SENTENZA N. 124
ANNO 2010
Commento alla decisione di
David Ottolenghi
e Luigi Capozzo
(per gentile concessione della Rivista elettronica Amministrazione in cammino)
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE
SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
-
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 11 novembre 2008,
n. 38 (Proroga del termine di cui al comma 3, art. 53, legge regionale 13 giugno
2008, n. 15) e degli artt. 2, 3, comma 1, 5, commi 2 e 3, e dell’Allegato sub
1, punti 2.3 e 4.2, lettere f), i), l) ed o), della legge della Regione
Calabria 29 dicembre 2008, n. 42 (Misure in materia di energia elettrica da
fonti energetiche rinnovabili), promossi dal Presidente del Consiglio dei
ministri con ricorsi rispettivamente notificati il 19-22 gennaio 2009 ed il 26
febbraio-2 marzo 2009, depositati in cancelleria il 28 gennaio ed il 4 marzo
2009 ed iscritti ai nn. 6 e 17 del registro ricorsi 2009.
Visti gli atti di costituzione della Regione Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 2010 il Giudice relatore Maria Rita Saulle;
uditi l’avvocato dello Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei
ministri e l’avvocato Massimo Luciani per
Ritenuto in
fatto
1. − Con separati
ricorsi, il primo notificato il 19-22 gennaio 2009 e depositato il successivo
28 gennaio (registro ricorsi n. 6 del 2009), il secondo notificato il 26
febbraio-2 marzo 2009 e depositato il successivo 4 marzo (registro ricorsi n.
17 del 2009), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato: l’art. 1 della legge della
Regione Calabria 11 novembre 2008, n. 38 (Proroga del termine di cui al comma
3, art. 53, legge regionale 13 giugno 2008, n. 15), per violazione degli artt.
3, 97 e 117, primo comma, secondo comma, lettere e) e s), e terzo comma, della
Costituzione; nonché gli artt. 2, 3, comma 1 e l’art. 5, commi 2 e 3, l’Allegato
sub 1, punti 2.3 e 4.2, lettere f), i), l) ed o), della legge della Regione
Calabria 29 dicembre 2008, n. 42 (Misure in materia di energia elettrica da
fonti energetiche rinnovabili), per violazione degli artt. 97, 41 e 117, primo
e terzo comma, della Costituzione.
1.1. − Il ricorrente
ritiene che l’art 1 della legge regionale n. 38 del 2008, nel prorogare di
sessanta giorni la sospensione prevista dall’art. 53, comma 3, della legge
regionale 13 giugno 2008, n. 15 (Provvedimento generale di tipo ordinamentale e
finanziario collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2008 ai
sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), si
ponga in contrasto con gli indicati parametri costituzionali.
L’art. 53, comma 3, della legge
regionale n. 15 del 2008, richiamato dalla disposizione impugnata, disciplina i
procedimenti di autorizzazione alla costruzione di impianti alimentati da fonti
rinnovabili e prevede che «per non oltre 120 giorni dalla entrata in vigore
della presente normativa […], sono sospese le procedure di rilascio di nuove
autorizzazioni, nonché la realizzazione di impianti assentiti, i cui lavori non
abbiano avuto materialmente inizio alla data del 28 maggio 2008 […]».
La difesa erariale osserva
che per effetto della disposizione impugnata è violato il principio
fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia sancito dall’art. 12, comma 4, del decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione
dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell’elettricità), che fissa in centottanta giorni il termine di
conclusione dei procedimenti di autorizzazione sopra indicati.
L’Avvocatura ritiene, poi,
che l’art. 1 della legge regionale n. 38 del 2008 non consente allo Stato il
rispetto della direttiva 27 settembre 2001 n. 2001/77/CE (Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità)
recepita dal d.lgs. n. 387 del 2003, con conseguente violazione dell’art. 117,
primo comma, della Costituzione.
A parere della difesa
erariale, poi, la disciplina censurata, da un lato, contrasta con la normativa
statale in materia di tutela dell’ambiente, dall’altro, comprime il diritto
degli operatori commerciali del settore energetico ad espletare la propria
attività in condizioni di parità tra loro.
L’Avvocatura osserva,
infine, che seppure l’art. 1 abbia esaurito i suoi effetti, poiché i sessanta
giorni di proroga da esso previsti sono iniziati a decorrere dal 16 novembre
2008, ciò non fa venir meno l’interesse al ricorso in ragione della intervenuta
applicazione della norma impugnata.
1.2 − Oggetto di
specifica censura da parte dell’Avvocatura sono, poi, diverse disposizioni
contenute nella legge della Regione Calabria n. 42 del 2008 (registro ricorsi
n. 17 del 2009).
Il ricorrente ritiene l’art.
L’Avvocatura osserva che
tale disposizione, senza un valido criterio, limita la produzione di energia da
fonti rinnovabili, pregiudicando in tal modo l’iniziativa economica del
relativo settore ed impedendo il raggiungimento dell’obiettivo di incrementare
la suddetta produzione perseguito dallo Stato in attuazione di specifici
obblighi internazionali e comunitari.
La difesa erariale indica, a
tale proposito, le direttive n. 2001/77/CE e n. 2006/32/CE (Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’efficienza degli usi finali
dell’energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva
93/76/CEE del Consiglio), nonché il Protocollo di Kyoto aggiunto alla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici, adottato l’11 dicembre 1997 (ratificato e reso esecutivo con legge
1° giugno 2002, n. 120).
1.3 − Il ricorrente
impugna, poi, l’art. 3 della legge regionale n. 42 del 2008 che prevede
l’istituzione, entro i limiti di potenza autorizzabile ai sensi del precedente
art. 2, di una riserva strategica fino al 20% per ciascuna fonte di energia
rinnovabile da destinare ad azioni volte a garantire lo sviluppo del tessuto
industriale regionale.
In particolare, l’Avvocatura
censura la norma regionale nella parte in cui essa prevede che la suddetta
riserva potrà essere variamente utilizzata dalla Regione: da un lato, per
stipulare accordi con operatori nel settore dell’energia, preferibilmente «con
partenariato calabrese, che destinino una significativa quota degli
investimenti per attività di sviluppo industriale ed economico sul territorio
calabrese, anche nella componentistica energetica»; dall’altro, «per assegnare
quote di energia a soggetti che gestiscono servizi pubblici caratterizzati da
un elevato fabbisogno energetico, al fine di favorire la riduzione dei relativi
costi».
