Sentenza n. 50 del 2007

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SENTENZA N. 50

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                      BILE                                      Presidente

- Giovanni Maria        FLICK                                   Giudice     

- Francesco                 AMIRANTE                                 "

- Ugo                          DE SIERVO                                 "

- Romano                    VACCARELLA                          "

- Paolo            MADDALENA                            "

- Alfio             FINOCCHIARO                          "

- Alfonso                    QUARANTA                               "

- Franco                      GALLO                                        "

- Luigi             MAZZELLA                                "

- Gaetano                    SILVESTRI                                  "

- Sabino                      CASSESE                                     "

- Maria Rita                SAULLE                                      "

- Giuseppe                  TESAURO                                   "

- Paolo Maria              NAPOLITANO                            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 1, lettera i), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 agosto 1995, n. 16 (Riforma dell’ordinamento del personale della provincia), introdotto dall’articolo 38 della legge provinciale 11 agosto 1998, n. 9 (Disposizioni finanziarie in connessione con l’assestamento del bilancio di previsione della provincia per l’anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate), promosso con ordinanza del 5 ottobre 2005 dal Tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Acuti Roberto ed altri e la Provincia autonoma di Bolzano ed altri, iscritta al n. 577 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2005.

            Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano, delle Aziende sanitarie di Bolzano, Brunico, Merano e Bressanone e di Tagnin Mario ed altri;

            udito nell’udienza pubblica del 9 gennaio 2007 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

            uditi gli avvocati Paolo Rosa e Federico Sorrentino per Tagnin Mario ed altri, Roland Riz e Giuseppe Franco Ferrari per la Provincia autonoma di Bolzano, Enrico Bertorelle per l’Azienda Sanitaria di Bolzano e Giampaolo Parodi per le Aziende sanitarie di Bolzano, Brunico, Merano e Bressanone.

Ritenuto in fatto

1. – Con ordinanza in data 5 ottobre 2005, il giudice del lavoro presso il Tribunale di Bolzano ha promosso giudizio di legittimità costituzionale in relazione all’ art. 14, comma 1, lettera i), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 agosto 1995, n. 16 (Riforma dell’ordinamento del personale della provincia), introdotto dall’art. 38 della legge provinciale 11 agosto 1998, n. 9 (Disposizioni finanziarie in connessione con l’assestamento del bilancio di previsione della provincia per l’anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate), per contrasto con gli artt. 9, numero 10), 5 e 4 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante «Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino Alto Adige»).

Il rimettente premette che, con ricorso depositato nel giugno 2004, 450 dirigenti sanitari dipendenti delle aziende sanitarie di Bolzano, Bressanone, Brunico, e Merano, hanno chiesto: a) l’accertamento di una serie di loro diritti relativi al mancato adeguamento della legislazione provinciale alla normativa nazionale in tema di modalità di esercizio della loro professione (diritto di optare per l’esercizio della libera professione intra moenia o extra moenia; corresponsione dell’indennità di esclusività, a far tempo dal 1° gennaio 2000; accertamento del proprio diritto all’esercizio della libera professione intra moenia nel rispetto della normativa nazionale e disapplicazione di parte dell’art. 52 del Contratto collettivo provinciale di lavoro); b) la condanna delle aziende datrici di lavoro, in solido con la Provincia autonoma di Bolzano, al risarcimento del danno cagionato dalla preclusione dell’esercizio di attività libero professionale intra moenia dal 1° gennaio 2000.

Preliminarmente, il Tribunale, a fronte dell’eccezione sollevata dai convenuti, afferma che «sembra sussistere» l’interesse ad agire dei ricorrenti, «quanto meno per i trentuno» che hanno depositato, in corso di causa, dichiarazione di esercizio del diritto di opzione per il rapporto.

Nel merito, il rimettente ricorda che l’art. 2-septies del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81 (Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica), ha soppresso il principio della irreversibilità del rapporto di lavoro esclusivo previsto per i dirigenti sanitari dalla precedente disciplina, riconoscendo loro la facoltà di optare, con richiesta da presentare entro il 30 novembre di ogni anno, per il rapporto di lavoro non esclusivo con decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo. Nell’ambito della Provincia autonoma di Bolzano, l’applicazione di queste disposizioni di legge sarebbe impedita dalla norma impugnata, secondo la quale «per il personale del ruolo sanitario è esclusa ogni forma di esercizio di attività libero-professionale extramuraria». Tale disposizione negherebbe non solo il diritto di opzione per l’attività libero-professionale extramuraria, ma anche, implicitamente, il diritto al trattamento economico aggiuntivo per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo, quale previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419), nonché il compenso per la mancata opzione per il rapporto di lavoro non esclusivo nel regime introdotto dall’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004.

Secondo il Tribunale, la Provincia di Bolzano non avrebbe adeguato la propria legislazione ai principi ed alle norme poste dall’art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999 e dall’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004, secondo quanto previsto dall’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), il quale fissa a tale fine il termine di sei mesi dalla pubblicazione della legislazione statale nella Gazzetta Ufficiale. Conseguentemente, la legislazione provinciale non adeguata sarebbe «suscettibile di essere caducata per sopravvenuta illegittimità costituzionale anche a seguito di incidente di costituzionalità», secondo quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 63 del 2000.

Le sollevate questioni di legittimità costituzionale sarebbero rilevanti rispetto alle domande di accertamento proposte dai ricorrenti, dal momento che la disposizione precluderebbe loro sia l’accertamento del diritto di optare per l’esercizio della professione extramuraria, sia l’accertamento del diritto, per coloro che siano assoggettati al rapporto di lavoro esclusivo, alla corresponsione, anche per il passato, del trattamento economico aggiuntivo previsto dal d.lgs. n. 229 del 1999. Le questioni sarebbero rilevanti anche in relazione alle domande di accertamento del diritto all’esercizio della libera professione intra moenia e di accertamento della nullità delle disposizioni del contratto collettivo provinciale in contrasto con la disciplina statale.

Il Tribunale ritiene le questioni non manifestamente infondate «sotto il profilo della violazione dei principi desumibili dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali» quali dovrebbero considerarsi, ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), gli artt. 15 e seguenti del medesimo decreto. Le questioni sarebbero non manifestamente infondate anche sotto il profilo della violazione dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato, inerendo la disposizione in questione alla materia «igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria ed ospedaliera» di cui all’art. 9, numero 10, dello statuto speciale (quest’ultima competenza sarebbe stata condivisa anche da questa Corte nella sentenza n. 373 del 1995, nonché nella sentenza n. 63 del 2000).

Il Tribunale, inoltre, sostiene che, anche dopo l’art. 10 della legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), alla Provincia di Bolzano continuerebbero ad applicarsi le norme statutarie, non prevedendo l’art. 117 Cost. forme di autonomia più ampie.

In conclusione, ad avviso del giudice rimettente, l’art. 14 della legge prov. n. 16 del 1995, escludendo espressamente ogni forma di attività libero-professionale extramuraria e omettendo di prevedere il diritto all’attribuzione di un compenso per l’esclusività del rapporto di lavoro e di regolamentare specificamente l’attività libero-professionale nell’ambito di tale rapporto, contrasterebbe con il principio del diritto di opzione per il rapporto di lavoro non esclusivo stabilito, in favore dei dirigenti sanitari, dall’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004; con il principio del diritto al trattamento economico aggiuntivo per i dirigenti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo affermato dall’art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992; con il principio del diritto all’indennità di esclusività ribadito dall’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004; infine, con «i principi relativi alle tipologie dell’attività professionale e all’equilibrio tra quest’ultima e l’attività istituzionale» desumibili dall’art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992.

2. – È intervenuta in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, la quale ha innanzitutto eccepito l’inammissibilità delle questioni sollevate per l’irrilevanza delle medesime nel giudizio a quo, difettando l’interesse ad agire dei ricorrenti; costoro, infatti, non avendo mai presentato alcuna opzione per l’esercizio della libera professione extra moenia, avrebbero agito in giudizio solo per ottenere il riconoscimento astratto del diritto di opzione e dunque la loro azione sarebbe volta solo a contestare, in via principale, la disposizione legislativa provinciale.

