SENTENZA N. 147
ANNO 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario
Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio
PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
degli artt. 10, 12, 13 e 16, comma 1, della legge
della Regione autonoma Valle d’Aosta 20 marzo 2018, n. 3, recante «Disposizioni
per l’adempimento degli obblighi della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste derivanti
dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Modificazioni alla legge
regionale 26 maggio 2009, n. 12 (Legge europea 2009) in conformità alla
direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile
2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione
dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (Legge
europea regionale 2018)», nonché degli Allegati A e B contenuti
nell’Allegato A della medesima legge, promosso dal Presidente del Consiglio dei
ministri, con ricorso
notificato l’8-14 giugno 2018, depositato in cancelleria il 18 giugno 2018,
iscritto al n. 40 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visto l’atto di costituzione della Regione
autonoma Valle d’Aosta/ Vallée d’Aoste;
udito nella udienza pubblica del 7 maggio 2019
il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;
udito l’avvocato dello Stato Giovanni Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e
l’avvocato Giovanni Guzzetta per la Regione autonoma Valle d’Aosta/ Vallée d’Aoste.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato l’8 giugno 2018 e
depositato il successivo 18 giugno, iscritto al n. 40 del registro ricorsi
2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità
costituzionale della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 20 marzo 2018,
n. 3, recante «Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Modificazioni alla
legge regionale 26 maggio 2009, n. 12 (Legge europea 2009), in conformità alla
direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile
2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione
dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (Legge
europea regionale 2018)» e, nel dettaglio, degli artt. 10, 12, 13, 16, comma 1,
nonché, «nei sensi e nei limiti (…) illustrati», degli Allegati A e B contenuti
nell’Allegato A (sic) della medesima legge, per contrasto con l’art. 117, comma 2,
lettera s) della Costituzione e con alcune disposizioni del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante «Norme in materia ambientale»;
d’ora in avanti anche cod. ambiente), e in particolare, con gli artt. 7-bis e
27-bis e gli Allegati II, II-bis, III, IV, alla Parte II del menzionato cod.
ambiente.
La difesa statale riporta l’orientamento della
Corte costituzionale che annovera la disciplina della Valutazione di impatto
ambientale (d’ora innanzi: VIA) tra gli oggetti rientranti nella competenza
esclusiva statale in materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui
all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Ad avviso del ricorrente, il
citato titolo di competenza comporterebbe l’applicazione integrale della
menzionata normativa statale alle Regioni, le quali devono rispettare i livelli
uniformi fissati dalla legge dello Stato (è citata la sentenza n. 186 del
2010).
L’Avvocatura ricorda come la materia sia stata
interessata da un ampio intervento di riforma ad opera del decreto legislativo
16 giugno 2017, n. 104 (Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva
2011/92/UE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati
progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9
luglio 2015, n. 114); in particolare, l’art. 5, comma 1, del menzionato decreto
ha aggiunto l’art. 7-bis al cod. ambiente, secondo il quale «le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o
regolamenti l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni
amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonché l’eventuale
conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti
territoriali sub-regionali», precisando che tale potestà normativa «è
esercitata in conformità alla legislazione europea e nel rispetto di quanto
previsto» dallo stesso d.lgs. n. 152 del 2006, «fatto salvo il potere di
stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei
procedimenti, per le modalità della consultazione del pubblico e di tutti i
soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei
provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonché
per la destinazione alle finalità di cui all’art. 29, comma 8, dei proventi derivanti
dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie». Infine, si
specifica che «non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli
articoli 19 e 27-bis».
2.– Alla luce di tali premesse, la legge
regionale n. 3 del 2018 sarebbe «complessivamente non conforme alla vigente
normativa nazionale in materia VIA, come modificata dal decreto legislativo n.
104/2017», con conseguente violazione, oltre che dell’art. 7-bis, comma 8, del
decreto legislativo n. 152/2006», dell’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost. Le modifiche apportate alla previgente disciplina regionale in materia di
VIA dalla legge censurata sarebbero «in tutto o in parte difformi» dalla
disciplina di cui al Titolo III della Parte II del cod. ambiente, lasciando in
vigore «disposizioni significativamente superate dalla citata disciplina
nazionale a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n.
104/2017».
Nel dettaglio, il Presidente del Consiglio dei
ministri si concentra sugli artt. 12 e 13 della legge impugnata, i quali,
rispettivamente, nel sostituire l’art. 24 e introducendo il nuovo art. 25-bis
della legge della Regione Valle d’Aosta 26 maggio 2009, n. 12 (Disposizioni per
l’adempimento degli obblighi della Regione autonoma Valle d’Aosta derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione delle direttive 2001/42/CE,
concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi
sull’ambiente, e 2011/92/UE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale
di determinati progetti pubblici e privati. Disposizioni per l’attuazione della
direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno e modificazioni
di leggi regionali in adeguamento ad altri obblighi comunitari. Legge
comunitaria 2009), contrasterebbero con l’art. 27-bis del d.lgs. n. 152 del
2006 relativo al «Provvedimento autorizzatorio unico regionale». In
particolare, il novellato l’art. 24, comma 1, configurerebbe il provvedimento
di VIA alla stregua di un atto autonomo che, ai sensi del successivo art. 25-bis,
rubricato «Rapporto tra provvedimento di VIA e autorizzazione», sarebbe da
integrare nell’atto autorizzativo rilasciato da altre strutture regionali e/o
enti competenti. Tale modalità procedurale richiamerebbe le disposizioni
dell’art. 26 del d.lgs. n. 152 del 2006 (Integrazione del provvedimento di VIA
negli atti autorizzatori), come disciplinato dalla d.lgs. n. 104 del 2017, che
attiene unicamente alle procedure di VIA di competenza statale, e risulta
invece difforme all’art. 27-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 che ha previsto il
provvedimento unico regionale, che conclude l’iter dei procedimenti di VIA di
competenza regionale. In particolare, in virtù dell’art. 27-bis, comma 7, del
cod. ambiente, la procedura di VIA regionale non si conclude con un provvedimento
di VIA, ma con la «determinazione motivata di conclusione della conferenza di
servizi» che «costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e
comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la
realizzazione e l’esercizio del progetto, recandone l’indicazione esplicita».
In generale, anche a seguito della modifica
operata dalla legge reg. della Valle d’Aosta n. 3 del 2018, permarrebbero delle
disarmonie nella legge reg. della Valle d’Aosta n. 12 del 2009: ad esempio, gli
articoli da 20 a 25-bis della citata legge regionale n. 12 del 2009
conterrebbero disposizioni non più in vigore ai sensi della normativa statale
vigente, in ordine alla pubblicazione dell’avviso al pubblico nel Bollettino
Ufficiale della Regione e sui quotidiani (mantenuti ai commi 6 e 7 dell’art. 20
della legge regionale n. 12 del 2009), pubblicazione non più richiesta
dall’art. 24 del cod. ambiente, richiamato nel medesimo art. 27-bis. Inoltre,
il modulo procedimentale della conferenza dei servizi, istituto obbligatorio e
vincolante per i procedimenti di VIA di competenza regionale ai sensi dell’art.
14, comma 4 e 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia
di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi), emergerebbe unicamente quale possibile modalità procedimentale
di acquisizione di pareri, autorizzazioni, assensi da parte della struttura
regionale competente in materia di valutazioni ambientali (artt. 4, comma 1, e
art. 22 della legge reg. Valle d’Aosta n. 12 del 2009, quest’ultimo sostituito
dall’art. 10 legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018).
