SENTENZA N. 456
ANNO 2005
Commento alla decisione di
Tommaso F. Giupponi
(per gentile concessione del Forum di Quaderni Costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, secondo periodo, della legge della Regione Puglia 4 novembre 2004, n. 20 (Nuove norme in materia di riordino delle Comunità montane), e degli artt. 1 e 4 della legge della Regione Toscana 29 novembre 2004, n. 68, recante “Modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2000, n. 82 (Norme in materia di Comunità montane)”, promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 3 e il 31 gennaio 2005 e depositati in cancelleria rispettivamente l’11 gennaio e l’8 febbraio 2005 ed iscritti ai nn. 5 e 18 del registro ricorsi 2005.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell’udienza pubblica del 15 novembre 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso notificato il 3 gennaio 2005, depositato il successivo 11 gennaio ed iscritto al n. 5 del registro ricorsi 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 16, comma 1, secondo periodo, della legge della Regione Puglia 4 novembre 2004, n. 20 (Nuove norme in materia di riordino delle Comunità montane), per contrasto con gli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.
Il ricorrente – dopo avere esposto il contenuto essenziale dell’intera legge regionale – assume la illegittimità costituzionale della disposizione impugnata nella parte in cui prevede la incompatibilità della carica di presidente dell’organo esecutivo con quella di parlamentare, consigliere regionale e sindaco. Ciò in quanto sarebbe stata invasa la competenza legislativa statale in materia di “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (art. 117, secondo comma, lettera p, Cost.), e sarebbe stato leso il «principio di equiordinazione tra Stato, Regioni ed Enti locali» e «le prerogative istituzionali dello Stato e dei Comuni».
Più in particolare, la difesa erariale ritiene che le Comunità montane – da qualificarsi quali enti costituzionalmente non necessari appartenenti alla categoria degli enti locali a carattere associativo intercomunale – rinvengono nell’art. 27 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), la norma che disciplina le regole di incompatibilità con termini e modalità compiutamente prefissati e non suscettibili di integrazioni o modificazioni da parte del legislatore regionale. La disposizione da ultimo richiamata – stabilendo al comma 2 che «la comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità (…)» – avrebbe un contenuto precettivo diverso da quello espresso dalla disposizione censurata.
Inoltre, il legislatore regionale, sottolinea la difesa erariale, «si spinge a sancire incompatibilità con la carica di parlamentare sulla quale non ha alcuna competenza ad intervenire».
Secondo la difesa erariale quanto esposto troverebbe conferma nell’art. 2 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che, nel disporre la revisione delle disposizioni in materia di enti locali per adeguarle alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), riconosce la persistente validità del d.lgs. n. 267 del 2000.
2.— Con successivo ricorso notificato il 31 gennaio 2005, depositato il successivo 8 febbraio ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi del 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri ha, altresì, impugnato gli artt. 1 e 4 della legge della Regione Toscana 29 novembre 2004, n. 68 recante “Modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2000, n. 82 (Norme in materia di Comunità montane)”, per contrasto con gli artt. 3, 97, 114 e 117 della Costituzione.
L’art. 1 della predetta legge ha inserito il comma 3-bis all’art. 11 della legge 28 dicembre 2000, n. 82, prevedendo che «in caso di rinnovo, l’organo rappresentativo può essere insediato quando i rappresentati dei comuni raggiungono i quattro quinti dei componenti o il valore inferiore stabilito espressamente dallo statuto comunque tale da rappresentare la maggioranza dei comuni (…)».
Secondo la difesa erariale, sulla base di quanto disposto dagli artt. 6, 27, 28, comma 7, e 32, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, la Comunità montana ha una piena autonomia statutaria, alla stregua di quella dei Comuni, ed è pertanto sovrana nella determinazione della propria organizzazione, con la conseguenza che la Regione non potrebbe interferire con detta potestà e non potrebbe imporre norme organizzative in contrasto con i criteri generali dettati dallo stesso testo unico, in particolare sui parametri numerici per la composizione dei consigli e per la validità delle sedute, quali determinati per i Comuni dagli artt. 37 e 38 del predetto d.lgs. n. 267 del 2000. La norma censurata finirebbe, inoltre, per imporre «un quorum per la composizione dei consigli e per la validità delle sedute irragionevolmente superiore a quello previsto dalla normativa statale di riferimento che va ad incidere in termini negativi sul funzionamento dell’organo rappresentativo e sulla sua efficienza». In definitiva, la disposizione in esame violerebbe: a) l’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, che riserva alla legge statale la materia dell’ordinamento degli enti locali; b) l’art. 114 della Costituzione, in quanto – incidendo indebitamente sulla specifica competenza statutaria delle Comunità montane – violerebbe il principio di equiordinazione tra gli enti contemplati dalla norma costituzionale; c) gli artt. 3 e 97 della Costituzione, «nella misura in cui l’imposizione di parametri numerici più pesanti per la composizione dei consigli e per la validità delle sedute nei casi previsti, introduce irragionevoli disuguaglianze fra organismi della stessa natura e funzione e compromette l’efficienza, efficacia ed operatività delle loro funzioni».