Anche la questione concernente il riconoscimento dell’indennità sarebbe inammissibile, dal momento che la disposizione censurata sarebbe del tutto estranea al trattamento economico del personale, la cui disciplina sarebbe rimessa alla contrattazione collettiva provinciale. Altrettanto dovrebbe ritenersi poi per i limiti all’esercizio dell’attività professionale intramuraria.

Quanto al merito, la difesa provinciale osserva che, in base allo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, la Provincia autonoma di Bolzano è titolare di una competenza esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto» (art. 8, numero l), nonché di una competenza concorrente in materia di «igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria ed ospedaliera» (art. 9, numero 10). L’art. 4, numero 7, del medesimo statuto attribuisce poi alla Regione Trentino-Alto Adige la competenza esclusiva in materia di «ordinamento degli enti sanitari ed ospedalieri».

In base all’art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello Statuto per la Regione Trentino – Alto Adige in materia di igiene e di sanità), novellato dall’art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267, la competenza primaria della Regione Trentino-Alto Adige sarebbe stata suddivisa in sede regionale in modo che alla Regione spetti la potestà legislativa di disciplinare il modello di organizzazione delle istituzioni ed enti sanitari, mentre alle due Province autonome spetti la potestà legislativa ed amministrativa in ordine al funzionamento ed alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari, con l’unica limitazione secondo la quale la Provincia deve garantire l’erogazione di prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi previsti dalle normative nazionale e comunitaria.

Pertanto, nella competenza legislativa della Provincia autonoma di Bolzano rientrerebbe tutta la materia relativa al personale degli enti sanitari ed ospedalieri. A tale riparto di competenze nessuna modifica avrebbe apportato la riforma del titolo V della Costituzione, non prevedendo essa forme di autonomia più ampie.

Dal momento che sarebbe certo che l’esercizio della libera professione da parte dei dirigenti sanitari non riguarda la «tutela della salute», ma «l’organizzazione degli enti ospedalieri», si opererebbe all’interno delle «attribuzioni primarie della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano».

Peraltro, la difesa provinciale afferma anche che, poiché l’ASL costituisce «ente strumentale» della Provincia autonoma di Bolzano, la disciplina dell’ordinamento del personale sanitario di tali enti spetterebbe in via esclusiva alla Provincia nell’ambito dei suoi poteri in tema di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto».

La difesa rileva inoltre che il decreto-legge n. 81 del 2004 non avrebbe previsto un obbligo di adeguamento da parte della Regione e delle Province autonome, né esso potrebbe derivare dal carattere di norma fondamentale delle leggi di grande riforma economico-sociale, dal momento che l’art. 2-septies non presenterebbe tale natura.

Anche laddove si volesse qualificare la competenza legislativa in questione come concorrente, la difesa della Provincia autonoma esclude che le disposizioni dall’art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992 possano qualificarsi come principi fondamentali idonei a vincolare il legislatore provinciale, trattandosi di disposizioni autoapplicative e di carattere temporaneo.

A seguito della modifiche introdotte dal decreto-legge n. 81 del 2004, l’art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992 – ad avviso della Provincia autonoma – porrebbe ancora la regola della esclusività del rapporto, mentre la facoltà di opzione costituirebbe un’eccezione ad essa.

Per quanto concerne l’indennità di esclusività, l’art. 15-quater rimetterebbe alla contrattazione collettiva la previsione di un «trattamento economico aggiuntivo». Nell’ambito della contrattazione della Provincia autonoma di Bolzano, le parti avrebbero concordato il trattamento economico aggiuntivo spettante alla dirigenza medica con rapporto di lavoro esclusivo, ancorché tale trattamento non sia qualificato espressamente come indennità di esclusività; di talché, il trattamento economico complessivo spettante ai dirigenti medici operanti nella Provincia di Bolzano sarebbe di gran lunga più elevato rispetto al trattamento riservato alla dirigenza medica dalle altre Regioni e dalla Provincia di Trento.

3. – Sono intervenuti in giudizio alcuni ricorrenti nel giudizio a quo, sia in proprio che in qualità di membri del direttivo ANAAO Assomed/Vlk di Bolzano.

Essi sostengono, innanzitutto, la rilevanza delle questioni sollevate dal rimettente, dal momento che le pretese azionate nel giudizio a quo non potrebbero essere soddisfatte senza la declaratoria di incostituzionalità della disposizione censurata.

Nel merito, la difesa dei ricorrenti sostiene che la norma censurata rientrerebbe nella potestà legislativa concorrente della Provincia in materia di «funzionamento e gestione delle istituzioni sanitarie» (art. 9, numero 10, dello statuto), mentre erronea sarebbe l’equiparazione tra personale degli uffici provinciali e dirigenti sanitari sostenuta dalla Provincia di Bolzano al fine di ricondurre la materia alla potestà primaria della Provincia stessa ex art. 8, numero 1, dello statuto, giacché la posizione dei dirigenti sanitari troverebbe una propria autonoma disciplina nella legge prov. 5 marzo 2001, n. 7 (Riordinamento del Servizio Sanitario provinciale). Da tale carattere discenderebbe l’obbligo, per il legislatore provinciale, di rispettare i principi fondamentali della legislazione statale, ribadito anche dall’art. 2 della legge 30 novembre 1998, n. 419 (Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), il quale prevede che «le province autonome di Trento e Bolzano adeguino la propria legislazione, nei limiti dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, ai principi fondamentali dei decreti legislativi attuativi della medesima legge».

Su tale quadro non avrebbe inciso la legge cost. n. 3 del 2001.

Dalla legislazione statale sarebbero desumibili taluni principi fondamentali, fra i quali si collocherebbe il diritto di opzione tra la libera professione all’interno o all’esterno della struttura sanitaria. Tale interpretazione sarebbe confermata dalla riforma del 2004, che riconoscerebbe la possibilità di esercitare il diritto di opzione almeno una volta l’anno, eliminando il «favor per l’esclusività che connotava la previgente disciplina». L’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004, inoltre, riconoscerebbe alle Regioni la possibilità di intervenire in materia di opzione solo per dettarne una disciplina più favorevole e non per escluderne la sussistenza.

Quanto al trattamento economico, dall’art. 15-quater, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992 si desumerebbe il principio che impone la corresponsione di una indennità di esclusività per coloro che optano per il rapporto esclusivo.

La legislazione statale porrebbe inoltre principi fondamentali concernenti la concreta disciplina dell’attività libero-professionale intra moenia.

Le disposizioni statali richiamate sarebbero altresì qualificabili come norme fondamentali di riforma economico-sociale, in quanto norme di riforma «corrispondenti a scelte di "incisiva innovatività” in un settore (quello sanitario) qualificante la vita sociale del Paese».

4. – Sono intervenute in giudizio anche le Aziende sanitarie di Bolzano, di Merano, di Bressanone e di Brunico, le quali hanno depositato memorie di contenuto sostanzialmente identico.

Viene anzitutto eccepita l’inammissibilità delle questioni prospettate dal Tribunale di Bolzano, in primo luogo in ragione della loro irrilevanza nell’ambito del giudizio a quo, stante l’«evidente carenza di un interesse ad agire concreto ed attuale al momento del ricorso» in capo ai ricorrenti. Nessuno di essi, infatti, avrebbe mai presentato all’Azienda sanitaria di appartenenza un’opzione per l’attività extramuraria, né avrebbe indicato atti concreti da cui si possa ritenere che l’amministrazione abbia contestato il diritto da essi vantato. Irrilevanti sarebbero le dichiarazioni di esercizio del diritto di opzione depositate in corso di causa da taluni ricorrenti, dovendo le condizioni dell’azione sussistere al momento della proposizione dell’azione.

