Sentenza n. 17 del 2015

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SENTENZA N. 17

ANNO 2015

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                  Presidente

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                 Giudice

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

-           Silvana                         SCIARRA                                                ”

-           Daria                            de PRETIS                                               ”

-           Nicolò                          ZANON                                                   ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1-bis, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 (Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate), aggiunto in sede di conversione, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2014, n. 6, promosso dalla Regione Campania con ricorso notificato il 9-16 aprile 2014, depositato in cancelleria il 16 aprile 2014 ed iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2014.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; 

udito nella udienza pubblica del 27 gennaio 2015 il Giudice relatore Sergio Mattarella, sostituito per la redazione della decisione dal Presidente Alessandro Criscuolo;

uditi l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Campania e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso spedito per la notifica il 9 aprile 2014, ricevuto dal resistente Presidente del Consiglio dei ministri il successivo 16 aprile, e depositato nella cancelleria di questa Corte il 16 aprile 2014 (r.r. n. 31 del 2014), la Regione Campania ha promosso, in riferimento agli artt. 81, 97, 117, terzo comma, 118 e 119, primo, quarto e quinto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1-bis, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 (Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2014, n. 6.

Il testo della disposizione impugnata è il seguente:

«1-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2015 i Presidenti delle regioni subentrano ai Commissari straordinari anche nella titolarità delle contabilità speciali per la gestione delle risorse di cui all’articolo 1, comma 111, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, giacenti, alla predetta data, nelle medesime contabilità speciali. A decorrere da tale data, le risorse giacenti nelle contabilità speciali di cui al precedente periodo sono trasferite, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, nella disponibilità dei bilanci regionali e devono essere rifinalizzate alla prosecuzione degli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico. I Presidenti delle regioni succedono ai Commissari in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attività pendenti alla data del predetto trasferimento. Essi garantiscono la corretta e puntuale attuazione degli interventi mediante le proprie strutture organizzative e possono altresì avvalersi, per le attività di progettazione degli interventi, per le procedure di affidamento dei lavori, per le attività di direzione dei lavori e di collaudo, nonché per ogni altra attività di carattere tecnico-amministrativo connessa alla progettazione, all’affidamento e all’esecuzione dei lavori, ivi inclusi servizi e forniture, degli uffici tecnici e amministrativi dei comuni, dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche, nonché della società ANAS Spa, dei consorzi di bonifica e delle autorità di distretto. Le risorse finalizzate ad interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico sono utilizzate dalle regioni tramite accordo di programma ai sensi dell’articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Sono fatte salve, comunque, le modalità attuative previste dal citato articolo 1, comma 111, della legge n. 147 del 2013. Sono altresì fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell’articolo 58, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».

Osserva preliminarmente la ricorrente Regione Campania che la disciplina statale censurata, nella parte in cui dispone che i Presidenti delle Regioni subentrano ai Commissari straordinari nei rapporti attivi e passivi e nelle attività pendenti alla data in cui le risorse giacenti nelle contabilità speciali confluiscono nei bilanci regionali, non terrebbe conto della natura giuridica di organi statali dei Commissari nominati per fronteggiare situazioni di emergenza, inquadrabili ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile). La normativa richiamata – secondo la ricorrente – avrebbe previsto un sistema di protezione civile improntato su una ripartizione delle competenze tra diversi livelli territoriali di governo, in relazione alle diverse tipologie di eventi emergenziali che vengono in rilievo.

