SENTENZA N. 154
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro
CRISCUOLO
Presidente
- Paolo
GROSSI
Giudice
- Giorgio
LATTANZI
”
- Aldo
CAROSI
”
- Marta
CARTABIA
”
- Mario
Rosario MORELLI
”
- Giancarlo
CORAGGIO
”
- Giuliano
AMATO
”
- Silvana
SCIARRA
”
- Daria
de
PRETIS
”
- Nicolò
ZANON
”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
dell’art. 26, comma 7-ter, del decreto-legge
31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 febbraio 2008, n. 31, promosso dal Consiglio di Stato, sezione quarta
giurisdizionale, nel procedimento vertente tra il
Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati ed altro e il Ministero
dell’economia e delle finanze ed altri, con ordinanza
del 17 febbraio 2014, iscritta al n. 198 del registro ordinanze 2014 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie
speciale, dell’anno 2014.
Visti gli atti di costituzione del Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati ed altro, del Collegio Nazionale degli Agrotecnici
e degli Agrotecnici laureati, nonché l’atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 giugno 2015 il Giudice relatore
Nicolò Zanon;
uditi l’avvocato Alessandro Pace per il Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati ed altro, Giovanni Maria Flick e Francesco Saverio
Bertolini per il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici
laureati e l’avvocato dello Stato Giulio Bacosi
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1.– Con ordinanza del 17 febbraio 2014 (r.o. n. 198 del 2014), il Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 77, secondo comma, e 97, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità dell’art. 26, comma 7-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 febbraio 2008, n. 31.
La disposizione impugnata prevede che il comma 96 dell’art. 145 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), «si interpreta nel senso che gli atti ivi indicati possono essere redatti e sottoscritti anche dai soggetti in possesso del titolo di cui alla legge 6 giugno 1986, n. 251, e successive modificazioni», che ha istituito l’albo professionale degli agrotecnici.
La norma interpretata dispone che gli «atti di aggiornamento geometrico di cui all’articolo 8 della legge 1° ottobre, 1969, n. 679, ed agli articoli 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650, e le denunce di variazione di cui all’articolo 27 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, resi dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, sono redatti conformemente alle disposizioni di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701».
Nella sostanza,
la disposizione censurata estende, in capo agli agrotecnici, una serie di
competenze in materia catastale, in asserita violazione dei parametri
costituzionali richiamati.
Ha esposto il
giudice rimettente, investito dell’appello contro la sentenza 30 agosto
2012, n. 7395, del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione
seconda, che con la domanda avanzata nel giudizio a quo è stato
richiesto l’annullamento della risoluzione del 3 aprile 2008, n. 10/DF (prot. n. 2888) del Ministero dell’economia e delle
finanze, nonché della circolare dell’Agenzia del territorio 14
aprile 2008, n. 3 (prot. n. 28606).
In via preliminare, il Consiglio di Stato ha affermato la propria giurisdizione, ritenendo che gli atti impugnati, anche laddove qualificati come atti interni alla pubblica amministrazione, potrebbero comunque evidenziare profili di eccesso di potere, deducibili con ricorso dinanzi al giudice amministrativo.
Il giudice rimettente ha, inoltre, ritenuto sussistente l’interesse a ricorrere in capo alla categoria professionale dei geometri, in considerazione del riconoscimento, agli atti impugnati, di una natura regolamentare e non meramente interpretativa della norma censurata.
Di qui la prospettata rilevanza della questione di costituzionalità della norma di legge, della quale la risoluzione e la circolare citate si porrebbero come «atti applicativi», recanti un’indubbia portata costitutiva di situazioni giuridiche in capo alla categoria professionale degli agrotecnici. Infatti, oltre ad estendere a questi ultimi le competenze in materia catastale, gli atti secondari impugnati consentirebbero, in concreto, l’utilizzabilità del relativo sistema informatico, includendo gli agrotecnici, di fatto, tra gli operatori abilitati.
In punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente ha innanzitutto richiamato la sentenza n. 441 del 2000, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 6 giugno 1986, n. 251 (Istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici), nella parte in cui non prevede l’esercizio, da parte degli agrotecnici, di compiti inerenti alla formazione e redazione dei tipi di frazionamento e/o mappale e, comunque, all’attività catastale di frazionamento dei terreni. Ha sottolineato il rimettente che, pur riconoscendo l’ampia discrezionalità del legislatore nell’individuare, sulla scorta del principio di professionalità specifica, le competenze di ciascuna categoria professionale, questa Corte ha rilevato che «la preparazione dell’agrotecnico […] è rivolta, prevalentemente, agli aspetti economici e gestionali dell’azienda agraria, laddove le cognizioni in materia di catasto appaiono circoscritte ad un livello descrittivo, sì da risultare soltanto un completamento della formazione primaria ed essenziale». E ha messo in luce come essa ritenne, pertanto, ragionevole l’esclusione della materia catastale dal novero delle attribuzioni professionali degli agrotecnici, ivi comprese la formazione e redazione di tipi di frazionamento e mappali, cui fanno riferimento l’art. 8 della legge 1° ottobre 1969, n. 679 (Semplificazione delle procedure catastali), e gli artt. 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650 (Perfezionamento e revisione del sistema catastale), richiamati dalla norma interpretata dalla disposizione di legge censurata (entrambe approvate successivamente alla sentenza della Corte costituzionale appena ricordata).
Ad avviso del giudice a quo, la norma impugnata sarebbe in primo luogo contrastante con l’art. 77, secondo comma, Cost., non sussistendo i requisiti di straordinarietà e necessità previsti per l’emanazione del decreto-legge.
In particolare, l’art. 26, comma 7-ter, del d.l. n. 248 del 2007, difetterebbe del requisito della straordinarietà e dell’urgenza che pervade l’intervento normativo cosiddetto “milleproroghe”, provvedendo ad ampliare le competenze degli agrotecnici, con norme disomogenee rispetto all’oggetto e alla finalità del decreto-legge. Risulterebbe perciò spezzato il legame logico-giuridico tra la valutazione d’urgenza, fatta dal Governo, ed il provvedimento emesso che, seppur successivamente sottoposto al controllo formale del Parlamento, deve comunque presentarsi come un intervento normativo coerente e armonico, anche se articolato e differenziato al suo interno. La disposizione in esame esulerebbe del tutto dalla finalità perseguita dal decreto-legge, non trovando una sua collocazione coerente con la ratio dell’intervento straordinario e urgente.