Ulteriore ragione di inammissibilità sarebbe determinata dal difetto di motivazione dell’ordinanza di rimessione in ordine alla rilevanza delle questioni, non spiegando il giudice la ragione per cui ritiene che il vizio del difetto di interesse sia sanato da un comportamento successivo al ricorso. Inoltre, insufficiente sarebbe in ogni caso la descrizione della fattispecie concreta, posto che l’ordinanza di rimessione considera indistintamente la posizione dei 450 ricorrenti del giudizio a quo, senza specificare quando essi siano stati assunti in servizio, né se abbiano rivolto istanze all’amministrazione di appartenenza.

Le questioni sarebbero, ancora, inammissibili per fictio litis, stante il carattere ipotetico e teorico della domanda di accertamento proposta.

Inammissibile sarebbe poi, più specificamente, la questione relativa alla mancata previsione dell’indennità di esclusività, dal momento che la disposizione denunciata non atterrebbe al trattamento economico della dirigenza sanitaria.

La questione sarebbe inammissibile sotto il profilo dell’asserito contrasto con i principi della legislazione statale in tema di attività libero professionale intramuraria, dal momento che la relativa disciplina è contenuta nel CCPL che non può essere censurato avanti alla Corte ed in quanto non sarebbe indicato il contenuto precettivo dei principi asseritamente violati.

Infine, una ulteriore causa di inammissibilità viene ravvisata nella omessa motivazione sulla rilevanza della suddetta questione, non potendosi ritenere sufficienti le affermazioni al riguardo contenute nell’ordinanza di rimessione.

Nel merito, tutte le questioni sarebbero infondate.

Ad avviso delle Aziende sanitarie, la materia cui attiene la disposizione censurata andrebbe individuata in quella concernente lo «stato giuridico ed economico del personale sanitario» che l’art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975 attribuirebbe alla competenza primaria delle Province autonome prevedendo, al comma 3, che essa è esercitata nei limiti posti dallo statuto. In tal modo, la norma rinvierebbe implicitamente all’art. 8, numero 1, dello statuto, che attribuisce alle Province autonome la potestà legislativa primaria in materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto», «essendo le Aziende sanitarie "enti strumentali della Provincia autonoma di Bolzano per il conseguimento di fini istituzionali” (art. 5, comma 1, legge provinciale 5.3.2001, n. 7)».

Sarebbe pertanto preclusa alla legislazione statale la determinazione dei principi fondamentali, ma anche a voler ritenere che la disciplina in questione acceda alla competenza concorrente delle Province, la disciplina statale evocata non vincolerebbe il legislatore provinciale, non contenendo principi fondamentali né norme fondamentali. Tale non sarebbe la previsione di cui all’art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, trattandosi di disposizione autoapplicativa o di dettaglio, non idonea, secondo la giurisprudenza costituzionale, a costituire principio fondamentale. In ogni caso, se mai un tale principio volesse individuarsi, questo, prima delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 81 del 2004, sarebbe stato costituito dalla esclusività del rapporto dei dirigenti medici.

Per quanto concerne l’indennità di esclusività, l’art. 14 della legge prov. n. 16 del 1995 non contrasterebbe con l’art. 15-quater, comma 5, del d.lgs. n. 502 del 1992, il quale rinvia ai contratti collettivi la definizione di un «trattamento economico aggiuntivo». La disposizione censurata, infatti, non atterrebbe alla materia del trattamento economico della dirigenza sanitaria né inciderebbe sull’indennità di esclusività. In ogni caso, secondo la difesa delle Aziende sanitarie intervenute, la contrattazione provinciale prevederebbe un trattamento economico aggiuntivo «più che adeguato sul piano quantitativo».

Del pari non assurgerebbero a norme fondamentali le disposizioni in tema di attività libero-professionale intramuraria, la necessaria previsione di tempi e spazi per l’esercizio dell’attività libero-professionale intramuraria nell’ambito delle strutture sanitarie, né l’articolazione dei tempi e delle modalità organizzative.

5. – In prossimità dell’udienza pubblica, la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato una memoria nella quale ribadisce le eccezioni di inammissibilità delle questioni sollevate dal Tribunale di Bolzano, già prospettate nel precedente atto di intervento.

Quanto al merito, oltre a ribadire le difese già svolte, la difesa provinciale aggiunge il richiamo alla sentenza n. 181 del 2006, con la quale questa Corte ha affermato che la materia cui ricondurre il decreto-legge n. 81 del 2004 sarebbe quella della tutela della salute. Tale pronuncia non riguarderebbe le Province autonome, dal momento che esse, in base allo statuto ed alle relative norme di attuazione, avrebbero competenza primaria in materia di «organizzazione degli enti ospedalieri».

In ogni caso, la Provincia di Bolzano sarebbe dotata, ai sensi dell’art. 8, numero 1, dello statuto, di competenza primaria in materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto», in forza della quale i dipendenti del servizio sanitario provinciale sarebbero «disciplinati e regolati, ma anche interamente pagati» dalla Provincia.

La difesa provinciale, inoltre, ribadisce che le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 81 del 2004 non potrebbero costituire principio fondamentale della legislazione statale ovvero norma fondamentale delle riforme economico-sociali, dal momento che esse sarebbero contenute in un decreto-legge varato in un momento di straordinaria necessità ed urgenza. Tale carattere, inoltre, sarebbe stato escluso dalla stessa sentenza n. 181 del 2006, ove questa Corte avrebbe affermato che il risultato delle modifiche apportate dal citato decreto al d.lgs. n. 502 del 1992 non consiste nella enunciazione di un "nuovo” principio fondamentale.

6. – Anche le Aziende sanitarie di Bolzano, Bressanone, Brunico e Merano hanno depositato una memoria nella quale ribadiscono le difese già svolte nei propri atti di intervento.

In punto di inammissibilità delle questioni prospettate, esse osservano come la presentazione, nelle more del giudizio, delle dichiarazioni di opzione da parte di taluni dei dirigenti medici ricorrenti, integrerebbe un comportamento extraprocessuale del tutto ininfluente ai fini della valutazione della rilevanza della questione di legittimità costituzionale.

La difesa delle ASL aggiunge, inoltre, che la questione prospettata dal Tribunale rimettente dovrebbe essere circoscritta al parametro costituito dal decreto-legge n. 81 del 2004 – «dal momento che l’ordinanza non solleva espressamente alcuna questione in riferimento all’art. 15-quater, d.lgs. n. 502 del 1992 nel testo introdotto dal d.lgs. n. 229 del 1999»; in ogni caso, la questione dovrebbe essere limitata, ratione temporis, al periodo successivo alla scadenza del semestre entro il quale, ai sensi del d.lgs. n. 266 del 1992, le Province autonome devono adeguare la propria legislazione alla nuova normativa statale.

Quanto alla censura concernente la mancata previsione dell’indennità di esclusività, viene eccepito, quale ulteriore motivo di inammissibilità, l’omissione del doveroso tentativo di fornire della norma censurata un’interpretazione conforme a Costituzione, tentativo che avrebbe portato a ritenere la disposizione non attinente al trattamento economico e dunque di per sé non ostativa al riconoscimento di un indennità aggiuntiva in favore dei sanitari che optino per il rapporto esclusivo.

In realtà, ad avviso delle ASL, la questione sollevata si risolverebbe in una «forma surrettizia e inammissibile di impugnazione» avanti alla Corte del contratto collettivo provinciale di lavoro, al quale l’art. 5 della legge provinciale n. 16 del 1995 rimette la disciplina del trattamento economico.

Nel merito, la difesa delle aziende sanitarie ribadisce la manifesta infondatezza della questione concernente il mancato riconoscimento del diritto di opzione da parte dell’art. 14, comma 1, lettera i), della legge provinciale n. 16 del 1995, dal momento che, almeno fino al decreto-legge n. 81 del 2004, il principio fondamentale desumibile dalla legislazione statale era quello della esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari, mentre, successivamente a tale periodo, dovrebbe riconoscersi la competenza del legislatore regionale e provinciale a derogare alla nuova disciplina statale di dettaglio sulla facoltà di opzione, come riconosciuto anche da questa Corte con la sentenza n. 328 del 2006.

