SENTENZA N. 212
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1; 4,
comma 4; 7, commi 1, 5 e 7; 8; 14, commi 1, 3 e 5; 15, commi 2, 3 e 4; e 16,
commi 2 e 4, secondo periodo, della legge
28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la
protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione
e la ricerca ambientale), promossi dalle Province autonome di Bolzano e di
Trento, con ricorsi notificati rispettivamente il 16-22 e il 16 settembre 2016,
depositati in cancelleria il 21 e il 22 settembre 2016 ed iscritti ai nn. 54 e 55 del
registro ricorsi 2016.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella udienza pubblica del 4 luglio 2017
il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;
uditi gli avvocati Stephan
Beikircher per la Provincia autonoma di Bolzano,
Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– La Provincia autonoma di
Bolzano, con ricorso notificato il 16-22 settembre 2016 e depositato nella
cancelleria di questa Corte il successivo 21 settembre 2016, ha promosso
questione di legittimità costituzionale degli artt. 1; 4, comma 4; 7, commi 1,
5 e 7; 8; 14, commi 1, 3, 5, nonché degli artt. 15, commi 2, 3, 4; e 16, commi
2 e 4, secondo periodo, della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del
Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina
dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), in
riferimento agli artt.
3, primo comma, e 97,
secondo comma, della Costituzione; agli artt. 8, numeri 1), 5), 6), 13),
15), 16), 17), 21); art. 9), numeri 8), 9) e 10); art. 16; art. 53; art. 54, n.
2); art. 75; art. 75-bis, comma 3-bis; art. 79; art. 103; art. 104; e art.
107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige); all’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione); agli artt. 2 e 4 del decreto
legislativo 18 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo
e coordinamento); al decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale);
all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di
federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione); e
ai principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e di proporzionalità.
2.– L’art. 1, comma 1, della
legge n. 132 del 2016 prevede che «[a]l fine di assicurare omogeneità ed
efficacia all’esercizio dell’azione conoscitiva e di controllo pubblico della
qualità dell’ambiente a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e
di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica, è istituito il Sistema
nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, di seguito denominato
«Sistema nazionale», del quale fanno parte l’Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e le agenzie regionali e delle
province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione dell’ambiente, di
seguito denominate "agenzie”». Il comma 2 afferma che il «Sistema nazionale
concorre al perseguimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile, della
riduzione del consumo di suolo, della salvaguardia e della promozione della
qualità dell’ambiente e della tutela delle risorse naturali e della piena
realizzazione del principio "chi inquina paga”, anche in relazione agli
obiettivi nazionali e regionali di promozione della salute umana, mediante lo
svolgimento delle attività tecnico-scientifiche di cui alla presente legge».
L’art. 4, comma 4,
stabilisce che l’ISPRA adotta, «con il concorso delle agenzie, norme tecniche
vincolanti per il Sistema nazionale in materia di monitoraggio, di valutazioni
ambientali, di controllo, di gestione dell’informazione ambientale e di
coordinamento del Sistema nazionale, per assicurare l’armonizzazione,
l’efficacia, l’efficienza e l’omogeneità dei sistemi di controllo e della loro
gestione nel territorio nazionale, nonché il continuo aggiornamento, in
coerenza con il quadro normativo nazionale e sovranazionale, delle modalità
operative del Sistema nazionale e delle attività degli altri soggetti tecnici
operanti nella materia ambientale».
L’art. 7, comma 1, qualifica
le agenzie per la protezione dell’ambiente come «persone giuridiche di diritto
pubblico, dotate di autonomia tecnico-scientifica, amministrativa e contabile»,
e al comma 5 consente che queste svolgano attività ulteriori a quelle previste
dalla legge come obbligatorie «in favore di soggetti pubblici o privati, sulla
base di specifiche disposizioni normative ovvero di accordi o convenzioni,
applicando tariffe definite con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, a condizione che non interferiscano con il
pieno raggiungimento dei LEPTA». In conseguenza di tali previsioni, il comma 7
sancisce l’obbligo – per Regioni e Province autonome – di apportare «alle leggi
istitutive delle rispettive agenzie le modifiche necessarie ad assicurare il
rispetto del presente articolo, entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge».
L’articolo 8 individua i
requisiti del direttore generale dell’ISPRA e delle agenzie, «nominati, secondo
le procedure previste dalla legge per ciascun ente, tra soggetti di elevata
professionalità e qualificata esperienza nel settore ambientale che non
ricoprano incarichi politici elettivi a livello dell’Unione europea, nazionale
o regionale, che non siano componenti della giunta regionale, che non rivestano
l’ufficio di presidente o di assessore nella giunta provinciale, di sindaco o
di assessore o di consigliere comunale nei comuni con popolazione superiore a
20.000 abitanti, che non siano amministratori o dipendenti di imprese o società
di produzione di beni o servizi che partecipano ad attività o programmi
dell’ISPRA o delle agenzie, che non siano titolari di altri incarichi
retribuiti, che non siano stati condannati con sentenza passata in giudicato né
interdetti dai pubblici uffici». Il comma 2 del medesimo articolo istituisce
presso l’ISPRA «un’anagrafe dei direttori generali dell’ISPRA e delle agenzie,
costantemente aggiornata e pubblicata nel sito internet dell’ISPRA medesimo,
contenente le informazioni sui requisiti professionali e sulla retribuzione dei
medesimi. In fase di prima applicazione della presente legge, sono iscritti
nell’anagrafe i direttori generali in carica alla data della sua entrata in
vigore».
Inoltre, l’art. 14, comma 1,
dispone che l’ISPRA, «con il contributo delle agenzie, predispone, basandosi
sul principio del merito, uno schema di regolamento che stabilisce, nell’ambito
delle risorse umane disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, le modalità di individuazione del
personale incaricato degli interventi ispettivi nell’ambito delle funzioni di
controllo svolte dal Sistema nazionale, ai sensi della vigente normativa
ambientale dell’Unione europea, nazionale e regionale, il codice etico, le
competenze del personale ispettivo e i criteri generali per lo svolgimento
delle attività ispettive, prevedendo il principio della rotazione del medesimo
personale nell’esecuzione delle visite nei singoli siti o impianti, al fine di
garantire la terzietà dell’intervento ispettivo». Ai sensi del comma 3 del
medesimo articolo tale regolamento è «emanato con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge». Il comma 5, «[i]n
attuazione del regolamento di cui al comma 1», attribuisce al presidente
dell’ISPRA e ai legali rappresentanti delle agenzie, «attraverso specifici
regolamenti interni», il compito di individuare «il rispettivo personale
incaricato degli interventi ispettivi».
L’art. 15, comma 2,
stabilisce che le «spese relative al rilascio dei pareri sulle domande di
autorizzazione ambientale e allo svolgimento dei successivi controlli
programmati relativi a impianti e opere sottoposti alle vigenti procedure di
valutazione ambientale, compresi gli impianti soggetti a rischio di incidente
rilevante, nonché alle convalide delle indagini analitiche prodotte dai
soggetti tenuti alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza di siti
inquinati, sono poste a carico dei gestori stessi, sulla base di tariffe
nazionali approvate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge». In via provvisoria, nelle more dell’approvazione
delle tariffe nazionali di cui al comma 2, il comma 3 di tale articolo dispone
l’applicazione delle «tariffe delle agenzie, approvate dalle rispettive regioni
o province autonome». In base al comma 4, invece, «[c]on decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare, di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, sono individuate le modalità di assegnazione alle agenzie
degli introiti conseguenti all’attuazione delle disposizioni del comma 2».
Infine, le disposizioni
transitorie e finali di cui all’art. 16 fanno salve, al comma 2, «fino alla
data di entrata in vigore delle disposizioni attuative della presente legge, le
vigenti disposizioni regionali e delle province autonome di Trento e di
Bolzano». Al comma 4, secondo periodo, si prevede che «[e]ntro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le
regioni e le province autonome recepiscono le disposizioni della medesima
legge».
3.– Ad avviso della
ricorrente, sarebbe «evidente» che l’art. 1, istitutivo del Sistema nazionale
per la protezione dell’ambiente, «se ed in quanto interferisce nel modello
organizzativo» della Provincia autonoma, è lesivo della competenza primaria in
materia di organizzazione degli uffici e del personale prevista dall’art. 8, n.
1, dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. n. 670 del 1972), e delle correlative funzioni
amministrative previste dall’art. 16 del medesimo statuto.
3.1.– Secondo la Provincia autonoma di
Bolzano, sarebbero costituzionalmente illegittimi anche i commi 2 e 4, secondo
periodo, dell’art. 16. Tali disposizioni non garantirebbero la tutela del
sistema organizzativo esistente nell’ambito territoriale della Provincia
autonoma di Bolzano, nonché dell’autonomia finanziaria della medesima, anche in
considerazione del fatto che la Provincia si è dotata di apposite strutture
interne volte alla tutela ambientale (legge provinciale 19 dicembre 1995, n.
26, recante «Agenzia provinciale dell’ambiente»).
Sarebbero violate, inoltre,
le attribuzioni legislative assegnate dallo statuto speciale in materia di
urbanistica e tutela del paesaggio (artt. 8, numeri 5 e 6; e 16), di protezione
civile (artt. 8, numero 13, e 16), di caccia e pesca, di alpicoltura e parchi
naturali, di viabilità e acquedotti, di agricoltura e foreste (artt. 8, numeri
15, 16, 17 e 21, e 16), di industria e di artigianato e di utilizzazione delle
acque pubbliche (artt. 9, numeri 8 e 9, e 16). Tale sistema normativo, previsto
nello statuto di autonomia, continuerebbe ad operare anche dopo la riforma
della Costituzione per effetto della legge costituzionale n. 3 del 2001, posto
che la suddetta riforma non può restringere la sfera di autonomia già spettante
per statuto alle Province autonome.
In tal senso, l’obbligo di
«recepire» le disposizioni della legge sarebbe legittimo solo se interpretato
come obbligo di adeguare la legislazione già vigente alle norme di principio
vincolanti ai sensi dello statuto di autonomia, possibilità esclusa
dall’interpretazione letterale della disposizione. Analogamente, è dubbio il
contenuto dell’art. 16, comma 2, della legge censurata, che fa salva la
legislazione provinciale sull’agenzia sino all’entrata in vigore delle
disposizioni attuative della legge, poiché non sarebbe chiaro quale sia il
soggetto cui è attribuita la potestà di emanare simili disposizioni.
L’art. 16, commi 2 e 4,
secondo periodo, della legge n. 132 del 2016 contrasterebbe con quanto disposto
dall’art. 2, comma l, del d.lgs. n. 266 del 1992 e, in merito alle
corrispondenti funzioni amministrative nelle materie di competenza propria
della Regione o delle Province autonome; nonché con l’art. 4, comma l, dello
stesso d.lgs., ai sensi del quale la legge non può attribuire agli organi
statali funzioni amministrative (comprese quelle di vigilanza, di polizia
amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative), diverse da
quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto di autonomia e le relative norme
di attuazione.
