SENTENZA N. 134
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo
Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario
Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno
2011, n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE
relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas
naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al
consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché
abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE), promossi dal Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, con ordinanze del 17
e 15 febbraio 2012, rispettivamente iscritte ai numeri 110 e 115 del registro
ordinanze 2012 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 23
e 24, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visti gli atti di costituzione di Enel
Rete Gas S.p.a., anche in qualità di incorporante di 2iGas Infrastruttura
Italiana Gas s.r.l., nonché gli atti di intervento dell’Associazione Nazionale
Industriali Gas (ANIGAS) e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23
aprile 2013 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi gli avvocati Federico Sorrentino
per ANIGAS, Giuseppe Franco Ferrari per Enel Rete Gas S.p.a., quale
incorporante di 2iGas Infrastruttura Italiana Gas s.r.l., Giuseppe De Vergottini per Enel Rete Gas S.p.a. e l’avvocato dello
Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1.– Con ordinanza del 17 febbraio 2012
(reg. ord. n. 110 del 2012), il Tribunale
amministrativo per la Lombardia, sede di Milano, ha sollevato, in riferimento
all’articolo 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93
(Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a
norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e
ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale
industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive
2003/54/CE e 2003/55/CE), nella parte in cui prevede che, a far data dalla
entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (29 giugno 2011), le gare
per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale sono effettuate
unicamente per ambiti territoriali di cui all’art. 46-bis, comma 2, del
decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia
economico-finanziaria, per lo sviluppo e equità sociale), convertito in legge,
con modificazioni, dall’art. 1 della legge 29 novembre 2007, n. 222.
1.1.– Dinanzi al rimettente pende il
giudizio introdotto da 2iGas Infrastruttura Italiana Gas s.r.l. nei confronti
del Comune di Pregnana Milanese, avente ad oggetto l’annullamento del bando di
gara della procedura di affidamento in concessione del servizio pubblico di
distribuzione del gas metano, nel territorio del predetto Comune, pubblicato
sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in data 2 luglio 2011 e sulla
Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana in data 4 luglio 2011, nonché
degli altri atti o provvedimenti preordinati, consequenziali o comunque
connessi.
Il TAR riferisce che la società
ricorrente, allo stato concessionaria del servizio in virtù di un risalente
affidamento disposto senza gara, ha anche formulato domanda di risarcimento
danni.
Secondo la stessa ricorrente,
l’Amministrazione comunale non avrebbe potuto indire la gara in quanto, ai
sensi dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, non si può procedere a
gara nel settore della distribuzione del gas fino a quando non siano divenuti
operativi gli ambiti territoriali di cui all’art. 46-bis, comma 2, del d.l. n.
159 del 2007.
Il giudizio principale, precisa il TAR,
verte quindi unicamente sulla violazione della norma citata da parte
dell’Amministrazione comunale resistente.
1.2.– Il giudice a quo svolge un lunga
premessa per ricostruire il quadro normativo al cui interno si colloca la
disposizione indicata, evidenziando come a tutt’oggi la normativa di base per
l’affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale sia
contenuta negli artt. 14 e 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164
(Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato
interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della legge 17 maggio 1999,
n. 144), che prevedono l’obbligo di procedere a gara ed i termini entro i quali
porre in essere tale attività, anche nell’ambito del regime di transizione
riguardante le concessioni in vigore. I termini per l’adeguamento del sistema
ai principi fissati con il d.lgs. n. 164 del 2000 sono stati più volte
prorogati, sicché solo a partire dal 31 dicembre 2010 il servizio di
distribuzione di gas naturale avrebbe dovuto essere affidato mediante procedura
ad evidenza pubblica, salva l’ipotesi contemplata nel comma 9 del medesimo art.
15 (peraltro estranea alla fattispecie in esame).
Il rimettente prosegue richiamando
l’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, che consente lo svolgimento delle gare
a livello sovracomunale, con riguardo ad ambiti territoriali minimi riferiti a
bacini ottimali di utenza, selezionati in base a criteri di efficienza e
riduzione dei costi. La citata disposizione ha infatti previsto l’emanazione,
entro un anno dall’entrata in vigore della relativa legge di conversione, di
decreti interministeriali aventi ad oggetto sia la fissazione dei criteri di
gara e di valutazione delle offerte, sia l’individuazione degli ambiti
territoriali minimi. Si è ritenuto pertanto che, fino all’approvazione della
normativa secondaria sopra indicata, rimanesse integra la potestà dei Comuni di
bandire la gara limitatamente al proprio territorio (TAR per l’Umbria, sentenza
13 gennaio 2011, n. 1), e che «il ricorso all’ambito territoriale minimo» fosse
meramente facoltativo (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 4 gennaio 2011, n.
2).
Il rimettente prosegue evidenziando che
la definizione degli ambiti territoriali è avvenuta soltanto con il decreto del
Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro per i rapporti
con le Regioni e la coesione territoriale 19 gennaio 2011 (Determinazione degli
ambiti territoriali nel settore della distribuzione del gas naturale), entrato
in vigore il 1° aprile 2011, mentre con il decreto del Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni e la
coesione territoriale 18 ottobre 2011, recante «Determinazione dei Comuni
appartenenti a ciascun ambito territoriale del settore della distribuzione del
gas naturale», successivo all’indizione della gara oggetto di impugnazione, è
stata completata la procedura attraverso l’aggregazione dei Comuni per ambito
territoriale.
Con l’art. 3, comma 3, del d.m. 19 gennaio 2011 è stato previsto il divieto, per i
Comuni, di indire gare individuali a partire dal 1° aprile 2011. Secondo il
rimettente la citata disposizione sarebbe palesemente illegittima, nella parte
in cui ha reso obbligatorio l’affidamento del servizio sulla base dei bacini
ottimali, con previsione della sospensione delle gare in corso, posto che tali
effetti sarebbero esclusi dal «combinato disposto dell’art. 46-bis da un lato,
e degli artt. 14 e 15 del d.lgs. n. 164 del 2000 dall’altro». In ogni caso,
poi, la disposizione regolamentare risulterebbe ininfluente nel giudizio a quo,
in quanto «interamente superata» dall’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del
2011, entrato in vigore il 29 giugno 2011, il quale prevede che, a decorrere da
tale data, gli enti locali effettuano le gare per l’affidamento del servizio di
distribuzione di gas naturale unicamente sulla base degli ambiti territoriali
di cui all’art. 46-bis, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007.
1.3.– Il TAR motiva la rilevanza della
questione evidenziando, innanzitutto, che l’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93
del 2011 è sicuramente applicabile, ratione temporis, alla procedura oggetto di impugnativa nel
giudizio principale, e che da tale applicazione deriverebbe l’accoglimento del
ricorso e l’annullamento degli atti di gara.
In secondo luogo, la predetta norma non
contrasta con il principio comunitario di libertà di concorrenza e con le
libertà fondamentali garantite dal Trattato per l’Unione europea sulla
circolazione di lavoratori, servizi e capitali, come eccepito dalla parte
resistente.
Osserva in proposito il giudice a quo che
«una temporanea compressione nell’accesso al mercato, indotta da scelte
legislative giustificate da circostanze oggettive, quali la necessità di
rispettare i principi che sono parte dell’ordinamento giuridico comunitario, è
già stata ritenuta compatibile con il diritto dell’Unione proprio nel settore
della distribuzione del gas naturale» (Corte di giustizia, sentenza 17 luglio
2008, in causa C-347/06).
Del resto, la stessa direttiva
2009/73/CE (Direttiva 13 luglio 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio
relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la
direttiva 2003/55/CE) persegue l’obiettivo di garantire maggiore efficienza e
più elevati livelli di servizio (primo considerando), incidendo sugli obblighi
relativi al pubblico servizio e sulla tutela del consumatore (art. 3).
Il segnalato profilo di contrasto con i
principi del diritto dell’Unione europea sarebbe semmai riscontrabile nei
termini indicati dall’Allegato 1 al d.m. n. 226 del
2011, che sono tali da consentire il congelamento delle gare fino a 49 mesi in
alcune Province, ma sicuramente non è ascrivibile all’art. 24, comma 4, del
d.lgs. n. 93 del 2011, con il quale si è introdotto un blocco per il futuro, da
risolvere in tempi rapidi, con salvezza delle procedure di evidenza pubblica
già avviate.
Pertanto, a parere del rimettente, la
citata norma non può essere né disapplicata né denunciata per violazione
dell’art. 117, primo comma, Cost., apparendo, piuttosto, illegittima per
contrasto con l’art. 76, Cost., come in subordine eccepito dalla parte
resistente.
1.3.1.– Ancora in punto di rilevanza
della questione, il TAR precisa che il richiamato art. 3, comma 3, del d.m. 19 gennaio 2011, che già aveva previsto il blocco
delle procedure di affidamento in attesa dell’entrata in funzione degli ambiti
territoriali minimi, «non solo non potrebbe rivivere per effetto della
declaratoria di incostituzionalità di una disposizione che non ha per unica
previsione l’abrogazione del D.M. in questione, ma in ogni caso, in tale denegata
ipotesi, verrebbe disapplicato d’ufficio da questo Tribunale, posto che si
tratta di disposizione regolamentare contra legem (Corte
costituzionale, sentenza n. 278 del 2010)».
Il rimettente segnala, infine, la
sopravvenienza dell’art. 25 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1
(Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture ne
la competitività), in corso di conversione in legge al momento della redazione
dell’ordinanza di rimessione.
