SENTENZA N. 228
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI
Presidente
- Giorgio LATTANZI
Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de
PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 7 e
32, comma 3, della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2016, n. 25 (Ordinamento
contabile e finanziario dei comuni e delle comunità comprensoriali della
Provincia di Bolzano), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri
con ricorso
notificato il 14-17 febbraio 2017, depositato in cancelleria il 15 febbraio
2017 ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2017.
Visto l’atto di
costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
udito nell’udienza pubblica del 26 settembre 2017 il Giudice
relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio
dei ministri e l’avvocato Renate von Guggenberg per
la Provincia autonoma di Bolzano.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso
notificato il 14-17 febbraio 2017 e depositato il 15 febbraio 2017 (reg. ric.
n. 15 del 2017), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 7 e 32, comma 3, della legge della Provincia
autonoma di Bolzano 12 dicembre 2016, n. 25 (Ordinamento contabile e
finanziario dei comuni e delle comunità comprensoriali della Provincia di
Bolzano), in riferimento agli artt. 11; 81, quarto e sesto comma;
97, primo comma; 117, commi primo,
secondo, lettera e), e terzo, della
Costituzione e agli artt. 8, 9, 79, commi 3 e 4-octies, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige).
Il ricorrente premette
che il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni,
degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della
legge 5 maggio 2009, n. 42), disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili
e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro
organismi, a norma degli artt. 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega
al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119
della Costituzione).
Come affermato da questa Corte nella sentenza n. 184 del
2016, i principi contabili di cui al d.lgs. n. 118 del 2011 sarebbero al
centro di un «intreccio polidirezionale delle
competenze statali e regionali in una sequenza dinamica e mutevole della
legislazione» che involge diversi parametri, oltre all’art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost.,
quali il principio dell’equilibrio di bilancio di cui all’art. 81 Cost., anche nell’ottica del rispetto dei vincoli
comunitari di cui agli artt. 11 e 117 Cost., i
principi di buon andamento finanziario e della programmazione di cui all’art.
97 Cost. e quello del
coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
In particolare, l’utilizzo delle
prerogative delle autonomie deve avvenire preservando la sostanza del processo
di armonizzazione senza ridurne la portata attraverso l’introduzione di deroghe
o integrazioni che finirebbero per riprodurre aspetti di disomogeneità nei
conti degli enti territoriali (è ancora citata la sentenza n. 184 del
2016).
In questo contesto, anche la Provincia
autonoma di Bolzano è tenuta a rispettare l’ambito di competenza esclusiva dello
Stato e la normativa statale interposta.
La Provincia autonoma avrebbe, infatti,
l’obbligo di recepire con propria legge, mediante rinvio formale recettizio, le
disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi
di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, previste dal
d.lgs. n. 118 del 2011, nonché dagli eventuali atti successivi e presupposti
(in particolare dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali»), in modo da consentire
l’operatività e l’applicazione delle predette disposizioni nei termini previsti
dal citato d.lgs. n. 118 del 2011 per le Regioni a statuto ordinario,
posticipati di un anno, secondo quanto previsto, dall’art. 79, comma 4-octies, del d.P.R.
n. 670 del 1972.
Detto obbligo consentirebbe, secondo il
Presidente del Consiglio dei ministri, alla Provincia autonoma di Bolzano di
regolare gli aspetti contabili non disciplinati dalla richiamata disciplina
statale, o da questa demandati all’ente e alle peculiarità statutarie.
Al contrario, la legge in esame, nel
provvedere alla regolamentazione della disciplina contabile applicabile ai
Comuni e alle comunità comprensoriali della Provincia, non solo contravverrebbe
all’obbligo di rinvio recettizio, ponendosi in contrasto con il citato art. 79,
comma 4-octies, del d.P.R. n. 670 del 1972, ma introdurrebbe, secondo il
ricorrente, una peculiare disciplina che opera deroghe, omissioni ed
integrazioni, suscettibili di determinare incertezza, in contrasto con il
d.lgs. n. 118 del 2011 e con le successive modificazioni, con conseguente
violazione dei predetti parametri costituzionali.
1.1.– Ciò premesso, il Presidente del Consiglio dei
ministri censura, specificamente, l’art. 7 della legge prov.
Bolzano n. 25 del 2016, per violazione degli artt. 11, 81, quarto e sesto
comma, 97, primo comma, 117, commi primo, secondo, lettera e), e terzo, Cost. e
dell’art. 79, comma 4-octies, dello
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.
La disposizione impugnata prevede che la
mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’art. 193 del
d.lgs. n. 267 del 2000, e successive modifiche, comporta il divieto di assumere
impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge, fatte
salve le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti nei precedenti
esercizi. Stabilisce, inoltre, che le deliberazioni assunte in violazione di
detta norma sono nulle. A sua volta, il citato art. 193 del d.lgs. n. 267 del
2000 dispone che la mancata adozione, da parte dell’ente, dei provvedimenti di
riequilibrio previsti dal menzionato articolo è equiparata ad ogni effetto alla
mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’art. 141, con
applicazione della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo, vale a
dire della procedura per lo scioglimento del consiglio comunale e provinciale.
L’art. 7 della legge prov.
Bolzano n. 25 del 2016 introdurrebbe, quindi, sanzioni in relazione ai
provvedimenti di salvaguardia degli esercizi in modo difforme da quanto
previsto dalla legislazione nazionale.
Oltre a non stabilire l’«equiparazione ad ogni effetto alla mancata approvazione
del bilancio di previsione di cui all’art. 141», esso non prevederebbe
la procedura di commissariamento di cui all’art. 141, comma 2, del d.lgs. n.
267 del 2000.
Secondo il Presidente del Consiglio dei
ministri, l’adozione dei provvedimenti di riequilibrio del bilancio da parte
dell’ente locale, ed in particolare il commissariamento, vale a dire l’affidamento
ad un soggetto terzo della cura e rispetto degli obblighi di bilancio in
sostituzione degli organi ordinari dell’ente locale − a cui in
applicazione dell’art. 79, comma 4-octies,
dello statuto speciale la Provincia autonoma avrebbe dovuto rinviare −
sarebbe uno strumento di garanzia indispensabile per assicurare il rispetto
della disciplina statale interposta di cui al d.lgs. n. 118 del 2011 e, in
definitiva, per assicurare l’armonizzazione dei criteri di gestione dei bilanci
pubblici (art. 117, secondo comma, Cost.);
l’equilibrio di bilancio di cui all’art. 81 Cost.,
anche in una dimensione del rispetto dei vincoli europei (artt. 11 e 117, primo
comma, Cost.); il buon andamento finanziario e della
programmazione di cui all’art. 97 Cost.; e la corretta
applicazione del coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117,
terzo comma, Cost.
1.2.− Il Presidente del Consiglio dei ministri censura,
inoltre, l’art. 32, comma 3, della legge prov.
Bolzano n. 25 del 2016, il quale dispone che «Le competenze attribuite dal
titolo VIII del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive
modifiche, alla Corte dei conti e ricadenti nelle funzioni di cui all’art. 79
del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive
modifiche, sono svolte dalla Provincia autonoma di Bolzano».
La disposizione in esame, dunque,
attribuirebbe alla Provincia autonoma competenze in materia di controllo dei
bilanci pubblici degli enti locali in dissesto attribuite alla Corte dei conti
dal d.lgs. n. 267 del 2000 (in particolare, quelle previste dagli artt. 243-bis e 243-quater). Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale
sostituzione, diversamente dal controllo affidato al magistrato contabile in
ragione della natura di organo giurisdizionale di quest’ultimo e della sua
posizione di indipendenza, non assicurerebbe il rispetto dell’armonizzazione
dei criteri di gestione dei bilanci pubblici previsto dall’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., ai quali, in applicazione dell’art. 79, comma 4-octies, dello statuto di autonomia, la
Provincia avrebbe dovuto rinviare; dei limiti e degli equilibri complessivi di
finanza pubblica, presidiati dall’art. 81, quarto e sesto comma, Cost.; del buon andamento e della programmazione nella spesa
pubblica di cui all’art. 97 Cost.; del coordinamento
della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Così come non assicurerebbe il rispetto dei vincoli di bilancio assunti nei
confronti dell’Unione europea, che la Corte dei conti sarebbe chiamata a far
correttamente osservare nell’interesse dello Stato-Comunità.
