Sentenza n. 441/2000

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SENTENZA N. 441

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 6 giugno 1986, n. 251 (Istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici), come sostituito dall'art. 10 della legge 5 marzo 1991, n. 91 (Modifiche alla legge 6 giugno 1986, n. 251, sulla istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici), promosso con ordinanza emessa il 3 febbraio 1999 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sul ricorso proposto dal Collegio nazionale degli agrotecnici ed altri contro il Ministero delle finanze ed altro, iscritta al n. 319 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visti gli atti di costituzione del Collegio nazionale degli agrotecnici ed altri e del Collegio nazionale periti agrari, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 settembre 2000 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi gli avvocati Claudio Rossano e Stefano Mastino del Rio per il Collegio nazionale degli agrotecnici ed altri, Mario Contaldi e Santina Bernardi per il Collegio nazionale periti agrari e l'Avvocato dello Stato Claudio Linda per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.¾ Con ordinanza del 3 febbraio 1999, emessa nel corso del giudizio congiuntamente promosso dal Collegio nazionale degli agrotecnici, dal Collegio provinciale degli agrotecnici di Roma e da Marco Gianni, contro il Ministero delle Finanze e nei confronti del controinteressato Collegio nazionale periti agrari, al fine di ottenere l’annullamento dell’art. 1, comma 4, del decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 6 giugno 1986, n. 251 (Istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici), come sostituito dall’art. 10 della legge 5 marzo 1991, n. 91 (Modifiche alla legge 6 giugno 1986, n. 251, sulla istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici), "nella parte in cui non prevede l’esercizio da parte degli agrotecnici di compiti inerenti alla formazione e redazione dei tipi di frazionamento e/o mappale e, comunque, all’attività catastale di frazionamento dei terreni".

Il rimettente esclude, anzitutto, che la disposizione censurata, segnatamente nella sua lettera n), si presti ad una interpretazione estensiva, che consenta ¾ in combinato disposto con gli artt. 1, comma 7, della legge 26 giugno 1990, n. 165, e 12, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 ¾ di riconoscere agli agrotecnici l’abilitazione a svolgere "ogni e qualsiasi incombenza relativa alla formazione, variazione ed aggiornamento del catasto".

Al tempo stesso, l'ordinanza rileva "che non sussiste, allo stato, una disposizione di legge che dichiari equivalenti a tutti gli effetti i diplomi di agrotecnico e perito agrario", giacché la tabella annessa al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1970, n. 253, parifica i predetti diplomi "all’esclusivo fine dell’ammissione ai concorsi per l’accesso alle carriere di concetto per le quali è riconosciuto idoneo il titolo di studio indicato come termine di comparazione".

Tanto premesso, il giudice a quo è dell’avviso che la denunciata disposizione si ponga in contrasto, anzitutto, con l’art. 3 della Costituzione, perché ¾ in presenza di una evoluzione normativa volta a riconoscere ai soggetti qui considerati "la possibilità di espletare specifici compiti nel settore catastale", come pure "dell’inclusione nei programmi didattici" per il conseguimento del relativo diploma "di materie inerenti alla stima, tariffe d’estimo, volture e frazionamenti di beni immobiliari ai fini della formazione del catasto" (decreto del Ministro della pubblica istruzione del 15 aprile 1994) ¾ risulta "irragionevole e discriminatorio il difetto nella legge professionale di una specifica previsione che abiliti gli agrotecnici allo svolgimento dei compiti predetti, segnatamente per ciò che attiene al catasto dei terreni, al cui esercizio sono ammessi altri professionisti con analoga formazione culturale".

Il rimettente ritiene che la disposizione censurata contrasti anche con gli artt. 4 e 35 della Costituzione, dovendosi riconoscere a tali articoli "una valenza propulsiva nei confronti del legislatore affinché rimuova quelle situazioni che sul piano sostanziale si risolvono in un’ingiustificata ed indebita preclusione all’esercizio del diritto" al lavoro.