La difesa erariale ritiene
che in tal modo il legislatore regionale avrebbe previsto una corsia preferenziale
di accesso al mercato per determinati soggetti in violazione degli artt. 41 e
117, terzo comma, della Costituzione. Con riferimento a tale ultimo parametro
assumerebbero rilievo il principio della libertà della produzione di energia
elettrica sancito dall’art. 1 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79
(Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato
interno dell’energia elettrica) e il principio di cui all’art. 12, comma 6, del
d.lgs. n. 387 del 2003, che pone il divieto di subordinare l’autorizzazione
all’installazione di impianti di produzione di energia alternativa a misure di
compensazione a favore della Regione.
1.4 − L’art. 5, commi
2 e 3, viene impugnato nella parte in cui prevede la decadenza ope legis delle istanze di
autorizzazione pendenti alla data di entrata in vigore delle norme contenute
nella legge regionale n. 42 del 2008 alle quali, pertanto, viene attribuita
efficacia retroattiva.
Tale previsione
contrasterebbe con i principi di buona fede, affidamento e certezza del
diritto, nonché con l’art. 97 della Costituzione, in quanto impedisce lo
svolgimento dei procedimenti amministrativi di autorizzazione in corso, sede
naturale di ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti negli
stessi. Risulterebbero, altresì, violati gli artt. 2 e 3 della legge 7 agosto
1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi) che impongono la conclusione
dei suddetti procedimenti con un provvedimento motivato.
1.5 − Ulteriore
censura è poi proposta nei confronti del punto 2.3 dell’Allegato sub 1 della
legge regionale n. 42 del 2008, il quale individua un elenco di tipologie di
impianti (con potenza nominale inferiore o uguale a 500 Kwe)
soggetti alla sola disciplina della denuncia di inizio attività (DIA).
Tale previsione, a parere
della difesa erariale, sarebbe in contrasto con il principio fondamentale in
materia di energia, fissato dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003
e, quindi, con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
La disposizione statale
richiamata prevede, per effetto dell’art 2, comma 161, della legge 24 dicembre
2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2008), delle soglie di potenza di energia
diverse da quelle individuate dal legislatore regionale consentendo la loro
modifica solo ad opera di un decreto adottato dal Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, d’intesa con
L’individuazione da parte
del legislatore regionale degli impianti assoggettabili al procedimento di DIA
non sarebbe, poi, fatta in base alla tipologia dei siti di installazione, ma su
criteri idonei a determinare effetti distorsivi della
concorrenza, con conseguente violazione dell’art. 41 della Costituzione.
Sarebbe, infatti, contrario
al principio della libera concorrenza introdurre il regime semplificato della
DIA per gli impianti destinati all’autoconsumo e negarlo per gli altri che
hanno una diversa finalità ma uguale impatto sul territorio.
1.6 − Il successivo
punto 4.2, lettera f), dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del
2008, prevede che alla domanda di autorizzazione alla realizzazione di impianti
eolici deve essere allegato uno studio delle potenzialità anemologiche
del sito che siano tali da garantire una «producibilità annua di almeno 1800
ore equivalenti di vento».
Tale previsione, a parere
dell’Avvocatura, violerebbe l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in
quanto, nel porre una moratoria all’installazione di impianti eolici, impedisce
il raggiungimento dell’obiettivo di incremento della produzione di energia da
fonti rinnovabili perseguito dallo Stato in attuazione di specifici obblighi
internazionali e comunitari (Protocollo di Kyoto, direttiva 2001/77/CE,
direttiva 2006/32/CE).
Sarebbero, infatti, pochi i
siti idonei a garantire la produzione richiesta dal legislatore regionale
tenuto conto del fatto che, nell’anno 2007, la media nazionale di funzionamento
di tutti gli impianti eolici installati sul territorio nazionale è stata di
circa 1500 ore.
La norma impugnata sarebbe
anche in contrasto con l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del
1.7 − Il punto 4.2,
lettera i), dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del 2008,
stabilisce che la domanda di autorizzazione per la installazione di impianti
alimentati da fonti di energia rinnovabile sia corredata, per quelli di potenza
superiore a 500 Kwe, anche dalla deliberazione
favorevole del Consiglio comunale sul cui territorio insiste il progetto.
Secondo il ricorrente tale
statuizione si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della
Costituzione e con il principio di cui all’art.12 del d.lgs. n. 387 del 2003 che,
nel qualificare come indifferibili ed urgenti e di pubblica utilità le opere
tese a realizzare i sopra indicati impianti, le sottopone ad una autorizzazione
unica (comma 3), senza prevedere il rilascio di ulteriori atti amministrativi.
1.8 − L’Avvocatura
impugna, infine, il punto 4.2 lettere l) ed o) dell’Allegato sub 1 della legge
n. 42 del 2008.
La prima disposizione
prevede che alla domanda di autorizzazione per la costruzione di impianti di
produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile debba essere allegato un
atto con il quale il richiedente si impegna, tra l’altro, a costituire prima
del rilascio della suddetta autorizzazione, una società di scopo con residenza
fiscale nel territorio della Regione Calabria; a sottoscrivere garanzie fideiussorie;
a favorire l’imprenditoria calabrese nella fase della realizzazione; a
facilitare l’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato di unità lavorative per la gestione dell’impianto; a versare a
favore della Regione Calabria la somma di 50 €cent
per ogni KW eolico di potenza elettrica nominale autorizzata (€ 1,5 per le
altre tipologie) quali oneri per monitoraggio con relativa dotazione di
antinfortunistica e per l’accertamento della regolare esecuzione delle opere.
La successiva lettera o)
stabilisce che il richiedente l’autorizzazione alleghi alla domanda la ricevuta
di avvenuto versamento degli oneri istruttori a favore della Regione Calabria
pari ad € 100 per ogni MW per il quale si richiede l’autorizzazione, con un
minimo di € 300.