2.1.— Per quanto attiene, invece, all’art. 4 della stessa legge della Regione Toscana n. 68 del 2004, tale norma, dettando «disposizioni transitorie per la Comunità montana Area Lucchese» e prevedendo che essa continui ad operare fino all’individuazione del nuovo àmbito territoriale secondo le modalità stabilite dall’art. 2, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 82 del 2000, si porrebbe, secondo il ricorrente, in contrasto con gli artt. 114 e 117 della Costituzione. In particolare, si assume che la disposizione censurata violerebbe l’autonoma capacità dei Comuni di decidere, alla luce dei principi sanciti dalla nuova formulazione della parte seconda del titolo V della Costituzione, sull’adesione o meno alla costituenda Comunità montana: dovrebbe spettare ai Comuni decidere in ordine sia alla determinazione sulla costituzione dell’ente che alla individuazione dei suoi àmbiti territoriali. Da qui la violazione: a) dell’art. 114 della Costituzione, per la lesione del principio di equiordinazione tra Stato, Regioni ed enti locali e delle prerogative istituzionali dello Stato, dei Comuni e delle Comunità montane; b) dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, «in quanto non spetta alla Regione ed esula dalla sua competenza legislativa la regolamentazione della materia disciplinata dall’art. 27 del d.lgs. n. 267 del 2000».
2.2.— Si è costituita la Regione Toscana chiedendo che le questioni sollevate vengano dichiarate «inammissibili ed infondate», con riserva di deduzioni e deposito documenti.
3.— Nell’imminenza dell’udienza pubblica la difesa erariale ha depositato una memoria, in riferimento al ricorso n. 5 del 2005, insistendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 20 del 2004. In particolare, si sottolinea che: a) la prevista incompatibilità della carica di presidente della Comunità montana con quella di parlamentare, anche se considerata in funzione dell’assunzione della prima e senza interferenze sull’esercizio delle prerogative connesse alla seconda, inciderebbe indirettamente sul regime delle incompatibilità degli uffici di deputato e senatore, che l’art. 65 della Costituzione «riserva alla legge dello Stato» (nella specie la materia è disciplinata, si sottolinea, dalla legge 13 febbraio 1953, n. 60, recante “Incompatibilità parlamentari”); b) anche la incompatibilità con la carica di sindaco si porrebbe in contrasto con quanto disposto dall’art. 2, comma 2 (recte: 27, comma 2), del d.lgs. n. 267 del 2000, che espressamente consente al sindaco di uno dei Comuni costituenti la Comunità montana di assumere anche la carica di presidente della Comunità stessa; c) in relazione, infine, alla carica di consigliere regionale, pur sussistendo la competenza delle Regioni a disciplinare, ai sensi dell’art. 122, primo comma, della Costituzione, il regime delle incompatibilità, tale competenza deve essere esercitata nel rispetto dei limiti stabiliti dall’art. 3, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione), limiti che, secondo la difesa erariale, «appare difficile» ritenere siano stati rispettati nel caso di specie. In conclusione, la Regione Puglia avrebbe «legiferato in materia che non le competeva (art. 117 Cost.) ed in violazione delle prerogative dello Stato e dei suoi organi costituzionali (art. 114 Cost.)».