La ricorrente ricorda quanto
statuito da questa Corte con la sentenza n. 356 del
1994, quando si precisò che il vincolo di adeguamento consisterebbe nella
istituzione di un’agenzia provinciale, mentre per quanto riguarda il modello
organizzativo e funzionale del medesimo ente la disciplina sarebbe rimessa alla
competenza esclusiva della Provincia autonoma.
3.2.– Sarebbe poi incostituzionale l’art. 4,
comma 4, della legge n. 132 del 2016.
Tale norma, nell’attribuire
all’ISPRA compiti di coordinamento tecnico del Sistema ambientale, disciplinerebbe materie
rientranti nella competenza legislativa e amministrativa provinciale summenzionate,
già oggetto di legiferazione da parte della stessa Provincia.
Inoltre, la disposizione
sarebbe illegittima nella parte in cui non prevede forme di collaborazione con
le Province autonome, nemmeno nell’ambito del sistema della Conferenza per i rapporti
tra lo Stato e le Regioni o del Consiglio del sistema nazionale previsto
all’art. 13 della legge censurata. Essa si porrebbe in contrasto con la
giurisprudenza di codesta Corte che, in caso di compresenza di competenze
statali e regionali, qualora non sia possibile individuare la prevalenza di una
rispetto alle altre, richiede una effettiva forma di partecipazione delle
Regioni (sentenze
n. 7 del 2016 e n. 303 del 2003).
3.3.– La Provincia autonoma di Bolzano ha
impugnato anche l’art. 7, commi l, 5 e 7, della legge n. 132 del 2016.
Essi, e in particolare il
comma 1, attengono alla struttura organizzativa dell’agenzia e si porrebbero in
contrasto con i principi di proporzionalità e di ragionevolezza (artt. 3 e 97
Cost.), in quanto imporrebbero scelte organizzative non necessarie al
raggiungimento dello scopo della legge statale; con l’articolo 8, numero l, e
16 dello statuto di autonomia; con le relative norme di attuazione, tra cui
l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992; nonché con l’art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001.
3.4.– Le censure della ricorrente si
concentrano poi sull’art. 8, commi 1 e 2, relativi ai requisiti di nomina dei
direttori generali e all’anagrafe dei medesimi.
Anche queste disposizioni,
se intese come direttamente applicabili anche al direttore dell’agenzia per
l’ambiente della Provincia autonoma di Bolzano, inciderebbero sulla competenza
esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e del relativo personale.
Tale norma introdurrebbe una
disciplina di dettaglio, con conseguente diretta applicazione della normativa
statale nell’ordinamento provinciale, senza lasciare spazio all’autonomia delle
Province autonome, anche in considerazione della disposizione che impone alle
stesse di recepire le disposizioni della legge censurata (art. 16, comma 4,
secondo periodo).
3.5.– La Provincia autonoma di Bolzano ha
impugnato, inoltre, i commi 1, 3 e 5 dell’art. 14 della legge n. 132 del 2016.
Oltre a violare la
competenza esclusiva della Provincia autonoma di Bolzano in materia di
ordinamento degli uffici e del relativo personale, e la correlativa funzione
amministrativa, l’articolo viola la potestà regolamentare di cui all’art. 54,
n. 2, dello statuto di autonomia, in combinato disposto con l’art. 53, posto
che nelle materie di competenza provinciale il potere regolamentare non può
essere attribuito allo Stato.
Anche la previsione di
poteri regolamentari attuativi dell’agenzia ambientale non sarebbe
costituzionalmente legittima, posto che l’unica titolare potrebbe essere la
sola Provincia autonoma.
3.6.– Sono censurati, infine, i commi 2, 3, 4
dell’art. 15 della legge n. 132 del 2016. La disciplina statale del sistema di
finanziamento delle agenzie ambientali, recata da una legge ordinaria, si
porrebbe in contrasto con l’autonomia finanziaria spettante alla Provincia
ricorrente, non risultando compatibile con le previsioni statutarie che
assicurano alla medesima autonomia di entrata e di spesa, con le relative
risorse finanziarie e patrimoniali. Tale normativa impedirebbe la definizione
unilaterale da parte dello Stato dei rapporti finanziari con la Provincia
autonoma (Titolo VI, in particolare artt. 75, 75-bis, comma 3-bis, e 79
dello statuto di autonomia).
La relazioni finanziarie
predette sono definite nel richiamato statuto, nelle leggi rinforzate
appositamente previse dallo stesso, nonché nelle norme di attuazione
statutaria, sulla base di procedure paritetiche (artt. 103, 104 e 107 dello
statuto di autonomia) non rispettate dalla legge censurata.
Con specifico riferimento
alla determinazione delle tariffe delle prestazioni delle agenzie ambientali,
le disposizioni legislative statali sarebbero inoltre incompatibili con la
disciplina tariffaria vigente, approvata con autonoma deliberazione della giunta
provinciale di Bolzano (deliberazione
n. 1506 del 9 dicembre 2014, modificata con deliberazione
n. 920 del 23 agosto 2016, concernente il «Tariffario dell’Agenzia provinciale per l’ambiente»).
4.– La Provincia autonoma di
Trento, con ricorso notificato il 16 settembre 2016 (e depositato il 22
settembre 2016), ha promosso questione di legittimità costituzionale nei
confronti degli artt. 4, comma 4; 7, commi 1, 5 e 7; 8; 14, commi 1, 3 e 5,
nonché degli artt. 15, commi 2, 3 e 5; 16, commi 2 e 4, secondo periodo, della
legge n. 132 del 2016, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, secondo
comma, 117, commi
terzo, quarto e sesto, 118 e 119 Cost.,
anche in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001, al principio di leale collaborazione; all’art. 8, numeri l), 5), 6), 13),
15), 16), 17) e 21); all’art. 9, in particolare i numeri 8), 9) e 10); e agli
artt. 75, 79, 103, 104, 107 del d.P.R. n. 670 del
1972, nonché agli artt. 2 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, e all’art. 27 della
legge n. 42 del 2009.
4.1.– In via generale, la ricorrente contesta
la sottrazione alla propria competenza legislativa di porzioni essenziali della
disciplina della propria agenzia provinciale, disciplinata dalla legge
provinciale 11 settembre 1995, n. 11 (Istituzione dell’Agenzia provinciale per
la protezione dell’ambiente). Le disposizioni statali inciderebbero sulla
natura giuridica, sulla organizzazione della direzione e del personale, sulle
modalità di azione e sul finanziamento, attivando moduli procedimentali idonei
a comprimere il raccordo esistente tra la Provincia autonoma e l’agenzia.
4.2.– La ricorrente si sofferma, poi, sulla
clausola contenuta nei commi 2 e 4, secondo periodo, dell’art. 16 della legge
impugnata. Ad avviso della Provincia, non sarebbe chiaro, anzitutto, se
l’evento dedotto della condizione sospensiva contenuto nel comma 2 vada
riferito alle disposizioni regionali di recepimento o alle disposizioni di
attuazione di fonte statale. In questa seconda ipotesi, la norma sarebbe illegittima
perché predisporrebbe un meccanismo di applicabilità diretta – anche se
differita – delle norme statali, con abrogazione della legislazione
provinciale. Tale effetto abrogativo contrasterebbe con l’art. 2 del d.lgs. n.
266 del 1992, regolante i rapporti tra legge statale e leggi locali, il quale
pone un obbligo di adeguamento nei confronti delle norme costituenti limiti
indicati dagli artt. 4 e 5 dello statuto, salva la successiva facoltà per il
Governo, decorso il termine previsto per l’adeguamento, di impugnare innanzi
alla Corte costituzionale le leggi regionali o provinciali non adeguatesi alla
legislazione statale. A conferma di tale considerazione viene riportata la sentenza di questa
Corte n. 356 del 1994, che ha dichiarato illegittimo l’art. 7 del
decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla
riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale
per la protezione dell’ambiente), nella parte in cui «dispone che le norme in
esso contenute si applicano direttamente nelle province autonome di Trento e di
Bolzano fino all’adozione da parte delle stesse di apposita normativa».
Un ulteriore profilo di
incostituzionalità andrebbe ravvisato, secondo la Provincia trentina, nella
«pretesa del legislatore statale di imporre l’applicazione diretta di norme di
rango regolamentare in sostituzione di quelle legislative provinciali»,
avallando una sostanziale delegificazione di ambiti regolati dalla legge
provinciale.
Sarebbe poi illegittimo il
secondo comma dell’art. 16, comma 4, perché vincolerebbe le Province
all’osservanza di tutte le disposizioni della legge, anziché ai soli principi e
alle sole norme costituenti limiti indicati dagli artt. 4 e 5 dello statuto
speciale. Poiché le Province autonome sono titolari di competenze proprie –
primarie e concorrenti – disciplinate dagli artt. 8 e 9 dello statuto
(ordinamento del personale e degli uffici, igiene e sanità, urbanistica e
tutela del paesaggio, protezione civile, caccia, pesca, alpicoltura e parchi
naturali, viabilità e acquedotti, agricoltura e foreste, industria,
artigianato, utilizzazione delle acque pubbliche), gli enti ad autonomia
differenziata non potrebbero essere chiamati a recepire le norme recate dalla
legge statale, laddove la recezione fosse intesa nel senso di «mera
trasposizione» negli ordinamenti provinciali delle norme statali.
4.3.– A seguire, le censure si concentrano,
altresì, sull’art. 4, comma 4, della legge n. 132 del 2016. Ad avviso della
Provincia autonoma, la previsione del potere di coordinamento tecnico in capo
all’ISPRA lederebbe le competenze legislative primarie in materia di
ordinamento degli uffici e del personale, urbanistica, tutela del paesaggio e
protezione civile (articolo 8, numeri 1, 5, 6 e 13 dello statuto), caccia e
pesca, alpicoltura e parchi naturali, viabilità e acquedotti, agricoltura e
foreste (art. 8, numeri 15, 16, 17 e 21 dello statuto), nonché le competenze
concorrenti in materia di igiene e sanità, di industria e artigianato e di
utilizzazione delle acque pubbliche (art. 9, numeri 8, 9 e 10 dello statuto) e
le corrispondenti funzioni amministrative (art. 16 dello statuto di autonomia).
La disposizione si porrebbe
altresì in contrasto con il principio di leale collaborazione, posto che i
poteri regolamentari statali di carattere tecnico, che interferiscono con
competenze regionali o provinciali, sarebbero legittimi solo se fossero
previsti moduli collaborativi con le Regioni e le Province autonome, nelle
forme dell’intesa o quanto meno del parere obbligatorio da parte della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome. Non soddisferebbe la leale collaborazione l’esplicito riferimento al
«concorso delle agenzie» contenuto nella norma impugnata, considerato «generico
e indeterminato». In ogni caso, il principio cooperativo richiede il
coinvolgimento dell’ente territoriale, e non potrebbe essere assicurato dalle
agenzie, meri terminali del sistema nazionale integrato.
