SENTENZA N. 293
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Bolzano e della Provincia autonoma di Trento notificati il 5 ottobre 1994 e il 3 ottobre 1994, depositati in Cancelleria il 10 ottobre 1994 e il 17 ottobre 1994, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Ministro dell'interno del 16 febbraio 1994, n. 1804/E3, recante "Riparto del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti a Comuni, Province e Comunità montane", nonchè della nota del Ministero dell'interno del 20 luglio 1994, prot. n. 5874, ed iscritti ai nn. 36 e 38 del registro conflitti 1994. Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 30 maggio 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto; uditi gli avv.ti Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano e Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 5 ottobre 1994, la Provincia autonoma di Bolzano, ha sollevato, in riferimento agli artt. 8, nn. 5, 10, 17 e 21, 16 e 104 dello statuto speciale, conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro dell'interno del 16 febbraio 1994, con il quale è stato ripartito il fondo nazionale ordinario per gli investimenti a comuni, province e comunità montane. Premette la ricorrente di essere titolare di competenze legislative ed amministrative esclusive nelle materie concernenti i lavori pubblici d'interesse provinciale, l'urbanistica e i piani regolatori, l'edilizia comunque sovvenzionata, totalmente o parzialmente, da finanziamenti di carattere pubblico, l'agricoltura, foreste e bonifica. La provincia gode altresì di autonomia finanziaria ed il suo bilancio è alimentato, oltre che da entrate proprie, anche da trasferimenti da parte dello Stato, necessari per provvedere agl'interventi nelle materie di competenza. A riguardo l'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della regione Trentino Alto-Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria), ha sancito il principio della partecipazione delle province stesse al riparto dei fondi speciali, secondo cui i finanziamenti previsti dalle leggi statali vengono assegnati alle province autonome per essere utilizzati nell'àmbito del settore corrispondente, a prescindere da qualsiasi adempimento previsto dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto. Anche l'art. 12, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto-Adige in materia di finanza regionale e provinciale) avrebbe confermato, secondo la ricorrente, l'applicabilità del citato art. 5 con riguardo alle leggi statali d'intervento ivi previste, anche se le stesse non sono espressamente richiamate. Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) ha poi disciplinato il finanziamento da parte dello Stato del fondo nazionale ordinario per gli investimenti che eroga contributi in conto capitale per la realizzazione di opere pubbliche da parte di enti locali; opere di preminente interesse sociale ed economico secondo gli obiettivi generali della programmazione sociale e territoriale determinati da regione o provincia autonoma, che su questa base ripartisce le risorse destinate al finanziamento del programma di investimenti. Inoltre il comma 5 dell'art. 41 del citato decreto legislativo stabilisce che il fondo è distribuito alle regioni per il successivo riparto alle comunità montane (per la metà sulla base della superficie dei territori classificati montani), prevedendo poi, al comma 6, che il riparto è effettuato con decreto del Ministro dell'interno, sentite l'A.N.C.I., l'U.P.I. e l'U.N.C.E.M. In applicazione di tale normativa, negli anni 1991, 1992, 1993 sono state regolarmente trasferite alla Provincia autonoma di Bolzano le quote del fondo, concernenti in particolare i finanziamenti per le comunità montane, mentre per il 1994 non è stato effettuato analogo trasferimento. Infatti l'impugnato decreto ministeriale destina alle comunità montane undici miliardi di lire per il 1994 e quattordici miliardi di lire per il 1995. In particolare l'art. 2 attribuisce alle regioni per le comunità montane i contributi elencati nei tabulati allegati che però non recano alcuna attribuzione nè per le province autonome nè per la Regione Trentino Alto-Adige. Il decreto ministeriale risulterebbe pertanto lesivo degli artt. 8, nn. 5, 10, 17 e 21, 16 e 104 dello statuto speciale e relative norme d'attuazione, nonchè dei principi relativi all'autonomia finanziaria provinciale di cui agli artt. 69 e ss. e 79 dello statuto stesso. Infatti i contributi riguardano lavori pubblici d'interesse provinciale oggetto della programmazione provinciale (nonchè i più specifici settori di competenze riconosciuti dalle citate norme ed ex art. 41, comma 4, del citato decreto legislativo) e vanno ripartiti tra regioni e province autonome le quali provvederanno poi alla ripartizione successiva alle comunità montane. Si tratterebbe di finanziamenti rientranti tra quelli previsti dall'art. 5 della citata legge n. 386 del 1989, norma il cui carattere di attuazione dello statuto (e quindi la cui immodificabilità e non derogabilità al di fuori dell'apposito meccanismo statutario) è stato più volte riconosciuto da questa Corte. Nè d'altro canto l'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, che vieta i finanziamenti diretti nelle materie di competenza propria di regioni e province autonome, può costituire la giustificazione del mancato finanziamento. La norma era stata intesa dallo Stato nel senso del venir meno di ogni finanziamento a carico del medesimo alle province autonome, ma la Corte ha chiarito (sentenza n. 165 del 1994) che la ratio della norma è soltanto quella di garantire queste ultime da possibili invasioni della loro sfera di competenza, non già di precludere i finanziamenti delle loro attività. Pertanto l'impugnato decreto ministeriale avrebbe dovuto trasferire anche alla ricorrente una quota del finanziamento per le comunità montane.
2. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha chiesto respingersi il ricorso in quanto la mancata devoluzione dei fondi non dipenderebbe da un'indebita applicazione della norma e sarebbe del tutto estranea al campo di applicazione del decreto legislativo n. 266 del 1992. La ragione della mancata considerazione delle comunità montane alto-atesine risiederebbe nel fatto che la provincia "ottiene, in altre forme e in altra sede, una dotazione finanziaria sostitutiva di quella ripartita con il provvedimento impugnato". Essa dispone infatti "di entrate derivanti dalla compartecipazione a tutti i tributi erariali riscossi localmente e dalla corresponsione di una quota variabile concordata annualmente con il Governo".
3. - Con analogo ricorso, notificato il 3 ottobre 1994, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto in relazione al medesimo decreto ministeriale richiamandosi agli stessi parametri statutari. La ricorrente ricorda come ex art. 34 del decreto legislativo n. 504 del 1992, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci delle amministrazioni provinciali, dei comuni e delle comunità montane anche attraverso il fondo nazionale ordinario per gli investimenti, distribuito à termini dell'art. 41, comma 4, dello stesso decreto. A fronte della mancata previsione della erogazione dei fondi a suo favore la provincia autonoma, anteriormente alla pubblicazione del decreto ministeriale impugnato, aveva sostenuto di dover concorrere al riparto in virtù dell'interpretazione dell'art. 4, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, come interpretato da questa Corte nella citata sentenza n. 165 del 1994. Ma il Ministero dell'interno, con nota del 20 luglio 1994, aveva replicato nel senso che il finanziamento delle funzioni relative alle competenze proprie del ricorrente era garantito dalle cospicue entrate derivanti dalla compartecipazione, nella misura di nove decimi, al gettito dei tributi riscossi localmente e dall'erogazione di un'ulteriore quota variabile, sì che la portata della citata decisione doveva intendersi circoscritta al finanziamento di specifiche attività amministrative gestite dalle province e non già a quelle generalmente gestite dalle stesse nelle materie di cui all'art. 14 della legge n. 142 del 1990. Ma, chiarisce la ricorrente, non è qui in questione il fondo per gli investimenti delle province, bensì quello per gli investimenti delle comunità montane, che non rientrerebbe nello speciale sistema di finanziamento di cui sopra. Tale fondo non configura un finanziamento alle dette comunità, ma è diretto alle regioni per il successivo riparto alle comunità stesse. Troverebbe perciò nella specie applicazione il principio, già richiamato, espresso dall'art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 268 del 1992, riguardando l'esclusione di una specifica attività amministrativa della provincia, consistente nel finanziamento degli investimenti delle comunità montane per cui la legge dello Stato prevede uno specifico fondo, destinato ad essere ripartito fra regioni e province autonome.
4. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri come sopra rappresentato e difeso, prospettando argomenti identici a quelli illustrati sub 2.
5. - Nell'imminenza dell'udienza entrambe le ricorrenti hanno depositato memorie. La Provincia di Trento ha sottolineato come non si verta in un'ipotesi di legge statale che esclude regioni o province autonome da finanziamenti, bensì di un decreto ministeriale che, in contrasto con la stessa legge, ha operato tale esclusione, concretando altresì una violazione dell'autonomia provinciale. Inoltre l'atto impugnato non potrebbe giustificarsi con l'argomento per cui le ricorrenti dispongono di maggiori risorse proprie, in quanto le altre regioni a statuto speciale non sono state escluse dal riparto nè si controverterebbe su un quantum determinato, bensì del vulnus alle attribuzioni della ricorrente che scaturirebbe dall'atto impugnato. Il fondo ordinario si inserirebbe, secondo la ricorrente, nella previsione di cui all'art. 5 della legge n. 386 del 1989, analogamente al fondo per lo sviluppo delle comunità montane (nel cui riparto la ricorrente è stata sempre inclusa). La Provincia di Bolzano ha ribadito come il fondo de quo riguardi gli investimenti delle comunità montane (e non delle province) destinati alle regioni, cui vanno parificate le province autonome. Quanto alle difese dell'Avvocatura, si contesta in memoria l'asserito carattere sostitutivo della dotazione garantita dallo statuto rispetto al riparto del fondo ed il potere perequativo in materia che il Ministero dell'interno si sarebbe attribuito.
