SENTENZA N. 182
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Abruzzo 19 giugno 2012, n. 28 (Modifiche alla L. R. 3 marzo 2010, n. 7 «Disposizioni regionali in materia di espropriazione per pubblica utilità» ed integrazione alla L. R. 10 marzo 2008, n. 2 «Provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale»), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 27-31 agosto 2012, depositato in cancelleria il 4 settembre 2012 ed iscritto al n. 118 del registro ricorsi 2012.
Udito nell’udienza pubblica del 18 giugno 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella;
udito l’avvocato dello Stato Cristina Gerardis per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso spedito per la notifica a mezzo del servizio postale il 27 agosto 2012, ricevuto il successivo 31 agosto e depositato presso la cancelleria della Corte il 4 settembre 2012 (r. ric. n. 118 del 2012), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 3 della legge della Regione Abruzzo 19 giugno 2012, n. 28 (Modifiche alla L. R. 3 marzo 2010, n. 7 «Disposizioni regionali in materia di espropriazione per pubblica utilità» ed integrazione alla L. R. 10 marzo 2008, n. 2 «Provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale»), in riferimento agli articoli 3, 97, 117, secondo comma, lettere h) e m), e terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione.
Nell’ambito di un intervento del legislatore regionale abruzzese volto alla tutela della salute, dei beni paesaggistici e ambientali, nonché alla promozione di uno sviluppo sostenibile, le disposizioni impugnate modificano la disciplina previgente in punto di competenze regionali circa la localizzazione e realizzazione di oleodotti e gasdotti nelle zone sismiche.
Il testo dell’impugnato art. 3 della sopra richiamata legge regionale n. 28 del 2012, che aggiunge l’articolo 1-bis alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2 (Provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale), è il seguente:
«1. Al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 dell’art. 1, nel rilascio, da parte della Regione Abruzzo, dell’intesa ai sensi del comma 5 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come integrato dal d.lgs. 27 dicembre 2004, n. 330, la localizzazione e la realizzazione di oleodotti e gasdotti che abbiano diametro superiore o uguale a 800 millimetri e lunghezza superiore a 40 km e di impianti termoelettrici e di compressione a gas naturale connessi agli stessi, è incompatibile nelle aree di cui alla lettera d), del comma 2, dell’art. 1 [aree sismiche classificate di prima categoria]. 2. Per la localizzazione e la realizzazione delle opere di cui al comma 1, ricadenti nelle aree di cui alla lettera d), del comma 2, dell’art. 1, la Regione nega l’intesa con lo Stato e si applicano le procedure di cui al comma 6 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. 3. La Regione nega, altresì, l’intesa qualora si tratti di opere in contrasto con il Piano regionale di Tutela della Qualità dell’Aria, approvato con Delib. C.R. n. 79/4 del 25 settembre 2007».
2.— Ad avviso del ricorrente, le disposizioni censurate violerebbero anzitutto gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., ponendosi in contrasto con i principi fondamentali nella materia di potestà concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» posti dall’articolo 1, commi 3, 4, 7 e 8 della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).
Essi disciplinano, rispettivamente: gli obiettivi generali della politica energetica nazionale, assicurati, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione, dallo Stato, dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, dalle Regioni e dagli enti locali; gli obiettivi necessari ad assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l’energia nelle sue varie forme e in condizioni di omogeneità sia con riguardo alle modalità di fruizione, sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe e al conseguente impatto sulla formazione dei prezzi; i compiti e le funzioni amministrative spettanti, in materia, allo Stato, tra i quali rientrano l’identificazione, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato – città ed autonomie locali), delle «linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti» (art. 1, comma 7, lettera g, della richiamata legge n. 239 del 2004) e «l’individuazione, di intesa con la Conferenza unificata, della rete nazionale dei gasdotti» (art. 1, comma 8, lettera b, n. 2), della menzionata legge n. 239 del 2004).
Osserva, inoltre, l’Avvocatura generale dello Stato che, ai sensi della normativa statale richiamata, lo Stato e le Regioni garantiscono: «l’adeguatezza delle attività energetiche strategiche di produzione, trasporto e stoccaggio per assicurare adeguati standard di sicurezza e di qualità del servizio nonché la distribuzione e la disponibilità di energia su tutto il territorio nazionale»; «l’adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole regioni, prevedendo eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale» (art. 1, comma 4, lettera d e f, della richiamata legge n. 239 del 2004).