Nel caso di specie, gli interventi previsti dalla norma censurata sarebbero riconducibili alla competenza esclusiva dello Stato a fronteggiare calamità naturali «con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo», giusto il disposto dell’art. 2, comma 1, lettera c), della richiamata legge n. 225 del 1992, che «si sostanzia, tra l’altro, nel potere di deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone la durata e l’estensione territoriale, in stretto riferimento alla qualità e alla natura degli accadimenti» (è richiamata la sentenza n. 284 del 2006). Detto potere, osserva la difesa regionale, potrebbe essere esercitato anche mediante “l’adozione di ordinanze, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico” (art. 5, comma 2, della legge n. 225 del 1992), avvalendosi altresì di Commissari delegati, nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri (art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992), i cui provvedimenti, indipendentemente dall’ambito territoriale di efficacia, dovrebbero essere considerati atti dell’amministrazione centrale dello Stato (sono richiamate le sentenze della Corte n. 92 del 2008; n. 417 e n. 237 del 2007; nonché le pronunce del TAR Lazio, 18 ottobre 2012, n. 8595 e 9 agosto 2010, n. 30425; e la sentenza del Consiglio di Stato, sezione sesta, 8 gennaio 2013, n. 10). Ne conseguirebbe che gli atti assunti dal Commissario delegato sarebbero riferibili esclusivamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri, indipendentemente dalla circostanza che questi rivesta o meno anche un ruolo di rappresentanza dell’amministrazione e dell’ente ordinariamente competente (sono richiamate le sentenze della Corte di cassazione, sentenza seconda sezione civile, 6 dicembre 2005, n. 26691, nonché del TAR Lazio, sentenza sezione prima, 18 ottobre 2012, n. 8598).

1.1.– Ciò posto, la ricorrente Regione Campania deduce anzitutto la violazione dell’art. 119, primo, quarto e quinto comma, Cost., che rispettivamente affermano: l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa della Regione; il principio del finanziamento integrale delle funzioni mediante tributi ed entrate propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e quote di spettanza del fondo perequativo; la facoltà dello Stato di destinare «risorse aggiuntive» e «interventi speciali» esclusivamente per scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni degli enti territoriali.

Quanto al primo parametro evocato, la norma impugnata pregiudicherebbe anzitutto l’autonomia finanziaria di spesa dell’ente territoriale, atteso che, disponendo l’automatico subentro in tutti i rapporti attivi e passivi e nelle attività pendenti facenti capo ai Commissari delegati, imporrebbe alla Regione di farsi carico della totalità dei rapporti privatistici posti in essere dall’organo statale, ivi compreso il contenzioso pendente, e, conseguentemente, di utilizzare le proprie risorse per sostenere oneri finanziari imposti dalla legge statale.

Secondo la difesa regionale, la disposizione censurata comprometterebbe, altresì, l’autonomia finanziaria di entrata delle Regioni, poiché la successione nei rapporti pendenti si estenderebbe altresì a quelli processuali, da cui potrebbero scaturire ingenti spese per condanne in giudizio, a fronte delle quali si paleserebbe la carenza di risorse finanziarie per provvedere alla loro copertura. Ne potrebbe conseguire che la Regione, trovandosi nell’impossibilità di far fronte alle nuove spese attraverso le dotazioni previste a legislazione vigente, sia costretta a deliberare aumenti fiscali, o comunque a perseguire politiche di entrata, che altrimenti non sarebbero adottate.

Quanto agli ulteriori parametri evocati (art. 119, quarto e quinto comma, Cost.), osserva la ricorrente che la norma impugnata, prevedendo un meccanismo di subentro automatico dell’ente territoriale nella gestione dei rapporti instaurati dalle ex gestioni Commissariali, farebbe gravare sul bilancio regionale il finanziamento di funzioni di competenza esclusiva dello Stato, così violando il principio di corrispondenza tra risorse e funzioni attribuite all’ente territoriale desumibile dai parametri evocati. Quest’ultimo – ricorda la difesa regionale – non consente che le funzioni di un ente territoriale possano essere finanziate mediante ricorso ad entrate diverse da quelle che, in via ordinaria, competono al suo bilancio, né che le risorse ordinarie degli enti territoriali siano destinate al finanziamento di funzioni svolte da organi statali.

