SENTENZA N. 244
ANNO 2005
Commenti alla decisione di
I. Cesare Mainardis, La Corte costituzionale interviene sulla legge “La Loggia” (per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA ”
- Annibale MARINI ”
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 17 della legge Regione Molise 8 luglio 2002, n. 12 (Riordino e ridefinizione delle comunità montane) promosso con ordinanza del 4 luglio 2003 dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise sul ricorso proposto da Stanziano Giuseppe ed altri contro Regione Molise ed altri, iscritta al n. 1176 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Visti gli atti di costituzione di Stanziano Giuseppe ed altri e della Comunità montana Molise centrale nonché l’atto di intervento della Regione Molise;
udito nell’udienza pubblica del 5 aprile 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
udito l’avvocato Italo Spagnuolo Vigorita per Stanziano Giuseppe ed altri.
Ritenuto in fatto1.— Il Tribunale amministrativo regionale per il Molise con ordinanza del 4 luglio 2003 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge della Regione Molise 8 luglio 2002, n. 12 (Riordino e ridefinizione delle comunità montane), in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 114, 117, secondo comma, lettera p), e 123 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione.
L’ordinanza di rimessione è stata emessa nella fase cautelare del giudizio avente ad oggetto azione popolare, ex art. 9 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) − promossa da alcuni cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune di Castellino del Biferno contro la Regione Molise e nei confronti della Comunità montana “Molise Centrale” − per l’annullamento del decreto n. 17 del 27 gennaio 2003, con il quale il Presidente della Giunta regionale aveva disposto lo scioglimento del Consiglio della suddetta Comunità montana e la nomina di un Commissario straordinario per la gestione provvisoria del medesimo ente sino all’insediamento degli organi ordinari.
Nel giudizio a quo sono intervenuti ad adiuvandum due consiglieri comunali, rispettivamente del Comune di Castellino del Biferno e del Comune di Oratino.
Il provvedimento di scioglimento era motivato in ragione della difficoltà di funzionamento degli organi comunitari e della mancata approvazione nei termini dell’atto di riequilibrio del bilancio.
2.— Il giudice a quo sospetta di illegittimità costituzionale la norma nella parte in cui affida «ai poteri del Presidente della Giunta regionale lo scioglimento, la sospensione e il commissariamento del Consiglio della comunità montana». La disposizione impugnata prevede la possibilità che in caso di mancata approvazione del bilancio dell’ente montano o di mancata approvazione nei termini dello statuto montano, il Presidente della Giunta regionale del Molise, con proprio decreto, sciolga il Consiglio della Comunità montana e provveda alla nomina di un Commissario che eserciti le attribuzioni degli organi comunitari fino alla ricostituzione degli stessi.
3.— Il Tribunale amministrativo regionale premette, anche alla luce del nuovo testo dell’art. 117 della Costituzione, che «non vi è dubbio che, in materia di Comunità montane, le Regioni abbiano il potere di darsi una propria disciplina, senza neppure il limite rappresentato dal rispetto dei principî fondamentali riservati alla legislazione dello Stato, considerato che non si tratta di legislazione concorrente e che il primo comma dell’art. 117 della Costituzione pone quali unici vincoli al potere di normazione regionale quelli costituiti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Tuttavia – prosegue il giudice a quo – la Comunità montana non è un ente sub-regionale, ma un ente a carattere associativo intercomunale, una forma di rappresentanza di Comunità, vale a dire di collettività qualificate dall’appartenenza alla zona montana (art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 267 del 2000), cui si applicano, ai sensi degli artt. 28, comma 7, e 32, comma 5, del d.lgs. richiamato, i principî previsti per l’ordinamento dei Comuni.