La disposizione indicata introduce, per
tutti i servizi pubblici locali, l’obbligo di indire le gare di affidamento
sulla base di ambiti territoriali ottimali, demandando alle Regioni ed alle
Province autonome di Trento e di Bolzano la relativa disciplina organizzativa,
da emanarsi entro il 30 giugno 2012.
Il TAR assume di non essere tenuto a
prendere posizione sul rapporto intercorrente tra il citato ius superveniens e la norma censurata, in
particolare sul carattere di specialità di quest’ultima, osservando come, se
anche l’art. 25 del d.l. n. 1 del 2012 fosse convertito in legge ed abrogasse
la norma censurata, questa continuerebbe a «costituire la disposizione
normativa alla luce della quale giudicare della legittimità di una procedura
concorsuale bandita anteriormente all’emanazione del decreto-legge in
questione, anche con riferimento ai profili risarcitori dedotti nel processo
principale».
1.4.– Quanto alla non manifesta
infondatezza della questione sollevata, il rimettente premette di porre a
fondamento delle proprie decisioni «la pur presente giurisprudenza
costituzionale che si oppone più recisamente a che il Governo divenga un
autonomo polo normativo, capace non solo di completare le scelte del
legislatore, pur senza limitarsi ad una mera scansione linguistica delle stesse
(ciò che è senza dubbio attribuzione che connota il potere delegato), ma anche
di approfittarne per compierne di nuove ed autonome, senza un diretto ed
inequivoco collegamento con l’oggetto della delega, e senza che esse siano uno
sviluppo dei principi e dei criteri direttivi ivi indicati».
É richiamata la sentenza n. 158 del
1985 della Corte costituzionale, nella quale si trova affermato che «la
norma di delega non deve contenere enunciazioni troppo generiche o troppo
generali, riferibili indistintamente ad ambiti vastissimi della normazione
oppure enunciazioni di finalità, inidonee o insufficienti ad indirizzare
l’attività normativa del legislatore delegato». In presenza di clausole
generiche, precisa il rimettente, diventa dovere dell’interprete fornire
un’esegesi restrittiva.
1.4.1.– Conclusa la premessa, il TAR si sofferma
sulla norma oggetto, precisando che la stessa è stata introdotta in attuazione
della delega conferita con l’art. 17, comma 4, della legge 4 giugno 2010, n. 96
(Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 2009), ove sono enunciati
i principi ed i criteri direttivi per l’attuazione della direttiva 2009/73/CE
relativa al mercato del gas naturale.
Come in tutti i casi di attuazione di
direttive comunitarie, prosegue il rimettente, i criteri di esercizio della
delega possono desumersi direttamente dalla normativa dell’Unione europea (è
richiamata la sentenza
n. 383 del 1998 della Corte costituzionale), fermo restando che il rapporto
tra direttiva e decreto legislativo non può che essere governato dagli stessi
principi che connotano la relazione tra legge di delega e decreto delegato, e
che la normativa comunitaria, per fare le veci della legge, deve rispondere ai
medesimi standard indicati dall’art. 76 Cost., con riferimento sia alla
definizione dell’oggetto, sia all’enunciazione dei principi. In caso contrario,
la legge di delega è tenuta a specificare tali requisiti, per rendere possibile
l’attuazione della direttiva.
Nella specie, pur recando la direttiva
2009/73/CE l’indicazione di taluni obiettivi che possono porsi in relazione con
il sistema degli ambiti territoriali minimi (in particolare, il primo
considerando invita a perseguire l’efficienza del sistema, i prezzi competitivi
e un più elevato livello di servizio, e l’art. 3, comma 8, promuove
l’efficienza energetica e l’ottimizzazione del servizio), tuttavia, si
tratterebbe di formule linguistiche aperte, di carattere programmatico, che non
potrebbero giustificare un intervento peculiare di ristrutturazione del
servizio attraverso gli ambiti territoriali minimi, tanto meno rendendo
obbligatorio, per gli enti locali, l’affidamento del servizio sulla base dei
predetti ambiti territoriali, con il connesso blocco temporaneo delle gare.
Non si potrebbe arrivare a conclusioni
diverse neppure esaminando le norme della direttiva in tema di attività di
distribuzione (articoli 24-29).
In realtà, nessuna disposizione della
direttiva 2009/73/CE riguarda la scelta, da parte degli Stati membri, della
dimensione territoriale di affidamento del servizio, mentre sono perseguiti,
con norme puntuali, altri obiettivi, in particolare la separazione delle reti
di distribuzione dalle attività di produzione e fornitura di gas (considerando
n. 25), che è poi la ragione della sostituzione della precedente direttiva
2003/55/CE.
In conclusione, la norma censurata non
troverebbe fondamento in alcuna «adeguata disposizione comunitaria».
1.4.2.– Il rimettente esclude che allo
scopo siano utilmente invocabili i criteri direttivi generali contenuti
nell’art. 2 della legge di delega n. 96 del 2010, in quanto soltanto
specificativi delle modalità con cui il Governo può intervenire nei settori
indicati dalle disposizioni successive, ma non definitori dell’oggetto della
delega.
Anche la previsione contenuta nella
lettera b) del citato art. 2, che consente la modificazione della vigente
normativa di settore, per un verso non autorizzerebbe l’esercizio della delega
sul sistema degli ambiti territoriali minimi, e, per altro verso, permetterebbe
le sole modificazioni necessarie al coordinamento con la disciplina dettata dal
Governo in attuazione di altra parte della delega.
Il rimettente esamina quindi l’art. 17,
comma 4, della legge di delega, rilevando l’assenza di previsioni che
definiscano gli ambiti territoriali come oggetto dell’attività normativa del
legislatore delegato. Le lettere f) e q) del citato art. 17, comma 4,
richiamano le finalità di efficienza, in riferimento però a contesti diversi o,
comunque, senza specificazioni in grado di definire il livello territoriale di
affidamento del servizio.
Nella prospettiva indicata in premessa,
una interpretazione costituzionalmente orientata dei citati principi e criteri
della delega dovrebbe portare ad escludere che quelli appena richiamati abbiano
ad oggetto i bacini ottimali.
Secondo il rimettente, l’unica
disposizione che parrebbe avere attinenza con il tema in esame si rinviene
nella lettera s) dell’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010, che
autorizza il legislatore delegato a «rimuovere gli ostacoli di tipo normativo»
all’aggregazione delle piccole imprese di distribuzione del gas, ma in realtà
neppure questa si attaglierebbe al contenuto dell’art. 24, comma 4, del d.lgs.
n. 93 del 2011, risultando perfino in contrasto con esso.
Il TAR sottolinea come l’intervento
legislativo sul sistema degli ambiti territoriali minimi sia espressione di
scelte in tema di assetto del mercato del gas naturale e di esercizio della
funzione amministrativa correlata alla distribuzione dell’energia che
travalicano la sola prospettiva dell’aggregazione delle imprese del settore
distributivo. Essa infatti si ripercuoterebbe su ambiti materiali diversi, in
parte di competenza regionale (energia, servizi pubblici locali), con impatto
sull’azione degli enti locali e sul regime di gara, senza considerare che, nel
rendere obbligatori gli ambiti territoriali, il legislatore delegato avrebbe
invertito una scelta legislativa contraria, che il delegante non ha inteso
abrogare, considerata la «perdurante vigenza dell’art. 46-bis».
Tutti gli elementi fin qui enucleati
indurrebbero a ritenere che la delega, interpretata in senso conforme alla
Costituzione e al diritto dell’Unione europea, non avesse per oggetto l’intervento
sugli ambiti ottimali.
Una indiretta conferma della tesi
esposta si ricaverebbe proprio dal sopravvenuto art. 25 del d.l. n. 1 del 2012,
in corso di conversione in legge, con il quale, mentre si rende obbligatorio
dal 30 giugno 2012 l’affidamento dei servizi pubblici locali per bacini
ottimali, si attribuisce alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di
Bolzano il compito di organizzare anche normativamente gli ambiti territoriali.
Il rimettente richiama, infine, il
dibattuto problema dell’autonomia concettuale, nell’ambito del sistema della
delega legislativa, del requisito dell’«oggetto» rispetto all’enunciazione dei
principi e criteri direttivi, precisando che questi ultimi possono indicare una
finalità e prescrivere, in termini ampi, a quali norme debba conformarsi
l’attività di riempimento del legislatore delegato, ma la delega deve
selezionare con precisione l’ambito materiale di riferimento.
Nel caso in esame, oggetto della delega
era l’attuazione della direttiva 2009/73/CE, e tale oggetto non consentiva «in
modo sufficientemente definito la ricomprensione del livello dimensionale del
servizio di distribuzione del gas naturale».
1.4.3.– Il rimettente esamina, quindi,
il contenuto della delega nella parte in cui la stessa prevede che l’obiettivo
di aggregazione delle piccole imprese del settore debba essere perseguito anche
attraverso la rimozione di ostacoli fattuali o normativi, ed osserva che lo
svolgimento delle gare a livello comunale, anziché per ambiti territoriali
minimi, non costituisce affatto un ostacolo all’aggregazione, essendo evidente
che «un operatore di larghe dimensioni ben potrà competere anche su una
porzione ridotta di territorio».