2.1.— Tanto premesso, la difesa dello Stato asserisce che le norme impugnate, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali fissati dal legislatore statale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», avrebbero l’effetto di impedire la realizzazione di gasdotti per la cui autorizzazione è competente l’amministrazione statale, atteso che «l’inclusione nella rete nazionale gasdotti, che sola giustifica l’attribuzione allo Stato della funzione autorizzatoria, è riconosciuta a metanodotti con caratteristiche dimensionali pari o superiori a quelle per le quali la L.R. 28/2012 nega ipso iure l’intesa».
Al riguardo, l’Avvocatura generale dello Stato richiama gli articoli 29, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59) e 52-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), i quali, sulla base dei principi di differenziazione e di adeguatezza, attribuirebbero allo Stato poteri autorizzatori e competenze amministrative generali, a fronte di esigenze di carattere unitario.
Osserva, in particolare, la difesa dello Stato che l’art. 52-quinquies del menzionato d.P.R. n. 327 del 2001 garantirebbe il necessario coinvolgimento delle Regioni interessate mediante quello strumento particolarmente efficace costituito dalla cosiddetta intesa in senso “forte”, che assicura, nella localizzazione e realizzazione dei suddetti impianti, l’adeguata partecipazione degli enti territoriali allo svolgimento del procedimento incidente sulle molteplici competenze delle amministrazioni regionali e locali.
Ne conseguirebbe che le norme impugnate, negando a priori il rilascio dell’intesa espressamente prevista dall’art. 52-quinquies, comma 5, del richiamato d.P.R. n. 327 del 2001 quale strumento ordinario di composizione degli interessi dei diversi livelli territoriali di governo coinvolti, e rendendo invece obbligatorio il ricorso alla procedura ulteriormente aggravata – prevista dal legislatore statale soltanto in via eventuale, ai sensi del comma 6 dello stesso articolo – si porrebbero in contrasto con i richiamati principi fondamentali della materia, ponendo limiti stringenti alla localizzazione degli oleodotti di interesse nazionale ed impedendone la realizzazione su larga scala.
2.2.— Con un secondo ordine di censure, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce la violazione dell’art. 118, primo comma, Cost., in quanto le norme impugnate si porrebbero in contrasto con i richiamati artt. 29, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n. 112 del 1998 e 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001, che riservano allo Stato le funzioni autorizzatorie e gestionali in materia, presupponendo che attengano alla sicurezza e all’approvvigionamento della produzione e del trasporto di fonti energetiche.
2.3.— Con un terzo ordine di censure, il ricorrente lamenta che le norme impugnate sarebbero invasive della competenza legislativa esclusiva statale in materia di «ordine pubblico e sicurezza» posta dall’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., in quanto l’intervento del legislatore regionale, finalizzato, tra l’altro, ad impedire la realizzazione di infrastrutture energetiche localizzate in aree sismiche, apparirebbe principalmente sorretto da ragioni di sicurezza, «consistenti, da un lato, nella volontà di limitare eventuali danni all’incolumità pubblica ed al territorio che il danneggiamento dei gasdotti provocato da un eventuale sisma potrebbe causare, dall’altro nel tentativo di ridurre lo stesso rischio sismico».
Ne conseguirebbe l’invasione dell’ambito materiale dell’ordine pubblico e della sicurezza che l’invocato parametro costituzionale riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
2.4.— Osserva inoltre la difesa erariale che le norme impugnate violerebbero altresì l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., ridondando in ambiti materiali espressamente riservati alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in punto di determinazione dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali, atteso che la fornitura di gas risulta necessaria per l’esercizio dei servizi pubblici e per consentire di fronteggiare le fondamentali esigenze di vita.
2.5.— L’Avvocatura generale dello Stato deduce infine l’illegittimità dell’impugnato art. 3 della legge regionale n. 28 del 2012 per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., in quanto esso, nell’introdurre ex lege il diniego dell’intesa, determinerebbe un irragionevole appesantimento del procedimento autorizzatorio, senza prevedere che la formalizzazione del diniego stesso debba avvenire mediante atto motivato, alla luce di specifici elementi di fatto risultanti dall’istruttoria.
