SENTENZA N. 110
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
-
Giuseppe FRIGO Giudice
-
Alessandro CRISCUOLO ”
-
Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
-
Giancarlo CORAGGIO ”
-
Giuliano AMATO ”
-
Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
-
Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
-
Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’art. 37, commi 1 e 2, lettere a), c) e c)-bis, del decreto-legge
12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la
semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la
ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1,
comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, promossi
dalle Regioni Abruzzo, Marche, Puglia e Calabria con ricorsi notificati il
29-30 dicembre 2014, il 9-14 gennaio 2015 e il 12-13 gennaio 2015, depositati
in cancelleria il 7, il 15 ed il 21 gennaio 2015 e iscritti, rispettivamente,
ai nn. 2, 4, 5 e 14 del
registro ricorsi del 2015.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri, nonché gli atti di intervento dell’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia)
Onlus Ong e dell’Associazione "Amici del Parco
Archeologico di Pantelleria”;
udito nell’udienza pubblica del 5 aprile 2016 il Giudice
relatore Nicolò Zanon;
uditi gli avvocati Marcello Cecchetti per la Regione Marche
e per la Regione Puglia, Francesca Lalli per la
Regione Abruzzo, Graziano Pungì per la Regione
Calabria e l’avvocato dello Stato Paolo Grasso per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
1.― Con ricorso notificato il
29-30 dicembre 2014 e depositato il 7 gennaio 2015 (reg. ric. n. 2 del 2015),
la Regione Abruzzo ha impugnato, tra l’altro, l’art. 37 del decreto-legge 12
settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la
semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la
ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1,
comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, denunciandone il contrasto con
gli artt. 117, terzo
comma, e 118,
primo comma, della Costituzione, nonché con il principio di leale
collaborazione.
Parte ricorrente, preliminarmente,
ritiene lesiva la scelta di qualificare di interesse strategico, priorità a
carattere nazionale e di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai
sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
espropriazione per pubblica utilità – Testo A), «i gasdotti di importazione di
gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di
GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di
trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla
redazione dei progetti e le relative opere connesse». Infatti, si realizzerebbe
in tal modo un’attrazione, nell’ambito di una competenza statale esclusiva,
della materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell’energia», con violazione dell’art. 117, terzo
comma, Cost.
Inoltre, l’attribuzione del carattere
«di interesse strategico», secondo la Regione, risulterebbe assolutamente
generica e carente della fissazione dei presupposti necessari ad individuarne
specificamente l’ambito di applicazione.
Le disposizioni denunciate avrebbero
configurato una «chiamata in sussidiarietà» in materia di «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», appunto riservata alla
competenza legislativa concorrente, senza l’imprescindibile intesa con le
Regioni territorialmente interessate.
La Regione Abruzzo, sempre in premessa,
ritiene, altresì, che non ricorrano, e comunque non siano indicati, i
presupposti di necessità e urgenza (art. 77, secondo comma,
Cost.) che dovrebbero sostenere l’inserimento della disposizione impugnata
in un decreto-legge. Tali presupposti sarebbero infatti richiamati dal Governo
con formulazioni meramente apodittiche e, in ogni caso, non rispondenti ai
criteri che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (è citata la sentenza n. 220 del
2013), legittimerebbero il ricorso alla decretazione d’urgenza. Ancora,
l’impugnato art. 37, comma 1, del decreto-legge in questione, non conterrebbe
«misure di immediata applicazione», secondo quanto prescritto dall’art. 15,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri), evidenziandosi, anche sotto questa prospettiva, una
violazione dell’art. 77 Cost.
Tanto premesso, la Regione Abruzzo
evidenzia, in primo luogo, che la materia disciplinata dall’art. 37, comma 1, del
d.l. n. 133 del 2014, come convertito, rientrerebbe nell’ambito della
legislazione concorrente; da ciò conseguirebbe l’illegittimità costituzionale
della previsione, per violazione dell’art. 117, terzo comma,
Cost.
In secondo luogo, la norma impugnata si
porrebbe in contrasto anche con l’art. 118, primo comma,
Cost. e con il
principio di leale collaborazione, nella parte in cui, in materia
appartenente alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni,
avrebbe attribuito d’imperio a tutte le infrastrutture in questione la
qualifica di opere di interesse strategico, senza una previa intesa con le
Regioni interessate. Inoltre, l’assoluta genericità della norma censurata
renderebbe impossibile individuare l’esatta tipologia delle infrastrutture da autorizzare,
così come il mancato coinvolgimento delle amministrazioni regionali non
consentirebbe di valutare il grado di impatto, attuale e futuro, delle opere in
questione sui territori interessati dalla loro realizzazione.
La Regione Abruzzo sostiene che l’art.
37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, anziché aumentare la sicurezza di
approvvigionamento di energia (come proclamato dalla stessa disposizione),
avrebbe, quale unico effetto, quello di moltiplicare le infrastrutture in
questione, senza consentire che, a monte, venga effettuata una doverosa
valutazione – costituzionalmente di spettanza delle Regioni interessate – delle
necessità e delle priorità, come anche dell’impatto ambientale, sociale ed
economico di ciascuna opera.
Alla luce di tali considerazioni, la
Regione ricorrente eccepisce la violazione del principio di leale
collaborazione, il quale, per l’individuazione e la realizzazione delle opere
in questione, imporrebbe il rispetto di una procedura articolata, a struttura
necessariamente bilaterale, tale da assicurare lo svolgimento di reiterate
trattative: una procedura comunque non superabile attraverso l’unilaterale
decisione di una delle parti.
Inoltre, l’avocazione in sussidiarietà
da parte dello Stato di competenze concernenti l’individuazione e la
realizzazione degli interventi in materia di produzione, trasmissione e
distribuzione nazionale dell’energia sarebbe legittima, ai sensi dell’art. 118,
primo comma, Cost., solo se derivante da un giudizio positivo sulla
proporzionalità degli interventi stessi.
Nel caso di specie, secondo la Regione
ricorrente, il principio di proporzionalità non sarebbe rispettato, limitandosi
la disposizione censurata a qualificare come di «natura strategica» le
infrastrutture indicate all’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito, senza prevedere alcuna forma di coordinamento con i territori
interessati dalla realizzazione di dette infrastrutture (sono richiamate le
sentenze n. 117
del 2013 e n.
165 del 2011 della Corte costituzionale).
La Regione Abruzzo, a conforto della
propria tesi, richiama la giurisprudenza costituzionale in base alla quale la
previsione dell’intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica
l’illegittimità di una norma contenente la drastica previsione del rilievo
decisivo della volontà di una sola delle parti. Pertanto, in caso di mancato
raggiungimento dell’accordo, non sarebbe legittima, di per sé, l’assunzione
unilaterale di un provvedimento; dovendosi, invece, prevedere procedure di
reiterazione delle trattative, eventualmente anche con l’impiego di specifici
strumenti di mediazione (in proposito parte ricorrente richiama la sentenza n. 239 del
2013).
Al contrario, la disposizione ora
impugnata non prevederebbe alcun sollecito nei
confronti delle Regioni, né altre procedure di reiterazione delle trattative,
prima di consentire l’avocazione delle competenze in favore dello Stato, né
consentirebbe, infine, la partecipazione della Regione alle fasi preparatorie
del provvedimento statale (sono richiamate le sentenze n. 165 e n. 33 del 2011
della Corte costituzionale).
2.― Con ricorso, notificato il
9-14 gennaio 2015 e depositato il successivo 15 gennaio, la Regione Marche
(reg. ric. n. 4 del 2015) ha impugnato, tra l’altro, l’art. 37, comma 2, lettere
a)
e c-bis), del d.l. n. 133 del
2014, come convertito, denunciandone il contrasto con gli artt. 3, primo comma,
117, terzo comma,
e 118, primo comma,
Cost.
Secondo la Regione ricorrente, la
disposizione censurata violerebbe, anzitutto, le competenze legislative della
Regione in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia» e di «governo del territorio», nonché le competenze
amministrative che alla medesima spettano in base al principio di sussidiarietà
ex art. 118, primo comma, Cost.
Tale disposizione, infatti, dispone una
modifica dell’art. 52-quinquies del
d.P.R. n. 327 del 2001, all’esito della quale risulterebbe necessario procedere
all’acquisizione dell’intesa con la singola Regione interessata solo per
l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle «infrastrutture lineari
energetiche» di cui al comma 2 del citato art. 52-quinquies, e non anche per «i gasdotti di approvvigionamento di gas
dall’estero», per le «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti»
e per le relative «opere connesse», come aggiunti al suddetto comma 2,
dall’impugnato art. 37, comma 2, lettera a),
del d.l. n. 133 del 2014, come convertito.
Secondo la Regione ricorrente, il descritto
risultato lesivo deriverebbe dalla circostanza che l’intervento normativo
avrebbe condotto alla modifica del comma 2 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001, includendosi tra le
infrastrutture energetiche soggette all’autorizzazione disciplinata dal
medesimo comma «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le
operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative
opere connesse». Invece, nel comma 5 dello stesso art. 52-quinquies, la previsione della necessaria intesa con le Regioni
interessate sarebbe rimasta invariata, sicché essa varrebbe solo ed
esclusivamente per il rilascio dell’autorizzazione relativa alle
«infrastrutture energetiche lineari».