3.– La difesa statale si concentra poi
sull’art. 16, comma 1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018, che
dispone la sostituzione degli Allegati A, B, F, G e H al Titolo I della legge
regionale n. 12 del 2009 con quelli riportati All’Allegato A alla legge
regionale impugnata. In particolare, il ricorrente sostiene che detto Allegato
A assoggetterebbe a VIA regionale procedimenti di competenza statale ai sensi
degli Allegati II e II-bis alla Parte II del cod. ambiente, così allargando il
novero dei progetti di competenza regionale ai sensi dell’Allegato III alla
Parte II del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché procedimenti assegnati dall’Allegato
IV alla Parte II del d.lgs. n. 152 del 2006 alla semplice verifica regionale di
assoggettabilità a VIA. In quest’ambito, peraltro, l’Allegato B alla legge
regionale impugnata prevederebbe soglie dimensionali diverse ed inferiori
rispetto a quelle fissate dalla legge statale.
Nello specifico, quanto al primo profilo, la
difesa erariale si sofferma su:
a) gli impianti termici per la produzione di
energia elettrica, vapore e acqua calda, con potenza termica complessiva installata
superiore a 15 MW: tale tipologia di progetti, con diversa soglia (50 MW)
sarebbe inclusa nell’Allegato II-bis, punto 1.a); al di sotto di tale soglia
non sarebbe prevista alcuna procedura nell’ambito della normativa nazionale
vigente per gli impianti termici destinati alla produzione di energia
elettrica, vapore e acqua calda;
b) lo stoccaggio di petrolio, prodotti
petroliferi, petrolchimici pericolosi ai sensi del decreto legislativo 14 marzo
2003, n. 65 (Attuazione delle direttive 1999/45/CE e 2001/60/CE relative alla
classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi),
con capacità complessiva superiore a 10.000 metri cubi: tale tipologia di
progetto, con parziale diversa definizione (comprende anche i prodotti chimici)
e diversa soglia di capacità (40.000 m³) sarebbe inclusa nell’Allegato II,
punto 8, prima alinea;
c) l’attività di coltivazione sulla terraferma
degli idrocarburi liquidi e gassosi delle risorse. geotermiche; l’attività di
coltivazione di idrocarburi, sia sulla terraferma sia in mare e con soglie per
gli idrocarburi liquidi (500 t/g) e gassosi (500.000 m³/giorno), sarebbe
inclusa nell’Allegato II, punto 7.1; peraltro, per ciò che concerne le risorse
geotermiche, la difesa erariale segnala la mancata esclusione degli «impianti
geotermici pilota di cui all’art. 1 comma 3-bis, del d.lgs. 11 febbraio 2010,
n. 22 (Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle
risorse geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio
2009, n. 99) e successive modificazioni, esclusione riportata alla lettera v)
dell’Allegato III e conseguente alla inclusione tra i progetti statali;
d) gli elettrodotti per il trasporto di energia
elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione statale, con
tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato
di lunghezza superiore a 10 chilometri; tale tipologia di progetti, con
parziale diversa definizione e con medesime soglie di tensione lunghezza,
sarebbe di spettanza statale, inclusa, quanto tale, nell’Allegato II, punto
4-bis alla Parte II del cod. ambiente;
e) le strade, le piste poderali e
interpoderali, di nuova realizzazione, con lunghezza superiore a 2 chilometri;
la generica dizione «strade», in assenza di specificazioni o esclusioni non
consentirebbe di individuare con esattezza la classificazione (strade
extraurbane, urbane) e la relativa competenza (statale per le extraurbane
incluse nell’Allegato II e II-bis, regionale per le urbane di scorrimento
incluse nell’Allegato III alla Parte II del cod. ambiente);
f) lo stoccaggio di gas combustibili in
serbatoi sotterranei artificiali con una capacità complessiva superiore a
40.000 metri cubi; tale tipologia di progetto, con diversa soglia di capacità
(80.000 m³), sarebbe di competenza statale, come indicato dall’Allegato II,
punto 4-bis, terza alinea, alla Parte II del cod. ambiente.
La difesa statale segnala, inoltre, che
l’Allegato A della legge regionale n. 3 del 2018 annovererebbe, tra i progetti
da sottoporre a VIA, alcune tipologie di progetti che ricadono nell’Allegato IV
alla Parte II del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale elenca i progetti da
sottoporre a procedura di verifica di assoggettabilità a VIA; tra questi sono
indicati:
a) gli impianti eolici per la produzione di energia
elettrica, con potenza complessiva installata superiore a 100 kW; per tale
tipologia di progetti, inclusa nell’Allegato IV, punto 2.d), la normativa
regionale prevede una soglia inferiore rispetto a quella prevista dalla
normativa nazionale, pari a 1 MW;
b) gli impianti fotovoltaici, con potenza
complessiva installata superiore a 1 MW;
c) gli impianti industriali destinati alla
fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie
fibrose, alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione
superiore a 100 tonnellate al giorno;
d) il trattamento di prodotti intermedi e
fabbricazione di prodotti chimici;
e) la produzione di pesticidi, prodotti
farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi:
f) lo stoccaggio di altri prodotti chimici con
capacità complessiva superiore a 1.000 metri cubi;
g) gli impianti per la concia del cuoio e del
pellame.
Inoltre, nell’Allegato B alla legge regionale
censurata, relativa ai «Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità
regionale», si farebbe riferimento a progetti che la disciplina statale
considera di competenza statale elencati ai sensi degli Allegati II e II-bis
alla Parte II del d.lgs. n. 152 del 2006.
In particolare sono riportati:
a) gli impianti termici per la produzione di
energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva
installata compresa fra 3 e 15 MW, o aventi un diametro della condotta
principale della rete di teleriscaldamento superiore a 350 millimetri, o aventi
una lunghezza della condotta principale della rete di teleriscaldamento
superiore a 10 chilometri; tale tipologia di progetti, con diversa soglia (50
MW), è inclusa nell’Allegato II-bis, punto 1.a); al di sotto di tale soglia la
difesa erariale sottolinea come non sia prevista alcuna procedura nell’ambito
della normativa nazionale vigente per gli impianti termici destinati alla
produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda;
b) l’istallazione di oleodotti e gasdotti, con
lunghezza complessiva superiore ai 10 chilometri; tale tipologia di progetti,
con diversa soglia (20 km) sarebbe annoverata tra i progetti da sottoporre a
verifica statale di assoggettabilità a VIA, ai sensi dell’Allegato II-bis,
punto 1.b) alla Parte II del cod. ambiente;
c) l’attività di ricerca di idrocarburi liquidi
e gassosi in terraferma; tale tipologia di progetti, sarebbe inclusa
nell’Allegato II, punto 7) alla Parte II del cod. ambiente, che individua i
progetti da sottoporre a VIA statale;
d) gli interporti, le piattaforme intermodali e
terminali intermodali; tale tipologia di progetti sarebbe inclusa nell’Allegato
II-bis, punto 2.a)., alla Parte II del cod. ambiente, relativa alla verifica
statale di assoggettabilità a VIA;
e) le strade extraurbane secondarie e strade
urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell’Allegato A);
altre strade, piste poderali ed interpoderali, soggette a un allargamento della
carreggiata carrabile, con lunghezza superiore ad 1 chilometro, strade, piste
poderali ed interpoderali di nuova realizzazione, con lunghezza compresa fra
500 metri e 2 chilometri, nonché piste di cantiere, di natura temporanea, di
lunghezza superiore a 500 metri; la definizione sarebbe parzialmente difforme
da quella dell’Allegato IV, punto 7.h), alla Parte II del cod. ambiente, relativa
alla verifica regionale di assoggettabilità a VIA, e comporterebbe possibili
diverse interpretazioni sulla competenza statale o regionale per le «strade
extraurbane secondarie»;
f) gli acquedotti di nuovo tracciato con una
lunghezza superiore ai 20 chilometri; tale tipologia di progetti sarebbe
inclusa nell’Allegato II-bis, punto 2.d) alla Parte II del cod. ambiente,
relativa alla verifica statale di assoggettabilità a VIA;
g) i nuovi aeroporti ed interventi sugli
aeroporti esistenti che comportano l’edificazione di volumi superiori a 10.000
metri cubi o la pavimentazione di superfici superiori a 20.000 metri quadri,
altiporti, eliporti, aviosuperfici ed elisuperfici non occasionali; tutti gli
aeroporti non compresi nell’Allegato II sarebbero però inclusi nell’Allegato
II-bis, punto 2.e) alla Parte II del cod. ambiente, relativa alla verifica
statale di assoggettabilità a VIA;
h) gli elettrodotti aerei esterni per il
trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di
trasmissione statale, con tensione nominale superiore a 100 kV
e tracciato di lunghezza compreso fra 3 e 10 chilometri; tale tipologia di
progetti, con parziale diversa definizione e con soglie di lunghezza superiori
a 3 km, sarebbe annoverata tra i progetti da sottoporre a verifica statale di
assoggettabilità a VIA, inclusa nell’Allegato II-bis, punto 1.d), alla Parte II
del cod. ambiente.
