Sentenza n. 231 del 2020

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SENTENZA N. 231

 

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

 

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 16 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale. Stralcio I), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia nel procedimento vertente tra il Comune di Buseto Palizzolo e la Regione Siciliana - Assessorato dell’energia e dei servizi di pubblica utilità e altri, con ordinanza del 26 luglio 2019, iscritta al n. 14 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2020.

 

Visto l’atto di intervento della Regione Siciliana;

 

udito nella camera di consiglio del 21 ottobre 2020 il Giudice relatore Daria de Pretis;

 

deliberato nella camera di consiglio del 22 ottobre 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 16 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale. Stralcio I). Il citato comma 1 dispone quanto segue: «[e]ntro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Ente Acquedotti Siciliani (EAS) in liquidazione provvede alla consegna degli impianti e delle reti idriche al comune o al consorzio dei comuni interessati, a seconda che gli impianti siano a servizio di un solo comune o di più comuni, che ne assumono la gestione, con oneri a carico della tariffa del servizio idrico integrato, sino alla piena attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 3, comma 3, lettera f), della legge regionale 11 agosto 2015, n. 19». Il comma 2 stabilisce poi che, «[t]rascorso il termine perentorio di cui al comma 1, l’Assessore regionale per l’energia e i servizi di pubblica utilità, previa diffida al comune ad adempiere entro il termine di trenta giorni, nomina un commissario ad acta per la presa in consegna degli impianti di cui al comma 1 nel termine dei successivi trenta giorni».

 

Nel giudizio a quo, il Comune di Buseto Palizzolo ha impugnato davanti al TAR Sicilia gli atti, adottati dall’Assessore dell’energia della Regione Siciliana e dal commissario ad acta, con i quali la gestione degli impianti e delle reti idriche, prima affidata all’EAS, è stata posta a carico dell’amministrazione comunale. Con i primi due motivi di ricorso il Comune ha denunciato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, del giudicato costituzionale di cui alla sentenza n. 93 del 2017 della Corte costituzionale, dell’art. 119 Cost. e dell’art. 15, secondo comma, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2.

 

Il rimettente riferisce di aver accolto la domanda di sospensione cautelare degli effetti degli atti impugnati e di aver respinto, con sentenza non definitiva, l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del Comune, sollevata dalla Regione.

 

Il TAR Sicilia afferma poi di dover esaminare in via prioritaria, per ragioni di ordine logico, i motivi di ricorso fondati sull’incostituzionalità delle norme sopra riportate, ritenute attributive del potere esercitato, mentre le altre censure atterrebbero al cattivo esercizio del potere stesso.

 

Per la stessa ragione, cioè per il fatto che le norme della cui costituzionalità si dubita costituirebbero «la base legale dei provvedimenti impugnati», il rimettente ritiene rilevanti le questioni di legittimità costituzionale, poiché al loro accoglimento conseguirebbe anche quello dei primi due motivi di ricorso.

 

1.1.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il TAR Sicilia invoca, in primo luogo, l’art. 136 Cost., per violazione del giudicato con riferimento alla sentenza n. 93 del 2017 di questa Corte, che ha dichiarato l’illegittimità di varie disposizioni della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in materia di risorse idriche), fra le quali l’art. 4, comma 7, che stabiliva la possibilità per i comuni di «provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica del servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, attraverso la costituzione di sub-ambiti […], composti da più comuni facenti parte dello stesso Ambito territoriale ottimale, che possono provvedere alla gestione unitaria del servizio». Il rimettente riporta un lungo brano della citata sentenza e osserva che l’art. 4, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017 «ha di mira (e comunque realizza in concreto sul piano disciplinare ed effettuale) il medesimo risultato pratico censurato in precedenza dalla Corte costituzionale». Anche la norma oggetto del nuovo giudizio contemplerebbe infatti «una gestione diretta dei comuni del servizio idrico che chiaramente disattende i principi dell’art. 149-bis D. Lgs. 152/2006», invocato come parametro interposto.