4.4.– La ricorrente dubita altresì della
legittimità costituzionale dell’art. 7, commi 1 e 7; e dell’art. 8, commi 1 e
2, della l. n. 132 del 2016. I commi 1 e 7 dell’art. 7 invaderebbero
l’autonomia organizzativa riconosciuta in materia di ordinamento degli uffici e
del personale e la corrispondente autonomia amministrativa (art. 8, numeri 1 e
16 dello statuto speciale). A supporto di tale assunto, la Provincia trentina
richiama nuovamente la sentenza n. 356 del
1994 di questa Corte, che ha salvato la normativa statale istitutiva delle
agenzie regionali sottolineando la necessità di lasciare «aperta alla
legislazione delle Province autonome ogni determinazione in ordine alla
struttura ed agli organi dell’agenzia, all’articolazione degli uffici, agli
ulteriori compiti che si ritenga di attribuire ad essa, alle procedure da
seguire e ai rapporti con gli altri organi provinciali». L’attribuzione della
personalità giuridica di diritto pubblico alle agenzie si porrebbe in contrasto
con tale dictum,
in quanto palesemente finalizzata a separare l’agenzia dall’amministrazione
provinciale.
4.4.1.– L’illegittimità dell’art. 8, comma 1,
della legge n. 132 del 2016, discenderebbe dalla natura dettagliata e
auto-applicativa della disposizione, lesiva della competenza provinciale in
materia di organizzazione degli uffici e delle altre competenze primarie e
concorrenti indicate supra.
Ne deriverebbe la violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che
prescrive allo Stato di non intervenire con norme direttamente applicabili,
essendo riservata alle Province autonome l’adeguamento della propria
legislazione. Quanto al comma 2 dell’art. 8, esso sarebbe meramente accessorio
e servente rispetto a quanto previsto dal comma 1. L’anagrafe nazionale avrebbe
senso solo se volta a raccogliere funzionari dalle stesse caratteristiche: ne
discenderebbe, una volta riconosciuta la competenza provinciale in ordine alla
determinazione degli organi direttivi delle agenzie provinciali, l’illogicità
dell’inserimento di tali organi nell’anagrafe nazionale.
Risulterebbero violati anche
l’art. 3, primo comma, Cost., sub specie del principio di ragionevolezza, nonché il principio di
buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall’art. 97 Cost. Le
disposizioni impugnate comprimerebbero, infatti, l’autonomia organizzativa
della Provincia autonoma in modo sicuramente eccedente rispetto allo scopo di
coordinamento del sistema nel quadro nazionale. L’istituzione di una "rete”
nazionale non dovrebbe passare attraverso l’imposizione di un modello uniforme,
quando la legge già prevede strumenti sufficienti per l’interrelazione dei
diversi soggetti del sistema nazionale.
4.4.2.– La ricorrente non manca di sottolineare
come la declaratoria di illegittimità costituzionale di tali disposizioni possa
essere evitata laddove venisse dichiarato illegittimo l’art. 16, commi 2 e 4,
della legge n. 132 del 2016, riducendone la vincolatività nei limiti
dell’obbligo di adeguamento ex art. 2
del d.lgs. n. 266 del 1992.
4.5.– La Provincia autonoma insiste
sull’illegittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1, 3 e 5, della legge n.
132 del 2016. La previsione di un potere regolamentare statale, ai sensi dei
commi 1 e 3, violerebbe non solo la ripartizione di competenze legislative
indicate dagli artt. 8 e 9, ma anche gli artt. 53 e 54, comma 1, numero 3),
dello statuto; nonché l’art. 117, sesto comma, Cost.,
in combinato disposto con l’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, che sancisce il
principio del parallelismo tra funzione legislativa e funzione regolamentare; e
gli artt. 2 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, che prevedono i rapporti tra leggi
e precludono l’affidamento allo Stato di poteri amministrativi nelle materie di
competenza provinciale. Né l’intesa in Conferenza permanente, richiesta dal
comma 3, eviterebbe una declaratoria di illegittimità costituzionale, posto
che, nei confronti delle Province autonome, lo Stato non potrebbe invocare
titoli capaci di condizionare le competenze ad esse garantite dallo statuto
speciale diversi da quelli menzionati negli artt. 4 e 5 della carta statutaria.
Inoltre, il comma 5 risulterebbe illegittimo perché sottrarrebbe uno spazio, in
materia di organizzazione degli uffici, proprio degli enti ad autonomia
differenziata.
4.6.– Infine, sarebbero costituzionalmente
illegittimi l’art. 7, comma 5, e l’art. 15, commi 2, 3 e 5, della l. n. 132 del
2016, che disciplinano, a diverso titolo, l’assetto tariffario e la procedura
per definire le modalità di assegnazione degli introiti alle agenzie.
L’illegittimità riguarderebbe, in particolare, l’obbligo di applicare, con
riferimento alle attività ulteriori svolte dalle agenzie, tariffe definite con
decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,
anziché le tariffe approvate dalla Provincia (art. 7, comma 5), per violazione
della potestà provinciale di organizzare i propri uffici (art. 8, numero 1 e
art. 16 dello statuto) e delle altre competenze provinciali comunque
interessate dall’azione della agenzia, poiché la regolazione delle tariffe
altro non sarebbe che un aspetto della competenza sulla materia (vengono
richiamate le sentenze
n. 233 del 2013, n. 137 del 2014
e n. 142 del
2015). La disciplina dell’assegnazione alle agenzie degli introiti
derivanti dalla applicazione delle tariffe di cui all’art. 15, comma 4,
porrebbe le basi per un meccanismo di finanziamento dell’agenzia separato
dall’amministrazione provinciale e lesivo dell’autonomia finanziaria garantita
alle Province dallo statuto speciale (artt. 75 e 79).
5.– Con riferimento ad entrambi i ricorsi
si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che i
ricorsi siano rigettati.
La difesa erariale sostiene
che la normativa statale censurata attiene alla materia ambientale, che
costante giurisprudenza costituzionale ha qualificato come materia trasversale
tale da legittimare lo Stato ad adottare disposizioni a tutela di un valore
costituzionalmente protetto, seppur invasive delle competenze legislative
regionali. In questo senso, le Regioni e le Province autonome potrebbero
intervenire solo per incrementare i livelli della tutela (sentenza n. 197 del
2014). Ad avviso dell’Avvocatura generale l’assunto varrebbe per l’intero
corpo della l. n. 132 del 2016 e, in particolare, per l’introduzione dei LEPTA
(Livelli essenziali di prestazioni tecniche ambientali) ad opera dell’art. 9
della suddetta legge, riconducibile, oltre che all’ambiente, anche alla materia
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni» ex art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.
5.1.– Anche nel caso in cui non ricorressero
in concreto le condizioni per la clausola di adeguamento automatico di cui
all’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, la giurisprudenza costituzionale
precedente alla riforma del Titolo V avrebbe comunque sanzionato la spettanza
statale di importanti competenze in materia di tutela ambientale. L’Avvocatura
ricorda che, nel caso di specie, troverebbe applicazione il «principio di
unitarietà degli istituti», secondo il quale ciascun istituto «del vecchio o
del nuovo sistema costituzionale de[ve] essere applicato in modo comprensivo
sia delle facoltà che dei limiti che esso implica», con la conseguenza che,
anche laddove dovesse sopravvivere la competenza legislativa primaria delle
Province autonome, essa incontrerebbe comunque il limite degli interessi
nazionali, serviti, nel caso di specie, dalle funzioni statali dirette alla tutela
dell’ambiente.
5.2.– Il resistente sostiene
che la clausola di salvaguardia di cui all’art. 16 della legge n. 132 del 2016
escluderebbe la immediata cogenza delle disposizioni statali, imponendo solo un
obbligo di adeguamento della legislazione provinciale, in coerenza con l’art. 2
del d.lgs. n. 266 del 1992 e secondo una ipotesi confermata dall’art. 7 della
legge citata, secondo cui «[l]e regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano disciplinano con proprie leggi la struttura, il funzionamento, il
finanziamento e la pianificazione delle attività delle agenzie, nel rispetto
dei LEPTA e tenendo conto delle disposizioni contenute nel programma triennale
delle attività […]».
5.2.1.– Quanto alla
prospettata invasione delle funzioni amministrative provinciali, troverebbe
applicazione il principio generale «costantemente ribadito dalla giurisprudenza
costituzionale» (sentenze
n. 1 del 2016 e n. 140 del 2015)
secondo il quale nel caso di un inestricabile intreccio di competenze come nel
caso de quo (ambiente, organizzazione
degli uffici, personale, ordinamento civile e concorrenza), non è costituzionalmente
illegittimo l’intervento del legislatore statale purché agisca nel rispetto del
principio di leale collaborazione.
Tale principio sarebbe
pienamente rispettato dalla legge de qua:
l’art. 4, in particolare, prevede l’adozione da parte dell’ISPRA di norme
tecniche individuate con il concorso delle agenzie, che opererebbero in
posizione di parità rispetto all’ente statale.
Anche gli artt. 14 e 15
attuerebbero il principio cooperativo, prevedendo che il d.P.R.
e il decreto del Ministro dell’Ambiente, volti a indicare le condizioni di
esercizio delle funzioni ispettive e i criteri di assegnazione alle agenzie
degli introiti derivanti dagli oneri posti a carico dei gestori di impianti e
soggetti inquinanti, siano adottati previa intesa in sede di Conferenza.
5.3.– Ad avviso del Presidente del Consiglio
dei ministri, le summenzionate considerazioni dovrebbero indurre a rigettare le
censure avanzate dalla Provincia autonoma di Bolzano sull’art. 1 della l. n.
132 del 2016. Quest’ultima disposizione ha istituito un sistema nazionale a
rete per la protezione dell’ambiente, realizzando una «sintesi organizzativa
degli enti investiti di competenza nella materia ambientale», che richiede una
stretta collaborazione tra gli enti deputati alla sua valorizzazione. Per tale
ragione, molteplici disposizioni della legge n. 132 del 2016 prevedono un
coinvolgimento delle Regioni e degli enti ad autonomia differenziata. Una
sintesi degli interessi coinvolti sarebbe realizzata dall’istituzionalizzazione
del Consiglio del Sistema nazionale (disciplinato dall’art. 13 della suindicata
legge, composto dal Presidente dell’ISPRA e dai legali rappresentanti delle
agenzie), al quale spetta esprimere un parere vincolante sul programma
triennale di cui all’art. 10 della l. n. 132 del 2016, sugli atti di indirizzo
o di coordinamento e sui provvedimenti di natura tecnica.
5.4.– Con riferimento all’art. 14 della legge
censurata, la difesa erariale sostiene che i criteri generali per lo svolgimento
dell’attività ispettiva e la rotazione del personale incaricato dei controlli
rispondono ad esigenze unitarie del sistema; «l’imparzialità nello svolgimento
della funzione rappresenta una esigenza posta a presidio del rispetto dei
principi costituzionali della imparzialità e del buon andamento della pubblica
amministrazione».
Anche l’art. 15 della l. n.
132 del 2016 farebbe riferimento alla tariffa nazionale (in luogo delle tariffe
regionali) per evidenti ragioni di uniformità, «anche al fine di assicurare la
concorrenzialità» del sistema.
6.– Nelle more del giudizio, le ricorrenti
hanno depositato, in termini, memorie illustrative.
La Provincia trentina, in
particolare, sottolinea che per un errore materiale le censure destinate
all’art. 15, comma 4, della l. n. 132 del 2016 sono state indirizzate all’art.
15, comma 5.