Ritiene, pertanto, il giudice rimettente che la riserva di legge statale che copre la materia elettorale, nonché la disciplina degli organi di governo e delle funzioni fondamentali degli enti locali debbano essere estese, per ragioni di coerenza e sistematicità dell’ordinamento, anche all’elezione e al funzionamento degli organi della Comunità montana, con la conseguenza che la previsione di «un potere regionale di controllo sostitutivo sugli enti montani, contenuta in una legge regionale, collide con il riconoscimento della parità di rango costituzionale tra Regione e Comuni di cui all’art. 114 della Costituzione, nonché con la riserva di legge statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione». Osserva, inoltre, il Tribunale rimettente come sia sempre vigente l’art. 44 della Costituzione che riserva alle leggi dello Stato i provvedimenti a favore delle zone montane.
4.— Il giudice a quo deduce, altresì – qualora la Corte ritenga che la Regione possa disciplinare la materia – ulteriori profili di censura per la violazione degli artt. 3, 5, 97 e 123 della Costituzione.
Se la funzione di controllo sostitutivo sugli organi di un ente pubblico territoriale è una funzione politica, l’affidamento della medesima ad un organo monocratico della Regione, senza alcuna scansione procedimentale, nonché in assenza di particolari garanzie e con previsione di durata sine die, sarebbe in contrasto con il principio della riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa, nonché con i principî di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, di cui all’art. 97 della Costituzione, in quanto è demandato all’arbitrio di chi deve provvedere alla sostituzione determinare la durata della stessa. Inoltre, la mancata previsione di una consultazione con gli enti locali, che costituiscono la struttura associativa della Comunità montana, appare in contrasto con il principio contenuto nell’art. 123, ultimo comma, della Costituzione.
Infine, il giudice a quo deduce che la norma impugnata contrasta con i principî di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e di autonomia degli enti locali (art. 5 della Costituzione), in quanto appare incongrua l’attribuzione del controllo sugli organi collegiali di un ente territoriale di diritto pubblico, autonomo e a base comunitaria, espressione dell’autonomia dei Comuni montani e del loro potere di associarsi per il perseguimento di analoghe finalità, ad un organo monocratico della Regione.
5.— Si è costituita nel giudizio la Regione Molise che, preliminarmente, ha dedotto come l’ordinanza di rimessione sia incentrata sulla tematica del «limite temporale del potere di commissariamento» ed esuli dal petitum del giudizio a quo; a ciò conseguono, pertanto, la inammissibilità, la non rilevanza e la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata.
In particolare, in ordine alla rilevanza della questione, la Regione osserva che il Tribunale amministrativo regionale ha riconosciuto, ai sensi del nuovo testo dell’art. 117 della Costituzione, che la materia “ordinamento degli enti locali” rientra nella competenza legislativa residuale delle Regioni, e che la controversia poteva, quindi, essere decisa senza che fosse necessario sollevare questione di legittimità costituzionale.
Né la riserva di legge statale può essere ricavata dall’art. 44 della Costituzione, in quanto detta disposizione attiene ai rapporti economici e produttivi che possono riguardare le c.d. zone montane.
La questione, ad avviso della Regione, è comunque infondata.
Dall’esame del decreto di scioglimento, oggetto dell’impugnazione dinanzi al TAR per il Molise, risulterebbe che il Presidente della Giunta regionale era perfettamente a conoscenza dei limiti temporali imposti dai principî generali in materia di enti locali al potere di nomina commissariale, tanto che il Commissario straordinario veniva designato per la provvisoria gestione dell’ente e fino all’insediamento degli organi ordinari a norma di legge.