Infine, la difesa statale ricorda che per
diverse tipologie di progetti incluse nell’Allegato B alla legge regionale
impugnata, relativa ai progetti da sottoporre a verifica regionale si
assoggettabilità a VIA, sono individuate soglie dimensionali diverse
(inferiori) rispetto a quelle indicate nell’Allegato IV alla Parte II del
d.lgs. n. 152 del 2006, relativa ai progetti, indicati dalla normativa statale,
da sottoporre a verifica regionale di assoggettabilità come, ad esempio, gli
impianti eolici per la produzione di energia elettrica, con potenza complessiva
installata compresa fra 20 e 100 kW, oppure aventi altezza massima della macchina
eolica (sino al mozzo, in caso di rotore ad asse orizzontale) superiore a 15
metri, o aventi diametro del rotore superiore a 5 metri.
4.– Si è costituita in giudizio la Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste,
con atto depositato il 16 luglio del 2018, chiedendo il rigetto delle questioni
di legittimità promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri.
La difesa regionale eccepisce, in primo luogo,
l’inammissibilità del ricorso per mancata indicazione delle competenze
legislative assegnate all’ente ad autonoma differenziata dalla legge cost. 26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per Valle d’Aosta). In particolare, la
resistente riporta l’orientamento di questa Corte secondo il quale, nel caso in
cui il ricorso statale riguardi una legge di una Regione a statuto speciale, lo
Stato non potrebbe esimersi dall’indicare le competenze assegnate dallo statuto
(sono richiamate, tra le tante, le sentenze n. 58 del
2016, n. 254,
n. 151 e n. 142 del 2015),
a maggior ragione quando la disciplina censurata attenga al bene giuridico
dell’ambiente. In tal senso, il ricorrente non avrebbe tenuto in considerazione
le competenze delineate dall’art. 2, comma l, dello statuto speciale in materia
di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Ragione e stato
giuridico ed economico del personale» (lettera a), «agricoltura e foreste,
zootecnia, flora e fauna» (lettera d); «piccole bonifiche ed opere di
miglioramento agrario e fondiario» (lettera e); «strade e lavori pubblici di
interesse regionale» (lettera f); «urbanistica, piani regolatori per zone di
particolare importanza turistica» (lettera g); «trasporti su funivie e linee
automobilistiche locali» (lettera h); «acque minerali e termali» (lettera i);
«caccia e pesca» (lettera l); «acque pubbliche destinate ad irrigazione ed a
uso domestico» (lettera m); «industria alberghiera, turismo e tutela del
paesaggio» (lettera q).
Inoltre, il ricorrente non avrebbe tenuto in
considerazione l’art. 3, comma l, dello statuto, il quale devolve alla Regione la
competenza legislativa di integrazione ed attuazione in tema di «utilizzazione
delle acque pubbliche ad uso idroelettrico» (lettera d), «utilizzazione delle
miniere» (lettera e); «igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica»
(lettera l), e l’art. 4, che affida alla Regione le funzioni amministrative
«nelle materie nelle quali ha potestà legislativa a norma degli articoli 2 e 3,
salve quelle attribuite ai Comuni e agli enti locali dalle leggi della
Repubblica».
In secondo luogo, la resistente eccepisce
l’inammissibilità del ricorso per insufficienza e genericità della motivazione
(vengono riportate, tra le altre, le sentenze n. 131 del
2016, n. 251
e n. 153 del
2015), per non aver argomentato adeguatamente a sostegno della declaratoria
di illegittimità costituzionale, anche alla luce della giurisprudenza
costituzionale che sottolinea l’esigenza di una adeguata motivazione a supporto
del ricorso, esigenza che si pone in termini particolarmente pregnanti nel
giudizio in via di azione. Secondo la difesa regionale, il ricorrente,
nell’impugnare l’intera legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018, non avrebbe
fornito un sufficiente supporto motivazionale, «in grado di illustrare
adeguatamente in che termini, e sotto quali profili, il regime statale in tema
di VIA sia vincolante nei riguardi della Regione Autonoma Valle d’Aosta, tenuto
conto, oltretutto, delle plurime competenze legislative ed amministrative di
cui (…) la resistente è investita dallo Statuto speciale». Inoltre, poiché il
Presidente del Consiglio dei ministri impugnerebbe anche specifiche
disposizioni della legge regionale, il ricorso sarebbe oscuro e scarsamente
intellegibile, non risultando chiaro il petitum
delineato dal ricorrente.
Infine, una terza eccezione di inammissibilità
per genericità viene sollevata dalla resistente con riferimento
all’impugnazione dell’art. 16, comma 1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del
2018, e dell’Allegato A alla medesima legge, perché il ricorrente non
spiegherebbe quali sono le ragioni di contrasto della disciplina censurata con
l’art. 117, secondo comma, lettera s).
5.– Nel merito, la difesa regionale insiste
sulla non fondatezza delle questioni sollevate. In particolare, non fondate
sarebbero le questioni sollevate sugli artt. 10, 12, 13 della legge reg. Valle
d’Aosta n. 3 del 2018, perché la Regione si sarebbe mossa nel solco della
normativa comunitaria e, in particolare, dell’art. 1, paragrafi 1 e 2 della
direttiva 2014/528UE, che delineerebbero l’integrazione del provvedimento di
VIA nel susseguente atto autorizzatorio quale modello «prioritario» di
articolazione procedimentale. A norma della disciplina sovranazionale,
l’unificazione delle procedure con conseguente adozione del provvedimento unico
regionale sarebbe una mera possibilità secondaria prevista dall’art. 2,
paragrafo 2, della direttiva citata. Sarebbe irragionevole, piuttosto,
l’assetto delineato dal d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, ancorando la VIA di
pertinenza regionale – diversamente da quella di spettanza statale – alla sola
forma del provvedimento "unico”, si risolverebbe in un’indebita compressione
delle attribuzioni legislative delle Regioni. In tal senso, l’obbligo di
adeguamento gravante sulle Regioni atterrebbe solo al tipo di progetti da
sottoporre a VIA, e non anche alle modalità procedimento di esperimento della
medesima (vengono riportate le sentenze della Corte costituzionale n. 218 del 2017
e n. 127 del
2010).
Egualmente non fondata sarebbe la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, e dell’Allegato A alla
medesima legge, alla luce della giurisprudenza costituzionale a tenore della
quale le Regioni conserverebbero comunque la facoltà di innalzare i livelli di
tutela ambientare fissati dalla legge dello Stato (tra le più recenti, è citata
la sentenza n.
212 del 2017). In questa direzione andrebbe l’Allegato A, che
incrementerebbe il livello di protezione ambientale, soprattutto laddove la
Regione non abbia stabilito delle soglie minime superate le quali attivare il
procedimento di VIA, posto che la «loro indicazione nella legge regionale
sarebbe del tutto superflua e persino problematica, attesa la disponibilità di
quei limiti da parte dello Stato, che potrebbe perfino in ipotesi ritenere di
modificarli».
