SENTENZA N. 11
ANNO 2021
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO;
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 6, 8, comma 31, e 10, comma 10, della legge della Regione autonoma Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 4-7 marzo 2019, depositato in cancelleria l’8 marzo 2019, iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 13 gennaio 2021 il Giudice relatore Angelo Buscema;
uditi l’avvocato dello Stato Ruggero Di Martino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020;
deliberato nella camera di consiglio del 14 gennaio 2021.
Ritenuto in fatto
1.– Con il ricorso notificato il 4-7 marzo 2019 e depositato il successivo 8 marzo (reg. ric. n. 43 del 2019), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 6, 8, comma 31, e 10, comma 10, della legge della Regione autonoma Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019), in riferimento agli artt. 81, 117, secondo comma, lettere e) ed l), e terzo comma, della Costituzione e in relazione ai principi contabili di cui all’Allegato 4/2, punto 5.3, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche».
1.1.– L’art. 3, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, nella versione impugnata, prevede che «[n]elle more della stipula dell’accordo di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna concernente la definitiva quantificazione del concorso agli obiettivi di finanza pubblica della Regione per gli anni 2019-2021, ai sensi dell’articolo 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici); dell’articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività); dell’articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), degli articoli 15, comma 22, e 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario); dell’articolo 1, commi 132 e 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge stabilità 2013); dell’articolo 1, commi 481 e 526, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), dell’articolo 1, comma 400, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015) e in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2015, a titolo di contributo alla finanza pubblica a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, sono accertati e impegnati in favore dello Stato euro 250.245.000 per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 […]».
Ad avviso del ricorrente, tale previsione, oltre a sottostimare di euro 446.000 annui il contributo alla finanza pubblica dovuto dalla Regione autonoma Sardegna per il triennio in considerazione, ne determinerebbe una riduzione di euro 285.309.000 per ciascun anno rispetto a quanto previsto dall’art. 1, comma 875, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021). Ciò in ragione della mancata inclusione del contributo di cui all’art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, circoscritto temporalmente all’anno 2017 dalla sentenza n. 77 del 2015 di questa Corte, per la cui attuazione, in ossequio alla successiva sentenza n. 6 del 2019, era stato avviato un più ampio confronto tra Stato e Regione autonoma onde addivenire alla stipulazione di un’intesa diretta a una diversa modulazione dei flussi finanziari tra di essi. Nelle more di tale interlocuzione, la disposizione impugnata genererebbe nel bilancio dello Stato minori entrate pari all’ammontare del contributo non previsto, determinando un difetto di copertura finanziaria lesivo dell’art. 81 Cost.
1.2.– L’art. 3, comma 6, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, nella versione impugnata, prevede che «[i]l disavanzo di cui al comma 1 dell’articolo 2 della legge regionale n. 40 del 2018 non costituisce impedimento ai fini dell’utilizzo del margine corrente consolidato quale copertura degli investimenti pluriennali».
Secondo il ricorrente, la disposizione impugnata, non considerando come effettivo disavanzo regionale la quota di cui al rendiconto 2017 generata dall’accantonamento al risultato di amministrazione delle perdite del sistema sanitario regionale, pari a euro 680.712.119,30, contrasterebbe con i principi espressi nell’Allegato 4/2 del d.lgs. n. 118 del 2011, il quale, a proposito delle spese di investimento (punto 5.3) e della copertura costituita dalla quota consolidata del saldo positivo di parte corrente (punto 5.3.5), prevede che «[l]a copertura degli impegni concernenti investimenti imputati agli esercizi successivi può essere costituita, distintamente per ciascuno degli esercizi di imputazione degli impegni, da una quota del saldo positivo di parte corrente, risultante dal prospetto degli equilibri allegato al bilancio di previsione, se risultano rispettate le seguenti condizioni (per le regioni a statuto ordinario si fa riferimento alla medesima quota del margine corrente al netto delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale): […] l’Ente non ha registrato un disavanzo di amministrazione in entrambi i due ultimi esercizi nuovo e aggiuntivo rispetto a quello registrato nell’esercizio precedente. Nel caso in cui l’esercizio precedente, non sia ancora stato rendicontato, si fa riferimento alla situazione risultante dal prospetto concernente il risultato di amministrazione presunto (se riferito ad esercizio ormai chiuso, il risultato di amministrazione presunto è predisposto sulla base di dati di preconsuntivo). Fino a quando il più vecchio degli ultimi due esercizi non è stato rendicontato il margine corrente consolidato non può costituire copertura degli impegni concernenti investimenti imputati agli esercizi successivi. Ai fini della verifica del rispetto della presente condizione, si considera il risultato di amministrazione (sia rendicontato che presunto) determinato tenendo conto degli accantonamenti, dei vincoli e delle risorse destinate, mentre non rileva il disavanzo costituito esclusivamente da maggiore disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, da disavanzo tecnico, da debito autorizzato e non contratto dalle regioni e dal disavanzo in corso di ripiano pluriennale riguardante gli esercizi successivi a quello in cui è stata ripianata la prima quota».