Considerato in diritto
1. - Le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno proposto due distinti ricorsi per conflitto di attribuzione, denunciando la lesione della loro sfera di competenze conseguente all'esclusione dal riparto dei contributi destinati alle regioni - per il successivo riparto alle comunità montane - di cui al decreto del Ministro dell'interno del 16 febbraio 1994. Secondo le ricorrenti, la mancata erogazione di dette somme violerebbe l'autonomia finanziaria ad esse garantita dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione. Poichè i ricorsi hanno ad oggetto il medesimo atto, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
2. - I ricorsi vanno accolti. Fin dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, concernente l'ordinamento delle autonomie locali, fu posto, con riguardo al quadro della finanza locale, il principio secondo cui la "legge determina un fondo nazionale ordinario per contribuire ad investimenti degli enti locali destinati alla realizzazione di opere pubbliche di preminente interesse sociale od economico" (art. 54, comma 9). In attuazione dell'ampia delega di cui alla legge 23 ottobre 1992, n. 421, il legislatore ha provveduto con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ad assicurare agli enti locali un insieme di risorse, definendo altresì i meccanismi atti a garantire la necessaria tempestività e certezza degli stessi. In particolare, accanto ad un regime transitorio che prevedeva, ancora per il 1993, in favore delle comunità montane un fondo per lo sviluppo degli investimenti consistente in un contributo in conto interessi (cfr. art. 28, comma 1, lettera c), analogamente a quanto avvenuto in passato sin dal decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359 (convertito in legge 29 ottobre 1987, n. 440), il citato decreto legislativo n. 504 del 1992 ha fissato un nuovo assetto dei trasferimenti erariali alle comunità in parola. L'art. 34 stabilisce infatti al comma 3 che lo Stato potrà concorrere al finanziamento dei bilanci delle amministrazioni provinciali, dei comuni e delle comunità montane con un fondo nazionale ordinario per gli investimenti, la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria. Il successivo art. 41 specifica poi che i contributi in questione vengono erogati in conto capitale a favore di tutte le province, i comuni e le comunità montane. Per queste ultime il fondo è distribuito alle regioni per il successivo riparto alle comunità stesse secondo determinati criteri, ed è finalizzato alla realizzazione di opere di preminente interesse sociale ed economico secondo gli obietti vi della programmazione economico-sociale e territoriale stabiliti dalla regione. Il decreto ministeriale oggetto del conflitto attua tale riparto per gli anni 1994 e 1995, però escludendo nei tabulati allegati le sole ricorrenti e quindi la Regione Trentino-Alto Adige dal novero delle regioni (a statuto ordinario e speciale) beneficiarie dei contributi.
3.1. - Oltre che illegittimo - come appare evidente alla stregua dell'inequivoco tenore del citato art. 41 del decreto legislativo n. 504 del 1992, che impone l'erogazione a tutte le comunità montane - il decreto ministeriale oggetto del conflitto è da ritenersi lesivo dell'autonomia finanziaria sancita dallo statuto speciale, nel suo rapporto funzionale con l'attività di programmazione. Profilo, questo, di gran lunga prevalente rispetto ad ogni altro denunciato vulnus delle attribuzioni delle ricorrenti, le quali hanno altresì richiamato l' art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386 (in rapporto con l'art. 12, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268) e l'art. 4, ultimo comma, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268. In tale prospettiva non è conferente l'unico argomento svolto nell'atto di costituzione dall'Avvocatura dello Stato circa la sufficienza delle dotazioni assicurate alle ricorrenti dalla percentuale sul gettito dei tributi e dalla quota variabile di cui esse dispongono. Quest'ultima, infatti, ai sensi dell'art. 78 dello statuto speciale, soddisfa un'esigenza di dotazione finanziaria finalizzata alle funzioni delle ricorrenti ai fini dell'equilibrio nell'allocazione delle risorse.
3.2. - L'individuazione delle comunità montane come enti di programmazione, ormai risalente alla legge 3 dicembre 1971, n. 1102, risulta specificata e, per quanto qui interessa, ulteriormente qualificata nella sua integrazione con l'attività programmatoria della regione e della provincia, attraverso gli artt. 29 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e 7 della legge 31 gennaio 1994, n. 97. In tale disegno è attribuito un ruolo preminente, nella previsione dei piani pluriennali di sviluppo, agl'interventi a difesa del territorio, alle sistemazioni idraulico-forestali e all'utilizzo delle risorse idriche, che, ove implichino la realizzazione di opere, non possono non coordinarsi, come è intuitivo, con gli altri livelli territoriali di competenza. Proprio con riguardo alle opere pubbliche, è in sede di programmazione che si assicura il supporto urbanistico- edilizio, si ponderano le richieste, si individuano le priorità alla stregua di quegli obiettivi generali espressa mente richiamati al comma 5 del più volte citato art. 41 e, infine, si accordano i finanziamenti. I quali risultano strettamente collegati ai "piani pluriennali di opere ed interventi" di cui al comma 3 del citato art. 29, ponendosi dunque a un livello programmatorio di medio periodo, che postula la compatibilità con gli indirizzi regionali ed esige in concreto la definizione delle risorse disponibili. Ciò risulta tanto più evidente con riguardo ai contributi concessi in conto capitale, particolarmente incisivi rispetto a quelli erogati in conto interessi, poichè i primi permettono di promuovere spese qualitativamente mirate che, nel caso in esame, si caratterizzano per la preminenza dell'interesse sociale ed economico richiesta dalla legge. Del resto, il modello di ripartizione nel quadro di una programmazione integrata è stato già adottato dal legislatore in subiecta materia con riferimento al fondo nazionale aggiuntivo per la montagna di cui alla già citata legge 31 gennaio 1994, n. 97.
3.3. - Circa l'erogazione del fondo in argomento, lo Stato si era riservata una precisa facoltà di intervento. Una volta però che si sia optato per la concessione dei contributi alle comunità montane per investimenti, i contributi stessi non possono essere negati alle ricorrenti - perchè provvedano al riparto tra gli enti destinatari - in nome di un potere discrezionale dell'amministrazione, il cui esercizio, diretto non ad apprezzare la consistenza quantitativa delle risorse da attribuire ma ad escludere qualsiasi attribuzione, è idoneo a vulnerare le funzioni delle province autonome relativamente ai lavori pubblici d'interesse provinciale. Tra questi ultimi le opere pubbliche per le comunità montane vengono sussunte attraverso la detta programmazione, pur restando concettualmente distinte dalle generali funzioni spettanti alla provincia ex art. 14 della legge n. 142 del 1990. Nè può argomentarsi, secondo la tesi svolta dall'Avvocatura in udienza, nel senso che la globalità del fondo non consentirebbe di distinguere i destinatari. È infatti la stessa finalizzazione delle spese alle opere descritte, oltre che la tecnica di riparto risultante per tabulas, a smentire tale assunto. Inconsistente è anche l'altra tesi, sostenuta sempre in udienza dall'Avvocatura, riferentesi al dato normativo testuale che vuole le somme erogate alle "regioni" per il successivo riparto alle comunità. Ancor più dopo la radicale modificazione dello statuto speciale di cui alla legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, infatti, le province autonome di Trento e Bolzano sono, in particolare per quanto attiene allo sviluppo delle popolazioni locali, titolari di competenze tali che la loro distinzione dalle regioni ha un rilievo mera mente nominalistico. Del resto, lo stesso Ministero dell'interno ha attribuito a dette province autonome, e non già alla Regione Trentino-Alto Adige, le quote, riguardanti gli anni 1991, 1992 e 1993, del fondo per le finalità indicate dalla legge 23 marzo 1981, n. 93 (Disposizioni integrative della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, recante nuove norme per lo sviluppo della montagna), il cui art. 2 dispone che < le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, in attuazione ..., provvedono a determinare nei propri bilanci pluriennali le autorizzazioni di spesa da impegnare nei rispettivi territori montani integrando e coordinando i finanziamenti, di cui alla presente legge, con quelli determinati ad altro titolo da leggi statali e regionali>.
3.4. - Questa Corte, sul tema, ha più volte sottolineato il rapporto che lega l'erogazione di fondi all'attività di programmazione, ponendone in evidenza il valore strumentale rispetto alla stessa autonomia, considerato che la realizzazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite impone, non soltanto la disponibilità effettiva delle risorse, ma anche la capacità di manovra e i mezzi finanziari da parte di soggetti che, come le regioni a statuto speciale ed anche le ricorrenti province autonome, si pongono quali punti di riferimento della programmazione locale (v. sentenze nn. 343 e 98 del 1991 e n. 1111 del 1988). Si deve perciò concludere che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero dell'interno, escludere le ricorrenti dal riparto in argomento. Ne consegue che i tabulati cui rinvia l'art. 2 del decreto ministeriale 16 febbraio 1994 vanno annullati, dovendosi provvedere ad un riparto che include anche le province autonome.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, dichiara che non spetta allo Stato provvedere con decreto del Ministro dell'interno ad un riparto dei contributi del fondo nazionale ordinario per gli investimenti alle comunità montane che esclude le Province autonome di Trento e Bolzano e, conseguentemente, annulla i tabulati allegati al decreto del Ministro dell'interno datato 16 febbraio 1994.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 5 luglio 1995.