In proposito, rileva il ricorrente che
questa Corte, con sentenza
n. 40 del 2014, avrebbe già dichiarato l’illegittimità costituzionale di
una norma analoga a quella impugnata, vale a dire l’art. 12, comma 2, della
legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 dicembre 2012, n. 221, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2013 e per il triennio 2013-2015 (Legge finanziaria 2013)», che sostituiva il controllo della Corte dei conti con
quello della Provincia sul bilancio degli enti locali previsto dall’art. 148-bis del d.lgs. n. 267 del 2000, per
contrasto con gli artt. 81, quarto comma, e 117, terzo comma, Cost. e con gli artt. 8, 9 e 79 dello statuto di autonomia,
«in quanto sottrae – per acquisirlo alla sfera funzionale della provincia, in
assenza di previsione statutaria – alla Corte dei conti, organo a ciò deputato
dal legislatore statale, il sindacato sulla legittimità e regolarità dei
bilanci degli enti locali della Provincia autonoma, finalizzato a verificare il
rispetto – in detto ambito provinciale – dei limiti e degli equilibri
complessivi di finanza pubblica, alla cui
attuazione detti enti concorrono». In tale occasione, ha evidenziato che
nello statuto regionale non vi è una norma che attribuisce detta competenza
alla Provincia (artt. 8 e 9, e 79 dello statuto speciale). Anche nella sentenza n. 60 del
2013, sempre riguardante i rapporti tra la Provincia autonoma di Bolzano ed
il giudice contabile, sarebbe stato rimarcato il ruolo della Corte dei conti ed
evidenziata la funzione di presidio per assicurare il rispetto da parte dello
Stato italiano dei vincoli di bilancio assunti in sede europea.
In conclusione, il ricorrente ritiene
che, con la disposizione impugnata, la Provincia autonoma, sottraendo le
competenze assegnate dal d.lgs. n. 267 del 2000 alla Corte dei conti e
modificando una funzione di controllo assegnata dalla legge statale alla
magistratura contabile, sia incorsa nella violazione dei parametri predetti,
dal momento che il controllo affidato ad altro organo amministrativo non
potrebbe assicurare con la medesima efficacia «la conformità ai canoni
nazionali, la neutralità, l’imparzialità e l’indipendenza con riguardo agli
interessi generali della finanza pubblica coinvolti» (è citata la sentenza n. 40 del
2014).
2.– Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma
di Bolzano, con atto depositato il 23 marzo 2017, chiedendo che il ricorso sia
dichiarato manifestamente inammissibile o, comunque, manifestamente infondato.
La Provincia resistente, dopo aver
rammentato che la legge della Provincia autonoma 22 dicembre 2015, n. 17
(Ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità
comprensoriali), abrogata da quella oggetto dell’odierna impugnazione, è stata
già scrutinata da questa Corte, sostiene che il ricorso presentato dal
Presidente del Consiglio dei ministri si fonderebbe sull’asserita violazione
del d.lgs. n. 118 del 2011, in base al quale, secondo il ricorrente, la
Provincia autonoma di Bolzano avrebbe l’obbligo di recepire con propria legge,
mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni,
degli enti locali e dei loro organismi secondo quanto previsto dall’art. 79,
comma 4-octies, dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige.
Tale conclusione sarebbe errata in
riferimento all’ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità
comprensoriali.
In forza del Titolo VI dello statuto
speciale, la Provincia autonoma di Bolzano godrebbe di una particolare
autonomia in materia finanziaria, rafforzata dalla previsione di un meccanismo
peculiare per la modifica delle disposizioni recate dal medesimo Titolo VI, che
ammette l’intervento del legislatore statale con legge ordinaria solo in
presenza di una preventiva intesa con la Regione e le Province autonome, in
applicazione dell’art. 104 dello stesso statuto. Con il cosiddetto "Accordo di
Milano” del 30 novembre 2009, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol
e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno concordato con il Governo
la modificazione del Titolo VI dello statuto di autonomia, secondo la
menzionata procedura rinforzata. La predetta intesa avrebbe introdotto, ai
sensi dell’art. 2, commi da 106 a 126, della legge 23 dicembre 2009, n. 191,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2009)», un nuovo sistema di relazioni finanziarie
con lo Stato, anche in attuazione del processo di riforma in senso federalista
contenuto nella legge n. 42 del 2009.
Successivamente sarebbe intervenuto
l’accordo del 15 ottobre 2014, c.d. "patto di garanzia”, tra lo Stato, la
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento
e di Bolzano, il quale avrebbe portato all’ulteriore modificazione del Titolo
VI dello statuto di autonomia, stipulato secondo la procedura rinforzata
prevista dal menzionato art. 104. Tale ultima intesa, recepita con legge 23
dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», avrebbe
ulteriormente rinnovato, ai sensi dell’art. l, commi da 407 a 413, della medesima
legge, il sistema di relazioni finanziarie con lo Stato.
Sarebbe espressamente previsto che nei
confronti della Regione e delle Province e degli enti appartenenti al sistema
territoriale regionale integrato non sarebbero applicabili disposizioni statali
che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all’erario o concorsi
comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti al patto di stabilità
interno, diversi da quelli previsti dal Titolo VI dello statuto speciale di
autonomia; che sarebbero la Regione e le Province autonome a provvedere, per sé
e per gli enti del sistema territoriale regionale integrato di rispettiva
competenza, alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in
specifiche disposizioni statali, adeguando, ai sensi dell’art. 2 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali
e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento), la propria legislazione ai principi dello statuto di autonomia,
nelle materie individuate dal medesimo statuto; che, conseguentemente,
dovrebbero essere adottate autonome misure di razionalizzazione e contenimento
della spesa, anche orientate alla riduzione del debito pubblico, idonee ad
assicurare il rispetto delle dinamiche della spesa aggregata delle
amministrazioni pubbliche del territorio nazionale, in coerenza con
l’ordinamento dell’Unione europea, e, per converso, non dovrebbero essere
applicate le misure adottate per le Regioni e per gli altri enti nel restante
territorio nazionale.
In particolare, l’art. 79 dello statuto
di autonomia, nel definire i termini e le modalità del concorso – da parte del
sistema territoriale regionale integrato, costituito dalla Regione, dalle
Province autonome e dagli enti locali, dai propri enti e organismi strumentali
pubblici e privati e da quelli degli enti locali, dalle aziende sanitarie,
dalle università, incluse quelle non statali di cui all’art. 17, comma 120,
della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento
dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo),
dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dagli altri
enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle stesse
in via ordinaria − al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica,
di perequazione e di solidarietà e all’esercizio dei diritti e dei doveri dagli
stessi derivanti, nonché all’osservanza dei vincoli economici e finanziari
derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, stabilirebbe che detto concorso
avvenga nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge
24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del
pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione),
con la precisazione che tali misure possono essere modificate esclusivamente
con la procedura prevista dall’art. l04 dello stesso statuto e che fino alla
loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di
finanza pubblica (comma 2). Fermo restando il coordinamento della finanza
pubblica da parte dello Stato ai sensi dell’art. 117 Cost.,
il comma 3 della medesima disposizione stabilirebbe che sono le Province a
provvedere al coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti
degli enti del loro territorio facenti parte del sistema territoriale regionale
integrato; che, al fine di conseguire gli obiettivi in termini di saldo netto da
finanziare previsti in capo alla Regione e alle Province ai sensi dello stesso
articolo, spetterebbe alle Province definire i concorsi e gli obblighi nei
confronti degli enti del sistema territoriale integrato di rispettiva
competenza; che sarebbero le Province a vigilare sul raggiungimento degli
obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti del sistema territoriale
integrato di rispettiva competenza e che, ai soli fini del monitoraggio dei
saldi di finanza pubblica, comunicherebbero al Ministero dell’economia e delle
finanze gli obiettivi fissati e i risultati conseguiti.
