SENTENZA N. 89
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALEcomposta dai signori Giudici:
- Francesco GUIZZI, Presidente
- Cesare MIRABELLI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1 della legge della Regione Basilicata 24 dicembre 1994, n. 50 (Riduzione del numero e rideterminazione degli ambiti territoriali delle uu.ss.ll., in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517) e dell'art. 49, comma 1, della legge della Regione Basilicata 10 giugno 1996, n. 27 (Riordino del servizio sanitario regionale), promosso con ordinanza emessa il 3 giugno 1998 dal Pretore di Matera, sezione distaccata di Pisticci, nel procedimento civile vertente tra V. M. e l'Azienda sanitaria locale n. 5 di Montalbano Jonico, iscritta al n. 530 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Visto l'atto di costituzione dell'Azienda sanitaria locale n. 5 di Montalbano Jonico;
udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 2000 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;
udito l'avvocato Alfonso D'Alessandro per l'Azienda sanitaria locale n. 5 di Montalbano Jonico.
Ritenuto in fatto
1. — Il Pretore di Matera, sezione distaccata di Pisticci, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 3 giugno 1998 ha sollevato, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, della legge della Regione Basilicata 24 dicembre 1994, n. 50 (Riduzione del numero e rideterminazione degli ambiti territoriali delle uu.ss.ll., in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517) e dell'art. 49, comma 1, della legge della Regione Basilicata 10 giugno 1996, n. 27 (Riordino del servizio sanitario regionale), nella parte in cui individuano nelle aziende sanitarie locali istituite a norma del decreto legislativo n. 502 del 1992 i soggetti passivi delle obbligazioni sorte a carico delle soppresse unità sanitarie locali.
1.1. — Il giudizio principale, promosso da un medico convenzionato nei confronti di un'azienda sanitaria locale, ha per oggetto il pagamento di somme dovute a titolo di compenso per l'attività professionale prestata tra il mese di gennaio 1991 ed il mese di dicembre 1995.
1.2. — Premesso che la convenuta ha eccepito di non essere tenuta al pagamento dei compensi relativi all'attività prestata fino al 31 dicembre 1994, il giudice rimettente sostiene che le norme impugnate contrastano con il principio fondamentale della legislazione statale stabilito dall'art. 6, comma 1, ultima parte, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, il quale, secondo l'interpretazione ormai consolidata della Corte di cassazione, prevede una sorta di successione ex lege delle regioni nei debiti e nei crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali.
La violazione di detto principio non è esclusa, ad avviso del Pretore, neppure dall'art. 59 della legge reg. 27 marzo 1995, n. 34, con cui la Regione Basilicata ha provveduto ad istituire le gestioni a stralcio previste dall'art. 6, comma 1, cit. ai fini della liquidazione dei debiti pregressi: tale disposizione, infatti, avendo efficacia meramente gestionale e contabile, non può modificare la portata delle norme impugnate.
2. — Nel giudizio dinanzi alla Corte, non ha spiegato intervento il Presidente della Regione Basilicata.
3. — Si è invece costituita l'Azienda sanitaria locale convenuta nel giudizio principale, la quale ha insistito per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme impugnate.
Sostiene infatti che l'art. 6, comma 1, ultima parte, della legge n. 724 del 1994 è legato alla riforma del sistema sanitario attuata con il decreto legislativo n. 502 del 1992 da un rapporto di coessenzialità e di reciproca integrazione che consente di ravvisarvi un principio fondamentale della legislazione statale ed una norma fondamentale di riforma economico-sociale, ispirata ad obiettivi di efficienza dei servizi e di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, o quanto meno una norma di dettaglio vincolante per il legislatore regionale.
L'obbligo di uniformarsi al principio in questione, d'altronde, sarebbe espressamente ribadito dall'art. 2, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992, il quale impone alle regioni di esercitare le proprie funzioni legislative in materia sanitaria «nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali», e dall'art. 3, comma 5, del medesimo decreto, il quale demanda alle regioni, «nell'ambito della propria competenza», la fissazione dei criteri per la definizione dei rapporti giuridici facenti capo alle soppresse unità sanitarie locali.
Considerato in diritto
1. ¾ La questione di legittimità costituzionale, sollevata con l'ordinanza in epigrafe, riguarda l'art. 4, comma 1, della legge della Regione Basilicata 24 dicembre 1994, n. 50 e l'art. 49, comma 1, della legge della Regione Basilicata 10 giugno 1996, n. 27, nella parte in cui individuano nelle aziende sanitarie locali, istituite a norma del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, i soggetti passivi dei rapporti obbligatori sorti a carico delle soppresse unità sanitarie locali. Tali disposizioni, che stabiliscono che le aziende sanitarie locali subentrano nei procedimenti amministrativi in corso e nei rapporti giuridici attivi e passivi già posti in essere dalle unità sanitarie locali preesistenti, sarebbero poste in violazione dell'art. 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724. Questa norma, secondo l'ordinanza di rimessione, costituirebbe "principio fondamentale della legislazione nazionale in materia sanitaria", per il quale appunto "in nessun caso" le regioni possono far gravare, direttamente o indirettamente, sulle neocostituite aziende i debiti pregressi facenti capo alle preesistenti unità sanitarie locali, dovendo a tal fine le regioni stesse predisporre apposite "gestioni a stralcio", individuando l'ufficio responsabile delle medesime.