6.– In prossimità dell’udienza pubblica ha
depositato memoria illustrativa l’Avvocatura generale dello Stato, illustrando
la non fondatezza delle eccezioni di inammissibilità prospettate dalla difesa
regionale e insistendo, nel merito, per l’accoglimento del ricorso.
6.1.– Ad avviso del Presidente del Consiglio
dei ministri, sarebbe destituita di fondamento l’eccezione di inammissibilità
del ricorso per mancata indicazione, nell’atto introduttivo, dei parametri
statutari. Nessuna delle competenze legislative previste degli artt. 2, comma
1, e 3, comma 1, dello Statuto speciale verrebbero specificamente in rilievo
nelle procedure di VIA, che attiene viceversa alla competenza esclusiva in
materia di tutela dell’ambiente ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Di conseguenza, il Presidente del Consiglio dei ministri non doveva essere
gravato dall’onere di indicare, nella delimitazione del thema
decidendum, i parametri statutari.
Egualmente non fondata sarebbe l’eccezione di
inammissibilità del ricorso per genericità e insufficiente motivazione, con
riferimento sia alle ragioni che sostengono le censure sia all’oggetto delle
censure medesime, che il ricorrente delimita agli artt. 10, 12, 13, 16, comma
1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018.
Con particolare riguardo alla censura dell’art.
16, comma 1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018, nonché degli
Allegati A e B dell’Allegato A della medesima legge regionale, la difesa dello
Stato ne ribadisce l’ammissibilità, insistendo sulla chiarezza argomentativa
del ricorso.
Nel merito, il Presidente del Consiglio dei
ministri insiste per l’accoglimento del ricorso, ribadendo quanto già affermato
nell’atto introduttivo. In replica alle argomentazioni della resistente,
l’Avvocatura generale dello Stato sottolinea come non avrebbero pregio i dubbi
di legittimità costituzionale avanzati dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste sull’art. 27-bis
del cod. ambiente, posto che, eventualmente, questi dovevano essere sollevati
in un autonomo giudizio di legittimità che la Regione autonoma avrebbe dovuto promuovere
nei termini previsti dall’art. 127, comma 2, Cost. Viene poi richiamata la sentenza n. 198 del
2018, che avrebbe sancito la non derogabilità del provvedimento unico in
materia ambientale da parte delle Regioni, anche ad autonomia differenziata.
7.– Anche la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste ha depositato, in
prossimità dell’udienza pubblica, una memoria illustrativa. La resistente
insiste sull’accoglimento delle eccezioni di inammissibilità e rinnova la tesi
della non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale prospettate.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha
sollevato questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione
autonoma Valle d’Aosta 20 marzo 2018, n. 3, recante «Disposizioni per
l’adempimento degli obblighi della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste derivanti
dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Modificazioni alla legge
regionale 26 maggio 2009, n. 12 (Legge europea 2009), in conformità alla direttiva
2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che
modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell’impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati (Legge europea regionale
2018)» e, nel dettaglio, degli artt. 10, 12, 13, 16, comma 1, nonché, «nei
sensi e nei limiti (…) illustrati», degli Allegati A e B contenuti
nell’Allegato A (sic) della medesima legge, per contrasto con l’art. 117, comma
2, lettera s) della Costituzione con riferimento ad alcune disposizioni del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante «Norme in materia
ambientale», d’ora in avanti anche cod. ambiente), e in particolare, agli artt.
7-bis e 27-bis e agli Allegati II, II-bis, III, IV, alla Parte II del
menzionato cod. ambiente.
2.– In via preliminare, questa Corte è chiamata
a pronunciarsi sulle eccezioni di inammissibilità avanzate dalla resistente.
2.1.– In primo luogo, la difesa regionale
prospetta l’inammissibilità del ricorso per mancata indicazione delle
competenze legislative assegnate all’ente ad autonomia differenziata dalla
legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per Valle d’Aosta). In
particolare, la resistente riporta l’orientamento di questa Corte secondo il
quale, nel caso in cui il ricorso statale riguardi una legge di una Regione a
statuto speciale, lo Stato non potrebbe esimersi dall’indicare le competenze
assegnate dallo Statuto.
2.1.1.– L’eccezione non è fondata.
Questa Corte, pur inquadrando le innovazioni
portate alla disciplina della VIA dal decreto legislativo 16 giugno 2017, n.
104 (Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE,
concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti
pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015,
n. 114), nelle norme fondamentali di riforma economico-sociali alle quali la
Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste avrebbe dovuto adeguarsi (sentenza n. 198 del
2018), ha affermato che il procedimento di VIA e le funzioni amministrative
ad esso connesse «non sono riconducibili sic et simpliciter ad alcuna specifica
attribuzione degli enti ad autonomia differenziata», risultando piuttosto
«strumentali all’inveramento» dell’ambiente, «valore di rango costituzionale
tutelato anche dalla normativa europea» (sentenza n. 198 del
2018; nello stesso senso, sentenza n. 93 del
2019).
Vero è che per costante giurisprudenza di
questa Corte, laddove "venga sottoposta a censura di legittimità costituzionale
una disposizione di legge di un soggetto ad autonomia speciale, la compiuta
definizione dell’oggetto del giudizio (…) non può (…) prescindere
dall’indicazione delle competenze legislative assegnate dallo Statuto speciale,
tanto più se queste risultino astrattamente pertinenti all’oggetto del giudizio
(…)» (sentenza
n. 109 del 2018; nello stesso senso, sentenze n. 103
e n. 52 del 2007).
Ciò nonostante, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che siffatto
requisito di ammissibilità va inteso nel senso che, dal contesto del ricorso,
deve emergere l’esclusione della possibilità di operare il sindacato di
legittimità costituzionale in base allo statuto speciale, ritenendo
sufficiente, ma necessaria, un’indicazione, sia pure sintetica al riguardo, in
ordine all’estraneità della materia alla sfera di attribuzioni stabilita dallo
stesso (sentenze
n. 142 del 2015 e n. 288 del 2013).
Nel caso di specie, la difesa statale si è
posta il problema della applicabilità della disciplina statale della VIA alla
Regione speciale, per poi risolverlo in senso positivo, sostenendo
l’opponibilità, anche alle Regioni speciali, della competenza esclusiva della
tutela dell’ambiente. In tal senso, dunque, la «sommarietà delle argomentazioni
e [la] incompletezza del quadro normativo di riferimento non sono tali (…) da
impedire l’esame nel merito del dedotto profilo di illegittimità
costituzionale» (sentenza
n. 201 del 2018). Alla luce della mancata previsione, tra le norme
statutarie, di una esplicita competenza in materia di VIA, e fermo restando che
l’esatta qualificazione del titolo di competenza cui ascrivere la disciplina
impugnata attiene al merito del giudizio (sentenza n. 252 del
2016), l’onere argomentativo reso necessario dal regime di specialità può ritenersi
soddisfatto dal ricorrente.
2.2.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste ritiene, inoltre,
il ricorso generico e incompleto, e l’impugnazione oscura e non intellegibile.
Il ricorrente censurerebbe, infatti, sia l’intera legge sia singole
disposizioni della legge regionale, così da rendere incerto il petitum.
2.2.1.– L’eccezione non è fondata.
Vero è che, nelle sue argomentazioni, il
ricorrente ritiene la legge regionale «complessivamente» non conforme alla
disciplina statale e che le modifiche apportate alla legge reg. Valle d’Aosta
26 maggio 2009, n. 12 (Legge europea 2009), in materia di VIA sarebbero «in
tutto o in parte difformi» dal cod. ambiente. Tuttavia, alla luce di una
lettura complessiva dell’atto introduttivo, tali passaggi sono argomenti ad adiuvandum rispetto alle censure promosse sugli artt. 10,
12, 13, 16, comma 1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018. A conforto
di tale conclusione militano sia il contenuto del ricorso – ove sono indicate
«nel dettaglio», dopo una iniziale premessa generale, «le disposizioni della
legge regionale n. 3 del 2018 non conformi alle disposizioni della Parte II,
Titolo III, del d.lgs. n. 152 del 2006» – sia le conclusioni, ove sono
menzionati esclusivamente gli articoli appena menzionati, censurati «nei sensi
e nei limiti» illustrati nel ricorso.