In ogni caso, la rimozione degli
ostacoli alla realizzazione di un certo effetto non autorizzerebbe a rendere
tale effetto obbligatorio: lo spirito della legge delega, anche alla luce delle
espressioni utilizzate, andrebbe inteso nel senso della incentivazione, e non
dell’imposizione, del processo di aggregazione delle piccole imprese, in
termini non dissimili da quanto previsto nell’ancora vigente art. 46-bis del
d.l. n. 159 del 2007, con il quale la norma delegata è tenuta ad armonizzarsi.
1.5.– Conclusivamente, il rimettente si
sofferma sulla genesi della norma censurata, evidenziando che l’art. 24 dello
schema di decreto legislativo trasmesso, in data 3 marzo 2011, dal Governo al
Presidente del Senato della Repubblica, affinché fosse reso il parere richiesto
dalla legge di delega, si componeva di soli due commi, nei quali non vi era alcuna
previsione in tema di ambiti territoriali minimi.
La relazione illustrativa dello schema
di decreto legislativo faceva riferimento alla sola necessità di dare
attuazione alla direttiva 2009/73/CE e di adeguare l’ordinamento ad ulteriori
atti normativi dell’U.E.
Il comma 4 dell’art. 24 non risulta
inserito neppure nel testo sottoposto al parere della Conferenza Stato-Regioni,
reso in data 28 aprile 2011, sicché sarebbe di tutta evidenza che l’intervento
sui bacini ottimali sia stato deciso all’ultimo momento dal Governo.
A riprova dell’estraneità rispetto alla
delega, il TAR ricorda che il Governo aveva già provveduto a rendere
obbligatori gli ambiti territoriali minimi e a sospendere le gare in corso, con
il già richiamato decreto ministeriale 19 gennaio 2011, a proposito del quale
era subito sorto un contenzioso destinato a sicuro esito positivo.
Ciò avvalorerebbe l’ipotesi che lo
stesso Governo non avesse ritenuto fin da subito che i bacini ottimali fossero
oggetto di delega, e che abbia deciso di inserire la corrispondente previsione
solo all’ultimo momento.
L’insieme degli elementi rappresentati,
a fronte della specifica eccezione di illegittimità costituzionale per difetto
di delega proposta dalla parte resistente, appare al rimettente «senz’altro
tale da raggiungere quella soglia di dubbio circa la costituzionalità dell’art.
24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, che rende doveroso investire il giudice
costituzionale della relativa questione, in riferimento all’art. 76 Cost.».
2.– Con atto depositato il 26 giugno
2012, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso
per la manifesta infondatezza della questione.
2.1.– La difesa statale reputa fuorviante
l’interpretazione dell’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007 fornita dal
rimettente, secondo cui la citata disposizione, che prevede la facoltatività
dello svolgimento delle gare per ambiti territoriali minimi, in quanto non
abrogata dal legislatore delegante, manterrebbe intatto il suo significato,
consentendo ancora oggi la indizione di gare su base territoriale comunale.
In realtà, con l’art. 46-bis, il
legislatore del 2007 ha demandato ai Ministri dello sviluppo economico e per
gli affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell’Autorità per
l’energia elettrica e il gas, e sentita la Conferenza unificata, di individuare
gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento
del servizio di distribuzione di gas naturale.
In tale contesto, il riferimento ai
bacini ottimali di utenza, da identificare in base a criteri di efficienza e
riduzione dei costi, costituiva il criterio d’indirizzo per la determinazione
degli ambiti territoriali minimi. Con tale ultima locuzione, il legislatore del
2007 avrebbe indicato un limite territoriale minimo, non suscettibile di
ulteriori frazionamenti, di modo che, una volta individuati tali ambiti, non
fosse più consentita l’indizione di gare per l’affidamento del servizio
riferite a ripartizioni territoriali inferiori (quali sono i territori dei
singoli Comuni).
2.1.1.– La difesa statale si sofferma
poi sul contenuto dell’art. 25 del d.l. n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, in epoca successiva
alla deliberazione dell’ordinanza di rimessione, evidenziando che il
rimettente, dopo aver esaminato la norma sopravvenuta nella formulazione
antecedente alla conversione in legge, ha ritenuto di non doversi esprimere sul
rapporto tra la citata previsione e la norma censurata, per due ordini di
motivi: la legittimità della procedura di gara oggetto del giudizio a quo, in
quanto indetta prima dell’emanazione dell’art. 25 del d.l. n. 1 del 2012,
sarebbe regolata dall’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011; inoltre, la
norma sopravvenuta non avrebbe previsto la proroga delle concessioni scadute,
sicché tutte le procedure avviate prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 1
del 2012, continuerebbero ad essere disciplinate dalla norma censurata.
Tale impostazione non sarebbe
condivisibile, in quanto l’art. 25 del d.l. n. 1 del 2012, nel testo convertito
in legge, ha disposto che «[…] è fatta salva l’organizzazione dei servizi
pubblici di settore in ambiti o bacini territoriali ottimali già prevista in
attuazione di specifiche direttive europee nonché ai sensi delle discipline di
settore vigenti».
Inoltre, il contenuto precettivo della
disposizione sopravvenuta fornirebbe ulteriori elementi di valutazione della
delega contenuta nell’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010, nella
direzione opposta alla tesi del rimettente; in particolare, l’art. 25 del d.l.
n. 1 del 2012 avrebbe sancito non soltanto la salvezza degli effetti della
disciplina contenuta nel censurato art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011,
«ma anche la conservazione del contenuto precettivo del medesimo art. 24 […]».
Del resto, se anche non si volesse
attribuire all’art. 25 citato la rilevata funzione di interpretazione
autentica, non sarebbe dubitabile che il riferimento all’organizzazione dei
servizi pubblici locali di settore in ambiti o bacini territoriali ottimali
comporterebbe, in ipotesi di declaratoria di illegittimità costituzionale della
norma censurata, la reviviscenza della disciplina dettata dalla predetta norma.
La previsione dell’obbligatorietà delle
gare su base territoriale ottimale, introdotta dalla disposizione sopravvenuta,
assumerebbe una precisa connotazione interpretativa anche riguardo all’art.
46-bis del d.l. n. 159 del 2007, nel senso che, pur ritenendo quest’ultima
disposizione ancora vigente, in virtù del rapporto di specialità, essa sarebbe
rivolta a favorire ed incentivare l’aggregazione tra più ambiti territoriali
minimi, posto che l’obbligatorietà dello svolgimento delle gare per ambiti
territoriali minimi non sarebbe più derogabile in minus.
2.2.– L’Avvocatura procede all’esame
della legge di delega, e specificamente dei principi e criteri dettati
dall’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010, evidenziando come gli
stessi, in attuazione della direttiva 2009/73/CE, siano finalizzati ad
assicurare una gestione del servizio di distribuzione di gas naturale secondo i
criteri di efficienza e riduzione dei costi dell’intero sistema, favorendo il
processo di liberalizzazione del mercato del gas naturale a vantaggio del
consumatore.
Nel settore in esame, come rilevato
dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la concorrenza si
realizza nel segmento che riguarda la vendita del gas, nel quale sono presenti,
e costituiscono altrettanti fattori di ostacolo alla concorrenza, un numero
elevato di distributori, situazioni di commistione tra venditori e
distributori, e un numero elevato di concessioni, con differenti discipline.
L’obbligatorietà dell’affidamento con
gare indette per ambiti territoriali minimi sarebbe strumentale alla
liberalizzazione del mercato di riferimento, nella misura in cui razionalizza i
servizi della rete di distribuzione e riduce le commistioni tra distributori e
venditori.
Con riferimento, poi, alla contestata
"genesi” della norma censurata, il rimettente avrebbe omesso di considerare che
la stessa è stata introdotta per dare seguito alla condizione prevista alla
lettera i) del parere sullo schema di decreto legislativo espresso dalla X
Commissione, Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei
deputati.
2.2.1.– La difesa statale evidenzia le
ricadute dell’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della
norma censurata, in termini di arretramento del sistema, che continuerebbe a
consentire affidamenti anche a piccoli distributori, con conseguente
mantenimento di elevati costi di gestione a carico degli utenti, e in assenza
di criteri di gara, giacché il d.m. 12 novembre 2011,
che contiene il regolamento sui criteri di gara, è stato formulato avendo
riguardo alle gare d’ambito, e dunque non potrebbe valere per le gare indette
su base comunale.
In queste ultime, invero, il criterio
prevalentemente utilizzato è quello del «massimo canone offerto», anziché del
piano di sviluppo della rete e del miglioramento dell’efficienza e
dell’efficacia del servizi, con conseguenti effetti negativi sia per le imprese
di distribuzione sia per gli utenti. Quanto alle imprese, la difesa statale
sottolinea che, essendo la distribuzione di gas naturale attività regolata, la
cui remunerazione è determinata dall’Autorità per l’energia elettrica ed il
gas, il criterio di assegnazione che fa riferimento al solo canone ha dato
luogo ad aggiudicazioni del servizio con canoni insostenibili rispetto
all’attività del distributore, cui ha fatto seguito l’inevitabile contrazione
degli investimenti dello stesso distributore, con peggioramento della qualità
del servizio sul piano della manutenzione e sicurezza delle reti.
2.3.– Quanto al rapporto tra legge di
delega e decreto delegato, la difesa statale richiama le principali
affermazioni della giurisprudenza costituzionale sul tema, a partire dalla
"necessaria integrazione” della legge di delega – che esprime indicazioni di
preferenze, interessi, indirizzi, aventi valore preliminare – con l’atto di
esercizio della delega (sentenza n. 91 del
1974), fino alle ripetute aperture nel senso dell’emanazione «di norme che
rappresentino un coerente sviluppo e, se del caso, un completamento delle
scelte espresse dal legislatore», dovendosi escludere che le funzioni del
delegato siano limitate alla mera scansione linguistica delle previsioni dettate
dal delegante (sono citate le sentenze n. 199 del
2003 e n. 308
del 2002).