 

L’art. 4, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017 riprodurrebbe dunque l’art. 4, comma 7, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2015, dichiarato illegittimo dalla citata sentenza n. 93 del 2017, per violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente, «in relazione al contrasto fra le norme regionali con le disposizioni statali (artt. 147 e 149-bis d.lgs. n. 152/2006) che enunciano il principio della unicità della gestione del servizio idrico per ciascun Ambito territoriale ottimale, escludendo la possibilità di gestione diretta da parte di comuni associati, e prevedendo il superamento della frammentazione verticale della gestione delle risorse idriche».

 

Il rimettente dichiara poi, «in relazione alla enunciata natura provvisoria della disciplina in esame», di condividere quanto argomentato dalla parte ricorrente, secondo la quale non rileverebbe la prevista provvisorietà dell’affidamento della gestione, sia perché anche l’art. 4, comma 8, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2015 «aveva carattere provvisorio […] ma questo non ha impedito alla Corte di rilevarne l’illegittimità», sia perché «l’esperienza ha ormai dimostrato che in materia di gestione del servizio idrico integrato il concetto di “provvisorietà” nella regione siciliana è assai relativo, come prova il fatto che a dodici anni dal D.Lgs. n° 152/2006 il sistema appare ancora lontano dalla sua iniziale attuazione».

 

1.2.– Il TAR Sicilia invoca anche l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., «essendo la disposizione in esame affetta dal medesimo profilo di illegittimità costituzionale già accertato dalla Corte con riferimento alla precedente disposizione avente identico contenuto e significato normativo».

 

1.3.– Un ulteriore vizio di incostituzionalità deriverebbe dalla violazione degli artt. 119, commi primo e quarto, e 97, commi primo e secondo, Cost. Il TAR Sicilia riferisce che, secondo il ricorrente, l’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017 si porrebbe «in evidente contrasto con il principio costituzionale di correlazione fra funzioni e risorse e con il principio di equilibrio dei bilanci pubblici, dal momento che obbliga i comuni siciliani ad assumere la gestione degli impianti e delle reti idriche dall’EAS senza correlare a tale trasferimento di funzioni il trasferimento delle necessarie risorse finanziarie e umane e “scaricando” sui bilanci comunali le conseguenze economico-finanziarie della fallimentare gestione EAS».

 

Secondo il rimettente, il conferimento temporaneo degli impianti ai comuni siciliani non terrebbe conto «del parere contrario espresso dagli Organi di consulenza tecnico-finanziaria del Comune ricorrente i quali hanno evidenziato, sostanzialmente, l’assenza di una adeguata attività di concertazione tale da salvaguardare l’attuale situazione finanziaria ed organizzativa dei comuni interessati», e ciò dipenderebbe dalla norma attributiva del potere di conferimento, dal momento che sarebbe «proprio tale norma a consentire (recte: prevedere) il trasferimento di funzioni ed oneri senza corrispondenti misure, quanto meno di concertazione finanziaria, relative alla copertura dei costi del servizio».

 

La copertura finanziaria del servizio sarebbe basata sulla «“tariffa” locale transitoria espressamente prevista dal comma 1 dell’art. 4, cit., in attesa della futura determinazione della tariffa d’Ambito di cui all’art. 3, comma 3, lettera f, della L. reg. n. 19/2015», ma tale copertura, secondo il rimettente, non sarebbe «esaustiva, attesa la mancanza di una unitaria – seppur temporanea – regolamentazione regionale del servizio di che trattasi, tale da assicurare, nelle more della piena attuazione degli Ambiti Territoriali Ottimali di cui all’art. 3 della L.reg. 19/2015, l’autonomia finanziaria del Comune». Il TAR Sicilia condivide quanto affermato dal ricorrente, secondo il quale «la mancanza di dati certi sullo stato della rete in termini tecnici, sul suo stato di manutenzione e sui quantitativi idrici effettivi da immettere nella rete, rendono impossibile predisporre un apposito piano finanziario per la gestione della rete da consegnare, ai fini della predisposizione della Tariffa e del Bilancio del Servizio dell’Ente».

