SENTENZA N. 151
ANNO 2012
Commenti alla decisione di
I. Dimitri
Girotto, Il
rimborso delle spese elettorali: la riserva di competenza statale come "livello
essenziale dei diritti politici”? (per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali)
II. Lara Trucco, Materia elettorale e forme di
governo regionali tra principi costituzionali e politiche di contenimento della
spesa nelle decisioni n. 151 e n. 198 del 2012 della Corte costituzionale (nella Rubrica Studi e Commenti della
Sezione Studi di questa , 2013)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
composta dai signori:
-
Alfonso QUARANTA Presidente
-
Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA ”
-
Gaetano SILVESTRI ”
-
Sabino CASSESE ”
-
Giuseppe TESAURO ”
- Paolo
Maria NAPOLITANO ”
-
Giuseppe FRIGO ”
-
Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
-
Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
-
Sergio MATTARELLA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art.
5, commi 1, 4, 5 e 7, ultimo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica), promossi dalle Regioni Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Liguria,
Emilia Romagna e Puglia con ricorsi notificati il 24-27 e il 28 settembre 2010,
depositati in cancelleria il 28 settembre, il 6 ed il 7 ottobre 2010 e
rispettivamente iscritti ai nn. 96, 102, 106 e 107 del registro ricorsi 2010.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2012 il Giudice
relatore Franco Gallo;
uditi gli avvocati Ulisse Corea per la Regione Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste, Giandomenico Falcon per le Regioni Liguria ed Emilia
Romagna, Stefano Grassi per la Regione Puglia e gli avvocati dello Stato
Massimo Salvatorelli ed Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto in
fatto
1.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (ricorso n. 96 del 2010,
notificato – con plico postale spedito il 24 settembre 2010 – il 27 settembre
2010 e depositato il giorno successivo),
la Regione Liguria (ricorso n. 102 del 2010, notificato il 28 settembre 2010 e
depositato il successivo 6 ottobre), la Regione Emilia-Romagna (ricorso n. 106
del 2010, notificato il 28 settembre 2010 e depositato il successivo 6 ottobre)
e la Regione Puglia (ricorso n. 107 del 2010, notificato il 28 settembre 2010 e
depositato il successivo 7 ottobre), hanno proposto, in riferimento agli
artt. 3, 97, 117, 118, 119, 122 e 123 della Costituzione nonché all’art. 3,
primo comma, lettera f), dello
statuto della Regione autonoma Valle d’Aosta (legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 4, recante «Statuto speciale per
1.1.– Il comma 1 dell’art. 5 è impugnato
dalle Regioni Liguria, Emilia-Romagna e Puglia.
La disposizione prevede: a) nel suo
primo periodo, che: «Per gli anni 2011, 2012 e 2013, gli importi corrispondenti
alle riduzioni di spesa che, anche con riferimento alle spese di natura
amministrativa e per il personale, saranno autonomamente deliberate entro il 31
dicembre 2010, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti dalla
Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei
deputati e dalla Corte costituzionale sono versati al bilancio dello Stato per
essere riassegnati al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui al
D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398»; b) nel suo secondo periodo, che siano
riassegnati al medesimo Fondo «gli importi corrispondenti alle riduzioni di
spesa che verranno deliberate dalle Regioni, con riferimento ai trattamenti
economici degli organi indicati nell’art. 121 della Costituzione», e cioè il
Consiglio regionale, la Giunta ed il suo Presidente.
La Regione Puglia deduce che la norma
impugnata – ancorché lasci alle Regioni la libertà di deliberare le riduzioni
di spesa − disciplinando il trattamento economico dei componenti degli
organi politici regionali, occupa un àmbito riservato dall’art. 117, quarto comma,
Cost., alla potestà legislativa regionale residuale in materia di
organizzazione interna e di personale. La Regione Puglia denuncia anche la
violazione della competenza statutaria ad essa attribuita dall’art. 123, primo
comma, Cost., in tema di determinazione dei princípi fondamentali di
organizzazione e funzionamento della Regione.
La stessa Regione Puglia deduce poi che
il comma denunciato, imponendo un vincolo di destinazione agli eventuali
risparmi di spesa disposti dal legislatore regionale, impedisce alla Regione di
gestire le risorse di cui dispone stabilendone autonomamente la destinazione,
cosí violando anche l’art. 119 Cost. e, «sia pure in modo indiretto […] quel
principio […] che vieta l’istituzione di fondi vincolati nella destinazione in materie
che risultino estranee agli ambiti di competenza legislativa esclusiva dello
Stato».
Sempre ad avviso della Regione Puglia,
il comma 1 dell’art. 5 si porrebbe altresí «in aperto contrasto con la
giurisprudenza di questa Corte la quale esclude che lo Stato possa esercitare
la propria competenza in materia di "coordinamento della finanza pubblica”
imponendo vincoli puntuali su specifiche voci di spesa», perché destina gli
eventuali risparmi sulla spesa specificamente destinata al trattamento economico
degli organi di cui all’art. 121 Cost. ad un particolare capitolo del bilancio
statale.
Le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna,
nei loro ricorsi testualmente identici, lamentano che il denunciato comma 1
dell’art. 5 si pone in contrasto con gli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 Cost.
Le ricorrenti premettono non essere
chiaro se la disposizione intenda vincolare le Regioni a ridurre le indennità
dei titolari degli organi politici o se essa stabilisca semplicemente la
destinazione delle risorse corrispondenti alle riduzioni eventualmente disposte
dalle Regioni nella loro autonomia.
Nel primo caso sarebbe evidente la
violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., perché lo Stato, prevedendo un
vincolo puntuale a una specifica voce di spesa, avrebbe posto una disciplina di
dettaglio nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario.
Nel secondo caso, ove si intendesse la
disposizione impugnata come non vincolante quanto all’an della riduzione di spesa, sarebbe comunque violato l’art. 119
Cost. Secondo la ricorrente, con la norma censurata «si applica un meccanismo
contrario a quello previsto dall’art. 119 della Costituzione: anziché essere lo
Stato a finanziare le Regioni, si obbligano le Regioni a finanziare lo Stato
mediante gli stessi fondi che in attuazione della Costituzione lo Stato assegna
alle Regioni». L’assegnazione delle risorse risparmiate ad un fondo statale
obbligherebbe, in effetti, le Regioni a finanziare lo Stato con «risorse che
provengono dalle entrate generali della Regione» e che sarebbero «"avocate”
dallo Stato senza altra ragione che la circostanza che la Regione spende di
meno per una specifica voce di spesa».
Il denunciato comma 1, violerebbe
inoltre, sempre ad avviso delle Regioni Liguria ed Emilia-Romagna, da un lato,
i princípi costituzionali di buon andamento dell’amministrazione e di
ragionevolezza – riconducibili agli artt. 3 e 97 Cost. –, perché la devoluzione
del risparmio al bilancio statale «evidentemente lo disincentiva»; dall’altro,
l’art. 118 Cost., giacché impedirebbe alle Regioni di utilizzare le risorse
corrispondenti alle riduzioni di costo per finalità individuate nell’ambito
della propria autonomia organizzativa.
2.– Il comma 4 dell’art. 5 è impugnato
dalla sola Regione Puglia che ne denuncia il contrasto con l’art. 117, quarto
comma, Cost. e, in via subordinata, con l’art. 122, primo comma, Cost.