L’Avvocatura ritiene che le conclusioni esposte non potrebbero essere diverse anche a seguito della sentenza n. 244 del 2005, con cui questa Corte ha escluso che possano rientrare nell’àmbito applicativo degli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le Comunità montane, per le quali, pertanto, non opererebbe né il principio di equiordinazione, né la competenza legislativa esclusiva dello Stato in relazione ai profili ordinamentali. Ciò in quanto il legislatore regionale, «sia pure legiferando in materia di sua esclusiva competenza (…), ha ugualmente esorbitato dai limiti della sua potestà legislativa perché ha invaso settori di esclusiva competenza della legislazione statale, sia per espressa disposizione del d.lgs. n. 267 del 2000, sia per quanto desumibile dai principi generali dell’ordinamento (quali espressi anche dagli artt. 65-66 Cost.)». In definitiva, gli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, risulterebbero comunque violati, atteso che la Regione «deve pur sempre rispettare la riserva di legge di spettanza dello Stato allorché agisce nell’àmbito delle sue competenze residuali ai sensi dell’art. 117, comma 4». Mentre nel caso deciso con la sentenza n. 244 del 2005 la Regione aveva disposto in ordine al regime dello scioglimento, sospensione e commissariamento del consiglio della Comunità montana «senza interferire con le prerogative di altri organi statali o locali», nel caso de quo, invece, il legislatore regionale, disciplinando le cause di incompatibilità, avrebbe violato «i principi desumibili dal combinato disposto degli art. 114 e 117 Cost. che, nella loro unitarietà di sistema e di lettura, vietano comunque alle regioni di emanare disposizioni normative che interferiscano (…) nelle materie riservate allo Stato, anche in sede di legislazione residuale ex art. 117, comma 4».
Infine, la difesa erariale richiama le sentenze n. 60 del 1966 e n. 127 del 1987 di questa Corte, che avrebbero affermato il principio secondo cui spetta alla legge statale disciplinare i casi di incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore.
3.1.— L’Avvocatura generale dello Stato ha depositato, nell’imminenza dell’udienza pubblica, una memoria anche con riferimento al ricorso n. 18 del 2005, sottolineando, in premessa, che i profili di incostituzionalità degli artt. 1 e 4 della legge della Regione Toscana n. 68 del 2004 permarrebbero anche a seguito dell’emanazione della citata sentenza n. 244 del 2005.
In particolare, con riferimento all’art. 1 della predetta legge si ribadiscono le censure di violazione degli art. 3 e 97 della Costituzione secondo l’ordine delle argomentazioni già illustrato nel ricorso.
Per quanto attiene, invece, all’art. 4, si rileva come la disposta protrazione transitoria dell’attuale àmbito territoriale di operatività della Comunità montana Area Lucchese si porrebbe in contrasto con il principio di equiordinazione di cui all’art. 114 della Costituzione, in quanto verrebbe compromessa «l’autonoma capacità di ciascun singolo Comune, di decidere riguardo all’adesione alla costituenda Comunità montana», senza che siano neanche previsti «meccanismi di consultazione e concertazione». In definitiva, dunque, il legislatore regionale, pur legiferando in una materia di sua competenza, secondo quanto già riconosciuto con la citata sentenza n. 244 del 2005, avrebbe nondimeno invaso settori disciplinati dalla legislazione statale e violato i principi generali desumibili dal combinato disposto degli artt. 114 e 117 della Costituzione, nonché «dall’intero nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione».
4.— La Regione Toscana – con memoria depositata anch’essa nell’imminenza dell’udienza pubblica – dopo avere premesso, in relazione alla censura che ha investito l’art. 1 della legge n. 68 del 2004, che tale norma persegue il fine di garantire «la vita dell’ente quando la grande maggioranza dei comuni abbia provveduto ad indicare i propri rappresentanti», chiede che il ricorso venga dichiarato non fondato per il seguente ordine di ragioni. Innanzitutto, si sottolinea la infondatezza delle censure di violazione degli art. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, avendo già questa Corte escluso, con la sentenza n. 244 del 2005, che tali disposizioni si riferiscano anche alle Comunità montane, la cui disciplina rientra nell’àmbito della competenza legislativa regionale ex art. 117, quarto comma, della Costituzione. Allo stesso modo sarebbe infondata la censura formulata in relazione agli art. 3 e 97 della Costituzione, non essendo pertinente il richiamo ai vincoli posti dal d.lgs. n. 267 del 2000 in tema di composizione dell’organo e di quorum costitutivo delle sedute, «sia perché la disciplina delle Comunità montane rientra nella potestà legislativa regionale residuale (…), sia perché (…) la norma impugnata non incide sui suddetti profili, ma opera sulla costituzione dell’organo e sull’attività del medesimo».