Con riferimento alla portata del
controllo di costituzionalità, la Corte costituzionale ha affermato che oggetto
di verifica è soltanto la difformità della norma delegata rispetto a quella
delegante, non potendosi estendere alle scelte di merito compiute dal
legislatore delegato (sentenza n. 198 del
1998). L’ampiezza e l’elasticità dei principi e dei criteri direttivi
contenuti nella legge di delega varrebbero dunque a calibrare la
discrezionalità del legislatore delegato e, al contempo, la profondità del
sindacato della Corte costituzionale (sono citate le sentenze n. 163 e n. 126 del 2000, n. 355 e n. 237 del 1993;
n. 259 e 250 del 1991).
Nel caso di specie, prosegue la difesa
statale, la disciplina dettata dalla norma censurata sarebbe rispettosa dei
principi e criteri non restrittivi fissati dalla legge delega n. 96 del 2010,
nonché della ratio posta a fondamento della predetta legge, né, infine,
sussisterebbe la lamentata estraneità di tale disciplina rispetto all’oggetto
della delega.
La finalità perseguita dalla legge di
delega è l’attuazione della direttiva 2009/73/CE relativa al mercato interno
del gas naturale, con la previsione aggiuntiva del coordinamento con le norme
vigenti nel relativo settore, tra le quali l’art. 46-bis del d.l. n. 159 del
2007.
L’istituto degli ambiti territoriali
minimi, esistente nell’ordinamento dal 2007, è stato regolamentato dal
legislatore delegato che ne ha previsto l’obbligatorietà, essendo tale
soluzione coerente con i principi e criteri direttivi indicati dall’art. 17,
comma 4, della legge di delega, e in particolare, con la promozione e garanzia
di efficiente funzionamento del mercato del gas (lettera f); con la previsione
di misure che garantiscano trasparenza ed efficienza nel settore del gas
naturale, ottimizzandone l’impiego (lettera i); con la previsione di misure
finalizzate a garantire un equilibrio tra domanda ed offerta (lettera m); con
la rimozione degli ostacoli, anche di tipo normativo, al processo di
aggregazione delle piccole imprese di distribuzione, per favorirne l’efficienza
e la terzietà (lettera s).
Trattandosi poi di delega per
l’adeguamento del diritto interno a quello dell’Unione europea, la difesa
statale evidenzia che occorre avere riguardo soprattutto ai principi e criteri
fissati dalla direttiva comunitaria (sono richiamate le sentenze n. 32 del
2005 e n. 132
del 1996 della Corte costituzionale), dal cui esame non emergerebbe alcun
limite all’applicazione, nell’ordinamento interno, dell’obbligatorietà degli
ambiti territoriali minimi.
2.4.– A riprova della legittimità
costituzionale della norma censurata, la difesa statale segnala che il
provvedimento urgente adottato dal Consiglio dei ministri il 15 giugno 2012 e
in corso di pubblicazione al momento della redazione del presente atto di
intervento (decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante «Misure urgenti per la
crescita del Paese», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 7 agosto 2012, n. 134), prevede (all’art. 37) la salvezza sia delle
disposizioni contenute nell’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, sia degli
ambiti di distribuzione determinati ai sensi della predetta disposizione, in
base ai quali debbono essere espletate le gare per l’affidamento del relativo
servizio, in conformità con quanto previsto dall’art. 24, comma 4, del d.lgs.
n. 93 del 2011.
3.– Con atto depositato il 26 giugno
2012, si è costituita in giudizio 2i Gas Infrastruttura Italiana Gas s.r.l.,
ricorrente nel procedimento principale, ed ha chiesto che la questione sia
dichiarata inammissibile ovvero infondata.
3.1.– La difesa della parte privata
ripercorre l’evoluzione della normativa che ha portato alla definizione dei
cosiddetti ambiti territoriali minimi per l’affidamento del servizio di
distribuzione di gas naturale, a partire dall’art. 46-bis del d.l. n. 159 del
2007, con il quale il legislatore aveva optato per un sistema di affidamento
del servizio di distribuzione che avvenisse in relazione a realtà territoriali
di estensione minima, soprattutto al fine di contrastare la frammentazione
delle gestioni.
Tale finalità era stata già considerata
dal d.lgs. n. 164 del 2000, che aveva protratto il periodo transitorio per il
raggiungimento di una dimensione minima di 100.000 clienti finali ovvero di
100.000.000 di m3 di gas distribuiti all’anno (art. 15, comma 7, lettera b).
A distanza di anni, è intervenuto il d.m. 19 gennaio 2011, pubblicato il 31 marzo 2011, che ha
dato attuazione all’art. 46-bis, individuando, nell’allegato 1, gli ambiti
territoriali minimi in numero di 177, e che ha previsto, all’art. 3, comma 3,
un vero e proprio blocco delle procedure di affidamento indette su base
comunale.
Tale previsione è stata poi superata
dall’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, che ha differito al 29 giugno
2011 il blocco delle gare indette su base diversa dagli ambiti territoriali
minimi.
La pur breve disamina della normativa di
settore renderebbe chiaro, secondo la difesa della parte privata, che, contrariamente
a quanto sostenuto dal rimettente, il cosiddetto "sistema ambiti” non è stato
introdotto ex novo dalla norma censurata, la quale si sarebbe limitata a
stabilire modalità e tempistica del passaggio al nuovo regime di affidamento,
come confermato dal richiamo espresso all’art. 46-bis.
La disposizione oggetto di censura non
avrebbe operato alcuna ristrutturazione del livello dimensionale del servizio
di distribuzione di gas naturale, già a suo tempo prefigurata dall’art. 46-bis.
3.2.– La difesa della parte privata
sottolinea la necessità di leggere i principi e criteri direttivi della legge
n. 96 del 2010 in relazione al contesto normativo nel quale la stessa legge di
delega è intervenuta, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 340 del
2007).
È richiamato l’art. 17, comma 4, lettera
f), della legge n. 96 del 2010, che ha fissato l’obiettivo di «promuovere,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una concorrenza effettiva
e garantire l’efficiente funzionamento del mercato, anche predisponendo misure
in favore della concorrenza con effetti analoghi a programmi di cessione del
gas».
La piena attuazione del «sistema ambiti»
sarebbe finalizzata proprio a garantire il perseguimento degli obiettivi
indicati nella legge di delega, là dove le considerazioni critiche espresse sul
punto dal rimettente sarebbero «del tutto generiche, aprioristiche e prive di
qualsivoglia riscontro fattuale».
In particolare, risulterebbe infondata
l’affermazione secondo cui «l’espansione della scala dimensionale in relazione
alla quale calibrare il bando di gara» sarebbe di per sé ostativa rispetto alla
tutela della concorrenza. Sono richiamati, tra l’altro, dati ministeriali dai
quali emerge che la presenza di numerosi distributori con meno di 50.000 utenti
determina inefficienze gestionali, con ricadute sui costi del sevizio.
La delega contenuta nell’art. 17, comma
4, della legge n. 96 del 2010 prevedeva, inoltre, che gli obiettivi di
efficienza e tutela della concorrenza avrebbero dovuto essere perseguiti «anche
predisponendo misure in favore della concorrenza con effetti analoghi a
programmi di cessione del gas», e quindi non limitava affatto il campo di azione
del Governo, come sostenuto dal rimettente, ma, al contrario, consentiva
l’utilizzazione di strumenti ulteriori. Varrebbe, nel caso di specie, quanto
affermato dalla Corte costituzionale a proposito della non configurabilità
dell’eccesso di delega quando il perseguimento degli obiettivi indicati dalla
legge «è stato operato dal legislatore delegato scegliendo uno dei mezzi
possibili per realizzare la finalità» (sentenza n. 351 del
2010).
Discorso analogo dovrebbe essere svolto
a proposito della congruità della norma censurata con il criterio indicato alla
lettera i) dell’art. 17, comma 4, secondo cui il Governo avrebbe dovuto
prevedere «misure che assicurino maggiore trasparenza ed efficienza nel settore
» di riferimento.
Il completamento del «sistema ambiti»
sarebbe indirizzato proprio ad assicurare l’efficienza del mercato della
distribuzione del gas naturale.
La norma censurata sarebbe coerente
anche con la previsione di cui alla lettera s) del citato art. 17, comma 4,
delle legge n. 96 del 2010, che affida al Governo il compito di procedere alla
«rimozione degli ostacoli, anche di tipo normativo, al processo di aggregazione
delle piccole imprese di distribuzione del gas naturale, per favorirne
l’efficienza e la terzietà». Non sarebbe dubitabile, infatti, che il sistema
degli ambiti territoriali minimi favorisca l’aggregazione delle piccole
imprese, in via definitiva o anche soltanto per le singole gare.
Quanto al perseguimento della terzietà
delle imprese del settore della distribuzione, è noto che, soprattutto nei
Comuni di piccole dimensioni, tra le imprese partecipanti alle gare vi siano
sovente società interamente partecipate dalle singole stazioni appaltanti.