Rileva, infine, la difesa dello Stato che l’automatismo introdotto dalle norme impugnate risulterebbe comunque intrinsecamente illogico e irragionevole nella parte in cui prevede l’incompatibilità tra i gasdotti con diametro superiore o uguale a 800 millimetri e lunghezza superiore a 40 km e le zone sismiche di prima categoria, risultando proprio i metanodotti di diametro maggiore e i gasdotti di trasporto – la cui realizzazione il legislatore regionale intenderebbe impedire – maggiormente resistenti agli eventi sismici.
3.— La Regione Abruzzo non si è costituita nel presente giudizio.
Considerato in diritto
1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 3 della legge della Regione Abruzzo 19 giugno 2012, n. 28 (Modifiche alla L. R. 3 marzo 2010, n. 7 «Disposizioni regionali in materia di espropriazione per pubblica utilità» ed integrazione alla L. R. 10 marzo 2008, n. 2 «Provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale»), in riferimento agli articoli 3, 97, 117, secondo comma, lettere h) e m), e terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione.
La disposizione impugnata violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., ponendosi in contrasto con principi fondamentali nella materia di potestà concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» ed avocando alla Regione funzioni autorizzatorie e gestionali riservate allo Stato; l’art. 117, secondo comma, lettere h) e m), Cost., intervenendo in materie riconducibili a titoli di competenza esclusivi dello Stato; nonché gli artt. 3 e 97 Cost. per intrinseca illogicità e irragionevolezza.
2.— Occorre anzitutto precisare, in via logicamente preliminare all’esame delle questioni di legittimità costituzionale promosse dal ricorrente, che la disposizione impugnata è riconducibile sia all’ambito della competenza legislativa «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», sia a quello relativo al «governo del territorio» (ex plurimis, sentenze n. 117 del 2013 e n. 383 del 2005, nonché, in specifico riferimento alla realizzazione di opere in zone sismiche, sentenze n. 64 del 2013, n. 201 del 2012 e n. 254 del 2010).
La fisiologica compresenza di interessi statali e regionali, trattandosi di potestà legislativa concorrente per entrambe le materie in cui ricadono le disposizioni impugnate, dimostra la ragionevolezza della scelta del legislatore statale che ha previsto l’intesa tra Stato e Regioni ai fini della localizzazione e realizzazione dei gasdotti e metanodotti (art. 1, comma 8, lettera b), n. 2, della richiamata legge n. 239 del 2004).
Tanto premesso circa l’ambito materiale individuato dal Titolo V della Costituzione a cui è possibile ricondurre le disposizioni impugnate, devono ora essere prese in esame le censure mosse dal ricorrente, distinguendo la questione relativa al comma 1 dell’articolo 3 della legge della Regione Abruzzo 19 giugno 2012, n. 28 (Modifiche alla L. R. 3 marzo 2010, n. 7 “Disposizioni regionali in materia di espropriazione per pubblica utilità” ed integrazione alla L. R. 10 marzo 2008, n. 2 “Provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale”), da quella relativa ai commi 2 e 3 dell’impugnato art. 3; ciò in quanto, mentre il comma 1 si limita a porre l’incompatibilità tra le zone sismiche del territorio regionale classificate di prima categoria e la localizzazione e realizzazione dei gasdotti di maggiori dimensioni, i commi 2 e 3 negano ipso iure l’intesa da parte della Regione, disponendo il ricorso alla procedura di superamento del blocco di intesa segnata dalla prevalenza della parte statale, prevista dall’art. 52-quinquies, comma 6, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), anche in caso di localizzazione e realizzazione di impianti in contrasto con il Piano regionale di Tutela della Qualità dell’Aria, approvato con delibera del Consiglio regionale n. 79/4 del 25 settembre 2007.
2.1.— La questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n. 28 del 2012, è fondata nei termini di seguito precisati.
Questa Corte ha già qualificato le norme interposte invocate nel presente giudizio come principi fondamentali della materia di potestà legislativa concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (tra le tante, sentenze n. 124 del 2010, n. 282 del 2009 e n. 383 del 2005).
In particolare, i commi 7, lettera g), e 8, lettera b), n. 2 dell’art. 1 della legge n. 239 del 2004, riservano allo Stato, di intesa con la Conferenza unificata, rispettivamente «l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti» e «l’individuazione della rete nazionale dei gasdotti».
Analogamente, l’art. 29, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59) – ulteriore parametro interposto invocato – riserva allo Stato, come già riconosciuto da questa Corte, funzioni amministrative e autorizzatorie in materia di impianti costituenti parte della rete energetica nazionale (sentenze n. 313 del 2010 e n. 383 del 2005).