 

Il rimettente riferisce inoltre che, secondo la stessa Regione Siciliana, la norma censurata «ha inteso “liberare” l’EAS in liquidazione dalla gestione pesantissima, sia finanziariamente che amministrativamente, del S.I.I. e così concludere la fase liquidatoria dell’Ente». Ciò confermerebbe che la norma ha «inteso scaricare sui Comuni il peso e le conseguenze di tale scelta “liberatoria” per l’ente regionale dante causa, ma corrispondentemente gravosa - in assenza di adeguati meccanismi di finanziamento - per gli enti territoriali aventi causa».

 

Il TAR Sicilia ricorda che nella giurisprudenza costituzionale sarebbe affermata «l’esistenza del principio del parallelismo tra responsabilità di disciplina della materia e responsabilità finanziaria». E ancora che il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, della legge della Regione Siciliana 9 maggio 1986, n. 22 (Riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali in Sicilia), «che obbliga i comuni a farsi carico del patrimonio delle IPAB estinte e dunque, anche del personale e delle relative situazioni debitorie».

 

In definitiva, secondo il rimettente la norma censurata si porrebbe «in contraddizione logica - anche in considerazione del fatto che non è prevista una predeterminazione della durata di tale assetto, né un piano degli interventi in cui lo stesso si sostanzia - con il principio del parallelismo fra competenze amministrative e provvista finanziaria necessaria per esercitarle». Essa renderebbe «per l’ente comunale impossibile la gestione del servizio conforme al parametro del buon andamento nel rispetto della propria autonomia finanziaria e dell’equilibrio del proprio bilancio».

 

2.– La Regione Siciliana è intervenuta nel giudizio costituzionale, con atto depositato il 2 marzo 2020.

 

L’interveniente ricorda che, in base alla legge reg. Siciliana n. 19 del 2015, le Assemblee territoriali idriche (di seguito anche: ATI, che sono gli enti di governo dei nove ambiti territoriali ottimali individuati con decreto assessorile 29 gennaio 2016, n. 75) sono chiamate ad affidare la gestione del servizio idrico integrato (di seguito anche: SII) a favore di un gestore unico d’ambito. Rileva poi che, data la «perdurante inerzia delle ATI di Messina e Trapani, ambiti territoriali nei quali non è stato mai individuato un gestore del SII […], ha continuato ad operare l’EAS, Ente pubblico in liquidazione dal 1° settembre 2004». Ciò avrebbe determinato «una gestione del SII insufficiente, sia sotto il profilo infrastrutturale che sotto il profilo economico e della fiscalità generale».

 

In via preliminare, la Regione osserva che il rimettente avrebbe «trascurato l’obbligo di tentare l’interpretazione conforme a costituzione della norma regionale» e che mancherebbe inoltre un «adeguato supporto motivazionale» sia in ordine alla violazione del giudicato costituzionale sia in ordine agli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 97, commi primo e secondo, Cost.

 

Nel merito, quanto alla violazione dell’art. 136 Cost., la Regione osserva che le norme annullate da questa Corte con la sentenza n. 93 del 2017 «prevedevano e consentivano a regime la gestione frammentata in sub-ambiti (art. 4, comma 7) ed introducevano a regime la possibilità della gestione singola e diretta anche in casi differenti da quelli consentiti dalla normativa statale (art. 4, comma 8)». Anche l’art. 5, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2015 (anch’esso dichiarato illegittimo dalla sentenza n. 93 del 2017), nonostante la rubrica «Regime transitorio», «finiva per legittimare la fuoriuscita dei Comuni da una (legittima) gestione unica d’ambito». L’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017 si muoverebbe invece «in un’ottica assai differente». L’assenza del gestore unico d’ambito, dovuta all’inerzia dei comuni, avrebbe «imposto al legislatore, al fine di chiudere definitivamente qualsiasi forma di attività gestionale residua e potere procedere (finalmente) alla cristallizzazione di debiti e crediti ed alla definitiva liquidazione ed estinzione dell’Ente regionale, di prevedere la riconsegna degli impianti ai titolari, i Comuni». La norma censurata, dunque, contemplerebbe «una misura, questa sì, solo temporanea e provvisoria, assai differente dalle norme di sistema della l.r. n. 19/2015 dichiarate incostituzionali». I comuni assumerebbero la gestione degli impianti e delle reti idriche «solo sino all’affidamento del servizio al gestore unico d’ambito» da parte delle ATI. Il legislatore regionale avrebbe adottato «una misura temporanea e straordinaria proprio perché la situazione finanziaria dell’EAS in liquidazione» non consentirebbe allo stesso di garantire il servizio.