Il contrasto della disposizione regionale con tali principi determinerebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva al legislatore statale la competenza esclusiva nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici».
1.3.– L’art. 8, comma 31, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, nella versione impugnata, prevede che «[n]elle annualità 2019, 2020 e 2021 è stanziata la somma di euro 6.000.000 annui (missione 13, programma 02 – titolo 1), per garantire al personale non dirigente del servizio sanitario regionale un’integrazione del trattamento accessorio, finalizzata in maniera prioritaria quale incentivo per lo smaltimento delle liste d’attesa. […]».
Secondo il ricorrente, la disposizione contrasterebbe con quanto previsto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, espressivo di un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto volto al contenimento della spesa delle amministrazioni, ivi comprese quelle appartenenti al Servizio sanitario nazionale, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
1.4.– L’art. 10, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018 prevede che «[a] seguito del trasferimento del personale delle autonomie locali nell’Amministrazione regionale, ai sensi dell’articolo 70 della legge regionale n. 2 del 2016, e dell’articolo 10 della legge regionale 18 giugno 2018, n. 21 (Misure urgenti per il reclutamento di personale nel sistema Regione. Modifiche alla legge regionale n. 31 del 1998, alla legge regionale n. 13 del 2006, alla legge regionale n. 36 del 2013 e alla legge regionale n. 37 del 2016), e in deroga a quanto disposto dal comma 5 dell’articolo 70 della legge regionale n. 2 del 2016, i fondi per la retribuzione di posizione, per la retribuzione di rendimento, per il lavoro straordinario e per le progressioni dell’Amministrazione regionale sono incrementati, a decorrere dall’annualità 2019, rispettivamente di euro 200.000, euro 100.000, euro 60.000 ed euro 280.000 (missione 01 – programma 10 – titolo 1). I fondi destinati alla retribuzione accessoria del personale delle amministrazioni di provenienza sono conseguentemente rideterminati. Il fondo unico di cui all’articolo 10 della legge regionale n. 2 del 2007 e il contributo annuo previsto dall’articolo 25 della legge regionale 21 aprile 2005, n. 7 (legge finanziaria 2005) rimangono invariati per essere destinati alle altre finalità delle autonomie locali».
Ad avviso del ricorrente, la citata disposizione, priva di relazione tecnica che consenta di correlare la misura dell’incremento della dotazione dei fondi alle esigenze determinate dal trasferimento di personale degli enti locali alla Regione, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che attribuisce al legislatore statale competenza esclusiva nella materia «ordinamento civile», di cui sarebbe espressione l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, cornice regolatoria in tema di contrattazione integrativa applicabile a tutte le pubbliche amministrazioni.
2.– Si è costituita in giudizio la Regione autonoma Sardegna, eccependo anzitutto l’inammissibilità delle questioni proposte, segnatamente per non essersi confrontato il ricorrente con la competenza esclusiva regionale nella materia «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale», prevista dall’art. 3, lettera a), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), nonché con l’autonomia economica e finanziaria spettante alla Regione ai sensi dell’art. 7 del medesimo statuto.
Nel merito, secondo la Regione, le questioni promosse dal Presidente del Consiglio sarebbero comunque infondate.
2.1.– Quanto all’impugnativa dell’art. 3, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, la resistente assume di essere dotata della competenza di indicare le poste di bilancio connesse all’esatta applicazione, da parte dello Stato, delle previsioni costituzionali e statutarie concernenti le relazioni finanziarie con esso intercorrenti (si cita la sentenza di questa Corte n. 99 del 2012). Al contempo, la Regione evidenzia come le sentenze n. 77 del 2015 e n. 6 del 2019 di questa Corte abbiano impedito l’imposizione del contributo alla finanza pubblica di cui all’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, precludendo, in ragione del giudicato costituzionale, le censure formulate in ricorso. Peraltro, anche il principio di veridicità dei bilanci osterebbe al loro accoglimento, atteso che indicare in bilancio una posta in uscita a beneficio dello Stato giudicata illegittima equivarrebbe a stanziare risorse non veritiere, minando l’attendibilità sia del bilancio statale che di quello regionale.