Il ricorrente non ha inteso impugnare, quindi,
l’intera legge regionale, ma solo le norme specificamente indicate nel corpo e
nelle conclusioni dell’atto introduttivo. Così delimitato il petitum, l’eccezione deve essere respinta.
2.3.– A sorte analoga va incontro la terza
eccezione di inammissibilità promossa dalla resistente sulla censura relativa
all’art. 16, comma 1 impugnato, generica – in tesi – perché il ricorrente non
avrebbe spiegato le ragioni di contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost.
2.3.1.– Il ricorrente giustappone nel dettaglio
i singoli procedimenti, indicati dagli Allegati A e B della legge regionale
censurata, a quelli elencati dal cod. ambiente, così argomentando diffusamente
sulla presunta "appropriazione” da parte della Regione della disciplina di
procedimenti amministrativi in materia di VIA in contrasto con la disciplina
statale.
Di qui la non fondatezza della eccezione di
inammissibilità prospettata dalla resistente.
3.– Nel merito, vanno affrontate, anzitutto, le
questioni relative agli artt. 10, 12 e 13 della legge reg. Valle d’Aosta n. 3
del 2018.
3.1.– L’Avvocatura generale dello Stato censura
il combinato disposto degli artt. 12 e 13, che configurerebbe il provvedimento
di VIA regionale quale atto autonomo da integrare nell’atto autorizzativo
rilasciato da altre strutture regionali competenti. La normativa regionale
stabilisce, infatti, che il «provvedimento di VIA contiene le eventuali
condizioni ambientali per la realizzazione, per l’esercizio e per la
dismissione dei progetti» (art. 12, comma 2), e che «l’autorizzazione o ogni
altro titolo abilitativo alla realizzazione dei progetti sottoposti a VIA,
rilasciati dalle strutture regionali, dai Comuni o loro forme associative o da
altri enti competenti per materia, comprendono almeno le seguenti informazioni:
a) il provvedimento di VIA; b) le prescrizioni contenute nel provvedimento di
VIA che riguardino le eventuali condizioni ambientali e le eventuali misure
previste per evitare, prevenire o ridurre e, se possibile, compensare gli
impatti ambientali negativi e significativi, nonché le misure di monitoraggio
da adottare» (art. 13).
In tal senso, le citate norme sarebbero
difformi dall’art. 27-bis del cod. ambiente che prevede, invece, un
«provvedimento autorizzatorio unico» regionale, che altro non è se non la
«determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi,
comprensivo di tutti i titoli abilitativi necessari alla realizzazione del
progetto».
Inoltre, il ricorrente ritiene la normativa
regionale censurata incoerente rispetto alla funzione che la normativa statale
assegna alla conferenza dei servizi in base all’art. 27-bis del cod. ambiente,
nonché agli artt. 14 comma 4 e 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove
norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi). L’art. 10 della legge regionale impugnata prevede
infatti che il coinvolgimento della conferenza di servizi sia meramente
facoltativo, limitandosi a stabilire che in tale sede possano essere solo
acquisiti pareri da parte della struttura regionale competente in materia di
valutazione ambientale.
3.2.– Le questioni, concernenti gli artt. 12 e
13 della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018, sono fondate.
L’art. 27-bis del cod. dell’ambiente prevede
che «[n]el caso di procedimenti di VIA di competenza
regionale (…) l’autorità competente convoca una conferenza di servizi alla
quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o
comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e
dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all’esercizio del
progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi è convocata in
modalità sincrona e si svolge ai sensi dell’articolo 14-ter della legge 7
agosto 1990, n. 241. (…) La determinazione motivata di conclusione della
conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico
regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati
per la realizzazione e l’esercizio del progetto, recandone l’indicazione
esplicita e, se possibile, compensare gli impatti ambientali negativi e
significativi, nonché le misure di monitoraggio da adottare».
3.2.1.– Tale disposizione vincola anche gli
enti ad autonomia differenziata per un duplice ordine di ragioni, già
evidenziate dalla sentenza
n. 198 del 2018, pronunciata a seguito di un’impugnazione, promossa, tra le
altre, dalla stessa Regione autonoma Valle d’Aosta.
In tale decisione, questa Corte ha chiarito che
le funzioni amministrative connesse alla VIA «non sono riconducibili sic et
simpliciter ad alcuna specifica attribuzione degli enti ad autonomia differenziata»,
risultando piuttosto strumentali all’inveramento del valore ambientale. Se è
vero che «la normativa statale riconducibile alla materia trasversale di cui
all’art. 117, comma 2, lettera s), Cost. è applicabile solo laddove non entrino
in gioco le competenze riconosciute dalla normativa statutaria agli enti ad
autonomia differenziata» (sentenza n. 198 del
2018; nello stesso senso; sentenze n. 229
e n. 212 del
2017), nel caso di specie non è dato rilevare alcuna specifica competenza
in grado di opporsi alla attribuzione statale.
Deve notarsi, piuttosto, come le plurime
competenze statutarie, indicate negli artt. 2 e 3 dello statuto speciale, siano
solo incidentalmente intersecate dalla disciplina della VIA, in coerenza con la
natura trasversale della materia ex artt. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
(ad esempio, l’art. 2 fa riferimento a «piccole bonifiche ed opere di
miglioramento agrario e fondiario» [lettera e], alle «strade e lavori pubblici
di interesse regionale» [lettera f], all’«urbanistica» [lettera g], alla
industria alberghiera, al turismo e alla tutela del paesaggio [lettera q];
l’art. 3 alla disciplina dell’utilizzazione delle acque pubbliche ad uso
idroelettrico [lettera d]).
3.2.2.– In ogni caso, anche laddove vengano in
rilievo singoli segmenti di competenza statutaria, deve essere ribadito come lo
statuto speciale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallèe
d’Aoste annoveri, tra i limiti alle proprie
attribuzioni, le norme fondamentali statali di riforma economico-sociale e gli
obblighi internazionali (art. 2 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.
4, recante «Statuto speciale per la Valle d’Aosta»), clausole in grado di
legittimare un intervento statale finalizzato a garantire una uniforme tutela
dell’ambiente.
In particolare, il legislatore statale conserva
il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della Regione speciale
attraverso leggi qualificabili come «riforme economico-sociali»: «e ciò anche
sulla base (…) del titolo di competenza legislativa nella materia "tutela
dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, di cui all’art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela
del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali; con la
conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali
emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto
[…] degli enti ad autonomia differenziata nell’esercizio delle proprie
competenze» (sentenze
n. 198 del 2018 e n. 229 del 2017).
Inoltre, in forza della sua diretta derivazione
europea, la disciplina in materia di VIA integra anche il limite degli obblighi
internazionali previsto da alcuni statuti speciali (sentenza n. 198 del
2018).
3.2.3.– Il provvedimento unico regionale,
introdotto nel cod. ambiente dal d.lgs. n. 104 del 2017, è finalizzato «a
semplificare, razionalizzare e velocizzare la VIA regionale, nella prospettiva
di migliorare l’efficacia dell’azione delle amministrazioni a diverso titolo
coinvolte nella realizzazione del progetto» (sentenza n. 198 del
2018). Detto istituto «non sostituisce i diversi provvedimenti emessi
all’esito dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche
regionale, che possono interessare la realizzazione del progetto, ma li
ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi» (sentenza n. 198 del
2018). Il provvedimento unico ha, dunque, «una natura per così dire
unitaria, includendo in un unico atto i singoli titoli abilitativi emessi a
seguito della conferenza di servizi che, come noto, riunisce in unica sede
decisoria le diverse amministrazioni competenti», e non «è quindi un atto
sostitutivo, bensì comprensivo delle altre autorizzazioni necessarie alla
realizzazione del progetto» (sentenza n. 198 del
2018; più recentemente, sentenza n. 246 del
2018). Esso rappresenta il «nucleo centrale» di un complessivo intervento
di riforma che vincola l’odierna resistente in quanto – come prima evidenziato
– norma fondamentale di riforma economico sociale, riproduttiva – in aggiunta –
di specifici obblighi internazionali in virtù della sua derivazione comunitaria
(ai sensi dell’art. 2 dello statuto valdostano, sentenza n. 198 del
2018).