Manifestamente infondata sarebbe altresì la questione prospettata in relazione alla mancata previsione del trattamento economico aggiuntivo, dal momento che l’art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992 che lo prevede, si rivolgerebbe non già al legislatore provinciale, bensì alla contrattazione collettiva. In ogni caso, la disposizione provinciale censurata, non disciplinando l’indennità di esclusività, non contrasterebbe con alcuna previsione statale. Analoghe considerazioni sono svolte in relazione all’asserito contrasto della disposizione provinciale censurata con i principi relativi alle tipologie di attività professionale ed all’equilibrio tra questa e le attività istituzionali.

7. – Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, i ricorrenti nel giudizio a quo costituitisi nel presente giudizio replicano alle argomentazioni svolte dalla Provincia di Bolzano e dalle ASL intervenute nel giudizio.

I ricorrenti osservano innanzitutto come l’eccezione concernente la carenza di interesse a ricorrere sarebbe inammissibile nel giudizio di costituzionalità, essendo sufficiente che il giudice a quo motivi in ordine ad essa. In ogni caso, essa sarebbe infondata, dal momento che dal verbale di mancata conciliazione del giudizio a quo risulterebbe evidente come i dirigenti medici abbiano richiesto di essere autorizzati ad esercitare il diritto di opzione allo svolgimento di attività libero-professionale intra o extra moenia, ma le amministrazioni di appartenenza abbiano rifiutato tale richiesta sostenendo che essa non fosse consentita dalla legislazione provinciale.

Nessuna contraddizione vi sarebbe, poi, tra la richiesta del riconoscimento del diritto di opzione e quella dell’indennità di esclusività, dal momento che questa riguarderebbe il periodo in cui tutti dirigenti non hanno potuto esercitare l’opzione a far data dal 1° gennaio 2000, ed inoltre coloro che, in futuro, volessero optare per il rapporto esclusivo.

Quanto all’eccepito difetto di descrizione della fattispecie concreta, le parti private rilevano che la questione è prospettata in relazione alla nuova disciplina del diritto di opzione introdotta dall’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004, il quale non distinguerebbe il regime dei dirigenti sanitari in relazione alla data di assunzione (prima o dopo il 31 dicembre 1998, secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 229 del 1999), ma riconoscerebbe a tutti, indistintamente, la facoltà di scelta. Pertanto, irrilevante sarebbe la specificazione della data di assunzione di ciascuno dei ricorrenti.

Infondato sarebbe, altresì, l’eccepito difetto di pregiudizialità della questione, dal momento che la legge provinciale impedirebbe alle ASL di riconoscere il diritto di opzione e non consentirebbe – non prevedendolo – di corrispondere l’indennità aggiuntiva per il rapporto di lavoro esclusivo, così impedendo l’accoglimento delle domande avanzate nel giudizio a quo.

Per quanto attiene alla mancata previsione dell’indennità di esclusività, la difesa delle parti private rileva come, benché la disposizione provinciale nulla preveda al riguardo, essa sia stata invocata dalle ASL nel giudizio a quo per negarne il riconoscimento ai ricorrenti. Inoltre osserva come sia la stessa legge statale (l’art. 15-quater, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 502 del 1992, come sostituiti dall’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004) a prevedere espressamente l’attribuzione dell’indennità in contestazione, riservandone al contratto collettivo solo la quantificazione. D’altra parte tale indennità sarebbe inscindibilmente connessa con l’esclusività del rapporto che la norma censurata impone.

Quanto poi alle eccezioni relative alla censura concernente il contrasto con i principi della legislazione statale in tema di attività libero-professionale intramuraria, i ricorrenti sostengono che essa non avrebbe ad oggetto la disciplina del contratto collettivo provinciale, bensì l’art. 14 della legge provinciale n. 16 del 1995, il quale non si preoccuperebbe di porre i dirigenti sanitari nella concreta possibilità di esercitare attività libero-professionale intra moenia, come invece previsto dall’art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992.

In relazione al merito delle censure, si ribadisce che le disposizioni statali evocate a parametro interposto costituirebbero norme fondamentali delle riforme economico-sociali e come tali si imporrebbero al rispetto del legislatore provinciale, a prescindere dal carattere primario o secondario della sua competenza.

In ogni caso, la disciplina del diritto di opzione dovrebbe ricondursi alla materia della tutela della salute, secondo quanto affermato nella sentenza n. 181 del 2006 da questa Corte, la quale avrebbe altresì riconosciuto che, per effetto della nuova disciplina statale, il sistema si fonda sulla reversibilità della scelta tanto se effettuata in favore del rapporto esclusivo, quanto di quello non esclusivo. Il riconoscimento di tale diritto, contenuto nell’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004, costituirebbe principio fondamentale con il quale contrasterebbe la disposizione provinciale censurata.

Con riguardo al trattamento economico dei dirigenti sanitari della Provincia di Bolzano, la difesa delle parti private, in punto di fatto, sostiene che esso, per effetto del mancato riconoscimento dell’indennità di esclusività e per il divieto dell’esercizio della professione extramuraria, sarebbe sensibilmente inferiore a quello dei colleghi di Trento. Inoltre, osserva che la disposizione provinciale censurata contrasterebbe con la legislazione statale, la quale prevede tale indennità collegandola all’opzione per il rapporto esclusivo sia al fine di incentivare tale scelta, sia per compensare la rinuncia all’esercizio di attività professionale esterna.

Infine, la mancata previsione, da parte dell’art. 14 della legge prov. n. 16 del 1995, di tempi e spazi adeguati per l’esercizio della libera professione intramuraria contrasterebbe con il principio sancito dall’art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992 e impedirebbe al giudice a quo di accertare la nullità delle clausole del CCPL al quale spetta di disciplinare le modalità di esercizio della suddetta attività.

Considerato in diritto

1. – Il giudice del lavoro presso il Tribunale di Bolzano ha promosso giudizio di legittimità costituzionale in relazione all’ art. 14, comma 1, lettera i), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 agosto 1995, n. 16 (Riforma dell’ordinamento del personale della provincia), introdotto dall’art. 38 della legge provinciale 11 agosto 1998, n. 9 (Disposizioni finanziarie in connessione con l’assestamento del bilancio di previsione della provincia per l’anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate), per contrasto con gli artt. 9, numero 10), 5 e 4 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante «Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino Alto Adige»).

Il rimettente ritiene che la disposizione censurata, nella parte in cui esplicitamente esclude per il personale del ruolo sanitario ogni forma di attività libero-professionale extramuraria e, implicitamente, nega il diritto al trattamento economico aggiuntivo per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo, nonché omette ogni regolamentazione dell’attività libero-professionale nell’ambito di tale rapporto, violerebbe i «principi desumibili dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali» – qualificabili peraltro anche come principi fondamentali della legislazione statale nella materia «igiene e sanità» attribuita alla competenza concorrente della Provincia autonoma – principi desumibili specificamente dagli artt. 15 e seguenti del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421).

In particolare, l’art. 14, comma 1, lettera i), della legge provinciale n. 16 del 1995 contrasterebbe con il principio del diritto di opzione per il rapporto di lavoro non esclusivo, stabilito in favore dei dirigenti sanitari dall’art. 2-septies del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, come convertito nella legge 26 maggio 2004, n. 138; con il principio del diritto al trattamento economico aggiuntivo per i dirigenti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo affermato dall’art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, introdotto dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419). Violerebbe, inoltre, il principio del diritto all’indennità di esclusività ribadito dall’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004, nonché «i principi relativi alle tipologie dell’attività professionale e all’equilibrio tra quest’ultima e l’attività istituzionale» desumibili dall’art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992.