La disposizione denunciata stabilisce
che, a decorrere dal primo rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera
dei deputati, del Parlamento europeo e dei Consigli regionali successivo alla
data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, l’importo di un
euro, previsto dall’art. 1, comma 5, primo periodo, dalla legge 3 giugno 1999,
n. 157 (Nuove norme in materia di rimborso delle spese per consultazioni
elettorali e referendarie e abrogazione delle disposizioni concernenti la
contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici) ‒ cioè
l’importo che, moltiplicato per il numero dei cittadini iscritti nelle liste
elettorali per le elezioni della Camera dei deputati, costituisce ciascuno dei
quattro fondi destinati al rimborso delle spese sostenute dai movimenti o
partiti politici per le campagne elettorali per il rinnovo dei suddetti organi ‒
è ridotto del dieci per cento e, contestualmente, dispone l’abrogazione del
comma 6, quarto periodo, del citato art. 1 della legge n. 157 del 1999 (il
quale prevedeva che il versamento delle quote annuali dei rimborsi fosse
effettuato anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere del Parlamento).
Il comma impugnato è censurato nella parte in cui determina la riduzione del
rimborso delle spese elettorali sostenute dai movimenti o partiti politici per
le compagne per il rinnovo dei Consigli regionali.
In proposito, la Regione Puglia non nega
che la legge statale n. 157 del 1999 – pur in un quadro di competenze
profondamente mutato per effetto delle leggi costituzionali 22 novembre 1999,
n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta
regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni) e 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione) – dispiega
tuttora la propria efficacia normativa in forza del principio di continuità, ma
ritiene che lo Stato abbia ormai perduto la competenza a modificare la
disciplina delle elezioni degli organi regionali «e che tale competenza spetti
ora alla Regione», a titolo di potestà residuale. Di qui la violazione
dell’art. 117, quarto comma, Cost.
In via subordinata, la ricorrente deduce
che, quand’anche la disposizione impugnata fosse ricondotta alla competenza
legislativa statale a stabilire i princípi fondamentali sul «sistema di
elezione […] del Presidente e degli
altri componenti della Giunta, nonché dei consiglieri regionali» (art. 122,
primo comma, Cost.), essa contrasterebbe comunque con detto art. 122, primo
comma, Cost. per il carattere dettagliato della disciplina introdotta.
3.– Il comma 5 dell’art. 5 è impugnato
dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste e dalla Regione Puglia per violazione degli artt. 117, terzo
comma, e 119 Cost. (applicabili alla Regione Valle d’Aosta in virtù della
clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3
del 2001). La Regione Puglia ne lamenta il contrasto anche con l’art. 117,
quarto comma, Cost.; la Regione Valle d’Aosta, con l’art. 3, primo comma,
lettera f), dello proprio statuto
speciale.
La disposizione oggetto di censura
dispone che, ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei
confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi
incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3
dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e
finanza pubblica) – e cioè le amministrazioni inserite nel conto economico
consolidato, elencate ogni anno dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) –
inclusa la partecipazione a organi collegiali di qualsiasi tipo, «può dar luogo
esclusivamente al rimborso delle spese sostenute». La medesima disposizione
stabilisce, altresí, che «eventuali gettoni di presenza non possono superare
l’importo di 30 euro a seduta».
Entrambe le ricorrenti lamentano che il
divieto di corrispondere indennità in favore dei titolari di cariche elettive
per le prestazioni svolte su incarico delle pubbliche amministrazioni indicate
nell’elenco predisposto dall’ISTAT delle pubbliche amministrazioni inserite nel
conto economico consolidato (Comunicato ISTAT 24 luglio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 24
luglio 2010, n. 171) víola i limiti imposti dall’art. 117, terzo comma, Cost.
alla competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, per
il carattere esaustivo e dettagliato del vincolo introdotto. La norma
denunciata non si limita, infatti, a fissare un limite complessivo di spesa, né
a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica che salvaguardino le
scelte di allocazione delle Regioni, ma impone, per perseguire tali obiettivi,
strumenti specifici e infungibili, illegittimamente limitando, in tal modo,
anche l’autonomia finanziaria regionale di spesa riconosciuta dall’art.
119 Cost.
La Regione Puglia deduce che l’impugnato
comma 5 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2010 lede anche l’art. 117,
quarto comma, Cost., perché invade un ambito di disciplina riservato alla
competenza residuale regionale in materia di organizzazione amministrativa e
ordinamento del personale della Regione.
La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste formula un’ulteriore
censura, lamentando la violazione dell’art. 3, primo comma, lettera f), del proprio statuto speciale di
autonomia, il quale attribuisce alla Regione la potestà di legiferare in
materia di «finanze regionali e comunali» al fine di adattare la disciplina di
fonte statale alle «circostanze regionali», nel rispetto dei princípi
individuati da leggi statali. Secondo la ricorrente, la competenza di cui alla
predetta previsione statutaria – «letta alla
luce dei novellati articoli 117, comma 3, e 119, comma 2, Cost.» –
non sarebbe piú meramente suppletiva
rispetto a quella statale, ma potrebbe ormai essere esercitata nel rispetto dei
soli princípi di coordinamento fissati dallo Stato. Il comma impugnato, secondo
la Regione Valle d’Aosta, non esprime tuttavia norme di principio, ma priva la
Regione di qualunque valutazione in ordine all’an ed al quomodo della
corresponsione di indennità ai titolari di cariche elettive e preclude
l’adeguamento della produzione legislativa regionale alle specifiche condizioni
della Regione.
4.– La Regione Puglia ha infine
impugnato l’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del
2010, per violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost.
La disposizione censurata prevede che
«Agli amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di
forme associative di enti locali aventi per oggetto la gestione di servizi e
funzioni pubbliche non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni e
indennità o emolumenti in qualsiasi forma siano essi percepiti».
Secondo la ricorrente, la disciplina
delle comunità montane e delle unioni di comuni spetta alle Regioni a titolo di
competenza residuale ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. La
disposizione impugnata non sarebbe, dunque, ascrivibile alla potestà
legislativa esclusiva statale in materia di «organi di governo e funzioni
fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane» (art. 117, secondo
comma, lettera p, Cost.), perché il
riferimento a «Comuni, Province e Città metropolitane» ha carattere tassativo e
non è estensibile alle comunità montane; e neppure alla competenza statale in
materia di «coordinamento della finanza pubblica» (art. 117, terzo comma,
Cost.), perché introduce vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa ed è
formulata in termini tali da escluderne il carattere transitorio. Proprio per
questo suo contenuto minutamente regolativo, il denunciato ultimo periodo del
comma 7 dell’art. 5 violerebbe anche l’autonomia finanziaria della Regione
garantita dall’art. 119 Cost.
5.– Si è costituito in giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che le questioni proposte siano dichiarate
inammissibili e, comunque, infondate.
5.1.– In via preliminare la difesa
erariale eccepisce la tardività dei ricorsi, in quanto essi sono stati proposti
avverso disposizioni del decreto-legge n. 78 del 2010 che non sono state
modificate in sede di conversione e che, pertanto, avrebbero dovuto essere
impugnate immediatamente – nei termini dell’art. 127 Cost. – senza attendere la
conversione in legge.