 

Infine, il passaggio delle reti ai comuni si coordinerebbe con il quadro normativo statale e non lederebbe dunque la competenza statale in materia di tutela della concorrenza.

 

La Regione torna poi sui profili di inammissibilità, lamentando una «carente esposizione della vicenda sotto il profilo della violazione del giudicato costituzionale già formatosi» e osservando che, in realtà, l’obiettivo della norma censurata sarebbe diverso, «diretto a perseguire l’unicità della gestione all’interno di Ambiti territoriali che ne sono privi».

 

Secondo la Regione, le norme dichiarate costituzionalmente illegittime dalla sentenza n. 93 del 2017 non avevano natura provvisoria: esse sarebbero state censurate perché prevedevano «a regime» la regolazione contestata. Non vi sarebbe dunque violazione del giudicato costituzionale.

 

Quanto all’asserita violazione degli artt. 119, commi primo e quarto, e 97, commi primo e secondo, Cost., la Regione osserva che il SII non deve gravare sulla fiscalità generale e che i relativi costi «devono essere coperti dalla tariffa e, dunque, dalla bollettazione a carico dell’utenza»; il legislatore regionale avrebbe previsto la copertura dei costi per l’avvio della gestione, fino all’attivazione della bollettazione del servizio (art. 4, commi 4 e 6, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017).

 

Per la Regione, l’ordinanza di rimessione non sarebbe chiara là dove si riferisce alla mancata «piena attuazione degli Ambiti Territoriali Ottimali». I nove ATO sono stati infatti individuati con il citato decreto assessorile n. 75 del 2016 e ciò imporrebbe di proseguire nella riorganizzazione, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2015. Lo stesso si dovrebbe dire «in ordine allo stato delle reti idriche, di proprietà degli Enti locali, i quali sono chiamati ad una preliminare pianificazione per l’ambito di riferimento». Dunque, non sussisterebbe la violazione del principio di corrispondenza tra funzioni e risorse, di cui all’art. 119 Cost.

 

La Regione dà poi atto che, con delibera della Giunta regionale 24 aprile 2019, n. 145, è stata attivata la procedura di liquidazione coatta amministrativa nei confronti dell’EAS, in attuazione dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale), e che la liquidazione è stata disposta con decreto presidenziale 2 gennaio 2020. Attualmente, il servizio idrico viene garantito dal gestore del sistema acquedottistico di Sovrambito (Siciliacque s.p.a.), «con rilevanti problematiche di fiscalità generale».

 

3.– La Regione Siciliana ha depositato una memoria integrativa il 5 ottobre 2020. In essa ribadisce che le ATI di Trapani e Messina non hanno attuato l’assetto organizzativo del SII previsto dalle norme statali e rammenta che la Regione ha nominato due commissari ad acta per la redazione o aggiornamento del piano d’ambito. Inoltre, riferisce di aver autorizzato l’utilizzo di 7.000.000 di euro, quale anticipazione da restituire in dieci anni, a favore dei comuni che prendono in consegna le reti dell’EAS. Le norme censurate sarebbero dunque diverse da quelle oggetto della sentenza n. 135 del 2020 di questa Corte. Secondo la Regione, mantenere la gestione EAS significherebbe legittimare un modello organizzativo diverso da quello prescritto dal legislatore statale.