L’art. 80, comma 1, del medesimo
statuto, da ultimo sostituito dall’art.1, comma 518, della legge 27 dicembre
2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)», attribuirebbe, poi, al
comma 4, alle Province autonome la potestà legislativa primaria, anziché
concorrente, in materia di finanza locale, potestà da esercitarsi nel rispetto
dell’art. 4 dello stesso statuto e dei vincoli derivanti dall’ordinamento
dell’Unione europea.
L’art. 81, comma 2, dello statuto prevederebbe inoltre che, allo scopo di adeguare le finanze
dei Comuni al raggiungimento delle finalità ed all’esercizio delle funzioni
stabilite dalle leggi, le Province autonome corrispondono ai Comuni stessi
idonei mezzi finanziari da concordare tra il Presidente della relativa
Provincia ed una rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni.
Infine, l’art. 83 dello statuto di
autonomia prevederebbe che la Regione, le Province ed
i Comuni hanno un proprio bilancio per l’esercizio finanziario e che la Regione
e le Province adeguano la propria normativa alla legislazione dello Stato in
materia di armonizzazione dei bilanci pubblici. Nella normativa di attuazione
statutaria alle Province autonome sarebbe attribuita la potestà di emanare
norme in materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio e
di contratti delle medesime e degli enti da esse dipendenti (art. 16 del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, recante «Norme di attuazione dello
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale»); dette norme di attuazione conterrebbero inoltre specifiche
disposizioni per quanto attiene all’attribuzione e all’esercizio delle funzioni
in materia di finanza locale da parte delle Province autonome (artt. 17, 18, e
19).
Nel contesto normativo così descritto,
si collocherebbe il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie
speciali, dominato dal principio dell’accordo e dal principio di consensualità
(sono citate le sentenze
n. 82 del 2007, n. 353 del 2004,
n. 98 del 2000
e n. 39 del 1984),
definito, per quanto riguarda la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol
e le Province autonome di Trento e di Bolzano, dagli artt. 103, 104 e 107 dello
statuto di autonomia. In particolare, con riferimento al d.lgs. n. 118 del
2011, questa Corte, nella sentenza n. 178 del
2012, avrebbe precisato che tutte le censure proposte dalla ricorrente
Regione autonoma muovevano dall’erronea premessa interpretativa che la norma
impugnata (art. 37, comma l, primo periodo, del d.lgs. n. 118 del 2011)
imponesse agli enti ad autonomia differenziata di adottare, sia pure mediante
le procedure di attuazione statutaria, il contenuto dell’intero decreto
legislativo delegato. L’erroneità di tale premessa discenderebbe dal fatto che
la previsione di una procedura "pattizia” al fine di applicare agli enti ad
autonomia speciale una normativa in materia di sistemi contabili e di bilancio
implicherebbe necessariamente una determinazione paritetica del contenuto di
detta normativa ed escluderebbe, perciò, l’automatica recezione della
disciplina prevista dal decreto legislativo delegato per le regioni a statuto
ordinario.
Dopo aver rammentato le sentenze n. 75
e n. 184 del
2016, la resistente sostiene che una diversa interpretazione, nel senso
proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, comporterebbe una lesione
della gerarchia delle fonti, essendo la Provincia autonoma di Bolzano
unicamente vincolata al recepimento dei principi enucleabili dalla legge delega
del d.lgs. n. 118 del 2011.
Peraltro, ove ciò non fosse già
sufficiente, la Provincia autonoma evidenzia che il medesimo d.lgs. n. 118 del
2011, con l’art. 74, comma 1, numero 4), lettera a), ha modificato l’art. 50 del d.lgs. n. 267 del 2000, prevedendo
che l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è riservato alla
legge dello Stato e stabilito non solo dalle disposizioni di principio del
d.lgs. n. 267 del 2000, ma anche del d.lgs. n. 118 del 2011. Il legislatore
delegato avrebbe dunque precisato che l’ordinamento finanziario dei Comuni e
delle comunità comprensoriali è retto unicamente dalle disposizioni di
principio enucleabili dal d.lgs. n. 118 del 2011 e non da ogni norma di
dettaglio dello stesso. Le disposizioni del predetto d.lgs. n. 267 del 2000 non
si applicherebbero comunque alle Regioni a statuto speciale e alle Province
autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli
statuti e dalle relative norme di attuazione (art. l, comma 2, del d.lgs. n.
267 del 2000). La Provincia autonoma di Bolzano rammenta, infine, che in
passato la competenza legislativa per la contabilità dei Comuni era in capo
alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol (art. 4, numero 3, dello
statuto di autonomia).
Sulla base di quanto previsto dall’art.
52-bis del d.P.G.R.
28 maggio 1999, n. 4/L (Approvazione del Testo unico delle leggi regionali
sull’ordinamento contabile e finanziario nei comuni della Regione Trentino-Alto
Adige), la Provincia autonoma di Bolzano, nel rispetto delle prescrizioni di
cui all’art. 79 dello statuto di autonomia, avrebbe provveduto a riassumere le
disposizioni della previgente legge regionale 23 ottobre 1998, n. 10 (Modifiche
alla legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1 "Nuovo ordinamento dei comuni della
Regione Trentino-Alto Adige”), del testo unico di cui al d.P.G.R.
n. 4/L del 1999 e del relativo regolamento di attuazione (d.P.R.G.
27 ottobre 1999, n. 8/L, recante «Approvazione del regolamento di attuazione
dell’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali»), modificando e
aggiornando la disciplina regionale, ora provinciale, alle disposizioni del
d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011.
Inoltre, la legge prov.
Bolzano n. 25 del 2016 avrebbe cercato di ovviare alle censure mosse avverso la
precedente legge prov. Bolzano n. 17 del 2015,
oggetto di un precedente giudizio.
Attualmente, comunque, le norme statutarie
attribuiscono alla Provincia autonoma di Bolzano la potestà legislativa
esclusiva, e la corrispondente potestà amministrativa, in materia di finanza
locale, nonché il coordinamento della finanza pubblica provinciale che
comprende la finanza locale (artt. 16, 79, 80 e 81, in particolare, commi 3 e
4, dello statuto di autonomia, e artt. 17 e 18 del d.lgs. n. 268 del 1992).
2.1.− In relazione alla dedotta illegittimità dell’art. 7
della legge prov. n. 25 del 2016, eccepisce, in via
preliminare, l’acquiescenza, in quanto la medesima disposizione sarebbe già
contenuta nel previgente art. 36, comma 4, della legge prov.
n. 17 del 2015, non impugnato, a sua volta riproduttivo dell’art. 20, comma 4,
del d.P.G.R, n. 4/L del 1999.
Peraltro, nella Provincia autonoma di
Bolzano non vi sarebbero casi di deficit strutturale dei Comuni o di dissesto,
il che comporterebbe l’irrilevanza della portata della sanzione.
Infine, la Provincia autonoma resistente
evidenzia che i casi di scioglimento del consiglio comunale – tra i quali vi è
anche la mancata approvazione nei termini del bilancio − sarebbero
contenuti nell’art. 83 del d.P.Reg. 1° febbraio 2005,
n. 3/L (Approvazione del testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento dei
comuni della Regione autonoma Trentino-Alto Adige), che non è stato modificato
dalla normativa sulla armonizzazione. Sarebbero difatti la Regione autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol o la Provincia autonoma competenti a stabilire la
sanzione adeguata agli enti del proprio territorio e la disciplina del
commissariamento e dello scioglimento del consiglio comunale.
2.2.– Quanto all’impugnato art. 32, comma 3, della legge prov.
Bolzano n. 25 del 2016, la difesa provinciale ritiene che ne debba essere
fornita un’interpretazione costituzionalmente orientata, in quanto esso non
intende ledere le competenze spettanti alla Corte dei conti, ma solo far salve
le funzioni provinciali ricadenti nell’art. 79 del d.P.R.
n. 670 del 1972: in sede di concreta applicazione, dunque, dovrebbe verificarsi
la competenza della magistratura contabile o della Provincia in base al
menzionato art. 79.