Secondo il giudice rimettente, la disposizione censurata sarebbe divenuta costituzionalmente illegittima poiché la Provincia autonoma di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di una disposizione legislativa statale costituente limite dei poteri legislativi regionali – termine prescritto dall’art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento) – non avrebbe adeguato la propria legislazione alla sopravvenuta disciplina legislativa dello Stato.

Tale obbligo di adeguamento, secondo il Tribunale di Bolzano, si sarebbe reso necessario in quanto si opererebbe nella materia «igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria ed ospedaliera» di cui all’art. 9, numero 10, dello statuto speciale, e l’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004 esprimerebbe una norma fondamentale di riforma economico-sociale o comunque un principio fondamentale nella suddetta materia.

2. – In via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalle Aziende sanitarie di Bolzano, di Merano, di Bressanone e di Brunico .

2.1. – Innanzitutto, viene eccepito il difetto di rilevanza delle questione, ovvero, il difetto di motivazione sulla rilevanza conseguente alla asserita carenza di interesse al ricorso delle parti attrici nell’ambito del giudizio a quo, il quale sarebbe, pertanto, radicalmente inammissibile. Tale carenza di interesse deriverebbe dal fatto che nessuno dei ricorrenti nel giudizio a quo avrebbe mai formulato all’ASL di appartenenza istanza per lo svolgimento della libera professione extra moenia e pertanto non vi sarebbe mai stato alcun provvedimento negativo del diritto di cui si chiede l’accertamento in giudizio.

Connesso a tale profilo, sarebbe l’eccepito difetto di incidentalità della questione sollevata dal rimettente, in quanto la richiesta di dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004 costituirebbe in realtà l’unico petitum del giudizio pendente avanti al Tribunale.

Tali eccezioni devono essere respinte, anzitutto perché i plurimi oggetti costituenti il petitum nel giudizio a quo (accertamento del diritto all’opzione quanto all’esercizio dell’attività libero professionale extramuraria ovvero intramuraria; accertamento del diritto alla corresponsione dell’indennità di esclusiva per il lasso di tempo successivo al 1° gennaio 2000; accertamento del diritto ad esercitare l’attività libero professionale intramuraria secondo la disciplina nazionale; disapplicazione del CCPL dell’8 aprile 2003 che contempla l’autorizzazione del direttore generale dell’ASL per la parte in cui consente l’attività intramuraria in alternativa alle tre ore di plus orario; condanna delle parti convenute al risarcimento del danno cagionato dalla preclusione dell’esercizio di attività libero professionale intramuraria dal 1° gennaio 2000) non coincidono con la (e non si esauriscono nella) richiesta di dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera i), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 16 del 1995, quanto meno sul versante dei diversi profili economici connessi all’esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari o inerenti al loro stato giuridico.

Pertanto, deve ritenersi senz’altro sussistente il carattere "incidentale” della questione sollevata, dal momento che l’eventuale pronuncia di accoglimento di questa Corte costituirebbe condizione necessaria per realizzare la tutela delle situazioni giuridiche fatte valere dai ricorrenti nel giudizio a quo in ordine al riconoscimento del diritto di opzione ed al relativo trattamento economico.

Inoltre, quanto al profilo della rilevanza della questione, questa Corte ha in più occasioni affermato che «sia il riscontro dell’interesse ad agire che la verifica della legittimazione delle parti sono rimessi alla valutazione del giudice rimettente, attenendo entrambi alla rilevanza dell’incidente di costituzionalità e non sono suscettibili di riesame ove sorretti da una motivazione non implausibile» (così sentenza n. 173 del 1994, analogamente si veda la sentenza n. 62 del 1992). Nel caso in esame il Tribunale di Bolzano ha adeguatamente motivato in ordine alla rilevanza dell’eccezione d’incostituzionalità ed ha rigettato le eccezioni di carenza di interesse sollevate dalle parti convenute – dando anche atto che alcuni ricorrenti avevano presentato l’istanza di opzione, manifestando così, in modo concreto ed attuale, il loro interesse al soddisfacimento della pretesa fatta valere in giudizio – con una motivazione non implausibile.

2.2. – Anche l’eccezione di inammissibilità della questione fondata sulla carente descrizione della fattispecie, sotto il profilo della mancata indicazione della data di assunzione in servizio dei numerosi ricorrenti nel giudizio a quo, deve essere rigettata.

L’indicazione di tale data, infatti, assumeva valore determinante nella disciplina dettata dall’art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999, che introdusse nel testo del d.lgs. n. 502 del 1992 gli artt. 15-bis e seguenti, in tema di esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario. Tra questi, in particolare, l’art. 15-quater, disponeva che «i dirigenti sanitari, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, con i quali sia stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro in data successiva al 31 dicembre, nonché quelli che, alla data di entrata in vigore del presente decreto […] abbiano optato per l’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria, sono assoggettati al rapporto di lavoro esclusivo». Il successivo comma 2 disponeva che, «salvo quanto previsto al comma 1, i dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre 1998, che hanno optato per l’esercizio dell’attività libero professionale extramuraria, passano, a domanda, al rapporto di lavoro esclusivo».

Peraltro, il giudice rimettente formula le proprie censure con specifico riguardo alla disciplina del diritto di opzione introdotta dal decreto-legge n. 81 del 2004, che ha riconosciuto tale diritto a tutti i dirigenti sanitari e non più limitatamente (come era nella disciplina di cui al d.lgs. n. 229 del 1999) ai soli medici assunti prima del 31 dicembre 1998.

Conseguentemente, l’indicazione della data di assunzione dei ricorrenti nel giudizio a quo appare irrilevante ai fini delle questioni prospettate.

2.3. – Le difese della Provincia autonoma di Bolzano e delle ASL intervenute in giudizio hanno eccepito anche l’inammissibilità degli specifici profili di censura prospettati dal giudice rimettente in relazione sia alla asserita implicita "negazione” – che sarebbe contenuta nella disposizione legislativa sottoposta al sindacato di questa Corte – del diritto al trattamento economico aggiuntivo per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo, sia alla asserita illegittima "omissione” – nella medesima disposizione – di ogni regolamentazione dell’attività libero-professionale svolta nell’ambito di tale rapporto. Per questi profili, secondo il rimettente, l’illegittimità costituzionale discenderebbe dall’asserito mancato recepimento da parte della legislazione provinciale delle disposizioni di cui all’art. 15-quater, comma 5, e all’art. 15-quinquies, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, quale modificato dal d.lgs. n. 229 del 1999, aventi ad oggetto il trattamento economico aggiuntivo e i principi relativi alle tipologie dell’attività professionale dei dirigenti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo, nonché all’equilibrio tra quest’ultima e l’attività istituzionale, principi desumibili dall’art. 15-quinquies del d.lgs. 502 del 1992.

Tali questioni sono inammissibili.

In effetti lo stesso giudice rimettente riconosce che la disposizione censurata non nega espressamente quanto disposto nel d.lgs. n. 229 del 1999, ma sostiene che questa disposizione negherebbe «implicitamente, omettendone ogni regolamentazione o accenno», lo speciale diritto al trattamento economico per i dirigenti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo e l’equilibrio fra le tipologie delle loro attività professionali che sono previsti dalla legislazione statale. Peraltro, non solo l’oggetto della disposizione legislativa provinciale oggetto di censura appare testualmente limitato alla sola prescrizione obbligatoria dell’esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari, ma la disciplina degli specifici oggetti di cui si lamenta la mancata garanzia è affidata dallo stesso legislatore statale (quanto meno prevalentemente) alla contrattazione collettiva. Ciò avrebbe reso necessario, quantomeno, che il Tribunale rimettente si facesse carico – come questa Corte ha più volte sottolineato nella sua giurisprudenza – della praticabilità di una interpretazione costituzionalmente orientata del quadro normativo preso in considerazione, in particolare dando adeguato conto nell’ordinanza di rimessione di aver operato, con esito negativo, il tentativo di interpretazione conforme a Costituzione della disposizione censurata.