La difesa della società costituita
richiama, infine, il primo considerando della direttiva 2009/73/CE, che invita
gli Stati a perseguire efficienza, prezzi competitivi e livelli maggiormente
elevati di servizio, e l’art. 3, comma 8, della medesima direttiva, che
promuove l’efficienza energetica e l’ottimizzazione del servizio. Si
tratterebbe di obiettivi alla cui realizzazione è finalizzato il cosiddetto
sistema ambiti, donde la evidente connessione della norma censurata con
l’attuazione della direttiva.
4.– In prossimità dell’udienza di
discussione, Enel Rete Gas S.p.a., in qualità di incorporante della già
costituita 2i Gas Infrastruttura Italiana Gas s.r.l., ha depositato memoria
nella quale svolge ulteriori considerazioni nella direzione della declaratoria
di inammissibilità ovvero di infondatezza della questione.
4.1.– Dopo aver ripercorso le
argomentazioni sviluppate nell’atto di costituzione in giudizio, la difesa
della società richiama diffusamente la giurisprudenza costituzionale in tema di
sindacato sull’esercizio della delega (ex
plurimis, sentenze n. 98 del
2008, n. 341,
n. 340 e n. 170 del 2007,
n. 485 del 2005).
5.– Con ordinanza del 15 febbraio 2012
(reg. ord. n. 115 del 2012), il Tribunale
amministrativo per la Lombardia, sede di Milano, ha sollevato, in riferimento
all’art. 76 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma
4, del d.lgs. n. 93 del 2011, nella parte in cui prevede che, a far data dalla entrata
in vigore del medesimo decreto legislativo (29 giugno 2011), le gare per
l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale sono effettuate
unicamente per ambiti territoriali di cui all’art. 46-bis, comma 2, del d.l. n.
159 del 2007.
5.1.– La questione è identica a quella
sollevata dal medesimo rimettente con l’ordinanza registrata al n. 110 del
2012, e identici sono gli argomenti svolti a sostegno, alla cui sintesi,
contenuta nel paragrafo 1, si può rinviare, salvo che per le specificazioni
riguardanti il giudizio principale.
5.2.– Dinanzi al TAR pende il giudizio
introdotto da Enel Rete Gas S.p.A. nei confronti del Comune di Corbetta, avente
ad oggetto l’annullamento del bando di gara della procedura di affidamento in
concessione del servizio pubblico di distribuzione del gas metano, nel
territorio del predetto Comune, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana in data 4 luglio 2011, nonché degli altri atti o
provvedimenti preordinati, consequenziali o comunque connessi.
Il rimettente riferisce che la stessa
società, allo stato concessionaria del servizio in virtù di un risalente
affidamento disposto senza gara, ha anche formulato domanda di risarcimento
danni.
Secondo la società ricorrente,
l’Amministrazione comunale non avrebbe potuto indire la gara, stante il
disposto dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, essendosi anche
impegnata contrattualmente, in data 15 dicembre 2010, a non bandire la gara
fino a quando non fossero stati predisposti i cosiddetti ambiti territoriali.
Il Comune resistente, a sua volta, ha
eccepito preliminarmente la carenza di legittimazione attiva di Enel Rete Gas
S.p.A., avendo la predetta società rinunciato, nel contratto stipulato il 15
dicembre 2010, ad impugnare l’indizione di nuova gara una volta che fosse
spirato il termine della concessione (31 dicembre 2010).
Il rimettente argomenta esaustivamente
sulla non fondatezza dell’eccezione preliminare, e conclude affermando che «la
sola censura in linea astratta meritevole di accoglimento verta sulla
violazione dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011».
6.– Con atto depositato il 3 luglio
2012, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso
per l’inammissibilità ovvero per l’infondatezza della questione.
6.1.– Preliminarmente la difesa dello
Stato eccepisce il difetto di rilevanza della questione. Diversamente da quanto
opinato dal rimettente, per un verso, la moratoria delle procedure di gara, in
attesa della determinazione degli ambiti territoriali minimi, era già
ricavabile dal quadro normativo antecedente alla introduzione della norma
censurata, e, per altro verso, la disposizione sopravvenuta, art. 25 del d.l.
n. 1 del 2012, come convertito dalla legge n. 27 del 2012, ne farebbe salva
l’applicazione.
L’Avvocatura osserva come, con l’entrata
in vigore del d.m. 12 novembre 2011, n. 226, recante
il regolamento dei criteri di gara per l’affidamento del servizio di
distribuzione di gas naturale, e quindi prima del deposito dell’ordinanza di
rimessione, sia stato completato il processo di attuazione dell’art. 46-bis,
con la conseguenza che sarebbe venuta meno la possibilità di ritenere legittime
le gare bandite senza riferimento agli ambiti territoriali minimi e non ancora
concluse con l’aggiudicazione.
In ogni caso, poi, se anche si ritenesse
che il nuovo quadro normativo non costituisca parametro di legittimità del
bando oggetto del giudizio principale, pubblicato nel luglio 2011, il
sopravvenuto art. 25 del d.l. n. 1 del 2012, nella parte in cui fa
espressamente salva «l’organizzazione dei servizi pubblici locali di settore in
ambiti o bacini territoriali ottimali già prevista in attuazione di specifiche
direttive europee nonché ai sensi delle discipline di settore vigenti», avrebbe
«legificato» il d.m. 19
gennaio 2011, che all’art. 3, comma 3, già prevedeva il blocco delle gare
indette al di fuori del sistema ambiti, a decorrere dalla sua entrata in vigore
(31 marzo 2011), con la conseguenza che sarebbe venuta meno la possibilità, per
il rimettente, di disapplicare il citato art. 3, comma 3.
Di qui l’irrilevanza della questione,
posto che la eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma
censurata non avrebbe influenza sulla decisione del giudizio principale, ovvero
la carenza di motivazione dell’ordinanza di rimessione.
6.2.– Nel merito, dopo aver richiamato
diffusamente la giurisprudenza costituzionale sul rapporto tra legge di delega
e decreto delegato, la difesa statale osserva come, nel caso in esame, si debba
considerare che il principio di organizzazione del servizio di distribuzione di
gas naturale secondo gli ambiti territoriali minimi fosse già in vigore
nell’ordinamento quando è stata introdotta la norma censurata, ragione per cui
con tale norma il legislatore delegato non avrebbe fatto alcuna «scelta
fondante», come viceversa sostenuto dal rimettente, essendosi limitata a dare
completamento a detto sistema.
La stessa norma andrebbe quindi
considerata come prodotto dell’attività di fisiologico riempimento dello spazio
di discrezionalità lasciato al Governo, in attuazione del principio di
efficiente organizzazione del mercato della distribuzione di gas naturale, il
quale comporta, tra l’altro, che l’affidamento del servizio debba avvenire
sulla base di ambiti ottimali minimi, al di sotto dei quali si determinano
diseconomie.
Il sopravvenuto art. 25 del d.l. n. 1
del 2012 , nel fornire una interpretazione autentica della delega contenuta
nell’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010, avrebbe confermato che la
norma censurata è perfettamente in linea con la volontà del Parlamento.
L’Avvocatura contesta la lettura dei
principi contenuti nella direttiva 2009/73/CE operata dal rimettente, secondo
il quale la norma censurata non potrebbe trovare fondamento su di essi, atteso
il carattere programmatico e l’indeterminatezza delle formule linguistiche
utilizzate.
In realtà, la scelta di rendere
obbligatorie le gare per ambiti territoriali minimi non soltanto non
contrasterebbe con la direttiva citata, ma risulterebbe pienamente coerente con
i principi ivi enunciati, in particolare con il primo considerando, nel quale
si auspica una regolamentazione del mercato interno del gas al fine di
conseguire maggiore efficienza, prezzi competitivi e più elevati livelli di
servizio. Non si potrebbe dubitare, infatti, che il sistema ambiti rappresenti
una condizione imprescindibile per l’organizzazione di un efficiente servizio
di distribuzione del gas, che garantisca prezzi competitivi e migliori livelli
di servizio, superando le diseconomie e le inefficienze che inevitabilmente
derivano da una eccessiva parcellizzazione delle concessioni in un numero
elevatissimo di Comuni.
7.– Con atto depositato il 2 luglio
2012, si è costituita Enel Rete Gas S.p.a., ricorrente nel giudizio principale,
chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
7.1.– La difesa della società,
riservandosi di produrre più articolate deduzioni in prossimità dell’udienza,
ritiene che l’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011 non violi sotto alcun
profilo l’art. 76 Cost., come viceversa indicato dal rimettente, le cui tesi
del resto sarebbero già state disattese in due successive decisioni del
medesimo TAR Lombardia, sede di Brescia (sentenza n. 555 del 29 marzo 2012 e
ordinanza n. 150, di pari data).
La norma censurata risulterebbe infatti
rispettosa dei principi fissati dalla legge di delega che mirano ad assicurare l’efficienza
del servizio, essendo a tale scopo necessaria la razionalizzazione degli ambiti
territoriali, all’interno di un processo di ottimizzazione del tutto in linea
con gli obiettivi posti dalla normativa comunitaria e statale.
7.2.– La difesa della parte privata
procede all’esame della delega contenuta nell’art. 17, comma 4, della legge n.
96 del 2010, evidenziando come la stessa preveda, tra i principi e criteri
direttivi, quello di assicurare l’efficienza del settore di riferimento, (sono
richiamate in particolare le disposizioni di cui alle lettere f, i, q ed s
dell’art. 17, comma 4), trattandosi peraltro di obiettivo che discende
direttamente dalla direttiva 2009/73/CE (sono richiamati il primo considerando
e l’art. 3).