Osserva la ricorrente che l’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 è
stato modificato dall’art. 37, comma 2, lettera c-bis) del d.l. n. 133
del 2014, come convertito, il quale ha introdotto la previsione che il rilascio
dell’atto conclusivo del procedimento di cui al comma 2 dell’art. 52-quinquies avvenga «previa acquisizione
del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro
trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende acquisito».
Risulterebbe, dunque, evidente che,
mentre il comma 2 del citato art. 52-quinquies
sarebbe stato «aggiornato», includendo tra le infrastrutture energetiche
soggette all’autorizzazione disciplinata dalla medesima disposizione «i
gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni
preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere
connesse», il comma 5 del medesimo art. 52-quinquies
continuerebbe a prevedere l’intesa con le Regioni interessate solo ed
esclusivamente per l’autorizzazione relativa alle «infrastrutture energetiche
lineari». Di conseguenza, osserva la ricorrente, la necessaria acquisizione
dell’intesa con la singola Regione interessata non sarebbe prevista in
relazione, appunto, ai gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero,
incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le
relative opere connesse.
L’assetto normativo derivante dal
disposto delle lettere a) e c-bis) del comma 2 dell’art. 37 del d.l.
n. 133 del 2014, come convertito, sarebbe, dunque, incostituzionale, perché gli
ambiti sui quali intervengono le impugnate disposizioni sono affidate dall’art.
117, terzo comma, Cost. alla competenza legislativa concorrente regionale, in
materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e di
«governo del territorio», entro il limite dei principi fondamentali posti dalla
legge dello Stato.
In virtù dell’ultima disposizione
costituzionale citata, dunque, lo Stato, nelle materie in questione,
risulterebbe legittimato a porre soltanto principi fondamentali e non discipline
dettagliate e auto-applicative dell’azione amministrativa, quale si rivelerebbe
invece quella censurata.
La Regione ricorrente richiama in
proposito la giurisprudenza costituzionale in base alla quale la legge statale
può avocare al centro funzioni amministrative e, al contempo, regolarne
l’esercizio, superando indenne lo scrutinio di legittimità costituzionale,
purché siano previsti meccanismi che garantiscano un adeguato coinvolgimento
collaborativo delle Regioni interessate, secondo quanto previsto dalla sentenza n. 303 del
2003 della Corte costituzionale.
La Regione Marche cita anche la sentenza n. 6 del
2004, in cui la Corte costituzionale ha ulteriormente precisato che, «nella
perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più
in generale, dei procedimenti legislativi – anche solo nei limiti di quanto
previsto dall’art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) – la
legislazione statale di questo tipo "può aspirare a superare il vaglio di
legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto
le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese,
che devono essere condotte in base al principio di lealtà” (sentenza n. 303 del
2003)».
Ad avviso della ricorrente, la modifica
in esame provocherebbe anche una lesione al principio di eguaglianza, a causa
del diverso trattamento normativo che ne deriverebbe in relazione a fattispecie
del tutto sovrapponibili, essendo del tutto simili le infrastrutture in
questione. In relazione alle «infrastrutture lineari energetiche», infatti, la
legge statale prevede correttamente la necessaria acquisizione dell’intesa con
la Regione interessata, mentre ciò non accadrebbe per i «gasdotti di
approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
3.― Con ricorso, notificato il
9-14 gennaio 2015 e depositato il successivo 15 gennaio, la Regione Puglia
(reg. ric. n. 5 del 2015) ha impugnato, tra gli altri, l’art. 37, comma 2,
lettere a) e c-bis), del d.l. n.
133 del 2014, come convertito, denunciandone il contrasto con gli artt. 3, primo comma,
117, terzo comma,
e 118, primo comma,
Cost.
Secondo la Regione ricorrente, la
disposizione censurata, modificando l’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 – per cui risulterebbe
necessario procedere all’acquisizione dell’intesa con la singola Regione
interessata solo per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle
«infrastrutture lineari energetiche» di cui al comma 2 del medesimo art. 52-quinquies e non anche per i «gasdotti di
approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse», come
aggiunti al suddetto comma 2, dall’impugnato art. 37, comma 2, lettera a) del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito – lederebbe le competenze legislative della Regione in materia di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e di «governo
del territorio», nonché le competenze amministrative che alla medesima spettano
in base al principio di sussidiarietà ex
art. 118, primo comma, Cost.
Secondo la Regione Puglia, il descritto
risultato lesivo deriverebbe dalla circostanza che l’intervento normativo
avrebbe condotto all’aggiornamento del solo comma 2 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001,
includendosi tra le infrastrutture lineari energetiche soggette
all’autorizzazione disciplinata dal medesimo comma «i gasdotti di
approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
Invece, nel comma 5 del medesimo art.
52-quinquies, la previsione delle
opere per le quali è necessaria l’intesa con le Regioni interessate sarebbe
rimasta invariata, sicché essa varrebbe solo ed esclusivamente per il rilascio
dell’autorizzazione relativa alle «infrastrutture lineari energetiche».
Invero, il comma da ultimo menzionato è
stato modificato dall’art. 37, comma 2, lettera c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, il quale ha
introdotto la previsione in base alla quale il rilascio dell’atto conclusivo
del procedimento di cui al comma 2 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 avvenga «previa acquisizione
del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro
trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende acquisito».
È rimasta, così, invariata la prima
parte dell’art. 52-quinquies, comma
5, per la quale l’intesa con le Regioni interessate sarebbe limitata alle
«infrastrutture lineari energetiche di cui al comma 2», tra cui non potrebbero
rientrare «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le
operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative
opere connesse», giacché si tratterebbe di infrastrutture distinte rispetto a
quelle lineari energetiche ed inserite nel comma 2 dell’art. 52-quinquies, proprio in virtù
dell’impugnato art. 37, comma 2, lettera a),
del d.l. n. 133 del 2014, come convertito.
In sostanza, quindi, con riferimento
«[a]i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni
preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere
connesse», non sarebbe prevista l’acquisizione dell’intesa con la singola
Regione interessata.
Il delineato assetto normativo sarebbe
incostituzionale perché le materie sulle quali interviene l’impugnata
disposizione del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, vale a dire quelle
della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e del
«governo del territorio», sono affidate dall’art. 117, terzo comma, Cost. alla
competenza legislativa concorrente regionale, nei limiti dei principi
fondamentali posti dalla legge dello Stato.
La Regione ricorrente richiama in
proposito la giurisprudenza costituzionale in base alla quale la legge statale
può avocare al centro funzioni amministrative e, al contempo, regolarne
l’esercizio, superando indenne lo scrutinio di legittimità costituzionale,
purché siano previsti meccanismi che garantiscano un adeguato coinvolgimento
collaborativo delle Regioni interessate, secondo quanto previsto dalla sentenza n. 303 del
2003.
La Regione Puglia cita anche la sentenza n. 6 del
2004, in cui la Corte costituzionale ha ulteriormente precisato che, «nella
perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più
in generale, dei procedimenti legislativi – anche solo nei limiti di quanto
previsto dall’art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) – la
legislazione statale di questo tipo "può aspirare a superare il vaglio di
legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto
le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese,
che devono essere condotte in base al principio di lealtà” (sentenza n. 303 del
2003)».
Ad avviso della ricorrente, la modifica
in esame provocherebbe anche una lesione al principio di eguaglianza, a causa
del diverso trattamento normativo che ne deriverebbe in relazione a fattispecie
del tutto sovrapponibili, essendo del tutto simili le infrastrutture in
questione. In relazione alle «infrastrutture lineari energetiche», infatti, la
legge statale prevede correttamente la necessaria acquisizione dell’intesa con
la Regione interessata, mentre ciò non accadrebbe per i «gasdotti di
approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
4.― Con ricorso notificato il
12-13 gennaio 2015 e depositato il successivo 21 gennaio (reg. ric. n. 14 del
2015), la Regione Calabria, in forza del decreto del Presidente della Giunta
regionale n. 1 del 12 gennaio 2015, ha impugnato, tra l’altro, l’art. 37 del
d.l. n. 133 del 2014, come convertito, denunciandone il contrasto con gli artt. 2, 3, 114, 117, primo, terzo,
quarto e quinto comma, e 118 Cost., nonché
con i principi di
leale collaborazione e di sussidiarietà.
La Regione ricorrente sostiene, in
particolare, che l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito,
consentirebbe la realizzazione delle infrastrutture in esso indicate in deroga
alle procedure di valutazione ambientale, eliminando le ineludibili intese con
le Regioni, con sostanziale lesione delle competenze legislative delle Regioni
e di quelle amministrative e regolamentari degli enti locali interessati. Tale
tecnica legislativa, in ragione dell’ampiezza e della indeterminatezza
dell’intervento operato, si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, terzo,
quarto e quinto comma, e 118 Cost., risultando altresì violati i principi di
leale collaborazione e sussidiarietà, in considerazione anche della particolare
posizione di autonomia riconosciuta alla Regione rispetto agli altri enti
locali dall’art. 114 Cost.