4.1.— Per quanto attiene all’impugnazione relativa all’art. 4 della stessa legge della Regione Toscana n. 68 del 2004, la difesa regionale argomenta l’asserita infondatezza delle censure muovendo dalla ratio che giustificherebbe la norma in esame, diretta ad evitare che la immediata rideterminazione dell’àmbito territoriale comporti l’esclusione di alcuni Comuni dalla Comunità montana. Per tale ragione, si sottolinea nella memoria, sono stati proprio i Comuni interessati a chiedere che venisse rinviata la individuazione del nuovo àmbito territoriale in attesa di ulteriori verifiche e ciò attesterebbe, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, che la disposizione impugnata sarebbe stata emanata «non già per ledere l’autonomia dei Comuni, ma proprio per rispondere ad una loro specifica istanza». In ogni caso, si aggiunge, la censura sarebbe comunque infondata, non contemplando gli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, tra i soggetti di autonomia destinatari del precetto in essi contenuto, anche le Comunità montane.
Considerato in diritto
1.— I due ricorsi indicati in epigrafe, stante la loro connessione oggettiva, devono essere riuniti ai fini di un’unica decisione.
2.— Con il primo ricorso (n. 5 del 2005) il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 16, comma 1, secondo periodo, della legge della Regione Puglia 4 novembre 2004 n. 20 (Nuove norme in materia di riordino delle Comunità montane), il quale prevede l’incompatibilità della carica di presidente dell’organo esecutivo della Comunità montana con quella di parlamentare, di consigliere regionale e di sindaco.
Il ricorrente — richiamandosi anche alla disciplina in materia prevista dalla legislazione statale (art. 27 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”), la quale troverebbe conferma nell’art. 2 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3) — ha lamentato che la normativa impugnata sarebbe invasiva della competenza statale esclusiva in materia di “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (art. 117, secondo comma, lettera p, Cost.) e lederebbe, inoltre, il «principio di equiordinazione tra Stato, Regioni ed Enti locali» (art. 114 Cost.). Nel ricorso si sottolinea, altresì, come il legislatore regionale si sia “spinto” fino «a sancire una incompatibilità con la carica di parlamentare sulla quale non ha alcuna competenza ad intervenire».
2.1.— Con il secondo ricorso (n. 18 del 2005) il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 1 e 4 della legge della Regione Toscana 29 novembre 2004, n. 68, recante “Modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2000, n. 82 (Norme in materia di Comunità montane)”, per contrasto con gli artt. 3, 97, 114 e 117 della Costituzione.
L’art. 1 della citata legge ha aggiunto il comma 3-bis all’art. 11 della legge della stessa Regione Toscana 28 dicembre 2000, n. 82, il quale ha disposto che «in caso di rinnovo, l’organo rappresentativo può essere insediato quando i rappresentanti dei Comuni raggiungono i quattro quinti dei componenti o il valore inferiore stabilito espressamente dallo statuto comunque tale da rappresentare la maggioranza dei Comuni (…)».
Dopo aver ricordato che, in forza degli artt. 6, 27, 28, comma 7, e 32, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, la Comunità montana ha piena autonomia statutaria ed è sovrana nella determinazione della propria organizzazione, per cui la Regione non può interferire con tale potestà, né imporre norme organizzative in contrasto con i criteri stabiliti dal citato decreto (segnatamente per la composizione dei consigli e la validità delle sedute ex artt. 37 e 38 del richiamato d.lgs.), la difesa erariale ha dedotto che le disposizioni impugnate violano: a) l’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, che riserva allo Stato la materia dell’ordinamento degli enti locali; b) l’art. 114 della Costituzione, in quanto – incidendo indebitamente sulla competenza statutaria delle Comunità montane – ledono il suindicato principio di equiordinazione; c) gli artt. 3 e 97 della Costituzione, «nella misura in cui l’imposizione di parametri numerici più pesanti per la composizione dei consigli e per la validità delle sedute nei casi previsti, introduce irragionevoli disuguaglianze tra organismi della stessa natura e funzione e compromette l’efficienza, efficacia ed operatività delle loro funzioni».