2.2.– Parimenti infondate sarebbero le censure mosse all’art. 3, comma 6, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, atteso che questa Corte avrebbe riconosciuto alle autonomie speciali piena autonomia nella destinazione dell’avanzo di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato (si cita la sentenza n. 101 del 2018).
2.3.– Anche le censure rivolte all’art. 8, comma 31, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018 sarebbero prive di fondamento – se non, addirittura, inammissibili – atteso che, secondo la giurisprudenza costituzionale, lo Stato non avrebbe titolo per imporre alle autonomie speciali misure di coordinamento della finanza pubblica in materia di spesa sanitaria, da esse integralmente finanziata.
2.4.– Infine, le censure rivolte all’art. 10, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018 sarebbero infondate, in quanto la disposizione andrebbe ricondotta alla materia «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale», di esclusiva competenza regionale.
3.– Con memoria illustrativa depositata il 18 febbraio 2020, la Regione autonoma Sardegna ha evidenziato come l’impugnato art. 3, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018 sia stato modificato dall’art. 4, comma 1, della legge della Regione autonoma Sardegna 8 agosto 2019, n. 15 (Terza variazione di bilancio 2019-2021. Modifiche alla legge regionale n. 36 del 2013, alla legge regionale n. 8 del 2018, alla legge regionale n. 48 del 2018 e alla legge regionale n. 49 del 2018, disposizioni in materia di entrate tributarie e accantonamenti a carico della Regione, in materia di continuità territoriale aerea, politiche sociali, sport e disposizioni varie), sostituendosi all’originario importo di euro 250.245.000 quello di euro 250.691.000. Inoltre, la resistente ha segnalato che in data 7 novembre 2019 è intervenuto un accordo tra il Governo e la Regione, con il quale sono state ridefinite le relazioni finanziarie tra di essi intercorrenti. A detto accordo lo Stato avrebbe dato attuazione con l’art. 1, commi da 866 a 873, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), e la resistente, tra l’altro, con la legge della Regione autonoma Sardegna 6 dicembre 2019, n. 20 (Quarta variazione al bilancio 2019-2021 e disposizioni varie), abrogando la disposizione impugnata (art. 7, comma 1), rideterminando il contributo regionale alla finanza pubblica nel triennio 2019-2021 (art. 7, comma 2) e provvedendo alla relativa copertura (art. 9). Alla luce di ciò, sarebbe cessata la materia del contendere, essendosi realizzato un pieno allineamento tra le previsioni statali e quelle regionali.
La resistente ha evidenziato inoltre che l’art. 3, comma 6, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018 è stato abrogato dall’art. 12, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 15 del 2019 a decorrere dal 16 agosto 2019. Poiché a tale data la norma impugnata non avrebbe trovato applicazione, in quanto, come attestato dalla nota del Direttore generale dei servizi finanziari – Assessorato della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio del 18 febbraio 2020, prot. n. 5276, il margine corrente consolidato della gestione regionale non sarebbe stato impiegato a copertura di investimenti pluriennali, anche in questo caso, secondo la Regione, dovrebbe essere dichiarata cessata la materia del contendere.
Ad avviso della resistente, stessa sorte dovrebbe riservarsi alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 31, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018: la disposizione è stata interamente riformulata dall’art. 1, comma 2, lettera c), della legge della Regione autonoma Sardegna 16 settembre 2019, n. 16, recante «Seconda variazione di bilancio. Disposizioni in materia sanitaria. Modifiche alla legge regionale 11 gennaio 2018, n. 1 (Legge di stabilità 2018) e alla legge regionale 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019)», recependo espressamente i limiti alla corresponsione del trattamento accessorio previsti dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, senza aver trovato, frattanto, applicazione alcuna, come attestato dalla nota del Direttore generale della sanità – Assessorato dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale del 12 febbraio 2020, prot. n. 3081.
Quanto alle censure mosse all’art. 10, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, la resistente ne deduce l’inammissibilità per mancata considerazione delle attribuzioni recate dallo statuto di autonomia – segnatamente, quelle di cui all’art. 3, lettera a) – e per genericità e contraddittorietà, atteso che il riferimento all’incremento di spesa e alla cornice normativa di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 evocherebbe la lesione di una competenza concorrente, in particolare in materia di coordinamento della finanza pubblica, mentre si denuncia la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., attributivo della competenza esclusiva statale nella materia «ordinamento civile».