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia dubita della legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 16 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale. Stralcio I). Il citato comma 1 dispone quanto segue: «[e]ntro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Ente Acquedotti Siciliani (EAS) in liquidazione provvede alla consegna degli impianti e delle reti idriche al comune o al consorzio dei comuni interessati, a seconda che gli impianti siano a servizio di un solo comune o di più comuni, che ne assumono la gestione, con oneri a carico della tariffa del servizio idrico integrato, sino alla piena attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 3, comma 3, lettera f), della legge regionale 11 agosto 2015, n. 19». Il comma 2 stabilisce poi che, «[t]rascorso il termine perentorio di cui al comma 1, l’Assessore regionale per l’energia e i servizi di pubblica utilità, previa diffida al comune ad adempiere entro il termine di trenta giorni, nomina un commissario ad acta per la presa in consegna degli impianti di cui al comma 1 nel termine dei successivi trenta giorni».

 

Secondo il rimettente, tale disciplina violerebbe: a) l’art. 136 della Costituzione per contrasto con il giudicato costituzionale, in quanto le norme censurate riprodurrebbero l’art. 4, comma 7, della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in materia di risorse idriche), dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza n. 93 del 2017 di questa Corte per violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente, «in relazione al contrasto fra le norme regionali con le disposizioni statali (articoli 147 e 149-bis d.lgs. n. 152/2006) che enunciano il principio della unicità della gestione del servizio idrico per ciascun Ambito territoriale ottimale, escludendo la possibilità di gestione diretta da parte di comuni»; b) l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., «essendo la disposizione in esame affetta dal medesimo profilo di illegittimità costituzionale già accertato dalla Corte con riferimento alla precedente disposizione avente identico contenuto e significato normativo»; c) gli artt. 119, commi primo e quarto, e 97, commi primo e secondo, Cost., in quanto le norme censurate si porrebbero «in evidente contrasto con il principio costituzionale di correlazione fra funzioni e risorse e con il principio di equilibrio dei bilanci pubblici», dal momento che obbligherebbero i comuni siciliani ad assumere la gestione degli impianti e delle reti idriche dall’EAS senza correlare a tale trasferimento di funzioni il trasferimento delle necessarie risorse finanziarie e umane; in tal modo, le norme censurate renderebbero «per l’ente comunale impossibile la gestione del servizio conforme al parametro del buon andamento nel rispetto della propria autonomia finanziaria e dell’equilibrio del proprio bilancio».

 

2.– In via preliminare, la Regione Siciliana osserva che il rimettente avrebbe «trascurato l’obbligo di tentare l’interpretazione conforme a costituzione della norma regionale». Mancherebbe inoltre un «adeguato supporto motivazionale» sia in ordine alla violazione del giudicato costituzionale sia in ordine all’asserito contrasto con gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 97, commi primo e secondo, Cost.

 

Entrambe le eccezioni sono infondate.

 

Quanto alla prima, la Regione non indica quale possibile interpretazione alternativa il rimettente avrebbe dovuto sperimentare. In ogni caso, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la necessità che il giudice a quo motivi sulla impraticabilità di un’interpretazione adeguatrice viene meno di fronte ad una formulazione letterale inequivocabile (tra le altre, sentenze n. 221 e n. 174 del 2019 e n. 36 del 2016), quale è quella della norma di specie che, per la chiarezza del suo disposto, sopra citato, non consente di ipotizzare un’interpretazione diversa da quella seguita dal rimettente.

 

Quanto alla seconda eccezione, la motivazione svolta dal rimettente corrisponde ai criteri di sufficienza e adeguatezza per tutti i parametri invocati. Essa è ampia con riferimento all’art. 136 Cost., come visto nel Ritenuto in fatto (punto 1.1). È più concisa ma comunque sufficiente in relazione all’art. 97, commi primo e secondo, Cost., in quanto l’ordinanza è chiara nel lamentare il contrasto delle norme censurate con i principi di equilibrio del bilancio e di buon andamento della pubblica amministrazione, sottolineando in particolare che la disciplina in questione non assicura «l’efficiente ed uniforme erogazione del servizio idrico integrato in tutti i comuni dell’isola».