5.2.− Nel merito, premesso che
l’impugnato decreto-legge n. 78 del 2010 è stato adottato nel pieno di una
grave crisi economica internazionale per assicurare la stabilità finanziaria
dell’Italia, l’Avvocatura dello Stato lo riconduce alla competenza statale in
materia di coordinamento della finanza pubblica. Tutte le disposizioni
denunciate, in questa prospettiva, sarebbero espressione di princípi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.
5.3.– Per quanto specificamente attiene
all’impugnazione del comma 1 dell’art. 5, la difesa erariale sostiene che esso
rimette all’autonoma valutazione delle Regioni le riduzioni del trattamento
economico spettante ai componenti degli organi regionali e, pertanto, non
influisce in alcun modo sull’organizzazione interna degli enti territoriali né
può ledere la loro potestà statutaria o la loro autonomia finanziaria.
L’assegnazione al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato − secondo
la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri − resta assorbita
dalla volontaria determinazione assunta dalla Regione in ordine al presupposto
economico di tale assegnazione (la riduzione delle spese), e non costituisce, quindi, un vincolo autonomo
e distinto. In definitiva, la disposizione denunciata imporrebbe ai vari enti
costitutivi della Repubblica un «dovere di comportamento, coerente con le
esigenze superiori della Comunità nazionale»; un dovere di «concorso al
pubblico bene ed interesse» che troverebbe fondamento nei princípi della
solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.), dell’eguaglianza
economica e sociale (art. 3, secondo comma, Cost.), dell’unitarietà della
Repubblica (art. 5 Cost.) e della responsabilità internazionale dello Stato
(art. 10 Cost.), e nei princípi correlati del concorso di tutti alle spese
pubbliche (art. 53 Cost.), della pari dignità degli enti territoriali (art. 114
Cost.), del «fondo perequativo» (art. 119 Cost.), della tutela dell’unità
giuridica ed economica (art. 120 Cost.) e degli altri doveri espressi dalla
Costituzione (sono citati gli articoli da 41 a 47, 52, 54 Cost.).
5.4.– Anche le altre tre disposizioni
impugnate si ispirano – sempre ad avviso della difesa statale − «alla
medesima ratio della salus rei publicae»
e trovano fondamento nei già richiamati princípi di solidarietà, unità e
responsabilità. Esse sarebbero, in
concreto, ascrivibili alla potestà legislativa statale di determinazione dei
princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.
5.5.– In replica all’impugnazione del
comma 4 dell’art. 5, il resistente Presidente del Consiglio dei ministri
deduce, in particolare, che la norma denunciata non tocca alcuna disposizione
regionale, ma si limita a intervenire su una legge statale che, pur se approvata
nella vigenza di regole distributive della competenza legislativa diverse da
quelle attuali, resta modificabile dallo Stato.
5.6.– Riguardo al comma 5 dell’art. 5,
la difesa dello Stato assume che detto comma non riguarda le strutture amministrative,
ma solo quelle politiche e di governo, perché prevede una particolare ipotesi
di incompatibilità per i titolari di cariche elettive, e pertanto può essere
considerato un principio fondamentale della materia elettorale e ricondotto
alla competenza statale di cui all’art. 122, primo comma, Cost. In ogni caso,
la disposizione impugnata esprimerebbe anche un principio di coordinamento
della finanza pubblica avente il suo fondamento nei princípi di «solidarietà,
unitarietà e responsabilità, sanciti dalla prima parte della Costituzione», e
come tale sarebbe autorizzata ad incidere sulla competenza legislativa
residuale regionale in materia di organizzazione e funzionamento della Regione.
In replica alle doglianze mosse dalla
Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
sul medesimo comma 5, l’Avvocatura dello Stato riconosce che gli enti
territoriali ad autonomia differenziata debbono concorrere al conseguimento
degli obiettivi di finanza pubblica con modalità proprie, ma afferma che
l’eccezionale urgenza di far fronte a una gravissima crisi finanziaria consente
di derogare «anche alle procedure statutarie, come alle altre sinanco
costituzionali, in ragione dell’esigenza di salvaguardare la salus rei publicae e in applicazione dei
principi costituzionali fondamentali della solidarietà economica e sociale
(art. 2), dell’unità della Repubblica (art. 5) e della responsabilità
internazionale dello Stato (art. 10)».
5.7.– Quanto, infine, all’ultimo periodo
del comma 7 dell’art. 5, la difesa dello Stato rileva che esso riguarda il compenso degli amministratori delle comunità
montane e di altre unioni di comuni e costituisce, perciò, il mezzo per
pervenire a ridurre a regime la spesa corrente per il funzionamento delle
medesime.
6.– In prossimità dell’udienza pubblica
fissata per l’8 giugno 2011, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato
memorie illustrative in relazione a tutti i ricorsi, con l’eccezione di quello
iscritto al n. 96 del 2010 proposto dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
Con tali
memorie, di analogo contenuto, la
difesa erariale insiste nelle conclusioni rassegnate negli atti di
costituzione. La difesa dello Stato riafferma, in particolare, la legittimità
di interventi che, «pur derogatori all’ordine normale delle competenze», trovano
fondamento nell’esigenza di salvaguardare, necessariamente ed
indifferibilmente, «il fondamento stesso dello Stato», minacciato dalla recente
crisi economica mondiale.
7.– In prossimità della medesima udienza
pubblica dell’8 giugno 2011, anche le ricorrenti hanno depositato memorie
difensive.
7.1.– In via preliminare, la Regione
Puglia deduce l’infondatezza
dell’eccezione di inammissibilità dei ricorsi per tardività, in quanto proposti
avverso norme della legge di conversione di contenuto identico rispetto a
quelle contenute nel decreto-legge oggetto di conversione. La ricorrente
richiama al riguardo numerose pronunce della Corte costituzionale che avrebbero
riconosciuto la tempestività dell’impugnazione della legge di conversione,
ancorché non modificativa del decreto-legge convertito.
Ancora in via preliminare, la Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha
affermato che, a séguito della sopravvenuta entrata in vigore della legge 13
dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011), il suo concorso agli
obiettivi di finanza pubblica ha luogo, ormai, mediante le misure da definire
mediante accordi con lo Stato. La ricorrente menziona, al riguardo, i seguenti
due tipi di accordo: a) quello con il Ministro dell’economia e delle finanze,
ai sensi dell’art. 1, comma 132, della legge n. 220 del 2010, secondo cui: «Per
gli esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a statuto speciale, escluse la
regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano,
concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente, con il Ministro
dell’economia e delle finanze il livello complessivo delle spese correnti e in
conto capitale, nonché dei relativi pagamenti, in considerazione del rispettivo
concorso alla manovra, determinato ai sensi del comma 131 […]. In caso di
mancato accordo, si applicano le disposizioni stabilite per le regioni a
statuto ordinario»; b) quello, già concluso, con il Ministro per la
semplificazione normativa, «nel rispetto» dei commi 160 e seguenti della stessa
legge n. 220 del 2010. Alla luce di tale normativa, la Regione ricorrente
sostiene che la disposizione impugnata non è ad essa applicabile, perché
introduce una misura volta ad assicurare il concorso delle Regioni agli
obiettivi di finanza pubblica senza essere stata pattuita mediante i menzionati
accordi. La difesa regionale, peraltro, nell’ipotesi in cui i vincoli di
contenimento della spesa pubblica posti alle norme statali impugnate fossero ritenuti
applicabili alla Regione, ne denuncia l’illegittimità costituzionale per
violazione del principio di leale collaborazione.