Dette disposizioni, a parere
della difesa erariale, pongono una serie di condizioni per l’avvio del
procedimento autorizzatorio estranee all’oggetto dello stesso, che limitano la
libertà di iniziativa economica nel settore in esame (prevista espressamente
dall’art 1 del d.lgs. n. 79 del 1999) con conseguente mancato rispetto degli
obblighi internazionali e comunitari già indicati che impongono l’incremento di
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Sarebbe, altresì, violato
l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, perché le suddette condizioni
comportano dei vantaggi di rilievo economico a favore della Regione
espressamente vietati dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003.
Gli oneri economici previsti
dalle indicate disposizioni sarebbero anche in contrasto con gli artt. 3 e 97
della Costituzione, in quanto, in modo irragionevole, discriminano gli
operatori italiani rispetto a quelli comunitari
2. − Nei giudizi
instaurati dal Presidente del Consiglio dei ministri si è costituita
La resistente, in via
preliminare, rileva che la politica di promozione della produzione di energia
da fonti rinnovabili può trovare applicazione solo dopo un’adeguata valutazione
dell’impatto che i relativi impianti hanno sul territorio e, quindi, un
opportuno contemperamento delle diverse competenze che
L’esigenza di una congrua
programmazione troverebbe il suo fondamento normativo nell’art. 12, comma 10,
del d.lgs. n. 387 del 2003, il quale, nel dare attuazione alla direttiva n.
2001/77/CE, prevede l’adozione in sede di Conferenza unificata delle linee
guida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione all’installazione e
all’esercizio di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile e ciò al
fine di assicurare, in particolare per quelli eolici, il loro corretto
inserimento nel paesaggio.
Esemplificativo in tal senso
sarebbe l’art. 53 della legge regionale n. 15 del 2008 con il quale
2.1 − Fatte queste
premesse, la resistente, in via preliminare, ritiene le censure proposte nei
confronti dell’art. 1 della legge regionale n. 38 del 2008 inammissibili.
Innanzitutto, l’esistenza
del presunto contrasto della norma impugnata con gli artt. 3 e 117, secondo
comma, lettere e) e s), della Costituzione sarebbe affermato in modo generico
ed apodittico.
Anche la censura riguardante
l’asserita violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, sarebbe
inammissibile, in quanto nel ricorso non vi sarebbe alcuna motivazione sul
perché le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 387 del 2003 costituiscano
attuazione non derogabile della normativa comunitaria.
Secondo
La diversità della
disciplina introdotta dalla norma censurata avrebbe imposto la proposizione di
due distinte impugnazioni, poiché l’art 12 del d.lgs. n. 387 del 2003,
richiamato quale principio fondamentale asseritamente
violato, si limita a prevedere solo il termine di conclusione del procedimento
di autorizzazione, non disponendo nulla relativamente ai tempi di realizzazione
degli impianti autorizzati.
Infine, la resistente
ritiene che sia sopravvenuta la carenza di interesse ad impugnare, in quanto la
disciplina in esame è stata radicalmente modificata dalla legge regionale n. 42
del 2008, la quale si applica anche ai procedimenti di autorizzazione non
ancora conclusi al momento della sua entrata in vigore, di talché l’eventuale
accoglimento della questione di legittimità sollevata non produrrebbe alcun
effetto.
Nel merito,
La difesa regionale osserva
che la norma impugnata attiene a materie attribuite a vario titolo alla
competenza legislativa regionale quali la tutela della salute, il governo del
territorio, la produzione dell’energia, ponendosi l’obiettivo di garantire un
uso equilibrato e omogeneo del territorio regionale senza, peraltro, ledere in
alcun modo i diritti degli operatori del settore dell’energia, risultando,
pertanto, inconferente il richiamo alla tutela della
concorrenza operato dal ricorrente.
In particolare, con
riferimento alla presunta violazione dell’art. 117, terzo comma, della
Costituzione,
2.2 – Quanto al ricorso n.
17 del 2009,
Nel merito, quanto alla
impugnazione dell’art. 2, della legge regionale n. 42 del 2008,
Ciò sarebbe finalizzato ad
evitare che, in mancanza di un adeguato piano a livello nazionale, si creino
degli squilibri nella produzione di energia alternativa a favore di un settore
specifico e a danno di un altro e che la produzione non corrisponda
all’effettivo fabbisogno regionale.
Tali finalità non limitano
la produzione di energia alternativa, ma ne regolano lo sviluppo in modo
proporzionale tra le diverse fonti, ponendosi, quindi, in piena armonia con gli
obiettivi previsti a livello internazionale e comunitario ai quali lo Stato è
tenuto a conformarsi.
Quanto alla presunta lesione
dell’art. 41 della Costituzione la resistente ritiene la relativa censura
inammissibile per genericità e, comunque, infondata in quanto la disposizione
impugnata valorizza fondamentali esigenze di utilità sociale, indirizzando e
coordinando l’attività economica a fini sociali nel rispetto del principio
della programmazione.
2.3 −
2.4 − Quanto all’art.
5, commi 2 e 3, della legge regionale n. 42 del 2008, la difesa della Regione
osserva che esso è contenuto in una legge che innova completamente la pregressa
disciplina in materia di produzione di energia a livello regionale; conseguentemente
era necessario prevedere che le autorizzazioni non ancora rilasciate fossero
conformi al nuovo quadro normativo non comportando ciò alcuna lesione dei
principi di affidamento e buona fede dei privati istanti.
Il mutato apprezzamento
dell’interesse pubblico perseguito con la disciplina in esame non
comporterebbe, poi, sempre a parere della resistente, la violazione dell’art.
97 della Costituzione, del quale, anzi, costituirebbe attuazione.
2.5 − Quanto alle
censure riferite al punto 2.3 dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42
del 2008,
Secondo la resistente,
comunque, la disposizione censurata non viola il principio fondamentale fissato
dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003, che consente
l’assoggettabilità al regime di DIA di impianti che producono anche soglie
maggiori di energia rispetto a quelle originariamente fissate mediante un procedimento
che non deve intendersi quale unica modalità per addivenire a tali modifiche.