Ha quindi concluso per la declaratoria
di manifesta inammissibilità o per il rigetto del ricorso.
3.– Nella
memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, il Presidente del
Consiglio dei ministri, in relazione al primo motivo di ricorso, ha dedotto, in
via preliminare, la non fondatezza dell’eccezione di avvenuta acquiescenza
sollevata dalla resistente per non avere lo Stato impugnato analoga
disposizione contenuta nella precedente legge prov.
n. 17 del 2015 (art. 36, comma 4). Tale legge è stata difatti abrogata e
sostituita da quella oggetto dell’odierna impugnazione «del tutto autonoma e
svincolata dalla precedente».
Parimenti priva di pregio sarebbe
l’affermazione per la quale non vi sarebbero casi di deficitarietà
strutturale o di dissesto di Comuni, trattandosi di argomenti di fatto
ininfluenti sulla legittimità della disposizione.
Quanto al merito, il Presidente del
Consiglio dei ministri, distingue, in replica alle difese avversarie, tra la
competenza regionale a sciogliere i consigli comunali e quella statale
concernente il commissariamento dell’ente per ragioni finanziarie, misura,
quest’ultima, temporanea e interinale per assicurare l’uniformità della disciplina
di bilancio ed il buon andamento finanziario fino all’eventuale scioglimento.
Peraltro, non parrebbe sussistere
l’antinomia tra legislazione regionale e statale, dal momento che solo
quest’ultima (art. 141, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000) prevede la nomina di
un commissario prima dello scioglimento del consiglio.
Inoltre, l’art. 83 del d.P.Reg. n. 3L/2005 non contemplerebbe l’ipotesi della
mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio che, invece, l’art. 193 del
d.lgs. n. 267 del 2000 parifica alla mancata adozione del bilancio, con
conseguente applicazione della procedura di cui all’art. 141, comma 2, d.lgs.
n. 267 del 2000.
Con riguardo al secondo motivo di
ricorso, il ricorrente richiama la sentenza n. 80 del
2017 nella parte in cui individua i compiti e le prerogative della Corte
dei conti anche nelle Province autonome.
Ha insistito, quindi, per l’accoglimento
del ricorso.
4.− Anche la Provincia autonoma di Bolzano ha
depositato, in prossimità dell’udienza pubblica, una memoria illustrativa.
Dopo aver insistito nelle conclusioni di
inammissibilità e di infondatezza del ricorso introduttivo, quanto alla dedotta
illegittimità dell’art. 7 della legge prov. n. 25 del
2016, evidenzia che l’art. 2 [recte: 1], comma 2, della medesima legge provinciale dispone
l’applicabilità degli articoli della parte seconda del d.lgs. n. 267 del 2000
«come ed in quanto modificati dal d.lgs. n. 118 del 2011», ad eccezione degli
artt. 149, 155, 156, 158, 192, 197, 198, 198-bis, 201, 203, comma l, 204, 205, 206, 207, 214, 222, commi l e 2,
e 223, la cui esclusione sarebbe giustificata dal necessario adattamento delle
disposizioni legislative dello Stato alle caratteristiche peculiari degli enti
locali altoatesini.
La mancata esclusione degli artt. 141 e
193 del d.lgs. n. 267 del 2000 comporterebbe la loro diretta applicazione nei
confronti dei Comuni e delle comunità comprensoriali siti nel territorio della
Provincia di Bolzano, compatibilmente con le disposizioni dello statuto di
autonomia e delle relative norme di attuazione.
L’art. 54, numero 5, dello statuto di
autonomia, riserverebbe, difatti, alla Giunta provinciale la vigilanza e la
tutela sulle amministrazioni comunali, sulle istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza, sui consorzi e sugli altri enti o istituti locali,
compresa la facoltà di sospensione e scioglimento dei loro organi in base alla
legge. Nei suddetti casi spetterebbe alla Giunta provinciale il potere di
nomina dei commissari, mentre restano riservati allo Stato i provvedimenti
straordinari di nomina allorché siano dovuti a motivi di ordine pubblico e
quando si riferiscano a comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti.
Il regime sanzionatorio previsto
dall’art. 7 della legge provinciale impugnata sarebbe dunque aggiuntivo e non
alternativo a quello previsto dalle corrispondenti norme statali, le quali, nei
termini appena precisati, sarebbero direttamente applicabili agli enti locali
altoatesini.
In altri termini, nel caso di mancata
adozione dei provvedimenti di salvaguardia degli equilibri di bilancio gli enti
locali siti nel territorio della Provincia autonoma sarebbero soggetti ad un
duplice regime sanzionatorio: quello previsto dall’art. 193, comma 4, del
d.lgs. n. 267 del 2000 e quello introdotto dall’art. 7 della legge provinciale
impugnata, il quale interverrebbe nelle more dell’attivazione della procedura
prevista dall’art. 141 del d.lgs. n. 267 del 2000.
In ordine alla compatibilità di detto
ulteriore regime sanzionatorio con la legislazione statale, la Provincia
autonoma rammenta che analoga disciplina è prevista dall’art. 6 del
decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65 (Disposizioni in materia di finanza
pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155,
giustificata dalla differente ratio
di riduzione e contenimento della spesa del settore della finanza pubblica
allargata.
Quanto, poi, all’art. 32, comma 3, della
legge provinciale in esame, la Provincia autonoma sostiene che dovrebbe essere
interpretato in senso costituzionalmente orientato, dal momento che assumerebbe
un carattere meramente ricognitivo degli artt. 54, numero 5, e 79, comma 3,
dello statuto di autonomia e della norma di attuazione di cui all’art. 6, comma
3-bis, del d.P.R.
15 luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la
regione Trentino-Alto Adige per l’istituzione delle sezioni di controllo della
Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto), in
base al quale spetta alla Giunta provinciale «la vigilanza sulle
amministrazioni comunali».
La funzione di vigilanza sulle
amministrazioni comunali di spettanza della Giunta provinciale nel disegno del
legislatore provinciale assumerebbe, secondo la resistente, carattere
aggiuntivo, e non alternativo, alle analoghe funzioni attribuite alla Corte dei
conti da disposizioni legislative dello Stato.
Secondo la giurisprudenza costituzionale
(è citata la sentenza
n. 60 del 2013 richiamata dalla sentenza n. 80 del
2017), l’art. 32 in esame riconoscerebbe alla «Provincia autonoma diverse
forme di controllo interno sulla gestione delle risorse finanziarie, ancorché
declinate in forma differenziata rispetto ad altri enti territoriali secondo
quanto previsto dalle peculiari condizioni dello statuto di autonomia».
La disposizione censurata, dunque, fermo
restando il controllo della Corte dei conti, quale «garante imparziale
dell’equilibrio economicofinanziario del settore
pubblico», costituirebbe diretta attuazione dell’art. 79, comma 3, ultimo
periodo, dello statuto di autonomia, il quale statuisce che le Province
autonome vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da
parte degli enti locali appartenenti al sistema territoriale integrato di
rispettiva competenza e, ai fini del monitoraggio dei saldi di finanza
pubblica, comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze gli obiettivi
fissati e i risultati. Funzione di vigilanza che verrebbe compromessa se alla
Provincia non rimanesse alcuna attribuzione in ordine al controllo sugli stati
patologici di maggiore rilievo della gestione finanziaria degli enti locali,
costituiti proprio dalle ipotesi di deficit strutturale e di dissesto
disciplinate dal Titolo VIII del d.lgs. 267 del 2000.
Considerato
in diritto
1.– Con il ricorso in epigrafe il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli
artt. 7 e 32, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12
dicembre 2016, n. 25 (Ordinamento contabile e finanziario dei comuni e delle
comunità comprensoriali della Provincia di Bolzano), in riferimento agli artt.
11; 81, quarto e sesto comma; 97, primo comma; 117, commi primo, secondo,
lettera e), e terzo, della
Costituzione e agli artt. 8, 9, 79, commi 3 e 4-octies, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972,
n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
1.1.– L’Avvocatura generale dello Stato censura
specificamente l’art. 7 della legge prov. Bolzano n.