7.2.– Nel merito, e con generale
riferimento a tutte le censure proposte, la Regione Puglia osserva che pure in
momenti di incombente pericolo per lo Stato devono essere adottati atti
conformi alle competenze costituzionali, non essendo configurabile un «potere
generale di emergenza», ma solo «competenze ordinarie» e un potere sostitutivo
straordinario dello Stato inteso a rimediare all’eventuale inerzia regionale.
7.3.– In ordine alle singole
disposizioni impugnate, le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna sottolineano la
contraddittorietà delle affermazioni della difesa statale in ordine
all’interpretazione del comma 1 dell’art. 5 atteso che l’Avvocatura dello
Stato, da un canto, afferma che le riduzioni di spesa previste da tale comma 1
sono rimesse all’autonoma valutazione della Regione, dall’altro, sostiene che
la disposizione denunciata pone un «dovere di comportamento», che fonda su
numerose norme costituzionali «per lo piú prive in realtà di qualsiasi legame
con l’oggetto della norma impugnata»; norme costituzionali che, nota la difesa
della Regione Puglia, sarebbero talora idonee a fornire, piuttosto, argomenti a
sostegno delle censure regionali (come, in particolare, nel caso del richiamo
al fondo perequativo, destinato a operare a beneficio delle Regioni e non a
loro detrimento). In ogni caso – ad avviso delle Regioni Liguria,
Emilia-Romagna e Puglia − anche a ritenere che la disposizione impugnata
non abbia carattere cogente quanto all’an
delle riduzioni di spesa, essa sarebbe comunque illegittima, perché preclude
alle Regioni di utilizzare le risorse risparmiate per scopi diversi
dall’assegnazione al fondo statale, ponendo, quindi, un vincolo di destinazione
autonomo ed improprio. Le ricorrenti Regioni Liguria, Emilia-Romagna e Puglia
ricordano, infine, che una norma statale in tutto analoga a quella impugnata –
che riduceva del 10% le indennità corrisposte ai titolari degli organi politici
regionali – è stata dichiarata incostituzionale con la sentenza della
Corte costituzionale n. 157 del 2007 e ne desumono che anche la norma
impugnata non è qualificabile come principio fondamentale di coordinamento
della finanza pubblica.
7.4.– Quanto al comma 4 dell’art. 5, la
difesa della ricorrente Regione Puglia ribadisce che tale comma non esprime un
principio di coordinamento della finanza pubblica, perché pone limiti puntuali,
disciplina in modo esaustivo strumenti e modalità necessari al perseguimento
degli obiettivi di finanza pubblica e non ha carattere transitorio, visto che
la sua decorrenza dal primo rinnovo dei Consigli regionali indica il dies a quo dell’efficacia della
normativa, non certo il termine finale di essa.
7.5.– Riguardo al comma 5 dell’art. 5,
la Regione Puglia sottolinea che non vale osservare, come fa la difesa
erariale, che la norma impugnata pone una regola uguale per tutta la pubblica
amministrazione, dal momento che, in base al riparto di competenze
costituzionalmente stabilito, lo Stato non ha una competenza generale per tutte
le pubbliche amministrazioni.
7.6.– Quanto all’ultimo periodo del
comma 7 dell’art. 5, infine, la ricorrente Regione Puglia ribadisce il
carattere puntuale del vincolo di spesa da esso imposto.
8.– Con decreto del 26 maggio 2011, il
Presidente della Corte costituzionale ha disposto il rinvio a nuovo ruolo di
tutte le questioni oggetto dei presenti giudizi, fissandone poi la trattazione,
con decreto del 21 giugno 2011, nell’udienza pubblica del 23 novembre 2011.
9.– In prossimità di tale udienza, la
difesa dello Stato ha depositato ulteriori memorie in relazione a tutti i
ricorsi (con la sola eccezione di quello iscritto al n. 96 del 2010 proposto
dalla Regione Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste).
La difesa dello Stato ribadisce che
l’impugnato comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2010 «si limita a
demandare ogni decisione sull’entità della riduzione alle stesse Regioni, non
ledendo alcuna autonomia, ma implicitamente richiamandosi ai principi di
solidarietà nazionale (art. 2 Cost.) e di perequazione delle risorse».
L’appartenenza alla medesima comunità nazionale, secondo il Presidente del
Consiglio dei ministri, legittimerebbe l’aspettativa di un comune sforzo per
fronteggiare la crisi in atto e la destinazione dei risparmi realizzati al
Fondo finalizzato a contenere «il maggior fattore di rischio e di instabilità,
rappresentato dall’entità del debito pubblico».
Quanto ai commi 4, 5 e 7, ultimo
periodo, del medesimo art. 5, l’Avvocatura dello Stato insiste nel sostenere la
non fondatezza delle censure, affermando che tali disposizioni rientrano negli
àmbiti riservati alla competenza legislativa statale, in quanto o riguardano la
modifica di leggi statali (comma 4), o attengono all’ordinamento civile (comma
5) o costituiscono il mezzo per contenere la spesa corrente per il
funzionamento delle comunità montane (comma 7, ultimo periodo).
10.– In prossimità dell’udienza pubblica
del 23 novembre 2011 anche le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna hanno
depositato ulteriori memorie.
10.1.– Le due Regioni, con atti
difensivi di identico contenuto, insistono nella richiesta di accoglimento
della questione proposta sul comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del
2010, osservando che, ove «persino il trattamento economico dei politici
regionali potesse essere considerato un "rilevante aggregato della spesa”, ciò
in pratica vanificherebbe il divieto – fissato nella giurisprudenza costituzionale
– dei limiti alle voci minute di spesa».
11.– Con decreti del 10 novembre 2011 il
Presidente della Corte costituzionale ha disposto il rinvio delle questioni
promosse con i ricorsi n. 96 del 2010 e n. 107 del 2010 (limitatamente
all’impugnazione del comma 5 dell’art. 5) all’udienza pubblica dell’8 maggio
2012 e l’anticipazione della discussione delle questioni promosse con i ricorsi
n. 102 del 2010, n. 106 del 2010 e n. 107 del 2010 (limitatamente
all’impugnazione dei commi 1, 4 e 7, ultimo periodo, dell’art. 5) all’udienza
pubblica del 22 novembre 2011.
Con successivo decreto del 24 novembre
2011, il Presidente della Corte costituzionale ha disposto il rinvio della
discussione anche delle questioni promosse con i ricorsi n. 102, n. 106 e n.
107 del 2010 (limitatamente all’impugnazione dei commi 1, 4 e 7, ultimo
periodo, dell’art. 5) all’udienza pubblica dell’8 maggio 2012.
12.– In prossimità dell’udienza pubblica
dell’8 maggio 2012, le Regioni Emilia-Romagna e Liguria hanno presentato
ulteriori memorie.
Le due Regioni, con atti di contenuto analogo,
hanno rinnovato la richiesta di accoglimento dei propri ricorsi, segnalando
alla Corte le novità intervenute medio
tempore in relazione alle norme impugnate; novità che non hanno, tuttavia,
interessato l’impugnato art. 5.