 

Con riferimento poi all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., l’ordinanza opera un rinvio interno al motivo relativo all’art. 136 Cost. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «[l]a motivazione tramite rinvio “interno” è ammissibile (sentenze n. 68 del 2011 e n. 438 del 2008), purché sia chiara la portata della questione» (sentenza n. 83 del 2016). Nel caso di specie, la questione è chiaramente delineata, poiché il TAR Sicilia imputa alle norme oggetto della questione lo stesso vizio già censurato da questa Corte con la sentenza n. 93 del 2017, di cui è riportata la parte pertinente alle norme riguardanti la gestione diretta comunale del servizio.

 

3.– Con la prima questione, il rimettente lamenta la violazione del giudicato costituzionale (art. 136 Cost.) di cui alla sentenza n. 93 del 2017, che ha dichiarato l’illegittimità, fra l’altro, di alcune disposizioni legislative siciliane (contenute nella legge reg. Siciliana n. 19 del 2015) che violavano il principio dell’unicità della gestione del servizio idrico integrato (di seguito anche: SII), prevedendo una gestione diretta comunale.

 

La questione, che va logicamente trattata in via prioritaria, non è fondata.

 

In base all’art. 136 Cost., è preclusa al legislatore la possibilità di mantenere in vita o ripristinare, sia pure indirettamente, gli effetti di una disciplina legislativa che ha formato oggetto di una pronuncia di illegittimità costituzionale (per tutte, sentenza n. 5 del 2017). Questa Corte ha precisato che il giudicato costituzionale è violato non solo quando il legislatore emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella già dichiarata illegittima, ma anche quando la nuova disciplina mira a perseguire e raggiungere, anche se indirettamente, esiti corrispondenti (tra le altre, sentenze n. 164 del 2020, n. 57 del 2019, n. 101 del 2018, n. 252, n. 250 e n. 5 del 2017).

 

Per valutare se l’art. 4, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017 abbia violato l’art. 136 Cost., è necessario ricordare il contenuto delle disposizioni dichiarate illegittime dalla citata sentenza n. 93 del 2017, ovvero, per quel che ci interessa, dell’art. 4, commi 7 e 8, e dell’art. 5, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2015.

 

Le due norme contenute nell’art. 4 riguardavano la forma “a regime” di gestione del SII e consentivano la gestione diretta comunale, in forma associata (comma 7) o anche in forma singola (comma 8). Più precisamente: il comma 7 stabiliva che, «[a]l fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali esistenti, i comuni possono provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica del servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, attraverso la costituzione di sub-ambiti ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera i), composti da più comuni facenti parte dello stesso Ambito territoriale ottimale, che possono provvedere alla gestione unitaria del servizio»; mentre il comma 8 stabiliva che «[i] comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti nonché i comuni delle isole minori ed i comuni di cui al comma 6 dell’articolo 1 della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2 possono gestire in forma singola e diretta il servizio idrico integrato nei casi in cui la gestione associata del servizio risulti antieconomica».

 

L’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 19 del 2015 regolava invece il «Regime transitorio» e, al comma 6, stabiliva che, «[n]elle more dell’esperimento delle procedure di cui all’articolo 4, i comuni afferenti ai disciolti Ambiti territoriali ottimali presso i quali non si sia determinata effettivamente l’implementazione sull’intero territorio di pertinenza della gestione unica di cui all’articolo 147, comma 2, lett. b), del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni, con deliberazione motivata da assumere entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono adottare le forme gestionali del comma 7 dell’articolo 4». Tale norma, dunque, consentiva la gestione comunale diretta (associata) del SII, qualora l’ATI non avesse proceduto all’affidamento del SII al gestore unico d’ambito.

 

La sentenza n. 93 del 2017 ha dichiarato illegittimo l’art. 4, comma 7, per violazione della competenza statale in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente, con riferimento all’art. 149-bis, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che sancisce il «principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale», e all’art. 147 cod. ambiente, in base al quale «[i] servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni» (comma 1) e queste ultime «possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi: […] b) unicità della gestione […]» (comma 2).