Nel merito, la questione non avrebbe fondamento, perché quella denunciata sarebbe una norma esclusivamente finanziaria, come dimostrato dalla corrispondenza tra l’incremento dei fondi per il trattamento accessorio del personale regionale e la diminuzione di pari importo di quelli relativi al trattamento accessorio del personale degli enti di provenienza, non disponendosi alcun aumento rispetto ai limiti previsti dal legislatore statale, in ossequio, peraltro, a quanto stabilito dall’art. 70, comma 5, della legge della Regione autonoma Sardegna 4 febbraio 2016, n. 2 (Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna), disposizione derogata solo in ordine alla previsione della confluenza delle risorse in un fondo specifico.
Alla stregua delle novità sopravvenute, la resistente ha chiesto un rinvio dell’udienza, onde consentire una rinuncia, quantomeno parziale, al ricorrente, il quale, a sua volta, ha aderito alla richiesta, successivamente accolta.
4.– Con atto depositato il 15 dicembre 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri, in conformità alla delibera governativa adottata nella seduta del 13 novembre 2020, ha rinunciato al ricorso limitatamente all’art. 3, commi 1 e 6, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018.
5.– La Regione autonoma Sardegna, con memoria illustrativa depositata il 22 dicembre 2020, oltre a ribadire le difese già svolte con riguardo alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8, comma 31, e 10, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, ha dedotto il venir meno dell’interesse all’impugnativa in ragione dell’accordo di finanza pubblica intercorso con lo Stato, avendo esso inciso anche sui limiti di spesa in tema di personale.
6.– Con atto depositato il 12 gennaio 2021, la Regione autonoma Sardegna ha accettato la rinuncia parziale al ricorso.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 6, 8, comma 31, e 10, comma 10, della legge della Regione autonoma Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019), in riferimento agli artt. 81, 117, secondo comma, lettere e) ed l), e terzo comma, della Costituzione e in relazione ai principi contabili di cui all’Allegato 4/2, punto 5.3, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche».
2.– Con atto depositato il 15 dicembre 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato al ricorso limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 1 e 6, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, promosse in riferimento agli artt. 81 e 117, secondo comma, lettera e), Cost. e in relazione ai principi contabili di cui all’Allegato 4/2, punto 5.3, del d.lgs. n. 118 del 2011.
Poiché la Regione autonoma Sardegna ha accettato la rinuncia con atto depositato il 12 gennaio 2021, relativamente a tali questioni il processo deve dichiararsi estinto, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
3.– Tanto premesso – e riservate a separate pronunce le ulteriori questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri in ordine ad altre disposizioni della medesima legge reg. Sardegna n. 48 del 2018 – lo scrutinio deve essere qui limitato ai soli artt. 8, comma 31, e 10, comma 10.
3.1.– L’art. 8, comma 31, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, nella versione impugnata, prevede che «[n]elle annualità 2019, 2020 e 2021 è stanziata la somma di euro 6.000.000 annui (missione 13, programma 02 – titolo 1), per garantire al personale non dirigente del servizio sanitario regionale un’integrazione del trattamento accessorio, finalizzata in maniera prioritaria quale incentivo per lo smaltimento delle liste d’attesa. […]».
Secondo il ricorrente, quanto previsto contrasterebbe con l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 – secondo cui, seppur in via transitoria, «l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016» – espressivo di un principio fondamentale in materia di «coordinamento della finanza pubblica». Di qui la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
3.1.1.– Occorre rilevare che la disposizione impugnata è stata sostituita dall’art. 1, comma 2, lettera c), della legge della Regione autonoma Sardegna 16 settembre 2019, n. 16, recante «Seconda variazione di bilancio. Disposizioni in materia sanitaria. Modifiche alla legge regionale 11 gennaio 2018, n. 1 (Legge di stabilità 2018) e alla legge regionale 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019)» con la seguente: «[è] autorizzata, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, la spesa di euro 3.500.000 al fine di garantire al personale del servizio sanitario regionale l’erogazione di prestazioni aggiuntive in conformità con l’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 […], da destinare in maniera prioritaria quale incentivo per lo smaltimento delle liste d’attesa (missione 13 - programma 02 - titolo 1 - capitolo SC08.7798)».