La norma impugnata contrasterebbe, inoltre, con l’art. 3 Cost. nella parte in cui, in maniera del tutto arbitraria, verrebbe ad incidere sulla leale concorrenza in danno della categoria dei geometri, ad onta della comprovata e più adeguata preparazione di questi ultimi nella materia catastale.
L’ingiustificata estensione delle competenze degli agrotecnici inciderebbe, infine, anche sul buon andamento della pubblica amministrazione tutelato dall’art. 97, secondo comma, Cost., che risulterebbe pregiudicato dallo svolgimento di attività ad opera di soggetti non dotati di un’adeguata capacità professionale.
2.– Nel giudizio si è costituito il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, parte del giudizio a quo, concludendo per l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale.
La parte ha ricordato che, in attuazione dell’art. 145, comma 96, della legge n. 388 del 2000, l’Agenzia del territorio emanò la circolare 7 febbraio 2002, n. 1, in cui sostenne che, in base alla norma da ultimo ricordata, sarebbe stata attribuita agli agrotecnici la facoltà di redigere gli atti di aggiornamento catastale di cui all’art. 8 della legge n. 679 del 1969 e di cui agli artt. 5 e 7 del d.P.R. n. 650 del 1972.
La circolare venne impugnata dal Collegio Nazionale Geometri e dal Consiglio Nazionale dei Periti Agrari innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il quale, nel rigettare i ricorsi, con le sentenze n. 59 del 9 gennaio 2003 e n. 2618 del 25 marzo 2003, interpretò la norma attribuendole il significato di includere gli agrotecnici tra i soggetti legittimati al compimento degli indicati atti catastali.
Le decisioni vennero ribaltate dal Consiglio di Stato, che – con le sentenze n. 2204 e n. 2288, entrambe del 10 maggio 2007 – escluse che la disposizione della legge finanziaria per il 2001 avesse esteso anche agli agrotecnici la legittimazione a compiere gli atti catastali indicati dalla norma.
Il legislatore intervenne, dunque, in sede di conversione del d.l. n. 248 del 2007, dettando la norma di interpretazione autentica oggetto della questione di legittimità costituzionale sollevata nel presente giudizio.
Ha sottolineato il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati che, non essendovi il tempo per la soppressione della norma (si approssimava infatti la scadenza del termine entro il quale il d.l. n. 248 del 2007 doveva essere convertito), il giorno precedente l’approvazione definitiva della legge di conversione, ossia in data 27 febbraio 2008, l’aula del Senato approvò un ordine del giorno che impegnava il Governo ad attivarsi al fine di ricondurre le competenze professionali degli agrotecnici nell’ambito stabilito dalle norme vigenti e dalla giurisprudenza prevalente, senza dare applicazione alla norma impugnata, riconosciuta di «dubbia legittimità».
Ma, ha ricordato ancora la parte, il Ministero dell’economia e delle finanze, anziché onorare l’impegno assunto con il Senato, ha emanato la risoluzione n. 10/DF del 3 aprile 2008, nella quale si afferma che «la norma interpretativa […] riconduce la categoria degli agrotecnici tra quelle legittimate allo svolgimento di attività in materia di atti catastali», sicché «si deve coerentemente ritenere che detta categoria sia del pari legittimata al compimento delle attività in materia estimativa nel settore immobiliare che costituiscono presupposto per l’esplicazione delle predette attività catastali».
Anche l’Agenzia del territorio, ha osservato il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, ha diramato una circolare, la n. 3 del 14 aprile 2008, nella quale si legge che, in base alla norma di interpretazione autentica, «anche i soggetti iscritti nell’albo professionale degli Agrotecnici – istituito ai sensi della citata legge n. 251 del 1986 – sono abilitati alla redazione e alla sottoscrizione degli atti di aggiornamento geometrico di cui all’articolo 8 della legge 1° ottobre 1969, n. 679, ed agli articoli 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650».
In punto di non manifesta infondatezza, quanto al prospettato contrasto con l’art. 77 Cost., il Consiglio Nazionale Geometri ha ripercorso la giurisprudenza costituzionale sull’inserimento di norme eterogenee in sede di conversione dei decreti-legge, ed in particolare di quelli cosiddetti “milleproroghe”, sottolineando che la norma impugnata, introdotta dalla legge di conversione, non solo non avrebbe nulla a che vedere con la materia dei «termini» e delle «proroghe» (che costituisce l’oggetto del decreto-legge), ma risulterebbe distonica anche rispetto alla rubrica dell’articolo che la ospita («Disposizioni urgenti in materia di agricoltura»).
Sotto altro profilo, involgente gli artt. 3 e 77 Cost., la norma impugnata, pur auto-qualificatasi come di interpretazione autentica, avrebbe in realtà una portata innovativa, con conseguente inammissibile efficacia retroattiva, mancando un effettiva incertezza normativa o interpretativa da chiarire.
In relazione all’asserito contrasto con l’art. 3 Cost., ha sostenuto che sarebbe la sentenza n. 441 del 2000 della Corte costituzionale ad escludere la possibilità di attribuire alla norma interpretata dalla disposizione censurata il significato di estendere le competenze degli agrotecnici ad attività in materia catastale, in quanto la contestata disparità di trattamento rispetto ad altre categorie professionali (in particolare ai geometri ed ai periti agrari) sarebbe giustificata, secondo la Corte, dal fatto che gli agrotecnici posseggono un diverso (e inferiore) livello di preparazione e di conoscenza della materia in questione. Da ciò una palese violazione dell’art. 3 Cost., oltre che dell’art. 41 Cost. (richiamato non esplicitamente dall’ordinanza di rimessione, ma per implicito, attraverso l’indicazione dell’incidenza della norma interpretativa «sulla leale concorrenza in danno della categoria dei geometri, ad onta della comprovata e più adeguata capacità professionale»).
La norma impugnata, infine, si porrebbe in contrasto con l’interesse generale, pregiudicando il principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., posto che la pubblica amministrazione verrebbe ad usufruire di prestazioni (gli atti di aggiornamento catastale) rese da soggetti non dotati di un’adeguata preparazione professionale.
3.– Nel giudizio si è costituito il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, a sua volta parte del giudizio a quo, concludendo per la inammissibilità e, comunque, per la infondatezza della questione.
La parte ha rilevato, in primo luogo, una contraddittorietà intrinseca nell’ordinanza di rimessione, la quale dapprima fonderebbe l’interesse a ricorrere – e la stessa giurisdizione del giudice a quo – sulla qualificazione della risoluzione e della circolare impugnate come atti a contenuto regolamentare, per poi affermare, tuttavia, che essi sarebbero meramente riproduttivi della disciplina di legge, sicché «la sollecitazione del sindacato di costituzionalità dell’intero apparato normativo in esame, risulterebbe, pertanto, l’unico spiraglio di tutela delle categorie pregiudicate».