13.– In prossimità dell’udienza pubblica
dell’8 maggio 2012, anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha
depositato una memoria in relazione a tutti i ricorsi, con l’eccezione di
quello iscritto al n. 96 del 2010 proposto dalla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
La difesa
dello Stato ribadisce anzitutto che le disposizioni impugnate rientrano nella
competenza statale in tema di determinazione dei principi di coordinamento
della finanza pubblica. D’altro canto, la stessa Avvocatura generale dello
Stato deduce che, in considerazione della grave crisi economica internazionale,
tale da porre in pericolo il fondamento stesso dello Stato – tanto che il
Governo ha adottato in via di urgenza, sentite le parti sociali e le Regioni, altre
quattro manovre economico-finanziarie, in aggiunta alle ordinarie leggi di
stabilità (il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante «Disposizioni urgenti
per la stabilizzazione finanziaria», il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 98,
recante «Ulteriori disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e
per lo sviluppo», il decreto-legge 18 dicembre 2011, n. 2011, recante
«Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti
pubblici» ed il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la
competitività») – quest’ultimo può «intervenire legislativamente in ogni
materia» nell’adempimento del «dovere costituzionale di preservare prima di
tutto il sistema, attuando in via immediata tutte le misure necessarie, senza
attendere i tempi e le procedure ordinarie, in ossequio al principio salus rei publicae suprema lex esto».
Interventi straordinari e temporanei che non avrebbero potuto essere altrimenti
assicurati con la necessaria tempestività ed omogeneità. Anche la dottrina
avrebbe riconosciuto che il valore tutelato dall’art. 77 Cost., consistente
nella tutela della collettività e dell’ordinamento rispetto alle emergenze,
dovrebbe prevalere sul valore «strettamente formale» del rispetto delle
competenze legislative di Stato e Regioni sancito dall’art. 117 Cost. In
conclusione, sempre ad avviso della difesa erariale, la straordinaria necessità
ed urgenza menzionata all’art. 77 Cost. può giustificare una deroga alle
competenze legislative quando quest’ultima sia finalizzata ad assicurare
tempestività ed uniformità, altrimenti non conseguibili, di interventi
normativi miranti alla «salvezza dello Stato nel suo complesso e rispettosi
degli altri principi fondamentali della Costituzione».
In relazione
alle singole censure, la difesa dello Stato ribadisce quanto già esposto nei
propri precedenti atti difensivi.
Considerato
in diritto
1.–
Riservata a separate pronunce la
decisione sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nel suddetto
decreto-legge n. 78 del 2010, debbono essere qui esaminate le questioni di
legittimità costituzionale aventi ad oggetto l’art. 5, commi 1, 4, 5 e 7,
ultimo periodo, del medesimo decreto, proposte in riferimento: a) agli artt. 3,
97, 117, 118, 119, 122 e 123 della Costituzione; b) all’art. 3, primo comma,
lettera f), dello statuto della
Regione autonoma Valle d’Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4,
recante «Statuto speciale per
2.– In considerazione della parziale identità
delle norme impugnate e delle censure proposte con i suddetti ricorsi, i
giudizi, come sopra delimitati, devono essere riuniti per essere trattati
congiuntamente e decisi con un’unica pronuncia.
3.– La difesa del Presidente del
Consiglio dei ministri ha eccepito in via preliminare la tardività di tutti i
ricorsi, in quanto proposti avverso disposizioni della legge di conversione già
contenute, nell’identico testo, nel decreto-legge n. 78 del 2010 e non
impugnate tempestivamente.
L’eccezione va rigettata.
I ricorsi hanno ad oggetto disposizioni
del decreto-legge n. 78 del 2010 non modificate in sede di conversione e
impugnate solo dopo la pubblicazione della legge di conversione. Ciò non
comporta, tuttavia, che le impugnazioni siano tardive. È, infatti, principio
consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che
4.– Il decreto-legge n. 78 del 2010,
nell’adottare misure intese a stabilizzare la finanza pubblica e a favorire lo
sviluppo della competitività economica, dedica il suo Capo II alla «Riduzione
del costo degli apparati politici ed amministrativi» e detta, con l’impugnato
art. 5, una disciplina relativa a economie di spesa «negli Organi costituzionali,
di governo e negli apparati politici». Le ricorrenti lamentano che le
previsioni contenute nei commi 1, 4, 5 e 7, ultimo periodo, di tale articolo
ledono le loro competenze legislative e amministrative e la loro autonomia
finanziaria, violando cosí gli evocati parametri.
Al riguardo, la difesa dello Stato ha
affermato che le norme impugnate trovano giustificazione nell’esigenza di far
fronte con urgenza ad una gravissima crisi finanziaria che mette in pericolo la
stessa salus rei publicae. La gravità
della situazione consentirebbe allo Stato, sempre ad avviso della parte
resistente, di derogare alle regole costituzionali di riparto delle competenze
legislative tra Stato e Regioni e di «intervenire
legislativamente in ogni materia», in ottemperanza ai doveri espressi
dalla Costituzione ed in applicazione dei princípi costituzionali fondamentali
della solidarietà economica e sociale (art. 2 Cost.), dell’uguaglianza
economica e sociale (art. 3, secondo comma, Cost.), dell’unità della Repubblica
(art. 5 Cost.), della responsabilità internazionale dello Stato (art. 10 Cost.,
dell’appartenenza all’Unione europea (art. 11 Cost.), del concorso di tutti
alle spese pubbliche (art. 53 Cost.), di sussidiarietà (art. 118 Cost.), della
responsabilità finanziaria (art. 119 Cost.) e della tutela dell’unità giuridica
ed economica (art. 120 Cost.).
Tale assunto non può essere condiviso.
Le norme costituzionali menzionate dalla parte resistente, infatti, non
attribuiscono allo Stato il potere di derogare al riparto delle competenze
fissato dal Titolo V della Parte II della Costituzione, neppure in situazioni
eccezionali. In particolare, il principio salus rei publicae suprema lex esto non può essere invocato al fine di
sospendere le garanzie costituzionali di autonomia degli enti territoriali
stabilite dalla Costituzione. Lo Stato, pertanto, deve affrontare l’emergenza
finanziaria predisponendo rimedi che siano consentiti dall’ordinamento
costituzionale.
5.– Il comma 1 dell’art. 5 – impugnato
dalle Regioni Liguria, Emilia-Romagna e Puglia – prevede che, per gli anni dal
2011 al 2013, sono destinati al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di
cui al d.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398 (Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di debito pubblico), «gli importi
corrispondenti alle riduzioni di spesa che verranno deliberate dalle Regioni,
con riferimento ai trattamenti economici degli organi indicati nell’art. 121
della Costituzione», cioè il Consiglio regionale,
La disposizione, interpretata nel senso
che impone alle Regioni di deliberare riduzioni relative a una specifica voce
di spesa, è denunciata per contrasto con il terzo comma dell’art. 117 Cost.,
perché reca una disciplina di dettaglio nella materia concorrente del
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (r.r. n. 102 e n.