Le ricorrenti ribadiscono
quanto già sostenuto nel ricorso in relazione all’invasione della competenza
legislativa primaria in materia di organizzazione degli uffici e ordinamento
del personale. Esse fanno leva sulla giurisprudenza della Corte costituzionale
(ad esempio, sentenza
n. 233 del 2013) per sostenere che la materia ambientale non possa esaurire
lo spazio di autonomia degli enti ad autonomia differenziata: alla potestà
legislativa statale sarebbe riservata la sola fissazione di standard uniformi sull’intero territorio
nazionale. Inoltre, le disposizioni impugnate introdurrebbero una normativa di
dettaglio incompatibile con la disciplina di attuazione statutaria o comunque
non essenziale rispetto alla finalità di promuovere la tutela ambientale
sull’intero territorio nazionale.
Considerato in diritto
1.– Le Province autonome di Bolzano e di
Trento, con distinti ricorsi, hanno promosso questioni di legittimità
costituzionale di numerose norme della legge 28 giugno 2016, n. 132
(Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e
disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).
Ad eccezione dell’art. 1 della legge appena menzionata, sul quale si
concentrano le censure della sola Provincia di Bolzano, i ricorsi hanno ad
oggetto le stesse disposizioni ed evidenziano analoghi profili di illegittimità
costituzionale. Devono dunque essere riuniti e decisi con una stessa pronuncia.
2.– Le ricorrenti dubitano
della legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 4; 7, commi 1, 5 e 7;
degli artt. 8 e 14, commi 1, 3, 5, nonché degli artt. 15, commi 2, 3, 4, e 16,
commi 2 e 4, secondo periodo, della legge n. 132 del 2016, per contrasto con
gli artt. 3, primo comma, e 97, secondo comma, della Costituzione; nonché con
gli artt. 8, numeri 1), 5), 6), 13), 15), 16), 17), 21); art. 9, numeri 8), 9)
e 10); art. 16; art. 53; art. 54, numero 2); art. 75, art. 79, art. 103, art.
104 e art. 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), con l’art. 10 della legge costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione); con gli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 18 marzo 1992, n.
266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e
provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); con
l’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di
federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e con
il principio di leale collaborazione. La Provincia autonoma di Bolzano richiama
inoltre l’art. 75-bis, comma 3-bis, e gli artt. 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972 e le norme di attuazione contenute
nel decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale), mentre la Provincia autonoma di Trento evoca, nella sola epigrafe
del ricorso, l’art. 117, sesto comma, nonché gli artt. 117, terzo e quarto
comma, 118 e 119 Cost.
La Provincia autonoma di
Bolzano ha altresì promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1
della legge n. 132 del 2016.
3.– In via preliminare, devono essere
dichiarate inammissibili le questioni sollevate dalla Provincia autonoma di
Trento con riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost.,
in quanto tali parametri sono stati indicati esclusivamente nell’epigrafe del
ricorso e non sono state svolte argomentazioni a conforto della dedotta
violazione degli stessi.
4.– Prima di scrutinare nel merito le
sollevate questioni, è opportuno sintetizzare i tratti salienti della
legislazione che ha portato all’istituzione, da parte della legge n. 132 del
2016, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, anche al
fine di inquadrare la ratio complessiva
dell’intervento statale.
4.1.– A seguito del referendum del 18-19 aprile 1993, che
dispose l’abrogazione delle norme che affidavano alle Unità Sanitarie Locali i
controlli in materia ambientale, il legislatore statale, con il decreto-legge 4
dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei
controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione
dell’ambiente), convertito con modificazioni nella legge 21 gennaio 1994, n.
61, istituì l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (ANPA), ente
strumentale sottoposto alla direzione del Ministro dell’Ambiente, demandando a
Regioni e Province autonome la creazione delle Agenzie Regionali e Provinciali
per la Protezione Ambientale, dotate di autonomia tecnico-giuridica,
amministrativa e contabile. L’ANPA è stata poi sostituita dall’Agenzia per la
protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), dotata di autonomia
tecnico-scientifica e finanziaria (art. 38 del decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 300, recante «Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma
dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59»). Le funzioni dell’APAT sono
state assegnate dall’art. 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133,
all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), al
quale sono stati attribuiti i compiti già esercitati dall’Istituto nazionale
per la fauna selvatica (INFS) e dall’Istituto centrale per la ricerca
scientifica e tecnologia applicata al mare (ICRAM).
Seppur progressivamente
riformato e affinato, dunque, tale assetto ha rappresentato il prototipo del
sistema ora razionalizzato dalla legge n. 132 del 2016, in coerenza con un
modello di amministrazione reticolare che si sviluppa attorno a quattro nodi
fondamentali: il primo, rappresentato dal Ministro dell’ambiente, cui spetta la
definizione delle politiche ambientali (tramite, in particolare, la proposta di
adozione dei LEPTA – Livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali –
formalmente recepiti con d.P.C.m., che indicano, a
norma dell’art. 9, comma 2, della l. n. 132 del 2016, «i parametri funzionali,
operativi, programmatici, strutturali, quantitativi e qualitativi delle
prestazioni delle agenzie»); il secondo, coincidente con l’Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), che ha ereditato struttura e
funzioni dell’ANPA, il quale svolge funzioni di indirizzo e coordinamento
tecnico, finalizzate a rendere omogenee le attività del sistema nazionale per
la protezione ambientale (art. 6, l. n. 132 del 2016); il terzo, costituito
dalle Giunte regionali, alle quali spetta la definizione degli indirizzi
programmatici regionali in materia ambientale e la vigilanza sulle Agenzie
regionali e provinciali; il quarto, rappresentato dalle Agenzie regionali e
provinciali per la protezione dell’ambiente (ARPA e APPA), già previste dal
richiamato d.l. n. 496 del 1993, disciplinate dalle
singole leggi regionali e provinciali.
Secondo la giurisprudenza di
questa Corte, le agenzie costituiscono enti tecnico-strumentali, separati
dall’amministrazione attiva e dagli organi regionali di indirizzo-politico (sentenze n. 132 del
2017, n. 120
del 2010 e n.
356 del 1994), che svolgono attività di controllo, di supporto e consulenza
tecnico-scientifica. Esse si situano in una posizione speculare all’ISPRA, al
quale spetta però il compito di coordinamento tecnico dei soggetti operanti sul
territorio nazionale, e in un rapporto di subordinazione funzionale rispetto
alle istituzioni regionali di indirizzo politico (sentenza n. 120 del
2010).
4.2.– La citata legge n. 132
del 2016 interviene quindi su molteplici profili: individua il soggetto
istituzionale deputato alla fissazione degli
standard essenziali di protezione (LEPTA) e le modalità della loro
definizione; precisa la natura e le funzioni dell’ISPRA e delle Agenzie
territoriali; detta i requisiti essenziali del personale direttivo, volti a
garantire imparzialità e competenza tecnica; affida all’ISPRA la redazione di
uno «schema di regolamento» che definisca le modalità di individuazione del
personale ispettivo, secondo principi che garantiscano terzietà ed efficacia;
disciplina il potere tariffario dei soggetti coinvolti nel sistema nazionale.
L’intervento statale pone una
disciplina variegata, accumunata però dalla finalità, immanente all’intervento
del legislatore statale, di offrire una tutela unitaria e non frazionata del
bene ambientale sull’intero territorio nazionale, secondo quanto disposto
dall’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost.
La tutela dell’ambiente
oggetto di detto parametro costituzionale, secondo la costante giurisprudenza
di questa Corte, non costituisce una materia in senso tecnico, «dal momento che
non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente
circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia
inestricabilmente con altri interessi e competenze» (sentenza n. 407 del
2002). L’ambiente, dunque, è un valore «costituzionalmente protetto, che,
in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale”, in ordine alla
quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali,
spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di
disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale» (sentenze n. 171 del
2012 e n.
407 del 2002; nello stesso senso, sentenza n. 210 del
2016). In questo modo, è possibile che «la disciplina statale nella materia
della tutela dell’ambiente v[enga] a funzionare come
un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in
altre materie di loro competenza, salva la facoltà di queste ultime di adottare
norme di tutela ambientale più elevata nell’esercizio di competenze, previste
dalla Costituzione, che concorrano con quella dell’ambiente» (sentenza n. 199 del
2014; nello stesso senso, sentenze n. 246
e n. 145 del
2013, n. 67
del 2010, n.
104 del 2008 e n. 378 del 2007).
L’intervento realizzato con
la legge n. 132 del 2016 è, quindi, ispirato alla finalità di stabilire un
principio unitario volto a garantire la "miglior tutela” della materia-obiettivo
indicata dalla disposizione costituzionale; di conseguenza, lo scrutinio delle
norme impugnate dovrà essere condotta alla luce della ratio delle singole disposizioni, censurabili qualora siano
eccedenti o comunque incongruenti rispetto alla finalità complessiva della
legge.
4.3.– Nella specie, la finalità "ambientale”
deve però confrontarsi con la specificità della disciplina concernente le
ricorrenti, quali enti ad autonomia differenziata: la competenza esclusiva in
materia ambientale è stata infatti attribuita allo Stato con la l. cost. n. 3
del 2001 che, in virtù del suo art. 10, non ha ristretto lo spazio di autonomia
agli stessi spettante in virtù dello statuto speciale (sentenze n. 51 del
2016, n. 233
del 2013 e n.
357 del 2010). In altri termini, la normativa statale riconducibile alla
materia trasversale di cui all’art. 117, comma 2, lettera s), Cost. è applicabile solo laddove non entrino in gioco le
competenze riconosciute dalla normativa statutaria agli enti ad autonomia
differenziata: in tal caso, lo scrutinio di legittimità costituzionale deve
confrontarsi con il complessivo assetto normativo delineato dagli statuti di
autonomia (sentenze
n. 98 del 2017, n. 210 del 2014,
n. 151 del 2011
e n. 378 del
2007).
Le disposizioni impugnate
vanno, quindi, scrutinate avendo riguardo alle disposizioni statutarie ed alle
relative norme di attuazione. A tale proposito, va ricordato che le competenze
primarie e concorrenti delle Province autonome devono essere esercitate, ai
sensi dell’art. 4 dello statuto speciale di autonomia, «in armonia con la
Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il
rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali […] nonché
delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica».
Secondo l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, poi, «la legislazione regionale e
provinciale deve essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti
indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto
legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione
dell’atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale o nel più ampio termine da esso
stabilito».
4.3.1.– Questa Corte ha già
avuto modo di affermare che, a seguito della riforma del Titolo V della Parte
seconda della Costituzione, il legislatore statale conserva «il potere di
vincolare la potestà legislativa primaria della regione a statuto speciale
attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come "riforme
economico-sociali”: e ciò anche sulla base […] del titolo di competenza
legislativa nella materia "tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni
culturali”, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del
paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali; con la
conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali
emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto»
degli enti ad autonomia differenziata nell’esercizio delle proprie competenze (sentenza n. 51 del
2006; nello stesso senso sentenza n. 536 del
2002).
Non è invocabile, quindi, il
solo limite dell’ambiente, in sé e per sé considerato. Esso va congiunto con il
limite statutario delle riforme economico-sociali, sia pure riferite, in questo
caso, alle tematiche ambientali.
