Ordinanza n. 24/99

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 24

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) promossi con due ordinanze emesse il 18 marzo 1996 dal Pretore di Belluno, iscritte ai numeri 482 e 483 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell’anno 1998.

Udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1999 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Pretore di Belluno con due ordinanze di identico contenuto ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui esclude l’applicazione delle pene sostitutive ai reati previsti dalle leggi in materia urbanistica ed edilizia, quando per detti reati la pena detentiva non é alternativa a quella pecuniaria;

che a parere del giudice rimettente l’esclusione di che trattasi non opererebbe per le violazioni previste dall’art. 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1985, n. 431 (c.d. "legge Galasso") - peraltro oggetto di contestazione in uno soltanto dei procedimenti a quibus - giacchè, trattandosi di violazioni concernenti la tutela delle zone di particolare interesse ambientale, esulerebbero dalla materia urbanistica ed edilizia cui la disposizione impugnata ha inteso invece riferirsi;

che alla stregua di tale interpretazione risulterebbe pertanto compromesso il principio di uguaglianza, considerato che la violazione delle norme penali poste a tutela del paesaggio, espressamente presidiato dall’art. 9 della Carta fondamentale, sarebbe punita con sanzioni meno severe, grazie appunto al meccanismo della sostituzione, rispetto a quelle comminate per le violazioni edilizie ed urbanistiche;

che nel giudizio non si sono costituite le parti private nè ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato che le ordinanze sollevano l’identica questione e che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione;

che questa Corte, chiamata a pronunciarsi sul medesimo tema, ha osservato che la prospettiva ermeneutica sulla quale si é radicata la denunciata disparità di trattamento non può ritenersi assurta al rango di "diritto vivente", e che, non potendosi al tempo stesso ravvisare una assoluta identità delle previsioni poste a raffronto, quella concernente l’edilizia e l’urbanistica e quella concernente il paesaggio, non risulta nel complesso vulnerata la ragionevolezza intrinseca del divieto denunciato, permettendo così di escludere che la disciplina addotta come tertium comparationis evidenzi un uso costituzionalmente censurabile della discrezionalità legislativa (v. sentenza n. 145 del 1997, nonchè, fra le altre, l’ordinanza n. 153 del 1998);

che pertanto, non adducendo il giudice a quo argomenti nuovi o diversi da quelli allora esaminati, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Belluno con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Giuliano VASSALLI

Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1999