6.— Sono intervenuti nel giudizio i ricorrenti nel giudizio a quo, nonché gli interventori ad adiuvandum. Essi hanno chiesto che venga pronunciata declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 24, nonché dell’intero Titolo III della legge reg. del Molise n. 17 [recte: n. 12] del 2002, per violazione degli artt. 3, 5, 44, 114, 117, 118, 120 e 128 della Costituzione, nonché dei principî generali dell’ordinamento e della normativa statale di cui agli artt. 4, 27, 28 e 32 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Nell’atto depositato si deduce che le Comunità montane non possono più considerarsi enti strumentali della Regione, dovendo essere ritenute enti locali a tutti gli effetti, titolari di funzioni proprie ed abilitate all’esercizio associato delle funzioni dei Comuni che ne fanno parte, e con la medesima autonomia riconosciuta a quest’ultimi. Dovrebbe, quindi, trovare applicazione l’art. 128 della Costituzione, con la conseguenza che, mentre la determinazione dei principî cui l’autonomia statutaria deve uniformarsi in materia di elezione e composizione degli organi di governo dell’ente spetta allo Stato, l’individuazione delle modalità di costituzione e di funzionamento degli organi, nonché la disciplina della loro organizzazione e dello svolgimento delle loro funzioni, rientrerebbe nell’autonomia statutaria dell’ente. Andrebbe, pertanto, escluso, alla luce di detti principî, che la Regione abbia potestà legislativa in ordine alla composizione degli organi di governo delle Comunità montane, nonché alcun potere sostitutivo in ordine agli stessi.
Con successiva memoria, depositata il 24 marzo 2005, le suddette parti private hanno ribadito le difese svolte ed hanno evocato, quale parametro, anche l’art. 123 della Costituzione.
7.— In prossimità dell’udienza pubblica la Regione Molise ha depositato memoria con la quale ha ribadito la legittimità costituzionale della norma impugnata, ed ha chiesto che la questione in esame sia dichiarata inammissibile o infondata.
Preliminarmente ha dedotto come, nelle more, presso la Comunità montana “Molise Centrale” si sia provveduto alla ricostituzione dell’assemblea e alla elezione del Presidente e della Giunta; tale circostanza, pertanto, sarebbe idonea a far cessare la materia del contendere nel giudizio a quo, determinando anche il venir meno della rilevanza della questione di costituzionalità.
In particolare, la Regione ha illustrato come la norma in questione costituisca una forma di garanzia per il funzionamento delle Comunità montane, in quanto tende ad evitare che mancati «accordi politici» impediscano la costituzione degli organi delle stesse. La difesa regionale ha rivendicato, quindi, la potestà legislativa in materia di disciplina delle predette Comunità, sia per quanto attiene alla loro organizzazione, sia in ordine ai poteri di controllo sugli organi in caso di mancato funzionamento dei medesimi, con la conseguente individuazione delle ipotesi di scioglimento.
8.― Con memoria depositata in data 24 marzo 2005, la Comunità montana “Molise Centrale” ha spiegato atto di intervento in giudizio, deducendo la illegittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 24, nonché dell’intero Titolo III della legge reg. del Molise n. 17 [recte: n. 12] del 2002, per violazione degli artt. 3, 5, 44, 114, 117, 118, 120 e 123 della Costituzione, nonché dei principî generali dell’ordinamento e della normativa statale di cui agli artt. 4, 27, 28 e 32 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Considerato in diritto1.— Il Tribunale amministrativo regionale per il Molise dubita della legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge della Regione Molise 8 luglio 2002, n. 12 (Riordino e ridefinizione delle comunità montane), in relazione agli artt. 3, 5, 97, 114, 117, secondo comma, lettera p), e 123 della Costituzione, nella parte in cui attribuisce «ai poteri del Presidente della Giunta regionale lo scioglimento, la sospensione e il commissariamento del consiglio della Comunità montana».
1.1.— Il giudice a quo premette che l’art. 117 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), «affida l’ordinamento degli enti locali quasi interamente alla cura della legislazione regionale, atteso che tale materia rientra nella competenza legislativa residuale della Regione, fatta eccezione per la legislazione elettorale, degli organi di governo e delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato». Detta riserva di legge statale deve essere estesa, per ragioni di coerenza e sistematicità dell’ordinamento, anche al funzionamento degli organi della Comunità montana; a ciò consegue che «la previsione di un potere regionale di controllo sostitutivo sugli enti montani, contenuta in una legge regionale, collide con il riconoscimento della parità di rango costituzionale tra Regione e Comuni, di cui all’art. 114 della Costituzione, nonché con la riserva di legge statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione».