4.3.2.– Questa Corte si è già pronunciata,
inoltre, sull’istituzione delle agenzie regionali e provinciali ad opera del d.l. n. 496 del 1993.
In quell’occasione, si è
avuto modo di precisare che «[i]l nuovo assetto normativo» delinea «una
disciplina uniforme, nei tratti essenziali, su tutto il territorio nazionale,
sia per le figure organizzative (le agenzie) che per le funzioni dalle stesse
esercitate, configurando anche un possibile collegamento e coordinamento
tecnico di specifiche attività, nel rispetto della reciproca autonomia delle
diverse agenzie. Si è in presenza di principi che assumono i caratteri propri
delle norme fondamentali di riforma economico-sociale: profondamente innovativi
nel settore della protezione ambientale, di essenziale importanza per la vita
della comunità, realizzano, secondo esigenze di carattere unitario, valori espressi
dagli artt. 9 e 32 della Costituzione» (sentenza n. 356 del
1994).
La legge n. 132 del 2016,
che razionalizza il sistema di protezione ambientale delineando le funzioni dei
diversi attori coinvolti sull’intero territorio nazionale, si inserisce nel
solco tracciato dalla normativa del 1993, integrando dunque il limite delle
«norme fondamentali di riforma economico-sociale» indicato dall’art. 4 dello
statuto speciale di autonomia.
5.– Posta tale premessa, vanno esaminate le
questioni prospettate dalle ricorrenti.
5.1.– La sola Provincia autonoma di Bolzano
ha impugnato i commi 1 e 2 dell’art. 1 della legge n. 132 del 2016. Il comma 1
stabilisce che, «[a]l fine di assicurare omogeneità ed efficacia all’esercizio
dell’azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell’ambiente a
supporto delle politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria
a tutela della salute pubblica, è istituito il Sistema nazionale a rete per la
protezione dell’ambiente, di seguito denominato "Sistema nazionale”, del quale
fanno parte l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
(ISPRA) e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano
per la protezione dell’ambiente, di seguito denominate "agenzie”». Il comma 2
afferma che il «Sistema nazionale concorre al perseguimento degli obiettivi
dello sviluppo sostenibile, della riduzione del consumo di suolo, della
salvaguardia e della promozione della qualità dell’ambiente e della tutela
delle risorse naturali e della piena realizzazione del principio «chi inquina
paga», anche in relazione agli obiettivi nazionali e regionali di promozione
della salute umana, mediante lo svolgimento delle attività tecnico-scientifiche
di cui alla presente legge».
Ad avviso della ricorrente,
il Sistema nazionale di protezione ambientale sarebbe illegittimo «se ed in
quanto» interferisce col modello organizzativo della Provincia autonoma di
Bolzano, ledendo la competenza provinciale in materia di ordinamento degli
uffici e del relativo personale di cui all’articolo 8, numero 1, e delle
connesse funzioni amministrative individuate dall’art. 16 dello statuto di
autonomia.
5.1.1.– La questione è inammissibile.
Il ricorso si limita a
richiamare il parametro violato senza argomentare in alcun modo sui profili
della presunta lesione, difettando così del requisito minimo di completezza e
sufficienza argomentativa cui la giurisprudenza costituzionale subordina
l’ammissibilità delle questioni sollevate in via principale (ex multis, sentenze n. 60 del
2017, n. 151
del 2016 e n.
69 del 2016).
6.– Con riguardo alle
restanti disposizioni impugnate, esercitando il proprio potere di decidere
l’ordine delle questioni da affrontare (sentenze n. 157 del
2017, n. 107
del 2017 e n.
98 del 2013), questa Corte ritiene di esaminare prioritariamente quelle
aventi ad oggetto i commi 2 e 4, secondo periodo, dell’art. 16 della legge n.
132 del 2016, concernente il regime di applicazione della normativa agli enti
ad autonomia differenziata, per l’evidente rapporto di pregiudizialità logica
che assume tale articolo rispetto alle altre norme impugnate.
6.1.– Il comma 2 del citato art. 16 reca una
clausola che fa salve le vigenti disposizioni regionali e provinciali «fino
alla entrata in vigore delle disposizioni attuative» della legge impugnata. Ad
avviso delle ricorrenti, se intesa nel senso di condizionare la vigenza della
normativa provinciale all’entrata in vigore della normativa statale di
attuazione, la disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 2 del d.lgs. n.
266 del 1992, che esclude la diretta applicabilità alle Province autonome delle
norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto. La
condizione sospensiva posta dalla norma in esame potrebbe essere interpretata
nel senso di riferirsi alle disposizioni di attuazione di matrice statale; in
tal modo, l’applicabilità ad esse della legge n. 132 del 2016 sarebbe stata
dunque attribuita allo Stato che, attuando detta legge, la renderebbe
immediatamente applicabile alle Province autonome.
Inoltre, secondo la Provincia trentina, l’impianto
legislativo consentirebbe l’applicazione di norme regolamentari statali in
sostituzione di quelle legislative provinciali, realizzando una sorta di
delegificazione del settore. Ad avviso della Provincia autonoma di Bolzano,
poi, l’automatica applicazione della normativa statale nel territorio
provinciale produrrebbe a cascata la violazione delle competenze legislative
primarie e concorrenti previste dagli artt. 8 (numeri 1, 5, 6, 13, 15, 16, 17 e
21) e 9 (numeri 8, 9 e 10), della corrispondente autonomia amministrativa
prevista dall’art. 16 dello statuto speciale, nonché dell’art. 4, comma 1, del
d.lgs. n. 266 del 1992 (ai sensi del quale la legge non può attribuire agli
organi statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo Stato
secondo lo statuto di autonomia e le relative norme di attuazione), oltre che
dell’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001.
6.1.1.– Nel merito, la questione è fondata.
Nei giudizi in via
principale la giurisprudenza di questa Corte ammette questioni promosse «in via
cautelativa ed ipotetica» sulla base di interpretazioni prospettate soltanto
come possibili (sentenze
n. 159 del 2016, n. 298 del 2012
e n. 228 del
2003). Tale orientamento evidenzia
che in simile giudizio vanno considerate anche le possibili lesioni derivanti da distorsioni interpretative delle disposizioni
impugnate, a maggior ragione quando «su una legge non si siano ancora formate
prassi interpretative in grado di modellare o restringere il raggio delle sue
astratte potenzialità applicative» (sentenza n. 107 del
2017).
6.1.2.– È palese la violazione del dispositivo
di adeguamento, disegnato dall’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, ad opera
dell’art. 16, comma 2, della legge n. 132 del 2016.
A conforto di tale
conclusione va richiamata la sentenza n. 356 del
1994 – precedente immediatamente rilevante per l’attuale giudizio – che ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 7 del d.l.
n. 496 del 1993, che disponeva l’immediata applicabilità anche alle Province
autonome del decreto istitutivo delle agenzie per l’ambiente sino all’adozione
delle apposite normative provinciali. Detta sentenza ha, infatti, sottolineato
come simili disposizioni tocchino «i rapporti tra atti legislativi statali e
leggi provinciali, invertendo la sequenza prevista dalle norme di attuazione
dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige», contraddicendo «palesemente
le modalità ed i tempi di adeguamento della legislazione provinciale alle norme
statali di riforma economico-sociale».
Tali considerazioni
conservano attualità nel presente giudizio. Ne deriva, dunque, l’illegittimità
costituzionale dell’art. 16, comma 2, della legge n. 132 del 2016, nella parte
in cui, salvando l’efficacia delle vigenti disposizioni regionali e provinciali
«fino alla entrata in vigore delle disposizioni attuative», dispone la diretta
applicazione della legge statale alle Province autonome.
Rimangono assorbite le
restanti censure.
6.2.– Le ricorrenti censurano anche il comma
4, secondo periodo, dell’art. 16 della legge n. 132 del 2016. Dopo aver
disposto che l’entrata in vigore della legge è posticipata al centottantesimo
giorno successivo alla pubblicazione (art. 16, comma 4, primo periodo), la disposizione
censurata prevede che «[e]ntro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province
autonome recepiscono le disposizioni della medesima legge» (art. 16, comma 4,
primo periodo).
Ad avviso delle ricorrenti,
l’obbligo di recepimento implicherebbe la mera «trasposizione» delle norme
statali nell’ordinamento provinciale, vincolando così automaticamente le
Province all’osservanza di tutte le disposizioni della legge censurata, in
deroga alla procedura di adeguamento prescritta dall’art. 2 del d.lgs. n. 266
del 1992. Secondo la Provincia di Bolzano, inoltre, vi sarebbe un contrasto con
gli artt. 8 (numeri 1, 5, 6, 13, 15, 16, 17 e 21), 9 (numeri 8, 9 e 10), 16
dello statuto di autonomia, nonché con l’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992 e
con l’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001. In particolare, l’art. 4, comma 1,
del d.lgs. n. 266 del 1992 impedirebbe che, nelle materie di competenza
provinciale, la legge attribuisca «agli organi statali funzioni amministrative,
comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di
violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo
statuto speciale e le relative norme di attuazione, salvi gli interventi
richiesti ai sensi dell’art. 22 dello statuto medesimo».
6.2.1.– La questione è fondata.
Il tenore letterale della
disposizione rende manifesta l’illegittimità costituzionale della norma, poiché
evoca una necessaria, diretta trasposizione dell’intera disciplina statale
negli ordinamenti provinciali. L’obbligo di recepimento comporta, infatti, una
automatica equiparazione di tutte le disposizioni contenute nella legge di
riforma al rango di "norma fondamentale”, mentre tale carattere deve essere
riconosciuto «esclusivamente ai principi fondamentali enunciati o, comunque,
desumibili (…) ovvero a quelle disposizioni che siano legate ai principi
fondamentali da un vincolo di coessenzialità o di
necessaria integrazione» (sentenza n. 170 del
2001; nello stesso senso, sentenze n. 477 del
2000, n. 323
del 1998 e n.
482 del 1995).
La disposizione è dunque
costituzionalmente illegittima, nella parte in cui prevede che le Province
autonome debbano recepire l’intera legge statale anziché limitarsi ad imporre
un onere di adeguamento ai principi fondamentali della normativa censurata.
Restano assorbiti gli
ulteriori profili di illegittimità costituzionale.
7.– Le ricorrenti hanno censurato, inoltre,
l’art. 7, commi 1 e 7.
L’art. 7, comma 1,
conferisce personalità giuridica alle agenzie regionali e provinciali, mentre
il comma 7 impone alle Province autonome di apportare alle proprie leggi «le
modifiche necessarie ad assicurare il rispetto del presente articolo entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge». Ad avviso
delle ricorrenti, le disposizioni imporrebbero un modello organizzativo
eccessivamente dettagliato, inferendo un vulnus
all’autonomia organizzativa provinciale, garantita dall’art. 8, numero 1) e
dall’art. 16 dello statuto speciale. Il comma 7, in particolare, renderebbe
vincolante l’intero articolo anche nei precetti di dettaglio. Vi sarebbe,
inoltre, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost.,
perché le disposizioni statali realizzerebbero un sistema non proporzionato
rispetto all’esigenza di assicurare un’uniformità dell’azione amministrativa a
tutela dell’ambiente, con conseguente ridondanza sull’esercizio delle
attribuzioni provinciali.