25 del 2016 per violazione degli artt. 11, 81, quarto e sesto comma, 97, primo
comma, 117, commi primo, secondo, lettera e),
e terzo, Cost., e dell’art. 79, comma 4-octies, del d.P.R. n. 670 del 1972.
La menzionata disposizione prevede: «La
mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modifiche,
comporta il divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non
espressamente previsti per legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a
fronte di impegni già assunti nei precedenti esercizi. Le deliberazioni assunte
in violazione della presente norma sono nulle». A sua volta, il citato art. 193
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali) – cosiddetto testo unico enti locali (TUEL)
– dispone che la mancata adozione, da parte dell’ente, dei provvedimenti di
riequilibrio previsti da detto articolo è equiparata, ad ogni effetto, alla
mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’art. 141 del
medesimo d.lgs. n. 267 del 2000, con applicazione della procedura prevista dal
comma 2 dello stesso articolo, per lo scioglimento del consiglio comunale e
provinciale.
Secondo il ricorrente, l’art. 7 della
legge prov. Bolzano n. 25 del 2016 introdurrebbe
sanzioni in relazione ai provvedimenti di salvaguardia degli esercizi in modo
difforme da quanto previsto dalla legislazione nazionale e non disporrebbe l’equiparazione
ad ogni effetto dei meccanismi sanzionatori alla mancata approvazione del
bilancio di previsione, ignorando in particolare la procedura di
commissariamento di cui all’art. 141, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000.
L’adozione dei provvedimenti di
riequilibrio del bilancio da parte dell’ente locale, e in particolare il suo
commissariamento, vale a dire l’affidamento ad un soggetto terzo della cura e
rispetto degli obblighi di bilancio in sostituzione degli organi ordinari
dell’ente locale − a cui, in applicazione dell’art. 79, comma 4-octies, dello statuto speciale, la
Provincia autonoma avrebbe dovuto rinviare − sarebbe uno strumento di
garanzia indispensabile per assicurare il rispetto della disciplina statale
interposta di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e, in definitiva, per assicurare
l’armonizzazione dei criteri di gestione dei bilanci pubblici (art. 117,
secondo comma, lettera e, Cost.); l’equilibrio di bilancio di cui all’art. 81 Cost., nel rispetto dei vincoli europei (artt. 11 e 117,
primo comma, Cost.); il buon andamento finanziario e
della programmazione di cui all’art. 97 Cost. e la corretta applicazione del coordinamento della finanza
pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
1.2.– La resistente, dopo aver rammentato che la legge
della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre 2015, n. 17 (Ordinamento
finanziario e contabile dei comuni e delle comunità comprensoriali), abrogata
dalla legge prov. Bolzano n. 25 del 2016 oggi
impugnata, è già stata scrutinata da questa Corte, evidenzia che il ricorso
presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri si fonderebbe
sull’asserita violazione del d.lgs. n. 118 del 2011.
Tale assunto sarebbe errato in
riferimento all’ordinamento finanziario e contabile dei Comuni e delle comunità
comprensoriali. In forza del Titolo VI dello statuto di autonomia, la Provincia
autonoma di Bolzano godrebbe, difatti, di una particolare autonomia in materia
finanziaria, rafforzata dalla previsione di un meccanismo peculiare per la
modifica delle disposizioni recate dal medesimo Titolo VI, che ammetterebbe
l’intervento del legislatore statale con legge ordinaria solo in presenza di
una preventiva intesa con la Regione e le Province autonome, in applicazione
dell’art. 104 dello stesso statuto. Con il cosiddetto "Accordo di Milano” del
30 novembre 2009, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le
Province autonome di Trento e di Bolzano avrebbero concordato con il Governo la
modificazione del Titolo VI dello statuto di autonomia, secondo la menzionata
procedura rinforzata. Il predetto accordo avrebbe, quindi, portato, ai sensi
dell’art. 2, commi da 106 a 126, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2010)», ad un nuovo sistema di relazioni finanziarie con lo
Stato, anche in attuazione del processo di riforma in senso federalista
contenuto nella legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di
federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione).
Successivamente, l’accordo del 15
ottobre 2014 – cosiddetto "Patto di garanzia”, tra lo Stato, la Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e di
Bolzano – stipulato secondo la procedura rinforzata prevista dal menzionato
art. 104 dello statuto, avrebbe ulteriormente modificato il Titolo VI dello
statuto stesso. Tale accordo, recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190,
recante: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge di stabilità 2015)», avrebbe, quindi, ulteriormente
innovato, ai sensi dell’art. l, commi da 407 a 413, della medesima legge, il
sistema di relazioni finanziarie con lo Stato di cui allo statuto speciale.
Sarebbe espressamente previsto che nei
confronti della Regione, delle Province autonome e degli enti appartenenti al
sistema territoriale regionale integrato non si applichino disposizioni statali
che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all’erario o concorsi
comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti al patto di stabilità
interno, diversi da quelli previsti dal Titolo VI dello statuto speciale di
autonomia; che siano la Regione e le Province autonome a provvedere, per sé e
per gli enti del sistema territoriale regionale integrato di rispettiva
competenza, alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in
specifiche disposizioni statali, adeguando, ai sensi dell’art. 2 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali
e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento), la propria legislazione ai principi che costituiscono limiti ai
sensi degli artt. 4 e 5 dello statuto di autonomia, nelle materie da
quest’ultimo individuate.
Spetterebbe quindi alle Province
autonome definire i concorsi e gli obblighi nei confronti degli enti del
sistema territoriale integrato di rispettiva competenza e vigilare sul
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti stessi.
Infine, l’art. 80 dello statuto della
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, da ultimo sostituito dall’art.
1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilità 2014)», attribuirebbe alle Province autonome la potestà legislativa
primaria in materia di finanza locale, potestà da esercitarsi nel rispetto
dell’art. 4 dello statuto medesimo e dei vincoli derivanti dall’ordinamento
dell’Unione europea.
1.3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri censura
altresì l’art. 32, comma 3, della legge prov. Bolzano
n. 25 del 2016, il quale dispone che «Le competenze attribuite dal titolo VIII
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modifiche, alla
Corte dei conti e ricadenti nelle funzioni di cui all’art. 79 del decreto del
Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modifiche,
sono svolte dalla Provincia autonoma di Bolzano».
La disposizione demanderebbe alla
Provincia autonoma competenze in materia di controllo dei bilanci pubblici
degli enti locali in dissesto spettanti alla Corte dei conti ai sensi del TUEL.
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale sostituzione non
garantirebbe la neutralità e l’indipendenza del controllo affidato alla
magistratura contabile finalizzate ad assicurare l’osservanza dei vincoli di
bilancio nazionali ed europei, che la Corte dei conti sarebbe chiamata a far
correttamente rispettare nell’interesse dello Stato-comunità.
Il ricorrente ritiene che, con la
disposizione impugnata, la Provincia autonoma, sottraendo le competenze
assegnate dal TUEL alla Corte dei conti e modificando una funzione di controllo
assegnata dalla legge statale alla magistratura contabile, sia incorsa nella
violazione dei parametri evocati, dal momento che il controllo affidato
all’ente provinciale non corrisponderebbe ai canoni costituzionali sottesi alle
disposizioni del TUEL.
1.4.– La resistente ritiene che possa
essere fornita un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’impugnato
art. 32, comma 3, in quanto esso non intenderebbe ledere le competenze
spettanti alla Corte dei conti, ma solo far salve le funzioni provinciali
ricadenti nella previsione dell’art. 79 del d.P.R. n.
670 del 1972: in sede di concreta applicazione dei controlli, dunque, dovrebbe
essere verificata la competenza della magistratura contabile o della Provincia
autonoma in base al menzionato art. 79.
La funzione di vigilanza sulle
amministrazioni comunali di spettanza della Giunta provinciale nel disegno del
legislatore provinciale assumerebbe, secondo la resistente, carattere
aggiuntivo, e non alternativo, alle analoghe funzioni attribuite alla Corte dei
conti da disposizioni legislative dello Stato.
