SENTENZA N.
279
ANNO 2012
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo
Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario
Rosario MORELLI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’art. 64, commi 2 e 4, lettera e), del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e
la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008 n. 133, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il
Lazio nel procedimento vertente tra SNALS – CONF.SAL ed altri e il Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca ed altro, con ordinanza del 14
marzo 2011, iscritta al n. 187 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 39,
prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visto l’atto di
costituzione di SNALS – CONF.SAL ed altri, nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza
pubblica del 18 settembre 2012 il Giudice relatore Sergio Mattarella;
uditi gli avvocati
Stefano Viti e Michele Mirenghi per la SNALS –
CONF.SAL ed altri e l’avvocato dello Stato Tito Varrone
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in
fatto
1.— Il Tribunale amministrativo
regionale per il Lazio, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in
riferimento agli articoli 3, 97 e 117, secondo comma, lettera n), e terzo comma della Costituzione,
questione di legittimità dell’art. 64, commi 2 e 4, lettera e), del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
2.— Il giudice remittente riferisce in
premessa che il giudizio a quo è
stato instaurato dal sindacato SNALS – CONF.SAL e da alcuni collaboratori
scolastici, per contestare i provvedimenti adottati dal Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca che avevano disposto la
riduzione degli organici del personale ATA del 17 per cento su scala nazionale,
ripartendo poi la riduzione degli organici regionali.
Lo stesso giudice rileva che i
ricorrenti hanno impugnato i seguenti atti adottati ai sensi del richiamato
art. 64: a) il piano programmatico
degli interventi, in attuazione dell’art. 64, comma 3, nel quale sono state
fissate in 44.500 le unità di personale ATA da ridurre complessivamente nel
triennio 2009-2010, di cui 15.167 nell’anno scolastico 2010-2011, e sono state
ripartite le riduzioni di organico per ogni dotazione regionale; b) il d.P.R.
22 giugno 2009 n. 119 (Disposizioni per la revisione dei criteri e dei
parametri per la determinazione della consistenza complessiva degli organici
del personale amministrativo tecnico ed ausiliario (ATA) delle istituzioni
scolastiche ed educative), che ha disciplinato la revisione dei criteri e dei
parametri per la definizione degli organici ATA, finalizzandola al
raggiungimento degli obiettivi di razionalizzazione stabiliti nell’art. 64, e
nel piano programmatico citato.
I medesimi ricorrenti nel giudizio a quo hanno censurato i provvedimenti
impugnati, chiedendone, tra l’altro, la dichiarazione di illegittimità derivata
dalla illegittimità costituzionale dell’art. 64 del decreto-legge n. 112 del
2008. In particolare, essi hanno lamentato: il conferimento al legislatore di
una delega in bianco all’amministrazione per l’esercizio del potere regolamentare,
senza l’indicazione dei necessari criteri per il suo esercizio; l’eccesso di
potere legislativo, poiché il legislatore con le norme impugnate perseguiva
finalità diverse da quelle dichiarate, relative alla riorganizzazione del
sistema di istruzione; la violazione della riserva di legge di cui all’art. 97
Cost. in materia di organizzazione dei pubblici uffici; la violazione dell’art.
117 Cost., dal momento che le norme censurate non rientrano nelle norme
generali sull’istruzione; la violazione di legge, nonché il difetto di
motivazione e di istruttoria perché la rideterminazione degli organici
nazionali non è stata preceduta dalla revisione dei criteri e dei parametri
degli organici complessivi.
In riferimento alla rilevanza della
questione, il giudice a quo osserva
la pregiudizialità della valutazione delle disposizioni dell’art. 64 impugnate,
dalla cui pretesa illegittimità costituzionale deriverebbe l’illegittimità
degli atti amministrativi con i quali si è proceduto alla loro attuazione. In
particolare, nell’ordinanza si osserva che «qualora il Collegio non dubitasse
della norma di cui al menzionato art. 64» dovrebbe rigettare le prime quattro
censure ora richiamate, limitando il giudizio alla sola contestazione del
procedimento seguito per la definizione della riduzione dell’organico.
2.1.— Il giudice remittente rileva un
primo profilo di illegittimità per eccesso di potere legislativo, in
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., a causa della mancanza, nelle disposizioni
impugnate, di ogni riferimento a parametri normativi idonei ad orientare il
potere amministrativo nel dare loro attuazione.
Condividendosi la prospettazione dei
ricorrenti, nell’ordinanza si sostiene che le disposizioni impugnate, per mere
esigenze finanziarie, disciplinano solo il procedimento per l’adozione di atti
di contenimento della spesa pubblica, malgrado lo scopo indicato di
riorganizzazione e di miglioramento degli standard dei servizi, «senza
prevedere alcuna prescrizione che colleghi funzionalmente l’effettuazione dei tagli
all’organico con il fine dichiarato, ossia che consenta, ad esempio, di
ritenere disciplinato il metodo per individuare gli eventuali sprechi, le
dotazioni superflue, i necessari processi di razionalizzazione, l’analisi della
qualità dei servizi e le possibili soluzioni per il mantenimento della qualità
con minori organici».
2.2.— In secondo luogo, il giudice a quo afferma che le norme censurate
violano la riserva di legge di cui all’art. 97 Cost. in tema di organizzazione
dei pubblici uffici, sostenendo che la riserva, anche se relativa, secondo
l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza costituzionale, obbliga il
legislatore a determinare preventivamente sufficienti criteri direttivi di base
e linee generali di disciplina della discrezionalità amministrativa. Le
disposizioni in questione sono, al contrario, prive di ogni criterio direttivo
che regoli l’esercizio del potere amministrativo, al quale è attribuita una
delega in bianco, potendo così l’amministrazione determinare a proprio
esclusivo piacimento le nuove dotazioni ATA a livello regionale, i rapporti tra
alunni e singole qualifiche del personale ATA, nonché individuare le qualifiche
sulle quali incidono le riduzioni e la loro misura.
2.3.— Infine, una terza censura viene
riferita alla violazione del riparto di competenza legislativa tra Stato e
Regioni disciplinato dall’art. 117, secondo comma, lettera n), e terzo comma, della Costituzione.
Nell’ordinanza si osserva che l’art. 64
impugnato è finalizzato esclusivamente ad obiettivi di tipo finanziario, e
pertanto non è riconducibile né alla potestà legislativa esclusiva dello Stato
in materia di norme generali sull’istruzione, né rientra nell’ambito della
competenza concorrente relativa alla materia "istruzione”, e quindi tra i
principi fondamentali di competenza statale. Le riduzioni previste, ad avviso
del giudice remittente, non incidono neppure indirettamente sulla materia
"istruzione”, e riguardano esclusivamente «aspetti ausiliari e di servizio che,
sia pure funzionalmente collegati all’attività dell’insegnamento in senso
proprio, ne restano tuttavia logicamente, concettualmente ed operativamente
distinti, risolvendosi le due sfere, quella dell’insegnamento e quella delle
prestazioni ausiliarie, in altrettante categorie organizzative concorrenti e
coordinate, ma ontologicamente diverse, tanto che il relativo personale è
strutturato in carriere e graduatorie diverse, con accessi diversi e senza
alcuna graduazione di carriera».