Quanto alla presunta
violazione dell’art. 41 della Costituzione,
2.6 −
Tale disposizione, infatti,
si limita a evitare la realizzazione di impianti che, a fronte di una scarsa
produzione di energia, comportano un notevole impatto sul territorio, con la
conseguenza che con essa si è voluto indirizzare gli investimenti verso siti che
garantiscono la più alta possibilità di produzione di energia alternativa
perseguendo, quindi, gli obiettivi in tal senso imposti dalla normativa
internazionale e comunitaria.
2.7 − Quanto alle
censure riferite al punto 4.2. lettera i) dell’Allegato sub 1 della legge
regionale n. 42 del 2008, la difesa regionale ritiene che la previsione secondo
cui alla domanda di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto deve essere
allegata la deliberazione favorevole del Consiglio comunale il cui territorio è
interessato dalla suddetta installazione, non contrasta con il principio
fondamentale di cui all’art.12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e, quindi, con l’art.
117, terzo comma, della Costituzione.
La disposizione impugnata
sarebbe, infatti, conforme a quanto previsto dall’indicato art. 12, il quale
nell’imporre il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate al
rilascio dell’autorizzazione, demanda alla Giunta regionale la decisione sugli
eventuali dissensi emersi nell’ambito del procedimento autorizzativo.
Il deposito della delibera comunale attesta il suddetto coinvolgimento e
l’inesistenza del cennato dissenso da parte dell’ente
locale, rendendo in tal modo inutile l’intervento della Giunta regionale e
velocizzando il procedimento di autorizzazione.
2.8 −
Le disposizioni impugnate
non limiterebbero l’iniziativa economica nel settore energetico, né la parità
di accesso allo stesso da parte dei diversi operatori privati, non
pregiudicando, pertanto, neanche il raggiungimento degli obiettivi di
incremento di produzione di energia alternativa previsti dalla normativa
internazionale e comunitaria.
Sul punto la resistente,
dopo aver ribadito la natura di indirizzo e di coordinamento dell’attività
economica privata perseguita dalla legge impugnata, osserva che gli atti di
impegno previsti dalle disposizioni in esame hanno come unico scopo quello di
garantire lo sviluppo regionale e non di limitare l’iniziativa privata.
Non sarebbe, poi, violato il
divieto di misure di compensazione, sia perché non esisterebbe alcun principio
fondamentale in tal senso per le motivazioni già esposte, sia perché con gli
atti di impegno
Infine, quanto alla presunta
lesione dei principi di ragionevolezza e di buon andamento e imparzialità della
pubblica amministrazione, la relativa censura sarebbe inammissibile per
genericità e, comunque, sarebbe infondata, in quanto tutti gli operatori sono
assoggetti alla medesima disciplina regionale.
2.9 − In prossimità
dell’udienza
Considerato
in diritto
1. − Il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, propone, con due distinti ricorsi, diverse censure avverso varie
disposizioni contenute in due leggi della Regione Calabria aventi ad oggetto la
disciplina per l’installazione degli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili.
In particolare, il
ricorrente impugna l’art. 1 della legge della Regione Calabria 11 novembre
2008, n. 38 (Proroga del termine di cui al comma 3, art. 53, legge regionale 13
giugno 2008, n. 15), per violazione degli artt. 3, 97 e 117, primo e secondo
comma, lettere e) e s), e terzo comma, della Costituzione; nonché l’art. 2,
l’art. 3, comma 1, l’art. 5, commi 2 e 3, e l’Allegato sub 1, punti 2.3 e 4.2,
lettere f), i) l) ed o), della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2008,
n. 42 (Misure in materia di energia elettrica da fonti energetiche
rinnovabili), per violazione degli artt. 97, 41 e 117, primo e terzo comma,
della Costituzione.
In ragione dello stretto
collegamento esistente tra le norme impugnate con i due ricorsi i relativi
giudizi vanno riuniti per essere definiti con un’unica decisione.
Prima di passare ad
esaminare le singole censure occorre preliminarmente rilevare che con le norme
sopra indicate
Sul punto va rilevato che la
normativa internazionale (Protocollo di Kyoto addizionale alla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici, adottato l’11 dicembre 1997, ratificato e reso esecutivo con legge
1° giugno 2002, n. 120) e quella comunitaria (direttiva 27 settembre 2001, n.
2001/77/CE e direttiva 23 aprile 2009, n. 2009/28/CE) manifestano un favor per
le fonti energetiche rinnovabili al fine di eliminare la dipendenza dai
carburanti fossili.
Il legislatore nazionale ha
recepito tali indirizzi con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387
(Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità), dal quale è possibile ricavare i principi fondamentali della
sopra indicata materia (ex plurimis sentenza n. 364 del
2006).
A tal fine è opportuno sin d’ora
rilevare che, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della Regione
Calabria, l’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 non ha perso la natura
di principio fondamentale per effetto della sua modifica ad opera dell’art. 2,
comma 158, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008). Sul
punto va osservato che detta novella non ha inciso sul termine di conclusione
del procedimento di autorizzazione previsto dall’art 12, ma ha solo previsto
una ulteriore possibile fase di quest’ultimo, non potendosi da ciò ritenere
venuta meno la cogenza dell’indicato termine. Va poi ulteriormente osservato
che, successivamente alla modifica sopra indicata, l’art. 27, comma 44, della
legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e
l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), ha
eliminato il periodo introdotto dall’art. 2 della legge n. 244 del 2007.
È, dunque, sulla base delle
considerazioni che precedono che vanno scrutinate le singole disposizioni
impugnate dal ricorrente.
2. − L’art. 1 della
legge della Regione Calabria n. 38 del 2008 prevede che «il termine di 120
(centoventi) giorni di cui al comma 3, articolo 53, legge regionale 13 giugno
2008, n. 15 è prorogato di giorni 60 (sessanta)».
L’art 53, comma 3, della
legge regionale n. 15 del 2008 richiamato dalla disposizione impugnata, nel
disciplinare i procedimenti di autorizzazione alla costruzione di impianti
alimentati da fonti rinnovabili, dispone che «per non oltre 120 giorni dalla
entrata in vigore della presente normativa […], sono sospese le procedure di
rilascio di nuove autorizzazioni, nonché la realizzazione di impianti
assentiti, i cui lavori non abbiano avuto materialmente inizio alla data del 28
maggio 2008 […]».