La norma censurata, dunque, fermo
restando il controllo della Corte dei conti, quale «garante imparziale
dell’equilibrio economicofinanziario del settore
pubblico», costituirebbe diretta attuazione dell’art. 79, comma 3, ultimo
periodo, dello statuto di autonomia, il quale statuisce che le Province
autonome vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da
parte degli enti locali appartenenti al sistema territoriale integrato di
rispettiva competenza e, ai fini del monitoraggio dei saldi di finanza
pubblica, comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze gli obiettivi
fissati e i risultati. Funzione di vigilanza che verrebbe compromessa se alla
Provincia autonoma non residuasse alcuna attribuzione in ordine al controllo
sugli stati patologici di maggiore rilievo della gestione finanziaria degli
enti locali, costituiti proprio dalle ipotesi di deficit strutturale e di
dissesto disciplinate dal Titolo VIII del d.lgs. 267 del 2000.
2.– Ancorché non eccepita dalla resistente, occorre
esaminare la mancata corrispondenza tra i parametri costituzionali evocati nel
ricorso e quelli contenuti nella delibera del Consiglio dei ministri.
Nell’atto introduttivo l’Avvocatura
generale dello Stato menziona gli artt. 11; 81, quarto e sesto comma; 97, primo
comma; 117, primo comma, secondo comma, lettera e), e terzo comma, Cost., e gli artt. 8, 9, 79, comma 3, del d.P.R.
n. 670 del 1972, mentre la deliberazione del Consiglio dei ministri richiama
espressamente solo l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., afferente alla armonizzazione dei bilanci pubblici.
Questa Corte è ferma
nel ritenere «che l’omissione di qualsiasi accenno ad un parametro
costituzionale nella delibera di autorizzazione all’impugnazione dell’organo
politico, comporta l’esclusione della volontà del ricorrente di promuovere la
questione al riguardo, con conseguente inammissibilità della questione che, sul
medesimo parametro, sia stata proposta dalla difesa nel ricorso» (sentenza n. 239 del
2016; in senso conforme, ex multis, sentenze n. 154 del
2017, n. 126
del 2017 e n.
265 del 2016).
Tuttavia è stata più volte riconosciuta
alla difesa del ricorrente un’autonomia tecnica «nella più puntuale indicazione
dei parametri del giudizio», dal momento che la delibera di impugnazione deve
«"contenere l’indicazione delle disposizioni impugnate e la ragione
dell’impugnazione medesima, seppur anche solo in termini generali”, mentre
eventualmente spetta all’Avvocatura generale dello Stato la più puntuale
indicazione dei parametri del giudizio, giacché la discrezionalità della difesa
tecnica ben può integrare una solo parziale individuazione dei motivi di
censura (sentenze
n. 365 e n.
98 del 2007, e n. 533 del 2002)»
(sentenza n. 290
del 2009; in senso sostanzialmente conforme sentenza n. 118 del
2017).
Detti criteri di valutazione sono
complementari e si integrano reciprocamente poiché, tenendo ferma la regola
generale della necessaria corrispondenza, quanto al petitum, tra deliberazione ad
impugnare e ricorso, essi esprimono una relazione di specialità, quando la
chiarezza e l’univocità delle ragioni espresse nella delibera di impugnazione
consentono una sufficiente identificazione dei parametri costituzionali senza
sconfinare nella mutatio libelli.
In sostanza, l’autonomia tecnica trova
il suo limite nel perimetro delle ragioni espresse nella deliberazione a
ricorrere poiché è evidente che non possono essere introdotte censure diverse o
ulteriori rispetto a quelle indicate dall’organo politico. È questo il criterio
sostanziale cui è necessario ricorrere nel caso in esame.
2.1.– Tanto premesso, è sicuramente inammissibile il
richiamo del ricorrente all’art. 81, quarto e sesto comma, Cost.,
poiché tali parametri non risultano, ictu oculi,
collegati in alcun modo, nell’articolazione del ricorso, alla fattispecie
normativa impugnata.
2.2.– Sono invece ammissibili le censure
proposte in riferimento agli altri parametri costituzionali, atteso che nella
deliberazione del Consiglio dei ministri sono contenuti appropriati riferimenti
logico-giuridici: a) allo statuto del Trentino Alto-Adige poiché il ricorrente
sostiene che lo statuto stesso non consentirebbe alla resistente alcun margine
di variazione nella trasposizione delle norme impugnate; b) all’art. 117, terzo
comma, Cost., perché l’uniformità della disciplina
sarebbe coessenziale al coordinamento della finanza pubblica; c) agli artt. 97,
primo comma, 11 e 117, primo e terzo comma, Cost., in
quanto collegati all’«armonizzazione dei bilanci pubblici in virtù della legge
costituzionale n. 1 del 2012», la quale, oltre all’armonizzazione, ha
introdotto nell’ordinamento il cosiddetto principio del pareggio di bilancio.
3.– Venendo al merito, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7 della legge prov. Bolzano
n. 25 del 2016 è fondata, sia in riferimento all’art. 79, comma 4-octies ,del d.P.R. n. 670 del 1972, sia in riferimento agli artt. 11,
97, primo comma, 117, commi primo, secondo, lettera e) e terzo, Cost., poiché la Provincia
non ha recepito «mediante rinvio formale recettizio» la disciplina statale
posta a garanzia delle situazioni di mancato riequilibrio dei bilanci.
3.1.– Occorre precisare al riguardo che non è rilevante
il lapsus calami in cui è incorsa
l’Avvocatura generale dello Stato, la quale invoca quale parametro interposto
il d.lgs. n. 118 del 2011, anziché il d.lgs. n. 267 del 2000, nel cui ambito si
colloca l’art. 193 – peraltro incidentalmente menzionato nel ricorso –
afferente alla salvaguardia degli equilibri di bilancio.
Tale erronea indicazione non pregiudica
la corretta individuazione della doglianza e la conseguente delimitazione del thema decidendum (in
senso conforme, ex multis,
sentenza n. 14
del 2017), posto che il ricorrente ha testualmente richiamato proprio il
contenuto dell’art. 193 del TUEL, nonché gli atti legislativi «successivi e
presupposti» al fine di consentire «l’applicazione e la operatività» dei
principi dell’armonizzazione. Ed in effetti tale lapsus trova spiegazione nel fatto che l’art. 193 del d.lgs. n. 267
del 2000 è stato effettivamente modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011, sebbene
in parti diverse da quelle che equiparano la mancata ricerca del riequilibrio
alle ipotesi di scioglimento e sospensione dei Consigli comunali e provinciali
per mancata approvazione del bilancio.
Peraltro, dette variazioni riguardano i
commi dell’art. 193 del TUEL inerenti a profili procedimentali della disciplina
di salvaguardia, utili ad attuare in concreto il principio di indefettibilità
degli adempimenti e delle scadenze di bilancio. Lo scioglimento del Consiglio
comunale, attraverso cui detto principio trova garanzia e sanzione, costituisce
regola risalente e fondamentale del diritto del bilancio, in quanto strumentale
all’effettività di adempimenti primari del mandato elettorale. Ciò comporta che
l’art. 193 del TUEL assume il valore di norma interposta nel presente giudizio
in relazione ai richiamati parametri costituzionali poiché – sotto l’enunciato
profilo teleologico – il corretto funzionamento dell’ente locale è
indissolubilmente legato alla cura dei sottesi interessi finanziari.
3.2.– La norma impugnata va, dunque, a disciplinare – in
modo diverso dall’art. 193 del TUEL – un settore, quello del riequilibrio dei
bilanci degli enti locali e delle sanzioni per il mancato perseguimento del riequilibrio
stesso, che è fortemente connotato dal principio di uniformità sull’intero
territorio nazionale. Ciò sia con riguardo al concetto unitario di equilibrio
del bilancio, sia in relazione agli effetti che il suo mancato perseguimento
produce.
