SENTENZA N. 58
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Marta CARTABIA Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Aldo CAROSI ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10, 11 e 12 della legge della Regione autonoma Sardegna 25 novembre 2014, n. 24 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 2-5 febbraio 2015, depositato in cancelleria il 16 febbraio 2015 ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2015.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna;
udito nell’udienza pubblica del 23 febbraio 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi l’avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione autonoma Sardegna.
Ritenuto in fatto
1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, previa delibera del Consiglio dei ministri del 29 gennaio 2015, ha impugnato alcune disposizioni della legge della Regione autonoma Sardegna 25 novembre 2014, n. 24 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione).
1.1.− In particolare, con riguardo all’art. 10 della legge regionale n. 24 del 2014 si è denunciata la violazione degli artt. 3, 4 e 5 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
1.2.− Con riguardo all’art. 11, commi 4-bis, 4-ter (recte: 4-quater) e 4-quinquies, e all’art. 12 della legge regionale n. 24 del 2014, è stata dedotta la lesione degli artt. 3, 4 e 5 dello statuto speciale, nonché dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in riferimento all’art. 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
1.3.− Tutte le norme regionali impugnate sono state, altresì, ritenute lesive degli artt. 117, terzo comma, 3 e 97 Cost.
2.− Le suddette disposizioni regionali hanno modificato la disciplina già contenuta, rispettivamente, negli artt. 26, 28 e 30 della legge della Regione autonoma Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione degli uffici della Regione).
3.− La difesa dello Stato ha circoscritto la propria impugnazione al seguente contenuto precettivo delle norme regionali impugnate.
3.1.− L’art. 10 della legge regionale n. 24 del 2014, nel sostituire l’art. 26 della legge regionale n. 31 del 1998, prevede che possono essere costituite Unità di progetto per il conseguimento di obiettivi specifici, anche intersettoriali, coordinate da personale dirigente del sistema Regione ovvero da dipendenti in possesso dei requisiti per l’accesso alla qualifica dirigenziale (comma 1). Al personale preposto al coordinamento di tali Unità è riconosciuta una retribuzione, collegata al conseguimento degli obiettivi, prevista dal contratto collettivo regionale di lavoro per l’area dirigenziale (comma 3).
Espone il ricorrente, dopo aver ricordato che ai sensi dell’art. 3 dello statuto speciale, la Regione autonoma Sardegna ha potestà legislativa «[in] armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», che la norma regionale, nella parte in cui prevede l’attribuzione al personale non dirigente della retribuzione di risultato, prevista per l’area dirigente, contrasta con l’ordinamento normativo e contrattuale vigente, afferendo ad aspetti della disciplina del lavoro pubblico privatizzato, che secondo la giurisprudenza costituzionale rientra nella materia «ordinamento civile», riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
3.2.− Deduce l’Avvocatura generale dello Stato che anche l’art. 11 della legge regionale n. 24 del 2014, che modifica l’art. 28 della legge regionale n. 31 del 1998, attiene alle attribuzioni dirigenziali.
Nella sostanza, tale disciplina regola una specifica ipotesi di assegnazione di personale ad altre mansioni, nella specie di rango dirigenziale, ma non consente di ricondurre l’attribuzione delle funzioni in questione né all’istituto della reggenza, né a quello delle mansioni superiori.
Anche in questo caso, quindi, la norma regionale incide sulla disciplina dei rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato, così invadendo la sfera dell’«ordinamento civile», materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
Come già affermato da questa Corte (sentenza n. 17 del 2014), che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione adottata dalla Regione Abruzzo, «[l]a normativa in oggetto regola una specifica ipotesi di assegnazione di personale ad altre mansioni (nella specie di rango dirigenziale), che tipicamente attiene allo svolgimento del rapporto di lavoro. Ne concreta, cioè, una modificazione temporanea con riguardo al contenuto della prestazione lavorativa. Trattandosi di mutamento provvisorio di mansioni, la relativa disciplina rientra, dunque, nella materia del rapporto di lavoro e, per esso, dell’ordinamento civile».
Pertanto, anche per questa sola ragione, sussisterebbe la lesione denunciata.
3.3.− L’art. 12 della legge regionale n. 24 del 2014, nel sostituire l’art. 30 della legge regionale n. 31 del 1998, ha stabilito, ai commi 4 e 5 del suddetto art. 30, modalità di sostituzione dei direttori di servizio in caso di assenza.
Anche in questo caso, ritiene l’Avvocatura generale dello Stato, si profila la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto la Regione autonoma Sardegna ha esorbitato dalla propria potestà normativa in materia di «ordinamento civile», attribuita alla potestà esclusiva dello Stato.
3.4.− Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri espone che le suddette disposizioni si pongono in contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica, nonché con gli artt. 3 e 97 Cost.