Secondo la Regione Campania, la sussistenza del censurato contrasto troverebbe conferma nella sentenza n. 22 del 2012, avendo questa Corte dichiarato costituzionalmente illegittime norme statali concernenti il finanziamento delle spese relative ad eventi calamitosi di particolare gravità, che «condizionavano l’intervento finanziario dello Stato alla persistenza dell’insufficienza di risorse regionali anche dopo l’attivazione di aumenti fiscali, ovvero al riconoscimento da parte del Governo della “rilevanza nazionale” dell’emergenza».

1.2.– Con un secondo motivo di ricorso, la ricorrente Regione Campania censura l’art. 6, comma 1-bis, del d.l. n. 136 del 2013 per violazione dell’art. 119 Cost., in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., atteso che la norma impugnata, prevedendo che la Regione si assuma tutte le spese derivanti da scelte gestionali operate dai Commissari delegati e altresì connesse ai contenziosi instaurati, limiterebbe l’autonomia finanziaria regionale e imporrebbe “precisi vincoli di spesa”, ponendosi in tal modo in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. Il parametro evocato – che riserva al legislatore statale la determinazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica – ben potrebbe consentire limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti territoriali, ma soltanto per ragioni di coordinamento finanziario, connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari, e non già la determinazione di vincoli puntuali di spesa (sono richiamate le sentenze n. 417 del 2005; n. 390, n. 36 e n. 4 del 2004; n. 376 del 2003).

Ne conseguirebbe che la norma impugnata, dettando una disciplina specifica e di dettaglio, «scollegata da qualsiasi obiettivo nazionale o comunitario», determinerebbe un precetto specifico e puntuale sull’entità della spesa, risolvendosi pertanto in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell’area riservata all’autonomia regionale.

1.3.– Con un terzo ordine di censure, la Regione Campania deduce la violazione degli artt. 118 e 119 Cost., in combinato disposto con gli artt. 81 e 97 Cost., atteso che la norma impugnata, precludendo alla Regione la libera disponibilità di alcune somme, che dovranno essere destinate alla copertura delle spese scaturenti dal subentro nelle passività della gestione Commissariale, non consentirebbe di garantire l’adeguato finanziamento delle funzioni amministrative regionali, determinando, in tal modo, la lesione dell’art. 118 Cost., nonché, precludendo all’amministrazione regionale di provvedere all’espletamento efficace delle proprie funzioni, del principio di buon andamento della pubblica amministrazione previsto dall’art. 97 Cost.

Nel contempo, secondo la difesa regionale, sarebbe violato l’art. 81 Cost., perché la norma impugnata determinerebbe il richiamato subentro della Regione in tutti i rapporti giuridici pendenti senza prevedere adeguate misure compensative, determinando, in tal modo, uno squilibrio incompatibile con le complessive esigenze di spesa finanziaria dell’ente territoriale (sono richiamate le sentenze n. 431 e n. 381 del 2004).

2.– Con atto depositato il 23 maggio 2014, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso proposto sia dichiarato infondato.

Osserva preliminarmente la difesa dello Stato che la norma impugnata è volta ad assicurare: la successione dei Presidenti delle Regioni ai Commissari delegati nei rapporti attivi e passivi e nelle attività pendenti a far data dal trasferimento delle risorse nel bilancio regionale; la corretta e puntuale attuazione degli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico, anche avvalendosi degli uffici tecnici ed amministrativi dei diversi livelli territoriali di governo; l’impiego delle risorse mediante accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero dell’ambiente.

Quanto al quadro normativo in cui interviene la disposizione censurata, l’Avvocatura dello Stato ricorda che: a) la disciplina in parola garantisce il rapido avvio, nel corso del 2014, degli interventi di messa in sicurezza del territorio, già disposti, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014); b) sono destinate, in particolare, ai progetti immediatamente cantierabili le risorse disponibili sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico, non impegnate alla data del 31 dicembre 2013, nel limite massimo di 600 milioni di euro e le risorse finalizzate allo scopo dalle delibere CIPE n. 6 e n. 8 del 2012, privilegiando, in via prioritara, il finanziamento degli interventi integrati tra i diversi livelli territoriali, volti alla riduzione del rischio e alla tutela degli ecosistemi e della biodiversità; c) viene prevista una procedura per la finalizzazione delle risorse che si svolge sotto la direzione del Ministero dell’ambiente, al quale spetta la verifica della compatibilità degli accordi di programma con l’esigenza di massimizzare la celerità degli interventi in relazione alle situazioni di massimo rischio per l’incolumità delle persone; d) a tali fini, la mancata pubblicazione del bando di gara o il mancato affidamento dei lavori entro il 31 dicembre 2014, comporta la revoca del finanziamento statale e la contestuale rifinalizzazione delle risorse ad altri interventi contro il dissesto idrogeologico.