Parte ricorrente evidenzia che non
intende dolersi della scelta, operata dal legislatore nazionale, di rilanciare
la fonte energetica, la quale «esprime con ogni evidenza un principio
comunitario della produzione dell’energia», né contestare la sussistenza delle
condizioni che legittimano la chiamata in sussidiarietà, ma lamenta il difetto
di un idoneo coinvolgimento regionale, conseguente a tale attrazione di
competenza, mediante la soppressione della necessaria interlocuzione con le
Regioni interessate.
Parte ricorrente ritiene che il
carattere strategico e di pubblica utilità, assegnato indistintamente alle
opere e agli interventi individuati nell’impugnato art. 37, comma 1, del d.l.
n. 133 del 2014, come convertito, sarebbe causa di illegittimità delle
disposizioni contenute nei commi successivi, in virtù delle quali risulterebbe
ridotta, se non eliminata, la partecipazione delle Regioni e degli enti locali
ai procedimenti autorizzatori relativi alle opere in
questione.
In particolare, secondo la
ricorrente, a causa dell’avvenuta modifica del solo comma 2 e non anche del
successivo comma 5 dell’art. 52-quinquies
del d.P.R. n. 327 del 2001, la
previsione della necessaria intesa con le Regioni interessate varrebbe solo ed
esclusivamente per il rilascio dell’autorizzazione relativa alle
«infrastrutture lineari energetiche» e non con riferimento «[a]i gasdotti di
approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
Ciò, peraltro, determinerebbe
un’incomprensibile differenziazione della disciplina in tema di gasdotti, a
seconda che gli stessi siano o meno inclusi tra quelli di cui all’art. 9 del
decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva n.
98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma
dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), atteso che solo per
quelli indicati in tale disposizione sarebbe prevista l’intesa con le Regioni.
Tale differenziazione determinerebbe la violazione dell’art. 3 Cost.
La Regione Calabria, evidenzia, ancora,
che l’autorizzazione disciplinata dall’art. 52-quinques del d.P.R. n. 327 del 2001, come novellato, estenderebbe i
propri effetti su tutti i piani di gestione del territorio. Da tale
considerazione deriverebbe il contrasto della norma impugnata con la legge 9
gennaio 2006, n. 14 (Ratifica ed esecuzione della
Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000),
in base alla quale la competenza a incidere sulla pianificazione territoriale è
specificamente assegnata ai livelli decentrati di governo del territorio.
Inoltre, ogni intervento statale
limitante la qualificata ed efficace partecipazione, da parte delle Regioni, ai
procedimenti inerenti la ricordata pianificazione sarebbe gravemente lesivo dei
diritti riconosciuti dall’art. 2 Cost., oltre che del principio di
sussidiarietà e di quanto previsto dagli artt. 117, primo e terzo comma, e 118
Cost.
La Regione ricorrente ritiene, altresì,
che l’introduzione, ai sensi dell’art. 37, comma 2, lettera c), del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito, di una procedura dettagliata per la risoluzione delle interferenze
– mediante l’elencazione dei «soggetti interferenti» (titolari o gestori di
beni e aree demaniali marittime, lacuali, fluviali, strade pubbliche,
aeroporti, ferrovie, ed altro), i quali, se interessati dal passaggio di
gasdotti, partecipano al procedimento di autorizzazione, cadenzato da fasi e
scadenze nelle quali assumerebbe preminenza la partecipazione attiva e
preponderante dei soggetti privati interessati alla realizzazione dell’opera –
inciderebbe sulle competenze assegnate nelle diverse materie oggetto di
«interferenza» alle Regioni ed agli enti locali, ai sensi del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali,
in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), realizzando
così una «estrapolazione» di tali materie dall’intesa forte che anche su di
esse dovrebbe essere raggiunta (sul tema sono richiamate le sentenze della
Corte costituzionale n. 383 e n. 62 del 2005,
n. 6 del 2004
e n. 303 del
2003).
4.1.― In data 13 aprile 2015, la
difesa della Regione Calabria ha depositato la deliberazione n. 8 del 5
febbraio 2015, con la quale la Giunta regionale ha deliberato di «ratificare e
confermare il decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 1 del 12 gennaio
2015».
5.― Nei giudizi originati dai
ricorsi descritti, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo, con
argomenti sostanzialmente coincidenti, l’infondatezza delle censure avanzate
dalle Regioni ricorrenti.
5.1.― In ordine all’asserita
violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., proposta dalla Regione Abruzzo,
la difesa statale – richiamando la relativa giurisprudenza costituzionale – ne
sostiene l’infondatezza. Essa osserva che, sotto il profilo finalistico, è
agevole rinvenire la ratio
unitaria posta a fondamento del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, il
quale risponderebbe ad obiettivi tutti allo stesso modo caratterizzati dal
requisito dell’urgenza: vale a dire rilanciare le opere pubbliche e l’edilizia
privata, nonché rafforzare la sicurezza e gli approvvigionamenti energetici del
Paese.
Gli interventi normativi in questione,
sebbene relativi a materie diverse, risponderebbero ad un unico nesso
finalistico, ricavabile con facilità dallo stesso titolo del decreto-legge, che
si propone di garantire «Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la
semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la
ripresa delle attività produttive».
Secondo l’Avvocatura generale dello
Stato, inoltre, dalla lettura della relazione di accompagnamento al disegno di
legge di conversione, si ricaverebbe un’adeguata esposizione delle ragioni che
hanno, nel caso, condotto all’utilizzo della decretazione d’urgenza. E, con
specifico riguardo all’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, tali
ragioni risulterebbero ampiamente motivate, essendo richiamata la urgente
necessità di attribuire «carattere di interesse strategico» alle infrastrutture
attraverso le quali il sistema italiano
del gas naturale si approvvigiona all’estero, diversificando fonti e rotte di
fornitura, rafforzando le capacità di trasporto e la capillarità della rete,
anche in previsione di una maggiore interoperabilità con il sistema europeo del
gas.
Non fondata sarebbe pure la doglianza relativa
all’asserito difetto, nella disposizione impugnata, di «misure di immediata
applicazione», secondo quanto prescritto dall’art. 15, comma 3, della legge n.
400 del 1988. Infatti, la disciplina introdotta dall’art. 37, comma 1, del d.l.
n. 133 del 2014 sarebbe tale da novellare le procedure autorizzative
concernenti le relative infrastrutture, risultando tali procedure
immediatamente applicabili, senza che occorra un ulteriore intervento normativo
di tipo regolamentare, volto a dare attuazione alla disciplina legislativa in
esame.
5.2.― Per quanto riguarda la violazione degli
artt. 117 e 118 Cost., prospettata da tutte le Regioni ricorrenti, l’Avvocatura
generale dello Stato rileva che la ricostruzione del principio di leale
collaborazione fornita dalle ricorrenti – in ragione della quale l’introduzione
di una legislazione statale di dettaglio, in materie devolute alla competenza
concorrente, dovrebbe in ogni caso risultare preceduta da un’intesa dello Stato
con i livelli di governo regionali – risulterebbe contrastante con quella
fornita dalla Corte costituzionale, quale desumibile dalla sentenza n. 6 del
2004.
Ricorda l’Avvocatura generale dello Stato che, in
tale pronuncia, la Corte ha affermato che, per poter attribuire funzioni
amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l’esercizio, la
legge statale «deve risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la
partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale
collaborazione o, comunque, prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per
l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi
centrali». In altri termini, la previsione di un’intesa tra Stato e Regioni, in
riferimento ad una disciplina statale che intervenga in materia attribuita alla
competenza concorrente, non sarebbe indispensabile ai fini della legittimità
costituzionale della legge statale, laddove quest’ultima preveda, da parte sua,
«adeguati meccanismi di cooperazione» tra i vari livelli di governo
nell’esercizio concreto delle funzioni amministrative.
La disposizione impugnata, peraltro, pur
introducendo una serie di semplificazioni nei procedimenti autorizzativi
riferiti alle infrastrutture lineari energetiche di cui all’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001, continuerebbe a
tutelare adeguatamente la posizione delle Regioni interessate nonché degli enti
locali nel cui territorio ricadono le infrastrutture stesse. Infatti, in base
al comma 5 dell’articolo da ultimo richiamato (così come modificato dall’art.
37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito), per le infrastrutture lineari
energetiche «l’atto conclusivo del
procedimento di cui al comma 2 è adottato d’intesa con le Regioni interessate,
previa acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le
infrastrutture, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali
il parere si intende acquisito».
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, in
sostanza, la legislazione statale prefigurerebbe un iter procedimentale
in cui le attività concertative, di coordinamento e di intesa tra Stato,
Regioni ed enti locali, assumerebbero il dovuto risalto, risultando perciò
evidente la piena compatibilità della norma di cui all’art. 37 del d.l. n. 133
del 2014, come convertito, con il canone costituzionale della leale
collaborazione.