Il ricorrente ritiene che la
proroga della sospensione disposta dall’art. 1 impugnato violi l’art. 117,
primo comma, della Costituzione, in relazione ai vincoli derivanti dalla
normativa comunitaria di promozione delle fonti energetiche rinnovabili, nonché
gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione.
Infine, l’art. 1 impugnato
violerebbe l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione al
principio fondamentale in materia di produzione trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia, fissato dall’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del
2003, secondo il quale il procedimento di autorizzazione all’installazione di
impianti alimentati da fonti di energia rinnovabili deve concludersi entro
centottanta giorni.
2.1. − In via
preliminare, deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità – per
genericità – proposta dalla Regione in riferimento alle censure prospettate con
riguardo agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere e) e s), della
Costituzione.
Il ricorrente si è, infatti,
limitato ad affermare che la disposizione censurata, nel sospendere i
procedimenti di autorizzazione per gli impianti eolici, si pone in contrasto
«con la normativa statale, posta a tutela sia della concorrenza e
dell’ambiente, sia con il diritto degli operatori commerciali del settore,
perché ne comprime gravemente il diritto di espletare la propria attività in
condizione di parità con gli altri operatori».
Tale apodittica affermazione
rende il ricorso sul punto inammissibile per carenza di motivazione in ordine
al presunto contrasto della disposizione impugnata con gli indicati parametri
costituzionali.
Le ulteriori eccezioni di
inammissibilità non sono, al contrario, meritevoli di accoglimento.
In proposito, risulta
evidente il contenuto non derogabile delle statuizioni contenute nella
direttiva n. 2001/77/CE, di cui il d.lgs. n 387 del 2003 costituisce
attuazione, in quanto il legislatore comunitario, nel porre a carico degli
Stati membri l’obiettivo di promuovere il maggior utilizzo delle fonti di
energia rinnovabili, ha a tal uopo indicato i termini entro i quali essi devono
raggiungere determinati risultati.
Quanto all’eccepita mancata
proposizione di due distinte censure avverso l’art. 1 della legge regionale n.
38 del 2008, è sufficiente osservare che, diversamente da quanto ritenuto dalla
resistente, anche alla parte di disposizione che concerne la sospensione dei
lavori non ancora eseguiti degli impianti autorizzati è applicabile il principio
fondamentale fissato dall’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del
Non può, infine, ritenersi
venuto meno l’interesse al ricorso, in quanto sebbene la norma impugnata abbia
cessato di avere efficacia a seguito della sua sopravvenuta modifica, essa ha,
comunque, avuto applicazione (sentenza n. 282 del
2009).
2.2 − Nel merito la questione
è fondata.
L’art. 1 della legge
regionale n. 38 del 2008, nello stabilire un’ulteriore sospensione di sessanta
giorni, rispetto a quella di centoventi giorni inizialmente prevista dall’art.
53 della legge regionale n. 15 del 2008, si pone in contrasto con l’art. 12,
comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 che, nel disciplinare il procedimento per
la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, fissa il
termine massimo per la sua conclusione in centottanta giorni.
La giurisprudenza costituzionale
(sentenze n. 364
del 2006 e n.
282 del 2009) ha riconosciuto alla citata norma natura di principio fondamentale
nella suddetta materia, in quanto «tale disposizione risulta ispirata alle
regole della semplificazione amministrativa e della celerità garantendo, in
modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine
definito del procedimento autorizzativo».
Alla luce di tali premesse
risulta evidente il contrasto della norma censurata con l’art. 12, comma 4, del
d.lgs. n. 387 del 2003, poiché, scaduto il 14 ottobre 2008 il termine di 120
giorni di sospensione indicato dall’art. 53 (calcolato dal 17 giugno 2008,
giorno di entrata in vigore la legge regionale n. 15 del 2008), per effetto
dell’art. 1 della legge regionale n. 38 del 2008, il 16 novembre 2008 (data
della entrata in vigore della legge impugnata) è stata disposta la proroga di
ulteriori 60 giorni dell’indicato termine, comportando ciò il superamento di
quello di centottanta giorni fissato dal legislatore nazionale.
Anche la parte della norma
censurata che, in virtù del richiamo all’art. 53, della legge regionale n. 15
del 2008 dispone la proroga della sospensione della realizzazione degli
impianti assentiti si pone in contrasto con l’indicato parametro
costituzionale, in quanto elusiva dei principi fondamentali di semplificazione
e celerità amministrativa, risultando inutile il rilascio dell’autorizzazione
se ad esso non consegue la possibilità del suo concreto utilizzo.
3. − Oggetto di
specifica impugnativa è anche l’art. 2 della legge regionale n. 42 del 2008, il
quale stabilisce testualmente, al comma 1, che «Nelle more dell’aggiornamento
del Piano energetico ambientale regionale (PEAR) e della ripartizione nazionale
tra le regioni delle produzioni di energia da fonti rinnovabili sono
individuati i seguenti limiti da raggiungere entro il 2009, su scala regionale,
alle potenze totali autorizzabili per ciascuna fonte rinnovabile: a) eolica
3.000 MW; b) fotovoltaica/termodinamica 400 MW; c) idraulica 400 MW; biomassa
300 MW». Il successivo comma 2 prevede che «alla concorrenza dei limiti di
potenza autorizzabile di cui al precedente comma, da intendersi comprensivi
della potenza già autorizzata sul territorio regionale alla data odierna, non
partecipano le autorizzazioni assoggettate alla semplice «Denuncia Inizio
Lavori» di cui agli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 380/01 e successive
modificazioni ed integrazioni o soggette a semplice comunicazione preventiva».
Il ricorrente ritiene che
tale norma, nella parte in cui individua, nelle more di approvazione del PEAR e
della ripartizione tra regioni della produzione di energia, limiti massimi
autorizzabili di potenza di energia da fonti rinnovabili entro l’anno 2009,
sarebbe illogica in quanto, senza alcun criterio, fissa i suddetti limiti
pregiudicando l’iniziativa economica del relativo settore, nonché il
raggiungimento dell’obiettivo dell’incremento della produzione di tale energia
perseguito dallo Stato in attuazione di specifici impegni internazionali e
comunitari (direttive 2001/77/CE e 2006/32/CE e Protocollo di Kyoto, ratificato
e reso esecutivo con legge n. 120 del 2002), con conseguente violazione degli
artt. 41 e 117, primo comma, della Costituzione.