Quanto all’art. 4 della legge regionale in questione, pure oggetto di impugnazione, esso – dettando «disposizioni transitorie per la Comunità montana Area Lucchese» e prevedendo che quest’ultima continui ad operare fino all’individuazione del suo nuovo àmbito territoriale secondo le modalità stabilite dall’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 82 del 2000 – viola, a giudizio del ricorrente, l’autonoma capacità dei Comuni di decidere sull’adesione o meno alla costituenda Comunità montana. Di qui il dedotto contrasto con i parametri costituzionali previsti dagli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.
3.— Entrambi i ricorsi prospettano, in termini sostanzialmente analoghi, una prima questione di costituzionalità, la quale postula che si stabilisca se ed in quali àmbiti spetti allo Stato, alla luce delle disposizioni contenute nel nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, la potestà legislativa esclusiva in ordine alla struttura ed alle funzioni delle Comunità montane.
In particolare, si tratta di verificare se possano trovare applicazione nei confronti delle suddette Comunità i parametri costituzionali (artt. 114 e 117, comma 2, lettera p, Cost.) previsti specificamente per i Comuni, sul presupposto della equiordinazione delle prime ai secondi.
In base alla tesi prospettata nei due ricorsi dalla difesa erariale, ove fosse data risposta positiva a tale preliminare quesito, le norme regionali impugnate sarebbero lesive di àmbiti riservati alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, con violazione dei parametri costituzionali di cui agli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.
Agli enunciati profili comuni, si aggiungono, nel ricorso proposto contro la legge regionale della Toscana, le censure di violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
4.— Con riferimento ai suddetti parametri, le questioni non sono fondate.
Questa Corte, in una fattispecie per molti aspetti analoga, ha di recente affrontato la tematica concernente le Comunità montane (sentenza n. 244 del 2005), esaminando, in linea di principio, come esse si collocano nell’àmbito dell’attuale sistema delle autonomie.
La Corte ha così affermato che l’evoluzione della legislazione in materia si caratterizza per il riconoscimento alla Comunità montana della natura di ente locale autonomo, quale proiezione dei Comuni che ad essa fanno capo (art. 4 della legge 3 dicembre 1971 n. 1102, recante “Nuove norme per lo sviluppo della montagna”; e soprattutto art. 28 della legge 8 giugno 1990 n. 142, recante “Ordinamento delle autonomie locali”, nel testo originario). La più recente normativa ha, altresì, specificato quale sia l’effettiva natura giuridica di tali enti, qualificandoli dapprima quale «unioni montane» (art. 28 della legge n. 142 del 1990, come modificato dall’art. 7, comma 1, della legge 3 agosto 1999, n. 265 recante “Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142”) e successivamente quali «unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani» (art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 267 del 2000). E lo stesso art. 27 da ultimo citato, al comma 4, demanda alla legge regionale la disciplina delle Comunità con specifico riferimento: a) alle modalità di approvazione dello statuto; b) alle procedure di concertazione; c) alla disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali; d) ai criteri di ripartizione tra le Comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell’Unione europea; e) ai rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
Si tratta, dunque, di un caso speciale di unioni di Comuni, «create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei comuni montani, “funzioni proprie”, “funzioni conferite” e funzioni comunali» (sentenza n. 229 del 2001, richiamata dalla sentenza n. 244 del 2005).
La predetta qualificazione pone in evidenza l’autonomia di tali enti (non solo dalle Regioni ma anche) dai Comuni, come dimostra, tra l’altro, l’espressa attribuzione agli stessi della potestà statutaria e regolamentare (art. 4, comma 5, della legge n. 131 del 2003).
5.— Sulla base delle suindicate argomentazioni, che vanno ribadite anche in relazione alla questione in esame, può escludersi la sussistenza della dedotta violazione degli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.
Al riguardo, deve innanzitutto ritenersi – in linea con quanto affermato con la citata sentenza n. 244 del 2005 – non conferente il richiamo alla disposizione costituzionale da ultimo citata, nella parte in cui prevede, tra l’altro, che rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia relativa alla “legislazione elettorale” e agli “organi di governo” degli enti territoriali subregionali. Ciò in quanto in essa si fa espresso riferimento ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane e l’indicazione deve ritenersi tassativa. Da qui la conseguenza che la disciplina delle Comunità montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel d.lgs. n. 267 del 2000, rientra ora nella competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione. Allo stesso modo, inconferente deve ritenersi il riferimento, contenuto nei due ricorsi, all’art. 114 della Costituzione, non contemplando quest’ultimo le Comunità montane tra i soggetti di autonomia destinatari del precetto in esso contenuto.