5.3.― La
difesa statale contesta, inoltre, che, in virtù delle modifiche introdotte
dalla disposizione impugnata, l’intesa tra Stato e Regioni sarebbe riferibile
alle sole autorizzazioni uniche aventi ad oggetto le «infrastrutture lineari
energetiche, individuate dall’Autorità competente come appartenenti alla rete
nazionale dei gasdotti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio
2000, n. 164», così risultando esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 52-quinquies, comma 5, del
d.P.R. n. 327 del 2001 i gasdotti non inclusi tra quelli succitati, nonché le
operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative
opere connesse, per le quali sarebbe possibile prescindere dall’intesa forte
con le Regioni interessate.
In realtà, secondo l’Avvocatura generale dello
Stato, il menzionato art. 52-quinquies,
comma 5, nell’individuare gli ambiti di applicazione della cosiddetta "intesa
forte” tra Stato e Regioni, farebbe riferimento, in via generale, «all’atto
conclusivo del procedimento di cui al comma 2» relativo a tutte le
infrastrutture ivi previste, così ricalcando la rubrica dello stesso art. 52-quinquies, riferita a «Disposizioni particolari per le infrastrutture
lineari energetiche facenti parte delle reti energetiche nazionali».
Il mancato riferimento, da parte del comma 5, ai
gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero e alle relative operazioni
preparatorie, cui si applicano le procedure autorizzative prescritte dall’art.
52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001 – secondo l’Avvocatura
generale dello Stato – non indicherebbe la volontà legislativa di sottrarre
tali interventi al regime dell’intesa. Sarebbe risultato, invero, inutile
richiamare, all’interno del comma 5, l’intera formulazione del
precedente comma 2. E per ragioni di tecnica legislativa, risultava preferibile
il semplice riferimento alle «infrastrutture lineari energetiche» –
formula, questa, che richiama la rubrica della disposizione in argomento – e il
generale rinvio all’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del
2001.
Pertanto, pur non essendo i gasdotti di importazione
di gas dall’estero esplicitamente richiamati al comma 5 dell’art. 52-quinquies, nulla impedirebbe di
ritenerli ricompresi tra le infrastrutture lineari energetiche. Ciò
escluderebbe un loro trattamento normativo irragionevolmente difforme rispetto
a queste ultime, con conseguente infondatezza dell’eccezione di illegittimità
costituzionale della disposizione per violazione dell’art. 3 Cost.
5.4.― Con riguardo alla qualifica di interesse
strategico riferita alle infrastrutture di cui all’art. 37, comma 1, del d.l.
n. 133 del 2014, come convertito – oggetto di specifica doglianza da parte
delle Regioni Abruzzo e Calabria – la difesa statale evidenzia che il
legislatore avrebbe tenuto conto precipuamente delle situazioni di crisi
internazionali esistenti, formulando allo scopo una specifica norma di rango
primario.
Infatti, in ragione dei recenti sviluppi negativi
internazionali relativi alle aree di approvvigionamento o di transito di gas
naturale, si sarebbe reso necessario e urgente attribuire carattere strategico
ai fini amministrativi: 1) alle infrastrutture attraverso le quali il sistema
italiano del gas naturale si approvvigiona dall’estero, con il fine di
diversificare fonti e rotte di fornitura; 2) alle infrastrutture della rete
nazionale di trasporto e relative opere connesse, con l’obiettivo di rafforzare
le capacità di trasporto e la "magliatura” della
rete, anche in previsione di una maggiore interoperabilità con il sistema
europeo del gas (è citata, in questi termini, la relazione al disegno di legge
di conversione del decreto-legge).
L’Avvocatura generale
dello Stato afferma, in proposito, che risulterebbe
garantito il pieno rispetto del ruolo delle Regioni nella materia di competenza
concorrente, dovendo il procedimento amministrativo inerente alle
infrastrutture di che trattasi concludersi con un’autorizzazione unica, la
quale, ai sensi dell’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327 del
2001, è adottata «d’intesa con le Regioni interessate», sicché non sarebbe
riscontrabile alcuna lesione a danno della pertinente competenza legislativa
regionale concorrente (sono richiamate, in proposito, le sentenze n. 165 del 2011
e n. 331 del
2010 della Corte costituzionale).
5.5.― Per quanto riguarda l’asserito contrasto
dell’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, con la Convenzione
europea sul paesaggio e con la rispettiva legge di ratifica n. 14 del 2006,
proposto dalla Regione Calabria, l’Avvocatura generale dello Stato rileva
trattarsi di un contrasto prospettato in via del tutto generica, senza alcuna
individuazione delle disposizioni convenzionali ipoteticamente lese, nonché in
difetto di adeguata motivazione: una censura
da ritenersi, quindi, inammissibile ovvero, in subordine, infondata, a
fronte dell’adeguato coinvolgimento di Regioni ed enti locali nell’iter procedimentale
volto al rilascio di provvedimenti autorizzativi, secondo quanto in precedenza
argomentato.
5.6.― Con riferimento, da ultimo, alla
illegittimità costituzionale – prospettata dalla Regione Calabria – dell’art.
37, comma 2, lettera c), del d.l. n.
133 del 2014, come convertito, nella parte in cui prevede la partecipazione dei
cosiddetti «soggetti interferenti» al procedimento autorizzativo, la difesa
statale rileva che la disposizione in esame introdurrebbe nell’iter procedimentale di
cui all’art. 52-quinquies, comma 2,
del d.P.R. n. 327 del 2001 un momento sub-procedimentale
volto a tutelare particolarmente la posizione di detti soggetti, mediante un
loro diretto coinvolgimento nel procedimento amministrativo. Tale
coinvolgimento si sostanzierebbe nell’indicazione delle modalità di
attraversamento degli impianti ed aree interferenti, da parte dei soggetti
direttamente portatori di interessi a riguardo. In tale contesto resterebbe,
comunque, inalterato, ex art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327
del 2001, il momento dell’intesa tra Stato e Regioni, al cui raggiungimento
sarebbe in ogni caso subordinata l’emanazione della cosiddetta autorizzazione
unica.
6.― La Regione Abruzzo, in data 10
marzo 2016, ha depositato una memoria difensiva, nella quale ha ribadito quanto
già esposto in sede di ricorso.
7.― La Regione Marche, in data 15
marzo 2016, ha depositato memoria difensiva, insistendo nella richiesta di
declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 2, lettere a) e c-bis) del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito.
La Regione ricorrente, dopo aver
riassunto i motivi di doglianza già illustrati nel ricorso introduttivo, nega,
in particolare, che la disposizione impugnata possa interpretarsi nel senso
indicato dall’Avvocatura generale dello Stato. Insiste, così, nel ritenere che
la formulazione del novellato art. 52-quinquies
del d.P.R. n. 327 del 2001 non obbligherebbe all’intesa con le Regioni
interessate per il rilascio delle autorizzazioni relative ai gasdotti di
approvvigionamento di gas dall’estero (incluse le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse).
8.― La Regione Puglia, in data 15
marzo 2016, ha depositato memoria difensiva, insistendo nella richiesta di
declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 2, lettere a) e c-bis) del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito.
La Regione ricorrente, dopo aver
ribadito i motivi di censura già illustrati nel ricorso introduttivo, esclude,
in particolare, che la disposizione impugnata possa interpretarsi nel senso
indicato dall’Avvocatura generale dello Stato. Insiste, così, nel ritenere che
la formulazione del novellato art. 52-quinquies
del d.P.R. n. 327 del 2001 non obbligherebbe all’intesa con le Regioni
interessate per il rilascio delle autorizzazioni relative ai gasdotti di
approvvigionamento di gas dall’estero (incluse le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse).
9.― L’Avvocatura generale dello
Stato, in data 15 marzo 2016, ha depositato, nei quattro giudizi, distinte
memorie illustrative, riproponendo le argomentazioni difensive già esposte.
10.― Con atti ritualmente depositati –
rispettivamente, il 2 marzo 2015 nei giudizi promossi dalla Regione Abruzzo
(reg. ric. n. 2 del 2015) e dalla Regione Marche (reg. ric. n. 4 del 2015); il
9 marzo 2015 nel giudizio promosso dalla Regione Puglia (reg. ric. n. 5 del
2015); il 23 marzo 2015 in quello promosso dalla Regione Calabria (reg. ric. n.
14 del 2015) – è intervenuta l’Associazione italiana per il World Wide Fund for
Nature (WWF Italia) Onlus Ong, chiedendo che l’art.
37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, sia dichiarato costituzionalmente
illegittimo.
L’interveniente argomenta,
preliminarmente, la propria legittimazione alla partecipazione al giudizio,
evidenziando che una pronuncia di accoglimento o di rigetto dei ricorsi
proposti dalle Regioni eserciterebbe un’influenza diretta, con effetti
rilevanti, sulla propria posizione soggettiva. Sottolinea, quindi, di essere
soggetto esponenziale degli «interessi collettivi soggiacenti all’utilizzo
sostenibile del suolo e sottosuolo marino e territoriale».