In virtù di tale «intima contraddittorietà», il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati ha sollevato eccezione di inammissibilità della questione di costituzionalità, per carenza di una motivazione quantomeno non implausibile sulla rilevanza.
Nel merito, la parte ha ripercorso le vicende delle competenze degli agrotecnici, ricordando che, avendo statuito la Corte costituzionale, con la sentenza n. 441 del 2000, che spetta al legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, individuare le competenze e le attribuzioni di ciascuna categoria professionale, era stato appunto approvato l’art. 145, comma 96, della legge n. 388 del 2000, costituente apposita norma di abilitazione.
Su tale norma, tuttavia, si era determinato un contrasto interpretativo, per la cui soluzione era stata emanata la disposizione interpretativa ora censurata. Tale disposizione, ha ricordato la parte, aveva anche lo scopo di “salvare” innumerevoli atti di aggiornamento catastale compiuti dagli agrotecnici, sulla scorta dell’interpretazione privilegiata dall’amministrazione finanziaria con la circolare n. 1 del 2002, poi annullata dal Consiglio di Stato con le sentenze n. 2204 e n. 2288 del 10 maggio del 2007.
Ne deriverebbe l’infondatezza dell’asserito contrasto con l’art. 77, secondo comma, Cost., sia per la strettissima consequenzialità temporale dell’introduzione della norma interpretativa, rispetto alle sentenze del Consiglio di Stato n. 2204 e n. 2288 del 10 maggio del 2007, sia per la necessità impellente di confermare la competenza degli agrotecnici ad operare nel sistema, salvando la validità delle innumerevoli operazioni da questi medio tempore compiute, in piena armonia con uno degli obiettivi del decreto-legge “milleproroghe”, consistente nel conseguimento di «una maggiore funzionalità delle pubbliche amministrazioni».
Il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati ha evidenziato, peraltro, che la disposizione censurata sarebbe omogenea ad altra norma, pure introdotta in sede di conversione del d.l. n. 248 del 2007: l’art. 26-bis, recante «Proroghe in materia di presentazione degli atti di aggiornamento catastali». Quest’ultima disposizione si ripromette di agevolare, tramite lo spostamento di termine, l’efficacia applicativa di disposizioni di legge già in vigore – contenute nell’art. 2, commi 36 e 38, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286 – rivolte proprio all’aggiornamento dei dati catastali.
A nulla rileverebbe, ad avviso della parte, il fatto che l’omogeneità della norma censurata, rispetto al decreto-legge in cui è inserita, sia apprezzabile con riferimento ad una disposizione (il citato art. 26-bis) pure aggiunta in sede di conversione, ma della cui omogeneità con il resto del decreto-legge non è dato contestare (trattandosi di proroga di termini): si sarebbe in presenza di un fenomeno, già conosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (è richiamata la sentenza n. 335 del 2010), di «omogeneità sopravvenuta».
Infondata, allo stesso modo, sarebbe la prospettazione del contrasto della disposizione censurata con gli artt. 3 e 97 Cost. Nella sentenza n. 441 del 2000, la Corte costituzionale avrebbe infatti semplicemente evidenziato, con riferimento alla legge istitutiva dell’albo professionale degli agrotecnici, e in base alla discrezionalità legislativa nell’individuazione delle competenze e delle attribuzioni di ciascuna categoria professionale, la ragionevolezza della scelta compiuta dal legislatore dell’epoca, di non prevedere competenze catastali per tali professionisti, ferma restando la legittimità di una scelta diversa, in effetti operata con la legge n. 388 del 2000.
Quanto all’asserito contrasto con l’art. 3 Cost., per la lesione della «leale concorrenza in danno della categoria dei geometri», il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati ha evidenziato che proprio il rispetto della concorrenza avrebbe indotto il legislatore ad aprire il mercato delle operazioni catastali anche ad altri professionisti, per eliminare indebite restrizioni all’accesso ed all’esercizio delle professioni e delle attività economiche (secondo una tendenza seguita anche in seguito con la riforma delle professioni, ai sensi dell’art. 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148).
Una mera enunciazione di principio, assolutamente indimostrata, sarebbe infine il lamentato pregiudizio al buon andamento della pubblica amministrazione tutelato dall’art. 97 Cost., in quanto l’esclusione degli agrotecnici dal compimento di operazioni catastali sarebbe sempre derivata da pronunce giurisdizionali e mai da scelte dell’amministrazione, la quale ultima, anzi, li avrebbe sempre ammessi al compimento di tali operazioni, senza rilevare mai alcun pregiudizio al bene tutelato dal parametro costituzionale invocato.
4.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, sostenendo l’infondatezza della sollevata questione di legittimità costituzionale e prospettando, in via preliminare, l’inammissibilità della stessa per difetto di rilevanza.
La difesa statale ha evidenziato la carenza di interesse ad agire del ricorrente nel giudizio a quo, contestando la qualificazione degli atti impugnati offerta dal rimettente, in termini di atti non meramente interpretativi, bensì a contenuto regolamentare.
In particolare, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, tali atti avrebbero valenza meramente interna: da un lato, non vincolerebbero i giudici, non essendo fonte di diritto, dall’altro lato non avrebbero una autonoma incidenza sulla sfera giuridica dei terzi, essendo privi di autonoma efficacia lesiva. Non ne sarebbe, perciò, giustificata l’immediata ed autonoma impugnazione, e, rispetto ad essi, a nulla rileverebbe la presunta illegittimità costituzionale della norma. Ne deriverebbe, in sintesi, oltre alla carenza d’interesse ad agire del ricorrente, il difetto di rilevanza della questione.
Ulteriore profilo di inammissibilità investirebbe la valutazione di non manifesta infondatezza, in quanto l’ordinanza di rimessione sarebbe caratterizzata da «tediose ripetizioni», senza fare comprendere dove le norme denunciate sarebbero incostituzionali e in base a quali parametri.
Il giudice a quo, inoltre, avrebbe totalmente omesso qualsivoglia tentativo di interpretare la norma in modo costituzionalmente orientato, al fine di assicurare efficienza al sistema catastale e garantire la regolarità e continuità dell’azione amministrativa, ammettendo anche gli agrotecnici al compimento dei relativi atti.
Nel merito, secondo la difesa statale, non potrebbe ritenersi incostituzionale una disciplina che elimina una irragionevole differenziazione di situazioni meritevoli di eguale tutela, tenuto conto della specifica professionalità degli agrotecnici.
