o necessari per malattie croniche, giacché, al contrario, presupposto di siffatto intervento è proprio l’inclusione del medicinale nella fascia di piena rimborsabilità, riservata a questi ultimi.

È invece il "ruolo” dello specifico prodotto farmaceutico a rivelarsi, ad un successivo esame tecnico-scientifico, non più essenziale, in quanto sovrapponibile per efficacia terapeutica a medicinali di minor prezzo.

Questa legislazione rende, quindi, evidente che il legislatore nazionale non esclude che, nell’ambito dei LEA, che pure hanno una generale finalizzazione di tipo egualitario, una Regione possa differenziare per il suo territorio il livello di rimborsabilità dei farmaci, purché la eventuale determinazione amministrativa regionale sia preceduta dal procedimento individuato nel primo comma dell’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 e la Regione operi al fine del contenimento della propria spesa farmaceutica.

Da questo punto di vista, è infondata la doglianza relativa alla violazione del principio di eguaglianza e del diritto alla salute che deriverebbe da una simile articolazione regionale del potere di riduzione della rimborsabilità dei farmaci, dal momento che la procedura di cui al comma 1 dell’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 è finalizzata alla verifica della «presenza fra i medicinali concedibili di prodotti aventi attività terapeutica sovrapponibile secondo il criterio delle categorie terapeutiche omogenee» e deve pertanto garantire l’equivalenza terapeutica sull’intero territorio nazionale del farmaco interamente rimborsabile con quello oggetto del provvedimento.

Né la perdurante vigenza di questa legislazione può essere messa in dubbio a causa della successiva adozione dell’art. 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 comma 1, della legge 24 novembre 2003, n. 326, chetra l’altro – ha nuovamente modificato le conseguenze degli «sfondamenti del tetto di spesa» per l’assistenza farmaceutica, previsto la rimborsabilità dei farmaci «sulla base dei criteri di costo e di efficacia» e disciplinato l’Agenzia italiana del farmaco.

Fondamentalmente diverso è, infatti, rispetto alla determinazione del prezzo dei farmaci di classe A (e quindi in via di principio rimborsabili) e degli sconti imposti in caso di sfondamento del tetto della spesa farmaceutica, il regime della parziale rimborsabilità dei farmaci inseriti nella classe A, in quanto si accerti che esistano farmaci equivalenti e meno cari. Su quest’ultimo piano resta in vigore l’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001, seppur in parte integrato dalla più recente legislazione in tema di funzioni ed assetto dell’AIFA.

D’altra parte, in epoca successiva alla legge che è oggetto del presente giudizio, il legislatore nazionale, con un ulteriore intervento normativo relativo al governo della spesa farmaceutica (si veda l’art. 5, comma 5-bis, del decreto-leggeottobre 2007, n. 159, recante «Interventi urgenti in materia economico finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 29 novembre 2007 n. 222, ha integrato il succitato art. 6, aggiungendovi un comma 2-bis, secondo il quale «sono nulli i provvedimenti regionali di cui al comma 2, assunti in difformità da quanto deliberato, ai sensi del comma 1, dalla Commissione unica del farmaco o, successivamente alla istituzione dell’AIFA, dalla Commissione consultiva tecnico-scientifica di tale Agenzia, fatte salve eventuali ratifiche adottate dall’AIFA antecedentemente al 1° ottobre 2007».

Il potere previsto dall’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 resta pertanto in vigore ed è esercitabile, per espressa volontà del legislatore statale, anche dalla Regione tramite «provvedimento amministrativo».

3. – L’impugnato art. 13 della legge della regione Liguria n. 15 del 2007 è stato approvato in sostituzione del provvedimento amministrativo di cui al secondo comma dell’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001, tanto da essere caratterizzato anche da una parte motiva, in evidente analogia con la motivazione che sorregge in linea di principio gli atti amministrativi.

Ciò si pone in espresso contrasto con quanto previsto nel secondo comma dell’art. 6, nell’àmbito di una materia, concernente la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, riservata in via esclusiva al legislatore statale, che quindi è pienamente competente anche a determinare le forme tramite le quali la Regione può esercitare le attribuzioni riconosciutele in tale àmbito dalla normativa dello Stato, quando esse rispondano in via immediata ad esigenze, connesse al livello di tutela garantito nella fruizione della prestazione, di cui la stessa legge statale si fa carico.

Nel caso di specie, l’esercizio da parte della Regione del potere di escludere in tutto o in parte la rimborsabilità dei farmaci è configurato dal legislatore statale come il punto di arrivo di uno speciale procedimento amministrativo, in particolare caratterizzato dal determinante ruolo valutativo di un apposito organo tecnico nazionale sulla base dei criteri determinati dal legislatore statale. Procedimento che evidentemente garantisce pure i soggetti direttamente interessati, anche attraverso la possibilità di ricorrere agli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale, consentendo il soddisfacimento delle tutele richieste fin dalla fase cautelare, ove ne ricorrano i presupposti, e comunque con immediatezza da parte del giudice competente a conoscere della legittimità dell’atto amministrativo (ed ora mediante la sanzione della nullità dei provvedimenti amministrativi regionali difformi da quanto deliberato dall’organo tecnico statale).

Sostituire con un atto legislativo quanto può essere realizzato dalla Regione mediante un apposito provvedimento amministrativo rappresenta quindi una violazione di quanto espressamente determinato dal legislatore statale nell’ambito di una materia di sua esclusiva competenza (nel caso di specie, secondo quanto previsto nel secondo comma, lettera m), dell’art. 117 della Costituzione) ed è quindi contrario al dettato costituzionale.

Per tale ragione, la norma impugnata deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima, con assorbimento delle ulteriori censure qui non esaminate.

Resta evidentemente possibile alla Regione adottare, per i motivi indicati nel secondo comma dell’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001, il provvedimento amministrativo ivi previsto, secondo le modalità determinate dal legislatore statale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 13 della legge della Regione Liguria 3 aprile 2007, n. 15 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Liguria – Legge finanziaria 2007).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2008.