SENTENZA N. 138
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 49, commi 3, lettera b), e 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promosso dalla Provincia autonoma di Bolzano con ricorso notificato il 28 settembre 2010, depositato in cancelleria il 5 ottobre 2010 ed iscritto al n. 99 del registro ricorsi 2010.
Visto l’atto di costituzione de Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 febbraio 2014 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano e l'avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso, notificato il 28 settembre 2010 e depositato il successivo 5 ottobre, la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale di varie disposizioni del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, fra le quali, in specie, anche dell’art. 49, comma 3, lettera b), e comma 4.
In particolare, la ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 49, comma 3, lettera b), nella parte in cui stabilisce che il mancato raggiungimento dell’intesa fra le amministrazioni interessate (o il semplice decorso del termine di trenta giorni senza che detta intesa sia stata raggiunta), a seguito del dissenso espresso dalle amministrazioni interessate preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, è superabile con la deliberazione del Consiglio dei ministri che può intervenire non solo nelle materie di competenza statale, ma anche in quelle di competenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, con riferimento agli enti locali dei rispettivi territori.
Tale disposizione, che ha sostituito il comma 3 dell’art. 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), determinerebbe una lesione delle competenze legislative ed amministrative della ricorrente, di cui agli artt. 8, 9 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), anche letti in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Essa sarebbe, poi, in contrasto anche con il principio di leale collaborazione di cui all’art. 3 Cost. e con l’obbligo di prevedere forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali di cui all’art. 118, terzo comma, Cost.
La medesima disposizione, anche letta in combinato disposto con il comma 4 dello stesso art. 49, che, integrando il comma 2-ter dell’art. 29 della legge n. 241 del 1990, ha introdotto fra le disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., anche quelle concernenti la conferenza di servizi, risulterebbe lesiva delle competenze provinciali, posto che la conferenza di servizi costituisce solo uno strumento di semplificazione del procedimento che trova applicazione nelle istruttorie finalizzate al rilascio anche dei provvedimenti amministrativi di competenza provinciale.
1.1.– Nell’imminenza delle udienze pubbliche del 3 novembre 2011, del 23 novembre 2011 e dell’8 maggio 2012 (fissate a seguito di due rinvii disposti su istanza di parte), la ricorrente ha depositato memorie con le quali ha insistito nell’accoglimento delle conclusioni svolte nel ricorso introduttivo.
1.2.– Nell’imminenza dell’udienza pubblica del 25 febbraio 2014 (fissata a seguito di ulteriore rinvio disposto su istanza di parte), la Provincia ha depositato memoria nella quale si è segnalato che, con sentenza n. 179 del 2012, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 49, comma 3, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010, per violazione del principio di leale collaborazione. Tuttavia, nonostante ciò, successivamente – ha ricordato la ricorrente – il legislatore è nuovamente intervenuto sull’art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 con l’art. 33-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2012, n. 221. Quest’ultimo, ad avviso della Provincia, riproporrebbe la medesima disciplina già censurata, confermando la competenza del Governo ad intervenire, anche in materia di competenza provinciale, nell’esercizio delle proprie prerogative in chiave sostitutiva, in persistente violazione del principio di leale collaborazione. La prevista partecipazione del Presidente della Regione o della Provincia autonoma alla seduta del Consiglio dei ministri non costituirebbe valido e adeguato strumento di raccordo, considerato che, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa nel termine prescritto, il Consiglio dei ministri può comunque deliberare. Lo strumento di raccordo costituito dall’intesa sarebbe, quindi, svuotato di contenuto e privato di effettività, con conseguente violazione delle prerogative statutarie di cui agli artt. 8 e 9, in rapporto all’art. 16 del medesimo statuto.
2.– Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia rigettato.
In via preliminare, il resistente eccepisce la tardività del ricorso proposto avverso le norme del d.l. n. 78 del 2010, non modificate in sede di conversione e, quindi, in ipotesi, immediatamente lesive.
Nel merito, la difesa dello Stato sostiene che il censurato art. 49, comma 3, essendo preordinato a garantire tempi certi per la conclusione dei procedimenti che, altrimenti, rischierebbero, ove procrastinati, di recare ulteriori pregiudizi anche di carattere economico alla comunità nazionale, sarebbe in linea con quanto previsto dall’art. 120 Cost., che affida direttamente al Governo un potere sostitutivo nei confronti degli enti territoriali da esercitarsi ogniqualvolta lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica nazionale, con riferimento a livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Anche le censure sollevate nei confronti del comma 4 del medesimo art. 49 sarebbero infondate, posto che è compito dello Stato individuare in via prioritaria gli interessi meritevoli di tutela anche in modo trasversale rispetto alle competenze legislative a livello regionale.