106 del 2010). La medesima disposizione, anche se interpretata nel senso di non
imporre alle Regioni le predette riduzioni di spesa, è comunque ritenuta in
contrasto con: a) gli artt. 117 e 118 Cost., perché impedisce alla Regione di
utilizzare liberamente le risorse corrispondenti alle riduzioni di costo «per
altri scopi, da essa individuati nell’esercizio della propria autonomia
organizzativa e delle proprie competenze di settore» (r.r. n. 102 e n. 106 del
2010); b) l’art. 119 Cost., in quanto l’assegnazione delle risorse risparmiate
ad un fondo statale obbliga le Regioni a finanziare lo Stato «con risorse che
provengono dalle entrate generali della Regione», violando cosí l’autonomia
finanziaria regionale di spesa (r.r. n. 102, n. 106 e n. 107 del 2010); c) gli
artt. 117, quarto comma, e 123, primo comma, Cost., perché, intervenendo sulla
disciplina del trattamento economico dei componenti degli organi politici
regionali, invade gli àmbiti riservati alla potestà legislativa regionale
residuale in materia di organizzazione interna e di personale nonché alla
competenza statutaria a determinare i princípi fondamentali di organizzazione e
funzionamento della Regione (r.r. n. 107 del 2010); d) gli artt. 3 e 97 Cost.,
espressivi dei princípi di ragionevolezza e di buon andamento
dell’amministrazione, perché la devoluzione delle somme risparmiate al bilancio
statale «evidentemente […] disincentiva» il risparmio (r.r. n. 102 e n. 106 del
2010).
5.1.– Le questioni promosse dalle
Regioni Liguria ed Emilia-Romagna in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. sono
inammissibili.
Questa Corte ha piú volte affermato che
nei giudizi in via principale le Regioni sono legittimate a censurare le leggi
dello Stato esclusivamente in base a parametri relativi al riparto delle
rispettive competenze e possono evocare altri parametri soltanto ove la
violazione di questi comporti una compromissione delle attribuzioni regionali
costituzionalmente garantite (ex plurimis,
sentenze n. 128
e n. 33 del 2011; n. 52 del 2010; n. 237 del 2009;
n. 289 e
n. 216 del 2008).
Tale circostanza non ricorre nel caso di
specie, in quanto la violazione dei princípi di ragionevolezza e di buon
andamento della pubblica amministrazione – che, secondo le ricorrenti, si
sarebbe prodotta perché la disposizione impugnata, riassegnando gli importi
corrispondenti ai risparmi di spesa deliberati dalle Regioni al Fondo per
l’ammortamento dei titoli di Stato, disincentiverebbe tali risparmi – non
modifica la distribuzione delle competenze costituzionali tra Stato e Regioni.
5.2.– Le questioni promosse dalle
Regioni Liguria ed Emilia-Romagna in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost.,
dalle Regioni Liguria, Emilia-Romagna e Puglia in riferimento all’art. 119
Cost. e dalla Regione Puglia in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 123,
primo comma, Cost., non sono fondate.
5.2.1.– Va premesso, al riguardo, che la
disposizione impugnata – contrariamente a quanto sostenuto in via principale
dalle Regioni Liguria ed Emilia-Romagna – deve essere interpretata non nel
senso che le Regioni hanno l’obbligo di adottare deliberazioni di riduzione di
spesa, ma nel senso che, nel caso in cui dette Regioni, nell’esercizio della
loro autonomia, abbiano deliberato per il triennio dal 2011 al 2013 tali
riduzioni, i risparmi cosí ottenuti «sono riassegnati» al Fondo per
l’ammortamento dei titoli di Stato. Infatti, detta disposizione non pone
espressamente alcun obbligo di risparmio a carico delle Regioni ed anzi, con
l’espressione «verranno deliberate», sottolinea, mediante l’uso del tempo
futuro, la mera eventualità della decisione di risparmio, non quantificato in
una misura minima. Tale interpretazione si armonizza con la previsione
contenuta nel precedente periodo dello stesso comma, nel quale, con riferimento
ad organi costituzionali dotati anch’essi di autonomia di bilancio (Presidenza
della Repubblica, Senato della Repubblica, Camera dei deputati e Corte
costituzionale), viene chiarito che le riduzioni di spesa «saranno
autonomamente deliberate».
5.2.2.− Cosí interpretata, la
norma impugnata è priva di attitudine lesiva delle competenze statutarie e
legislative delle Regioni. Come visto, infatti, la decisione di risparmiare
riguarda il circoscritto settore del trattamento economico degli organi di cui
all’art. 121 Cost. e consegue all’esercizio di un atto di autonomia, con il
quale
6.– Il comma 4 dell’art. 5 del decreto-legge
n. 78 del 2010 è impugnato dalla sola Regione Puglia, nella parte in cui
stabilisce che, a decorrere dal primo rinnovo dei Consigli regionali successivo
alla data di entrata in vigore del decreto-legge medesimo, è ridotto del 10 per
cento l’importo previsto a titolo di rimborso delle spese elettorali nell’art.
1, comma 5, primo periodo, della legge 3 giugno 1999, n. 157 (Nuove norme in
materia di rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie
e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai
movimenti e partiti politici).
La ricorrente denuncia il contrasto
della disposizione: a) in via principale, con l’art. 117, quarto comma, Cost.,
perché lo Stato avrebbe invaso la competenza legislativa residuale della
Regione nella materia elettorale; b) in via subordinata, con l’art. 122, primo
comma, Cost., perché, ove pure la disciplina impugnata fosse ricondotta alla
potestà legislativa concorrente sul «sistema di elezione […] dei consiglieri
regionali», essa comunque non esprimerebbe alcun principio fondamentale della
materia, ma porrebbe un precetto di minuta regolazione.
6.1.– Le questioni non sono fondate.
6.1.1.− Il rimborso delle spese
elettorali sostenute da movimenti o partiti politici per le elezioni del
Consiglio regionale è disciplinato dalla citata legge n. 157 del 1999, la
quale, all’art. 1 – su cui interviene, modificandolo, l’impugnato comma 4
dell’art. 5 –, riconosce ad essi un rimborso forfetario in relazione alle spese
elettorali sostenute «per le campagne per il rinnovo» anche dei Consigli
regionali. A tale scopo è costituito un fondo a carico del bilancio interno
della Camera dei deputati per un importo pari, per ogni anno di legislatura,
alla somma risultante dalla moltiplicazione di euro 0,90 (cosí ridotto per
effetto della disposizione censurata) per il numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali per
le elezioni di tale Camera.
6.1.2.− Deve ritenersi che la
disciplina censurata sia riconducibile alla fattispecie prevista dall’art. 122,
primo comma, Cost., secondo cui: «Il sistema di elezione e i casi di
ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti
della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con
legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge
della Repubblica, che stabilisce
anche la durata degli organi elettivi».
Infatti, l’espressione «sistema di
elezione» utilizzata nell’art. 122, primo comma, Cost. deve ritenersi
comprensiva, nella sua ampiezza, di tutti gli aspetti del fenomeno elettorale.
Essa si riferisce, quindi, non solo alla disciplina dei meccanismi che
consentono di tradurre in seggi, all’interno di organi elettivi, le preferenze
espresse con il voto dal corpo elettorale (sistema elettorale in senso stretto,
riguardante il tipo di voto e di formula elettorale e il tipo e la dimensione
dei collegi), ma anche alla disciplina del procedimento elettorale (sentenza n. 196 del
2003), nonché a quella che attiene, piú in generale, allo svolgimento delle
elezioni (sistema elettorale in senso ampio).
La materia «sistema di elezione», nel
senso ampio ora indicato, include, perciò, la normativa concernente le campagne
elettorali per il rinnovo dei Consigli regionali ed il rimborso, ove previsto,
delle spese sostenute dai movimenti e partiti politici per tali campagne. Ne
consegue la non fondatezza della censura formulata in via principale dalla
ricorrente in riferimento al quarto comma dell’art. 117 Cost., perché in
materia la potestà legislativa della Regione non è residuale, ma va ricondotta
alla competenza concorrente di cui all’art. 122, primo comma, Cost., da
esercitarsi nel rispetto dei princípi fondamentali stabiliti dallo Stato.