 

Questa Corte ha poi dichiarato l’illegittimità conseguenziale del citato art. 5, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 19 del 2015, in quanto «[l]’annullamento di quest’ultima disposizione [art. 4, comma 7] rende […] inapplicabile il citato art. 5, comma 6».

 

Quanto all’art. 4, comma 8, esso è stato parimenti censurato per violazione della competenza statale in materia di tutela della concorrenza. La pronuncia rinvia in proposito ai motivi fatti valere in relazione all’art. 4, comma 7, aggiungendo che il comma 8 «non ha rispettato i limiti della deroga introdotta dal legislatore statale [all’art. 147, comma 2-bis, cod. ambiente] in materia di gestione autonoma del servizio idrico integrato, quanto all’individuazione dei comuni ai quali tale facoltà è concessa».

 

Quanto previsto dall’art. 4, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017, qui oggetto di censura, non può essere considerato riproduttivo del contenuto delle norme appena illustrate, né, del resto, la sua funzione era quella di riprodurre tale contenuto.

 

La disciplina con esso introdotta non è diretta a reagire alla sentenza n. 93 del 2017, mediante il ripristino degli effetti delle norme annullate, ma ha l’obiettivo di fronteggiare la difficile situazione finanziaria dell’EAS. È significativo che le norme ora censurate, benché la legge che le contiene sia stata promulgata tre mesi dopo la sentenza n. 93 del 2017, fossero state progettate diversi mesi prima di tale pronuncia (si vedano le audizioni svoltesi l’8 febbraio 2017 nella Commissione bilancio dell’Assemblea regionale siciliana).

 

Dal punto di vista del loro contenuto, inoltre, esse presentano varie differenze rispetto alla disciplina oggetto della sentenza n. 93 del 2017. Più precisamente, mentre le norme della legge reg. Siciliana n. 19 del 2015 dichiarate illegittime dalla citata pronuncia consentivano la gestione diretta comunale del SII (in tutte e tre le disposizioni sopra citate si legge che i comuni «possono»), la disciplina censurata dal TAR Sicilia impone ad alcuni comuni la presa in consegna delle reti idriche e l’assunzione della gestione del SII, fino all’attuazione delle norme sul gestore unico d’ambito.

 

Inoltre, mentre le norme del 2015 rendevano possibile la gestione diretta comunale in alternativa a quella unica d’ambito, le norme ora censurate hanno ad oggetto due forme di gestione entrambe difformi dal principio del gestore unico, puntando a sostituire la gestione di EAS con quella diretta comunale.

 

Un’ulteriore differenza attiene infine all’ambito di applicazione delle norme oggetto del presente giudizio, giacché l’art. 4 della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017 concerne solo i comuni nei quali il servizio idrico è ancora gestito da EAS, mentre le disposizioni del 2015 avevano portata generale, riguardando tutti i comuni siciliani.

 

Le menzionate differenze impediscono di ritenere che la disciplina censurata dal TAR Sicilia intenda ripristinare, sia pure indirettamente, gli effetti delle sopra citate disposizioni della legge reg. Siciliana n. 19 del 2015, dichiarate costituzionalmente illegittime dalla sentenza n. 93 del 2017 di questa Corte.

 

4.– La seconda questione, promossa con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., è fondata.

 

Il rimettente lamenta la violazione del principio di unicità della gestione del servizio idrico, sancito dagli artt. 147 e 149-bis cod. ambiente, in quanto preordinato alla tutela della concorrenza. L’accoglimento della censura presuppone, dunque, per un verso, l’accertamento dell’effettivo contrasto fra le norme censurate e tale principio e, per l’altro, la verifica dell’attinenza delle norme interposte invocate alla materia «tutela della concorrenza», di competenza esclusiva statale.

 

Sotto il primo profilo, è indubbio che le norme censurate impongono la gestione diretta comunale del SII, sia pure con riferimento solo ad alcuni comuni (quelli nel cui territorio era ancora operante la gestione EAS). Si tratta di una gestione imposta «sino alla piena attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 3, comma 3, lettera f), della legge regionale 11 agosto 2015, n. 19», cioè fino all’affidamento del SII al gestore unico d’ambito, e dunque per un periodo di tempo in teoria limitato ma in concreto indeterminato e potenzialmente esteso.