3. – Il tema del giudizio su cui questa Corte è chiamata a pronunciarsi risulta pertanto limitato alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera i), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 16 del 1995 (quale introdotto dall’art. 38 della legge provinciale 11 agosto 1998, n. 9), nella parte in cui, escludendo esplicitamente per il personale del ruolo sanitario ogni forma di attività libero-professionale extramuraria, si porrebbe in contrasto con il principio del diritto di opzione per il rapporto di lavoro non esclusivo, stabilito dall’art. 2-septies del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, come convertito nella legge 26 maggio 2004, n. 138, in favore dei dirigenti sanitari.

Tale questione, occorre chiarire, è motivata dal giudice rimettente sull’asserito mancato adeguamento della legislazione provinciale – entro il termine massimo di sei mesi prescritto dal primo comma dell’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 – ai «principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato», quali sarebbero espressi dal citato art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004, che ha sostituito il comma 4 dell’art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, il quale ha riconosciuto ai dirigenti sanitari la possibilità di optare per il rapporto di lavoro non esclusivo.

Al tempo stesso non vi è dubbio, sulla base della giurisprudenza di questa Corte (si vedano le sentenze n. 63 del 2000, n. 147 del 1999 e n. 80 del 1996), che la eventuale incostituzionalità sopravvenuta possa essere sollevata in via incidentale, malgrado la mancata impugnativa da parte del Governo dopo il passaggio dei sei mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle norme legislative statali, secondo quanto previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992.

4. – Per affrontare il merito della questione, è necessario anzitutto individuare l’ambito materiale entro il quale si colloca la disposizione censurata.

La recente sentenza di questa Corte n. 181 del 2006, relativa ad una questione di costituzionalità insorta in riferimento al nuovo Titolo V della Costituzione fra Regioni ad autonomia ordinaria e Stato, ha preso in esame proprio l’istituto della esclusività del rapporto di lavoro del dirigente sanitario previsto dall’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004, giungendo alla conclusione che tale disciplina si colloca nella materia della «tutela della salute», di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.

La Corte, infatti, pur riconoscendo che questo istituto incide contestualmente su una pluralità di materie (e segnatamente, tra le altre, su quella della organizzazione di enti non «statali e non nazionali»), è giunta a questa conclusione utilizzando il criterio – cui ha più volte fatto ricorso in riferimento ad altre ipotesi nelle quali si era ravvisata una «concorrenza di competenze» – che tende a valorizzare «l’appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre»: deve, infatti, ritenersi che l’ambito materiale prevalente sia quello della «tutela della salute», dal momento che «rileva in tale prospettiva la stretta inerenza che tutte le norme de quibus presentano con l’organizzazione del servizio sanitario regionale e, in definitiva, con le condizioni per la fruizione delle prestazioni rese all’utenza, essendo queste ultime condizionate, sotto molteplici aspetti, dalla capacità, dalla professionalità e dall’impegno di tutti i sanitari addetti ai servizi, e segnatamente di coloro che rivestono una posizione apicale».

D’altra parte, anche prima della modificazione dell’art. 117 Cost. ad opera della legge cost. n. 3 del 2001, questa Corte aveva ricondotto «la disciplina dell’attività libero-professionale così detta intramuraria» alla disciplina dello «stato giuridico dei dirigenti sanitari del servizio sanitario nazionale» e alla «disciplina della organizzazione delle strutture sanitarie pubbliche» (sentenza n. 63 del 2000).

5. – Le medesime considerazioni, ove rapportate alle materie di competenza della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, quali previste dallo statuto della Regione di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, portano ad individuare nella materia «igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria ed ospedaliera», di cui all’art. 9, numero 10, dello statuto regionale, l’ambito della disciplina concernente il regime del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari escludendo, invece, la materia, di competenza della Regione, «ordinamento degli enti sanitari ed ospedalieri» di cui all’art. 4, n. 7. Ciò tanto più dopo che l’art. 2 del d.lgs. 28 marzo 1975, n. 474, quale modificato dal d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267 (Norme di attuazione dello Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità), ha specificato la competenza provinciale come relativa al funzionamento ed alla gestione «delle istituzioni ed enti sanitari», nonché allo «stato giuridico ed economico del personale addetto», mentre quella regionale è specificata come potere di disciplinare soltanto «il modello di organizzazione delle istituzioni ed enti sanitari».

Non può, invece, essere accolta la prospettazione formulata dalle difese della Provincia autonoma e delle ASL, secondo la quale proprio l’art. 2 del d.lgs. n. 474 del 1975, non solo avrebbe integrato la competenza legislativa delle due Province autonome in materia sanitaria, ma avrebbe inteso «assimilare, quanto alla natura primaria della potestà legislativa, le competenze provinciali ivi contemplate alla competenza della Regione Trentino-Alto Adige», intendendosi con ciò sostenere che le Province sarebbero titolari, sulla base di questa disposizione di attuazione, di una potestà legislativa di tipo esclusivo e non già concorrente, analogamente a quanto previsto dall’art. 4, numero 7 dello statuto per la Regione in tema di «ordinamento degli enti sanitari ed ospedalieri». Questa pretesa innovativa configurazione dei poteri legislativi della Provincia potrebbe spiegare il motivo dell’affermazione (di per sé meramente assertiva), secondo la quale sarebbe "certo” che le modalità di esercizio della professione sanitaria attengono all’«organizzazione degli enti ospedalieri» e non alla «tutela della salute», volendosi con ciò far intendere che in questo particolare settore la Provincia utilizza appunto una potestà legislativa di tipo esclusivo.

Tale argomentazione urta anzitutto con la lettera dello stesso art. 2 del d.lgs. n. 474 del 1975, nel quale si parla espressamente di esercizio nei «limiti previsti dallo statuto» delle competenze provinciali in tema di «stato giuridico ed economico del personale» (mentre evidentemente ben altre espressioni avrebbero dovuto essere utilizzate ove si fosse inteso affermare quanto sostenuto dalle difese). Ma poi, soprattutto, nessuna norma di attuazione, pur notoriamente dotata di un potere interpretativo ed integrativo del dettato statutario (si vedano, fra le altre, le sentenze di questa Corte n. 51 del 2006, n. 249 del 2005 e n. 341 del 2001), potrebbe trasformare una competenza di tipo concorrente in una competenza di tipo esclusivo, così violando lo statuto regionale.

Inoltre, la perentoria affermazione della difesa della Provincia, secondo la quale «una potestà legislativa provinciale di tipo concorrente, o secondario, in tema di stato giuridico ed economico del personale sanitario della Provincia di Bolzano non appare configurabile», avrebbe quanto meno dovuto farsi carico del fatto che questa Corte ha più volte espressamente qualificato l’unica competenza legislativa della Provincia in materia sanitaria (quella appunto di cui all’art. 9, numero 10, dello Statuto regionale) come una competenza di tipo concorrente (cfr. sentenze n. 134 e n. 59 del 2006, n. 182 del 1997 e n. 373 del 1995).

Del pari priva di fondamento è l’altra argomentazione (oltre tutto contraddittoria rispetto quella appena ricordata) espressa dalle difese della Provincia e delle ASL, secondo la quale il personale sanitario in parola rientrerebbe in realtà nella più generale categoria del personale dei cosiddetti enti strumentali della Provincia, di modo che la sua disciplina sarebbe riconducibile alla materia di competenza esclusiva provinciale in tema di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad esso addetto » (art. 8, numero 1, dello statuto speciale). Una tesi del genere urta, infatti, in modo del tutto evidente, con le caratteristiche fondamentali delle articolazioni locali del Servizio sanitario nazionale quale disciplinata dalla legislazione nazionale e che per questa parte vincola espressamente le stesse Regioni a statuto speciale e le Province autonome (si veda l’art. 19 del d.lgs. n. 502 del 1992 anche dopo la sentenza di questa Corte n. 354 del 1994) .