Osserva infine la difesa statale che, a decorrere dalla stessa data, «gli enti originariamente competenti subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi già facenti capo ai soggetti nominati Commissari straordinari, al fine di evitare soluzioni di continuità rispetto agli atti compiuti nella fase emergenziale».

2.1.– Tanto premesso, l’Avvocatura dello Stato controdeduce che, quanto ai primi due motivi di ricorso, la norma impugnata sarebbe volta a garantire livelli adeguati di tutela su tutto il territorio nazionale e di fronteggiare una situazione di emergenza che, pur localizzata in una specifica Regione, avrebbe rilevanza nazionale, assicurando la transizione tra la fase di emergenza e quella ordinaria.

Secondo la difesa dello Stato, i Commissari delegati sarebbero espressione di un potere sostitutivo statale cosiddetto ordinario, che troverebbe il suo fondamento implicito negli artt. 117 e 118 Cost. Sicché i provvedimenti da questi adottati sarebbero atti dell’amministrazione centrale dello Stato, finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunità locali coinvolte dalle singole situazioni di emergenza, produttivi di effetti direttamente nella sfera dell’ente competente in via ordinaria in virtù del potere sostitutivo connesso alla situazione emergenziale (sentenza n. 237 del 2007).

Ne conseguirebbe che il censurato subentro nelle funzioni e nei rapporti pendenti da parte degli enti competenti in via ordinaria, a far data dalla scadenza delle gestioni Commissariali, non si verificherebbe in ragione di una “ritrasferimento” di funzioni dall’organo emergenziale statale ai predetti enti, bensì per la semplice “riespansione” delle potestà ordinarie dell’ente locale, in precedenza “sacrificate” in sede di emergenza.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la disciplina dei procedimenti relativi agli interventi di messa in sicurezza del territorio sarebbero riconducibili alla potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile», ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Sicché all’amministrazione competente in via ordinaria spetterebbe sia l’avvio dei nuovi procedimenti amministrativi, sia la prosecuzione dell’iter amministrativo dei procedimenti pendenti. Né potrebbe essere diversamente, poiché, cessata l’emergenza, eventuali atti del Commissario delegato sarebbero nulli per carenza di potere.

Ad avviso della difesa dello Stato, la ricorrente Regione Campania incorrerebbe, tra l’altro, nel presupposto errato di inquadrare i Commissari delegati per il dissesto idrogeologico ai sensi dell’art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992, essendo invece questi ultimi nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, giusto il disposto dell’art. 17 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l’avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26; sicché i summenzionati Commissari opererebbero nell’ambito istituzionale delle funzioni di pertinenza del predetto Dicastero.

In ogni caso, anche a voler riconoscere il fondamento normativo invocato dalla Regione Campania per l’inquadramento dei Commissari, la resistente osserva che il censurato subentro delle amministrazioni competenti in via ordinaria a coordinare i suddetti interventi sarebbe comunque previsto anche dall’art. 5, comma 4-ter, della legge n. 225 del 1992, a far data dalla «scadenza del termine dello stato di emergenza».