3.— Il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è
intervenuto in giudizio per chiedere che le questioni sollevate siano
dichiarate inammissibili e infondate.
Preliminarmente, nell’atto di
intervento, si osserva che l’ordinanza di rimessione non contiene alcun
riferimento alla violazione del principio di uguaglianza e del principio di
buon andamento dell’amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost.,
limitandosi ad esporre la tesi secondo la quale le disposizioni impugnate non
indicano i criteri direttivi per procedere alla riduzione dell’organico del
personale ATA.
In riferimento al lamentato eccesso di
potere legislativo, oltre a ritenere inconferenti i parametri costituzionali
indicati, l’Avvocatura sostiene che le conclusioni del giudice remittente si
fondano su una lettura frammentaria ed incompleta dell’art. 64 in questione. Il
comma 2 di tale articolo deve invece essere posto in correlazione con i commi
successivi, i quali hanno previsto un particolare procedimento per addivenire
agli obiettivi fissati nei primi due commi, ed in particolare per la
predisposizione di un piano programmatico da parte dei Ministeri interessati, e
per l’adozione di norme regolamentari sulla base dei criteri e parametri
specificati dal comma 4, lettere da a)
ad f).
Pertanto, ad avviso dell’Avvocatura, le
norme sulla riduzione del personale ATA si inseriscono in un insieme di criteri
direttivi, quali l’accorpamento delle classi e la razionalizzazione dei piani
di studio e del rapporto alunni/docente secondo standard europei, coerenti con
il fine dichiarato di riorganizzazione del servizio scolastico.
Nell’atto di costituzione in giudizio si
sottolinea che il rinvio ad un successivo piano programmatico di interventi ed
a regolamenti di delegificazione, previsto dall’art. 64 censurato, è già stato
riconosciuto legittimo dalla sentenza della
Corte costituzionale n. 200 del 2009, e si nega che il richiamo ad un più razionale
ed efficiente utilizzo del personale sia finalizzato unicamente ad esigenze di
riduzione della spesa pubblica: esso è, al contrario, preordinato anche al
miglioramento del servizio, all’eliminazione degli sprechi, all’uso razionale
delle risorse, e quindi all’attuazione del principio di buon andamento
dell’amministrazione sancito dall’art. 97 Cost..
3.1.— In secondo luogo, in relazione
alla censura riguardante la violazione della riserva di legge in materia di
organizzazione dei pubblici uffici, si osserva che tale riserva ha natura
relativa e non assoluta, ed impone alla legge la sola determinazione dei
criteri direttivi. Nel rispetto di questo principio, e quindi dell’art. 97
Cost., i commi 2 e 4, lettera e),
dell’art. 64 impugnato, rinviano alla fonte regolamentare per la disciplina di
aspetti che non attengono alle linee generali dell’organizzazione degli uffici,
ma incidono sulla loro dotazione organica, la quale non può che essere affidata
alla discrezionalità dell’amministrazione.
L’Avvocatura richiama ancora la sentenza della
Corte costituzionale n. 200 del 2009, che da un lato ha ritenuto che l’art.
64 in questione ha provveduto ad una predeterminazione puntuale dei criteri cui
deve attenersi il Governo nell’esercizio del potere regolamentare, e
dall’altro, in riferimento al profilo della ripartizione delle competenze tra
Stato e Regioni, ha ritenuto che le norme contenute nel comma 4, lettere da a) ad f), dello stesso articolo, sono da qualificare "norme generali
sull’istruzione”.
Pertanto, le disposizioni impugnate
risultano legittime anche se valutate nell’ambito delle competenze statali
previste dall’art. 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione.
3.2.— Quanto alla censura riferita alla
violazione dell’art. 97 Cost., l’Avvocatura ribadisce la natura relativa della
riserva di legge ivi prevista, e, sotto diverso profilo, sostiene che le
disposizioni impugnate rinviano alla fonte regolamentare la disciplina di
aspetti che non riguardano in alcun modo l’organizzazione dei pubblici uffici,
ma incidono esclusivamente sulla dotazione organica del personale, «la quale
non può che essere affidata alla discrezionalità amministrativa»: la natura
tecnica delle scelte relative alla consistenza degli organici del personale
pubblico è confermata dall’art. 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), che prevede che le pubbliche amministrazioni
determinano tale consistenza mediante atti organizzativi, e quindi tenendo
conto delle concrete esigenze che solo le stesse amministrazioni possono
valutare, e non rimette questa disciplina alla definizione astratta della
legge.
Nel caso di specie, si sottolinea che le
dotazioni organiche sono state determinate sulla base dei provvedimenti di
attuazione dell’art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti
in materia di personale scolastico), che ha disposto il trasferimento allo
Stato del personale ATA dipendente degli enti locali.
3.3.— Con successiva memoria depositata
in prossimità dell’udienza, l’Avvocatura rileva che nelle more del giudizio di
costituzionalità sono intervenuti alcuni mutamenti del quadro normativo in
grado di determinare la restituzione degli atti al giudice a quo.
Una prima novità si ricava dall’art. 9,
comma 17, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime
disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, in legge
12 luglio 2011, n. 106, che prevede l’adozione di «un piano triennale per
l’assunzione a tempo indeterminato, di personale docente, educativo ed ATA, per
gli anni 2011-2013, sulla base dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno,
delle relative cessazioni del predetto personale e degli effetti del processo
di riforma previsto dall’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; il piano può
prevedere la retrodatazione giuridica dall’anno scolastico 2010-2011 di quota
parte delle assunzioni di personale docente e ATA, sulla base dei posti vacanti
e disponibili relativi al medesimo anno scolastico 2010-2011, fermo restando il
rispetto degli obiettivi programmati dei saldi di finanza pubblica».
In attuazione di tali disposizioni, ed
all’esito del negoziato concluso con la stipula del contratto collettivo
sottoscritto in data 4 agosto 2011, con D.M. 3 agosto 2011 (Programmazione
triennale di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, educativo
ed ATA, per il triennio scolastico 2011-2013), è stato adottato il piano
triennale che prevede l’assunzione per l’anno scolastico 2011/2012 di 36.000
unità di personale ATA, da autorizzare con le procedure previste dall’art. 39 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza
pubblica), cui seguiranno, tenendo conto dei pensionamenti e dell’attuazione a
regime del processo di riforma previsto dall’art. 64 impugnato nel presente
giudizio, ulteriori 7.000 assunzioni per gli anni scolastici 2012-2013 e
2013-2014.