Ciò comporta che, ai fini dello scrutinio di costituzionalità delle norme regionali in questione, non può neanche farsi utile riferimento, come dedotto dalla difesa erariale, ai principi fondamentali che sarebbero desumibili dalla legislazione statale, e segnatamente dal d.lgs. n. 267 del 2000 in materia di disciplina delle autonomie locali; e ciò perché, vertendosi in materia rientrante nella competenza residuale delle Regioni, non può trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 117, terzo comma, ultima parte, della Costituzione, la quale presuppone, invece, che si verta nelle materie di legislazione concorrente.
6.— Orbene, alla luce delle considerazioni che precedono, le disposizioni della legge della Regione Toscana n. 68 del 2004 (artt. 1 e 4) relative, da un lato, alla composizione dell’organo di governo delle Comunità montane e, dall’altro, alle norme transitorie specificamente dettate per quella dell’Area Lucchese, si sottraggono alla censura di violazione degli indicati parametri costituzionali. E inoltre, devono ritenersi infondate anche le censure formulate in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto, a prescindere dal difetto di una idonea motivazione, non è dato ravvisare alcuna violazione di tali parametri con riferimento a disposizioni normative che, nell’esercizio di una competenza legislativa caratterizzata da un elevato grado di autonomia, la Regione ha inteso adottare per la composizione dei consigli e la validità delle sedute dell’organo di governo delle Comunità montane insediate nel suo territorio.
7.— Per quanto attiene alla norma contenuta nell’art. 16, comma 1, della legge della Regione Puglia n. 20 del 2004, la quale ha disposto la incompatibilità della carica di presidente dell’organo esecutivo delle Comunità montane pugliesi con quelle di parlamentare, consigliere regionale o sindaco, la censura di violazione degli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, deve ritenersi non fondata per le medesime ragioni innanzi esposte.
Fondata è, invece, la censura con la quale l’Avvocatura dello Stato, nel ricorso introduttivo, ha dedotto che il legislatore regionale non ha «alcuna competenza» ad intervenire nella materia relativa alle «incompatibilità con la carica di parlamentare». Detta censura è stata poi ribadita e sviluppata, anche con riferimento espresso all’art. 65 della Costituzione, più approfonditamente nella successiva memoria difensiva.
QQuesta Corte ha già avuto modo di affermare che l’art. 65 della Costituzione – stabilendo che «la legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore» – pone una precisa riserva di legge statale e che, quindi, è precluso al legislatore regionale, anche se fornito, come nel caso di specie, di potestà legislativa residuale in materia di ordinamento delle Comunità montane, di determinare le cause di incompatibilità (oltre che di ineleggibilità) con l’ufficio di deputato o di senatore (sentenze n. 127 del 1987 e n. 60 del 1966). Non essendo, pertanto, consentito che una fonte diversa da quella statale possa vietare il cumulo di due cariche, delle quali una sia quella di membro del Parlamento, l’art. 16, comma 1, secondo periodo, della legge della Regione Puglia n. 20 del 2004, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui stabilisce che «la carica di presidente dell’organo esecutivo è incompatibile con quella di parlamentare».
per questi motivi
La Corte costituzionale
riuniti i giudizi,
a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, secondo periodo, della legge della Regione Puglia 4 novembre 2004 n. 20 (Nuove norme in materia di riordino delle Comunità montane), nella parte in cui prevede che «la carica di presidente dell’organo esecutivo è incompatibile con quella di parlamentare»;
b) dichiara non fondata, ad eccezione di quanto previsto dal precedente capo a), la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 16, comma 1, secondo periodo, della legge della Regione Puglia n. 20 del 2004, sollevata, in riferimento agli artt. 114, 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso (n. 5 del 2005) indicato in epigrafe;
c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 della legge della Regione Toscana 29 novembre 2004 n. 68 recante “Modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2000, n. 82 (Norme in materia di Comunità montane)”, sollevata in riferimento agli artt. 3, 97, 114 e 117 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso (n. 18 del 2005) indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 14 dicembre 2005.
Annibale MARINI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2005.