Nondimeno, anche ammesso che la Regione possa legiferare in tale materia, il giudice rimettente ritiene che l’affidamento da parte della norma censurata ad un organo monocratico (il Presidente della Giunta regionale) del suddetto potere di scioglimento e di commissariamento degli organi elettivi delle Comunità montane, senza alcuna previsione di un limite temporale di durata della supplenza dell’organo commissariale straordinario e in mancanza, inoltre, di alcuna «scansione procedimentale» e di «particolari garanzie», si porrebbe in contrasto con «il principio della riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa», nonché con i principî di imparzialità e di buon andamento, di cui all’art. 97 della Costituzione.
Inoltre, risulterebbero violati i principî di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e di autonomia degli enti locali (art. 5 della Costituzione), in quanto la norma censurata affiderebbe «ad un organo monocratico politico della Regione il controllo sugli organi collegiali di un ente territoriale di diritto pubblico, autonomo ed a base comunitaria, espressione dell’autonomia dei Comuni montani e del loro potere di associarsi per il perseguimento di fini comuni».
Ancora, secondo il giudice a quo, «la mancata previsione di una consultazione con gli enti locali che costituiscono, alla base, la struttura associativa delle Comunità montane appare in palese contrasto con il principio della consultazione tra Regione ed enti locali, di cui all’art. 123, ultimo comma, della Costituzione».
2.— In via preliminare, deve essere dichiarata inammissibile la costituzione della Comunità montana “Molise centrale”, in quanto effettuata dopo la scadenza del termine perentorio di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, fissato dagli artt. 25, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (cfr., ex multis, ordinanze n. 383 del 2002 e n. 394 del 2001). È, altresì, tardiva la memoria illustrativa depositata dalle parti private in prossimità dell’udienza pubblica.
2.1.— Va, inoltre, delimitato, sempre in via preliminare, il thema decidendum, considerato che i ricorrenti, nonché gli interventori ad adiuvandum nel giudizio a quo, hanno chiesto che venga, inoltre, dichiarata la illegittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 24, nonché dell’intero Titolo III della legge reg. del Molise n. 17 [recte: n. 12] del 2002, per violazione degli artt. 3, 5, 44, 114, 117, 118, 120, 123 e 128 della Costituzione, nonché dei principî generali dell’ordinamento e della normativa statale di cui agli artt. 4, 27, 28 e 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). Queste ulteriori censure e i parametri di costituzionalità prospettati dalle parti costituite non possono essere presi in esame: la giurisprudenza di questa Corte, infatti, è costante nell’affermare che l’oggetto del giudizio su cui effettuare la verifica di costituzionalità è unicamente quello indicato nell’ordinanza di rimessione (cfr. sentenza n. 405 del 1999; ordinanze n. 174 del 2003 e n. 219 del 2001).
3.— Devono ora essere esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa della Regione sotto il profilo della carenza dei necessari presupposti di rilevanza della questione nel giudizio a quo.
3.1.— Innanzitutto, la Regione ritiene che il Tribunale amministrativo − censurando la norma nella parte in cui non prevede un limite temporale al potere di commissariamento − avrebbe fatto valere un profilo che non ha costituito oggetto di doglianza da parte dei ricorrenti.
L’eccezione è infondata: rientra, infatti, nel potere del giudice a quo prospettare in via autonoma motivi di censura della norma impugnata.
3.2.— In secondo luogo, la difesa della Regione assume che la ricostituzione dell’Assemblea e l’avvenuta elezione del Presidente della Giunta e della Giunta stessa della Comunità montana, determinando la sopravvenuta carenza di interesse e/o la cessazione della materia del contendere nel giudizio a quo, avrebbe privato di rilevanza la questione sollevata.
Anche tale eccezione non è fondata.
Il giudizio di legittimità costituzionale, infatti, una volta iniziato in seguito ad ordinanza di rinvio del giudice rimettente non è suscettibile di essere influenzato da successive vicende di fatto concernenti il rapporto dedotto nel processo che lo ha occasionato, come previsto dall’art. 22 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (ex multis ordinanze n. 270 del 2003 e n. 383 del 2002).