6.1.3.– Non è fondata neppure la
questione promossa in via subordinata dalla ricorrente Regione Puglia, la quale
ha dedotto che, quand’anche la normativa denunciata fosse riconducibile alla competenza
concorrente di cui all’art. 122, primo comma, Cost., essa sarebbe comunque
illegittima perché non detta un principio fondamentale della materia, ma pone
una norma di stretto dettaglio.
In proposito, si è già visto che il
rimborso forfetario delle spese sostenute da movimenti o partiti politici per
le campagne per il rinnovo dei Consigli regionali, previsto dalla citata legge
n. 157 del 1999, è erogato attingendo alle risorse di un fondo posto a carico
del bilancio della Camera dei deputati, la cui entità era stabilita, al momento
dell’entrata in vigore della norma impugnata, nella misura di un euro per ogni
elettore iscritto nelle liste elettorali di tale Camera. Il rimborso viene poi
ripartito nell’àmbito delle varie Regioni tra i partiti e movimenti politici
beneficiari.
In tal modo, il legislatore statale ha
previsto che il suddetto rimborso sia effettuato secondo regole uniformi in
tutto il territorio nazionale al fine di assicurare non solo l’uguale libertà
del voto a tutti gli elettori, a qualunque Regione appartengano (art. 48
Cost.), ma anche la parità di trattamento di tutti i movimenti e partiti
politici che partecipano alle competizioni elettorali (art. 49 Cost.). La
disciplina relativa all’entità del fondo – e quindi alla misura del rimborso
forfetario – non integra, pertanto, una normativa di dettaglio, ma ha natura di
principio fondante del «sistema di elezione» dei consiglieri regionali, avendo
essa l’obiettivo di garantire l’uguale esercizio dei diritti politici tutelati
dalle indicate disposizioni costituzionali e di evitare irragionevoli
discriminazioni nel godimento degli stessi. Tale obiettivo sarebbe, infatti,
pregiudicato ove si consentisse alle Regioni di adottare leggi in tema di
rimborsi o finanziamenti dell’attività elettorale regionale, con il conseguente
rischio di disparità di accesso alle risorse di provenienza pubblica da parte
dei movimenti politici e dei partiti, in ragione delle diversità economiche fra
le Regioni, delle scelte da queste operate in materia e del differente
radicamento territoriale delle forze politiche.
In questo quadro si inserisce la
normativa denunciata che, in coerenza con l’indicata ratio della precedente legislazione statale, si limita a ridurre
del 10 per cento l’entità del fondo esistente presso la Camera dei deputati. Ne
consegue che il primo periodo del comma 5 dell’art. 1 della citata legge n. 157
del 1999, quale modificato dal censurato comma 4 dell’art. 5 del decreto-legge
n. 78 del 2010, costituisce un principio fondamentale del «sistema di elezione»
dei consiglieri regionali, legittimamente posto dallo Stato ai sensi del primo
comma dell’art. 122 Cost. Di qui la non fondatezza della questione.
7.– Il comma 5 dell’art. 5 del
decreto-legge n. 78 del 2010 è impugnato dalle Regioni Valle d’Aosta e Puglia
(rispettivamente, r.r. n. 96 e n. 107 del 2010). Esso stabilisce che: «Ferme le
incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di
cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle
pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196 [cioè le
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato], inclusa la
partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo
esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza
non possono superare l’importo di 30 euro a seduta».
La disposizione è denunciata per il
contrasto con: a) gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., perché stabilisce
non un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ma un
vincolo puntuale ad una specifica voce di spesa (ricorsi n. 96 e n. 107 del
2010); b) l’art. 117, quarto comma, Cost., perché invade l’àmbito riservato
alla potestà legislativa regionale residuale in materia di organizzazione
amministrativa e di disciplina del personale della Regione e degli enti ad essa
collegati (ricorso n. 107 del 2010). Secondo
7.1.– Le questioni promosse dalla
Regione Puglia in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost.
non sono fondate.
Alla disposizione denunciata va infatti
riconosciuta, contrariamente all’assunto della ricorrente, natura di principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, la cui determinazione
spetta allo Stato e dal quale possono legittimamente derivare limitazioni
all’autonomia organizzativa e di spesa delle Regioni.
7.1.1.– In via preliminare, va osservato
che il comma impugnato, nel richiamare l’art. 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), si riferisce
espressamente a tutte le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico
consolidato individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e,
quindi, anche alle Regioni e alle Province autonome (si veda, al riguardo, il
comunicato dell’ISTAT del 24 luglio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 24 luglio 2010, n. 171).
7.1.2.– Il comma denunciato introduce il
principio di gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle indicate pubbliche
amministrazioni ai titolari di cariche elettive (inclusa la partecipazione ad
organi collegiali di qualsiasi tipo), in forza del quale i soggetti che
svolgono detti incarichi hanno diritto esclusivamente al rimborso delle spese
sostenute. Lo stesso comma prevede inoltre che gli «eventuali gettoni di
presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta».
Detto principio di gratuità risponde
alla ratio di evitare il cumulo di
incarichi retribuiti e di perseguire in tal modo, attraverso un risparmio della
spesa corrente, l’equilibrio della finanza pubblica complessiva. L’impugnata
normativa è, pertanto, espressione di una scelta di fondo, diretta a connotare
la disciplina settoriale degli incarichi conferiti ai titolari delle cariche
elettive e, nel contempo, a ridurre gli oneri della finanza pubblica.
Costituisce, quindi, un principio fondamentale di coordinamento della finanza
pubblica, ascrivibile alla competenza legislativa dello Stato, ai sensi
dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Non osta a tale conclusione la
previsione di un limite massimo di trenta euro a gettone di presenza.
L’esiguità di tale limite, infatti, non fa venir meno, nella sostanza, il
principio fondamentale di gratuità, di cui detta previsione costituisce una non
rilevante eccezione sul piano quantitativo.
7.2.– La Regione autonoma Valle d’Aosta
(r.r. n. 96 del 2010) deduce che la medesima disposizione si pone in contrasto,
oltre che con gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. – per gli stessi profili
prospettati dalla Regione Puglia ed esaminati nel punto precedente (r.r. n. 107
del 2011) − anche con l’art. 3, primo comma, lettera f), del proprio statuto.
7.2.1.– Preliminarmente, va evidenziato
che in ordine a tali questioni la Regione autonoma Valle d’Aosta, nella memoria
depositata in prossimità dell’udienza pubblica dell’8 giugno
In ordine all’accordo indicato sub a), previsto dal comma 132 dell’art.
1 della legge n. 220 del 2010, deve tuttavia osservarsi che la ricorrente non
prova che esso è stato concluso.