3.2.3.1.– A questo proposito, priva di pregio è
l’argomentazione della Regione resistente, la quale insiste sulla difformità
della normativa posta dal legislatore statale rispetto alla normativa europea.
Come questa Corte ha già affermato, l’art. 27-bis del cod. ambiente «è
perfettamente coerente con la normativa sovranazionale, la quale non solo
prevede la semplificazione delle procedure in materia di VIA, ma stabilisce
anche che gli Stati membri debbano prevedere procedure coordinate e comuni, nel
caso in cui la valutazione risulti contemporaneamente dalla direttiva
2011/92/UE, come modificata dalla direttiva 2014/52/UE, e dalle altre direttive
europee in materia ambientale ad essa collegate. Inoltre, l’art. 1, paragrafo
1), della direttiva 2014/52/UE stabilisce nel dettaglio un iter procedurale che
trova sostanziale riproduzione nella disposizione censurata» (sentenza n. 198 del
2018).
3.2.4.– Alla luce di tale premesse, la
normativa regionale si pone dunque in contrasto con la disciplina statale,
laddove fraziona il contenuto del provvedimento di VIA, limitandosi a contenere
le informazioni e le valutazioni necessarie a stimare e a contenere l’impatto
ambientale del progetto autorizzato. Nella disciplina posta dalla Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste,
il provvedimento di VIA è, infatti, autonomo rispetto agli altri atti autorizzatori
connessi alla realizzazione dell’opera, in evidente deroga all’assetto unitario
e onnicomprensivo del provvedimento unico previsto dall’art. 27-bis del cod.
ambiente.
3.3.– È altresì fondata la questione relativa
all’art. 10 della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018.
Come detto, tale disposizione prevede che i
soggetti competenti in materia territoriale e ambientale possano esprimere il
loro parere anche «nell’ambito della conferenza di servizi indetta dalla
struttura competente».
La conferenza di servizi è dunque relegata,
dalla legge regionale impugnata, a un ruolo meramente consultivo e marginale,
secondo una previsione che contrasta con il disegno normativo prefigurato
dall’art. 27-bis del cod. ambiente. In virtù di tale disposizione, la conferenza
di servizi assurge a sede decisoria di adozione del provvedimento di VIA
regionale, secondo una previsione teleologicamente connessa agli effetti
"unitari” di detto provvedimento.
Corollario normativo di tale previsione è
l’art. 14, comma 4, della legge n. 241 del 1990, nella versione novellata dal
d.lgs. n. 104 del 2017, il quale prevede che «[q]ualora
un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza
regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri,
concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla
realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto, vengono acquisiti
nell’ambito di apposita conferenza di servizi, convocata in modalità sincrona
ai sensi dell’articolo 14-ter, secondo quanto previsto dall’articolo 27-bis del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».
Solo in un contesto istituzionale ove siedono
le diverse amministrazioni interessate, a vario titolo, alla realizzazione del
progetto è possibile rappresentare e ponderare i molteplici interessi pubblici
coinvolti, adottando i diversi atti poi ricompresi nella determinazione finale
del procedimento di impatto ambientale.
Come questa Corte ha già affermato, infatti,
l’art. 27-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 e l’art. 14 comma 4 della l. n. 241
del 1990 «sono espressione di un unico disegno riformatore» che «individua un
punto di equilibrio tra l’esigenza di semplificazione e di accelerazione del
procedimento amministrativo, da un lato, e la "speciale” tutela che deve essere
riservata al bene ambiente, dall’altro» (sentenza n. 246 del
2018).
Di qui l’accoglimento della questione di
legittimità costituzionale.
4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha
sollevato, infine, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma
1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018, norma che dispone la
sostituzione degli allegati A, B, F, G, H al Titolo I della legge reg. Valle
d’Aosta n. 12 del 2009 con quelli riportati all’Allegato A alla legge regionale
impugnata.
4.1.– Tra questi, il ricorrente sostiene che
l’Allegato A assoggetterebbe a VIA regionale procedimenti di competenza statale
ai sensi degli Allegati II e II-bis alla Parte II del cod. ambiente, così
allargando il novero dei progetti di competenza regionale oltre a quanto
previsto dall’allegato III alla Parte II del cod. ambiente.
Sotto tale profilo, la difesa erariale censura
le norme che richiamano:
a) gli impianti termici per la produzione di
energia elettrica, vapore e acqua calda, con potenza termica complessiva installata
superiore a 15 MW: tale tipologia di progetti, con diversa soglia (50 MW)
sarebbe inclusa nell’allegato II-bis alla Parte II cod. ambiente, punto 1.a);
al di sotto di tale soglia non sarebbe prevista alcuna procedura nell’ambito
della normativa nazionale vigente per gli impianti termici destinati alla
produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda (allegato A, n. 2); b) lo
stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici pericolosi ai sensi
del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65 (Attuazione delle direttive
1999/45/CE e 2001/60/CE relative alla classificazione, all’imballaggio e
all’etichettatura dei preparati pericolosi), con capacità complessiva superiore
a 10.000 metri cubi: tale tipologia di progetto, con parziale diversa
definizione (comprende anche i prodotti chimici) e diversa soglia di capacità
(40.000 m³) sarebbe inclusa nell’Allegato II, punto 8, prima alinea alla II
parte del cod. ambiente (Allegato A, n. 9); c) l’attività di coltivazione sulla
terraferma degli idrocarburi liquidi e gassosi delle risorse geotermiche;
l’attività di coltivazione di idrocarburi, sia sulla terraferma sia in mare e
con soglie per gli idrocarburi liquidi (500 t/g) e gassosi (500.000 m³/giorno),
sarebbe inclusa nell’Allegato II, punto 7.1, cod. ambiente. Peraltro, per ciò
che concerne le risorse geotermiche, la difesa erariale segnala la mancata
esclusione degli «impianti geotermici pilota di cui all’art. 1 comma 3-bis, del
d.lgs. 11 febbraio 2010, n. 22 (Riassetto della normativa in materia di ricerca
e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28,
della legge 23 luglio 2009, n. 99) e successive modificazioni, esclusione
riportata alla lettera v) dell’Allegato III alla Parte II del cod. ambiente e
conseguente alla inclusione tra i progetti di competenza statale (Allegato A,
n. 17); d) gli elettrodotti per il trasporto di energia elettrica, non facenti
parte della rete elettrica di trasmissione statale, con tensione nominale
superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza
superiore a 10 chilometri; tale tipologia di progetti, con parziale diversa
definizione e con medesime soglie di tensione e lunghezza, sarebbe di spettanza
statale, inclusa, quanto tale, nell’Allegato II, punto 4-bis alla Parte II del
cod. ambiente (Allegato A, n. 18); e) le strade, le piste poderali e
interpoderali, di nuova realizzazione, con lunghezza superiore a 2 chilometri;
la generica dizione «strade», in assenza di specificazioni o esclusioni non
consentirebbe di individuare con esattezza la classificazione (strade
extraurbane, urbane) e la relativa competenza (statale per le extraurbane
incluse nell’Allegato II e II-bis, regionale per le urbane di scorrimento
incluse nell’Allegato III alla Parte II del cod. ambiente) (Allegato A, n. 19);
f) lo stoccaggio di gas combustibili in serbatoi sotterranei artificiali con
una capacità complessiva superiore a 40.000 metri cubi; tale tipologia di
progetto, con diversa soglia di capacità (80.000 m³), sarebbe di competenza
statale, come indicato dall’Allegato II, punto 4-bis, terza alinea, alla Parte
II del cod. ambiente (Allegato A, n. 20);
4.2.– La difesa erariale segnala, inoltre, che
l’Allegato A della legge regionale n. 3 del 2018 annovererebbe, tra i progetti
da sottoporre a VIA, alcune tipologie di progetti che ricadono nell’Allegato IV
alla Parte II del cod. ambiente, il quale elenca i progetti da sottoporre a
semplice procedura regionale di verifica di assoggettabilità a VIA.