4.— Ai fini dello scrutinio di legittimità costituzionale della norma censurata, occorre valutare come si collocano le Comunità montane nell’ambito dell’attuale sistema delle autonomie.
4.1.— L’evoluzione della legislazione in materia si caratterizza per il riconoscimento alla Comunità montana della natura di ente locale autonomo, quale proiezione dei Comuni che ad essa fanno capo (art. 4 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, recante “Nuove norme per lo sviluppo della montagna”; e soprattutto art. 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142, recante “Ordinamento delle autonomie locali”, nel testo originario; cfr. anche sentenze n. 293 del 1995, n. 307 del 1983 e n. 212 del 1976). La più recente normativa ha, altresì, specificato quale sia la effettiva natura giuridica di tali enti, qualificandoli dapprima quale «unioni montane» (art. 28 della legge n. 142 del 1990, come modificato dall’art. 7, comma 1, della legge 3 agosto 1999, n. 265 recante “Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142”) e successivamente quali «unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani» (art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 267 del 2000). E lo stesso art. 27 citato, al comma 4, demanda alla legge regionale la disciplina delle Comunità con specifico riferimento: a) alle modalità di approvazione dello statuto; b) alle procedure di concertazione; c) alla disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali; d) ai criteri di ripartizione tra le Comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell’Unione europea; e) ai rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
Si tratta, dunque, di un caso speciale di unioni di Comuni, «create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei comuni montani, “funzioni proprie”, “funzioni conferite” e funzioni comunali» (sentenza n. 229 del 2001).
La predetta qualificazione pone in evidenza l’autonomia di tali enti (non solo dalle Regioni ma anche) dai Comuni, come dimostra, tra l’altro, l’espressa attribuzione agli stessi della potestà statutaria e regolamentare (art. 4, comma 5, della legge 5 giugno 2003, n. 131 recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”).
5.— Alla luce della disciplina sopra esposta la questione deve ritenersi non fondata.
5.1.— Le considerazioni sin qui svolte consentono di escludere che possa ritenersi sussistente la dedotta violazione degli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.
Il giudice rimettente – partendo dal presupposto secondo cui alle Comunità montane si applicano, «in quanto compatibili, i principî previsti per l’ordinamento dei Comuni» – ritiene che la previsione di un potere regionale di controllo sostitutivo sulle Comunità montane si ponga in contrasto con il riconoscimento «della parità di rango costituzionale tra Regione e Comuni» di cui all’art. 114 della Costituzione e con la «riserva di legge statale» in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali dei Comuni ex art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione.
Tale censura non può essere accolta.
Innanzi tutto, deve ritenersi inconferente il richiamo all’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, nella parte in cui prevede, tra l’altro, che rientra nella competenza esclusiva dello Stato la materia relativa alla “legislazione elettorale” e agli “organi di governo”. Ciò in quanto la citata disposizione fa espresso riferimento ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane e l’indicazione deve ritenersi tassativa. Da qui la conseguenza che la disciplina delle Comunità montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel d.lgs. n. 267 del 2000, rientra nella competenza legislativa residuale delle Regioni ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione. Allo stesso modo inconferente deve ritenersi il riferimento, contenuto nell’ordinanza di rimessione, all’art. 114 della Costituzione, non contemplando quest’ultimo le Comunità montane tra i soggetti di autonomia destinatari del precetto in esso contenuto.
5.2.— Ciò precisato, deve, altresì, escludersi che sussista la dedotta violazione dei parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 5, 97 e 123 della Costituzione.
5.3.— Il Tribunale rimettente ritiene che la mancata previsione di un limite temporale di durata della supplenza dell’organo commissariale straordinario, nonché la mancanza di una «scansione procedimentale» e di «particolari garanzie», si porrebbe in contrasto con «il principio della riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa» e con i principî di imparzialità e buon andamento, di cui all’art. 97 della Costituzione.