Richiama, inoltre, la Convenzione di Aarhus in tema di accesso alla giustizia ambientale,
ratificata con la legge 16 marzo 2001, n. 108 (Ratifica
ed esecuzione della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la
partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia
in materia ambientale, con due allegati, fatta ad Aarhus
il 25 giugno 1998) e da ritenersi vincolante, anche in forza della
normativa comunitaria. In base a tale Convenzione, gli Stati dovrebbero
assicurare, asserisce l’interveniente, «la possibilità al pubblico, allorché
questo soddisfi i requisiti
eventualmente richiesti dalla legge nazionale, di ottenere rimedio
giurisdizionale contro atti e omissioni dei privati o delle pubbliche autorità,
compiute in violazione del diritto nazionale». Nella nozione di «pubblico», ai
sensi della medesima Convezione, ben potrebbe rientrare il WWF Italia, in
quanto associazione riconosciuta dal Ministero dell’ambiente ai sensi dell’art.
13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del
Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale) e,
dunque, in possesso dei requisiti nazionali legittimanti ad agire in giudizio a
difesa di interessi ambientali nazionali.
11.― Con atto depositato in data
11 giugno 2015, nel giudizio introdotto dalla Regione Puglia (reg. ric. n. 5
del 2015) è intervenuta l’Associazione "Amici del Parco Archeologico di
Pantelleria”, chiedendo che l’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito,
sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.
L’associazione motiva la propria
legittimazione all’intervento evidenziando di aver proposto, il 6 ottobre 2014,
osservazioni nell’ambito di un procedimento di valutazione di impatto
ambientale incardinato presso il Ministero dell’ambiente per il conseguimento
di un permesso di prospezione in mare, al fine di contribuire ad una migliore
comprensione dell’assetto geologico dell’area localizzata tra le isole di
Pantelleria e Malta.
L’interveniente segnala, altresì, di
aver intrapreso una serie di attività dirette a sollecitare il Governo a
mantener fede agli impegni assunti in ordine al recepimento della direttiva 12
giugno 2013, n. 2013/30/UE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che
modifica la direttiva 2004/35/CE – Testo rilevante ai fini del SEE).
Richiama, da ultimo, la più recente
giurisprudenza amministrativa, che avrebbe ammesso l’intervento in giudizio di
soggetti terzi i quali vantino un interesse di mero fatto all’accoglimento o al
rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1.― Le Regioni Abruzzo, Marche, Puglia e Calabria, con ricorsi
iscritti, rispettivamente, al reg. ric. n. 2, n. 4, n. 5 e n. 14 del 2015, hanno
promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37,
comma 1 e comma 2, lettere a), c) e c-bis),
del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei
cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del
Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e
per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164.
L’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014,
come convertito, prevede che «i
gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione
di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale
di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie
alla redazione dei progetti e le relative opere connesse rivestono carattere di
interesse strategico e costituiscono una priorità a carattere nazionale e sono
di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327».
Il successivo comma 2 della disposizione
impugnata modifica, in più parti, l’art. 52-quinquies
del decreto del Presidente della
Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per
pubblica utilità), stabilendo –
per quanto di rilievo nel presente giudizio – che l’autorizzazione già prevista
per la costruzione e l’esercizio delle infrastrutture lineari energetiche sia estesa
anche ai «gasdotti di
approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse»;
esso prevede, altresì, che il rilascio di detta autorizzazione sia preceduto
dall’acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture
in oggetto, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il
parere si intende acquisito.
Il comma in esame introduce, inoltre,
un’apposita disciplina per la risoluzione delle cosiddette "interferenze”,
stabilendo che i soggetti titolari o
gestori di beni, aree o impianti – interessati dal passaggio di gasdotti della
rete nazionale di trasporto o di gasdotti di importazione di gas dall’estero –
partecipino al procedimento di autorizzazione alla costruzione, indicando le
modalità di attraversamento degli impianti e le aree interferenti. Qualora tali
modalità non siano indicate entro i termini di conclusione del procedimento, il
soggetto richiedente l’autorizzazione alla costruzione dei gasdotti, propone
direttamente, entro i successivi trenta giorni, le modalità di attraversamento,
le quali, trascorsi ulteriori trenta giorni senza osservazioni, si intendono
comunque assentite definitivamente e approvate con il decreto di autorizzazione
alla costruzione.
1.1.―
La Regione Abruzzo ritiene, in primo luogo, che l’art. 37 del d.l. n. 133 del
2014, come convertito, violi l’art. 77, secondo comma, della Costituzione,
giacché la disposizione risulterebbe «scarsamente motivat[a]
sul piano della sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed
urgenza, richiamati in realtà con formulazioni apodittiche» e, in ogni caso,
non rispondenti ai requisiti che legittimano il ricorso alla decretazione
d’urgenza, quali indicati da questa Corte (da ultimo, sentenza n. 220 del
2013).
1.2.― Le Regioni Abruzzo e Calabria impugnano l’art. 37, comma 1,
del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, nella parte in cui stabilisce che «i
gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione
di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale
di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie
alla redazione dei progetti e le relative opere connesse rivestono carattere di
interesse strategico». Entrambe le Regioni prospettano il contrasto con gli
artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.; la sola Regione Calabria
evoca anche i parametri di cui agli artt. 114, 117, quarto comma, e 118 Cost.
nella sua interezza nonché i principi di leale collaborazione e di
sussidiarietà.
Ritengono, infatti, le ricorrenti che tale disposizione, intervenendo in
materia appartenente alla competenza legislativa concorrente di Stato e
Regioni, avrebbe attribuito d’imperio a tutte le infrastrutture in questione la
qualifica di opere di interesse strategico, senza la preventiva intesa con le
Regioni interessate, determinando con ciò la lesione dei parametri ricordati.
1.3.― Le Regioni Marche, Puglia e
Calabria impugnano, inoltre, il comma 2, lettere a) e c-bis), dell’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, per
contrasto con gli artt. 3, 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.
La Regione Calabria lamenta, oltre alle
violazioni indicate, anche la lesione degli artt. 2, 114 e 117, primo, quarto e
quinto comma, Cost., nonché dei principi di leale collaborazione e di
sussidiarietà.
Ad avviso delle ricorrenti, a seguito
delle modifiche introdotte dalle disposizioni impugnate nell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001,
risulterebbe ora necessario procedere all’acquisizione dell’intesa con la
Regione interessata solo per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio
delle «infrastrutture lineari energetiche» di cui al comma 2 del citato art.
52-quinquies, e non anche per «i
gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero», per le «operazioni
preparatorie necessarie alla redazione dei progetti» e per le relative «opere
connesse». Ciò determinerebbe una lesione sia delle competenze legislative
regionali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia» e di «governo del territorio», sia delle competenze
amministrative che alle Regioni spettano in base al principio di sussidiarietà ex art. 118, primo comma, Cost.
Sussisterebbe altresì, ad avviso delle ricorrenti, una lesione del principio di
eguaglianza, a causa del diverso trattamento riservato a fattispecie del tutto
sovrapponibili: da un lato, i «gasdotti di approvvigionamento di gas
dall’estero», con relative opere e progetti connessi, dall’altro le «infrastrutture
lineari energetiche» di cui all’art. 52-quinquies,
comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001.
A sostegno delle proprie censure le
ricorrenti osservano che l’art. 52-quinquies,
comma 5, è stato modificato dall’art. 37, comma 2, lettera c-bis), del d.l. n. 133
del 2014, come convertito, il quale vi ha introdotto la previsione che il
rilascio dell’atto conclusivo del procedimento di cui al comma 2 del medesimo
art. 52-quinquies avvenga «previa
acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da
rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si
intende acquisito».
Risulterebbe, dunque, evidente che,
mentre il comma 2 del citato art. 52-quinquies
sarebbe stato «aggiornato», includendo tra le infrastrutture lineari
energetiche soggette all’autorizzazione disciplinata dalla medesima
disposizione «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le
operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative
opere connesse», il comma 5 del medesimo art. 52-quinquies continuerebbe a prevedere l’intesa con le Regioni
interessate esclusivamente per l’autorizzazione relativa alle «infrastrutture
lineari energetiche». Di conseguenza – osservano le ricorrenti, che ritengono
di coinvolgere nell’impugnazione anche la citata lettera c-bis) dell’art. 37, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito – la necessaria acquisizione dell’intesa con la singola Regione
interessata non sarebbe prevista in relazione, appunto, ai gasdotti di approvvigionamento
di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla
redazione dei progetti e le relative opere connesse.
Inoltre, nel ricorso della Regione
Calabria, l’asserita violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. dipenderebbe dal
contrasto delle disposizioni impugnate con norme internazionali e convenzionali
e, segnatamente, con la Convenzione europea sul paesaggio, firmata a Firenze il
20 ottobre 2000, ratificata e resa esecutiva con legge 9 gennaio 2006, n. 14.