Da ciò seguirebbe che non sussiste alcuna lesione dei parametri evocati né sotto il profilo dell’autonomia di spesa dell’ente (art. 119, primo comma, Cost.), né sotto il profilo dell’evocato “principio di corrispondenza” tra risorse e funzioni degli enti territoriali (art. 119, quarto e quinto comma, Cost.), atteso che la norma impugnata sarebbe finalizzata a ridurre la durata delle gestioni Commissariali, istituite dalla fine del 2009, agevolando la “riespansione” delle funzioni e la restituzione delle risorse agli enti ordinariamente competenti in materia di prevenzione del rischio e difesa del suolo. Né sussisterebbe alcuna lesione dell’autonomia di entrata dell’ente territoriale, poiché la norma impugnata non impone di deliberare eventuali aumenti fiscali.

La difesa statale controdeduce, inoltre, che la disciplina censurata assicurerebbe le risorse per fronteggiare gli oneri relativi alla copertura finanziaria tramite l’esplicita indicazione del mezzo di copertura temporalmente determinato, contabilizzato distintamente nel bilancio statale e perciò quantificabile, consentendone l’uso da parte del Presidente della Regione in caso di chiusura della gestione Commissariale.

Secondo la resistente, l’evocata sentenza n. 22 del 2012 confermerebbe detti assunti, in quanto la Corte avrebbe censurato la lesione dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni, a fronte di una disciplina che prevedeva un «persistente accentramento statale del servizio» e il correlato obbligo delle Regioni di «utilizzare le proprie entrate a favore di organismi statali (Servizio nazionale di protezione civile)», mentre la norma impugnata nell’odierno giudizio, sarebbe volta, in maniera speculare, a “restituire risorse e funzioni alle Regioni”.

Osserva infine l’Avvocatura dello Stato che la disposizione censurata non può essere letta disgiuntamente dal successivo comma 1-ter del medesimo art. 6 del d.l. n. 136 del 2013, il quale pone un’ulteriore agevolazione in favore della finanza regionale, disponendo che le spese effettuate dalle Regioni a valere sulle risorse delle contabilità speciali loro trasferite per fronteggiare il dissesto idrogeologico sono escluse dal patto di stabilità interno.

2.2.– Quanto alla censura mossa dalla ricorrente in riferimento agli artt. 118 e 119 Cost., in combinato disposto con gli artt. 81 e 97 Cost., osserva la difesa dello Stato che la Regione Campania si duole genericamente della «perdita della disponibilità di alcune somme», la quale conseguirebbe al subentro nei rapporti attivi e passivi della gestione Commissariale, senza fornire alcun elemento utile a dimostrare che essa non potrà assolvere in modo adeguato le proprie funzioni. Da ciò dovrebbe seguire l’inammissibilità della censura, per consolidata giurisprudenza della Corte secondo la quale «qualora le Regioni deducano l’illegittimità di norme che prevedono la riduzione di trasferimenti erariali, debbono dimostrare che tale riduzione determini l’insufficienza dei mezzi finanziari per l’adempimento dei propri compiti» (sentenze n. 36 del 2014; n. 121 del 2013; n. 246 del 2012; n. 27 del 2010 e n. 145 del 2008).

3.– Con memoria depositata il 5 gennaio 2015, la ricorrente Regione Campania ha svolto alcune osservazioni in replica all’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

1.– La Regione Campania ha promosso, in riferimento agli artt. 81, 97, 117, terzo comma, 118 e 119, primo, quarto e quinto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1-bis, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 (Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2014, n. 6.

La norma impugnata lederebbe i parametri evocati poiché, disponendo l’automatico subentro delle Regioni nei rapporti attivi e passivi e nelle attività pendenti dei Commissari delegati per la prevenzione del rischio idrogeologico, farebbe gravare sul bilancio dell’ente territoriale il finanziamento di funzioni amministrative di competenza esclusiva dello Stato, imponendo alla Regione di farsi carico della totalità dei rapporti privatistici posti in essere dall’organo statale.

2.– Ai fini della risoluzione della questione di costituzionalità, come prospettata dalla ricorrente Regione Campania, occorre preliminarmente osservare che, nelle more della definizione del presente giudizio, le norme impugnate sono state integralmente sostituite per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 116.