3.1 − La questione è
fondata.
Con la disposizione
censurata il legislatore regionale prevede alcuni limiti alla produzione di
energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale e, in tal modo, pone una
disciplina che opera in modo diametralmente opposto rispetto alle norme
internazionali (Protocollo di Kyoto) e comunitarie (art. 3 direttiva n.
2001/77/CE) le quali, nell’incentivare lo sviluppo delle suddette fonti di
energia, individuano soglie minime di produzione che ogni Stato si impegna a
raggiungere entro un determinato periodo di tempo.
In ottemperanza agli
indirizzi sopra riportati l’art. 2, comma 167, della legge n. 244 del 2007,
prevede che «Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con
4. − Il ricorrente
propone, poi, una terza censura nei confronti dell’art. 3, comma 1, della legge
della Regione Calabria n. 42 del
4.1 − In via
preliminare deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità prospettata
dalla resistente, con riguardo ai profili di censura riferiti alla asserita
violazione dei principi fondamentali della legislazione dello Stato.
La difesa della Regione
Calabria ritiene che tali censure siano state prospettate in maniera generica,
non avendo il ricorrente argomentato le ragioni in virtù delle quali le norme
statali dallo stesso indicate, sarebbero qualificabili come principi
fondamentali ed a quale materia, attribuita alla competenza legislativa
concorrente dello Stato e delle Regioni, sarebbero riferibili.
Diversamente da quanto
prospettato dalla resistente, dal tenore letterale del ricorso si evince, da un
lato, che attraverso il richiamo all’art. 117, terzo comma, della Costituzione,
il ricorrente ha inteso riferirsi alla materia produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell’energia; dall’altro, che il ricorrente ha ritenuto
le norme statali indicate principi fondamentali della suddetta materia.
4.2 − Nel merito la
questione è fondata.
L’art. 3, comma 1, impugnato
prevede che «entro i limiti di potenza autorizzabile di cui al precedente
articolo è costituita, per ciascuna fonte, una riserva strategica sino al 20% a
favore di azioni volte a garantire lo sviluppo del tessuto industriale
regionale, individuato quale interesse economico e sociale fondamentale per
Il legislatore regionale con
la disposizione in esame ha posto una disciplina che contrasta con il principio
di cui all’art. 41 della Costituzione, in quanto sottrae il 20% della potenza
di energia autorizzabile al libero mercato e, nel destinarlo a determinate
finalità, individua i possibili legittimati ad ottenere la suddetta quota sulla
base di requisiti del tutto atecnici (che abbiano
preferibilmente partenariato calabrese), ponendo, peraltro, a loro carico una
serie di condizioni (che destinino una significativa quota degli investimenti
per attività di sviluppo industriale ed economico sul territorio calabrese)
estranee all’oggetto della autorizzazione ottenuta.
Questa Corte ha già avuto
occasione di affermare che discriminare le imprese sulla base di un elemento di
localizzazione territoriale contrasta con il principio secondo cui
5. − La quarta censura
investe l’art. 5, commi 2 e 3, della legge della Regione Calabria n. 42 del
2008.
Il ricorrente ritiene che
tali norme nella parte in cui prevedono la decadenza ope
legis delle istanze di autorizzazione pendenti, le
quali devono essere conformi alle sopravvenute norme contenute nella legge
regionale, attribuiscano a queste ultime efficacia retroattiva, in violazione
dei principi di buona fede, di affidamento e di certezza del diritto, nonché di
buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.
Sarebbe, infatti, impedita
la prosecuzione dei procedimenti amministrativi di autorizzazione in corso con
ulteriore violazione degli artt. 2 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove
norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi) che impongono la conclusione degli stessi con un
provvedimento motivato.
5.1 − La questione non
è fondata.
In proposito si osserva che,
se da un lato, in applicazione del principio tempus regit actum, ogni atto
amministrativo (anche endoprocedimentale) deve essere
conforme alla legge in vigore nel momento in cui viene posto in essere,
dall’altro, la persona, che ha dato avvio al procedimento di autorizzazione
oggetto della disposizione impugnata, è titolare di una mera aspettativa.
È principio affermato da
questa Corte che «l’intervento legislativo diretto a regolare situazioni
pregresse è legittimo a condizione che vengano rispettati i canoni
costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela del legittimo
affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche […]. La norma successiva
non può, però, tradire l’affidamento del privato sull’avvenuto consolidamento
di situazioni sostanziali» (sentenza n. 24 del
1999).
In ragione di quanto sopra e
dell’assenza di una situazione giuridica consolidata in capo al richiedente il
provvedimento, la norma impugnata non può ritenersi lesiva del principio di
affidamento.
Non risultano violati
neanche i principi di cui all’art. 97 della Costituzione, in quanto il
legislatore regionale, nel tenere conto della mutata disciplina in tema di
rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di impianti di energia
alternativa contenuta nella legge n. 42 del 2008, frutto di una diversa
valutazione degli interessi pubblici ad essa sottesi, si è limitato ad impedire
il rilascio di provvedimenti con essa in contrasto senza prevedere alcuna
deroga ai principi di cui agli artt. 2 e 3 della legge n. 241 del 1990.
6 − L’Avvocatura
impugna, poi, il punto 2.3 dell’Allegato sub 1 della legge regionale n. 42 del
2008, nella parte in cui individua un elenco di impianti (con potenza nominale
inferiore o uguale a 500 Kwe) assoggettabili alla
sola disciplina della denuncia di inizio attività.
Tale norma, a parere della
difesa erariale, si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della
Costituzione e, in particolare, con il principio fondamentale di cui all’art.