Alla stregua dello ius superveniens, la Regione chiede che sia dichiarata cessata la materia del contendere.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «la materia del contendere “cessa solo se lo ius superveniens ha carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e se le disposizioni censurate non hanno avuto medio tempore applicazione” (sentenza n. 68 del 2018; nello stesso senso, tra le più recenti, sentenze n. 140, n. 44 e n. 38 del 2018)» (ex multis, sentenza n 166 del 2020).
Sebbene la resistente abbia attestato che, medio tempore, l’originaria norma non ha trovato applicazione, permane incertezza, alla luce dei motivi addotti a sostegno dell’impugnativa, in ordine al carattere satisfattivo delle modifiche introdotte.
Pertanto, nella fattispecie non si può addivenire a una declaratoria di cessazione della materia del contendere.
3.1.2.– La Regione autonoma Sardegna ha eccepito l’inammissibilità della questione per essere stata dedotta la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. senza tener conto, in particolare, dell’autonomia finanziaria riconosciuta dall’art. 7 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).
L’eccezione non è fondata.
Al riguardo, infatti, si può richiamare quanto recentemente ribadito da questa Corte – con specifico riferimento alla materia «coordinamento della finanza pubblica» – per cui «[è] ben vero che secondo la costante giurisprudenza costituzionale, nel caso in cui venga impugnata in via principale la legge di una Regione ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell’oggetto del giudizio non può prescindere dall’indicazione delle competenze legislative assegnate dallo statuto, alle quali le disposizioni impugnate sarebbero riferibili qualora non operasse il nuovo testo dell’art. 117 Cost. (sentenze n. 194 del 2020 e n. 119 del 2019). Ed è, altresì, vero che […] “il ricorrente ben può dedurre la violazione dell’art. 117 Cost. e postulare che la normativa regionale o provinciale impugnata eccede dalle competenze statutarie quando a queste ultime essa non sia in alcun modo riferibile (sentenza n. 16 del 2012), fermo restando che la motivazione del ricorso su tale profilo dovrà divenire tanto più esaustiva, quanto più, in linea astratta, le disposizioni censurate appaiano invece inerenti alle attribuzioni dello statuto di autonomia (sentenza n. 213 del 2003)” (sentenza n. 151 del 2015). Deve, tuttavia, rilevarsi che […] l’omissione dell’indicazione delle competenze statutarie non inficia di per sé l’ammissibilità della questione promossa quando la normativa impugnata dal ricorrente non sia in alcun modo riferibile alle competenze statutarie, così da doversi escludere l’utilità dello scrutino alla luce delle disposizioni statutarie (sentenze n. 194 e n. 25 del 2020)» (sentenza n. 279 del 2020).
Nel caso di specie, «l’assoluta estraneità alle competenze statutarie, secondo la prospettazione del ricorrente, dei principi fondamentali nella materia “coordinamento della finanza pubblica” […] determina la non utilità di una motivazione più pregnante alla luce delle competenze statutarie. A tal riguardo, deve infatti rilevarsi come la prospettazione del ricorrente possa trovare ragionevole fondamento nel costante orientamento di questa Corte, secondo cui i principi di coordinamento della finanza pubblica recati dalla legislazione statale si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale (ex plurimis, tra le più recenti, sentenze n. 273, n. 263, n. 239, n. 238, n. 176 e n. 82 del 2015)» (sentenza n. 279 del 2020).
Né lo scrutinio nel merito può ritenersi precluso dall’accordo di finanza pubblica medio tempore intercorso tra lo Stato e la Regione autonoma Sardegna.
Infatti, come questa Corte ha rilevato in altre occasioni, il raggiungimento di un accordo del genere non determina di per sé – ossia, in mancanza di rinuncia – cessazione della materia del contendere (sentenze n. 31 del 2016 e n. 273 del 2015) né, tantomeno, costituisce causa d’inammissibilità o d’improcedibilità dell’impugnativa (sentenze n. 28 del 2016 e n. 239 del 2015).
3.1.3.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 31, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, nel testo anteriore alla sostituzione operata dall’art. 1, comma 2, lettera c), della legge reg. Sardegna n. 16 del 2019, non è fondata.
Occorre infatti rilevare che, come evidenziato anche dalla resistente, la disposizione impugnata, prevedendo lo stanziamento di euro 6.000.000 per ciascuna delle annualità 2019, 2020 e 2021 onde garantire al personale non dirigente del Servizio sanitario regionale un’integrazione del trattamento accessorio, finalizzata in via prioritaria a incentivare lo smaltimento delle liste d’attesa, incide sulla spesa (per il personale) del settore sanitario.
Ai sensi dell’art. 1, comma 836, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», «[d]all’anno 2007 la regione Sardegna provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato».