3.4.— Un secondo intervento legislativo
ritenuto rilevante dall’Avvocatura si desume dall’art. 19, commi da 4 a 7, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.
111, che dispone (al comma 4), che a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012,
«la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo
grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la seguente soppressione
delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni
didattiche e scuole secondarie di I grado», e che tali istituti comprensivi,
«per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni,
ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani,
nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche». Inoltre, al
comma 5 dello stesso art. 19, si esclude la possibilità di assegnazione di
dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato alle istituzioni
scolastiche con un numero di alunni inferiore a 500 unità, e il comma 7
prevede: «A decorrere dall’anno
scolastico 2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed
ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni
organiche dello stesso personale determinata nell’anno scolastico 2011-2012 in
applicazione dell’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2088, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, assicurando
in ogni caso, in ragione di anno, la quota delle economie lorde di spesa che
devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall’anno 2012, ai
sensi del combinato disposto di cui ai commi 6 e 9 dell’articolo 64 citato».
Nella memoria si sottolinea, in
particolare, che quest’ultima disposizione, facendo specifico riferimento alla
consistenza delle dotazioni organiche del personale ATA, non sembra lasciare
dubbi sull’intento del legislatore di introdurre, a decorrere dall’anno
scolastico 2012-2013, un limite all’organico nazionale di tale personale – così
come di quello docente – determinandone la consistenza in base agli esiti
applicativi dell’art. 64 impugnato nel presente giudizio.
Il richiamato ius superveniens dovrebbe comportare la
restituzione degli atti al giudice a quo.
3.5.— L’Avvocatura solleva una seconda
eccezione preliminare, osservando che nel giudizio a quo sono stati impugnati una serie di provvedimenti che, ad
esclusione del d.P.R. n. 119 del 2009, hanno ormai
esaurito i loro effetti. In tal senso, si afferma che il d.m.
5 agosto 2010 (Disposizioni concernenti la definizione dei criteri e dei
parametri per la determinazione degli organici del personale amministrativo tecnico
ed ausiliario (ATA), delle istituzioni scolastiche e educative e la consistenza
della dotazione organica per l’anno scolastico 2010/2011), con il quale si è
provveduto alla determinazione delle dotazioni organiche nazionali del
personale della scuola, era riferito esclusivamente all’anno scolastico
2010-2011, così come altri due decreti avevano riguardato,
rispettivamente, gli anni scolastici
2009-2010 (d.m. 20 luglio 2009, n. 65), e 2011-2012 (d.m. 29 luglio 2011 n. 66). Dalla rilevata conclusione del
processo di attuazione delle disposizioni impugnate, deriverebbe il venir meno
dell’interesse dello SNALS – CONF.SAL all’annullamento dei provvedimenti impugnati nel giudizio a quo.
3.6.— Sotto un diverso ed ulteriore
profilo, l’Avvocatura rileva l’inammissibilità della questione di
costituzionalità nei riguardi del gruppo di lavoratori che si sono costituiti,
affiancando lo SNALS – CONF.SAL nel giudizio innanzi al Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio. Nella memoria si contesta l’affermazione,
contenuta nell’ordinanza di rimessione, secondo la quale la legittimazione a
ricorrere dei lavoratori si fonda sul «proprio interesse, e alla conservazione
del posto di lavoro, e alla conservazione della qualità del lavoro che assumono
minacciata dall’aggravamento dei compiti derivante dalla riduzione
dell’organico».
Questa motivazione non sarebbe
convincente, dal momento che, in assenza di allegazioni da parte degli
interessati, non chiarisce se qualcuno dei lavoratori ricorrenti abbia
effettivamente perso il posto di lavoro in conseguenza dei provvedimenti
impugnati nel giudizio a quo, e
comunque, se ciò fosse realmente accaduto, i lavoratori coinvolti avrebbero
dovuto adire il giudice ordinario al quale è devoluta la cognizione delle
controversie riguardanti i pubblici dipendenti interessati dalla
"privatizzazione” del rapporto di lavoro. Pertanto, anche l’insufficiente
motivazione sulla rilevanza giustificherebbe la restituzione degli atti al
giudice a quo, che avrà il compito di
verificare la legittimazione degli istanti mediante la specifica analisi dei
riflessi dei provvedimenti impugnati nella loro sfera giuridica e la
persistenza del loro interesse all’annullamento degli atti censurati in
presenza del descritto ius superveniens.
3.7.— Infine, l’Avvocatura ribadisce le
argomentazioni a sostegno della
richiesta di dichiarazione di inammissibilità e infondatezza delle
questioni sollevate già esposte nell’atto di intervento.
4.— Si sono costituiti in giudizio il
sindacato SNALS – CONF.SAL e alcuni collaboratori scolastici, parti del
giudizio a quo, con due separati atti
di identico contenuto.
Gli intervenienti ribadiscono la censura
di costituzionalità relativa all’eccesso di potere legislativo, riferita agli
articoli 3 e 97 Cost., sotto il profilo della manifesta irragionevolezza delle
disposizioni impugnate, dal momento che l’art. 64 in questione, pur dando atto
di voler coniugare i tagli degli organici con l’obiettivo della qualificazione
e della valorizzazione del servizio scolastico, si limita in realtà a prevedere
una scarna regolamentazione volta unicamente a disciplinare il procedimento
sulla cui base pervenire alle riduzioni di personale prefissate.
4.1.— In secondo luogo, pur riconoscendo
che la riserva di legge prevista dall’art. 97 in tema di organizzazione dei
pubblici uffici ha natura relativa e non assoluta, si osserva che nella specie
le disposizioni censurate demandano al potere regolamentare la determinazione
dei tagli senza fissare alcun criterio direttivo, se non quelli della percentuale
da abbattere, e dell’arco temporale entro il quale realizzare l’intervento di
riduzione del personale.
4.2.— In riferimento alla violazione
dell’art. 117 Cost., si afferma che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 13 del
2004, ha sottolineato che la programmazione della rete scolastica e la
distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche, non risolvendosi
nell’adozione di norme generali sull’istruzione, non rientrano nella competenza
statale esclusiva, ma in quella concorrente; mentre nella successiva sentenza n. 200 del
2009, la Corte ha precisato che le "norme generali sull’istruzione” sono
quelle che «definiscono la struttura portante del sistema di istruzione»,
rientrando nella competenza concorrente quelle non riconducibili alla struttura
essenziale del sistema che necessitano per la loro attuazione dell’intervento
regionale.
Pertanto, ad avviso degli intervenienti,
in sede di legislazione concorrente lo Stato deve fissare le norme di raccordo
tra quelle generali sull’istruzione e quelle di competenza regionale. Si
osserva che sulla base di tali premesse la Corte costituzionale, nella sentenza n. 200 del
2009, ha dichiarato illegittime le disposizioni contenute nella lettera f) bis
dell’art. 64 qui censurato, nella parte in cui demandava a un regolamento «la
definizione dei criteri, tempi e modalità per la determinazione e
l’articolazione dell’azione di dimensionamento della rete scolastica». Si
insiste quindi per la dichiarazione di illegittimità delle disposizioni
impugnate.