12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003, il quale assoggetta al procedimento di
DIA impianti che producono una quantità di energia diversa da quella regionale
e che può essere modificata solo con decreto del Ministro dello sviluppo
economico, adottato di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, d’intesa con
Il legislatore regionale
avrebbe poi violato l’art. 41 della Costituzione, in quanto, sarebbe contrario
al principio di libera concorrenza del mercato introdurre il regime
semplificato della DIA per gli impianti finalizzati all’autoconsumo e negarlo
per quelli che hanno lo stesso impatto sul territorio ma una diversa finalità.
6.1 − In via
preliminare, va respinta l’eccezione di inammissibilità avanzata dalla Regione
riferita alla genericità con la quale il ricorrente ha qualificato il principio
fondamentale asseritamente violato dalla norma
impugnata.
Sul punto valgono gli stessi
motivi già indicati con riferimento ad analoga eccezione proposta in
riferimento all’art. 3, comma 1, della legge n. 42 del 2008.
6.2 − Nel merito la
questione è fondata.
L’installazione degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia è regolata dall’art. 12 del
d.lgs. n. 387 del 2003, il quale prevede, ai commi 3 e 4, una disciplina
generale caratterizzata da un procedimento che si conclude con il rilascio di
una autorizzazione unica.
A tale disciplina fanno
eccezione determinati impianti che, se producono energia in misura inferiore a
quella indicata dalla tabella allegata allo stesso d.lgs. n. 387 del 2003, sono
sottoposti non al rilascio di alcuna autorizzazione, bensì alla disciplina
della denuncia di inizio attività (art. 12, comma 5).
In particolare, la indicata
tabella distingue i suddetti impianti in base alla tipologia di fonte che
utilizzano (eolica, soglia 60 kW, solare, soglia 20 kW, etc).
Sempre l’indicato art. 12, comma
5, prevede, poi, che «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di
concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, d’intesa con
La norma impugnata si pone
in contrasto con quanto disposto dall’art. 12, il quale fissa i principi
fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia (sentenze n. 364 del 2006,
n. 282 del 2009).
Il legislatore regionale ha
assunto un criterio di individuazione degli impianti autorizzabili sulla base
della mera denuncia di attività, difforme da quello del legislatore statale
che, senza tener conto della tipologia della fonte utilizzata, fissa in
un’unica soglia di produzione il limite che consente l’accesso al procedimento
di DIA.
L’eterogeneità delle
discipline (statale e regionale) poste a raffronto rende palese anche la
violazione dell’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 387 del 2003, che consente
l’individuazione di soglie diverse di potenza rispetto a quelle indicate dalla
tabella, ma solo a seguito di un procedimento che, in ragione delle diverse
materie interessate (tutela del territorio, tutela dell’ambiente, produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell’energia), coinvolge lo Stato e le
Regioni in applicazione del principio di leale collaborazione, il quale
impedisce ogni autonomo intervento legislativo regionale (sentenze n. 282 e n. 166 del 2009).
7 − Oggetto di
specifica censura è anche il punto 4.2 lettera f) dell’Allegato sub 1 della
legge regionale n. 42 del 2008, nella parte in cui prevede che alla domanda di
autorizzazione all’installazione di impianti eolici deve essere allegato uno
studio delle potenzialità anemologiche del sito che
siano tali da garantire una producibilità annua di almeno 1800 ore equivalenti
di vento.
Il ricorrente ritiene che
per effetto di tale disposizione il legislatore regionale ha posto una
moratoria all’installazione dei suddetti impianti, in quanto, da un lato, tenuto
conto della media di produzione nazionale, sarebbero ben pochi gli impianti in
grado di garantire i suddetti standard; dall’altro, viene introdotta una
condizione al rilascio della autorizzazione non prevista dall’art. 12 del
d.lgs. n. 387 del
7.1 − In via
preliminare, anche con riferimento alla suddetta questione, deve essere
respinta l’eccezione di inammissibilità avanzata dalla Regione per la generica
qualificazione del principio fondamentale asseritamente
violato dalla norma impugnata e della materia di cui esso dovrebbe essere
espressione.
Sul punto valgono gli stessi
motivi già indicati con riferimento ad analoga eccezione proposta in
riferimento all’art. 3, comma 1, della legge n. 42 del 2008.
7.2 − Nel merito, la
questione è fondata per violazione dell’art. 117, terzo comma, della
Costituzione, in quanto la norma censurata pone di fatto una limitazione
all’installazione di impianti eolici.
La normativa statale di
cornice non contempla, infatti, alcuna limitazione specifica, né divieti
inderogabili alla installazione di impianti alimentati da fonte eolica
assumendo a tal fine rilievo l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003,
il quale rinvia a apposite linee guida il compito di «assicurare un corretto
inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel
paesaggio». Tale disposizione abilita, poi, le Regioni a «procedere alla
indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie
di impianti», ma ciò può aver luogo solo «in attuazione» delle predette linee
guida. Al momento non risulta che queste ultime siano state adottate con le
modalità previste dallo stesso comma 10, vale a dire in sede di Conferenza
unificata (sentenza
n. 282 del 2009).
Al riguardo, questa Corte ha
precisato che «la presenza delle indicate diverse competenze legislative
giustifica il richiamo alla Conferenza unificata, ma non consente alle Regioni
[...] di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il
corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di
energia alternativa» (sentenza n. 166 del
2009).
8. − Il ricorrente
ritiene, poi, che il punto 4.2, lettera i), dell’Allegato sub 1 della legge
regionale impugnata, nella parte in cui prevede che la domanda di
autorizzazione (per gli impianti di potenza superiore a 500 Kwe),
sia corredata anche dalla deliberazione favorevole del Consiglio comunale sul
cui territorio insiste il progetto, si pone in contrasto con l’art. 117, terzo
comma, della Costituzione e con il principio di cui all’art.12 del d.lgs. n.
387 del 2003, che qualifica come indifferibili ed urgenti e di pubblica utilità
le opere tese a realizzare i suddetti impianti, sottoponendo le stesse ad una
autorizzazione unica (comma 3).
8.1 − Quanto
all’eccezione di inammissibilità avanzata dalla resistente, stante il suo contenuto
identico a quella riportata al punto 7.1, valgono le medesime argomentazioni al
riguardo formulate.
8.2 − Nel merito la
questione è fondata.