Viene, perciò, in rilievo la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario (sentenza n. 341 del 2009; successivamente ribadita dalle sentenze n. 174 del 2020, n. 241 del 2018, n. 231 del 2017, n. 75 del 2016, n. 125 del 2015, n. 115 del 2012 e n. 133 del 2010).
Dunque, la mancanza di un titolo statale a dettare, con riguardo alla spesa sanitaria della Regione autonoma Sardegna, norme di coordinamento finanziario esclude che l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 possa incidere, in quanto tale, sulla potestà legislativa regionale. Da ciò l’infondatezza della questione in esame.
3.2.– L’art. 10, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018 prevede che, «[a] seguito del trasferimento del personale delle autonomie locali nell’Amministrazione regionale […] e in deroga a quanto disposto dal comma 5 dell’articolo 70 della legge regionale n. 2 del 2016, i fondi per la retribuzione di posizione, per la retribuzione di rendimento, per il lavoro straordinario e per le progressioni dell’Amministrazione regionale sono incrementati, a decorrere dall’annualità 2019, rispettivamente di euro 200.000, euro 100.000, euro 60.000 ed euro 280.000 (missione 01 – programma 10 – titolo 1). I fondi destinati alla retribuzione accessoria del personale delle amministrazioni di provenienza sono conseguentemente rideterminati. […]».
Ad avviso del ricorrente, la citata disposizione violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che attribuisce al legislatore statale competenza esclusiva nella materia «ordinamento civile», di cui sarebbe espressione l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, cornice regolatoria in tema di contrattazione integrativa applicabile a tutte le pubbliche amministrazioni.
3.2.1.– La resistente ha eccepito l’inammissibilità della questione per esser stata dedotta la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. senza tener conto delle competenze spettanti alla Regione in virtù dello statuto di autonomia e per insufficienza della motivazione addotta a supporto del vulnus arrecato al parametro costituzionale evocato.
Le eccezioni non sono fondate, così come recentemente ritenuto da questa Corte in una fattispecie in cui veniva dedotta un’analoga violazione (sentenza n. 199 del 2020).
Quanto alla prima eccezione, infatti, il contenuto all’evidenza privatistico della disposizione denunciata, che incide sull’ammontare delle risorse destinate alla retribuzione del personale, e la natura del parametro evocato, che fa riferimento alla materia dell’ordinamento civile, escludono di per sé l’utilità di uno scrutinio alla luce delle disposizioni statutarie, avendo il ricorrente ben presente che lo statuto speciale nulla dispone sulla competenza legislativa regionale in detto ambito.
Quanto alla seconda eccezione, si deve anche in questa occasione rilevare che il ricorrente, nel richiamare la citata disposizione statale in tema di salario accessorio, ha, sia pure concisamente, dato conto dell’attinenza di detta norma alla violazione della competenza legislativa esclusiva nella materia «ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., da parte della norma regionale impugnata.
3.2.2.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018 non è fondata.
È ben vero che, «a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti pubblici, tra i quali, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, sono ricompresi anche i dipendenti delle Regioni, compete unicamente al legislatore statale, rientrando nella materia “ordinamento civile” (ex multis, sentenze n. 196 del 2018, n. 175 e n. 72 del 2017 e n. 257 del 2016); e ciò significa che detta disciplina “è retta dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva” (sentenza n. 160 del 2017), cui la legge dello Stato rinvia» (ex plurimis, sentenza n. 199 del 2020).
Tuttavia, nella fattispecie, il legislatore regionale non ha affatto regolato il trattamento economico del personale trasferito – disciplinato altrove e non dalla disposizione impugnata (sentenza n. 255 del 2020) – ma si è solo preoccupato di predisporre la provvista per corrisponderlo in conseguenza del transito, con una norma di carattere finanziario afferente alla spesa per la retribuzione di posizione, per quella di rendimento, per il lavoro straordinario e per le progressioni.
La disposizione impugnata, dunque, «non incide sulla competenza statale esclusiva nella materia “ordinamento civile”, in quanto essa non interviene sullo strumento di regolamentazione del trattamento accessorio, che resta rimesso alla contrattazione collettiva» (sentenza n. 199 del 2020).
Ne discende la non fondatezza della questione.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe;
1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 31, della legge della Regione autonoma Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019), promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 10, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara estinto il processo, limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 1 e 6, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, promosse, in riferimento agli artt. 81 e 117, secondo comma, lettera e), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Angelo BUSCEMA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 29 gennaio 2021.