Mentre l’art. 193,
comma 4, del TUEL dispone che «La mancata adozione, da parte dell’ente, dei
provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente articolo è equiparata ad
ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui
all’articolo 141, con applicazione della procedura prevista dal comma 2 del
medesimo articolo» – e l’art. 141, comma 1, prevede che «I consigli comunali e
provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica su
proposta del Ministro dell’interno […] quando non sia approvato nei termini il
bilancio» –, l’art. 7 della legge prov. in esame stabilisce che «La mancata adozione dei
provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modifiche, comporta il divieto
di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per
legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti
nei precedenti esercizi. Le deliberazioni assunte in violazione della presente
norma sono nulle». A sua volta l’art. 79, comma 4-octies, dello statuto, aggiunto dall’art. 1, comma 407, lettera e), n. 4), della legge n. 190 del 2014,
prevede che «La regione e le province si obbligano a recepire con propria legge
da emanare entro il 31 dicembre 2014, mediante rinvio formale recettizio, le
disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi
di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, previste dal
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, nonché gli eventuali atti
successivi e presupposti […]».
Rispetto alla
prescritta formale recezione della norma statale, l’impugnato art. 7 si
discosta, dunque, sia per la mancata previsione dello scioglimento, sia per la
determinazione di nullità delle delibere assunte in violazione della legge
provinciale.
Le suddette varianti
non sono costituzionalmente legittime perché – come detto – il contenuto e gli
effetti dell’art. 193 del TUEL si ricollegano a un’esigenza sistemica unitaria
dell’ordinamento, secondo cui sia la mancata approvazione dei bilanci, sia
l’incuria del loro squilibrio strutturale interrompono – in virtù di una
presunzione assoluta – il legame fiduciario che caratterizza il mandato
elettorale e la rappresentanza democratica degli eletti. La ragione di tale
istituto risiede nel principio per cui costituisce presupposto del mandato
elettivo la salvaguardia statica e dinamica degli equilibri finanziari ed è per
questo che la norma statutaria, concordata in sede di "Patto di garanzia”, a sua
volta fatto proprio dalla legge n. 190 del 2014, contempla il mero recepimento
della norma statale interposta, alla quale, nel caso di specie, il legislatore
provinciale non si è attenuto.
In tale prospettiva
ermeneutica risulta peraltro evidente l’interdipendenza dei parametri evocati
dal ricorrente e il limite che la loro sinergica azione pone alla competenza
provinciale in materia di finanza locale. È stato in proposito affermato che «l’autonomia della Regione in questo settore
normativo trova il suo limite esterno nelle disposizioni poste dallo Stato
nell’ambito della salvaguardia degli interessi finanziari riconducibili ai
parametri precedentemente richiamati» (sentenza n. 184 del
2016). E tale limite riguarda anche le autonomie speciali (sentenza n. 6 del
2017).
Il collegamento
uniforme previsto dal TUEL tra il mandato elettorale e il sistema sanzionatorio
del mancato perseguimento, sotto il profilo statico e dinamico, degli equilibri
di bilancio è sorretto da elementi sistemici di razionalità intrinseca prima
ancora che logico-giuridici: un bilancio non in equilibrio e l’assenza di
bilancio costituiscono analoghi vulnera
alla programmazione delle politiche pubbliche, in relazione alle quali è svolto
il mandato elettorale. Quest’ultimo, indipendentemente dalle scelte di cui è
espressione, ha quale presupposto indefettibile la puntuale e corretta
redazione e gestione del bilancio secondo i canoni dell’art. 97, primo comma, Cost.
4.– Le questioni promosse dal Presidente del Consiglio
dei ministri nei confronti dell’art. 32, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 25 del 2016 sono fondate in riferimento
all’art. 117, commi primo, secondo, lettera e),
e terzo, Cost.
In fattispecie assimilabili alla
presente (sentenze
n. 80 del 2017, n. 39 e n. 40 del 2014
e n. 60 del 2013),
questa Corte ha affermato, proprio nei confronti della Provincia autonoma di
Bolzano, che i controlli di legittimità-regolarità della Corte dei conti sui
bilanci pubblici esulano dal genere dei controlli sulla gestione e, per loro
intrinseca natura, non possono essere intestati ad una autonomia speciale. In
tale contesto è stato precisato che i controlli di legittimità-regolarità della
Corte dei conti, a differenza di quelli di natura collaborativa, «hanno assunto
progressivamente caratteri cogenti nei confronti dei destinatari (sentenza n. 60 del
2013), proprio per prevenire o contrastare gestioni contabili non corrette,
suscettibili di alterare l’equilibrio del bilancio (art. 81 Cost.)
e di riverberare tali disfunzioni sul conto consolidato delle pubbliche
amministrazioni, vanificando conseguentemente la funzione di coordinamento
dello Stato finalizzata al rispetto degli obblighi comunitari. Dunque, tale
tipo di sindacato, che la norma impugnata vorrebbe concentrare nella sfera di
attribuzioni della Provincia autonoma di Bolzano, è esercitato nell’interesse
dello Stato per finalità che riguardano la finanza pubblica nel suo complesso e
non può essere confuso e sovrapposto a controlli esercitati da un ente ad
autonomia speciale» (sentenza n. 40 del
2014).
I controlli di legittimità sui bilanci
degli enti locali – a differenza di quelli collaborativi sulla gestione – sono
strumentali al rispetto degli «obblighi che lo Stato ha assunto nei confronti
dell’Unione europea in ordine alle politiche di bilancio. In questa
prospettiva, funzionale ai principi di coordinamento e di armonizzazione dei
conti pubblici», detti controlli «si giustificano in ragione dei caratteri di
neutralità e indipendenza del controllo di legittimità della Corte dei conti» (sentenza n. 39 del
2014).
Venendo alla specifica questione in
esame, appare evidente che i controlli che la norma impugnata vorrebbe
intestare alla Provincia autonoma di Bolzano – quelli del titolo VIII del TUEL
(artt. 243-bis rubricato «Procedura
di riequilibrio finanziario pluriennale»; 243-quater rubricato «Esame del piano di riequilibrio finanziario
pluriennale e controllo sulla relativa attuazione»; 243-quinquies rubricato «Misure per garantire la stabilità finanziaria
degli enti locali sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di
tipo mafioso»; 243-sexies rubricato
«Pagamento di debiti», 246 «Deliberazione di dissesto»; 248 rubricato
«Conseguenze della dichiarazione di dissesto») – consistono appunto in
controlli di legittimità-regolarità se non addirittura in attribuzioni di
natura giurisdizionale.
Appartengono alla prima categoria: a) la determinazione di misure
correttive per gli enti in predissesto (art. 243-bis, comma 6, lettera a, del TUEL); b) l’approvazione o il diniego del piano di riequilibrio (art. 243-quater, comma 3, del TUEL); c) gli accertamenti propedeutici alla
dichiarazione di dissesto (art. 243-quater,
comma 7, del TUEL). Riguardano funzioni di natura giurisdizionale: a) la giurisdizione delle Sezioni
riunite della Corte dei conti in speciale composizione avverso le delibere
della sezione regionale di controllo (art. 243-quater, comma 5, del TUEL); b)
l’attività requirente della Procura regionale sulle cause del dissesto (art.
246, comma 2, del TUEL); c)
l’accertamento delle responsabilità degli amministratori e dei revisori dei
conti ai fini dell’applicazione delle ulteriori sanzioni amministrative (art.
248, commi 5 e 5-bis, del TUEL).
Dunque, nessuna di tali funzioni
contenute nel Titolo VIII del d.lgs. n. 267 del 2000 è ascrivibile alle
funzioni di cui all’art. 75 del d.P.R. n. 670 del
1972 rivendicate dalla Provincia resistente. Si tratta di funzioni – siano esse
relative al controllo che alla giurisdizione – in cui l’attività della Corte
dei conti risulta rigorosamente ancorata a parametri legali, tanto che la
stessa attività di controllo è sottoponibile al sindacato giurisdizionale delle
Sezioni riunite in speciale composizione, in conformità ai principi contenuti
nella sentenza
n. 39 del 2014 di questa Corte.
Non può essere neppure condivisa la tesi
della Provincia resistente secondo cui l’art. 32, comma 3, della legge
provinciale n. 25 del 2016 non sarebbe ablativo delle prerogative della Corte
dei conti ma semplicemente «ricognitivo del quadro normativo risultante dalle
disposizioni degli art. 54, comma 5, e 79, comma 3, dello Statuto speciale e
dalla norma di attuazione recata dall’art. 6, comma 3-bis, del d.P.R n. 305 del 1988, a mente delle quali spetta alla
Giunta provinciale "la vigilanza sulle amministrazioni comunali”».