Dal prospettato contrasto normativo, secondo il giudice a quo, conseguirebbe la illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate per violazione dell'art. 117 della Costituzione.
2. ¾ La questione non è fondata.
Il quesito proposto, che investe il rapporto tra norme statali di principio e legislazione regionale, non può prescindere da un adeguato chiarimento della complessa vicenda legislativa che ha riguardato, sia sul versante statale, sia sul versante regionale, il processo di ristrutturazione del servizio sanitario nazionale avviato con il decreto legislativo n. 502 del 1992. L'art. 3 del predetto decreto, come modificato dall'art. 4 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, ha disposto che l'unità sanitaria locale è azienda dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica (comma 1), ha demandato alle regioni, nell'ambito delle proprie competenze, la regolamentazione delle modalità organizzative e di funzionamento delle unità sanitarie locali (comma 5) e, in particolare, la disciplina del finanziamento (lett. d) e l'individuazione dei criteri per la definizione dei rapporti attivi e passivi facenti capo alle preesistenti unità sanitarie locali e unità socio-sanitarie locali (lett. c).
Il legislatore statale è nuovamente intervenuto a disciplinare gli oneri delle regioni in ordine alla spesa per l'acquisto di beni e servizi, stabilendo in particolare, nel citato art. 6, comma 1, della legge n. 724 del 1994 che "in nessun caso è consentito alle regioni di far gravare sulle aziende, di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni, né direttamente né indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali" e prevedendo, a tal fine, che le regioni disponessero apposite "gestioni a stralcio", con conseguente individuazione dell'ufficio responsabile delle medesime. Successivamente l'art. 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, ha disposto che per l'accertamento della situazione debitoria delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le regioni dovevano attribuire ai direttori generali delle istituite aziende unità sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unità sanitarie locali ricomprese nell'ambito territoriale delle rispettive aziende, e che le "gestioni a stralcio" erano trasformate in "gestioni liquidatorie", le cui risultanze, relative all'accertamento della predetta situazione debitoria, dovevano essere presentate, entro tre mesi, "ai competenti organi regionali".
3. ¾ In connessione con l'evoluzione del quadro legislativo statale, la Regione Basilicata dapprima ha statuito, in attuazione del d.lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni, con il censurato art. 4, comma 1, della legge n. 50 del 1994, il subentro delle neoistituite aziende sanitarie locali alle soppresse unità sanitarie locali nei procedimenti amministrativi in corso e nei rapporti giuridici attivi e passivi. Poi, proprio in attuazione del comma 1 dell'art. 6 della legge n. 724 del 1994, l'art. 59 della legge regionale n. 34 del 27 marzo 1995, ha prescritto che le risultanze contabili derivanti dagli esercizi 1994 e precedenti formino oggetto di "un'apposita gestione a stralcio che è affidata ai Servizi di Ragioneria di ciascuna Azienda Sanitaria Unità Sanitaria Locale" e, in particolare, ha disposto, al comma 2, che "la separata rilevazione nei capitoli del bilancio finanziario che saranno appositamente individuati dovrà garantire la non interferenza economico-finanziaria della pregressa gestione sulla gestione corrente della nuova Azienda Sanitaria USL".
Infine, la Regione Basilicata con la legge 10 giugno 1996, n. 27, di riordino del servizio sanitario regionale, dopo avere statuito, all'art. 6, comma 10, che la disciplina della contabilità, della utilizzazione e gestione del patrimonio delle nuove aziende sanitarie resta quella dettata dalla citata legge n. 34 del 1995, nel censurato art. 49, comma 1, in ordine alla successione delle aziende del servizio sanitario regionale nei rapporti giuridici delle preesistenti unità sanitarie locali ha riprodotto sostanzialmente il disposto dell'art. 4, comma 1, della citata legge n. 50 del 1994.
4. ¾ Nell'ambito di questo sistema legislativo va dunque individuato il rapporto esistente tra il citato art. 6, comma 1, della legge n. 724 del 1994 e la legislazione regionale in materia. Questa Corte ha già affermato che la disposizione predetta rappresenta un "intervento eccezionale e temporaneo, in un quadro finanziario di emergenza", che va "inserito in un'azione complessiva, a carattere generalizzato, volta a contenere il disavanzo pubblico" (sentenza n. 416 del 1995), mediante misure che, con specifico riferimento alla spesa sanitaria, incidono su tutti gli enti di autonomia a statuto speciale e ordinario (sentenze nn. 222 del 1994 e 357 del 1993).
Si tratta quindi di una disposizione, che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, è da considerare, per la finalità perseguita, in "rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione" con le norme-principio che connotano il settore dell'organizzazione sanitaria locale (sentenza n. 355 del 1993), così da vincolare l'autonomia finanziaria regionale in ordine alla disciplina prevista per i "debiti" ed i "crediti" delle soppresse unità sanitarie locali. Disciplina che, secondo la consolidata interpretazione della Corte di cassazione, sia pure diretta alla risoluzione di questioni di legittimazione processuale, è assimilabile ad una fattispecie di successione ex lege della regione nei rapporti obbligatori facenti capo alle pregresse gestioni delle preesistenti unità sanitarie locali.