7.1.– Le questioni sono fondate.
Questa Corte si è già
pronunciata sull’obbligo, imposto dal d.l. n. 496 del
1993, di istituire le agenzie provinciali per l’ambiente. Dopo avere affermato
che tale atto normativo ha realizzato una complessiva opera di riforma volta a
istituire il sistema di protezione ambientale, ha indicato il limite oltre il
quale devono ritenersi illegittimamente compresse le competenze attribuite
dallo statuto speciale di autonomia, con particolare riguardo alla competenza
primaria in materia di organizzazione degli uffici e del relativo personale. In
particolare, è stato affermato che il legislatore statale, «nel porre i
principi della riforma economico-sociale di settore», deve lasciare «aperta
alla legislazione provinciale ogni determinazione in ordine alla struttura ed
agli organi dell’agenzia, all’articolazione degli uffici, agli ulteriori compiti
che si ritenga di attribuire ad essa, alle procedure da seguire ed ai rapporti
con gli altri organi provinciali». Pertanto, deve restare affidata alla legge
provinciale «la disciplina dell’organizzazione, delle risorse tecniche e di
personale, dei mezzi finanziari, delle modalità di consulenza e di supporto
tecnico da prestare agli apparati provinciali e degli enti locali che si
avvalgono delle agenzie» (sentenza n. 356 del
1994).
In altri termini, agli enti
ad autonomia differenziata deve essere lasciata la definizione di un modello
organizzativo purché non incoerente con la finalità, perseguita dal disegno
riformatore statale, di offrire una tutela unitaria e non frazionata del bene
ambientale.
L’art. 7, comma 1, della
legge n. 132 del 2016, nell’attribuire personalità giuridica alle agenzie
provinciali attenua il rapporto di subordinazione funzionale che detti
organismi intrattengono con gli organi regionali di indirizzo politico. La
finalità di consolidamento dell’autonomia amministrativa e tecnico-scientifica
delle agenzie perseguita dalla disposizione de
qua, pur astrattamente legittima nell’ambito dei rapporti che lo Stato
intrattiene con le regioni a statuto ordinario, genera un vulnus quando, come nel caso di specie, vi sia una competenza
primaria, prevista dallo statuto speciale (art. 8, numero 1), che consente alle
Province di determinarsi autonomamente in ordine alla struttura di un organo
pur sempre inserito nell’articolazione provinciale. Nell’imporre un modello
uniforme di organizzazione amministrativa, valevole anche per gli enti ad
autonomia differenziata, la disposizione censurata eccede lo scopo del
coordinamento finalizzato alla tutela del bene ambientale, così violando anche
l’art. 3, comma 1, Cost. – sub-specie
del principio di ragionevolezza – e il principio di buon andamento della
pubblica amministrazione sancito dall’art. 97, comma 2, Cost.
Di qui l’incostituzionalità della
disposizione censurata, nella parte in cui trova applicazione nei confronti
delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
7.2.– Dalla dichiarazione di
illegittimità costituzionale del citato art. 7, comma 1, consegue la fondatezza
delle censure concernenti anche il comma 7 di tale articolo, nella parte in cui
impone categoricamente la conformazione della legislazione provinciale alle
prescrizioni dello stesso anche laddove, come nel caso di cui al comma 1, le
disposizioni abbiano una portata specifica e dettagliata, invasiva delle
competenze statutariamente riconosciute agli enti ad autonomia differenziata,
dato che le ricorrenti sono private di qualsiasi margine di integrazione
normativa da disposizioni che interferiscono sul quomodo dell’organizzazione amministrativa delle agenzie.
È dunque costituzionalmente
illegittimo l’art. 7, comma 7, della legge n. 132 del 2016, nella parte in cui
non contempla una clausola di salvaguardia che consenta alle Province autonome
di modificare la propria legislazione secondo le disposizioni in esso
contenute, in conformità allo statuto speciale e alle relative norme di
attuazione (sentenza n. 301 del 2013).
Restano assorbiti gli
ulteriori profili di incostituzionalità.
8.– Le Province autonome censurano altresì
i commi 1 e 2 dell’art. 8 della legge n. 132 del 2016. Il comma 1 stabilisce le
condizioni di selezione dei direttori generali delle agenzie, «nominati,
secondo le procedure previste dalla legge per ciascun ente, tra soggetti di
elevata professionalità e qualificata esperienza nel settore ambientale che non
ricoprano incarichi politici elettivi a livello dell’Unione europea, nazionale
o regionale, che non siano componenti della giunta regionale, che non rivestano
l’ufficio di presidente o di assessore nella giunta provinciale, di sindaco o
di assessore o di consigliere comunale nei comuni con popolazione superiore a
20.000 abitanti, che non siano amministratori o dipendenti di imprese o società
di produzione di beni o servizi che partecipano ad attività o programmi
dell’ISPRA o delle agenzie, che non siano titolari di altri incarichi
retribuiti, che non siano stati condannati con sentenza passata in giudicato né
interdetti dai pubblici uffici».
Il comma 2 del medesimo
articolo istituisce presso l’ISPRA «un’anagrafe dei direttori generali
dell’ISPRA e delle agenzie, costantemente aggiornata e pubblicata nel sito
internet dell’ISPRA medesimo, contenente le informazioni sui requisiti
professionali e sulla retribuzione dei medesimi. In fase di prima applicazione
della presente legge, sono iscritti nell’anagrafe i direttori generali in
carica alla data della sua entrata in vigore».
Ad avviso delle ricorrenti,
le disposizioni sarebbero lesive della competenza provinciale in materia di
organizzazione degli uffici e delle altre competenze primarie e concorrenti (in
particolare, art. 8, numeri 1, 5, 6, 13, 15, 16, 17 e 21; 9, numeri 8, 9 e 10;
e 16, dello statuto di autonomia), ponendo una norma di dettaglio e
auto-applicativa. Ne deriverebbe anche la violazione dell’art. 2 del d.lgs. n.
266 del 1992, che prescrive allo Stato di non intervenire con norme di
dettaglio, direttamente applicabili, alle Province autonome. Le norme sarebbero
in contrasto anche con l’art. 3, comma 1, Cost., sub specie del principio di ragionevolezza,
nonché con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione
sancito dall’art. 97 Cost., perché l’autonomia organizzativa della Provincia
sarebbe compressa in misura eccedente rispetto allo scopo di coordinare il
sistema nel quadro nazionale e istituire una "rete” nazionale.
8.1.– La questione avente ad oggetto il
citato art. 8, comma 1, relativo ai requisiti di nomina dei direttori generali,
è fondata.
Sebbene tale disposizione
miri ad evitare conflitti di interesse o, comunque, situazioni capaci di
pregiudicare l’imparzialità delle agenzie e, quindi, il buon andamento
dell’azione amministrativa nel perseguimento dei propri fini istituzionali,
essa non si limita a stabilire un principio generale volto a garantire la
separazione tra organi titolari della funzione di indirizzo-politico e soggetti
incaricati di compiti tecnico-gestionali, o l’assenza di condizionamenti che
possano sviare gli organi apicali dal miglior esercizio delle funzioni
direttive. La disposizione indica, nel dettaglio, una serie di indefettibili
requisiti dei direttori generali, interferendo inevitabilmente con la
competenza legislativa primaria in materia di organizzazione del personale
riconosciuta dall’art. 8, numero 1 dello statuto di autonomia. L’esigenza di
offrire una tutela non frazionabile al bene ambientale non consente di
realizzare un intervento che, pure mosso da esigenze di riforma complessiva del
settore, comprima l’autonomia costituzionalmente garantita delle ricorrenti.
Ne discende l’illegittimità
costituzionale dell’art. 8, comma 1, della legge n. 132 del 2016, nella parte
in cui, disponendo che i direttori generali delle agenzie sono nominati «tra
soggetti di elevata professionalità e qualificata esperienza nel settore
ambientale che non ricoprano incarichi politici elettivi a livello dell’Unione
europea, nazionale o regionale, che non siano componenti della giunta
regionale, che non rivestano l’ufficio di presidente o di assessore nella
giunta provinciale, di sindaco o di assessore o di consigliere comunale nei
comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, che non siano
amministratori o dipendenti di imprese o società di produzione di beni o
servizi che partecipano ad attività o programmi dell’ISPRA o delle agenzie, che
non siano titolari di altri incarichi retribuiti, che non siano stati
condannati con sentenza passata in giudicato né interdetti dai pubblici
uffici», è applicabile anche alle Province autonome.
8.2.– La questione avente ad oggetto
l’impugnato art. 8, comma 2, relativo all’anagrafe dei direttori generali,
invece, non è fondata.
Detta norma istituisce
un’anagrafe dei direttori generali delle agenzie, da tenersi a cura dell’ISPRA
e pubblicato sul relativo sito istituzionale, con l’indicazione dei requisiti
professionali e del trattamento retributivo. Essa assolve a un compito di
pubblicità e trasparenza, corollari del principio di buon andamento della
pubblica amministrazione, in modo da consentire un controllo diffuso, da parte
degli amministrati, sull’adeguatezza dei soggetti incaricati di funzioni
apicali. La norma censurata non incide sulle competenze legislative delle
ricorrenti, che restano libere, nell’esercizio della loro autonomia, di
stabilire le condizioni per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali.
Ne consegue l’infondatezza
delle prospettate censure.
9.– Relativamente alle
questioni aventi ad oggetto l’art. 14, commi 1, 3 e 5, della legge n. 132 del
2016, va premesso che: il comma 1 dell’art. 14 dispone l’adozione, da parte
dell’ISPRA, di uno schema di regolamento volto a individuare il personale
incaricato dei servizi ispettivi, il codice etico, i criteri per lo svolgimento
delle attività ispettive e le relative competenze; il comma 3 dello stesso
articolo attribuisce a tale schema la forma del d.P.R.,
adottato previa intesa in sede di Conferenza; il comma 5 dispone che, in
attuazione del predetto regolamento, il presidente dell’ISPRA e i legali
rappresentanti delle agenzie individuino il personale incaricato alle funzioni
ispettive con appositi regolamenti interni.
Ad avviso delle ricorrenti,
la previsione di un potere regolamentare statale violerebbe non solo gli artt.
53 e 54, comma 1, numero 3, dello statuto speciale, ma anche l’art. 117, sesto
comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10
della l. cost. n. 3 del 2001, che sancisce il principio del parallelismo tra
funzione legislativa e funzione regolamentare; e gli artt. 2 e 4 del d.lgs. 266
del 1992, che prevedono i rapporti tra leggi e precludono l’affidamento allo
Stato di poteri amministrativi nelle materie di competenza provinciale.
L’intesa in Conferenza Stato-Regioni, richiesta dal comma 3, non sarebbe
sufficiente ad escludere la denunciata violazione, posto che, nei confronti
delle Province autonome, lo Stato non potrebbe invocare titoli capaci di condizionare
le competenze ad esse garantite dallo statuto speciale diversi da quelli
menzionati negli artt. 4 e 5 della carta statutaria. Inoltre, sarebbe
illegittimo il comma 5, il quale attribuisce ad un regolamento interno della
agenzia, anziché alla Provincia autonoma, la funzione di disciplinare il
personale incaricato degli interventi ispettivi in attuazione del regolamento
statale, sottraendo uno spazio, in materia di organizzazione degli uffici,
proprio degli enti ad autonomia differenziata.
9.1.– Le questioni concernenti il censurato
art. 14, commi 1 e 3, sono fondate.
Tali norme demandano a un d.P.R. l’indicazione delle modalità, valevoli per tutti i
"nodi” del sistema a rete di protezione ambientale, di individuazione del
personale ispettivo, del codice etico, delle competenze di tali funzionari e
dei criteri generali per lo svolgimento delle loro attività. Il regolamento
dovrà essere ispirato al principio della rotazione del medesimo personale
nell’esecuzione delle visite nei singoli siti o impianti, «al fine di garantire
la terzietà dell’intervento ispettivo».
La diretta applicazione del
decreto negli ordinamenti provinciali viola l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del
1992, consentendo a una disciplina di dettaglio, adottata tramite fonte
secondaria di derivazione statale, di vincolare gli enti ad autonomia
differenziata. D’altronde, se è vero che il principio, al primo accessorio,
della terzietà del personale ispettivo e il principio della rotazione degli
interventi costituiscono norme fondamentali di riforma, funzionali ad
assicurare una migliore qualità dei controlli ambientali e capaci, dunque, di
guidare le Province autonome nell’adeguamento dei rispettivi ordinamenti, non
altrettanto può dirsi per l’ulteriore normativa di dettaglio che dovrà essere
riportata dal regolamento di attuazione, suscettibile di incidere su materie
riservate alle competenze legislative delle ricorrenti e, in particolare, sulla
competenza primaria in materia di organizzazione degli uffici e del personale.
In tal senso, la prescritta intesa, che deve precedere l’adozione del
regolamento, non è sufficiente ad evitare una illegittima compressione della
autonomia speciale costituzionalmente garantita.
I commi 1 e 3 dell’art. 14
della legge n. 132 del 2016, devono, quindi, essere dichiarati
costituzionalmente illegittimi, nella parte in cui prevedono che il d.P.R. relativo alle modalità di individuazione del
personale incaricato e degli interventi ispettivi, al codice etico, alle
competenze del personale ispettivo e ai criteri generali per lo svolgimento
delle attività ispettive, si applichi anche alle Province autonome.
Sono assorbiti gli ulteriori
profili di incostituzionalità dedotti dalle ricorrenti.
9.2.– La questione relativa al comma 5
dell’art. 14 della legge n. 132 del 2016 non è fondata.
La disposizione rimette a
«regolamenti interni» dell’ISPRA e delle agenzie (a seconda del livello di
governo interessato) la concreta individuazione del personale incaricato degli
interventi ispettivi tramite proprio regolamento interno. Al di là della
impropria qualificazione conferita agli atti interni delle agenzie, la
prescrizione allude alla distribuzione delle mansioni ispettive all’interno
dell’ente e, dunque, a una concreta attività amministrativa non manifestamente
incoerente rispetto all’attribuzione generale di autonomia, da parte della
legge impugnata, agli enti strumentali (art. 7, comma 1). L’autonomia
amministrativa non può non ricomprendere necessariamente anche un margine di
discrezionalità in merito all’organizzazione, e d’altronde in questa direzione
si collocano le leggi provinciali istitutive delle agenzie (art. 1 della legge prov. Trento 11 settembre 1995, n. 11, recante «Istituzione
dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente»; art. 1 della legge prov. Bolzano 19 dicembre 1996, n. 25, recante «Agenzia
provinciale dell’ambiente»), le quali attribuiscono espressamente a tali
organismi, a corollario dell’autonomia amministrativa, un autonomo potere di
organizzazione interna.
Di qui la non fondatezza
della questione prospettata.
10.– Le ricorrenti hanno
impugnato l’art. 4, comma 4, della legge n. 132 del 2016, il quale consente
all’ISPRA, «con il concorso delle agenzie, di adottare norme tecniche in
materia di monitoraggio, di valutazioni ambientali, di controllo, di gestione
dell’informazione ambientale di controllo, di gestione dell’informazione
ambientale e di coordinamento del Sistema nazionale, per assicurare
l’armonizzazione, l’efficacia, l’efficienza e l’omogeneità dei sistemi di
controllo e della loro gestione nel territorio nazionale, nonché il continuo
aggiornamento, in coerenza con il quadro normativo nazionale e sovranazionale,
delle modalità operative del Sistema nazionale e delle attività degli altri
soggetti tecnici operanti nella materia ambientale».
Secondo le ricorrenti, la
disposizione conferirebbe un potere normativo all’ISPRA, organo di natura
statale, in violazione delle competenze legislative primarie delle Province in
materia di urbanistica e di tutela del paesaggio (articolo 8, numeri 5 e 6 dello
statuto speciale), di protezione civile, di caccia e pesca, di alpicoltura e
parchi naturali, di viabilità e di acquedotti, di agricoltura e foreste
(articolo 8, numeri 15, 16, 17 e 21 dello statuto speciale), nonché delle
competenze concorrenti in materia di igiene e sanità, di industria e
artigianato e di utilizzazione delle acque pubbliche (articolo 9, numeri 10, 8
e 9 dello statuto di autonomia) e delle corrispondenti funzioni amministrative
(art. 16 dello statuto speciale). La norma violerebbe anche il principio di
leale collaborazione, perché la disciplina di tale potere normativo non sarebbe
affiancato da moduli collaborativi con gli enti territoriali (nelle forme
dell’intesa o quanto meno del parere obbligatorio in Conferenza).
10.1.– La
questione non è fondata.
La
previsione della funzione di normazione tecnica è specificazione del generale
potere di coordinamento statuito dal comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 132
del 2016 a favore dell’ISPRA. Secondo la predetta norma, all’organo statale
spetta l’esercizio di «funzioni tecniche e scientifiche per la più efficace
pianificazione e attuazione delle politiche di sostenibilità delle pressioni
sull’ambiente, sia a supporto del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sia in via diretta tramite attività di monitoraggio, di
valutazione, di controllo, di ispezione e di gestione dell’informazione
ambientale, nonché di coordinamento del Sistema nazionale». Tali compiti – e la
corrispondente attività normativa – sono esercitati con riguardo al sistema a
rete delle agenzie «senza che sia possibile configurare (…) un accentramento di
funzioni ed una subordinazione delle agenzie provinciali, destinate ad atteggiarsi
ed operare quale organo periferico dell’Agenzia nazionale» (sentenza n. 356 del
1994).
La funzione
di coordinamento, svolta dal soggetto operante a livello statale, ha già
superato il vaglio di legittimità costituzionale di questa Corte, che ha
scrutinato due norme di contenuto analogo alla disposizione censurata (ma dallo
spettro applicativo più ampio) recate dal d.l n. 496
del 1993. La sentenza poc’anzi citata ha infatti affermato che il coordinamento
svolto dall’organo operante a livello statale ha natura tecnica, ed è
finalizzato a definire «l’omogeneità sul piano nazionale delle metodologie
operative», distinto in quanto tale dal coordinamento politico amministrativo.
Dunque, il coordinamento tecnico «può essere affidato anche ad enti
appartenenti all’amministrazione statale, dotati delle conoscenze e delle
esperienze tecniche necessarie in rapporto ai compiti previsti, senza che ciò
determini una lesione delle competenze costituzionalmente assicurate alle
regioni o alle province autonome» (sentenza n. 356 del
1994).
10.1.1.– È
parimenti non fondata la censura avanzata con riferimento alla presunta violazione
del principio di leale collaborazione: proprio perché il coordinamento svolto
dall’ISPRA è di natura tecnico-scientifica, non vi è alcun imperativo di rango
costituzionale che richieda il necessario coinvolgimento degli organi regionali
di indirizzo politico o di amministrazione attiva. Peraltro, l’art. 4, comma 4,
prevede il concorso, nell’adozione di norme tecniche, delle agenzie
territoriali, e l’art. 13 (non oggetto di impugnazione) dà vita anche al
"Consiglio del Sistema nazionale”, deputato alla concertazione del
coordinamento tecnico – composto dai legali rappresentanti dell’agenzia
nazionale e delle agenzie territoriali – chiamato ad esprimere parere
vincolante «su tutti gli atti di indirizzo o di coordinamento relativi al
governo del sistema medesimo».
11.– Le
ricorrenti hanno impugnato anche il comma 5, dell’art. 7, nonché i commi 2, 3 e
4 dell’art. 15 della legge n. 132 del 2016, disciplinanti, a diverso titolo,
l’assetto tariffario e la procedura per definire le modalità di assegnazione
degli introiti alle agenzie.
Secondo
l’art. 15, comma 2, le «spese relative al rilascio dei pareri sulle domande di
autorizzazione ambientale e allo svolgimento dei successivi controlli
programmati relativi a impianti e opere sottoposti alle vigenti procedure di
valutazione ambientale, compresi gli impianti soggetti a rischio di incidente
rilevante, nonché alle convalide delle indagini analitiche prodotte dai
soggetti tenuti alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza di siti
inquinati, sono poste a carico dei gestori stessi, sulla base di tariffe
nazionali approvate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge». In via provvisoria, nelle more dell’approvazione
delle tariffe nazionali, il comma 3 – egualmente impugnato – dispone
l’applicazione delle «tariffe delle agenzie, approvate dalle rispettive regioni
o province autonome». Il comma 4 dispone, inoltre, che «[c]on decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare, di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, sono individuate le modalità di assegnazione alle agenzie
degli introiti conseguenti all’attuazione delle disposizioni del comma 2».
In forza
del comma 5 dell’art. 7, le agenzie possono svolgere attività ulteriori a
quelle previste dalla legge come obbligatorie «in favore di soggetti pubblici o
privati, sulla base di specifiche disposizioni normative ovvero di accordi o
convenzioni, applicando tariffe definite con decreto del Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare, a condizione che non interferiscano
con il pieno raggiungimento dei LEPTA».
Ad avviso
delle ricorrenti, gli artt. 7, comma 5, e 15, commi 2 e 3, sarebbero
illegittimi perché violerebbero la competenza legislativa primaria in materia
di organizzazione degli uffici e la corrispondente funzione amministrativa
(artt. 8 e 16 dello statuto speciale), oltre alle ulteriori competenze
interessate dall’azione delle agenzie (art. 9 dello statuto speciale). Le
Province autonome richiamano, a conforto, la giurisprudenza costituzionale in
materia di servizio idrico, sostenendo che la regolazione sarebbe un aspetto
della competenza delle materie attribuite alla legislazione provinciale. L’art.
15, comma 4, nell’attribuire al Ministro il potere di definire la ripartizione
delle risorse con suo decreto ministeriale, violerebbe poi l’autonomia
finanziaria delle Province, determinando in via unilaterale i rapporti
finanziari tra queste e lo Stato (in violazione degli artt. 75, 75-bis, comma 3-bis, e 79 dello statuto speciale; dell’art. 10 della l. cost. n. 3
del 2001; del d.lgs. n. 268 del 1992; e dell’art. 27 della l. n. 42 del 2009).