2.¾ Si sono costituiti in giudizio il Collegio nazionale degli agrotecnici, il Collegio interprovinciale degli agrotecnici di Roma, Rieti e Viterbo (già Collegio provinciale degli agrotecnici di Roma) e Marco Gianni, ricorrenti nel giudizio a quo, per sentir dichiarare l’incostituzionalità della denunciata disposizione.

La memoria, nell’aderire alle argomentazioni e alle prospettazioni del rimettente, rammenta che, per l’iscrizione all’albo professionale di agrotecnico, occorre superare un esame di Stato, all'esito di un biennio di pratica professionale (in alternativa alla frequenza biennale di una scuola diretta a fini speciali), presso lo studio di "un agrotecnico o un perito agrario o un dottore in Scienze agrarie o forestali iscritto nel rispettivo albo da almeno un triennio" (art. 1, comma 2, lettera a), della legge 6 giugno 1986, n. 251, come modificata dalla legge 5 marzo 1991, n. 91).

Nel rilevare che la materia del catasto è normalmente studiata nel curriculum formativo di ogni agrotecnico e che inoltre a tale categoria è stata riconosciuta la possibilità di espletare anche la redazione di tipi di frazionamento e delle pratiche catastali, vengono ricordate altresì le funzioni di assistenza tecnica affidate alla categoria stessa innanzi alle Commissioni tributarie. Si osserva, inoltre, che la vigente normativa (art. 8 della legge 1° ottobre 1969, n. 679, e art. 5 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650) fa riferimento, per l’espletamento degli atti catastali di aggiornamento geometrico riguardanti la redazione del tipo mappale, nonché il frazionamento di particelle, alla categoria professionale, "non più esistente", dei periti agrimensori, "escludendo, invece, quella degli agrotecnici a quel tempo non ancora istituita". Ciò posto, è da ritenere che la legge istitutiva dell’albo professionale degli agrotecnici, e segnatamente l’art. 10 della legge n. 91 del 1991, non abbia operato quelle modifiche che erano da reputare connesse alla normale evoluzione sociale ed allo sviluppo tecnico-scientifico, non riconoscendo alla figura professionale qui considerata quelle prerogative che erano e sono ancora attribuite a categorie oramai inesistenti.

3.¾ Si è costituito anche il Collegio nazionale periti agrari, controinteressato nel giudizio a quo, il quale, riservandosi di argomentare in successiva memoria, ha concluso per l’inammissibilità o, comunque, per l’infondatezza della questione.

4.¾ E’ intervenuto, altresì, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per sentir dichiarare l’infondatezza della proposta questione.

L’Avvocatura osserva, anzitutto, che l’ordinamento didattico degli agrotecnici non prevede alcun insegnamento di topografia e di estimo, "studi essenziali per una qualificazione generale in materia catastale", sì da doversi reputare "la inidoneità del corso di studi a formare un professionista in materia catastale"; tanto più se si raffrontano "le materie di studio degli agrotecnici con quelle dei periti agrari".

Si giustificherebbe così l’attribuzione agli agrotecnici di limitate competenze in materia, nell’esercizio di una discrezionalità legislativa che non può essere invocata al fine di configurare una competenza generale, esclusa proprio dalla specialità delle singole norme attributive di particolari compiti.

5.¾ In prossimità dell’udienza, hanno depositato memorie illustrative sia il Collegio nazionale degli agrotecnici, che il Collegio nazionale periti agrari.

5.1.¾ Il Collegio nazionale degli agrotecnici, nell’insistere per la declaratoria di incostituzionalità della norma censurata, osserva, tra l’altro, che il legislatore, all’art. 197, comma 3, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, ha ormai sancito, in via generale e senza alcuna limitazione, la piena equipollenza fra il diploma di maturità professionale di agrotecnico e quello di perito agrario.

La parte costituita ribadisce, altresì, le argomentazioni già svolte quanto alla "ingiustificata e irragionevole" limitazione del diritto al lavoro introdotta dalla denunciata disposizione, a danno di una categoria che ha una specifica competenza in materia catastale, acquisita non soltanto "negli studi abilitanti e di tirocinio, ma anche nell'attività pratica professionale".