4.3.— In prossimità dell’udienza
l’organizzazione sindacale intervenuta in giudizio ha depositato memoria per
ribadire le precedenti censure, richiamando anche il contenuto della recente sentenza della
Corte costituzionale, n. 147 del 2012.
Considerato
in diritto
1.— Con l’ordinanza indicata in
epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha sollevato, in
riferimento agli articoli 3, 97 e 117, secondo comma, lettera n), e terzo comma della Costituzione, la
questione di legittimità dell’art. 64, commi 2 e 4, lettera e), del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,
n. 133.
1.1.— In primo luogo, il giudice
remittente rileva il vizio di eccesso di potere legislativo, e la conseguente
violazione degli articoli 3 e 97 Cost., a causa della mancanza, nelle
disposizioni impugnate, di ogni riferimento a parametri normativi idonei ad
orientare il potere amministrativo nel dare loro attuazione, essendo
finalizzate, per mere esigenze finanziarie, alla riduzione del personale,
malgrado lo scopo indicato di riorganizzazione e di miglioramento degli
standard dei servizi.
1.2.— Inoltre, il giudice a quo afferma la violazione della
riserva di legge di cui all’art. 97 della Costituzione in tema di
organizzazione dei pubblici uffici, sostenendo che la riserva, anche se
relativa, obbliga il legislatore a determinare preventivamente sufficienti
criteri direttivi di base e linee generali di disciplina della discrezionalità
amministrativa, mentre le disposizioni impugnate conferiscono
all’amministrazione una delega in bianco.
1.3.— Una ulteriore censura viene
riferita alla violazione del riparto di competenza legislativa tra Stato e
Regioni disciplinato dall’art. 117, secondo comma, lettera n), e terzo comma, Cost., dal momento che le disposizioni impugnate
sono finalizzate esclusivamente ad obiettivi di tipo finanziario, e pertanto
non riconducibili nè alla potestà legislativa
esclusiva dello Stato in materia di norme generali sull’istruzione, né alla
competenza concorrente relativa alla materia "istruzione”.
2.— L’Avvocatura generale dello Stato,
in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha richiesto che
le questioni sollevate siano dichiarate inammissibili e infondate, rilevando
anche, in una successiva memoria, che nelle more del giudizio di
costituzionalità sono intervenuti alcuni mutamenti del quadro normativo in
grado di determinare la restituzione degli atti al giudice a quo.
3.— Ai fini dell’esame del merito delle
questioni sollevate, giova premettere una descrizione del contesto normativo
nel quale si inseriscono le disposizioni impugnate.
L’art. 64 del decreto-legge n. 112 del
1998, con l’obiettivo dichiarato al comma 1 di «una migliore qualificazione dei
servizi scolastici e di una piena valorizzazione del personale docente»,
prevede l’adozione di una serie di misure. Al comma 2, impugnato nel presente
giudizio, dispone che si proceda «alla revisione dei criteri e dei parametri
previsti per la definizione delle dotazioni organiche del personale
amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), in modo da conseguire, nel
triennio 2009-2011 una riduzione complessiva del 17% della consistenza numerica
della dotazione organica determinata per l’anno scolastico 2007-2008. Per
ciascuno degli anni considerati, detto decremento non deve essere inferiore ad
un terzo della riduzione complessiva da conseguire, fermo restando quanto
disposto dall’art. 2, commi 411 e 412, della legge 24 dicembre 2007, n. 244».
Inoltre, il comma 3, per la realizzazione delle suddette finalità, dispone che il
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata e
previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, predisponga un piano
programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’
utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili.
Infine, il comma 4, per
l’attuazione del piano di cui al comma 3, prevede l’emanazione di uno o più
regolamenti da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università
e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
sentita la Conferenza Unificata, anche modificando le disposizioni legislative
vigenti, al fine di provvedere ad una revisione dell’attuale assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, attenendosi ad
una serie di criteri tra i quali, quello indicato alla lett. e), dispone: «la revisione dei
criteri e dei parametri vigenti per la determinazione della consistenza
complessiva degli organici del personale docente ed ATA, finalizzata ad una
razionalizzazione degli stessi».
4.— L’eccezione con la quale
l’Avvocatura rileva ius superveniens,
che giustifica la restituzione degli atti al giudice remittente, non è fondata.
Ad avviso dell’interveniente le novità
legislative sono costituite, in primo luogo, dall’art. 9, comma 17, del
decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106
del 2011, che prevede l’adozione di «un piano triennale per l’assunzione a
tempo indeterminato, di personale docente, educativo ed ATA, per gli anni
2011-2013, sulla base dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno, delle
relative cessazioni del predetto personale e degli effetti del processo di
riforma previsto dall’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; il piano può
prevedere la retrodatazione giuridica dall’anno scolastico 2010-2011 di quota
parte delle assunzioni di personale docente e ATA, sulla base dei posti vacanti
e disponibili relativi al medesimo anno scolastico 2010-2011, fermo restando il
rispetto degli obiettivi programmati dei saldi di finanza pubblica». In
attuazione di tali disposizioni, il d.m. 3 agosto
2011, ha previsto il piano triennale che dispone l’assunzione per l’anno
scolastico 2011/2012 di 36.000 unità di personale ATA. Inoltre, l’art. 19,
commi da 4 a 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti
per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 15
luglio 2011, n. 111, ha disposto, a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012,
che «la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di
primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la seguente
soppressione delle istituzioni scolastico autonome costituite separatamente da
direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado», e che tali istituti
comprensivi, «per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno
1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei
comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità
linguistiche». Al comma 5 dello stesso art. 19, si esclude la possibilità di
assegnazione di dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato alle
istituzioni scolastiche con un numero di alunni inferiore a 500 unità, e il
comma 7, in particolare, prevede: «A decorrere
dall’anno scolastico 2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente,
educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative
dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell’anno scolastico
2011-2012 in applicazione dell’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2088, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,
assicurando in ogni caso, in ragione di anno, la quota delle economie lorde di
spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall’anno
2012, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 6 e 9 dell’articolo 64
citato».
4.1.— Passando all’esame delle norme ora
richiamate, si rileva che nelle more del presente giudizio, questa Corte, con
la sentenza n.
147 del 2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19,
comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, che
disponeva l’aggregazione delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie e
secondarie in istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia
rigida di 1000 alunni, desumendo dall’immediata incidenza di tali disposizioni
sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche la loro natura di intervento
di dettaglio, lesivo della competenza legislativa regionale. Tali disposizioni
sono state quindi espunte dall’ordinamento e, non risultando neppure la loro
temporanea attuazione, non possono costituire ius superveniens in relazione alle norme
impugnate nel presente giudizio.