Infatti, ad avviso della ricorrente, il rilascio dell’autorizzazione alla
realizzazione dei citati gasdotti, incidendo su tutti i piani di gestione del
territorio, determinerebbe lesioni alle prerogative delle Regioni e degli enti
locali in materia di pianificazione territoriale e di protezione civile,
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, e tutela della salute.
1.4.― La sola Regione Calabria
lamenta, infine, la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo
comma, Cost., nella parte in cui, modificando l’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001, l’art. 37, comma 2,
lettera c), del d.l. n. 133 del 2014,
come convertito, rende necessario che al procedimento di autorizzazione alla
realizzazione dei gasdotti partecipino i cosiddetti «soggetti interferenti»
(titolari o gestori di beni o aree demaniali, marittimi, lacuali, fluviali,
strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, ed altro), cioè i soggetti interessati
dal loro passaggio: tale partecipazione necessaria inciderebbe sulle competenze
assegnate alle Regioni ed agli enti locali nelle materie oggetto di
interferenza, giacché realizzerebbe una «estrapolazione di tali materie
dall’intesa forte che anche su di esse dovrebbe essere raggiunta».
2.― I
quattro ricorsi vertono sulle medesime disposizioni ed avanzano censure
identiche o analoghe, e collegate tra loro. Ai fini di una decisione congiunta,
è perciò opportuna la riunione dei relativi giudizi, mentre resta riservata a
separate pronunce la decisione delle questioni di legittimità costituzionale relative
alle altre disposizioni del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, impugnate
con i medesimi ricorsi.
3.― In via preliminare, deve essere dichiarata l’inammissibilità degli interventi spiegati dall’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) Onlus Ong, nei quattro giudizi, e dall’Associazione "Amici del Parco Archeologico di Pantelleria”, nel solo giudizio promosso dalla Regione Puglia (in quest’ultimo, tra l’altro, con atto depositato oltre il termine perentorio stabilito dalla normativa in vigore).
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, il giudizio di costituzionalità delle leggi, promosso in via d’azione ai sensi dell’art. 127 Cost. e degli artt. 31 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), si svolge esclusivamente tra soggetti titolari di potestà legislativa e non ammette l’intervento di soggetti che ne siano privi, fermi restando, per costoro, ove ne ricorrano i presupposti, gli altri mezzi di tutela giurisdizionale eventualmente esperibili (ex plurimis, sentenze n. 251, n. 118 e n. 31 del 2015, n. 210 del 2014, n. 285, n. 220 e n. 118 del 2013, n. 245, n. 114 e n. 105 del 2012, n. 69 e n. 33 del 2011, n. 278 del 2010).
4.― Ancora in via preliminare, va dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Regione Calabria.
Risulta che il ricorso è stato promosso dal solo Presidente della Regione, con decreto del 12 gennaio 2015, e che la Giunta regionale ha ratificato il provvedimento con deliberazione del 5 febbraio 2015, depositata nella cancelleria di questa Corte il 13 aprile 2015, quando era trascorso il termine perentorio di dieci giorni dall’ultima notificazione del ricorso, termine ricavabile dagli artt. 32, comma 3, e 31, comma 4, della legge n. 87 del 1953.
Non rilevano, quindi, nella specie, le ragioni per le quali la determinazione di impugnare è stata assunta dal solo Presidente della Regione, in assenza della previa deliberazione della Giunta, la cui presenza è invece necessaria, in base all’art. 32, comma 2, della legge n. 87 del 1953, in quanto risponde ad esigenze non soltanto formali, ma sostanziali, per l’importanza e per gli effetti costituzionali ed amministrativi che tale delibera può produrre (sentenze n. 217 del 2014, n. 142 del 2012, n. 33 del 1962; analogamente le sentenze n. 8 del 1967; n. 119 del 1966; n. 36 del 1962). Tali ragioni, del resto, non sono desumibili dagli atti del giudizio, nulla avendo dedotto su di esse la Regione Calabria, in assenza, peraltro, di una corrispondente eccezione dell’Avvocatura generale dello Stato.
Rileva soltanto, e preliminarmente, in questa sede, la tardività del deposito della deliberazione della Giunta, adottata a ratifica dell’originario decreto presidenziale.
È in proposito da ribadire (sentenze n. 217 del 2014 e n. 142 del 2012) che, in base alla disciplina che regola i giudizi davanti a questa Corte, al fine di garantire l’economia, la celerità e la certezza del giudizio costituzionale, è necessario che la volontà della Giunta regionale di promuovere ricorso avverso una legge dello Stato sia accertata, mediante acquisizione della deliberazione agli atti del processo, al più tardi al momento in cui il ricorso va depositato nella cancelleria di questa Corte, e cioè entro il termine perentorio ricordato.
Infatti, il deposito del ricorso notificato costituisce un momento essenziale del processo costituzionale, perché comporta la costituzione in giudizio della parte ricorrente, fissa definitivamente il thema decidendum (impedendone ogni successivo ampliamento), instaura il rapporto processuale con questa Corte, segna l’inizio del termine ordinatorio di novanta giorni per la fissazione dell’udienza di discussione del ricorso (art. 35 della legge n. 87 del 1953), e dalla sua scadenza decorre il termine, pure perentorio, entro il quale le altre parti possono costituirsi in giudizio (così, ancora, la sentenza n. 217 del 2014).
5.― Sempre in via preliminare, dev’essere dichiarata inammissibile la censura, proposta dalla Regione Abruzzo, che asserisce la violazione, da parte dell’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, dell’art. 77, secondo comma, Cost., risultando la disposizione, ad avviso della ricorrente, «scarsamente motivat[a] sul piano della sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza», richiamati «con formulazioni apodittiche» e, in ogni caso, asseritamente non rispondenti ai requisiti che legittimano il ricorso alla decretazione d’urgenza.
A prescindere da ogni altra considerazione, la deliberazione con la quale l’organo esecutivo della Regione ha disposto la proposizione del ricorso non fa alcun cenno a siffatta questione, non risultando incluso l’art. 77, secondo comma, Cost. tra i parametri dei quali si lamenta la violazione ad opera delle censurate disposizioni del d.l. n. 133 del 2014, come convertito. E la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale deve sussistere, a pena d’inammissibilità, una piena e necessaria corrispondenza tra la deliberazione con cui l’organo legittimato si determina all’impugnazione ed il contenuto del ricorso, attesa la natura politica dell’atto d’impugnazione (ex plurimis, sentenze n. 1 del 2016, n. 250, n. 153, n. 55, n. 46 e n. 8 del 2015).
6.― La prima delle residue censure da affrontare nel merito riguarda le questioni, proposte dalla Regione Abruzzo, avverso l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, il quale sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, Cost., nonché del «principio di leale collaborazione».
In sintesi,
intervenendo in una materia appartenente alla competenza legislativa
concorrente di Stato e Regioni, tale disposizione avrebbe attribuito d’imperio
a tutte le infrastrutture da essa elencate la qualifica di opere di interesse
strategico, senza la preventiva intesa con le Regioni interessate, determinando
con ciò la lesione dei parametri sopra indicati.
La
ricorrente, in particolare, evoca la giurisprudenza elaborata da questa Corte,
in base alla quale la deroga, a favore del legislatore statale, al normale
riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V, Parte II, della
Costituzione, e l’attrazione allo Stato delle relative funzioni amministrative,
possono giustificarsi solo se la valutazione dell’interesse pubblico
sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia
proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza, alla stregua di uno
scrutinio stretto di costituzionalità, e sia oggetto di un accordo stipulato
con la Regione interessata.
Le questioni, che evocano una violazione dei
principi elaborati da questa Corte in tema di chiamata in sussidiarietà, non
sono, tuttavia, fondate, in relazione a tutti i parametri evocati.
L’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133
del 2014, come convertito, provvede ad attribuire «carattere di interesse
strategico» ad alcune specifiche infrastrutture, come pure a definire le stesse
«priorità a carattere nazionale», «di pubblica utilità, nonché indifferibili e
urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.
327». L’elenco di tali infrastrutture ricomprende i gasdotti di «importazione» di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di gas naturale liquido, gli stoccaggi di
gas naturale e «le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas
naturale». Inoltre, vengono espressamente incluse nell’elenco, con ciò
attribuendosi loro le medesime qualificazioni conferite alle infrastrutture
citate, le «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le
relative opere connesse».
Questa previsione, recita il comma in
questione, ha lo scopo «di aumentare la sicurezza delle forniture di gas
al sistema italiano ed europeo del gas naturale, anche in considerazione delle
situazioni di crisi internazionali esistenti».
Nell’ambito della disposizione descritta, ai
fini dell’esame delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, è
necessario distinguere, da un lato, l’attribuzione alle infrastrutture
ricordate del «carattere di interesse strategico», oltre che di «priorità
nazionale», e, dall’altro, la loro qualificazione come opere di
«pubblica utilità» nonché «indifferibili e urgenti», ai sensi del d.P.R. 8
giugno 2001, n. 327.