Con questa disciplina di fonte statale non appaiono in contrasto le disposizioni denunciate, in coerenza con il sistema delineato dalla legislazione della Regione Basilicata. Infatti è vero, da un lato, che i censurati artt. 4 della legge n. 50 del 1994 e 49 della legge n. 27 del 1996 hanno stabilito che le nuove aziende sanitarie subentrano nei procedimenti amministrativi e nei rapporti attivi e passivi facenti capo alle preesistenti unità sanitarie locali. Ma è altrettanto vero, dall'altro lato, che l'art. 59 della legge n. 34 del 1995 -il cui disposto trova conferma nell'art. 6, comma 10, della citata legge n.27- ha previsto, proprio in attuazione dell'art. 6 della legge n. 724 del 1994, un regime speciale per tutti i rapporti di debito e di credito risultanti alla fine del 1994 e facenti capo alle soppresse unità sanitarie locali; regime che si concretizza non solo nella istituzione di una cosiddetta "gestione a stralcio" o liquidatoria, ma soprattutto nella separata rilevazione dei predetti rapporti nei capitoli di bilancio, la quale doveva appunto "garantire la non interferenza economico-finanziaria della pregressa gestione sulla gestione corrente della nuova Azienda Sanitaria USL". Si realizzava così un modello di "gestione separata" di determinati rapporti all'interno di un patrimonio che pure sicuramente fa capo ad uno stesso soggetto, ossia la neoistituita azienda sanitaria.
Ma, nella vicenda in esame, occorre tenere presente un ulteriore passaggio e cioè che le risultanze di queste "gestioni a stralcio", poi trasformate in "gestioni liquidatorie", dovevano essere, ai sensi del citato art. 2, comma 14, della legge n. 549 del 1995, sollecitamente presentate, una volta accertata la situazione debitoria, dai commissari liquidatori ai "competenti organi regionali", come anche disposto, nel caso di specie, dalla delibera della Giunta regionale n. 1339 del 1° aprile 1996. In capo alle regioni veniva così, in definitiva, ad essere trasferita la indicata situazione debitoria delle unità sanitarie locali, tanto più se si tiene conto dei decreti-legge 30 giugno 1995, n. 261, 28 agosto 1995, n. 362, 30 ottobre 1995, n. 448, 29 dicembre 1995, n. 553, i quali stabilivano, tra l'altro, che "la contabilità economico-finanziaria e patrimoniale e la contabilità finanziaria delle unità sanitarie locali... relative agli anni precedenti al 1995 sono garantite direttamente dalle regioni, che ne assumono integralmente le relative obbligazioni". Vero è che tali decreti non sono stati convertiti in legge, ma è altrettanto vero che la clausola di sanatoria contenuta nella legge 17 gennaio 1997, n. 4 haprovveduto a "cristallizzare" gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti proprio sulla base di questi decreti (cfr. sentenza n. 430 del 1997), sicché ne risulta, nel caso di specie, l'assunzione delle relative obbligazioni in capo alle regioni, sia pure nei limiti del periodo di tempo riguardato dalla clausola di sanatoria. D'altra parte, proprio per agevolare gli interventi regionali relativi alle gestioni stralcio e liquidatorie, al relativo finanziamento aveva provveduto una serie di decreti-legge, tra cui, in particolare, quello del 1° dicembre 1995, n. 509, convertito nella legge 31 gennaio 1996, n. 34, e quello del 13 dicembre 1996, n. 630, convertito nella legge 11 febbraio 1997, n. 21.
Così ricostruito il quadro legislativo, si può ritenere che le disposizioni regionali censurate abbiano introdotto, rispetto ai pregressi rapporti di credito e di debito delle soppresse unità sanitarie locali, meccanismi particolari di gestioni distinte e di contabilità separate, tali da consentire ad uno stesso soggetto che subentrava nella loro posizione giuridica, ossia le neoistituite aziende unità sanitarie locali, di evitare ogni confusione tra le diverse masse patrimoniali, così da tutelare i creditori, ma, nello stesso tempo, da escludere ogni responsabilità delle stesse aziende sanitarie in ordine ai predetti debiti delle preesistenti unità sanitarie locali.
Non sussiste pertanto, sotto questo profilo, alcuna violazione, da parte delle norme censurate, del citato art. 6, comma 1, della legge n. 724 del 1994, né, di conseguenza, dell'art. 117 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, della legge della Regione Basilicata 24 dicembre 1994, n. 50 (Riduzione del numero e rideterminazione degli ambiti territoriali delle uu.ss.ll. in attuazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato ed integrato dal d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517) e dell'art. 49, comma 1, della legge della stessa Regione 10 giugno 1996, n. 27 (Riordino del servizio sanitario regionale), sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, dal Pretore di Matera, sezione distaccata di Pisticci, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in cancelleria il 31 marzo 2000.