11.1.– Le
questioni relative all’art. 15, commi 2 e 3, non sono fondate.
Da una
lettura sistematica della legge n. 132 del 2016 si desume un triplice ordine di
attività svolto dalle agenzie. Per un verso, queste realizzano attività
istituzionali obbligatorie, necessarie a garantire il raggiungimento dei LEPTA
nei rispettivi territori (artt. 9 e 10). La legge poi individua espressamente
specifiche attività obbligatorie (rispetto a quelle da individuare, in via
generale, attraverso le procedure indicate dai medesimi artt. 9 e 10), a valere
sugli specifici finanziamenti di cui all’art. 15, comma 2. Infine, le agenzie
possono svolgere attività ulteriori, in favore di soggetti pubblici o privati,
applicando tariffe definite con decreto del Ministro dell’ambiente, a
condizione che non interferiscano con il pieno raggiungimento dei LEPTA (art.
7, comma 5).
Non è in
discussione, pertanto, che le attività descritte dall’art. 15, comma 2,
attengano al nucleo pregnante dell’azione delle agenzie, ascrivibili alle
funzioni fondamentali del sistema di protezione ambientale indicate dall’art. 3
della legge n. 132 del 2016.
Inoltre,
questa Corte ha già affermato che la definizione uniforme delle tariffe
sull’intero territorio nazionale, rispetto ad attività obbligatorie prestate
nei confronti dei soggetti privati, ha l’effetto riflesso di promuovere la parità
di trattamento degli operatori economici che si rivolgono alle agenzie,
intersecando anche la materia della concorrenza (sentenze n. 272 del
2010 e n.
450 del 2006).
Il potere
di determinare il quantum tariffario
attiene all’ambito materiale entro cui si colloca la relativa attività. I
servizi obbligatori definiti dallo Stato richiedono una disciplina tariffaria di
esclusiva provenienza statale: è, infatti, il "tipo” di attività, a sua volta
specchio degli interessi unitari ad esso sottesi, che identifica l’agenzia
quale soggetto del sistema nazionale di protezione ambientale o, viceversa,
quale soggetto istituzionale orbitante attorno all’ordinamento territoriale.
Poiché la
disposizione in oggetto definisce un costo omogeneo delle ulteriori prestazioni
ambientali specificamente individuate dalla legge, da garantire sull’intero
territorio nazionale, ne deriva la non fondatezza della questione relativa al
comma 3, nella parte in cui dispone l’applicazione delle tariffe nazionali alle
Province autonome, una volta approvate dal Ministero dell’ambiente.
11.2.– La
questione concernente l’impugnato art. 15, comma 4, non è fondata.
11.2.1.– La
norma affida ad un decreto del ministero dell’ambiente, previa intesa in sede
di Conferenza Stato-Regioni, le modalità di distribuzione delle risorse
derivanti dalle attività indicate dal comma 2 dell’art. 15. La disciplina del
finanziamento delle attività obbligatorie (dal quantum tariffario alle modalità di distribuzione degli introiti)
attiene alla generale sostenibilità finanziaria del sistema nazionale di
protezione ambientale, secondo un assetto che non pare eccentrico rispetto alla
finalità di tutela dell’ambiente e riconducibile, nel complesso, al
fondamentale disegno di riforma del settore.
Peraltro,
le modalità di finanziamento sono sì fissate dalla fonte regolamentare statale,
ma previa intesa in Conferenza: in questo modo, il rinvio a procedure di natura
cooperativa sembra idoneo a includere gli enti territoriali nella decisione sui
criteri di distribuzione delle risorse, anche in vista del soddisfacimento di
istanze perequative nella redistribuzione degli introiti.
Di qui il
rigetto della questione prospettata.
12.– La
questione concernente l’art. 7, comma 5, della legge n. 132 del 2016 è fondata.
Tale norma
dispone che le tariffe relative alle attività ulteriori svolte dalle agenzie,
diverse da quelle previste obbligatoriamente dalla legge statale, sono
unilateralmente determinate dal Ministro dell’Ambiente attraverso apposito
decreto ministeriale e direttamente applicate anche sul territorio provinciale.
La
disposizione impugnata si pone in contrasto con la competenza primaria delle
Province autonome in materia di organizzazione degli uffici (art. 8, n. 1,
dello statuto di autonomia). Questa Corte ha già rinvenuto il punto di
equilibrio tra i due interessi di rango costituzionale coinvolti in simili
regolazioni: da un lato, l’esigenza di disciplina uniforme, che assiste il
sistema di governance
nazionale, coerente con l’indole trasversale del valore ambientale; dall’altro,
la necessaria salvaguardia del regime di specialità degli enti ad autonomia
differenziata di cui l’autonomia organizzativa posta dallo statuto costituisce
immediato corollario. La sentenza n. 356 del 1994, infatti, ha ritenuto
riservata alla legislazione provinciale la definizione della struttura interna
dell’agenzia, insieme «agli ulteriori compiti che si ritenga di attribuire ad
essa, alle procedure da seguire ed ai rapporti con gli altri organi
provinciali». È stato, dunque, riconosciuto un margine di manovra alle Province
autonome in ordine a eventuali, ulteriori attività di rilievo provinciale, in
materia di prevenzione, vigilanza, controllo ambientale, in coerenza con quanto
stabilito ora dall’art. 7, comma 5, l. n. 132 del 2016, a norma del quale le
agenzie possono svolgere attività ulteriori rispetto a quelle individuate
tramite i LEPTA, sulla base di accordi, convenzioni o – appunto – di
«specifiche disposizioni normative» poste, eventualmente, anche dagli enti
territoriali.
Alla luce
di tali premesse, la disposizione censurata, nell’affidare al Ministro
dell’ambiente il compito di determinare le tariffe per attività ulteriori
disciplinate dalle leggi provinciali, presenta un contenuto eccedente rispetto
allo scopo perseguito dall’intervento statale, invasivo dell’autonomia
organizzativa delle ricorrenti.
Il potere
di configurare la tariffa, infatti, "accede” all’ambito materiale
corrispondente. La quantificazione tariffaria condiziona il modello
organizzativo prescelto dalla Provincia per l’ente strumentale, così invadendo
la competenza primaria prevista dall’art. 8 dello statuto di autonomia. D’altronde,
in tal senso si è espressa la giurisprudenza di questa Corte che, in materia di
servizio idrico integrato, ha riconosciuto come la competenza in materia di
organizzazione del servizio attragga anche l’individuazione dei criteri di
determinazione delle tariffe ad esso inerenti (sentenze n. 142 del 2015, n. 233
del 2013 e n. 357 del 2010).
L’art. 7,
comma 5, della legge n. 132 del 2016 è, dunque, illegittimo nella parte in cui
applica anche alle Province autonome le tariffe stabilite dal Ministero dell’ambiente
per le attività ulteriori svolte dalle agenzie provinciali.
Sono
assorbiti gli ulteriori profili di incostituzionalità evidenziati dalle
ricorrenti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1,
della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete
per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale), nella parte in cui trova applicazione nei
confronti delle Province autonome di Trento e di Bolzano;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 5, della
legge n. 132 del 2016, nella parte in cui applica anche alle Province autonome
le tariffe stabilite dal Ministero dell’ambiente per le attività ulteriori
svolte dalle agenzie provinciali;
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 7, della
legge n. 132 del 2016, nella parte in cui non contempla una clausola di
salvaguardia che consenta alle Province autonome di modificare la propria
legislazione secondo le disposizioni in esso contenute, in conformità allo
statuto speciale e alle relative norme di attuazione;
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, della
legge n. 132 del 2016, nella parte in cui, disponendo che i direttori generali
delle agenzie sono nominati «tra soggetti di elevata professionalità e
qualificata esperienza nel settore ambientale che non ricoprano incarichi
politici elettivi a livello dell’Unione europea, nazionale o regionale, che non
siano componenti della giunta regionale, che non rivestano l’ufficio di
presidente o di assessore nella giunta provinciale, di sindaco o di assessore o
di consigliere comunale nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti,
che non siano amministratori o dipendenti di imprese o società di produzione di
beni o servizi che partecipano ad attività o programmi dell’ISPRA o delle
agenzie, che non siano titolari di altri incarichi retribuiti, che non siano
stati condannati con sentenza passata in giudicato né interdetti dai pubblici
uffici», è applicabile anche alle Province autonome;
5) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 3,
della legge n. 132 del 2016, nella parte in cui prevedono che il d.P.R. relativo alle modalità di individuazione del
personale incaricato e degli interventi ispettivi, al codice etico, alle
competenze del personale ispettivo e ai criteri generali per lo svolgimento
delle attività ispettive, si applichi anche alle Province autonome;
6) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 2,
della legge n. 132 del 2016, nella parte in cui, stabilendo che restano
efficaci le vigenti disposizioni regionali e provinciali «fino alla entrata in
vigore delle disposizioni attuative», dispone la diretta applicazione della
legge statale alle Province autonome;
7) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 4,
secondo periodo, della legge n. 132 del 2016, nella parte in cui stabilisce che
le Province autonome devono recepire l’intera legge statale, anziché limitarsi
ad imporre un onere di adeguamento ai principi fondamentali della normativa
censurata;
8) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge n. 132 del 2016, promossa dalla Provincia autonoma di
Bolzano in riferimento all’art. 8, numero 1, e all’art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige), con il ricorso iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2016;
9) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 4, della legge n. 132 del 2016, promossa dalle Province
autonome di Bolzano e di Trento con riferimento agli artt. 8, 9 e 16 del d.P.R. n. 670 del 1972, e al principio di leale
collaborazione, con i ricorsi iscritti al n. 54 e al n. 55 del registro ricorsi
2016;
10) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 8, comma 2, della legge n. 132 del 2016, promossa dalle Province
autonome di Bolzano e di Trento con riferimento all’art. 8, numero 1 del d.P.R. n. 670 del 1972, e all’art. 2 del d.lgs. 18 marzo
1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi
regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento), con i ricorsi iscritti al n. 54 e al n. 55 del registro ricorsi
2016;
11) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 14, comma 5, della legge n. 132 del 2016, promossa dalle Province
autonome di Bolzano e di Trento con riferimento agli artt. 8 e 9, 53 e 54,
comma 1, numero 3, del d.P.R. n. 670 del 1972,
all’art. 117, sesto comma, della Costituzione, in combinato disposto con l’art.
10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V
della Parte seconda della Costituzione), e agli artt. 2 e 4 del d.lgs. n. 266
del 1992 [Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e
provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento], con i
ricorsi iscritti al n. 54 e al n. 55 del registro ricorsi 2016;
12) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 15, commi 2, 3 e 4, della legge n. 132 del 2016, promossa dalle
Province autonome di Bolzano e di Trento con riferimento gli artt. 8, 9, 75,
75-bis, comma 3-bis, e 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670
del 1972, agli artt. 2 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, al d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
in materia di finanza regionale e provinciale), all’art. 27 della legge 5
maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), con i ricorsi iscritti al n.
54 e al n. 55 del registro ricorsi 2016.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 luglio 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 ottobre 2017.