I rilievi che precedono smentirebbero la
tesi del rimettente, tanto più se letti alla luce della giurisprudenza
costituzionale sul rapporto tra legge di delega e decreti delegati, ove si
trova ripetutamente affermato che spetta al Governo l’attività di completamento
delle scelte del legislatore delegante, nel rispetto non solo della lettera ma
della ratio della legge di delega (sono richiamate le sentenze n. 230 del
2010 e n. 98
del 2008).
8.– Con atto depositato il 2 luglio
2012, è intervenuta in giudizio l’Associazione Nazionale Industriali Gas
(ANIGAS), aderente a Confindustria, per sostenere la piena conformità dell’art.
24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 20911 al dettato costituzionale, e chiedere
che la questione sia dichiarata non fondata.
9.– In prossimità dell’udienza pubblica,
le parti costituite ed intervenute hanno depositato memorie illustrative.
9.1.– Con atto depositato in data 28 marzo
2013, Enel Rete Gas S.p.a. ripercorre nuovamente l’evoluzione normativa che, a
partire dalla previsione contenuta nell’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007,
ha portato alla completa attuazione del sistema degli ambiti territoriali
minimi, ed insiste per il rigetto della questione.
La difesa della società contesta che il
rimettente non avrebbe cercato una lettura costituzionalmente orientata
dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, alla luce della evidente
coerenza della previsione con il contesto normativo vigente, sia nazionale sia
comunitario, in tema di disciplina concorrenziale del mercato della
distribuzione del gas naturale.
9.2.– Nella prospettiva della coerenza
della norma censurata con le previsioni antecedenti e successive, la difesa
della parte privata richiama la Relazione annuale svolta dall’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato in data 31 marzo 2011, nella quale, a proposito
della emanazione del d.m. 19 gennaio 2011, di
individuazione degli ambiti territoriali, si afferma che «l’emanazione di tale
decreto si inserisce in una fase, quella attuale, nella quale sono giunte a
scadenza tutte le concessioni affidate senza gara esistenti al momento
dell’approvazione della legge di riforma del settore (decreto legislativo n. 164/2000).
In tale quadro, la definizione degli ambiti territoriali minimi, prevista dalla
legge 29 novembre 2007, n. 222 , rappresentava la condicio sine qua non per lo
svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del
gas».
La difesa di Enel rammenta che il
modello organizzativo di gestione dei servizi per ambiti territoriali
sovracomunali è da tempo operante nel settore del servizio idrico integrato, ed
è stato quindi adottato anche per il settore dei rifiuti.
Si rileva, inoltre, dalla stessa difesa,
la contraddittorietà delle argomentazioni utilizzate dal rimettente a sostegno
della non manifesta infondatezza della questione. In particolare, dopo aver
respinto il dubbio di compatibilità della norma censurata con il principio comunitario
di concorrenza e con le libertà fondamentali garantite dal Trattato, sul
rilievo della temporaneità del divieto, ivi sancito, di procedere alle gare, il
rimettente inspiegabilmente reputa che lo stesso divieto violi la libertà di
concorrenza qual è disciplinata dal diritto nazionale.
È richiamata in proposito la sentenza n. 325 del
2010 della Corte costituzionale, concernente la disciplina di affidamento
dei servizi idrici e la definizione degli ambiti ottimali di servizio, nella
quale tale disciplina è stata espressamente ricondotta alla materia della
tutela della concorrenza, con la precisazione che la nozione comunitaria di
concorrenza si riflette su quella di cui all’art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost.
Si legge ancora nella citata sentenza
che «tale disciplina [ambiti ottimali di servizio], finalizzata al superamento
della frammentazione della gestione delle risorse idriche, consente la
razionalizzazione del mercato ed è quindi diretta a garantire la
concorrenzialità e l’efficienza del mercato stesso» (sono richiamate anche le sentenze n. 142
e n. 29 del 2010,
e n. 246 del 2009).
In conclusione, la difesa di Enel Rete
Gas S.p.A. richiama diffusamente la giurisprudenza costituzionale sul tema della
formulazione della legge di delega e dei rapporti tra delega e decreti
delegati.
10.– Con atto depositato il 29 marzo
2012, l’interveniente ANIGAS ha ulteriormente argomentato nella prospettiva
della non fondatezza della questione.
11.– Con atto depositato in data 2
aprile 2013, la difesa dello Stato svolge ulteriori argomenti in punto di
rilevanza della questione, segnalando la sopravvenienza dell’art. 37, comma 2,
del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del
Paese), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 7 agosto 2012.
La citata disposizione, successiva
all’ordinanza di rimessione, ha previsto che «Sono fatte salve le disposizioni
dell’articolo 46-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in materia di
distribuzione di gas naturale, e gli ambiti di distribuzione di gas determinati
ai sensi del medesimo articolo, in base a cui devono essere espletate le gare per
l’affidamento del servizio di distribuzione gas in conformità con l’art. 24,
comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93».
A parere della difesa statale, il
richiamo agli ambiti di distribuzione previsti dall’art. 46-bis dimostrerebbe
«la piena legittimità delle disposizioni contenute nei dd.mm. 19 gennaio 2011 e
18 ottobre 2011», costituendo interpretazione autentica della moratoria delle
gare introdotta già con l’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007.
Di qui l’ulteriore conferma della
irrilevanza della questione, apparendo peraltro necessario un riesame della
rilevanza da parte del rimettente, alla luce della sopravvenienza.
11.1.– Nel merito, l’Avvocatura generale
dello Stato, dopo aver nuovamente evidenziato che la norma censurata costituirebbe
il fisiologico sviluppo dei principi e criteri direttivi contenuti nell’art.
17, comma 4, lettere f), i), q) ed s), della legge n. 96 del 2010, sottolinea
la imprescindibilità, ai fini della effettiva riorganizzazione del settore
della distribuzione di gas naturale, del blocco delle gare, in attesa della
definizione degli ambiti territoriali minimi. Diversamente, si sarebbe
determinata la prosecuzione, per molti anni, di affidamenti su base comunale,
con le comprovate inefficienze e diseconomie che tale sistema produce.
1.– Con due ordinanze di identico
tenore, deliberate rispettivamente il 17 febbraio 2012 (reg. ord. n. 110 del 2012), e il 15 febbraio 2012 (reg. ord. n. 115 del 2012), il Tribunale amministrativo per la
Lombardia, sede di Milano, ha sollevato, in riferimento all’articolo 76 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 4,
del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive
2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato
interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria
sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di
energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE),
nella parte in cui prevede che, a far data dalla entrata in vigore del medesimo
decreto legislativo (29 giugno 2011), le gare per l’affidamento del servizio di
distribuzione di gas naturale sono effettuate unicamente per ambiti territoriali
di cui all’art. 46-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159
(Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e equità
sociale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, della legge 29
novembre 2007, n. 222.
1.1.– Secondo i rimettenti, la norma
censurata, introdotta in esecuzione della delega contenuta nella legge 4 giugno
2010, n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 2010),
non troverebbe adeguata copertura nei principi e criteri della predetta delega,
e neppure negli obiettivi posti al legislatore nazionale dalla direttiva 13
luglio 2009, n. 2009/73/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la
direttiva 2003/55/CE), oggetto di attuazione.
1.2.– In entrambi i giudizi principali
si discute della legittimità di gare per l’affidamento del servizio di
distribuzione di gas naturale, indette su base comunale, con bandi pubblicati
successivamente alla data a partire dalla quale la norma censurata ha stabilito
il blocco degli affidamenti per ambiti territoriali diversi da quelli fissati
dall’art. 46-bis citato. A ciò consegue, ad avviso dei rimettenti, che soltanto
la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 4, del
d.lgs. n. 93 del 2011 consentirebbe di respingere i ricorsi per l’annullamento
degli atti di gara, come proposti nei predetti giudizi.
1.3.– In ragione dell’identità della
questione sollevata, i giudizi debbono essere riuniti per essere definiti con
unica decisione.
2.– Preliminarmente, deve essere
confermata la dichiarazione di inammissibilità dell’intervento, spiegato nel
giudizio r.o. n. 115 del 2012, dall’Associazione
Nazionale Industriali Gas (ANIGAS), per le considerazioni esposte
nell’ordinanza letta nella pubblica udienza del 23 aprile 2013 ed allegata alla
presente sentenza.
Per costante giurisprudenza di questa
Corte, sono ammessi ad intervenire nel giudizio incidentale di legittimità
costituzionale, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di
legge regionale, al Presidente della Giunta regionale, le parti del giudizio
principale.
L’intervento di soggetti estranei a
quest’ultimo giudizio è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un
interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni
altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis, ordinanza letta
all’udienza del 9 aprile 2013, confermata con sentenza n. 85 del
2013; ordinanza
letta all’udienza del 23 ottobre 2012, confermata con sentenza n. 272 del
2012; sentenze
n. 223, n.
119 e n. 67
del 2012; ordinanze
n. 32 del 2013 e n. 150 del 2012).
Nella specie, l’ANIGAS non è parte del
giudizio principale, sorto a seguito del ricorso, proposto da Enel Rete Gas
S.p.A., per l’annullamento degli atti relativi alla gara indetta dal Comune di
Corbetta per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, né
risulta essere titolare di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e
immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio.
Da quanto esposto consegue
l’inammissibilità dell’intervento indicato.