4.2.— In secondo luogo, deve rilevarsi
che le altre disposizioni qualificate ius superveniens dall’Avvocatura non modificano le norme
censurate nel presente giudizio, dal momento che esse non incidono né sull’art.
64, comma 2, impugnato, che per il triennio 2009-2011 dispone una riduzione
pari al 17 per cento della consistenza organica del personale ATA determinata
per l’anno scolastico 2007-2008, né sul comma 4, lettera e), che disciplina lo strumento regolamentare mediante il quale
procedere alla revisione dei criteri e dei parametri per la determinazione
dell’organico dello stesso personale.
L’art. 9, comma 17, del decreto-legge n.
70 del 2011, regola infatti le modalità per l’adozione e per la verifica
dell’attuazione di un piano per il triennio 2011-2013, finalizzato
all’assunzione di personale docente e ATA, facendo espressamente salvi «gli
effetti del processo di riforma previsto dall’art. 64 del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,
n. 133». Come riconosciuto anche dall’Avvocatura, in attuazione di queste
disposizioni, è stato adottato il piano triennale che prevede l’assunzione, per
l’anno scolastico 2011/2012, di 36.000 unità di personale ATA, cui seguono,
tenendo conto dei pensionamenti e dell’attuazione a regime del processo di
riforma previsto dall’art. 64, ulteriori assunzioni per gli anni scolastici
2012/2013 e 2013/2014.
Il piano riguarda nuove assunzioni da
effettuare in un periodo temporale nettamente distinto da quello nel quale è
stato attuato il processo di riforma e di riduzione del personale di cui
all’art. 64, commi 2 e 4, lettera e),
censurato, che, come si è visto, si riferisce al precedente triennio 2009-2011;
e, d’altro canto, lo stesso piano per le nuove assunzioni a decorrere dall’anno
2011/2012, presuppone il completamento del processo di riduzione del personale
previsto dalle norme impugnate, dal momento che il citato art. 9, comma 17,
qualificato ius superveniens,
indica chiaramente che le nuove assunzioni possano avvenire «sulla base dei
posti vacanti e disponibili in ciascun anno, delle relative cessazioni del
predetto personale e del processo di riforma previsto dall’art. 64» in esame.
Questa ricostruzione normativa trova
conferma nel piano triennale adottato con d.m. 3
agosto 2011 (Programmazione triennale di assunzioni a tempo indeterminato di
personale docente, educativo ed ATA, per il triennio scolastico 2011-2013), che
identifica i posti vacanti per ciascuno degli anni scolastici 2011/2012,
2012/2013 e 2013/2014, e ribadisce il fine di «garantire continuità nella
erogazione del servizio scolastico ed educativo e conferire il maggiore
possibile grado di certezza e stabilità nella pianificazione degli organici
della scuola», facendo salvi gli effetti della riforma prevista dall’art. 64
del decreto-legge n. 112 del 2008. Il piano di assunzioni risulta, pertanto,
presumibilmente preordinato ad assicurare la copertura dei posti resisi
vacanti, o comunque disponibili, all’esito del processo di riduzione
dell’organico del personale ATA, e ad impedire che il cumulo degli effetti di
tale riduzione e delle scoperture determinate da altre cause, quali i
pensionamenti, pongano a rischio la continuità del servizio scolastico.
4.3.— Analogamente, deve rilevarsi che
anche l’art. 19, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, che esclude
la possibilità di assegnazione di dirigenti scolastici con incarico a tempo
indeterminato alle istituzioni scolastiche con un numero di alunni inferiore a
500 unità, non modifica in alcun modo le disposizioni impugnate, riguardando
con evidenza altri aspetti concernenti la collocazione del personale
dirigenziale.
4.4.— Infine, il comma 7 dello stesso
articolo, al fine di rendere stabile, nel prossimo futuro, l’assetto cui si
perviene con la riforma prevista dalle disposizioni impugnate, prevede che a decorrere dall’anno scolastico
2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della
scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche
dello stesso personale determinata nell’anno scolastico 2011/2012, in
applicazione dell’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
Anche quest’ultima disposizione si
riferisce ad una fase temporalmente successiva a quella disciplinata dalle
norme impugnate, prevedendo che i risultati della riforma da esse prevista
costituiscono la base per la determinazione delle future dotazioni organiche.
Pertanto, la mancata incidenza delle
nuove disposizioni su quelle censurate, e gli effetti che l’eventuale
dichiarazione di incostituzionalità di queste ultime avrebbe sui provvedimenti
di attuazione che hanno previsto la riduzione del personale ATA, conducono a
ritenere non fondata l’eccezione proposta.
4.5.— L’Avvocatura generale dello Stato
solleva una seconda eccezione preliminare, affermando che nel giudizio a quo sono stati impugnati una serie di provvedimenti
che, ad eccezione del d.P.R. n. 119 del 2009, hanno
ormai esaurito i loro effetti: di conseguenza, sarebbe venuto meno l’interesse
dello SNALS – CONF.SAL all’annullamento
dei provvedimenti impugnati nel medesimo giudizio.
4.6.— Anche tale eccezione, peraltro
prospettata in modo alquanto generico, non è fondata.
Le argomentazioni dell’Avvocatura si
riferiscono al preteso esaurimento degli effetti dei provvedimenti di
attuazione dell’art. 64, impugnati nel giudizio davanti al Tribunale amministrativo
regionale per il Lazio. Sul punto, basti rilevare che la stessa Avvocatura
ammette che il d.P.R. n. 119 del 2009, con il quale
si è proceduto, secondo il disposto dell’art. 64, comma 4, lettera e), alla revisione dei criteri e dei
parametri per la determinazione dell’organico del personale ATA, risulta ancora
esplicare i suoi effetti. Esso contiene norme generali vigenti che regolano le
dotazioni organiche e la stabilità dell’organico di diritto, l’efficacia e
l’efficienza dei servizi, le modalità per l’utilizzo di personale esterno
all’amministrazione.
4.7.— Infine, anche l’ulteriore
eccezione proposta dall’Avvocatura, non è fondata. Essa concerne la pretesa
inammissibilità della questione di costituzionalità nei riguardi del gruppo di
lavoratori che hanno affiancato lo SNALS –
CONF.SAL nel giudizio a quo, sul
presupposto dell’assenza di prova della perdita del lavoro da parte di tali
lavoratori a seguito dell’entrata in vigore delle norme censurate e della
giurisdizione del giudice ordinario nella materia, trattandosi di controversia
riguardante pubblici dipendenti interessati dalla "privatizzazione” del
rapporto di lavoro.
L’eccezione non tocca infatti il
persistente interesse della citata organizzazione sindacale, ricorrente
principale nel giudizio a quo, nel
quale sono successivamente intervenuti i lavoratori. Inoltre, nell’ordinanza di
rimessione si rinviene una specifica motivazione relativa all’interesse di
questi ultimi a partecipare al giudizio, che si sostanzia «nel proprio
interesse, e alla conservazione del posto di lavoro, e alla conservazione della
qualità del lavoro che assumono minacciato dall’aggravamento dei compiti
derivante dalla riduzione dell’organico».
Pertanto, i lavoratori intervenuti nel
giudizio non fondano la loro domanda sulla perdita del posto di lavoro, ma su
diverse presunte lesioni di loro diritti che il giudice remittente ha ritenuto
idonee a giustificare la legittimazione ad agire nel giudizio a quo. Di conseguenza, l’eccezione
proposta dall’Avvocatura non è fondata, dovendosi anche rilevare che questa
Corte ha costantemente affermato che l’inammissibilità delle questioni
incidentali di legittimità costituzionale, sotto il profilo della carenza di
giurisdizione del giudice a quo, può
verificarsi solo quando il difetto di giurisdizione emerga icto oculi, «dovendo peraltro la relativa
indagine arrestarsi, qualora il rimettente, come nella specie, abbia
espressamente motivato in maniera non implausibile in
ordine alla propria giurisdizione» (ex multis, sentenze n. 81 del 2010
e n. 94 del 2009).
5.— Passando all’esame del merito, la
prima questione, riferita al vizio di eccesso di potere legislativo, non è
fondata.
A questo riguardo va, anzitutto,
rilevato che risulta superabile l’argomentazione dell’Avvocatura concernente l’inconferenza dei parametri di cui agli articoli 3 e 97
Cost. indicati dal giudice a quo. Il
vizio suddetto, anche se consistente nello sviamento dell’attività legislativa,
ovvero nella intrinseca contraddittorietà tra la ratio della disposizione e il suo contenuto normativo, si
estrinseca nella violazione del canone della ragionevolezza e pertanto rientra
nella sfera applicativa dell’art. 3 della Costituzione (sentenze n. 172 del 2006,
n. 146 del 1996
e n. 313 del 1995).
In alcune occasioni la Corte ha esaminato questo tipo di censura anche se
associata alla violazione dell’art. 97 Cost., nel caso le norme impugnate
riguardassero il funzionamento di pubbliche amministrazioni (sentenza n. 402 del
2007).
Al fine di valutare l’esistenza del
prospettato vizio di eccesso di potere legislativo, sotto il profilo della
intrinseca contraddittorietà tra ratio
e contenuto normativo della disposizione impugnata, è necessario procedere ad
una lettura integrale, e non parziale, delle norme impugnate, come emerge dalla
richiamata giurisprudenza di questa Corte (ex
multis, sentenza n. 402 del
2007), ovvero ad una lettura «dell’intero quadro normativo» di riferimento
del settore legislativo nel quale si inseriscono le stesse norme (sentenza n. 172 del
2006). All’esito di questo esame complessivo, può infatti valutarsi
l’eventuale esistenza del vizio in questione, con particolare riferimento alla ratio dell’intervento legislativo ed
alla sua eventuale irragionevolezza o contraddittorietà, ed allo sviamento
della funzione legislativa.
Anche nel presente giudizio, deve
seguirsi tale procedimento logico e interpretativo.
5.1.— Il quadro normativo di cui
all’art. 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, nel quale si inseriscono le
disposizioni qui impugnate, è stato già esaminato da questa Corte nelle
sentenze n. 200
del 2009, n.
92 e n. 283
del 2011.
Nella prima pronuncia, nella quale sono
state valutate censure direttamente riferite anche alle disposizioni impugnate
nel presente giudizio, la Corte ha affermato che «l’articolo richiamato, nel
suo complesso, reca norme in materia di organizzazione scolastica nazionale»,
ed ha descritto in modo articolato «l’iter complesso» individuato dalla norma
(si veda anche la sentenza
n. 283 del 2011), che comprende: l’indicazione dei fini di migliore
qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione dei docenti
(comma 1); gli interventi volti ad incrementare gradualmente di un punto il
rapporto alunni/docente e ad avvicinare tale rapporto agli standard europei,
nonché a procedere alla revisione dei criteri e dei parametri fissati per le
dotazioni organiche «in modo da consentire, nel triennio 2009-2011, una
riduzione complessiva del 17 per cento della dotazione organica determinata per
l’anno scolastico 2007-2008; con decremento annuo non inferiore ad un terzo
della riduzione complessiva da conseguire» (comma 2); l’indicazione dello
strumento di programmazione degli interventi, costituito da un piano
programmatico di interventi «volti ad una maggiore razionalizzazione
dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano
una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico» (comma 3); e «dei
criteri che debbono orientare tale razionalizzazione, per l’attuazione della
quale è prevista l’adozione di regolamenti governativi» (sentenza n. 200 del
2009, paragrafo 29).
In particolare, in relazione all’art. 64, comma 4, questa Corte ha affermato che «è
necessario sottolineare che il comma 4, nel suo incipit, dispone che, ai fini dell’attuazione del piano
programmatico previsto al comma 3, si provvede con regolamenti di
delegificazione "a una revisione dell’attuale assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico del sistema scolastico” attenendosi ai criteri
indicati nelle lettere che seguono nel comma stesso. Sul punto è indispensabile
precisare che la disposizione in questione, correttamente interpretata, deve
essere intesa nel senso che oggetto di revisione sono "le caratteristiche
basilari” dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema
scolastico. Ciò in coerenza con la natura di norma generale che deve essere
riconosciuta alla disposizione stessa e proprio perché essa è diretta, nel suo
insieme, ad assicurare unitarietà ed uniformità nell’intero territorio
nazionale all’ordinamento scolastico» (sentenza n. 200 del
2009, paragrafo 32).
Sulla base di queste argomentazioni, la
Corte ha dichiarato non fondate le questioni sollevate in riferimento agli
articoli 117, 118 Cost., anche in relazione al principio di leale
collaborazione, e riferite alle lettere da a)
ad f) del comma 4 dell’art. 64 in
questione, e quindi anche alla lettera e),
oggetto del presente giudizio. Sul punto, la sentenza n. 200 del
2009 afferma che «sotto un profilo d’ordine sostanzialistico», le
disposizioni previste dal predetto comma 4, lettere da a) ad f) «possano essere
senz’altro qualificate come "norme generali sull’istruzione”, dal momento che,
per evidenti ragioni di necessaria unità ed uniformità della disciplina in
materia scolastica, sono preordinate ad introdurre una normativa operante
sull’intero territorio nazionale in tema: di razionalizzazione ed accorpamento
delle classi di concorso, al fine di garantire una maggiore flessibilità
nell’impiego di docenti: di ridefinizione dei "curricoli vigenti nei diversi
ordini di scuola” attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e degli
orari; di revisione dei criteri di formazione delle classi; di rimodulazione
dell’organizzazione didattica delle scuole primarie; di revisione di criteri e
parametri per la determinazione complessiva degli organici; di ridefinizione
dell’assetto organizzativo-didattico dei centri di formazione per gli adulti.
Si tratta, dunque, di disposizioni che contribuiscono a delineare la struttura
di base del sistema di istruzione: esse non necessitano di un’ulteriore
normazione a livello regionale, e dunque non possono essere qualificate come
espressive di principi fondamentali della materia dell’istruzione» (sentenza n. 200 del
2009, paragrafi n. 33 e n. 34).
Da queste affermazioni può già desumersi
che la Corte ha identificato il razionale obiettivo delle norme impugnate,
inserendole nel contesto di «una serie di interventi e di misure che sono
dirette alla riorganizzazione del comparto scolastico e, in particolare, ad
incrementare gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente entro l’anno
scolastico 2010/2011»: un rinnovato scrutinio di tale contesto normativo, al
fine di esaminare la censura prospettata nel presente giudizio, conduce allo
stesso risultato.
In tal senso, sono condivisibili le
argomentazioni dell’Avvocatura, che nel ribadire la necessità di una lettura
integrata delle disposizioni impugnate nel contesto complessivo delle norme
contenute nell’art. 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, sostiene che quelle
sulla riduzione del personale ATA si inseriscono in un insieme di criteri
direttivi, quali l’accorpamento delle classi e la razionalizzazione dei piani
di studio e del rapporto alunni/docente secondo standard europei, coerenti con
il fine dichiarato di riorganizzazione del servizio scolastico.
La considerazione delle disposizioni di
cui ai commi 2 e 4, lettera e), in modo
avulso dalla valutazione complessiva della riforma, prevista dall’art. 64 in
questione, nel quale sono inserite, conduce il giudice rimettente a ritenere la
revisione dell’organico del personale ATA un’operazione non collegata al
riassetto del sistema dell’istruzione, identificato da questa Corte nelle
pronunce richiamate.
Lo stesso giudice non considera,
infatti, la funzione del piano programmatico, che secondo il comma 3 dell’art.
64, è finalizzato alla «realizzazione delle finalità previste dal presente
articolo», e quindi a dettare le linee programmatiche in tutti gli ambiti nei
quali si articola la riforma, nella quale rientra anche la prevista riduzione
del personale ATA.
La lettura del piano predisposto
conferma la necessità di questo collegamento, al fine di una corretta
interpretazione delle disposizioni impugnate, dal momento che nel paragrafo
introduttivo, dedicato alle «aree di intervento», lo stesso atto chiarisce che
«il presente documento programmatico individua una sequenza organica di azioni
strettamente correlate e interdipendenti secondo una logica unitaria, riferite
alle seguenti macro-aree: 1. Revisione degli ordinamenti didattici; 2.
Riorganizzazione della rete scolastica; 3. Razionale ed efficace utilizzo delle
risorse umane delle scuole». E il successivo capitolo dedicato al personale ATA
ribadisce queste interdipendenze tra i vari interventi di riforma previsti,
disponendo, oltre alle riduzioni di cui al comma 2 dell’art. 64, che «la
formulazione del nuovo piano di dimensionamento sopra descritto ridurrà sia il
numero delle istituzioni scolastiche che quello delle sezioni distaccate, dei
plessi e delle succursali, con conseguente riduzione di fabbisogno di personale
ATA».
La coerenza interna delle misure di riforma del sistema scolastico,
previste dall’art. 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, è confermata dalle
argomentazioni contenute nella sentenza n. 283 del
2011, con la quale questa Corte ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 72, comma 1, ultimo periodo, dello stesso
decreto-legge n. 112 del 2008, nella parte in cui esclude il personale
scolastico dalla possibilità di richiedere l’esonero anticipato dal servizio.
Per giustificare tale esclusione, la sentenza afferma che la disposizione
censurata «deve essere letta congiuntamente a quanto
stabilito dall’art. 64 del predetto decreto-legge, che, con l’obiettivo di "una
migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione
professionale del personale docente”, delinea una serie di interventi e di
misure volte a riorganizzare il comparto scolastico e, in particolare, tese ad
"incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente” entro l’anno
scolastico 2010/2011».
In questa pronuncia, si ribadisce che al fine suindicato, «il citato articolo 64 individua un iter complesso», che,
oltre al più volte richiamato piano programmatico, prevede «l’adozione di uno o
più regolamenti di revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e
didattico del sistema scolastico, vincolati al rispetto dei criteri
espressamente menzionati dalle lettere da a)
ad e) del comma 4 dell’art. 64 del
decreto-legge n. 112 del 2008»; e si afferma che «la disposizione di esclusione
del personale scolastico dall’area di operatività dell’art. 72 del
decreto-legge in questione si presenta in sintonia con il disegno del
legislatore, che pur essendo volto a realizzare una riduzione del numero dei
dipendenti pubblici, e quindi anche del personale scolastico, per quanto
concerne quest’ultima categoria, tiene conto tuttavia della necessità di
effettuare una razionale revisione delle dotazioni organiche attraverso il
riassetto ordinamentale di cui all’art. 64 del medesimo decreto-legge.
Quest’ultima disposizione, perseguendo l’obiettivo di «una
migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione
professionale del personale docente», delinea una serie di interventi e di
misure che sono dirette alla riorganizzazione del comparto scolastico, e, in
particolare, ad «incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto
alunni/docente” entro l’anno scolastico 2010/2011» (sentenza
n. 283 del 2011).
Pertanto, la prima questione sollevata
nel presente giudizio non è fondata, dal momento che la lettura integrata delle
disposizioni impugnate nel contesto complessivo delle norme di cui all’art. 64
del decreto-legge n. 112 del 2008, consente di ritenere coerente con il disegno
di migliore qualificazione del servizio scolastico la prevista riduzione del
personale ATA.
5.2.— Anche la questione successiva,
sollevata in riferimento alla violazione della riserva di legge di cui all’art.
97 Cost., non è fondata.
Innanzitutto, la risalente
giurisprudenza di questa Corte ha qualificato come relativa la riserva di legge
in esame (ex multis,
sentenze n. 229
del 1976 e n.
88 del 1989).
In secondo luogo, con riferimento alle
disposizioni impugnate, la richiamata sentenza n. 200 del
2009, ha affermato, da un lato, che i regolamenti di delegificazione
previsti dalle lettere da a) ad f) del comma 4 dell’art. 64 non
intervengono in una materia coperta da riserva assoluta di legge (paragrafo
35.2), e, dall’altro, che «in particolare, a tale proposito, il legislatore –
nello stabilire che mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione,
si debba provvedere ad una revisione dell’attuale assetto ordinamentale,
organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi riferito, come
già rilevato, alle sole modifiche relative alle caratteristiche generali del
sistema nazionale dell’istruzione – ha provveduto ad una predeterminazione
contenutistica puntuale dei "criteri” cui deve rigorosamente attenersi il
Governo nell’esercizio della potestà regolamentare delegata».