5.2.¾ Il Collegio nazionale periti agrari, insistendo per l’inammissibilità o per l’infondatezza della proposta questione, sostiene, in primo luogo, che compete al legislatore "la determinazione delle professioni intellettuali, tutelate attraverso l’istituzione di un albo" (art. 2229, primo comma, cod. civ.).

Nell’osservare, inoltre, che, nella materia catastale, sussistono fondamentali differenze relativamente ai corsi di studio che adducono ai titoli professionali di agrotecnico e di perito agrario, la parte costituita sostiene che si riscontrano diversità anche nella disciplina delle due professioni, proprio nell’affidamento delle funzioni catastali o paracatastali, largamente presenti in quella dei periti agrari e "totalmente assenti in quella degli agrotecnici". Sicché, posto l’impianto delle due professioni ¾ "che fonda le differenze specifiche sull’attività catastale, da una parte, e sull’attività economica, dall’altra" ¾ l’attribuzione di competenze in materia catastale agli agrotecnici verrebbe ad incidere sulla "autonomia e separazione" delle professioni stesse.

La memoria nega, infine, che sussista la violazione degli artt. 4 e 35 della Costituzione, giacché soltanto la effettiva professionalità caratteristica acquisita attraverso un corso di studi può dar fondamento ad una aspettativa a conseguenziali prestazioni di lavoro.

Considerato in diritto

1.¾ Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 6 giugno 1986, n. 251 (Istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici), come sostituito dall’art. 10 della legge 5 marzo 1991, n. 91 (Modifiche alla legge 6 giugno 1986, n. 251, sulla istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici).

Ad avviso del giudice a quo, la menzionata disposizione, "nella parte in cui non prevede l’esercizio da parte degli agrotecnici di compiti inerenti alla formazione e redazione dei tipi di frazionamento e/o mappale e, comunque, all’attività catastale di frazionamento dei terreni", arrecherebbe, anzitutto, un vulnus all’art. 3 della Costituzione, giacché sarebbe irragionevole e discriminatorio non aver contemplato i predetti compiti, "al cui esercizio sono ammessi altri professionisti con analoga formazione culturale". E’ ciò tenuto conto, segnatamente, sia della evoluzione normativa che riconosce agli agrotecnici medesimi, in diverse ipotesi (artt. 1, comma 7, del decreto-legge n. 90 del 1990, convertito, con modificazioni, nella legge n. 165 del 1990, e 12, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992), "la possibilità di espletare specifici compiti nel settore catastale", sia "dell’inclusione nei programmi didattici", per il conseguimento del relativo diploma, "di materie inerenti alla stima, tariffe d’estimo, volture e frazionamenti di beni immobiliari ai fini della formazione del catasto".

Il rimettente ritiene, inoltre, che la medesima disposizione violi gli artt. 4 e 35, primo comma, della Costituzione, a motivo del fatto che gli agrotecnici, "malgrado il riconoscimento per fini ed oggetti individuati di competenze professionali nella materia catastale ed il possesso di titolo di studio il cui ordinamento didattico prevede l’acquisizione di specifiche cognizioni al riguardo, vedono in concreto precluso lo svolgimento a regime dell’attività lavorativa nel settore in argomento".

2.¾ La questione non è fondata.

Come la Corte ha avuto più volte occasione di affermare, compete al legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, individuare competenze ed attribuzioni di ciascuna categoria professionale, essenzialmente sulla scorta del principio di professionalità specifica, il quale richiede, per l’esercizio delle attività intellettuali rivolte al pubblico, un adeguato livello di preparazione e di conoscenza delle materie inerenti alle attività stesse (vedi, tra le molte, sentenze n. 5 del 1999, n. 456 del 1993 e n. 29 del 1990).

Nel caso qui all'esame, va considerato che la preparazione dell’agrotecnico, secondo il bagaglio formativo che si desume dal previsto curriculum scolastico (decreto del Ministro della pubblica istruzione 15 aprile 1994, recante i programmi e gli orari di insegnamento per i corsi post-qualifica degli istituti professionali di Stato), e che si evince, altresì, dal programma di base per l’esame di Stato di abilitazione professionale (art. 18 del decreto del Ministro della pubblica istruzione del 6 marzo 1997, n. 176, avente ad oggetto il regolamento recante norme per lo svolgimento di detti esami di Stato), è rivolta, prevalentemente, agli aspetti economici e gestionali dell’azienda agraria, laddove le cognizioni in materia di catasto appaiono circoscritte ad un livello descrittivo, sì da risultare soltanto un complemento della formazione primaria ed essenziale.

In siffatto contesto, non appare irragionevole la delimitazione delle competenze professionali degli agrotecnici, così come operata dal legislatore, nel senso di non prevedere compiti inerenti all’attività catastale di frazionamento dei terreni, senza che a ciò contraddica la devoluzione di talune limitate competenze in materia catastale, riconducibili a singole disposizioni legislative, quali quelle richiamate dal rimettente.

3.¾ Ove si abbia riguardo alla ratio ispiratrice della disciplina, non sussiste, nemmeno, il lamentato trattamento discriminatorio rispetto ad altre categorie professionali dotate, ad avviso del giudice a quo, "di analoga formazione culturale"; e, in particolare, a quella dei periti agrari, che l'ordinanza mostra chiaramente di assumere a tertium comparationis.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedi, tra le altre, sentenze n. 89 del 1996 e n. 5 del 2000), al fine di stabilire se una disposizione sia tale da determinare una irragionevole differenziazione di situazioni meritevoli di eguale tutela, il relativo giudizio va incentrato sul «perché» la legge operi, all’interno dell’ordinamento, quella specifica distinzione (ovvero, a seconda dei casi, quella specifica equiparazione), sì da trarne le dovute conclusioni circa il corretto uso del potere normativo.

Ed invero, considerato il rilievo che in argomento assume il principio di professionalità specifica, non sono senza importanza, al fine di intendere le ragioni della differenza di disciplina di cui si duole il giudice a quo, le peculiari connotazioni della preparazione dei periti agrari, che si fonda (si veda il d.P.R. 30 settembre 1961, n. 1222; nonché il decreto del Ministro della pubblica istruzione 18 settembre 1998, n. 358, recante norme per la costituzione delle aree disciplinari finalizzate alle prove degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore) su insegnamenti comprendenti, oltre all'estimo rurale, anche materie come la topografia, a quest’ultima correlandosi, altresì, il disegno tecnico, quale strumento necessario della rappresentazione grafica, tramite mappe planimetriche, della proprietà, secondo il criterio geometrico cui è informato il catasto.

4.¾ Per ragioni in buona parte coincidenti con quelle sopra evidenziate è infondata anche l’ulteriore censura, prospettata dal rimettente sotto il profilo di una presunta violazione del diritto al lavoro, contemplato dagli artt. 4 e 35 della Costituzione.

Secondo quanto è dato desumere dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, si vedano sentenze n. 330 del 1999, n. 328 del 1998 e n. 412 del 1995), la garanzia del diritto al lavoro non comporta una generale ed indistinta libertà di svolgere qualsiasi attività professionale, spettando pur sempre al legislatore di fissare condizioni e limiti in vista della tutela di altri interessi parimenti meritevoli di considerazione e, più in particolare, di valutare, nell'interesse della collettività e dei committenti, come per l'appunto nella specie, i requisiti di adeguata preparazione occorrenti per l'esercizio dell'attività professionale medesima.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 6 giugno 1986, n. 251 (Istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici), come sostituito dall’art. 10 della legge 5 marzo 1991, n. 91 (Modifiche alla legge 6 giugno 1986, n. 251, sulla istituzione dell’albo professionale degli agrotecnici), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 26 ottobre 2000.