L’accordo indicato sub b) – in conformità a quanto dedotto dalla ricorrente, che ne ha
prodotto in giudizio una copia – risulta, invece, concluso in data 11 novembre
2010 con il Ministro per la semplificazione, con la denominazione «Accordo tra
lo Stato e la Regione autonoma Valle d’Aosta per il coordinamento della finanza
pubblica nell’ambito del processo di attuazione del federalismo fiscale, in
attuazione dell’art. 119 della Costituzione». Va, peraltro, precisato che tale
accordo, contrariamente a quanto affermato in giudizio dalla Regione, non è
stato concluso «nel rispetto di quanto previsto» dai commi 160 e seguenti
dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010 (entrata in vigore il 1° gennaio 2011),
ma in dichiarata applicazione della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al
Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119
della Costituzione), al fine di «modificare l’ordinamento finanziario della
Regione e di definire specifiche norme di coordinamento finanziario». In
attuazione di tale accordo – il quale prevede che gli obiettivi finanziari in
esso pattuiti «sono approvati con legge ordinaria dello Stato […]» – è poi
effettivamente intervenuta la citata legge n. 220 del 2010, la quale, al comma
160 del suo art. 1, stabilisce che: «Ai sensi del combinato disposto dell’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42,
e dell’articolo 50 dello Statuto
speciale per
Dalla conclusione di quest’ultimo
accordo e dalla successiva approvazione dei suoi obiettivi finanziari ad opera
della citata legge n. 220 del 2010 – atti entrambi sopravvenuti al
decreto-legge n. 78 del 2010 recante la disposizione impugnata – derivano i
seguenti effetti: 1) il concorso della Regione autonoma Valle d’Aosta
all’assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall’ordinamento
dell’Unione europea e dalle altre misure di coordinamento della finanza
pubblica fissate dalla normativa statale è rimesso, per le annualità a
decorrere dal 2011, alle misure previste nell’accordo stesso e nella legge che
lo recepisce; 2) l’impugnato comma 5 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del
Ne consegue che, per il congiunto
effetto di tali atti sopravvenuti, la disposizione denunciata non può trovare
diretta applicazione nei confronti della Regione autonoma Valle d’Aosta per le
annualità successive al 2010 e non può, perciò, violare, in parte qua, l’autonomia legislativa e finanziaria della Regione
medesima. Deve, pertanto, essere dichiarata cessata la materia del contendere
in ordine alle questioni promosse dalla ricorrente nei confronti dell’impugnata
disposizione per la parte relativa alle annualità decorrenti dal 2011.
7.2.2.– La mancata conclusione di un
accordo che escluda l’applicazione della denunciata disposizione alla Regione
autonoma anche per l’annualità 2010 rende necessario esaminare la questione
promossa, con riferimento a detta annualità, relativamente al comma 5 dell’art.
5 del decreto-legge n. 78 del 2010.
La questione non è fondata.
A sostegno delle proprie censure, la
ricorrente fa valere la violazione dell’art. 3, primo comma, lettera f), dello statuto speciale per la Valle
d’Aosta, letto «alla luce dei novellati articoli 117, comma 3 e 119, comma 2,
Cost.», nonché, comunque, la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119
Cost., applicabili in virtú della clausola di maggior favore di cui all’art.
10, comma 1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al
titolo V della parte seconda della Costituzione). Secondo la ricorrente, in
base a tali parametri, statutario e costituzionali, la competenza legislativa
dello Stato è limitata, in materia di finanze regionali, alla sola fissazione
dei princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e non
consente l’adozione di norme di dettaglio, quali sarebbero quelle impugnate.
La non fondatezza della questione
discende dalla natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza
pubblica della disposizione impugnata, come accertato al punto 7.1., con
riferimento al ricorso della Regione Puglia (r.r. n. 107 del 2010).
8.– L’ultimo periodo del comma 7
dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2010 è impugnato dalla Regione Puglia
(r.r. n. 107 del 2010). Esso prevede che: «Agli amministratori di comunità
montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali» –
da intendersi per tali quelle previste dal d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali») – «aventi per oggetto la
gestione di servizi e funzioni pubbliche non possono essere attribuite
retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti in qualsiasi forma siano essi
percepiti». Secondo la ricorrente, tale disposizione, introducendo vincoli
puntuali relativi a singole voci di spesa, lede la competenza concorrente della
Regione in materia di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo
comma, Cost.) e víola, altresí, l’autonomia finanziaria della Regione,
garantita dall’art. 119 Cost. Inoltre, la normativa statale illegittimamente
occuperebbe l’àmbito della disciplina delle comunità montane e delle unioni di
comuni, riservato dall’art. 117, quarto comma, Cost., alla potestà legislativa
residuale delle Regioni.
Le questioni non sono fondate.
Va osservato, al riguardo, che la
censurata disposizione – nel vietare di corrispondere ogni genere di emolumenti
agli amministratori delle predette forme associative di enti locali (ivi
comprese le comunità montane) – persegue l’obiettivo di ridurre la spesa
pubblica corrente per il funzionamento di tali organismi attraverso una
disciplina uniforme, che coordina la legislazione del settore. Essa, pertanto,
è riconducibile alla materia «coordinamento della finanza pubblica», di
competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni, ai sensi dell’art. 117,
terzo comma, Cost. Nell’àmbito di tale materia, la normativa oggetto di censura
enuncia il principio di gratuità dell’amministrazione delle suddette forme
associate di gestione di servizi e funzioni pubbliche da parte degli enti
locali. Si tratta perciò, non di una normativa di dettaglio, ma di un principio
fondamentale che (analogamente a quello posto dal comma 5 dell’art. 5, sopra
esaminato al punto 7) caratterizza ed orienta la disciplina del rapporto tra le
indicate forme associative (comprese le comunità montane) ed i loro
amministratori, con l’indicato obiettivo di ridurre gli oneri della finanza
pubblica.
Dall’accertata natura di principio
fondamentale discende, in base alla giurisprudenza di questa Corte, la
legittimità dell’incidenza della censurata disposizione sia sull’autonomia di
spesa delle Regioni (si vedano, ex
plurimis, sentenze
n. 91 del 2011, n. 27 del 2010,
n. 456 e n. 244 del 2005),
sia su ogni tipo di potestà legislativa regionale, compresa quella residuale in
materia di comunità montane (sentenze n. 326 del
2010 e n.
237 del 2009).
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la
decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale riguardanti le
altre disposizioni contenute nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122;
riuniti i
giudizi;
1)
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art.
5, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla n. 122 del 2010, promosse, in
riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dalle Regioni Liguria ed
Emilia-Romagna con i ricorsi, rispettivamente, n. 102 e n. 104 del 2010;
2)
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art.
5, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, promosse,
in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118, 119 e 123, primo
comma, Cost., dalle Regioni Liguria, Emilia-Romagna e Puglia con i ricorsi,
rispettivamente, n. 102, n. 104 e n. 107 del 2010;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5,
comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, promosse,
in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 122, primo comma, Cost., dalla
Regione Puglia con il ricorso n. 107 del 2010;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5,
comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 122 del 2010, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto
comma, e 119 Cost., dalla Regione Puglia con il ricorso n. 107 del 2010;
5) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 5, del decreto-legge n. 78 del
2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, nella parte
in cui si applica, per le annualità a decorrere dal 2011, alla Regione Valle
d’Aosta, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., e
all’art. 3, primo comma, lettera f),
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per
6) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5,
comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 122 del 2010, nella parte in cui si applica, per l’annualità 2010,
alla Regione Valle d’Aosta, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo
comma, e 119 Cost., e all’art. 3, primo comma, lettera f), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto
speciale per la Valle d’Aosta), dalla medesima Regione Valle d’Aosta con il
ricorso n. 96 del 2010;
7) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5,
comma 7, ultimo periodo, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, promosse, in riferimento agli artt.
117, terzo e quarto comma, e 119 Cost., dalla Regione Puglia con il ricorso n.
107 del 2010.
Cosí deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2012.