Ora, pur ammettendosi che tale indagine
sull’esistenza di criteri idonei ad orientare la complessiva riforma del
sistema dell’istruzione prevista dall’art. 64 è stata condotta da questa Corte,
nella sentenza
n. 200 del 2009, ai fini della verifica del rispetto del principio di
legalità sostanziale di cui all’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988
(Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri), essa può essere integralmente richiamata anche allo
scopo di giustificare il rispetto della riserva relativa invocata dal giudice
rimettente. Le due condizioni richieste per il ricorso a regolamenti di
delegificazione, rispettivamente costituite dalla estraneità della materia alla
riserva di legge assoluta e dal rispetto del principio di legalità sostanziale,
tendono infatti a coincidere ove si verta in una materia che, come emergerà nel
punto successivo, rientra nella competenza esclusiva statale.
Nel caso in esame, il rispetto della
riserva relativa di legge, nelle disposizioni impugnate, si ricava comunque
dall’esame dei principi e criteri contenuti nell’art. 64, commi da 1 a 4, e
dagli evidenti collegamenti tra loro istituiti al fine di realizzare la
complessiva riforma del sistema scolastico.
In particolare, la lettura integrata
delle disposizioni contenute nell’articolo in esame, conferma l’individuazione
dei criteri direttivi previsti dal legislatore nel collegamento evidente tra il
comma 3 – che disciplina le modalità di approvazione del piano programmatico
volto alla «maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e
strumentali disponibili», al fine di «conferire una maggiore efficacia ed efficienza
al sistema scolastico», sentite la Conferenza Unificata e le Commissioni
parlamentari competenti – e i regolamenti di delegificazione che intervengono
in vari ambiti essenziali del sistema scolastico, che riguardano:
l’accorpamento delle classi, per rendere più flessibile l’impiego dei docenti
(comma 4, lettera a); la
ridefinizione dei curricoli (lettera b);
la revisione dei criteri per la formazione delle classi (lettera c); la rimodulazione dell’attuale
organizzazione didattica della scuola primaria, compresa la formazione
professionale del personale docente (lettera d), e la ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei
centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali (lettera f).
Un riassetto di tale ampiezza non può non
riguardare anche il personale ATA, in relazione al quale il comma 2 dell’art.
64 ha individuato la necessità della sua riduzione complessiva, quantificata
nella percentuale del 17 per cento, e il comma 4 lettera e), la conseguente esigenza di revisione dei criteri e dei
parametri per la determinazione della consistenza organica complessiva,
«finalizzata ad una razionalizzazione degli stessi»: in quest’ultimo obiettivo
la norma, correttamente interpretata, individua il necessario collegamento
della revisione dell’organico ATA con gli effetti della riforma complessiva
avviata dall’art. 64.
5.3.— Infine, anche la censura riferita
alla violazione dei criteri di riparto delle competenze tra Stato e Regioni in
materia di istruzione non è fondata. Come si è visto, la più volte richiamata sentenza n. 200 del
2009 ha specificamente qualificato le disposizioni di cui al comma 4,
lettere da a) ad f), dell’art. 64, come «norme generali sull’istruzione», affermando
che «è indispensabile precisare che la disposizione in questione, correttamente
interpretata, deve essere intesa nel senso che oggetto di revisione sono le
"caratteristiche basilari” dell’assetto ordinamentale, organizzativo e
didattico del sistema scolastico. Ciò in coerenza con la natura di norma
generale che deve essere riconosciuta alla disposizione stessa e proprio perché
essa è diretta, nel suo insieme, ad assicurare unitarietà ed uniformità
nell’intero territorio nazionale all’ordinamento scolastico». Ancora più
diffusamente, la medesima sentenza ha chiarito che le disposizioni previste dal
predetto comma 4, lettere da a) ad f), e quindi anche dal comma 4, lettera e), qui impugnato, possono «essere
senz’altro qualificate come "norme generali sull’istruzione”, dal momento che,
per evidenti ragioni di necessaria unità ed uniformità della disciplina in
materia scolastica, sono preordinate ad introdurre una normativa operante
sull’intero territorio nazionale».
In relazione al comma 2, dello stesso
articolo 64 censurato, deve rilevarsi che con la sentenza n. 37 del
2005 questa Corte ha dichiarato non fondata, in riferimento all’art. 117
Cost., la questione concernente una disposizione statale analoga a quella qui
censurata, che rinviava a un decreto ministeriale per disporre la riduzione
delle dotazioni organiche dei collaboratori scolastici, compresi nel personale ATA, in modo da conseguire nel
triennio 2003-2005 una riduzione complessiva del 6 per cento della consistenza
numerica della dotazione organica determinata per l’anno scolastico 2002-2003.
La Corte ha affermato che «attualmente
(…) tutto il personale ATA è alle dipendenze dello Stato (…). E’ evidente,
pertanto, che la disposizione censurata detta una norma di contenimento della
spesa pubblica attraverso la contrazione graduale degli organici di personale
che è alle dipendenze dello Stato, sicché un tale intervento deve essere
ascritto alla materia dell’ordinamento e organizzazione amministrativa dello
Stato, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma,
lettera g), Cost.» (sentenza n. 37 del
2005, paragrafo 4). Anche nel caso in esame, si deve confermare che
l’oggetto della disposizione impugnata, prevista dall’art. 64, comma 2, del
decreto-legge n. 112, rientra nella competenza esclusiva dello Stato, dal
momento che esso attiene alle modalità della revisione delle dotazioni
organiche del suddetto personale ATA, il quale permane alle dipendenze dello
Stato secondo quanto previsto dagli artt. 542 e seguenti del decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole
di ogni ordine e grado) e dall’art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124
(Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico).
Infine, deve escludersi che la recente sentenza n. 147 del
2012, richiamata nella memoria depositata dallo SNALS –
CONF.SAL, possa condurre a diverse
conclusioni, dal momento che in quel caso è stata dichiarata illegittima una
disposizione ritenuta di dettaglio, ed in grado di incidere direttamente sul
dimensionamento degli istituti scolastici – che prevedeva l’aggregazione delle
scuole dell’infanzia e delle scuole primarie e secondarie in istituti
comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di 1000 alunni –
mentre nel caso in esame, come si è visto, la Corte ha già ritenuto che le
norme impugnate prevedono una riforma della «struttura di base del sistema di
istruzione» (si veda ancora la sentenza n. 200 del
2009) e rientrano tra le norme generali sull’istruzione.
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 64, commi 2 e 4, lettera e), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sollevata dal
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, in riferimento agli articoli
3, 97 e 117, secondo comma, lettera n),
e terzo comma della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre
2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 dicembre 2012.