Tra questi sono indicati: a) gli impianti
eolici per la produzione di energia elettrica, con potenza complessiva
installata superiore a 100 kW; per tale tipologia di progetti, inclusa
nell’Allegato IV, punto 2.d) alla Parte II del cod. ambiente, la normativa
regionale prevede inoltre una soglia inferiore rispetto a quella prevista dalla
normativa nazionale, pari a 1 MW (Allegato A, n. 3); b) gli impianti
fotovoltaici, con potenza complessiva installata superiore a 1 MW (Allegato A,
n. 4); c) gli impianti industriali destinati alla fabbricazione di pasta per
carta a partire dal legno o da altre materie fibrose, alla fabbricazione di
carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 100 tonnellate al giorno
(Allegato A, n. 5); d) il trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di
prodotti chimici (Allegato A, n. 7); e) la produzione di pesticidi, prodotti
farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi (Allegato A, n. 8); f)
lo stoccaggio di altri prodotti chimici con capacità complessiva superiore a
1.000 metri cubi (Allegato A, n. 10); g) gli impianti per la concia del cuoio e
del pellame (Allegato A, n. 11).
4.3.– Infine, nell’Allegato B alla legge
regionale censurata, relativa ai «Progetti sottoposti alla verifica di
assoggettabilità regionale», si farebbe riferimento a progetti che la disciplina
statale considera di competenza statale elencati dagli Allegati II e II-bis
alla Parte II del cod. ambiente, o comunque a progetti non previsti, per tipo e
dimensione, dalla normativa statale.
In particolare, sono impugnate le disposizioni
che si riferiscono: a) agli impianti termici per la produzione di energia
elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva installata
compresa fra 3 e 15 MW, o aventi un diametro della condotta principale della
rete di teleriscaldamento superiore a 350 millimetri, o aventi una lunghezza
della condotta principale della rete di teleriscaldamento superiore a 10
chilometri; tale tipologia di progetti, con diversa soglia (50 MW), è inclusa
nell’Allegato II-bis, punto 1.a). Al di sotto di tale soglia la difesa erariale
sottolinea come non sia prevista alcuna procedura nell’ambito della normativa
nazionale vigente per gli impianti termici destinati alla produzione di energia
elettrica, vapore e acqua calda (Allegato B, n. 2.a); b) agli impianti eolici per
la produzione di energia elettrica, con potenza complessiva installata compresa
fra 20 e 100 kW, oppure aventi altezza massima della macchina eolica (sino al
mozzo, in caso di rotore ad asse orizzontale) superiore a 15 metri, o aventi
diametro del rotore superiore a 5 metri (Allegato B, n. 2.e; c)
all’istallazione di oleodotti e gasdotti, con lunghezza complessiva superiore
ai 10 chilometri; tale tipologia di progetti, con diversa soglia (20 km)
sarebbe annoverata tra i progetti da sottoporre a verifica statale di
assoggettabilità a VIA, ai sensi dell’Allegato II-bis, punto 1.b), Parte II del
cod. ambiente (Allegato B, n. 2.g); d) all’attività di ricerca di idrocarburi
liquidi e gassosi in terraferma; tale tipologia di progetti, sarebbe inclusa
nell’Allegato II, punto 7) alla Parte II del cod. ambiente, che individua i
progetti da sottoporre a VIA statale (Allegato B, n. 2.h); e) agli interporti,
alle piattaforme intermodali e terminali intermodali; tale tipologia di
progetti sarebbe inclusa nell’Allegato II-bis, punto 2.a)., alla Parte II del
cod. ambiente, relativa alla verifica statale di assoggettabilità a VIA
(Allegato B, n. 7.e); f) alle strade extraurbane secondarie e strade urbane con
lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell’Allegato A); alle altre
strade, piste poderali ed interpoderali, soggette a un allargamento della
carreggiata carrabile, con lunghezza superiore ad 1 chilometro, alle strade,
piste poderali ed interpoderali di nuova realizzazione, con lunghezza compresa
fra 500 metri e 2 chilometri, nonché piste di cantiere, di natura temporanea,
di lunghezza superiore a 500 metri; la definizione sarebbe parzialmente
difforme da quella dell’Allegato IV, punto 7.h), alla Parte II del cod.
ambiente, relativa alla verifica regionale di assoggettabilità a VIA, e
comporterebbe possibili diverse interpretazioni sulla competenza statale o
regionale per le «strade extraurbane secondarie» (Allegato B, n. 7.g); g) agli
acquedotti di nuovo tracciato con una lunghezza superiore ai 20 chilometri; tale
tipologia di progetti sarebbe inclusa nell’Allegato II-bis, punto 2.d) alla
Parte II del cod. ambiente, relativa alla verifica statale di assoggettabilità
a VIA (Allegato B, n. 7.j); h) ai nuovi aeroporti ed interventi sugli aeroporti
esistenti che comportano l’edificazione di volumi superiori a 10.000 metri cubi
o la pavimentazione di superfici superiori a 20.000 metri quadri, altiporti,
eliporti, aviosuperfici ed elisuperfici non occasionali; tutti gli aeroporti
non compresi nell’Allegato II sarebbero però inclusi nell’Allegato II-bis,
punto 2.e) alla Parte II del cod. ambiente, relativa alla verifica statale di
assoggettabilità a VIA (Allegato B, n. 7.m); i) agli elettrodotti aerei esterni
per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica
di trasmissione statale, con tensione nominale superiore a 100 kV e tracciato di lunghezza compreso fra 3 e 10 chilometri;
tale tipologia di progetti, con parziale diversa definizione e con soglie di
lunghezza superiori a 3 km, sarebbe annoverata tra i progetti da sottoporre a
verifica statale di assoggettabilità a VIA, inclusa nell’Allegato II-bis, punto
1.d), alla Parte II del cod. ambiente (Allegato B, n. 7.r).
4.4.– Le questioni, relative all’art. 16, comma
1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018 e ai procedimenti impugnati
riportati negli Allegati A e B, sono fondate.
La nuova distribuzione di competenze tra Stato
e Regioni, operata dal d.lgs. n. 104 del 2017, è stata già considerata, da
questa Corte, tra gli aspetti fondamentali della riforma «in tema di VIA e di
assoggettabilità a VIA, istituti chiave per la tutela dell’ambiente, la quale
necessita di un livello di protezione uniforme sul territorio nazionale» (sentenza n. 198 del
2018; nello stesso senso, da ultimo, sentenza n. 93 del
2019).
Il d.lgs. n. 104 del 2017 (in particolare, gli
artt. 5, 22, 26) ha sostituto gli Allegati alla Parte II del cod. ambiente, e
così realizzato una nuova allocazione dei procedimenti di VIA tra Stato e
Regioni, ampliando il novero dei procedimenti di competenza statale.