Inoltre, una tesi del genere entrerebbe perfino in contrasto con l’esplicita previsione del citato art. 2 del d.lgs. 28 marzo 1975, n. 474, la quale si rivelerebbe del tutto inutile ove la competenza in tema di stato giuridico ed economico del personale sanitario fosse davvero riconducibile a quella in tema di ordinamento dei dipendenti provinciali.

6. – La accertata riconducibilità della disciplina legislativa oggetto di censura sia all’ambito materiale della «tutela della salute» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., che a quello dell’«igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria ed ospedaliera» di cui allo statuto speciale di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige ( e non anche alla competenza regionale primaria in tema di «ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri»), ambiti nei quali l’ente di autonomia è parimenti legittimato ad esercitare la potestà legislativa di tipo concorrente nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale, rende privo di concreto rilievo che questa Corte si soffermi sulla correttezza della ricostruzione interpretativa operata dal giudice rimettente, secondo il quale, nel caso di specie, dovrebbe ritenersi applicabile il parametro statutario in luogo dell’art. 117 Cost., in quanto tale ultima disposizione non prevederebbe «forme di autonomia più ampie» come richiesto dall’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Il giudice a quo, infatti, prospetta correttamente una questione di asserita violazione dei limiti imposti alla potestà legislativa concorrente della Provincia autonoma, individuando con puntualità le disposizioni legislative statali dalle quali si ricaverebbero i principi fondamentali che fungerebbero da parametro interposto. In questi termini, la questione può essere decisa anche indipendentemente da un giudizio definitivo circa la maggiore o minore estensione della «tutela della salute» rispetto alle corrispondenti competenze statutarie in materia sanitaria.

7. – Per comprendere la natura delle disposizioni legislative statali relative allo stato giuridico ed economico dei dirigenti sanitari che si assumono come vincolanti rispetto alla potestà legislativa concorrente della Provincia autonoma di Bolzano, è necessario ripercorrere, seppur rapidamente, le fasi più recenti dell’evoluzione legislativa in tema di sistema sanitario pubblico.

Fino all’inizio degli anni ’90 esisteva una precisa distinzione in due tipi del rapporto di servizio dei medici ("tempo pieno” e "tempo definito”), sulla base di diversità di impegni, modalità ed orario di lavoro, nonché in relazione alla peculiare disciplina delle attività libero-professionali.

In questo quadro normativo ha innovato l’art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), sancendo «con rigore il principio di unicità del rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale, avendolo ritenuto particolarmente valido al fine di soddisfare l’esigenza, costituzionalmente protetta, di restituire massima efficienza ed operatività alla rete sanitaria pubblica» (come si è espressa la sentenza n. 457 del 1993). Con questa disciplina il legislatore vietava ai medici a "tempo definito” prestazioni di lavoro in regime convenzionale o presso strutture convenzionate, ma in compenso liberalizzava del tutto l’esercizio dell’attività professionale sia extra che intramuraria e incentivava «la scelta per il rapporto di lavoro dipendente, assicurando in tal caso, a semplice domanda, il passaggio dal "tempo definito” al "tempo pieno”, anche in soprannumero» (ancora sentenza n. 457 del 1993), con conseguente incremento di retribuzione.

La logica della aziendalizzazione del Servizio sanitario e della "privatizzazione” del rapporto di lavoro del personale dipendente, insita nella legge di delega 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), trova riscontro nei successivi decreti legislativi n. 502 del 1992 (come modificato dal d.lgs. n. 517 del 1993) e n. 29 del 1993, i quali fissavano il principio dell’unicità del ruolo dirigenziale del personale sanitario.

In questo nuovo assetto del Servizio sanitario nazionale, il legislatore, da un lato, ha adottato misure per estendere il divieto di svolgere attività extramuraria anche riguardo ad istituzioni e strutture private delle quali l’unità sanitaria locale si avvaleva per prestazioni specialistiche, di diagnostica strumentale e di laboratorio ed ospedaliere (art. 8, commi 5 e 9, del d.lgs. 502 del 1992). Dall’altro lato, ha adottato misure per incentivare l’attività professionale intramuraria, che la Corte aveva già considerato elemento qualificante della riforma sanitaria, in quanto, tra l’altro, permette che «le aziende ospedaliere, dotate di piena autonomia finanziaria, possano effettivamente beneficiare di nuove entrate» (sentenza n. 355 del 1993).

I successivi interventi legislativi risultano caratterizzati dalla volontà di incentivare la scelta per l’attività intramuraria, pur senza alterare il modello complessivo della dirigenza sanitaria. In particolare, la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), all’art. 1, commi 5-17, ribadisce la distinzione tra libera professione interna ed esterna, ripristina l’opzione per l’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria che diviene incompatibile con quella esterna, fissa un termine triennale di operatività della opzione per l’attività extramuraria e dispone una riduzione dell’indennità per i medici a "tempo pieno” che svolgono attività professionale extramuraria (su quest’ultima previsione è intervenuta la sentenza n. 330 del 1999 di questa Corte).

È soprattutto con il d.lgs. n. 229 del 1999, modificativo di una serie di norme del d.lgs. n. 502 del 1992, che si è consolidato un quadro normativo specifico per il rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari (cfr. sentenza n. 336 del 2001).

In particolare, l’art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999 introduce, nel testo del d.lgs. n. 502 del 1992, gli artt. 15-bis e seguenti. Tra questi, particolare rilievo assume l’art. 15-quater, in tema di esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario.

Il comma 4 del succitato articolo dispone che «il dirigente sanitario con rapporto di lavoro esclusivo non può chiedere il passaggio al rapporto di lavoro non esclusivo».

Lo stesso decreto del 1999 definisce, poi, le caratteristiche del rapporto esclusivo: esso «comporta la totale disponibilità nello svolgimento delle funzioni dirigenziali attribuite dall’azienda, nell’ambito della posizione ricoperta e della competenza professionale posseduta e della disciplina di appartenenza, con impegno orario contrattualmente definito» (art. 15-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992). Esso, inoltre, rinvia alla contrattazione collettiva nazionale la definizione dell’equilibrio fra attività istituzionale e attività libero-professionale intra moenia individuando i principi cui deve attenersi.

Nel quadro di questa riforma, la scelta dell’esclusività era corredata dalla previsione di alcune misure, economiche e strutturali, di vantaggio rispetto alla diversa opzione: la previsione di una gratifica economica, la cui quantificazione è rimessa alla contrattazione collettiva; la possibilità di svolgere la libera professione intramuraria; la qualificazione del rapporto esclusivo come presupposto per l’accesso alla direzione di strutture sanitarie.

Come ha osservato questa Corte (sentenza n. 63 del 2000), le norme recate dall’art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999, attraverso la sostituzione dell’art. 15 e l’inserimento degli articoli da 15-bis a 15-undecies nel d.lgs. 502 del 1992, «realizzano una nuova organica disciplina dell’intera materia». Nella stessa pronuncia, la Corte sottolinea come «la stessa summa divisio fra regime dei sanitari che svolgono attività c.d. extramuraria e regime dei sanitari che svolgono attività intramuraria è superata dalla disciplina della «esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario», contenuta nel nuovo art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992. In base ad essa, tutti i dirigenti sanitari con i quali sia stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro successivamente al 31 dicembre 1998, nonché i dirigenti titolari di contratti precedenti, che avessero optato per l’attività intramuraria in base alle precedenti norme, sono assoggettati, irreversibilmente, al rapporto di lavoro esclusivo, il cui regime è definito dal nuovo art. 15-quinquies, e nel cui ambito è previsto fra l’altro il diritto all’esercizio di attività libero-professionale in forme e tipologie definite (art. 15-quinquies, comma 2); allo stesso regime vengono assoggettati, ancora una volta irreversibilmente, gli altri dirigenti in servizio alla data accennata, già optanti per l’attività extramuraria, che chiedano di passare al rapporto di lavoro esclusivo; mentre il diverso regime del rapporto non esclusivo, con possibilità di attività libero-professionale al di fuori delle tipologie previste, ma anche senza i diritti e i vantaggi del rapporto esclusivo, rimane, ad esaurimento, per i soli sanitari in servizio che avessero optato in precedenza per l’attività extramuraria e non chiedano il passaggio al rapporto esclusivo». In definitiva, la «sopravvenuta disciplina legislativa […] ha altresì soppresso, per il futuro, la "opzione tra attività libero-professionale intramuraria ed extramuraria”».