3.– All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni contenute nelle memorie scritte.
Considerato in diritto
1.– La Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, tra l’altro, questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, comma 3, lettera b), e comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122.
Il citato art. 49, comma 3, lettera b), che ha sostituito i commi 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater dell’art. 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), contenente la disciplina degli «Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi», è impugnato nella parte in cui stabilisce che il mancato raggiungimento dell’intesa fra le amministrazioni interessate (o il semplice decorso del termine di trenta giorni senza che detta intesa sia stata raggiunta), a seguito del dissenso espresso, in seno alla predetta conferenza, dalle amministrazioni interessate preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, è superabile con la deliberazione del Consiglio dei ministri che può intervenire non solo nelle materie di competenza statale, ma anche in quelle di competenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, con riferimento agli enti locali dei rispettivi territori.
Il citato articolo, consentendo il superamento del mancato raggiungimento dell’intesa in sede di conferenza di servizi al Consiglio dei ministri, con propria delibera, anche nelle materie di competenza provinciale, violerebbe le competenze legislative ed amministrative attribuite alla Provincia ricorrente dagli artt. 8, 9 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), anche letti insieme all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), il principio di leale collaborazione, nonché l’obbligo di prevedere forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali di cui all’art. 118, terzo comma, Cost.
La disposizione in esame, letta anche congiuntamente con il comma 4 dello stesso art. 49, che, integrando il comma 2-ter dell’art. 29 della legge n. 241 del 1990, ha introdotto, fra le disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., anche quelle concernenti la conferenza di servizi, risulterebbe lesiva delle competenze provinciali, considerato che la conferenza di servizi costituisce solo uno strumento di semplificazione del procedimento che trova applicazione nelle istruttorie finalizzate al rilascio anche dei provvedimenti amministrativi di competenza provinciale.
2.– Riservata a separate pronunce la decisione sulle altre questioni promosse dalla ricorrente, deve essere esaminata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri.
2.1.– La difesa del Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito in via preliminare la tardività del ricorso, in quanto proposto avverso disposizioni della legge di conversione già contenute, nell’identico testo, nel d.l. n. 78 del 2010 e non impugnate tempestivamente.
L’eccezione va rigettata.
Come ripetutamente affermato da questa Corte, «la Regione, qualora si ritenga lesa nelle proprie competenze costituzionali da un decreto-legge, può impugnarlo nei termini previsti dall’art. 127 Cost. (con il rischio, però, che l’iniziativa di investire la Corte resti vanificata dall’eventualità di una mancata conversione) oppure riservarsi di impugnare la sola legge di conversione, che rende permanente e definitiva la normativa dettata con il decreto-legge. La conversione in legge, infatti, ha l’effetto di reiterare, con la novazione della fonte, la lesione da cui deriva l’interesse a ricorrere della Regione» (sentenze n. 151 e n. 148 del 2012, n. 232 del 2011 e n. 430 del 2007; da ultimo sentenze n. 99 e n. 89 del 2014).
Deve, pertanto, riconoscersi la tempestività dell’impugnazione, pur se relativa a disposizioni del d.l. n. 78 del 2010 non modificate in sede di conversione (sentenza n. 148 del 2012).
3.– Ancora in linea preliminare, occorre osservare che i giudizi avverso il d.l. n. 78 del 2010 sono stati promossi dalla Provincia autonoma di Bolzano sulla base di una delibera adottata in via d’urgenza dalla Giunta, ai sensi dell’art. 44, numero 5), dello statuto speciale. In tali casi, gli atti di ratifica dei rispettivi Consigli devono intervenire ed essere prodotti in giudizio non oltre il termine di costituzione della parte ricorrente (sentenza n. 142 del 2012).
Nel caso di specie non rileva la tempestività di siffatta ratifica e del relativo deposito, in quanto questa Corte ha più volte ribadito che per i ricorsi promossi prima della citata sentenza sussistono gli estremi dell’errore scusabile già riconosciuto in ipotesi del tutto analoghe, in ragione del fatto che tale profilo di inammissibilità a lungo non è stato rilevato, sì da ingenerare affidamento nelle parti in ordine a una interpretazione loro favorevole (da ultimo, sentenze n. 99, n. 89, n. 72 e n. 61 del 2014).
Il ricorso è perciò, sotto tale profilo, ammissibile.
4.– Occorre rilevare che, successivamente alla proposizione del ricorso, l’art. 49, comma 3, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo «nella parte in cui prevede che, in caso di dissenso espresso in sede di conferenza di servizi da una Regione o da una Provincia autonoma, in una delle materie di propria competenza, ove non sia stata raggiunta, entro il breve termine di trenta giorni, l’intesa, “il Consiglio dei ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate”» (sentenza n. 179 del 2012), in quanto configurava l’intervento unilaterale dello Stato come mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’intesa entro l’esiguo termine predetto, senza che fossero previste ulteriori procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze, in violazione del principio di leale collaborazione.