Inoltre, dopo aver ricostruito la giurisprudenza costituzionale in materia di verifica dei presupposti per la decretazione di urgenza, la difesa statale ha sostenuto che neppure potrebbe considerarsi fondato l’asserito contrasto con l’art. 77, secondo comma, Cost., in quanto non si apprezzerebbe l’«evidente estraneità» della norma censurata rispetto alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita.
Insussistente sarebbe, infine, il prospettato contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto la scelta normativa concernente i profili culturali per l’abilitazione al compimento di determinate attività intellettuali costituisce espressione di discrezionalità del legislatore, il cui esercizio può essere sindacato solo ove risulti irragionevole: nella specie, si sottolinea come la materia del catasto sia normalmente prevista nel curriculum formativo di ogni agrotecnico, pur non rivestendo il carattere di materia principale.
5.– In prossimità
dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative.
5.1.– Il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri
Laureati, in particolare, ha controdedotto
sull’eccezione di inammissibilità avanzata dalla difesa statale e
dal Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati. A suo
avviso, la lettura dell’ordinanza di rimessione evidenzierebbe come, per
il giudice a quo, la norma primaria non sia «autoapplicativa»:
gli atti impugnati, infatti, non avrebbero natura meramente riproduttiva della
norma di interpretazione autentica, ma portata innovativa e immediatamente
lesiva, consentendo «l’utilizzabilità del sistema
informatico» e «includendo, così, di fatto, gli agrotecnici,
tra gli operatori abilitati».
Il Consiglio Nazionale Geometri e
Geometri Laureati ha escluso, inoltre, qualsiasi possibilità di interpretazione
costituzionalmente orientata della norma impugnata – come auspicato dalla
difesa statale – alla luce, soprattutto, del «vizio
procedurale» relativo all’atto di produzione normativa e non alla
norma in sé considerata.
Ha riproposto, poi, le argomentazioni,
già esposte nella memoria di costituzione, a sostegno della censura
concernente la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost.,
per ulteriormente contestare la tesi – avanzata nella memoria del
Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati – di
una «omogeneità sopravvenuta» della norma impugnata,
rispetto all’originario decreto-legge, alla luce di altra norma
(l’art. 26-bis), pure introdotta in sede di conversione.
Ha confutato, infine, le argomentazioni
svolte dalla difesa statale – secondo cui la norma impugnata avrebbe
avuto lo scopo di aumentare l’efficienza e l’efficacia
dell’operato della pubblica amministrazione in materia catastale –
sottolineando l’incoerenza della tesi, alla luce dell’insufficiente
preparazione vantata dagli agrotecnici, proprio nell’indicato settore di
attività amministrativa.
5.2.– Il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli
Agrotecnici laureati ha argomentato ulteriormente in ordine all’eccezione
di inammissibilità sollevata nella memoria di costituzione, e, nel
merito, ha ribadito le argomentazioni sulla asserita «omogeneità
sopravvenuta» della norma impugnata, rispetto all’originario
decreto-legge, per effetto della contemporanea introduzione dell’art. 26-bis
ad opera della legge di conversione. Quanto al diverso profilo
dell’urgenza di provvedere, ha sottolineato la necessità di fugare
ogni dubbio in ordine al regime degli atti già compiuti dagli
agrotecnici a partire dall’anno 2000, oltre all’interesse al
compimento più sollecito possibile degli atti di aggiornamento
catastale, in quanto fonte, per l’amministrazione, di maggiori introiti
connessi all’assetto dei terreni censiti.
Ha sottolineato, ancora,
l’inammissibilità della censura relativa alla presunta
illegittimità di una norma di interpretazione autentica, in assenza di
un effettivo contrasto ermeneutico, trattandosi di profilo non accolto
nell’ordinanza di rimessione.
Ha messo, inoltre, in luce
l’infondatezza della censura concernente il parametro di cui
all’art. 3 Cost., ricordando la
discrezionalità del legislatore nell’individuare le attribuzioni
di ciascuna categoria professionale, in forza del principio di
«professionalità specifica». Ha richiamato, in proposito,
l’orientamento della giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 345 del
1995), secondo cui deve escludersi una interpretazione delle sfere di
competenza professionale in chiave di generale esclusività
monopolistica.
Ha evidenziato, infine, una linea di
politica legislativa – di cui sarebbe espressione il decreto legislativo
17 dicembre 2014, n. 198 (Composizione, attribuzioni e funzionamento delle
commissioni censuarie, a norma dell’articolo 2, comma 3, lettera a, della legge 11 marzo 2014, n. 23), in
base al quale delle nuove commissioni censuarie locali fanno parte anche gli
agrotecnici (art. 3, comma 3, lettera c)
– volta, a suo avviso, a riconoscere anche a questi ultimi competenze in
materia catastale, con conseguente infondatezza della censura concernente la
presunta violazione dell’art. 97 Cost.
5.3.– L’Avvocatura generale
dello Stato, per parte sua, ha ribadito le deduzioni già contenute
nell’originario atto di intervento, aggiungendo, in particolare, quanto
alla presunta violazione dell’art. 97 Cost., che, sebbene la preparazione
degli agrotecnici in materia catastale appaia circoscritta ad un primo livello
conoscitivo, purtuttavia altre norme dell’ordinamento attribuirebbero a
questa figura professionale la possibilità di compiere attività
estimative in campo immobiliare, come ad esempio l’art. 7 della legge 28
dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2002).
Ha ricordato, infine, che, finora, con
riferimento alle operazioni catastali effettuate dagli agrotecnici, non
sarebbero mai state rilevate, dall’amministrazione statale, situazioni di
criticità gestionale, con conseguente insussistenza di qualsivoglia
rischio di incidenza sul buon andamento della pubblica amministrazione.
Considerato
in diritto
1.– Il Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionale, ha sollevato, per violazione degli artt. 3, 77, secondo comma, e 97, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 7-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 febbraio 2008, n. 31.
Tale disposizione, aggiunta in sede di conversione, stabilisce che il comma 96 dell’art. 145 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2001), «si interpreta nel senso che gli atti ivi indicati possono essere redatti e sottoscritti anche dai soggetti in possesso del titolo di cui alla legge 6 giugno 1986, n. 251, e successive modificazioni».
2.– La tecnica di redazione utilizzata nella disposizione censurata e in quelle dalla stessa richiamate, nonché il contesto giurisprudenziale in presenza del quale tale disposizione interviene, rendono opportune alcune precisazioni, al fine di una migliore comprensione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.