Tale necessaria distinzione discende, da una
parte, dalla circostanza che le censure della Regione ricorrente si appuntano
sul solo «carattere di interesse strategico» attribuito alle infrastrutture
citate, senza coinvolgimento delle ulteriori qualificazioni che la disposizione
attribuisce loro; e, dall’altra, dalla circostanza che tali ulteriori
qualificazioni si inseriscono nel solco di quanto previsto dall’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327
del 2001, il quale già stabilisce che per le infrastrutture lineari
energetiche, individuate dal medesimo comma, l’autorizzazione alla costruzione
ed all’esercizio delle stesse comprende, tra l’altro, la dichiarazione di
pubblica utilità dell’opera, nonché l’apposizione del vincolo preordinato
all’esproprio dei beni in essa compresi.
Orbene, quanto al «carattere di interesse strategico» attribuito alle infrastrutture citate – unico profilo oggetto d’impugnazione – deve, innanzitutto, escludersi che tale attribuzione sia assimilabile, quanto a contenuto ed effetti, a quella già disciplinata nella cosiddetta "legge obiettivo” (legge 21 dicembre 2001, n. 443, recante «Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive», le pertinenti disposizioni della quale, peraltro, sono ora oggetto della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, recante «Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture», che indica, tra gli altri, quale criterio direttivo, il loro espresso superamento).
Infatti, in base alle disposizioni della "legge obiettivo”, il coinvolgimento delle Regioni interessate è previsto, sia in sede di programmazione, mediante lo strumento dell’intesa attinente alla stessa individuazione delle infrastrutture, pubbliche e private, e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare, sia nella successiva fase di approvazione dei relativi progetti nell’ambito del Comitato interministeriale per la programmazione economica, allargato ai Presidenti delle Regioni interessate.
È, in particolare, tale duplice forma di partecipazione
delle Regioni che ha consentito a questa Corte, nella sentenza n. 303 del
2003 (in tal senso, anche la sentenza n. 7 del
2016), di ritenere rispettata la sfera di attribuzioni costituzionali delle
Regioni, pur in presenza di una legge statale che, in materia di competenza
concorrente, ha conferito rilevanti funzioni amministrative allo Stato.
Nulla di tutto ciò viene, in ogni caso, in questione con l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito. Secondo modalità assai diverse da quelle appena descritte, la disposizione impugnata attribuisce direttamente il «carattere di interesse strategico» a tutte le categorie di infrastrutture indicate al suo primo comma. Non è, infatti, prevista una procedura per l’individuazione, nell’ambito della categoria di riferimento, delle specifiche strutture da definirsi strategiche. Né, ed è ciò che più conta, l’attribuzione del carattere di interesse strategico risulta strumentale ad una attività di programmazione e progettazione, in funzione della realizzazione di specifiche infrastrutture rientranti in ciascuna delle categorie.
Sicché, è d’obbligo concludere che l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, né può sostituirsi alla ricordata disciplina della "legge obiettivo”, né può ambire a produrre effetti comparabili.
Inoltre, è
essenziale osservare che la disposizione impugnata non modifica – né espressamente, né implicitamente – le singole discipline di
settore, dettate per la localizzazione, la realizzazione ovvero l’autorizzazione
all’esercizio di ciascuna delle categorie di infrastrutture in essa elencate.
Per ognuna di tali categorie, infatti, esiste
una specifica disciplina procedimentale per la realizzazione e la messa in
esercizio delle relative opere. Ciascuna di tali discipline, in forme diverse,
prevede la partecipazione degli enti territoriali, e, ciò che è qui decisivo,
richiede espressamente l’intesa con la singola Regione interessata. Ciò accade
per i terminali di rigassificazione di gas naturale
liquefatto (art. 46, comma 1, del decreto-legge 1º ottobre 2007, n. 159,
recante «Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo
sviluppo e l’equità sociale», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 29 novembre 2007, n. 222); per gli stoccaggi di gas naturale (art. 11 del decreto
legislativo 23 maggio 2000, n. 164, recante «Attuazione della direttiva n.
98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma
dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144», e, in particolare, il
decreto del Ministero dello sviluppo economico 21 gennaio 2011, recante
«Modalità di conferimento della concessione di stoccaggio di gas naturale in
sotterraneo e relativo disciplinare tipo», che, in ordine a tali modalità di conferimento
delle concessioni, prevede la necessità dell’intesa con la Regione interessata); per le infrastrutture della rete nazionale
di trasporto del gas naturale (per le quali è da richiamare il già ricordato art. 52-quinquies,
comma 5, del d.P.R. n. 327 del
2001).
Solo per una delle categorie di opere
elencate nella disposizione impugnata, vale a dire per «i gasdotti di approvvigionamento di gas
dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei
progetti e le relative opere connesse», la situazione sembra presentarsi diversamente.
In effetti,
l’art. 37, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, estendendo a
tali opere la disciplina di cui all’art. 52-quinquies,
comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001, parrebbe escludere, ad una prima
lettura, la necessaria intesa con la Regione per l’adozione dell’atto
conclusivo del procedimento autorizzatorio. Ed
esattamente per tale ragione, questa parte di disposizione è oggetto di
separata doglianza, da esaminarsi più avanti.
Tuttavia, per
quel che rileva in sede d’esame della censura relativa all’art. 37, comma 1,
del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, va sottolineato che non è la
qualificazione in termini di opera rivestente «carattere di interesse
strategico», in se stessa considerata, a determinare l’asserita modifica del
procedimento autorizzatorio relativo ai gasdotti di
approvvigionamento di gas dall’estero: il lamentato effetto lesivo deriverebbe,
invece, dal contenuto del successivo comma 2 dell’art. 37 del d.l. n. 133 del
2014, come convertito, che, infatti, le ricorrenti impugnano proprio per questa
ragione.
Alla luce di
tale ricostruzione del quadro normativo, l’attribuzione del «carattere di
interesse strategico» alle infrastrutture in questione, effettuata in via generale
dalla disposizione normativa impugnata, non determina, di per sé, alcuna
modifica alle normative di settore prima richiamate, né, di conseguenza –
prevedendo queste ultime sempre la necessaria intesa con la Regione interessata
– alcuna deroga ai principi, elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, in
tema di chiamata in sussidiarietà e di necessaria partecipazione delle Regioni.
In definitiva,
l’attribuzione di «carattere di interesse strategico» contenuta nell’art. 37,
comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito – da ritenere espressione
normativa di un indirizzo volto a fornire impulso e rilievo allo sviluppo energetico nazionale – deve essere collocata e interpretata alla
luce delle specifiche discipline che regolano localizzazione, realizzazione e
autorizzazione all’attività, per ciascuna delle infrastrutture elencate dalla
disposizione impugnata, la quale, così interpretata, non reca perciò alcuna
lesione alle attribuzioni costituzionali regionali.
Ciò determina
la non fondatezza, sotto ogni parametro e profilo, delle censure proposte dalla
ricorrente Regione Abruzzo.
7.― Quanto
alle questioni di legittimità costituzionale proposte dalle Regioni Marche e
Puglia con riguardo all’art. 37, comma 2, lettere a), e c-bis), del d.l. n.
133 del 2014, come convertito, per contrasto con gli artt. 3, 117, terzo comma,
e 118, primo comma, Cost., va preliminarmente saggiata l’ammissibilità della
censura sollevata in riferimento al primo dei parametri citati, estraneo
all’ambito delle competenze regionali.
Secondo il costante indirizzo di questa
Corte (tra le ultime, ex plurimis, sentenze n. 65 del 2016
e n. 218 del
2015), le Regioni possono evocare parametri di legittimità costituzionale
diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo quando la
violazione denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una lesione delle
loro attribuzioni costituzionali, e abbiano sufficientemente motivato in ordine
ai profili di una possibile ridondanza della predetta violazione sul riparto di
competenze, assolvendo all’onere di operare la necessaria indicazione della
specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di
tale lesione.
Ebbene, ad avviso delle ricorrenti,
sussisterebbe una lesione del principio di eguaglianza, a causa del diverso
trattamento riservato a fattispecie del tutto sovrapponibili. Da un lato, i
«gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero», con relative opere e
progetti connessi, per la cui realizzazione e messa in esercizio non sarebbe
necessaria l’intesa con le Regioni interessate; dall’altro, le «infrastrutture
lineari energetiche» ex art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327
del 2001, per le quali l’intesa è invece richiesta dal comma 5 della
disposizione appena richiamata.
Le ricorrenti, per vero, non
riconnettono esplicitamente all’asserita violazione del principio di
uguaglianza una lesione indiretta delle proprie attribuzioni costituzionali,
limitandosi ad affiancare la censura ora in esame a quelle relative ai parametri
di competenza.
Tuttavia, la ridondanza su tali
attribuzioni, risultante dall’eventuale violazione, da parte della disposizione
impugnata, del principio di uguaglianza, è desumibile dal contesto dei ricorsi.
Infatti, il difforme trattamento normativo di due fattispecie asseritamente
omogenee e sovrapponibili, quali sarebbero le due categorie di infrastrutture
messe a confronto, avrebbe un’incidenza sulle competenze legislative e
amministrative regionali, perché ne conseguirebbe l’assoggettamento, o meno, ad
intesa per la realizzazione di infrastrutture lineari energetiche collocate sul
territorio regionale. È pertanto ammissibile, accanto allo scrutinio dei
parametri di cui agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., anche
l’esame della censura riferita all’art. 3 Cost.