Tale diversa allocazione dei procedimenti ha
determinato «un tendenziale allineamento dei diversi schemi e modelli
procedimentali, assegnando allo Stato l’apprezzamento dell’impatto sulla tutela
dell’ambiente dei progetti reputati più significativi e, così, evitando la
polverizzazione e differenziazione delle competenze che caratterizzava il
previgente sistema. Fattore, quest’ultimo, che aveva originato sovrapposizione
e moltiplicazione di interventi, oltre che normative differenziate le quali,
accanto a diluizioni temporali reputate inaccettabili (…) inducevano a
deprecabili fenomeni di "delocalizzazione dei progetti verso aree geografiche a
basso livello di regolazione ambientale”». L’allocazione presso lo Stato delle
procedure coinvolgenti progetti a maggior impatto ha, dunque, risposto ad una
esigenza di razionalizzazione e standardizzazione, «funzionale all’incremento
della qualità della risposta ai diversi interessi coinvolti, con il correlato
obiettivo di realizzare un elevato livello di protezione del bene ambientale» (sentenza n. 198 del
2018).
Anche le citate disposizioni vincolano gli enti
ad autonomia differenziata, perché sono state ascritte, dalla giurisprudenza di
questa Corte, alla categoria «norme fondamentali di riforma economico-sociale»,
oltre che «diretta conseguenza dell’attuazione degli obiettivi posti dalla
direttiva dell’Unione europea» (sentenza n. 198 del
2018).
Da tali premesse discende l’illegittimità
costituzionale delle norme che interferiscono con i procedimenti che il cod.
ambiente riserva allo Stato, indicando tipologie di progetti non perfettamente
corrispondenti alle fattispecie contenute nel d.lgs. n. 152 del 2006, o
prevedendo soglie dimensionali inferiori a quanto previsto dalla disciplina
statale senza contestualmente stabilire "limiti” massimi idonei ad evitare
sovrapposizioni (Allegato A, numeri 2, 3, 9, 17, 18, 19 e 20; Allegato B,
numeri 2a, 2e, 2g, 2h, 7e, 7g, 7j, 7m e 7r).
4.5.– A conclusioni analoghe deve giungersi per
i procedimenti che la legge regionale impugnata sottopone a VIA regionale o a
verifica regionale di assoggettabilità a VIA non indicati dagli Allegati alla
Parte II del cod. ambiente (Allegato A, numeri 4, 5, 7, 8, 10 e 11).
Anche tali fattispecie sono illegittime in
quanto si allontanano dalla disciplina statale, la quale, in virtù della
competenza esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma lettera s) Cost.,
richiede una uniformità di trattamento normativo nella allocazione dei
procedimenti tra Stato e Regioni
4.5.1.– Al riguardo non può sostenersi, come
diffusamente eccepito dalla difesa regionale, che la scelta di sottoporre alle
procedure di VIA progetti non menzionati dalla normativa statale innalzi di per
sé i livelli di tutela ambientale, contribuendo a implementare la protezione
del valore costituzionale indicato dall’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost.
La tutela ambientale, infatti, ha sicuramente
una portata trasversale e finalistica, in grado di condizionare talune
competenze regionali, e in questi casi può anche lasciare spazio a scelte
regionali che siano volte a tutelare in melius i
valori ambientali. Essa evoca, tuttavia, anche un oggetto, l’ambiente appunto,
che rimanda a un «bene della vita, materiale e complesso», una «entità
organica» che richiede una salvaguardia del «tutto» e delle «singole componenti
considerate come parti del tutto» (sentenza n. 378 del
2007; nello stesso senso sentenze n. 104 del
2008 e n.
367 del 2007).
La VIA, in quanto istituto teso a disciplinare
i procedimenti che verificano l’impatto ambientale, rientra a pieno titolo
nella competenza esclusiva indicata dall’art. 117, secondo comma, lettera s)
Cost., escludendo di regola competenze regionali.
Ed infatti questa Corte ha più volte ribadito
che l’ambiente «viene a funzionare come un limite alla disciplina che le
Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza,
salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più
elevata» pur sempre «nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione,
che concorrano con quella dell’ambiente» (sentenze n. 198 del
2018, n. 66
del 2018, n.
199 del 2014; nello stesso senso, sentenze n. 246
e n. 145 del
2013, n. 67
del 2010, n.
104 del 2008 e n. 378 del 2007).
In breve: l’innalzamento dello standard ambientale
presuppone pur sempre l’esercizio di una competenza regionale, nella specie
insussistente. L’esercizio di una competenza legislativa regionale può
incrociare la disciplina statale volta alla tutela di uno o più valori
ambientali (o viceversa); solo in tali casi si può operare un attento
bilanciamento fra la normativa regionale, che introduca livelli più elevati di
tutela ambientale, e quella statale posta direttamente a tutela degli stessi.
Tale bilanciamento è comunque da escludere allorché le norme statali riguardano
non la disciplina di specifici settori ambientali ma le stesse procedure volte
all’emersione e alla individuazione di tali valori, come, ad esempio, nel caso
delle regole istituzionali per la valutazione di impatto ambientale; in questi
casi la competenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. si
riferisce ad una materia in sé conclusa che non attraversa altre competenze.
4.5.2.– In ogni modo, la valutazione intorno
alla previsione di standard ambientali più elevati non può essere realizzata
nei termini di un mero automatismo o di una semplice sommatoria – quasi che
fosse possibile frazionare la tutela ambientale dagli altri interessi
costituzionalmente rilevanti – ma deve essere valutata alla luce della ratio
sottesa all’intervento normativo e dell’assetto di interessi che lo Stato ha
ritenuto di delineare nell’esercizio della sua competenza esclusiva. In questo
senso, se, in astratto, non può ritenersi precluso alle Regioni di innalzare il
livello di tutela ambientale nell’esercizio di competenze proprie, la scelta
regionale deve essere sottoposta ad una verifica ad opera di questa Corte.
L’aggravamento delle procedure di VIA non può produrre di per sé il
miglioramento di standard ambientali.
Come già detto, peraltro, la disciplina statale
della VIA è mossa dalla necessità di affiancare, alla tutela ambientale, la
semplificazione, razionalizzazione e velocizzazione dei procedimenti, esigenze
che sarebbero frustrate da un aggravamento degli oneri connessi alla sottoposizione
a VIA, su scala regionale, di procedimenti ritenuti non rilevanti, a fini
ambientali, dal legislatore statale.
Non è un caso, al riguardo, che lo Stato
riconosca uno spazio di intervento alle Regioni e Province autonome (art.
7-bis, comma 8, cod. ambiente, introdotto dal d.lgs. n. 104 del 2017), in
ambiti specifici e puntualmente precisati dallo stesso cod. ambiente. Gli enti
regionali possono disciplinare, infatti, «con proprie leggi o regolamenti
l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad
esse attribuite in materia di VIA», stabilendo «regole particolari ed
ulteriori» solo e soltanto «per la semplificazione dei procedimenti, per le
modalità della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle
autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonché per la destinazione (…)
dei proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative
pecuniarie».
La competenza di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost. non esclude interventi regionali, anche legislativi,
purché compatibili con l’assetto normativo individuato dalla legge statale, non
potendo tali interventi alterarne il punto di equilibrio conseguito ai fini di
tutela ambientale.
Di qui l’accoglimento delle prospettate
questioni di legittimità costituzionale.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale
degli artt. 10, 12, 13, della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 20
marzo 2018, n. 3, recante «Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della
Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
europea. Modificazioni alla legge regionale 26 maggio 2009, n. 12 (Legge
europea 2009), in conformità alla direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE
concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti
pubblici e privati (Legge europea regionale 2018)»;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 16, comma 1, della legge reg. Valle d’Aosta n. 3 del 2018 e
dell’Allegato A alla medesima legge regionale, e degli allegati ivi contenuti,
limitatamente ai numeri 2), 3), 4), 5), 7), 8), 9) 10), 11), 17), 18), 19), 20)
dell’Allegato A, e ai numeri 2.a), 2.e) 2.g), 2.h), 7.e), 7.g), 7.j), 7.m),
7.r) dell’Allegato B.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 maggio 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 giugno 2019.