L’obbligo del rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica connessi ad obiettivi statali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, è infatti vincolante per le Regioni, proprio al fine di soddisfare esigenze di razionalizzazione e contenimento della spesa.
4.− In data 16 marzo 2015, la Regione autonoma Sardegna si è costituita, giusta delibera della Giunta regionale del 24 febbraio 2015, deducendo la inammissibilità e la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri.
5.− Con memoria depositata il 2 febbraio 2016, la Regione autonoma Sardegna ha insistito nelle conclusioni già rassegnate e ha dedotto quanto segue.
5.1.− Le questioni sarebbero inammissibili in quanto formulate in modo generico e utilizzando parametri inconferenti.
La difesa statale, infatti, si limita ad enunciare, richiamando l’art. 3 dello statuto speciale sardo, i limiti che valgono per la competenza legislativa regionale primaria, senza indicare quale di questi ultimi sarebbe stato violato.
Ciò tenuto conto che la Regione autonoma Sardegna ha potestà legislativa primaria in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale» (art. 3, lettera a, dello statuto).
Diversamente (è richiamata la sentenza n. 288 del 2013), l’Avvocatura generale dello Stato avrebbe dovuto indicare quale dei limiti inerenti tale materia sarebbe stato violato, invece di limitarsi a ricordare solo la competenza statale in materia di ordinamento civile, stabilita non dalle regole statutarie, ma da quelle riguardanti le Regioni ordinarie.
La questione sarebbe, altresì, inammissibile per contraddittorietà, in quanto, da un lato, è prospettata la lesione dei limiti statutari, dall’altro, si invoca la potestà legislativa esclusiva dello Stato.
5.2.− Nel merito, la questione non sarebbe fondata. La previsione sulla costituzione delle Unità di progetto per il conseguimento di obiettivi specifici, di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 10 della legge regionale n. 24 del 2014, deve essere ricondotta alla materia «ordinamento degli uffici», di cui all’art. 3, lettera a), dello statuto speciale, mentre la previsione del comma 3 dell’art. 10, relativa alla retribuzione aggiuntiva, attiene allo «stato giuridico ed economico del personale», di cui alla medesima disposizione dello statuto.
Né tali competenze possono ritenersi sottratte alla Regione ad autonomia speciale dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Ed infatti, da un lato, il principio di specialità impone di ritenere prevalente una competenza specificamente riconosciuta dallo statuto speciale; dall’altro, l’art. 116, primo comma, Cost., prevede la prevalenza delle forme e delle condizioni speciali di autonomia previste dagli statuti speciali.
Le stesse norme sulla revisione degli statuti speciali impediscono revisioni tacite degli stessi, quantomeno in malam partem, operate da comuni leggi costituzionali.
Infine, dirimente appare la stessa volontà del legislatore costituzionale, espressa nell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che consente l’estensione delle norme contenute nella legge di revisione del Titolo V, soltanto nella parte in cui prevedono forme maggiori di autonomia.
In relazione all’impugnazione dell’art. 11 della legge reg. Sardegna n. 24 del 2014, la Regione ha ribadito le ragioni di inammissibilità già prospettate, in ragione della spettanza alla Regione autonoma della potestà legislativa primaria, sia in materia di «ordinamento degli uffici», che in materia di «stato giuridico ed economico del personale».
Rileva, quindi, come la sentenza n. 17 del 2014, alla quale ha fatto riferimento l’Avvocatura generale dello Stato, riguarda una Regione a statuto ordinario mentre, con la sentenza n. 212 del 2012, è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 5, della legge della Regione autonoma Sardegna 4 agosto 2011, n. 16 (Norme in materia di organizzazione e personale), che ha introdotto il comma 4-bis nell’art. 28 della legge regionale n. 31 del 1998, che dettava la disciplina generale relativa all’attribuzione delle funzioni dirigenziali.
In relazione alle censure relative all’art. 12 della legge regionale n. 24 del 2014, la difesa regionale ribadisce le eccezioni di inammissibilità già esposte, e afferma che le disposizioni impugnate devono essere ricondotte alla competenza statutaria in materia di «ordinamento degli uffici» e «stato giuridico ed economico del personale».
Infine, in relazione alla dedotta violazione dei principi statali di coordinamento della finanza pubblica, connessi ad obiettivi nazionali condizionati anche dagli obblighi comunitari, e degli artt. 3 e 97 Cost., deduce la genericità ed indeterminatezza della doglianza.
Considerato in diritto
1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, previa delibera del Consiglio dei ministri del 29 gennaio 2015, ha impugnato gli artt. 10, 11 e 12 della legge della Regione autonoma Sardegna 25 novembre 2014, n. 24 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione).
2.− Le norme impugnate hanno modificato gli artt. 26, 28 e 30 della legge della Regione autonoma Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione degli uffici della Regione), nei seguenti termini:
− nel prevedere (art. 10 della legge regionale n. 24 del 2014, che sostituisce l’art. 26 della legge regionale n. 31 del 1998) che le novelle Unità di progetto per il conseguimento di obiettivi specifici, anche intersettoriali, per le quali è previsto il coordinamento da parte di personale dirigente, possano essere coordinate anche da dipendenti in possesso dei requisiti per l’accesso alla qualifica dirigenziale, con l’attribuzione agli stessi di una indennità, con carattere retributivo connessa al conseguimento degli obiettivi, come previsto dalla contrattazione collettiva regionale per l’area dirigenti;
− nel disciplinare (art. 11, comma 1, lettere d ed e, della legge regionale n. 24 del 2014, che sostituisce il comma 4-bis dell’art. 28 della legge regionale n. 31 del 1998 e aggiunge, tra l’altro, i commi 4-quater e 4-quinquies, al medesimo articolo) la possibilità di attribuzione temporanea delle funzioni dirigenziali, nelle more dell’espletamento dei concorsi pubblici;
− nel modificare (art. 12 della legge regionale n. 24 del 2014, che sostituisce l’art. 30 della legge regionale n. 31 del 1998) la disciplina della sostituzione dei direttori di servizio.
3.− Nei confronti di queste disposizioni è stata dedotta la violazione degli artt. 3, 4 e 5 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione; nonché la violazione degli artt. 117, terzo comma, 3 e 97 Cost.
4.− Va premesso, quanto alla prima censura, che, con riferimento all’art. 10 della legge regionale n. 24 del 2014, il ricorrente, dopo aver ricordato come, ai sensi dell’art. 3 dello statuto speciale, la Regione autonoma Sardegna abbia potestà legislativa «[i]n armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», si limita ad affermare che la norma regionale, nella parte in cui prevede l’attribuzione al personale non dirigente della retribuzione di risultato, prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro per l’area dirigenziale, contrasterebbe con l’ordinamento normativo e contrattuale vigente, afferendo ad aspetti della disciplina del lavoro pubblico, e quindi con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
La censura, dunque, non argomenta né chiarisce a quale dei parametri indicati si intenda fare riferimento, e perché essi – o uno di essi – assumano rilievo.
4.1.− Con riguardo al successivo art. 11, la difesa dello Stato, analogamente, pur enunciando nell’epigrafe della censura la lesione degli artt. 3, 4 e 5 dello statuto speciale per la Sardegna, espone e illustra solo la lesione delle competenze legislative statali, limitandosi, ancora una volta, ad affermare che la norma regionale inciderebbe sulla disciplina dei rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato.
4.2.− Con riguardo, infine, all’art. 12 della stessa legge regionale, l’Avvocatura generale dello Stato afferma, senza argomentare, la violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile».
5.− La carenza di motivazione evidenziata si traduce, in particolare, nella radicale inammissibilità della censura per la mancata individuazione dei corretti parametri costituzionali.
5.1.− Con la recente sentenza n. 151 del 2015 questa Corte (si veda anche la sentenza n. 288 del 2013) ha posto in evidenza come, nel caso in cui venga impugnata in via principale la legge di un soggetto ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell’oggetto del giudizio, onere di cui è gravato il ricorrente, non può prescindere dalla indicazione delle competenze legislative assegnate dallo statuto, alle quali le disposizioni impugnate sarebbero riferibili qualora non operasse il nuovo testo dell’art. 117 Cost.
Ed ha anche precisato «che, qualora sia proposta impugnazione di una norma di legge di una Regione ad autonomia speciale, anche denunciandone l’eventuale contrasto con il diritto dell’Unione europea, il ricorrente ha l’onere di specificare le ragioni per cui debba prendersi in considerazione l’art. 117 Cost., in luogo del parametro ricavabile dallo statuto speciale» (citata sentenza n. 151 del 2015).
Ebbene, come si è rilevato, l’Avvocatura generale dello Stato denuncia direttamente la lesione della potestà legislativa esclusiva dello Stato, senza ricordare che la Regione autonoma Sardegna, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera a), dello statuto speciale, ha potestà legislativa primaria in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale», quindi in materie strettamente pertinenti all’oggetto del contendere.
6.− Anche l’altra questione di legittimità costituzionale, per la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., nonché dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione alla materia del coordinamento della finanza pubblica, è inammissibile.
Essa si sostanzia in una enunciazione di principio, che non solo prescinde dal contenuto delle norme impugnate, ma che neppure specifica quali principi statali di coordinamento della finanza pubblica, connessi o meno ad obblighi comunitari, entrino nella specie in gioco, con il necessario riferimento ai relativi parametri interposti.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, 11 e 12 della legge della Regione autonoma Sardegna 25 novembre 2014, n. 24 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione), promossa, nel complesso, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2016.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2016.