Sul punto è sufficiente
riaffermare la natura di principio fondamentale dell’art. 12 e rilevare che
esso, nel disciplinare il procedimento per l’installazione di impianti
alimentati da fonti alternative, prevede quale suo atto conclusivo il rilascio
di una autorizzazione unica, senza alcun riferimento alla necessità
dell’adozione dell’atto consiliare comunale indicato dalla norma regionale
impugnata, la quale prescrive, quindi, un ulteriore adempimento in contrasto
con le finalità di semplificazione perseguite dal legislatore statale.
9. − Il ricorrente
impugna, infine, il punto 4.2 lettere l) ed o) dell’Allegato sub 1 della legge
regionale n. 42 del 2008, nella parte in cui stabiliscono una serie di
condizioni e di oneri economici per il rilascio dell’autorizzazione unica per
l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili estranee all’oggetto del provvedimento richiesto.
In particolare, la suddetta
lettera l) prescrive che alla domanda di autorizzazione sia allegato un atto
con il quale il richiedente si impegna, tra l’altro: a) a costituire prima del
rilascio della suddetta autorizzazione, una società di scopo con residenza
fiscale nel territorio della Regione Calabria; b) a sottoscrivere garanzie
fideiussorie; c) a favorire l’imprenditoria calabrese nella fase della
realizzazione; d) a facilitare l’assunzione con contratto di lavoro subordinato
a tempo indeterminato di unità lavorative per la gestione dell’impianto; e) a
versare a favore della Regione Calabria la somma di 50 €cent
per ogni KW eolico di potenza elettrica nominale autorizzata (€ 1,5 per le
altre tipologie) quali oneri per monitoraggio con relativa dotazione di
antinfortunistica e per l’accertamento della regolare esecuzione delle opere.
La successiva lettera o) stabilisce che il richiedente l’autorizzazione alleghi
alla domanda la ricevuta di avvenuto versamento degli oneri istruttori a favore
della Regione Calabria pari ad € 100 per ogni MW per il quale si richiede
l’autorizzazione, con un minimo di € 300.
Tali previsioni
contrasterebbero con gli artt. 3, 41, 97 e 117, primo e terzo comma, della
Costituzione, in quanto limitano la libertà di iniziativa economica nel settore
in esame (prevista espressamente dall’art 1 del d.lgs. n. 79 del 1999) con
conseguente mancato rispetto degli obblighi internazionali di incremento di
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Le norme censurate, poi,
nell’imporre misure di compensazione al rilascio della indicata autorizzazione
contrasterebbero con l’art. 12, comma 5 (recte: comma
6), del d.lgs. n. 387 del 2003, con ulteriore violazione del canone di
ragionevolezza in quanto discriminerebbero «gli operatori italiani rispetto a
quelli comunitari, in violazione dell’art. 97 della Costituzione».
9.1 − Anche per quanto
attiene alla questione in esame deve essere disattesa l’eccezione di
inammissibilità avanzata dalla Regione per genericità della censura proposta
con riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto
proposta in modo identico a quella di cui al punto 7.1 e per la quale, valgono
le medesime argomentazioni svolte in tale sede.
9.2 − Nel merito la
questione è fondata.
Deve, in via preliminare
osservarsi che per misure di compensazione s’intende, in genere, la
monetizzazione degli effetti negativi che l’impatto ambientale determina, per
cui chi propone l’istallazione di un determinato impianto s’impegna a
devolvere, all’ente locale cui compete l’autorizzazione, determinati servizi o
prestazioni.
La legge statale vieta
tassativamente l’imposizione di corrispettivo (le cosiddette misure di
compensazione patrimoniale) quale condizione per il rilascio dei suddetti
titoli abilitativi, tenuto conto che la costruzione e l’esercizio di impianti
per l’energia eolica sono libere attività d’impresa soggette alla sola
autorizzazione amministrativa della Regione, secondo l’art. 12, comma 6, del
d.lgs. n. 387 del 2003. Sono, al contrario, ammessi gli accordi che contemplino
misure di compensazione e riequilibrio ambientale, nel senso che il pregiudizio
subito dall’ambiente per l’impatto del nuovo impianto, oggetto di
autorizzazione, viene compensato dall’impegno ad una riduzione delle emissioni
inquinanti da parte dell’operatore economico proponente.
L’art. 1, comma 4, lettera
f), della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché
delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
energia), dopo aver posto il principio della localizzazione delle
infrastrutture energetiche in rapporto ad un adeguato equilibrio territoriale,
ammette concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad
elevato impatto territoriale, prevedendo in tal caso misure di compensazione e
di riequilibrio ambientale (anche relativamente ad impianti alimentati da fonti
rinnovabili, dopo la sentenza n. 383 del
2005).
Al riguardo il successivo
comma 5 afferma il diritto di Regioni ed enti locali di stipulare accordi con i
soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio
ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica
nazionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 12 del d.lgs. n. 387 del
2003, il quale vieta che l’autorizzazione possa prevedere (o essere subordinata
a) compensazioni (evidentemente di natura patrimoniale) a favore della Regione
o della Provincia delegata.
Le disposizioni censurate si
pongono in contrasto con tali principi, in quanto prevedono oneri e condizioni
a carico del richiedente l’autorizzazione che si concretizzano in vantaggi
economici per
La disciplina impugnata,
infatti, prescinde dall’esistenza di concentrazioni di attività, impianti e
infrastrutture ad elevato impatto territoriale, presupposto quest’ultimo
previsto dall’art. 1 sopra indicato che legittima la previsione di misure di
compensazione finalizzate al riequilibrio ambientale in deroga al principio
fondamentale fissato dall’art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 387 del 2003.
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della
Regione Calabria 11 novembre 2008, n. 38 (Proroga del termine di cui al comma
3, art. 53, legge regionale 13 giugno 2008, n. 15);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, 3, comma 1,
dell’Allegato sub 1, punti 2.3 e 4.2, lettere f), i), l) ed o), della legge
della Regione Calabria 29 dicembre 2008, n. 42 (Misure in materia di energia
elettrica da fonti energetiche rinnovabili);
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5, commi 2 e 3, della legge della Regione Calabria n. 42 del 2008,
così come proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso
indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE,
Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Giuseppe DI
PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria
l'1 aprile 2010.