Una significativa inversione di tendenza si verifica con il d.l. n. 81 del 2004, dal momento che, in sede di conversione in legge, viene inserito l’art. 2-septies, che modifica il comma 4 dell’art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, prevedendo per tutti i dirigenti sanitari pubblici, «la possibilità di scegliere entro il 30 novembre di ogni anno se optare per il rapporto di lavoro esclusivo o meno con il Servizio sanitario, con effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo». Tale facoltà di scelta è stata accordata «sia agli assunti dopo il 31 dicembre 1998» (vale a dire a coloro che risultavano assoggettati ratione temporis al principio dell'esclusività, e ciò per il solo fatto che la costituzione del loro rapporto di lavoro fosse avvenuta a seguito dell’innovazione introdotta dal d.lgs. n. 229 del 1999), «sia a coloro che, già in servizio al 31 dicembre 1998, avevano a suo tempo effettuato l'opzione per il rapporto di lavoro esclusivo» (secondo le prescrizioni del comma 3 del medesimo art. 15-quater).

Come corollario di quanto così disposto, il legislatore statale ha stabilito che nel caso in cui la scelta dei dirigenti sanitari cada sul regime della non esclusività, essa tuttavia «non preclude la direzione di strutture semplici e complesse».

L’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004 dispone altresì che «coloro che mantengono l’esclusività del rapporto, non perdono i benefici economici di cui al comma 5, trattandosi di indennità di esclusività e non di indennità di irreversibilità». In sostanza la disposizione tiene ferma l’indennità già prevista dall’art. 15-quater per coloro che optino per il rapporto esclusivo e la estende a quanti mantengono tale scelta anche per gli anni successivi.

8. – Non poche delle innovazioni succedutesi in questa specifica legislazione statale sono state accompagnate da una loro autoqualificazione come norme o principi vincolanti per i vari tipi di Regioni, pur con l’attribuzione di alcune specifiche funzioni legislative alle Regioni nella loro ulteriore articolazione: in particolare, appaiono rilevanti per il presente giudizio le disposizioni contenute nell’art. 19 del d.lgs. n. 502 del 1992, da considerare riferibili anche alle innovazioni successive, introdotte (per quanto rileva nel presente giudizio) con la tecnica della novellazione dall’art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999 e dall’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004, quale modificato dalla legge di conversione n. 125 del 2004.

Pur nella consapevolezza che di per sé la autoqualificazione di alcune disposizioni che sia contenuta in una legge non ha rilievo decisivo ma che essa deve essere confermata da un esame dei concreti contenuti normativi (fra le molte, con riferimento alle norme fondamentali di riforma economico-sociale, si vedano le sentenze n. 170 del 2001, n. 355 e n. 482 del 1995, n. 464 del 1994, n. 349 del 1991), deve notarsi che, nel caso di specie, riferito ad una materia legislativa di tipo concorrente della Provincia autonoma, rileva quanto contenuto nei commi 1 e 2-bis dell’art. 19 del d.lgs. n. 502 del 1992, in base ai quali l’intera disciplina relativa della dirigenza medica costituirebbe principio fondamentale della materia.

Se si sposta l’attenzione alla valutazione sul piano sostanziale della natura di principio o meno delle disposizioni relative alla disciplina delle caratteristiche del lavoro dei dirigenti sanitari ed in particolare del loro rapporto di esclusività con l’amministrazione sanitaria da cui dipendono, non può negarsi che queste disposizioni (pur nel tempo varie volte mutate dal legislatore: la fondamentalità dei principi peraltro deriva dalla volontà in tal senso del legislatore e non dalla eventuale mutazione nel tempo della volontà dei diversi legislatori) rappresentano un elemento fra i più caratterizzanti nella disciplina del rapporto fra personale sanitario ed utenti del servizio sanitario, nonché della stessa organizzazione sanitaria. D’altra parte questa Corte ha avuto già occasione di affermare che le innovazioni introdotte dall’art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999 «realizzano una nuova organica disciplina dell’intera materia» (sentenza n. 63 del 2000) e che le ulteriori modificazioni introdotte dal decreto-legge n. 81 del 2004, quale convertito dalla legge n. 138 del 2004, costituiscono rinnovato esercizio del potere legislativo statale di determinazione dei principi fondamentali della materia (sentenza n. 181 del 2006).

Quindi, attualmente, «il sistema complessivo si fonda, da un lato, sulla reversibilità della scelta in favore del rapporto esclusivo (opzione che, comunque necessaria per il conferimento dell’incarico, è destinata ad esplicare efficacia per almeno un anno, sempre che le regioni non si avvalgano della facoltà «di stabilire una cadenza temporale più breve»), nonché, dall’altro, sulla previsione che il passaggio al rapporto non esclusivo «non preclude la direzione di strutture semplici o complesse», consentendo, così, il mantenimento dell’incarico dirigenziale. Infine, il sistema si caratterizza anche per il fatto che neppure la decisione in favore della «non esclusività» presenta carattere irreversibile, essendo il rapporto esclusivo pur sempre ripristinabile a domanda dell’interessato, secondo le modalità di cui al comma 2 del predetto art. 15-quater» (si veda, ancora, la sentenza n. 181 del 2006).

La facoltà di scelta tra i due regimi di lavoro dei dirigenti sanitari (esclusivo e non esclusivo) appare, dunque, espressione di un principio fondamentale, volto a garantire una tendenziale uniformità tra le diverse legislazioni ed i sistemi sanitari delle Regioni e delle Province autonome in ordine ad un profilo qualificante del rapporto tra sanità ed utenti.

9. – Dal momento che la formulazione della norma censurata («per il personale del ruolo sanitario è esclusa ogni forma di esercizio di attività libero-professionale extramuraria») non consente alcuna possibilità di adeguamento in via interpretativa al principio fondamentale espresso dal nuovo comma 4 dell’art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, quale sostituito ad opera dell’art. 2-septies del decreto-legge n. 81 del 2004, convertito con modificazioni in legge n. 138 del 2004, la Provincia autonoma di Bolzano non avrebbe potuto mantenere in vigore una norma incompatibile con il sopravvenuto riconoscimento, da parte del legislatore statale, del diritto di opzione in favore di tutti i dirigenti sanitari.

La questione è, in conclusione, fondata e deve pertanto essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera i), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 16 del 1995 nella parte in cui, escludendo per i dirigenti sanitari il suddetto diritto di opzione, si pone in contrasto con il principio fondamentale di cui all’ art. 2 septies del decreto-legge n. 81 del 2004.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera i), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 10 agosto 1995, n. 16 (Riforma dell’ordinamento del personale della provincia), introdotto dall’art. 38 della legge provinciale 11 agosto 1998, n. 9 (Disposizioni finanziarie in connessione con l’assestamento del bilancio di previsione della provincia per l’anno finanziario 1998 e per il triennio 1998-2000 e norme legislative collegate), nella parte in cui contrasta con il principio fondamentale di cui all’art. 2-septies del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81 (Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio 2004, n. 138;

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera i), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 16 del 1995, nella parte in cui negherebbe implicitamente il diritto al trattamento economico aggiuntivo per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo, e nella parte in cui ometterebbe ogni regolamentazione dell’attività libero-professionale svolta nell’ambito di tale rapporto, sollevate dal Tribunale di Bolzano, in relazione agli artt. 15-quater e 15-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2007.