Il testo letterale della disposizione
impugnata appare talmente inequivocabile da precludere qualsiasi diversa
operazione ermeneutica («le competenze attribuite dal titolo VIII del d.lgs. 18
agosto 2000 n. 267, e successive modifiche, alla Corte dei conti […] sono
svolte dalla Provincia autonoma di Bolzano»).
Peraltro, l’interpretazione suggerita
dalla difesa della Provincia non ovvierebbe ai vizi denunciati, poiché le
disposizioni contenute nel citato titolo VIII del TUEL, significativamente rubricato
«Enti locali deficitari o dissestati», riguardano particolari procedimenti
normativamente vincolati in caso di gravi patologie della gestione finanziaria
degli enti locali. In tali procedimenti non sarebbe praticabile il
coinvolgimento della Provincia autonoma di Bolzano che – oltre a non essere
contemplato dalla legge – sconterebbe la naturale eterogeneità teleologica e
strutturale delle funzioni attribuite all’autonomia speciale. È stato in
proposito affermato che in detti procedimenti non può assumere decisioni «un
singolo ente autonomo territoriale, ancorché a statuto speciale, che non ne
potrebbe assicurare la conformità ai canoni nazionali, la neutralità,
l’imparzialità e l’indipendenza con riguardo agli interessi generali della
finanza pubblica coinvolti. Questi ultimi trascendono l’ambito territoriale
provinciale e si pongono potenzialmente anche in rapporto dialettico con gli
interessi della Provincia autonoma sotto il profilo del concreto riscontro
delle modalità con cui i singoli enti del territorio provinciale rispettano i
limiti di contenimento della spesa» (sentenza n. 40 del
2014).
In definitiva, la Provincia autonoma di
Bolzano continua a confondere «la disciplina delle modalità di conformazione
dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali – profili suscettibili
di accordo, fermo restando il doveroso concorso di queste ultime al
raggiungimento degli obiettivi in materia (ex
multis, sentenza n. 425 del
2004) – con quella afferente al sindacato uniforme e generale sui conti degli
enti locali ai fini del rispetto dei limiti complessivi di finanza pubblica
anche in relazione ai vincoli comunitari, che il legislatore statale ha
assegnato alla Corte dei conti in ragione della sua natura di organo posto al
servizio dello Stato-ordinamento (sentenze n. 60 del
2013, n. 198
del 2012 e n.
267 del 2006). Acclarato che il contenuto e gli effetti delle pronunce
della Corte dei conti non possono essere disciplinati dal legislatore regionale
(sentenza n. 39
del 2014), è conseguentemente fuor di dubbio che la Provincia autonoma non
possa impadronirsi di tale conformazione del controllo, assumendolo nella
propria sfera funzionale» (sentenza n. 40 del
2014).
Ciò non vuol dire che i controlli della
Corte dei conti, pur nella loro teleologica diversità, precludano alla
Provincia autonoma di Bolzano le attività previste dall’invocato art. 79, terzo
comma, del testo unico contenente lo statuto del Trentino-Alto Adige. È stato
anzi sottolineato come «gli accordi con le Regioni a statuto speciale, riguardando
le peculiari modalità di attuazione dei vincoli comunitari e nazionali
nell’ambito del territorio provinciale e regionale, assumono sotto tale profilo
carattere di parametro normativo primario per la gestione finanziaria degli
enti subregionali tra i quali, appunto, gli enti
locali territorialmente interessati, mentre non possono riguardare la
disciplina del sindacato sulla gestione finanziaria degli enti locali, che deve
essere uniforme, neutro ed imparziale nell’intero territorio nazionale e che – in
ragione di tale esigenza – è stato assegnato alla Corte dei conti» (sentenza n. 40 del
2014).
Se è indubbio che lo statuto non
attribuisce alla Provincia autonoma di Bolzano un sindacato di
legittimità-regolarità sui conti degli enti locali, esso demanda tuttavia alla
Provincia stessa una particolare funzione di coordinamento e vigilanza sugli
enti provinciali secondo modalità concordate in sede di "Patto di garanzia”
(Accordo del 15 ottobre 2014, trasfuso nell’art. 1, comma 407, lettera e, n. 2, della legge n. 190 del 2014).
L’art. 79, comma 3, come modificato dal suddetto accordo, assegna alla
Provincia autonoma di Bolzano, «fermo restando il coordinamento della finanza
pubblica da parte dello Stato ai sensi dell’art. 117 Cost.»,
il coordinamento della finanza provinciale al fine di ripartire i concorsi e
gli obblighi inerenti ai vincoli finanziari nazionali ed europei tra gli enti
del sistema territoriale integrato, la vigilanza sul raggiungimento degli
obiettivi così attribuiti e il monitoraggio dell’andamento complessivo della
finanza provinciale.
È evidente il collegamento di tale norma
con il controllo assegnato dal legislatore statale alla Corte dei conti.
Infatti gli adempimenti attribuiti alla Provincia autonoma di Bolzano in tema
di coordinamento della finanza provinciale, ed in particolare il riparto dei
«concorsi e degli obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale
integrato», costituiscono – in ragione della richiamata disposizione statutaria
– parametri del sindacato di legittimità-regolarità esercitato dalla Corte dei
conti sugli enti locali e sulle aziende sanitarie della Provincia. Così pure le
risultanze della vigilanza provinciale sul raggiungimento degli obiettivi di
finanza pubblica da parte degli enti soggetti al coordinamento, costituiscono,
tra l’altro, utile fonte istruttoria per il sindacato individuale su detti enti
esercitato dalla Corte dei conti, la quale – insieme al Ministero dell’economia
e delle finanze – risulta naturalmente destinataria di tali rapporti.
In questa prospettiva è stato già
affermato il collegamento teleologico tra le funzioni assegnate alla Provincia
autonoma di Bolzano e il «controllo assegnato dal legislatore statale alla
Corte dei conti: [le comunicazioni della Provincia autonoma di Bolzano alla
competente sezione di controllo dalla Corte dei conti sono disposte], al fine
di integrare in modo appropriato l’istruttoria di quest’ultima» (sentenza n. 40 del
2014).
In definitiva, l’invasione – da parte
della disposizione impugnata – delle competenze attribuite dal legislatore alla
magistratura contabile contrasta con gli artt. 8, 9 e 79, comma 3, del d.P.R. n. 670 del 1972, atteso che le funzioni della stessa
attribuite alla Provincia autonoma di Bolzano esulano dalle competenze a questa
spettanti.
L’art. 32, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 25 del 2016 risulta, infine, in contrasto
con l’art. 117, primo e terzo comma, Cost., in quanto
l’armonizzazione e la neutralità del sindacato sui bilanci degli enti locali
sono funzionalmente collegati al coordinamento della finanza pubblica, in
particolare sotto il profilo della cura degli equilibri della finanza pubblica
allargata e degli altri vincoli assunti dallo Stato in sede europea (in tal
senso, sentenza
n. 184 del 2016).
4.1.– Restano assorbite le ulteriori censure proposte nei
confronti dell’art. 32, comma 3, della legge prov.
Bolzano n. 25 del 2016.
5.– Alla luce delle ragioni precedentemente esposte,
sia l’art. 7 che l’art. 32, comma 3, della legge prov.
Bolzano n. 25 del 2016 devono essere dichiarati costituzionalmente illegittimi.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale degli artt. 7 e 32, comma 3, della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2016, n. 25 (Ordinamento contabile e finanziario
dei comuni e delle comunità comprensoriali della Provincia di Bolzano);
2) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della
legge prov. Bolzano n. 25 del 2016, promossa, in
riferimento all’art. 81, quarto e sesto comma, Cost., dal Presidente del
Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 settembre 2017.
F.to:
Paolo
GROSSI, Presidente
Aldo
CAROSI, Redattore
Roberto
MILANA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 25 ottobre 2017.