3.– Sempre in via preliminare, si deve
escludere che la normativa sopravvenuta alle ordinanze di rimessione, segnalata
in particolare dalla difesa statale, abbia inciso sulla norma oggetto, ovvero
sul quadro normativo complessivo, con la conseguenza che non ricorrono i
presupposti per disporre la restituzione degli atti (ex plurimis, ordinanza n. 232
del 2012).
Le disposizioni sopravvenute sono
contenute nell’art. 25, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1
(Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la
competitività), convertito, con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge
24 marzo 2012, n. 27, e nell’art. 37 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83
(Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134.
Entrambe le previsioni intervengono
sulla disciplina dell’affidamento dei servizi pubblici locali, e, con diverso
grado di specificazione rispetto all’oggetto del presente scrutinio, si
limitano a confermare l’esistente, facendo salve le discipline di settore
vigenti, sulla cui base siano state organizzata le gare di affidamento.
L’art. 25, comma 1, del d.l. n. 1 del
2012, che inserisce l’art. 3-bis nel decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14
settembre 2012, n. 148, prevede che, entro il 30 giugno 2012, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano provvedano all’organizzazione dello
svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica «in
ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di
scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio». La
disposizione stabilisce quindi che, «fermo restando il termine di cui al primo
periodo del presente comma, è fatta salva l’organizzazione di servizi pubblici
locali di settore in ambiti o bacini territoriali già prevista in attuazione di
specifiche direttive europee nonché ai sensi delle discipline di settore
vigenti».
Come si vede, la norma non interferisce
in alcun modo con la previsione, contenuta nella disposizione censurata, del
blocco degli affidamenti del servizio di distribuzione del gas naturale su base
diversa rispetto agli ambiti territoriali minimi, come individuati dal decreto
del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro per i
rapporti con le Regioni e la coesione territoriale 19 gennaio 2011
(Determinazione degli ambiti territoriali nel settore della distribuzione del
gas naturale).
Con riferimenti più puntuali, l’art. 37
del d.l. n. 83 del 2012, rubricato «disciplina delle gare per la distribuzione
di gas naturale e nel settore idroelettrico» – il quale interviene sugli artt.
14 e 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della
direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas
naturale, a norma dell’art. 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), per
disciplinare la partecipazione delle società alle gare per l’affidamento del
servizio in esame – prevede al comma 2 che «sono fatte salve le disposizioni di
cui all’art. 46-bis […] in materia di distribuzione di gas naturale, e gli
ambiti di distribuzione determinati ai sensi del medesimo articolo, in base a
cui devono essere espletate le gare per l’affidamento del servizio di
distribuzione gas in conformità con l’articolo 24, comma 4, del decreto
legislativo 1° giugno 2011, n. 93».
La disposizione in esame richiama
l’intera disciplina del cosiddetto sistema ambiti nel settore della
distribuzione del gas naturale, a partire dall’art. 46-bis del d.l. n. 159 del
2007 e dai decreti attuativi dello stesso, fino alla norma censurata, nella
parte in cui prevede che, a partire dal 29 giugno 2011, le gare di affidamento
possono essere indette solo sulla base dei predetti ambiti.
La portata della disposizione, che è
meramente ricognitiva della normativa vigente, non aggiunge alcunché alle
disposizioni richiamate, le quali, se fossero dichiarate costituzionalmente
illegittime, cesserebbero comunque di produrre i loro effetti.
Nemmeno si può ipotizzare che la norma
sopravvenuta abbia legificato il contenuto dell’art.
3, comma 3, del d.m. 19 gennaio 2011 – che già aveva
introdotto il blocco delle gare di affidamento per ambiti territoriali diversi
da quelli minimi a decorrere dal 1° aprile 2011 –, per trarne l’ulteriore
conseguenza che, in caso di declaratoria di illegittimità costituzionale della
norma censurata, l’effetto inibitorio sulle gare discenderebbe dalla citata
norma regolamentare, non più disapplicabile dai rimettenti, in quanto appunto legificata.
La tesi non può essere condivisa posto
che, con l’entrata in vigore della norma censurata, la previsione contenuta
nella disposizione regolamentare è stata definitivamente superata, e la
normativa sopravvenuta, in quanto ricognitiva, ha richiamato la disciplina
applicabile, e cioè, per quello che qui rileva, il blocco previsto dall’art.
24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011.
4.– Ragioni sostanzialmente analoghe
conducono a ritenere priva di fondamento l’eccezione di inammissibilità della
questione, sollevata sia dalla difesa statale sia dalla difesa della parte
privata, nel giudizio r.o. n. 115 del 2012, e
relativa alla carenza di motivazione sulla rilevanza, in riferimento al
rapporto tra l’art. 25, comma 1, del d.l. n. 1 del 2012, nella versione
antecedente alla conversione in legge, e la norma censurata.
Il rimettente ha sostenuto, non implausibilmente, che anche in ipotesi di abrogazione della
disposizione censurata in sede di conversione in legge del d.l. n. 1 del 2012,
ugualmente i giudizi a quibus dovrebbero essere definiti, con riguardo alla
domanda risarcitoria, facendo applicazione della predetta norma, escluso ogni
effetto di reviviscenza della disposizione regolamentare di cui al d.m. 19 gennaio 2011, disapplicabile in quanto ritenuta
contra legem.
5.– Parimenti risulta non fondata
l’eccezione di inammissibilità della questione per contraddittorietà della
motivazione sulla non manifesta infondatezza, sollevata, nel giudizio r.o. n. 115 del 2012, dalla difesa della parte privata, con
la memoria depositata in prossimità dell’udienza.
In particolare, la contraddittorietà
della motivazione risiederebbe nel fatto che il giudice a quo, dopo aver
ritenuto il blocco delle gare non incompatibile con il principio comunitario di
concorrenza e con le libertà fondamentali garantite dal Trattato che istituisce
la Comunità europea, così respingendo la relativa eccezione di parte
resistente, avrebbe poi reputato la stessa norma in contrasto con la libertà di
concorrenza, qual è disciplinata dal diritto nazionale.
In realtà, la censura prospettata dal
rimettente è costruita all’interno del rapporto di delegazione, sul presupposto
che né i principi e criteri direttivi della legge di delega, né i principi
fissati dalla direttiva 2009/73/CE, oggetto di attuazione, consentissero al
legislatore delegato di intervenire sulla disciplina degli ambiti territoriali
di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale.
Il rimettente non nega, dunque, gli
effetti concorrenziali della previsione censurata, ma ritiene che la scelta del
sistema ambiti, compiuta a suo dire con la predetta norma, richiedesse una
puntuale indicazione del legislatore comunitario ovvero del legislatore
delegante.
In questo senso, non è dato rilevare
contraddizioni nell’argomentare del rimettente.
6.– Nel merito, la questione non è
fondata.
6.1.– Dall’esame del contesto normativo,
nel quale si colloca la previsione censurata emerge, con evidenza, che il
cosiddetto sistema ambiti per l’affidamento del servizio di distribuzione del
gas naturale era stato configurato, nelle linee essenziali, dall’art. 46-bis
del d.l. n. 159 del 2007, inserito dalla legge di conversione n. 222 del 2007,
rubricato «Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi
essenziali nel settore della distribuzione del gas».
Ancor prima del citato art. 46-bis, già
il d.lgs. n. 164 del 2000, in attuazione della direttiva 98/30/CE, aveva introdotto
il collegamento tra i criteri di gara e la dimensione territoriale
dell’affidamento (l’art. 14, comma 6, fa riferimento agli standard di «equa
distribuzione sul territorio»), prevedendo, per il caso di mancato adeguamento
nel periodo transitorio alle prescrizioni per ambiti a dimensione
sovracomunale, che la Regione interessata nominasse un commissario ad acta
(art. 15, comma 1). Erano inoltre stabilite agevolazioni (prolungamento delle
concessioni) per le imprese che avessero proceduto ad operazioni di
aggregazione o che operassero in un ambito corrispondente almeno al territorio
della Provincia (art. 15, comma 7, lettere a e b).
Il legislatore del 2007, con l’art.
46-bis del d.lgs. n. 159 del 2007, aveva demandato a successivi decreti
ministeriali l’individuazione dei criteri di gara per l’affidamento del
servizio (comma 1), e la determinazione degli ambiti territoriali minimi per lo
svolgimento delle gare, «secondo l’individuazione di bacini ottimali di utenza,
in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi» (comma 2), ed aveva
inoltre disposto che, «al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di
cui al comma 2, la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas
è bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni
dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro
un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»
(comma 3).
L’individuazione degli ambiti
territoriali minimi è avvenuta soltanto nel 2011, ad opera del già richiamato d.m. 19 gennaio 2011, del successivo decreto del Ministro
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per i rapporti con le
Regioni e la coesione territoriale 18 ottobre 2011, recante «Determinazione dei
Comuni appartenenti a ciascun ambito territoriale del settore della
distribuzione del gas naturale», e del decreto del Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni e la
coesione territoriale 12 novembre 2011, n. 226, recante «Regolamento per i
criteri di gara e per la valutazione dell’offerta per l’affidamento del
servizio della distribuzione del gas naturale, in attuazione dell’articolo
46-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito in legge, con
modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222».
La scelta effettuata sin dal 2007 si è
dunque compiutamente definita nel corso del 2011, consentendo il passaggio da
un sistema caratterizzato da estrema frammentazione (affidamento del servizio
su base territoriale comunale), al cosiddetto sistema ambiti.