Le norme interposte richiamate hanno ridefinito, in modo unitario ed a livello nazionale, i procedimenti di localizzazione e realizzazione della rete di oleodotti e gasdotti, in base all’evidente presupposto della necessità di riconoscere un ruolo fondamentale agli organi statali nell’esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere unitario, tanto più valevoli di fronte al rischio sismico. Conseguentemente, per giudicare della legittimità costituzionale di disposizioni come quelle impugnate, che toccano profili di localizzazione degli impianti, è necessario considerarne la conformità non già soltanto all’art. 117 Cost., bensì anche ai criteri indicati dall’art. 118 Cost. per la allocazione e la disciplina delle funzioni amministrative, nonché al principio di leale collaborazione (ex plurimis, sentenze n. 331 del 2010, n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004).
Tali esigenze unitarie, che si esprimono nelle richiamate norme statali, non possono far venir meno la necessità di un coinvolgimento delle regioni nei suddetti procedimenti. E’ proprio in questa prospettiva che questa Corte ha ravvisato nell’intesa lo strumento necessario ai fini dell’identificazione delle «linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti», inclusa la rete dei gasdotti, e, sulla base di queste premesse, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 7, lettera g), della legge n. 239 del 2004 – norma invocata a parametro interposto nel presente giudizio – nella parte in cui non prevedeva il ricorso a tale istituto (sentenza n. 383 del 2005).
Ne consegue che la disposizione impugnata, stabilendo l’incompatibilità a priori tra le zone sismiche del territorio regionale classificate di prima categoria e la localizzazione e realizzazione dei gasdotti di maggiori dimensioni, sottrae la scelta al confronto – viceversa necessario – tra Stato e Regione, pregiudica l’indefettibile principio dell’intesa e si pone in tal modo in contrasto con i principi fondamentali posti dall’art. 1, comma 7, lettera g), e comma 8, lettera b), n. 2, della legge n. 239 del 2004.
Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n. 28 del 2012 per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nonché del principio di leale collaborazione.
Gli ulteriori profili di censura rimangono assorbiti.
2.2.— La questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo n. 28 del 2012, è fondata.
L’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) prevede la cosiddetta intesa “forte” ai fini della localizzazione e realizzazione delle infrastrutture lineari energetiche quale modulo procedimentale necessario per assicurare l’adeguata partecipazione delle regioni allo svolgimento di procedimenti incidenti su una molteplicità di loro competenze.
Il legislatore regionale nega invece l’intesa in modo automatico, prescindendo dalle concrete e differenziate valutazioni da compiere caso per caso, e impone il ricorso generalizzato e sistematico alla procedura aggravata, prevista dal successivo comma 6 della richiamata norma interposta soltanto in caso di mancato conseguimento dell’intesa.
Così disponendo, le norme regionali impugnate determinano una procedura di cooperazione – segnata dalla prevalente volontà di una parte – distinta dall’intesa, individuata invece in via ordinaria dal legislatore statale quale presupposto necessario ai fini del contemperamento degli interessi dei diversi livelli territoriali di governo, e conseguentemente violano l’art. 117, terzo comma, Cost., nonché il principio di leale collaborazione.
Al riguardo, questa Corte, anche in specifico riferimento alla materia di potestà concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», ha costantemente affermato che «la previsione dell’intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una “drastica previsione” della decisività della volontà di una sola parte, in caso di dissenso» (ex plurimis, sentenza n. 165 del 2011), ma che siano invece necessarie «idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze» (ex plurimis, sentenze n. 278 e n. 121 del 2010), come presupposto fondamentale di realizzazione del principio di leale collaborazione (ex plurimis, sentenze n. 117 del 2013, n. 39 del 2013, n. 24 del 2007 e n. 339 del 2005).
Le norme impugnate, determinando un irragionevole pregiudiziale irrigidimento della posizione della Regione nella trattativa, producono, tra l’altro, l’effetto paradossale di precludere qualsiasi potere di negoziazione al Presidente della Giunta regionale, comunque costretto a negare a priori l’intesa, anche in caso di convergenza tra interesse statale e interesse regionale nella localizzazione e realizzazione dei menzionati impianti.
Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 e 3, della legge della Regione Abruzzo n. 28 del 2012 per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nonché del principio di leale collaborazione.
Gli ulteriori profili di censura rimangono assorbiti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2013.