In primo luogo, la legge 6 giugno 1986, n. 251 (Istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici), cui fa espresso rinvio la disposizione censurata, ha istituito, come recita il relativo titolo, l’albo professionale degli agrotecnici.
Per parte sua, la norma che la disposizione censurata fa oggetto d’interpretazione (ossia l’art. 145, comma 96, della legge n. 388 del 2000) dispone che gli «atti di aggiornamento geometrico di cui all’articolo 8 della legge 1° ottobre 1969, n. 679, ed agli articoli 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650, e le denunce di variazione di cui all’articolo 27 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, resi dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, sono redatti conformemente alle disposizioni di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701».
Gli atti di aggiornamento geometrico di cui all’art. 8 della legge 1° ottobre 1969, n. 679 (Semplificazione delle procedure catastali), ed agli artt. 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650 (Perfezionamento e revisione del sistema catastale), sono denunce di variazione catastale firmate da un professionista abilitato. I soggetti di cui all’art. 1, comma 7, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonché altre disposizioni urgenti), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 165, sono i consigli nazionali degli ordini e dei collegi professionali degli ingegneri, architetti, dottori agronomi, periti agrari e agrotecnici, geometri e periti edili.
In sostanza, la
disposizione oggetto delle odierne questioni di legittimità
costituzionale estende alla categoria professionale degli agrotecnici
l’abilitazione a compiere una serie di operazioni in materia catastale,
in particolare gli atti di aggiornamento geometrico prima ricordati.
In quanto norma
di interpretazione autentica, essa ha l’obbiettivo di risolvere il
contrasto giurisprudenziale insorto tra il Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio e il Consiglio di Stato, appunto in ordine alla possibilità
degli agrotecnici di compiere validamente operazioni in materia catastale,
contrasto che ha visto i giudici amministrativi, nel giro di alcuni anni (tra
il 2003 e il 2007), esprimersi in modo opposto circa la presenza degli
agrotecnici tra i soggetti richiamati dall’art. 145, comma 96, della
legge n. 388 del 2000.
Mentre per il
TAR Lazio (in particolare, con le sentenze n. 59 del 9 gennaio 2003 e n. 2618
del 25 marzo 2003) risultava evidente che l’intervento del legislatore
del 2001, tanto più in quanto successivo alla sentenza n. 441 del
2000 di questa Corte, fosse diretto ad estendere la competenza degli
agrotecnici all’attività in materia catastale, per il Consiglio di
Stato (in particolare, con la sentenza n. 2204 del 10 maggio 2007) il
significato dell’art. 145, comma 96, della legge n. 388 del 2000 non era
quello di ampliare le attribuzioni professionali degli agrotecnici,
bensì quello di confermare le modalità con le quali dovevano
essere redatti gli atti di aggiornamento delle pratiche catastali, alla luce
del testuale richiamo alle disposizioni del decreto del Ministro delle finanze
del 19 aprile 1994, n. 701 (Regolamento recante norme per l’automazione
delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie
dei registri immobiliari), e alle modalità che esso detta, e che
presuppongono una competenza professionale specifica non posseduta dalla
categoria degli agrotecnici.
3.– Il
giudice rimettente riferisce di essere investito, su ricorso del Consiglio
Nazionale Geometri e Geometri Laureati, dell’impugnazione proposta
avverso la sentenza 30 agosto 2012, n. 7395, del TAR Lazio, sezione seconda,
che aveva dichiarato inammissibili, per carenza d’interesse
all’impugnazione, i ricorsi, proposti dal citato Consiglio Nazionale e
dal Collegio Nazionale dei Periti Agrari e Periti Agrari Laureati, per
l’annullamento di due atti: la risoluzione 3 aprile 2008, n. 10/DF, del
Ministero dell’economia e delle finanze, e la circolare
dell’Agenzia del territorio 14 aprile 2008, n. 3. Per il TAR Lazio, la
carenza d’interesse ad impugnare derivava dalla loro natura di atti
meramente interni e meramente interpretativi di norme di legge.
La circolare
dell’Agenzia del territorio sottolinea come l’art. 26, comma 7-ter,
del d.l. n. 248 del 2007, come convertito, abbia
abilitato anche gli agrotecnici a redigere e sottoscrivere alcuni atti in
materia catastale, e, in particolare, abbia esteso loro l’accesso al
sistema informatico cosiddetto “Pregeo”,
il quale consente la presentazione in catasto, per via telematica, degli atti
di aggiornamento geometrico. Anche e soprattutto attraverso questa specifica
estensione, precisa il rimettente, la circolare avrebbe incluso gli agrotecnici
tra gli operatori abilitati alle operazioni catastali qui in questione.
La risoluzione
del Ministero dell’economia e delle finanze, per parte sua, prevede,
sulla scorta della disposizione di legge ordinaria, che i soggetti iscritti
all’albo degli agrotecnici siano da considerare legittimati (al pari di
geometri e periti agrari) allo svolgimento delle predette attività in materia
di atti catastali, nonché al compimento delle attività in materia
estimativa nel settore immobiliare, che ne costituiscono il presupposto.
Il Consiglio di Stato rimettente
afferma, innanzitutto, la propria giurisdizione, accogliendo
l’orientamento che ritiene che i provvedimenti impugnati, anche laddove
qualificati come atti interni alla pubblica amministrazione, potrebbero
comunque evidenziare profili di eccesso di potere, deducibili con ricorso
dinanzi al giudice amministrativo.
In contrario avviso rispetto al giudice
di primo grado, ritiene inoltre sussistente l’interesse a ricorrere del
Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, in specifica considerazione
della natura regolamentare, perciò normativo-innovativa e non meramente
interpretativa, degli atti impugnati.
Da qui, l’asserita rilevanza delle
questioni di costituzionalità della norma primaria censurata, della
quale la risoluzione e la circolare citate si porrebbero come «atti
applicativi», recanti un’indubbia portata costitutiva di situazioni
giuridiche in capo alla categoria professionale degli agrotecnici. Infatti,
oltre ad estendere a questi ultimi le competenze in materia catastale, gli atti
in questione consentirebbero, in concreto, l’utilizzabilità del
relativo sistema informatico, includendoli, di fatto, tra gli operatori
abilitati.