 

Così disponendo, l’art. 4, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017 si pone in contrasto con le previsioni dell’art. 147, commi 2, lettera b), e 2-bis, cod. ambiente, che rispettivamente sanciscono il principio di unicità della gestione del SII nell’ambito territoriale ottimale e indicano i casi in cui sono consentite le gestioni comunali autonome, così escludendo la possibilità che altre gestioni comunali permangano.

 

Per la stessa ragione, la disciplina della cui costituzionalità il TAR rimettente dubita viola anche l’art. 149-bis, comma 1, cod. ambiente, che ribadisce il principio di unicità della gestione del SII nell’ambito territoriale ottimale.

 

A conforto delle conclusioni di fondatezza della lamentata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., è il caso di richiamare inoltre, pur trattandosi di parametro non invocato dal rimettente, l’art. 172 cod. ambiente, che, regolando le «Gestioni esistenti», prescrive l’avvio della procedura di affidamento del SII al gestore unico d’ambito entro il 30 settembre 2015 e prevede poteri sostitutivi del Presidente della Regione e, se del caso, del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Sotto il secondo profilo, tutte le menzionate norme statali sono ascrivibili alla «tutela della concorrenza» in base a un indirizzo costante di questa Corte secondo cui «devono essere ricondotte “ai titoli di competenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., sia la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato (sentenze n. 67 del 2013, n. 142 e n. 29 del 2010, n. 246 del 2009), sia le forme di gestione e le modalità di affidamento al soggetto gestore (sentenze n. 117 e n. 32 del 2015, n. 228 del 2013, n. 62 del 2012, n. 187 e n. 128 del 2011, n. 325 del 2010), con la precisazione, operata sempre con riguardo al settore idrico, che le regioni possono dettare norme che tutelino più intensamente la concorrenza rispetto a quelle poste dallo Stato (sentenza n. 307 del 2009)” (sentenza n. 93 del 2017)» (sentenza n. 65 del 2019), spettando allo Stato «la disciplina del regime dei servizi pubblici locali, vuoi per i profili che incidono in maniera diretta sul mercato, vuoi per quelli connessi alla gestione unitaria del servizio» (sentenza n. 173 del 2017; nello stesso senso, sentenze n. 65 del 2019 e n. 160 del 2016).

 

In particolare, questa Corte «ha chiarito che la disciplina diretta al superamento della frammentazione verticale della gestione delle risorse idriche, con l’assegnazione a un’unica Autorità preposta all’ambito delle funzioni di organizzazione, affidamento e controllo della gestione del servizio idrico integrato, è ascrivibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, essendo essa diretta ad assicurare la concorrenzialità nel conferimento della gestione e nella disciplina dei requisiti soggettivi del gestore, allo scopo di assicurare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del servizio (sentenze n. 325 del 2010 e n. 246 del 2009)» (sentenza n. 93 del 2017).

 

Queste conclusioni sono state confermate di recente con la sentenza n. 16 del 2020, che, richiamando anch’essa la competenza legislativa statale in tema di «tutela della concorrenza», ha dichiarato illegittima una legge regionale siciliana che consentiva lo svolgimento della gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale singolarmente per ciascun comune e non, come prescritto dalla normativa statale, per ambiti territoriali minimi di dimensione sovracomunale.

 

In conclusione, le norme censurate, violando i parametri interposti sopra indicati, ledono la competenza statale in materia di «tutela della concorrenza».

 

5.– L’accoglimento della questione promossa con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. comporta l’assorbimento di quelle sollevate con riferimento agli artt. 119, commi primo e quarto, e 97, commi primo e secondo, Cost.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 16 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale. Stralcio I);

 

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017, sollevata, in riferimento all’art. 136 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2020.

 

F.to:

 

Mario Rosario MORELLI, Presidente

 

Daria de PRETIS, Redattore

 

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

 

Depositata in Cancelleria il 6 novembre 2020.