8.― Tutte le questioni di
legittimità costituzionale proposte non sono tuttavia fondate. La tesi delle
ricorrenti poggia, infatti, su un presupposto interpretativo non corretto.
Esse, in sostanza, ritengono che – a
seguito delle modifiche introdotte dalla disposizione impugnata nell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 –
il rinvio contenuto nel comma 5 dell’appena citata disposizione alle
«infrastrutture lineari energetiche di cui al comma 2» non ricomprenderebbe «i
gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
Ne conseguirebbe che ciò che il
ricordato comma 5 richiede, cioè l’adozione, d’intesa con la Regione
interessata, dell’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione,
resterebbe, appunto, prevista necessariamente solo per l’autorizzazione alla
costruzione e all’esercizio delle «infrastrutture lineari energetiche» di cui
al comma 2 dello stesso art. 52-quinquies,
ma non sarebbe richiesta per «i gasdotti di approvvigionamento di gas
dall’estero», per le «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei
progetti» e per le relative «opere connesse», con correlativa lesione delle
competenze regionali.
Tale lettura – fondata su disarmonie
letterali indotte dalla successione cronologica, non coordinata, delle varie
disposizioni legislative intervenute nella materia – trascura una serie di
elementi sistematici di rilievo.
È vero che il testo dell’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327
del 2001 come risultante dall’intervento della disposizione impugnata, affianca
– e perciò, apparentemente, distingue – da una parte, le infrastrutture lineari
energetiche appartenenti alla rete nazionale dei gasdotti di cui all’art. 9 del
d.lgs. n. 164 del 2000, e, dall’altra, i gasdotti di approvvigionamento di gas
dall’estero, le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti
e le relative opere connesse.
Tale separata menzione non vale,
tuttavia, a determinare, quale conseguenza, il fatto che per il secondo gruppo
di infrastrutture l’atto conclusivo del procedimento non debba essere adottato
d’intesa con la Regione interessata, come richiesto dall’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327
del 2001.
In primo luogo, mere disarmonie
letterali, derivanti dalla sovrapposizione non coordinata di norme, non
consentono di trascurare il principio che questa Corte, ragionando dell’appena
citata disposizione, ha enucleato dalla disciplina legislativa di settore,
letta alla luce della Costituzione. Si è, infatti, osservato che il citato art.
52-quinquies, comma 5, prevede «la
cosiddetta intesa "forte” ai fini della localizzazione e realizzazione delle
infrastrutture lineari energetiche quale modulo procedimentale necessario per
assicurare l’adeguata partecipazione delle regioni allo svolgimento di
procedimenti incidenti su una molteplicità di loro competenze» (sentenza n. 182 del
2013).
Tale affermazione deve essere ribadita
anche in relazione alla disciplina introdotta dall’art. 37, comma 2, del d.l.
n. 133 del 2014, come convertito. E l’interpretazione delle disposizioni
relative alla localizzazione e alla realizzazione delle infrastrutture
introdotte da quest’ultima disposizione non può che svolgersi alla luce dei medesimi
principi.
In secondo luogo, nell’ambito della rete
nazionale dei gasdotti di cui al citato art. 9 del d.lgs. n. 164 del 2000, sono
già menzionati i «gasdotti di importazione». Tale definizione sostanzialmente
coincide con quella utilizzata dal legislatore all’art. 37, comma 1, del d.l.
n. 133 del 2014, come convertito, che ragiona di «gasdotti di importazione di
gas dall’estero», attribuendo loro «carattere di interesse strategico». Sicché,
a ben vedere, le disposizioni oggetto, in questa sede, di censure non
introducono nell’ordinamento una nuova categoria di infrastrutture, ma si
riferiscono ad una nozione, giuridica e tecnica, che l’ordinamento stesso già
conosce e disciplina.
In terzo luogo, per quanto risulti
singolare l’utilizzo, da parte del legislatore, di due definizioni parzialmente
diverse nel corpo del medesimo art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito, è da ritenere che i «gasdotti di approvvigionamento di gas
dall’estero» – che l’art. 37, comma 2, lettera a), introduce nell’art. 52-quinquies,
comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001 – non
siano infrastrutture diverse rispetto ai «gasdotti di importazione di gas
dall’estero», citati al comma 1. Ciò è suggerito anche dal preciso dato
letterale che, all’inizio del comma 2 dell’art. 37, collega i contenuti di tale
comma alle qualificazioni operate al comma 1 («Per i fini di cui al comma 1»).
In definitiva,
da una parte, l’interpretazione
sistematica della disciplina vigente in tema di infrastrutture lineari
energetiche non può che prevalere su eventuali disarmonie di coordinamento
dovute alla successione delle discipline; dall’altra, la stessa natura delle
cose suggerisce che anche i gasdotti di «approvvigionamento» o di
«importazione» di gas dall’estero siano da considerare infrastrutture lineari
energetiche, secondo una lettura sulla quale, del resto, all’udienza pubblica
del 5 aprile 2016, sia la difesa delle Regioni ricorrenti, sia l’Avvocatura
generale dello Stato resistente, hanno esplicitamente affermato di convenire.
Essendo da considerare tali, ai
«gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero» è pienamente applicabile il
disposto dell’art. 52-quinquies,
comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001, che prevede l’adozione, d’intesa con le
Regioni, dell’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione alla
costruzione e all’esercizio di ogni infrastruttura lineare energetica.
Ne consegue la non fondatezza delle
questioni proposte, in riferimento a tutti i parametri costituzionali evocati.
9.― L’intesa prevista dall’art.
52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n.
327 del 2001, infine, non può che riguardare anche «le operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse». Anche
tale conseguenza deriva dalla lettura sistematica della vigente disciplina in
tema di infrastrutture lineari energetiche.
Poiché l’atto normativo oggetto delle
modifiche introdotte dall’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, è
il d.P.R. n. 327 del 2001, il significato dei termini «operazioni preparatorie»
e «opere connesse» va desunto alla luce delle definizioni contenute nel
medesimo d.P.R. e, in particolare, da ciò che è previsto al suo art. 52-bis, comma 1.
Ebbene, tale disposizione, nel definire
le infrastrutture lineari energetiche ai fini delle procedure espropriative
serventi alla loro realizzazione, chiarisce che nell’ambito di tali
infrastrutture rientrano tutte «[…] le opere, gli
impianti e i servizi accessori connessi o funzionali all’esercizio degli stessi
[…]».
La
disposizione appena riportata contiene, dunque, un univoco riferimento alle
opere, agli impianti ed ai servizi connessi, con l’ulteriore specificazione che
tali opere, impianti e servizi debbono essere accessori alle infrastrutture
lineari energetiche.
È, pertanto, da ritenere che la definizione di «operazioni preparatorie
necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse»,
introdotta nell’art. 52-quinquies del
d.P.R. n. 327 del 2001 dall’impugnato art. 37, comma 2, del d.l. n. 133 del
2014, come convertito, identifichi opere e attività, non solo connesse
funzionalmente alle infrastrutture in questione, ma anche strettamente
accessorie alle stesse. In quanto tali, esse non
possono che risultare soggette al medesimo procedimento autorizzatorio
previsto, per le infrastrutture cui si riferiscono, dall’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327
del 2001.
Ciò determina, anche per
questa parte della disposizione, la non fondatezza, sotto tutti i profili
evocati, delle censure proposte dalle ricorrenti.
per questi
motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre
questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in
epigrafe;
riuniti
i giudizi,
1) dichiara
inammissibili gli interventi dell’Associazione italiana per il World Wide Fund
for Nature (WWF Italia) Onlus Ong nei giudizi
promossi dalle Regioni Abruzzo, Marche, Puglia e Calabria, con i ricorsi
indicati in epigrafe, e della Associazione "Amici del Parco Archeologico
di Pantelleria” nel giudizio promosso dalla Regione Puglia, con il ricorso
indicato in epigrafe;
2) dichiara
inammissibile il ricorso indicato in epigrafe proposto dalla Regione Calabria
avverso l’art. 37 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti
per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del
dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164,
in riferimento agli artt. 2, 3, 114, 117, primo, terzo, quarto e quinto comma,
e 118 della Costituzione e ai principi di leale collaborazione e di
sussidiarietà;
3) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1,
del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, promossa, in riferimento all’art.
77, secondo comma, Cost., dalla Regione Abruzzo, con il ricorso indicato in
epigrafe;
4) dichiara non
fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, del
d.l. n. 133 del 2014, come convertito, promosse, in riferimento agli artt. 117,
terzo comma e 118, primo comma, Cost., dalla Regione Abruzzo, con il ricorso
indicato in epigrafe;
5) dichiara non
fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 2,
lettere a) e c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, promosse, in
riferimento agli artt. 3, 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., dalle
Regioni Marche e Puglia, con i ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2016.