Quale premessa alla motivazione sul
merito delle questioni sollevate, il giudice rimettente richiama la sentenza n. 441 del
2000, con la quale questa Corte ritenne infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge n. 251 del
1986, recante l’istituzione dell’albo professionale degli
agrotecnici, nella parte in cui non prevede l’esercizio, da parte di tale
categoria di professionisti, di compiti inerenti alla formazione e redazione
dei tipi di frazionamento e/o mappale e, comunque, all’attività
catastale di frazionamento dei terreni. Sottolinea il giudice a quo che,
nella menzionata sentenza, la Corte, pur riconoscendo l’ampia
discrezionalità del legislatore nell’individuare, sulla scorta del
principio di professionalità specifica, le competenze di ciascuna
categoria professionale, aveva rilevato come la preparazione dell’agrotecnico
sia rivolta, prevalentemente, agli aspetti economici e gestionali
dell’azienda agraria, mentre le sue cognizioni in materia di catasto
appaiono circoscritte ad un livello descrittivo, così da risultare
soltanto un completamento della formazione primaria ed essenziale. Proprio per
queste ragioni – ad avviso del giudice a quo non indifferenti nel
presente giudizio di legittimità costituzionale – la mancata
abilitazione all’esercizio di competenze in materia catastale fu ritenuta
non irragionevole.
Con riferimento specifico ai parametri
evocati, ad avviso del rimettente, la norma censurata sarebbe in primo luogo
contrastante con l’art. 77, secondo comma, Cost.,
non sussistendo per essa i requisiti di straordinarietà e
necessità previsti per l’emanazione del decreto-legge.
In particolare, l’art. 26, comma 7-ter,
del d.l. n. 248 del 2007, disposizione aggiunta in
sede di conversione, difetterebbe del requisito della straordinarietà e
dell’urgenza che pervade l’intervento normativo urgente cosiddetto
“milleproroghe”, provvedendo ad ampliare
le competenze degli agrotecnici, con norma disomogenea rispetto
all’oggetto e alla finalità del decreto-legge. Risulterebbe
così spezzato il legame logico-giuridico tra la valutazione
d’urgenza, fatta dal Governo, ed il provvedimento emesso, il quale,
seppur successivamente sottoposto al controllo formale del Parlamento, deve
comunque presentarsi come un intervento normativo coerente e armonico, anche se
articolato e differenziato al suo interno.
La norma censurata contrasterebbe,
inoltre, con l’art. 3 Cost., nella parte in cui,
in modo arbitrario, verrebbe ad influire in termini di impropria concorrenza
sull’attività professionale dei geometri, ad onta della loro
comprovata e più adeguata preparazione nella materia catastale.
L’ingiustificata estensione delle competenze degli agrotecnici inciderebbe, infine, anche sul buon andamento della pubblica amministrazione tutelato dall’art. 97, secondo comma, Cost., che risulterebbe pregiudicato dallo svolgimento di attività ad opera di soggetti non dotati di un’adeguata capacità professionale.
4.– In via preliminare, va esaminata l’eccezione d’inammissibilità delle questioni, prospettata, con argomentazioni analoghe, sia dal Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, sia dall’Avvocatura generale dello Stato.
Ritiene, in particolare, il Collegio Nazionale appena citato che l’ordinanza di rimessione sarebbe intimamente contraddittoria in punto di motivazione sulla rilevanza: il giudice a quo, da un lato, riconosce che la sua giurisdizione sussisterebbe solo in presenza di circolari frutto di un potere discrezionale dell’amministrazione, dall’altro lato, pur trovandosi in presenza di circolari che egli stesso qualifica come meramente riproduttive della legge, solleva, appunto in modo contraddittorio, la relativa questione di costituzionalità, invece di concludere, a causa del difetto della sua stessa potestas iudicandi, per l’evidente inapplicabilità della fonte primaria.
Per parte sua, l’Avvocatura erariale eccepisce l’irrilevanza della questione, deducendola dalla «chiara ed evidente» carenza di interesse ad agire del ricorrente nel giudizio a quo, dovuta, in particolare, alla natura meramente interpretativa, e non anche regolamentare, della circolare e della risoluzione impugnate, prive di autonoma capacità lesiva sulla sfera giuridica dei terzi.
L’eccezione non è fondata.
Per costante giurisprudenza di questa
Corte, sussistenza della giurisdizione e dell’interesse a ricorrere sono
presupposti concernenti la legittima instaurazione del giudizio a quo,
la cui valutazione è riservata al giudice rimettente (ex multis, sentenze n. 91 del 2013,
n. 41 del 2011,
n. 270 del 2010,
n. 50 del 2007
e n. 62 del 1992).
Di fronte alla Corte costituzionale, la relativa verifica è di natura
meramente “esterna”, strumentale al riscontro della rilevanza della
questione di legittimità costituzionale (sentenza n. 241 del
2008).
Perciò, il difetto di
giurisdizione può essere rilevato solo nei casi in cui appaia manifesto,
così che nessun dubbio possa nutrirsi sul punto, dovendo invece la
relativa indagine arrestarsi, qualora il rimettente abbia espressamente
motivato in maniera non implausibile sulla
sussistenza della propria potestas iudicandi (ex multis,
sentenze n. 116
del 2013, n.
279 del 2012, n.
94 del 2009; ordinanza
n. 318 del 2013).
Allo stesso modo, solo la manifesta implausibilità della motivazione sul punto potrebbe
indurre questa Corte ad una pronuncia di inammissibilità della questione
per carenza d’interesse a ricorrere nel giudizio principale.
Tali condizioni non si verificano nel
caso di specie.
Pur dovendosi rilevare,
nell’ordinanza di rimessione, qualche esitazione terminologica nella
qualificazione degli atti secondari impugnati (talora definiti atti non
meramente interpretativi ma «a contenuto regolamentare», dotati di «capacità
innovativa rispetto al quadro normativo preesistente», talaltra, invece,
«atti applicativi» o di interpretazione dell’art. 26, comma
7-ter, del d.l. n. 248 del 2007, come
convertito), il giudice a quo ha cura
di fornire una motivazione non implausibile, sia in
ordine alla sussistenza della propria giurisdizione, sia in ordine
all’interesse che muove il ricorrente nel giudizio principale.
Quanto alla giurisdizione, viene
esplicitamente segnalata l’adesione ad uno specifico orientamento
giurisprudenziale, definito «preferibile», in virtù del
quale una circolare – quand’anche qualificabile come atto interno
alla pubblica amministrazione – può realizzare, «in
riferimento ai suoi atti applicativi», profili di eccesso di potere
deducibili con ricorso dinanzi al giudice amministrativo.
L’interesse a ricorrere della
categoria dei geometri viene identificato nel pregiudizio, da questi
subìto, in virtù dello svolgimento, da parte degli agrotecnici,
di attività definite «concorrenziali», ovvero di attività
professionali in materia di aggiornamento catastale (in tesi riservate ai
primi), sulla base dell’estensione, asseritamente
arbitraria, avvenuta ad opera della disposizione di legge censurata e degli
atti secondari oggetto d’impugnazione nel giudizio principale.