Il comma 1 del richiamato art. 10 del d.l. n. 91 del 2014 prevede che, a decorrere dall’entrata in vigore dello stesso decreto, «i Presidenti delle regioni subentrano relativamente al territorio di competenza nelle funzioni dei Commissari straordinari delegati per il sollecito espletamento delle procedure relative alla realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico individuati negli accordi di programma sottoscritti tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni ai sensi dell’articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e nella titolarità delle relative contabilità speciali».

Le norme sopravvenute assicurano pertanto la prosecuzione degli interventi straordinari di mitigazione del rischio idrogeologico disponendo il subentro dei Presidenti di Giunta regionale nelle relative gestioni Commissariali, secondo quanto previsto dall’art. 17, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l’avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26, il quale consente di nominare Commissari delegati «anche i presidenti o gli assessori all’ambiente delle regioni interessate».

Contrariamente a quanto previsto dalle disposizioni censurate nell’odierno giudizio, l’art. 10, comma 1, del richiamato d.l. n. 91 del 2014 garantisce che le risorse giacenti nelle contabilità speciali sono poste nella disponibilità dei Presidenti delle giunte regionali, in qualità di Commissari delegati, senza disporne la confluenza nei bilanci regionali. Sicché il summenzionato ius superveniens assicura la distinzione tra la gestione finanziaria Commissariale e quella della Regione rispetto ai pregressi rapporti di debito e di credito (sentenze n. 79 del 2012, n. 108 del 2010 e n. 89 del 2000), senza disporre alcun trasferimento di funzioni dal Commissario delegato all’ente territoriale.

Ne consegue che le norme sopravvenute modificano radicalmente la «sostanza normativa» (sentenza n. 193 del 2012) della disposizione impugnata dalla Regione Campania, censurata nella parte in cui dispone il subentro ex lege della Regione nell’esercizio di funzioni Commissariali in via ordinaria di pretesa spettanza statale, nonché la confluenza nei bilanci regionali delle risorse giacenti nelle contabilità speciali.

2.1.– Da quanto detto segue che la disciplina sopravvenuta deve ritenersi satisfattiva delle ragioni della ricorrente Regione Campania, poiché l’art. 10, comma 1, del richiamato d.l. n. 91 del 2014 garantisce che le procedure di subentro nelle gestioni Commissariali non gravino in alcun modo sui bilanci regionali, preservando l’autonomia amministrativa e finanziaria regionale e assicurando il rispetto del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni attribuite all’ente territoriale.

Né, altrimenti opinando, potrebbe ipotizzarsi il trasferimento della proposta questione di costituzionalità sulle disposizioni sopravvenute, atteso che risulta modificata la portata precettiva delle norme impugnate, sicché il supposto trasferimento, lungi dal garantire il principio di effettività della tutela delle parti nel giudizio in via di azione, supplirebbe impropriamente all’onere di impugnazione (ex plurimis, sentenze n. 138 del 2014, n. 300 e n. 32 del 2012, n. 326 del 2010, n. 162 del 2007 e n. 137 del 2004).

2.2.– Occorre inoltre osservare che le disposizioni impugnate nell’odierno giudizio avrebbero trovato applicazione a far data dal 1° gennaio 2015. La disciplina sopravvenuta, invece, contenuta nel richiamato d.l. n. 91 del 2014, prevede che il subentro dei Presidenti delle Regioni nelle funzioni dei Commissari delegati per l’espletamento degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico avvenga a decorrere dall’entrata in vigore del decreto-legge sopravvenuto, a far data dal 25 giugno 2014.

Ne consegue che le norme impugnate non hanno mai trovato applicazione.

Sussistono pertanto i requisiti richiesti dal costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte perché debba essere dichiarata la cessazione della materia del contendere (ex plurimis, sentenze n. 269 e n. 68 del 2014; n. 300, n. 193 e n. 32 del 2012 e n. 325 del 2011).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1-bis, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 (Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2014, n. 6, promossa dalla Regione Campania con il ricorso in epigrafe indicato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2015

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente e Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2015.