Successivamente alla predetta declaratoria di illegittimità costituzionale, con la legge 17 dicembre 2012, n. 221, di conversione del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), in specie con l’art. 33-octies, è stato sostituito il comma 3 dell’art. 14-quater della legge n. 241 del 1990, ed è stata dettata una nuova disciplina relativa al «Superamento del dissenso espresso nella conferenza di servizi».
Considerato che, secondo la ricorrente, tale nuova disciplina conterrebbe i medesimi vizi di illegittimità costituzionale della precedente, occorre verificare se sussistano le condizioni per disporre il trasferimento della questione sul nuovo testo dell’art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990, sul quale era intervenuto l’impugnato art. 49, comma 3, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010.
4.1.– Questa Corte ha ripetutamente affermato che, in caso di ius superveniens, la questione di legittimità costituzionale può essere trasferita sul nuovo testo della disposizione impugnata, anzitutto, a condizione che quest’ultima non «appaia dotata di un contenuto radicalmente innovativo rispetto alla norma originaria» (sentenza n. 219 del 2013), che le modifiche siano marginali (sentenza n. 30 del 2012) o che comunque non abbiano «alterato la portata precettiva della norma impugnata» (sentenza n. 193 del 2012); e poi che non siano satisfattive rispetto alle censure proposte (sentenza n. 219 del 2013).
Si è, inoltre, precisato che, ove le modifiche introdotte incidano in maniera sostanziale sulla disciplina oggetto di impugnativa, «il supposto trasferimento della questione di costituzionalità, lungi dal garantire il principio di effettività della tutela delle parti nel giudizio in via di azione, supplirebbe impropriamente all’onere di impugnazione» (sentenze n. 300 del 2012, n. 162 del 2007 e n. 137 del 2004).
Nella specie, la norma oggetto dell’originaria impugnativa (l’art. 14-quater della legge n. 241 del 1990, come sostituito dall’art. 49, comma 3, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010) prevedeva che, in caso di dissenso espresso in sede di conferenza di servizi da una Regione o da una Provincia autonoma, in una delle materie di propria competenza, ove non fosse stata raggiunta l’intesa, entro il breve termine di trenta giorni, il Consiglio dei ministri deliberasse in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.
La norma oggi in vigore in tema di superamento del dissenso espresso nella conferenza di servizi (l’art. 14-quater della legge n. 241 del 1990, come successivamente modificato dall’art. 33-octies del d.l. n. 179 del 2012) stabilisce, invece, tutta una complessa procedura, articolata in più fasi e contraddistinta da differenti forme di eventuale collaborazione, che è comunque profondamente diversa rispetto a quella dettata dalla norma originaria, la cui portata precettiva risulta pertanto significativamente modificata, così da indurre ad escludere che la questione di legittimità costituzionale, proposta con il ricorso in esame, possa essere trasferita sulla nuova disciplina.
5.– Occorre, allora, esaminare la questione di legittimità costituzionale, promossa con il ricorso indicato in epigrafe, avente ad oggetto l’art. 49, comma 3, lettera b), e comma 4, del d.l. n. 78 del 2010.
5.1.– La questione è manifestamente inammissibile.
La disposizione de qua è già stata dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenza n. 179 del 2012), in quanto, prevedendo che, in caso di dissenso espresso in sede di conferenza di servizi da una Regione o da una Provincia autonoma, in una delle materie di propria competenza, ove non fosse stata raggiunta, entro il termine di trenta giorni, l’intesa con la Regione o la Provincia interessata, il Consiglio dei ministri deliberasse «in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate», violava il principio di leale collaborazione. Essa, in tal modo, determinava il sacrificio delle sfere di competenza regionale e provinciale, poiché configurava l’intervento unilaterale dello Stato come mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’intesa entro l’esiguo termine predetto, senza che fossero previste ulteriori procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze.
Con la predetta sentenza, successiva alla proposizione del ricorso da parte della Provincia autonoma di Bolzano, la norma oggi all’esame è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, con la conseguenza che la questione di legittimità costituzionale relativa ad essa, anche letta in combinato disposto con il comma 4, è divenuta priva di oggetto
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione sulle questioni inerenti ad altre disposizioni contenute nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, comma 3, lettera b), e comma 4, del d.l. n. 78 del 2010, promossa, in riferimento agli artt. 8, 9 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), al principio di leale collaborazione, nonché agli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione, letti congiuntamente all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dalla Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 maggio 2014.