In relazione alla stessa qualificazione
della circolare dell’Agenzia del territorio, l’ordinanza sottolinea
come tale atto possieda un sicuro contenuto innovativo, poiché, oltre a
confermare l’estensione (anche) agli agrotecnici delle competenze in
materia catastale, disposta dalla fonte primaria, consente a tale categoria di
professionisti l’utilizzazione del pertinente sistema informatico, anche
per questa via includendo gli agrotecnici tra gli operatori abilitati.
Rilievo, quest’ultimo,
tutt’altro che superfluo o ininfluente, considerando che una precedente
circolare della stessa Agenzia (la n. 10 del 22 giugno 2007, sostituita appunto
da quella impugnata nel giudizio principale) tale possibilità aveva
invece negato, in applicazione dell’orientamento giurisprudenziale, prima
ricordato, del Consiglio di Stato circa il significato dell’art. 145,
comma 96, della legge n. 388 del 2000.
5.– Nel merito, va scrutinata per
prima la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26,
comma 7-ter, del d.l. n. 248 del 2007, come
convertito, posta in relazione al parametro di cui all’art. 77, secondo
comma, Cost.
Infatti, la censura riferita
all’asserita violazione dell’art. 77 Cost. presenta
pregiudizialità logico-giuridica, giacché investe lo stesso
corretto esercizio della funzione normativa primaria. Quindi, la sua eventuale
fondatezza eliderebbe in radice il contenuto precettivo della norma in esame,
determinando l’assorbimento delle questioni sollevate in riferimento ad
altri parametri costituzionali (sentenze n. 162 e n. 80 del 2012,
n. 93 del 2011
e n. 293 del
2010).
5.1.– La questione è
fondata.
5.2.– È subito da rilevare che la disposizione
censurata non faceva parte del testo originario del decreto-legge sottoposto
alla firma del Presidente della Repubblica, ma è stata inserita nel
corpo dell’atto normativo d’urgenza per effetto di un emendamento
approvato in sede di conversione.
Il decreto-legge nel quale è
stata immessa la norma in esame è denominato «Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia
finanziaria». Il suo preambolo fa riferimento alla «straordinaria
necessità ed urgenza di provvedere alla proroga di termini previsti da
disposizioni legislative, al fine di consentire una più concreta e
puntuale attuazione dei correlati adempimenti, di conseguire una maggiore
funzionalità delle pubbliche amministrazioni, nonché di prevedere
interventi di riassetto di disposizioni di carattere finanziario».
Il d.l. n. 248
del 2007 è, pertanto, un provvedimento “milleproroghe”.
Rispetto a tal genere di atti normativi d’urgenza, la giurisprudenza di
questa Corte (sentenza
n. 22 del 2012) ha rilevato trattarsi di decreti che, sebbene possano
attenere ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, «devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con
urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi
ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni
esistenti – pur attinenti ad oggetti e materie diversi – che
richiedono interventi regolatori di natura temporale».
5.3.– Considerando che lo
scrutinio di costituzionalità cade su una disposizione aggiunta in sede
di conversione, è da valutare l’omogeneità dei contenuti
recati dalla norma censurata, rispetto a quelli del testo originario del
decreto-legge, come sinteticamente descritti.
L’art. 26, comma 7-ter,
nell’ambito di un articolo complessivamente rubricato «Disposizioni
urgenti in materia di agricoltura», fornisce, come si è visto,
l’interpretazione autentica dell’art. 145, comma 96, della legge n.
388 del 2000, e stabilisce che gli atti di natura catastale ivi indicati
possono essere redatti e sottoscritti anche dagli agrotecnici.
Da tale punto di vista, la norma
censurata appare mossa (come in questa sede non si contesta da alcuno)
dall’unico obbiettivo di superare un contrasto giurisprudenziale insorto
sull’individuazione dei soggetti abilitati a redigere e sottoscrivere
determinati atti catastali. Sicché, in relazione alle caratteristiche
originarie del decreto-legge di riferimento, risulta palese che la disposizione
censurata non proroga alcun termine previsto da precedenti disposizioni
legislative, né dispone interventi di riassetto di norme di carattere
finanziario. Essa non presenta nemmeno alcun apprezzabile nesso con il
conseguimento di una maggiore funzionalità delle pubbliche
amministrazioni, mostrandosi piuttosto nelle vesti di un non secondario intervento
normativo, volto a intervenire, sciogliendo dubbi, sulle attribuzioni di una
determinata categoria professionale.
Stante la contiguità temporale
dell’emendamento con il contrasto giurisprudenziale descritto, il suo
superamento con la norma interpretativa censurata costituisce, del resto,
l’unica contingenza ipoteticamente caratterizzata da urgenza: ma anche
tale labilissimo legame con la ratio e la finalità proprie del d.l. n. 248 del 2007 non resiste al semplice rilievo per
cui un conto è la proroga urgente di termini, ben altro è la
decisione circa l’ampiezza delle competenze di una categoria
professionale. Del resto, l’opportunità di interpretare
autenticamente una norma – pur se in conseguenza di un contrasto
interpretativo emerso poco tempo prima dell’introduzione della norma
interpretativa – potrebbe essere soddisfatta o con il normale esercizio
del potere di iniziativa legislativa di cui all’art. 71 Cost., oppure con
un distinto decreto-legge, se, a giudizio del Governo, la risoluzione del contrasto
giurisprudenziale presenti autonomi profili di necessità e di
urgenza. Invece,
l’inserimento, in sede di conversione, come avviene nel caso di specie,
di una norma interpretativa del tutto estranea rispetto alla ratio e
alla finalità unitaria di un decreto-legge “milleproroghe”,
determina la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di
oggetti e finalità eterogenei, in ragione di presupposti, a loro volta,
eterogenei (sentenza
n. 22 del 2012).
In definitiva, si versa in un caso di
evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione tra le
disposizioni incorporate nella legge di conversione e quelle
dell’originario decreto-legge (sentenze n. 251 del 2014
e n. 32 del 2014,
n. 22 del 2012;
ordinanza n. 34
del 2013).
5.4.– La rilevata eterogeneità
dell’emendamento aggiunto in sede di conversione, rispetto a ratio e finalità del d.l. n. 248 del 2007, non potrebbe essere superata nemmeno
facendo ricorso ad una sorta di omogeneità “transitiva” o
“sopravvenuta”, secondo le argomentazioni sostenute dal Collegio
Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati.
Sostiene la parte che la legge di
conversione ha aggiunto un’ulteriore modifica, della cui
omogeneità con l’originaria e complessiva ratio del
decreto-legge non sarebbe dato dubitare, contenendo essa una proroga di
termini: si tratta dell’art. 26-bis, recante «Proroghe in
materia di presentazione degli atti di aggiornamento catastale». Tale disposizione
persegue lo scopo di agevolare, appunto tramite lo spostamento di alcuni
termini, l’applicazione di disposizioni di legge già in vigore
(art. 2, commi 36 e 38, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante
«Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria»,
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24
novembre 2006, n. 286), proprio in tema di aggiornamento di dati catastali.
Assume, dunque, la difesa del Collegio degli Agrotecnici e degli Agrotecnici
laureati che, proprio in virtù della presenza dell’emendamento di
cui all’appena ricordato art. 26-bis, la norma censurata
acquisterebbe una sorta di omogeneità “sopravvenuta” o
“transitiva”, proprio perché omogenea, per materia
(catastale), alla disposizione pure aggiunta in sede di conversione, della cui
coerenza con il decreto-legge “milleproroghe”
n. 248 del 2007 non potrebbe dubitarsi, contenendo essa una proroga di termini.
In sostanza, la norma censurata, pur
disomogenea rispetto alla complessiva ratio dell’originario
decreto-legge (rinvenibile in un intervento regolatore di natura temporale,
tramite la proroga di termini), sarebbe omogenea (ma per la comune materia
catastale trattata) rispetto ad altra norma, contenente in effetti una proroga
di termini e, perciò, legittimamente introdotta in sede di conversione.
Sostiene, inoltre, la parte che una tale
omogeneità “transitiva” sarebbe già stata
riconosciuta dalla stessa giurisprudenza di questa Corte, e richiama in
proposito la sentenza
n. 335 del 2010 (rectius: n. 355 del 2010).
L’argomento è privo di
pregio.
Secondo la giurisprudenza di questa
Corte, ogni disposizione introdotta in sede di conversione deve essere
collegata ad uno dei contenuti già disciplinati dal decreto-legge,
ovvero alla ratio dominante del provvedimento originario considerato nel
suo complesso, mentre il riconoscimento indiscriminato di
un’omogeneità “transitiva”, del tipo di quella appena
descritta, consentirebbe facili aggiramenti al principio enunciato. Del resto,
il richiamo ad una sentenza di questa Corte che tale omogeneità
“transitiva” avrebbe già riconosciuto è palesemente
erroneo: in quel caso (sentenza n. 355 del
2010), la disposizione aggiunta in sede di conversione oggetto di censura
(giudicata peraltro infondata, proprio in riferiemento
all’art. 77 Cost.) era stata reputata di per sé omogenea rispetto
all’originario contenuto del decreto-legge (punto n. 8 del «Considerato in diritto» della
sentenza citata), e, nella motivazione, il rinvio ad altre norme aggiunte in
sede di conversione era stato operato solo per sottolineare come anche queste
ultime mirassero alla medesima finalità già perseguita dalla
norma censurata (e già considerata non dissonante rispetto
all’originaria ratio complessiva del decreto-legge). Anche la
sentenza richiamata conferma, quindi, l’esclusione della
possibilità di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge
emendamenti del tutto estranei ad oggetto e finalità del testo
originario, che costituisce l’unico termine di paragone.
5.5.– In definitiva, non sono soltanto elementari regole di buona tecnica
normativa ad esigere che la legge di conversione rechi un contenuto omogeneo a
quello del decreto-legge, anche se, proprio sotto questo profilo, è
particolarmente inopportuno, nel caso di specie, l’inserimento, in un
decreto-legge “milleproroghe”, di regole
in materia di attribuzioni di una categoria professionale.
Deve, piuttosto, ribadirsi che
l’inserimento di norme eterogenee rispetto all’oggetto o alla
finalità del decreto-legge determina la violazione dell’art. 77,
secondo comma, Cost. Tale violazione, per queste ultime norme, non deriva dalla
mancanza dei presupposti di necessità e urgenza, giacché esse,
proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi
a tali condizioni preliminari (sentenza n. 355 del
2010), ma scaturisce dall’uso improprio, da parte del Parlamento, di
un potere che la Costituzione attribuisce ad esso, con speciali modalità
di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge
(sentenza n. 22
del 2012).
L’innesto, nell’iter di conversione, dell’ordinaria
funzione legislativa può certamente essere effettuato, considerando,
tuttavia, che la legge di conversione è fonte funzionalizzata alla
stabilizzazione di un provvedimento avente forza di legge, caratterizzata da un
procedimento di approvazione peculiare e semplificato rispetto a quello
ordinario. Essa non può quindi aprirsi a qualsiasi contenuto, come del
resto prescrive, in particolare, l’art. 96-bis del
regolamento della Camera dei deputati. A pena di essere utilizzate per scopi
estranei a quelli che giustificano l’atto con forza di legge, le
disposizioni introdotte in sede di conversione devono potersi collegare al
contenuto già disciplinato dal decreto-legge, ovvero, in caso di
provvedimenti governativi a contenuto plurimo, alla ratio dominante del
provvedimento originario considerato nel suo complesso (sentenza n. 32 del
2014).
D’altra parte, il carattere
peculiare della legge di conversione comporta anche che il Governo –
stabilendo il contenuto del decreto-legge – sia nelle condizioni di
circoscrivere, sia pur indirettamente, i confini del potere emendativo
parlamentare. E, anche sotto questo profilo, gli equilibri che la Carta
fondamentale instaura tra Governo e Parlamento impongono di ribadire che la
possibilità, per il Governo, di ricorrere al decreto-legge deve essere
realmente limitata ai soli casi straordinari di necessità e urgenza di
cui all’art. 77 Cost. (sentenze n. 128 del 2008
e n. 171 del
2007).
Per tutte le ragioni illustrate, va
dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione
dell’art. 77, secondo comma, Cost., dell’art. 26, comma 7-ter,
del d.l. n. 248 del 2007, come convertito
dall’art. 1, comma 1, della legge n. 31 del 2008.
6.− La dichiarazione
d’illegittimità costituzionale, pronunciata con esclusivo
riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., determina
l’assorbimento delle questioni sollevate con riferimento agli artt. 3 e
97, secondo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 26, comma 7-ter,
del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da
disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28
febbraio 2008, n. 31.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015.
F.to:
Alessandro
CRISCUOLO, Presidente
Nicolò
ZANON, Redattore
Gabriella
Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 15 luglio 2015.