Al riguardo, deve ritenersi erronea la prospettazione da cui muove il giudice a quo in relazione all’assenza di un termine di durata della supplenza del commissario straordinario. Questi dovrà, infatti, esercitare i poteri conferitigli con il decreto di nomina entro il termine stabilito dalla stessa amministrazione regionale ovvero, in sua assenza, entro il termine e secondo le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. Il sistema conosce, inoltre, rimedi attivabili da parte dei soggetti interessati in caso di mancata osservanza di tali termini (cfr. sentenze n. 220 e n. 176 del 2004). Una volta esercitate le attribuzioni e/o venute meno le cause di scioglimento si potrà procedere, nel rispetto della normativa di settore e dei tempi ivi previsti, al rinnovo del consiglio comunitario.
Quanto agli altri profili di illegittimità costituzionale denunciati, il riferimento all’art. 97 della Costituzione deve ritenersi inconferente sia in quanto non è ravvisabile la riserva di legge statale prospettata dal giudice a quo, sia perché non sussiste un legame di implicazione necessaria tra la mancanza di “scansioni procedimentali” e “particolari garanzie”, non meglio precisate, e il rispetto delle regole di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.
5.4.— Non pertinenti devono, altresì, ritenersi le censure di violazione dei principî di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e di autonomia degli enti locali (art. 5 della Costituzione), desunte dall’avere la norma impugnata affidato «ad un organo monocratico politico della Regione il controllo sugli organi collegiali di un ente territoriale di diritto pubblico, autonomo ed a base comunitaria, espressione dell’autonomia dei Comuni montani e del loro potere di associarsi per il perseguimento di fini comuni». Non risulta, infatti, in contrasto con gli evocati parametri costituzionali la previsione di un controllo sostitutivo sugli organi, subordinato alla previsione tassativa di cause che oggettivamente impediscano all’ente di poter svolgere le funzioni allo stesso demandate. Sotto altro aspetto, rientra nella discrezionalità del legislatore regionale l’affidamento di tale funzione ad un organo monocratico anziché collegiale, rilevante essendo soltanto la circostanza che debba trattarsi di un organo politico della Regione.
5.5.— Non fondata è, infine, la doglianza relativa alla mancata previsione della consultazione, ad opera della Regione, dei Comuni facenti parte della Comunità montana, in forza di quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 123 della Costituzione, prima dell’adozione del provvedimento di commissariamento.
La norma impugnata prevede casi di scioglimento e di commissariamento degli organi comunitari, dai quali esula ogni profilo di discrezionalità, atteso il loro collegamento ad eventi oggettivamente rilevanti, quali: a) la mancata elezione del Presidente e della Giunta entro 60 giorni dalla convalida degli eletti, dalla vacanza comunque verificatesi o, in caso di dimissioni, dalla data di presentazione delle stesse, come pure quanto previsto al quarto comma dell'articolo 19 (la cui rubrica reca Elezioni della Giunta comunitaria); b) le dimissioni contestuali o la decadenza di almeno la metà dei consiglieri comunitari nominati dai consigli comunali; c) la mancata approvazione del bilancio di previsione; d) la mancata approvazione dello statuto nei termini previsti dall'articolo 8 della stessa legge.
Tenuto conto del contenuto della disposizione censurata, può ritenersi non necessaria la previsione di meccanismi di preventiva consultazione dei Comuni interessati. Il carattere oggettivo degli eventi cui la norma si riferisce è, infatti, sufficiente a giustificare l’adozione dell’atto di controllo sostitutivo, attesa la sostanziale ininfluenza di una preventiva fase di contraddittorio con i Comuni stessi.
L’accertamento in fatto della sussistenza di una o più delle fattispecie previste dalla norma comporta automaticamente l’adozione, in via vincolata, del provvedimento di commissariamento dell’ente.
per questi motiviLA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge della Regione Molise 8 luglio 2002, n. 12 (Riordino e ridefinizione delle comunità montane) sollevata, in relazione agli artt. 3, 5, 97, 114, 117, secondo comma, lettera p), e 123 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 20 giugno 2005
F.to:
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Giuseppe Di Paola, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2005.