Le ragioni della scelta, confermata da
tutti gli interventi normativi successivi, compresi, come si è visto, quelli
sopravvenuti alle ordinanze di rimessione, risiedono nella acquisita
consapevolezza che l’aumento di dimensione degli ambiti di gara consente di
ridurre significativamente le tariffe di distribuzione, a vantaggio dei
consumatori, di migliorare la qualità del servizio e di ridurre i costi
relativi allo svolgimento delle gare.
Allo scopo di avviare la transizione
dall’uno all’altro sistema, il d.m. 19 gennaio 2011
aveva previsto, all’art. 3, comma 3, che, a partire dal 1° aprile 2011,
l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale fosse aggiudicabile
solo in riferimento agli ambiti determinati nell’allegato I del medesimo
decreto.
Successivamente, la disposizione
regolamentare è stata superata dall’intervento del legislatore delegato che,
con la norma censurata, ha disposto in termini sostanzialmente analoghi,
fissando il divieto di indire gare su base territoriale diversa dagli ambiti
sopra indicati, a partire dal 29 giugno 2011.
La norma censurata risulta chiaramente
strumentale alla definizione della lunga transizione avviata dal d.lgs. n. 164
del 2000 verso un sistema di affidamento del servizio di distribuzione del gas
naturale improntato ai criteri di trasparenza ed efficienza, all’interno di un
mercato concorrenziale.
6.2.– La ricostruzione del contesto
normativo di riferimento smentisce l’assunto sul quale è costruita la
violazione dell’art. 76 Cost., e cioè che la norma censurata, nel rendere
obbligatorio il cosiddetto sistema ambiti per l’affidamento del servizio di
distribuzione del gas naturale, esprima una scelta «fondante», in contrasto con
l’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007.
È questa la prospettiva dalla quale
muovono i rimettenti per sostenere che la previsione introdotta dal legislatore
avrebbe richiesto una puntuale indicazione nella legge di delega n. 96 del
2010, tenuto conto dell’assenza, nella direttiva 2009/73/CE, oggetto di
attuazione, di riferimenti specifici al tema dell’organizzazione territoriale
del servizio di distribuzione del gas naturale.
Diversamente – una volta ristabilito il
corretto rapporto tra la norma censurata e l’art. 46-bis citato, nel senso
della continuità e della coerenza – sono individuabili nella legge di delega
plurime indicazioni idonee a legittimare l’operato del legislatore delegato,
sui presupposti, non contestati, dell’effetto pro concorrenziale e
dell’incremento di efficienza del servizio del cosiddetto sistema ambiti.
6.3.– Si deve ricordare come, secondo la
giurisprudenza costituzionale consolidata, il contenuto della delega non possa
essere individuato senza tenere conto del sistema normativo nel quale la predetta
si inserisce, poiché soltanto l’identificazione della sua ratio consente di
verificare, in sede di controllo, se la norma delegata sia con essa coerente (ex plurimis, sentenze n. 272 del
2012, n. 230
del 2010, n.
98 del 2008, n.
163 del 2000).
È riconosciuto, infatti, al legislatore
delegato un margine di discrezionalità nell’emanazione di norme che
rappresentino un coerente sviluppo, e, se del caso, un completamento delle
scelte espresse dal legislatore delegante (sentenze n. 98 del
2008 e n.
426 del 2006), fino al punto che neppure il silenzio del delegante può
impedire, a certe condizioni, l’adozione di norme da parte del delegato.
Nel caso poi di delega per l’attuazione
di una direttiva comunitaria, i principi che quest’ultima esprime si aggiungono
a quelli dettati dal legislatore nazionale e assumono valore di parametro
interposto, potendo autonomamente giustificare l’intervento del legislatore
delegato (sentenza
n. 32 del 2005).
6.4.– Partendo dall’esame della direttiva
2009/73/CE, viene in rilievo il primo considerando, che richiama l’obiettivo
della realizzazione del mercato interno del gas naturale, al fine di
conseguire, complessivamente, una maggiore efficienza e più elevati livelli di
servizio.
I principi generali così richiamati
trovano specificazione nell’art. 3 della stessa direttiva, che impone agli
Stati membri l’adozione di misure pro concorrenziali, anche in riferimento alle
procedure amministrative di ingresso nel mercato del gas, complessivamente considerato,
comprensivo quindi del settore della distribuzione.
Al comma 8 dello stesso art. 3 il
legislatore comunitario stabilisce che gli Stati membri o le rispettive
Autorità di regolamentazione debbano attivarsi per potenziare i sistemi interni
di attuazione della concorrenza, lasciando, come di regola, ai legislatori
nazionali la scelta delle misure strumentali a perseguire l’obiettivo.
Non sembra dubitabile che, nel novero
delle misure idonee a realizzare un’organizzazione concorrenziale ed efficiente
del mercato interno della distribuzione di gas naturale, debba essere inserita
l’attuazione del sistema di affidamento per bacini ottimali di utenza.
Questa Corte, con la sentenza n. 325 del
2010, ha già evidenziato, sul piano generale, che la disciplina concernente
le modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica va ricondotta all’ambito della tutela della concorrenza,
«tenuto conto degli aspetti strutturali e funzionali suoi propri e della sua
diretta incidenza sul mercato».
6.5.– Con indicazioni progressivamente
più puntuali, nella parte generale della legge di delega n. 96 del 2010, l’art.
2, comma 1, lettera b), dispone che, «ai fini di un migliore coordinamento con
le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da
attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse,
fatti salvi i procedimenti di semplificazione amministrativa ovvero le materie
oggetto di delegificazione».
Riguardo alla specifica attuazione della
direttiva 2009/73/CE, la delega è contenuta nell’art. 17, comma 4, della legge
n. 96 del 2010. Vengono in rilievo, ai fini del presente scrutinio, i principi
e criteri dettati alle lettere f), i), q) ed s) del citato comma 4.
Il legislatore delegante ha richiesto
l’adozione di misure atte a promuovere una concorrenza effettiva e a garantire
l’efficiente funzionamento del mercato (lettere f e q), nonché maggiore
trasparenza ed efficienza nel settore del gas naturale (lettera i); sono stati,
inoltre, previsti interventi di «rimozione degli ostacoli, anche di tipo
normativo, al processo di aggregazione delle piccole imprese di distribuzione
del gas naturale, per favorirne l’efficienza e la terzietà» (lettera s).
Quest’ultima previsione – che è quella
più esplicitamente mirata alla trasformazione, sul piano organizzativo, del
servizio di distribuzione di gas naturale – mette in evidenza la situazione
critica del settore di riferimento, ancora caratterizzato dalla presenza di
operatori di dimensioni molto ridotte, che gestiscono il servizio per bacini di
utenza altrettanto circoscritti, con le diseconomie e inefficienze che ne
derivano.
Con tale indicazione il legislatore
delegante ha inequivocabilmente richiesto misure finalizzate a realizzare un
diverso dimensionamento del mercato della distribuzione – peraltro già previsto
dal 2007 –, che «favorisca» l’aggregazione delle piccole imprese del settore.
6.6.– La norma censurata, nel prevedere
la moratoria temporanea delle gare di affidamento del servizio di distribuzione
del gas naturale su base territoriale diversa dagli ambiti individuati, ai
sensi dell’art. 46-bis del d.l. 159 del 2007, risponde alla ratio della delega
ed ai principi e criteri direttivi richiamati, in quanto rende applicabile la
nuova disciplina degli affidamenti, evitando il rinnovo delle concessioni su
base comunale e, con esse, l’ulteriore frazionamento delle gestioni.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo
1° giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e
2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia
elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza
dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica,
nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE), sollevata, in
riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo per la
Lombardia, sede di Milano, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 giugno 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 giugno
2013.
Allegato:
Ordinanza
letta all’udienza del 23 aprile 2013
ORDINANZA
Ritenuto che, nel giudizio promosso dal Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia ‒ sede di Milano (reg. ord. n. 115 del 2012), avente ad
oggetto l’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive
2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato
interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria
sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di
energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE),
ha depositato atto di intervento l’Associazione Nazionale Industriali Gas
(ANIGAS), chiedendo il rigetto della questione di legittimità costituzionale.
Considerato che, per costante
giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi ad intervenire nel giudizio
incidentale di legittimità costituzionale (oltre al Presidente del Consiglio
dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta
regionale) le sole parti del giudizio principale, qualità che non risulta
rivestita dall’Associazione interveniente;
che l’intervento di soggetti estranei al detto
giudizio principale è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse
qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale
dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla
norma o dalle norme oggetto di censura (ex
plurimis: ordinanza letta
all’udienza del 23 ottobre 2012, confermata con sentenza n. 272 del
2012; sentenze n. 223, n. 119 e n. 67 del 2012;
ordinanze n. 32
del 2013 e n.
150 del 2012);
che il giudizio a quo è sorto a seguito del ricorso, proposto da Enel Rete Gas s.p.a., per l’annullamento degli
atti relativi alla gara indetta dal Comune di Corbetta per l’affidamento del
servizio di distribuzione di gas naturale;
che l’Associazione Nazionale Industriali Gas
(ANIGAS) non è titolare di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e
immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio;
che deve essere, pertanto, dichiarata
l’inammissibilità dell’atto di intervento dell’ANIGAS.
per questi motivi
dichiara inammissibile l’intervento spiegato dall’Associazione Nazionale
Industriali Gas (ANIGAS) nel giudizio promosso dal Tribunale amministrativo
regionale per la Lombardia – sede di Milano.
F.to: