SENTENZA N.228
ANNO 2003
Repubblica italiana
n nome del Popolo italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera e) ed f), dell’art. 4, dell’art. 5, commi 1, 2, 3-ter, 4, 4-bis, 4-ter, 5 e 6, e dell’art. 7, nonché dell’intero decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile) convertito, con modificazioni, in legge 9 novembre 2001, n. 401, promossi con ricorsi delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Umbria e delle Province di Trento e di Bolzano notificati il 5, il 10 ottobre 2001 e il 9 gennaio 2002, depositati in cancelleria il 12, il 18 ottobre 2001 e il 16 e il 21 gennaio 2002, iscritti ai numeri 39, 40 e 41 del registro ricorsi 2001 ed ai numeri 1 e 2 del registro ricorsi 2002.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’8 aprile 2003 il Giudice relatore Franco Bile;
uditi gli avvocati Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per le Regioni Emilia-Romagna, Umbria e per la Provincia di Trento, Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia di Bolzano e l’avvocato dello Stato Giorgio D’Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.1. – Con ricorso notificato il 5 ottobre 2001 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 12 ottobre, la Regione Toscana ha impugnato in via principale, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, l’intero decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile), con cui il Governo ha soppresso l’Agenzia di protezione civile, già disciplinata dal capo IV del titolo V del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59) ed ha attribuito le relative funzioni al Presidente del Consiglio dei ministri.
La Regione ricorrente – premessa la ricognizione della normativa in materia di protezione civile che nel tempo aveva portato infine all’istituzione dell’Agenzia di protezione civile con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59) – deduce anzitutto la violazione degli articoli 5, 117 e 118 della Costituzione, sotto il profilo della lesione del principio della leale cooperazione tra Stato e Regioni, per il venir meno della sede istituzionale del raccordo e della concertazione.
Sottolineato che la protezione civile non è materia riservata allo Stato, ma consiste in un complesso di compiti ed attività coinvolgenti l’intero arco di azione delle amministrazioni statali, regionali e degli enti locali presenti sul territorio (implicanti l’esigenza di coordinamento per assicurare l’agire armonico e razionale dei numerosi organismi interessati), la ricorrente assume che, proprio in considerazione di tale "trasversalità”, la scelta organizzativa del decreto legislativo n. 300 del 1999 di ricondurre in capo all’Agenzia tutte le competenze, garantiva il rispetto del ruolo e delle attribuzioni regionali, tenuto conto della sua caratterizzazione di struttura con attività di carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, operante anche al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e locali.
Proprio in considerazione di queste funzioni, la ricorrente rileva che il legislatore aveva garantito che nel comitato direttivo della stessa Agenzia fosse assicurata anche la presenza di un rappresentante delle autonomie (art. 82, comma 3) e (come evidenziato dall’art. 83) aveva posto ad operare presso l’Agenzia sia la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi sia il Comitato operativo della protezione civile, nonché aveva assicurato la presenza di due esperti designati dalla Conferenza permanente Stato-Regioni nella Commissione, chiamata a svolgere attività consultiva tecnico-scientifica e propositiva per la prevenzione delle situazioni di rischio. In tal modo la soppressa Agenzia si presentava come lo strumento idoneo a garantire in materia il rispetto della leale cooperazione tra lo Stato e le Regioni.
Ulteriore lesione degli evocati parametri viene ravvisata dalla Regione nel fatto che la soppressione della predetta Agenzia sarebbe stata disposta unilateralmente dal Governo con decreto-legge, senza alcuna consultazione sul punto con le Regioni. L’impugnato testo normativo avrebbe dovuto, invece, essere sottoposto al parere preventivo della conferenza Stato-Regioni, ai sensi dell’art. 2, commi 3 e 4, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonome locali), che ha generalizzato la partecipazione consultiva obbligatoria della Conferenza Stato-Regioni sull’attività e sull’iniziativa normativa del Governo nelle materie regionali. E ad ogni modo – ove anche si fosse verificata una situazione di urgenza – la sua ricorrenza avrebbe dovuto essere dichiarata dal Presidente del Consiglio dei ministri e, quindi, ai sensi dell’art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 281 del 1997, si sarebbe dovuto procedere ad una consultazione successiva (nei fatti omessa).
La Regione lamenta ancora la violazione dell’art. 76 della Costituzione, con conseguente lesione delle attribuzioni regionali di cui agli articoli 117 e 118 Cost., in quanto il decreto-legge in oggetto difetterebbe completamente dei presupposti di necessità ed urgenza, i quali – così come dichiarati nella premessa – sarebbero vaghi ed inconsistenti, sia in quanto quell’esigenza era garantita già dalla struttura esistente, sia perché, in ragione dell’epoca del decreto-legge vi sarebbe stato il tempo per approvare una legge con la procedura ordinaria prima dell’inverno.
1.2. – Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per il rigetto del ricorso, in particolare sostenendo: a) l’insussistenza della violazione del principio di leale collaborazione ovvero di attribuzioni od interessi della Regione, poiché il decreto-legge impugnato ha abrogato una disciplina che non aveva ancora prodotto effetti (in quanto l’Agenzia non aveva cominciato a funzionare); b) che il decreto-legge impugnato non avrebbe fatto altro che riportare i poteri organizzativi e di coordinamento facenti capo al Presidente del Consiglio dei ministri (come affermato da questa Corte nella sentenza n. 418 del 1992) sullo stesso piano della responsabilità corrispondente, eliminando una situazione che avrebbe potuto far sorgere dubbi di legittimità costituzionale; c) che il rispetto dell’esigenza di leale collaborazione andrebbe valutata nell’ambito del procedimento attraverso il quale lo Stato e la Regione esercitano le attribuzioni rispettive, mentre non porrebbe vincoli ai poteri di organizzazione di cui ciascuno dei soggetti è titolare; d) che, dunque, il principio di leale collaborazione non sarebbe leso, in quanto, operando esso in sede di esercizio e non di organizzazione, le Regioni avrebbero solo l’interesse ad essere coinvolte quando lo Stato esercita i suoi poteri di coordinamento attraverso l’organo che ha ritenuto opportuno investire, mentre non avrebbero nessun interesse costituzionalmente garantito a che il loro coinvolgimento sia realizzato mantenendo operanti figure organizzative statali, destinate all’esercizio di attribuzioni anche esse statali; e) che la ricorrente non sarebbe legittimata ad evocare l’art. 76 Cost., non essendovi alcun suo interesse da tutelare (e comunque, l’Avvocatura sottolinea che il decreto-legge è stato portato all’esame della Conferenza unificata, che nella seduta dell’11 ottobre 2001 ha espresso parere favorevole con la richiesta di alcune modifiche accettate dal Governo).
2.1. – Con due ricorsi, entrambi notificati il 10 ottobre 2001 e depositati nella cancelleria di questa Corte il successivo 18 ottobre, le Regioni Emilia-Romagna ed Umbria, con identiche motivazioni, hanno impugnato in via principale il decreto-legge n. 343 del 2001, nella parte in cui sopprime l’Agenzia di protezione civile, trasferendone le funzioni agli apparati governativi, nonché nella parte in cui tiene ferme le attribuzioni di cui al decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804 (Norme di attuazione per il ripristino del Corpo forestale dello Stato) – con riferimento in particolare alle disposizioni dell’art. 1, comma 1, lettera e) e lettera f) e degli artt. 4, 5 e 7 – per violazione degli artt. 5, 95, 117 e 118 della Costituzione, del principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, dell’art. 2, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 281 del 1997 e dell’art. 77 della Costituzione.
Premessa, con considerazioni analoghe a quelle formulate dalla Regione Toscana, la "trasversalità” della materia protezione civile nell’ambito delle competenze di cui all’art. 117 Cost., le ricorrenti sottolineano che, con l’istituzione dell’Agenzia di protezione civile, si erano intesi perseguire gli obiettivi della unificazione della gestione di funzioni svolte da diversi apparati statali, nonché dell’assicurazione dell’autonomia tecnica della gestione di tali funzioni rispetto agli apparati ministeriali e del coinvolgimento delle Regioni, attraverso un modello condiviso di amministrazione "centrale”, ma non esclusivamente statale, imperniato su uno strumento tecnico costituente al tempo stesso una sede di cooperazione tra le diverse istituzioni territoriali protagoniste del sistema di protezione civile. Il decreto-legge impugnato avrebbe, invece, sconvolto tale assetto, riattribuendo agli apparati puramente statali le funzioni già assegnate all’Agenzia, così travolgendo il carattere "comune” dello strumento organizzativo e i meccanismi di collaborazione tra Stato e Regioni.
Sulla base di tali premesse, le Regioni ricorrenti lamentano la violazione: a) degli artt. 5, 117 e 118 Cost., del principio di leale collaborazione e dell’art. 2, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 281 del 1997, stante l’emanazione del decreto-legge senza loro preventiva consultazione in sede di Conferenza Stato-Regioni, e senza neppure la dichiarazione delle specifiche ragioni di urgenza giustificative di tale omissione; b) degli artt. 5, 95, 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione, in ragione della soppressione degli strumenti di partecipazione regionale alle funzioni centrali previsti dal d.lgs. n. 300 del 1999, non sostituiti da altri equivalenti.
Più specificamente, poi, l’art. 5 del decreto-legge impugnato sarebbe illegittimo – in riferimento agli artt. 95, 117 e 118 Cost. – anche là dove attribuisce al solo Presidente del Consiglio dei ministri poteri di coordinamento in materia di protezione civile (già facenti capo all’Agenzia), così sottraendo una funzione di indirizzo (anche) delle Regioni alla sede costituzionalmente necessaria, cioè al Consiglio dei ministri. Illegittimo sarebbe anche il successivo art. 7, in base al quale "nelle materie oggetto del presente decreto restano ferme le attribuzioni di cui al decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804” (che disciplina, come detto, il Corpo forestale dello Stato), giacché lo Stato in tal modo si riapproprierebbe unilateralmente di funzioni già trasferite alle Regioni con i decreti legislativi 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale) e 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), in violazione, quanto al metodo, del principio di leale collaborazione e, nella sostanza, degli artt. 5 e 118 della Costituzione.
Infine, secondo le ricorrenti, l’intero decreto-legge impugnato sarebbe illegittimo per violazione degli artt. 77, 117 e 118 Cost., per essere stato assunto al di fuori dei necessari presupposti giustificativi costituzionali.
2.2. – Anche in tali giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi, sulla base di considerazioni sostanzialmente identiche a quelle svolte rispetto alla impugnazione proposta dalla Regione Toscana.
3.1. – Con ricorso notificato il 9 gennaio 2002 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 16 gennaio, la Provincia autonoma di Trento ha impugnato in via principale, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 5, commi 1, 2, e 5 e, «in via cautelativa e ipotetica», anche i commi 3-ter, 4, 4-bis, e 4-ter dello stesso art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001, come risultanti dalla legge 9 novembre 2001, n. 401 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile), per violazione: a) dell’art. 8, numeri 5), 13), 17), 24), e dell’art. 9, numero 9, nonché dell’art. 16 e dell’art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); b) del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), nonché degli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il trentino-Alto Adige concernente il rapporto tra atti legislativi e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); c) dell’art. 117 della Costituzione, in connessione con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche del titolo V della parte seconda della Costituzione).
Afferma la Provincia ricorrente di avere competenza legislativa statutariamente garantita in materia di protezione civile, che è "trasversale” rispetto a diverse materie (quali l’agricoltura e foreste, la beneficenza pubblica nel suo attuale significato di protezione sociale, la viabilità, gli acquedotti e i lavori pubblici di interesse regionale, l’urbanistica e la tutela del territorio), nelle quali essa ha competenza legislativa (ex art. 8, nn. 5), 13), 17) e 24), nonché 9, n. 9 dello statuto). Detta competenza avrebbe carattere più ampio di quella riconosciuta alle Regioni a statuto ordinario nel nuovo testo dell’art. 117 Cost., trovando tale particolare autonomia fondamento anche direttamente nella disposizione di cui all’art. 52, comma 2, dello statuto speciale, ai sensi del quale spetta al Presidente della Giunta provinciale di adottare "i provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sicurezza e di igiene pubblica nell’interesse delle popolazioni di due o più comuni”, nonché – con un’applicazione ante litteram del principio di sussidiarietà – negli artt. 33 e seguenti delle relative norme d’attuazione (non modificabili dalla successiva legislazione ordinaria) di cui al d.P.R. n. 381 del 1974.
Ciò premesso, dopo aver richiamato il contenuto dell’art. 5 del decreto-legge impugnato, che definisce le "Competenze del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di protezione civile”, la Provincia autonoma sostiene che le censure mosse ai commi 3-ter, 4, 4-bis e 4-ter – che non disciplinano poteri diversi da quelli già spettanti all’Agenzia di protezione civile – avrebbero carattere dichiaratamente cautelativo, ove si ritenga che la clausola di salvaguardia delle competenze ed attribuzioni delle Province a statuto speciale, di cui al comma 6 del medesimo art. 5, debba essere intesa in senso restrittivo, come riferita ai soli poteri "residuali” dell’Agenzia di protezione civile, trasferiti ai sensi del comma 6, e non anche a quelli già ad essa spettanti ma ora "ridisciplinati” ai commi sopra indicati.
Viceversa, rispetto alle altre norme impugnate – ossia ai commi 1, 2 e 5 dell’art. 5, che introducono nell’ordinamento poteri che non hanno un preciso corrispondente in quelli già attribuiti all’Agenzia di protezione civile – non apparirebbe riferibile la clausola di salvaguardia di cui all’art. 5, comma 6. Ne conseguirebbe l’illegittimità costituzionale di tali norme, nella parte in cui i poteri statali da esse previsti interferiscono con i poteri e i compiti propri della Provincia di Trento; e ciò salvo che si ritenesse che le norme statali in questione debbano pur sempre intendersi nel quadro, e non in violazione, delle regole che riguardano i rapporti tra lo Stato e le Province autonome, sia nella specifica materia (con riferimento alle norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 381 del 1974), sia in via generale (con riferimento agli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992).
Quanto ai motivi di illegittimità concernenti i poteri non corrispondenti a quelli già propri dell’Agenzia di protezione civile, nel merito la Provincia autonoma sostiene che: a) l’art. 5, comma 1, attribuendo al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di determinare le politiche di protezione civile ed individuandolo come autorità che "detiene i poteri di ordinanza” in materia di protezione civile, provocherebbe una sovrapposizione con l’attività normativa di essa ricorrente; b) che l’art. 5, comma 2, avrebbe un contenuto che non si adeguerebbe, nella disciplina dei rapporti tra lo Stato e le Province autonome, alle regole statutarie, giacché gli atti da esso previsti, essendo atti di indirizzo, richiederebbero, ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 266 del 1992 e dei principi generali costituzionali, la deliberazione collegiale del Governo e dovrebbero produrre solo un vincolo di risultato; c) il comma 5 dell’art. 5 - in quanto implicante una posizione di "sovraordinazione” del capo del Dipartimento della protezione civile rispetto alla Provincia autonoma ed ai suoi compiti e poteri (anche di governo e di indirizzo degli enti ed istituzioni di ambito provinciale a subprovinciale) - sarebbe anch’esso al di fuori della disciplina statutaria dei rapporti tra lo Stato e la Provincia autonoma (ed in contrasto con l’art. 16 dello statuto e gli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 266 del 1992), salvo che le indicazioni cui fa riferimento si intendessero esclusivamente come finalizzate a mettere a disposizione dei competenti organi provinciali elementi informativi o mezzi altrimenti non disponibili, in tal caso assumendo il valore di manifestazione dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
Con riferimento alle rimanenti norme impugnate, osserva in particolare la ricorrente che: a) il comma 3-ter risulterebbe lesivo dell’autonomia provinciale (per violazione dell’autonomia amministrativa provinciale, quale definita dall’art. 16 dello statuto e dagli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 266 del 1992, nonché, per la specifica materia, dagli artt. 33, 34 e 35 del d.P.R. n. 381 del 1974), stante la previsione della direzione unitaria e del coordinamento delle attività di emergenza da parte del Comitato operativo della protezione civile, che per giunta avrebbe il compito, pure illegittimo, di stabilire gli interventi di tutte le amministrazioni e enti interessati al soccorso; b) il comma 4 sarebbe illegittimo, nella parte in cui prevede che sia lo Stato a promuovere "l’esecuzione di periodiche esercitazioni” e a svolgere "attività di informazione alle popolazioni interessate”, nonché "l’attività tecnico-operativa, volta ad assicurare i primi interventi”, giacché questi compiti spettano invece alla Provincia e la loro attrazione in capo allo Stato direttamente viola il divieto di svolgimento di attività amministrativa locale di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 266 del 1992, oltre che il riparto stabilito dalle già citate disposizioni di attuazione in materia di protezione civile agli artt. 33, 34 e 35 del d.P.R. n. 381 del 1974; c) altrettanto illegittimo sarebbe il comma 4-bis, in relazione alla definizione in sede locale degli interventi e della struttura organizzativa necessari per fronteggiare gli eventi calamitosi; d) e così anche il comma 4-ter, in quanto l’attività di indirizzo verrebbe svolta senza osservare le regole dell’art. 3 del d.P.R. n. 266 del 1992, in ordine alla competenza collegiale del Governo, alla procedura di partecipazione della Provincia, ai contenuti ed ai vincoli derivanti dalla funzione.
3.2. – Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, assumendo in primo luogo l’inammissibilità dei motivi di ricorso relativi all’art. 5, commi 3-ter, 4, 4-bis e 4-ter, del decreto-legge n. 343 del 2001, come modificati dalla legge di conversione n. 401 del 2001, in quanto proposti in via cautelativa ed ipotetica, cioè con lo scopo di sottoporre a censura un’interpretazione non condivisa.
Nel merito, l’Avvocatura afferma che non avrebbe fondamento il dubbio che la Provincia si è posta sull’ampiezza della clausola di riserva, di cui all’art. 5, comma 6, del decreto-legge impugnato. Comunque, le argomentazioni in ordine all’inammissibilità ed all’infondatezza del ricorso varrebbero pure per le censure relative alle altre norme impugnate, atteso che anche in relazione ad esse lo stesso ricorso enuncia che verrebbero meno, se si ritenesse che, nonostante il modo in cui è espressa la clausola di riserva, dette norme debbano sempre intendersi come rispettose dell’autonomia provinciale. In ogni caso, poiché la Provincia può dolersi solo di quelle illegittimità che ledono le sue attribuzioni, nella specie il ricorso sarebbe anche inammissibile, in quanto le norme impugnate non le toccherebbero. Né, in riferimento ai poteri di ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, potrebbero sorgere dubbi di costituzionalità quanto alla promozione ed al coordinamento delle attività, cui le Province autonome non potranno sottrarsi, se non a rischio di non essere in grado di esercitare utilmente le proprie attribuzioni. Il fatto che nel comma 2 della norma sia richiesta l’intesa con le Regioni e gli enti locali, significherebbe che sono fatte salve sia le attribuzioni di ciascuno sia i procedimenti corrispondenti. Inoltre, la competenza, attribuita dal comma 5, al capo del Dipartimento, per le indicazioni necessarie al raggiungimento delle finalità di coordinamento operativo, concernendo una attività di informazione, di ausilio per i destinatari, non pregiudicherebbe le attribuzioni provinciali, a meno che la Provincia non assuma di essere sottratta ad ogni dovere di coordinamento sul suo territorio.
4.1. – Con ricorso notificato il 9 gennaio 2002 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 21 gennaio, la Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 5, commi 1, 2, 3-ter, 4, 4-bis, 4-ter, 5 e 6 del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 401 del 2001, per violazione dell'art. 8, comma 1, numeri 5), 13), 17), e 24), dell'art. 9, comma 1, numero 9), dell'art. 16 e dell’art. 52, comma 2, dello statuto speciale per il Trentino Alto-Adige (d.P.R. n. 670 del 1972), e delle relative norme d’attuazione (in particolare degli artt. 33, 34, e 35 del d.P.R. n. 381 del 1974, nonché degli artt. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 266 del 1992), e per violazione degli artt. 117 e 118 e dei principi del titolo V della parte seconda della Costituzione, come modificati dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in relazione al disposto all’art. 10 della medesima legge, ed infine per violazione del principio di leale cooperazione.
Premesse argomentazioni analoghe a quelle della Provincia autonoma di Trento circa la titolarità di competenze legislative ed amministrative in materia di protezione civile, sulla base di diverse norme statutarie e delle norme di attuazione, la ricorrente assume anzitutto che il primo comma dell’art. 5 (primo periodo) si porrebbe in contrasto con i parametri evocati, posto che, per tutte le situazioni di danno o di pericolo attribuisce al Presidente del Consiglio poteri di intervento diretto (determinazione di politiche di protezione e poteri d’ordinanza in materia di protezione civile) che sono invece di competenza provinciale, nonché poteri di indirizzo e coordinamento nei confronti anche della Provincia ricorrente, i quali si debbono ormai ritenere incompatibili - per quanto riguarda in particolare modo il potere di indirizzo - con i nuovi principi costituzionali introdotti dalla riforma del titolo V e dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, o comunque, sia con il principio di legalità "sostanziale”, sia con la speciale disciplina del potere statale di indirizzo e coordinamento di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992. Né tali aspetti di incostituzionalità potrebbero essere eliminati dalla previsione dell’istituzione del già ricordato "Comitato paritetico”, atteso che la sua composizione ed il suo funzionamento sono rimessi alla piena discrezionalità del Governo, rinviando la legge alla disciplina che verrà stabilita dallo stesso Presidente del Consiglio.
Per le medesime ragioni, anche il secondo comma dell’art. 5 sarebbe incostituzionale, giacché la relativa attribuzione di poteri al Presidente del Consiglio dei Ministri ed il loro contenuto eccederebbero quanto consentito dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 266 dl 1992, mentre i poteri presidenziali relativi ai programmi nazionali di soccorso ed ai piani per l’attuazione delle conseguenti misure di emergenza potrebbero essere ritenuti non lesivi delle competenze provinciali soltanto se si riferissero ai soli interventi di competenza statale previsti dai già citati artt. 33-35 del d.P.R. n. 381 del 1974.
Ragioni analoghe di illegittimità costituzionale varrebbero per il comma 3-ter dell’art. 5, nella parte in cui concentra in un apparato centrale dello Stato, il "Comitato operativo della protezione civile”, presieduto dal capo del Dipartimento della protezione civile, la "direzione unitaria ed il coordinamento delle attività di emergenza, stabilendo gli interventi di tutte le amministrazioni e gli enti interessati al soccorso”, così prevedendo non solo un potere di indirizzo e coordinamento – che comunque sarebbe già di per sé lesivo dalle attribuzioni provinciali – ma un potere di "ordinare” a tutte le amministrazioni "interessate al soccorso” gli interventi di loro competenza.
Il comma 4 dell’art. 5 sarebbe incostituzionale, innanzi tutto, in quanto – stabilendo che per lo svolgimento di tutte tali attività il Presidente del Consiglio si avvale del Dipartimento della protezione civile – centralizzerebbe ancora di più l’esercizio delle attività in questione, nel segno di un forte accentramento delle strutture e delle funzioni relative alla protezione civile e di una corrispondente compressione degli spazi e delle garanzie di autonomia delle regioni e delle province autonome, valorizzate invece dalla soppressa Agenzia.
Il comma 4-bis sarebbe incostituzionale perché – attribuendo al Dipartimento della protezione civile il compito di definire "in sede locale e sulla base dei piani d’emergenza, gli interventi e la struttura organizzativa necessari per fronteggiare gli eventi calamitosi” – affiderebbe interventi di competenza della provincia all’apparato centrale dello Stato, a nulla rilevando la previsione dell’intesa, poiché nella materia in questione, le sole forme di coordinamento e le procedure "cooperative” costituzionalmente consentite sono quelle particolari espressamente previste dalle norme statutarie e d’attuazione. E identiche ragioni varrebbero a sostenere l’illegittimità dell’art. 5, comma 4-ter.
Con riferimento al comma 5 dell’art. 5 (strettamente legato al comma 1), l’affidamento al capo del Dipartimento della protezione civile del potere di rivolgere (sulla base delle direttive del Presidente del Consiglio) a tutte le amministrazioni, ivi compresa la Provincia ricorrente, le "indicazioni necessarie al raggiungimento delle finalità di cui al primo comma” si concreterebbe nella previsione di interventi diretti ed operativi svolti da un apparato centrale dello Stato in luogo della Provincia competente.
Infine, il comma 6 dell’art. 5 sarebbe anch’esso incostituzionale, nella parte in cui sembrerebbe far salve le competenze ed attribuzioni della Provincia ricorrente soltanto in relazione ai compiti già attribuiti alla soppressa Agenzia di protezione civile e passati (in forza dello stesso comma 6) al Dipartimento della protezione civile. Peraltro, la ricorrente sottolinea che la dichiarazione di incostituzionalità del comma 6 in parte qua, potrebbe rendere non necessaria la dichiarazione di incostituzionalità dei precedenti commi impugnati.
4.2. – Anche in questo giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, depositando memoria dell’Avvocatura generale dello Stato, nella quale in via preliminare sostiene la inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, con argomenti e conclusioni analoghe a quelli svolti a proposito dell’impugnazione proposta dalla Provincia autonoma di Trento. In particolare, l’Avvocatura sostiene la singolarità dell’impugnazione del comma 6 dell’art. 5, in quanto esso fa espressamente salve le competenze provinciali.
5. – Nell’imminenza dell’udienza hanno presentato memorie tutte le Regioni e le Province autonome ricorrenti, che hanno replicato alle difese svolte dell’Avvocatura generale dello Stato, insistendo ciascuna nelle conclusioni rassegnate, fatta eccezione per la Regione Toscana, che – rilevato il recepimento, in sede di conversione del decreto-legge impugnato, delle doglianze mosse nel ricorso – chiede che questa Corte prenda atto del suo sopravvenuto difetto di interesse alla pronuncia.
Nei ricorsi proposti dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna ed Umbria, ha depositato memorie anche l’Avvocatura generale dello Stato, che ha sostanzialmente ribadito le considerazioni circa l’infondatezza delle censure mosse dalle ricorrenti alla impugnata normativa.
Considerato in diritto
1.1. – La Regione Toscana impugna in via principale l’intero decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile), con cui il Governo ha soppresso l’Agenzia di protezione civile, già istituita e disciplinata dal capo IV del titolo V del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59).
Secondo la ricorrente, il decreto-legge impugnato violerebbe gli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, sotto il profilo della lesione del principio della leale collaborazione fra Stato e Regioni: a) in quanto la soppressione dell’Agenzia ha fatto venir meno una sede istituzionale di raccordo e concertazione in materia di protezione civile; b) in quanto tale soppressione è stata disposta dal Governo senza la preventiva sottoposizione del testo del decreto-legge al parere della Conferenza Stato-Regioni, ai sensi dell’art. 2, terzo e quarto comma, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali), pur non ricorrendo una situazione d’urgenza (che comunque avrebbe dovuto essere dichiarata dal Presidente del Consiglio, e avrebbe imposto una consultazione successiva).
La normativa impugnata contrasterebbe inoltre con l’art. 76 della Costituzione, per la lesione delle attribuzioni regionali causata dal contenuto di un decreto-legge emanato in difetto dei presupposti di necessità e urgenza.
1.2. – Le Regioni Emilia-Romagna e Umbria impugnano a loro volta (con due ricorsi di identico contenuto) gli artt. 1, comma 1, lettere e) e f), 4 e 5 del decreto-legge n. 343 del 2001, nella parte in cui sopprimono l’Agenzia di protezione civile e ne trasferiscono le funzioni ad apparati governativi.
Secondo le ricorrenti, le norme censurate violerebbero gli artt. 5, 95, 117 e 118 della Costituzione, sotto il profilo della lesione del principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, nonché l’art. 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 281 del 1997 e l’art. 77 della Costituzione, in quanto il decreto-legge, concernente una materia di competenza anche regionale, è stato emanato senza la previa necessaria consultazione della Conferenza Stato-Regioni (e senza indicazione di specifiche ragioni di urgenza giustificatrici della mancata consultazione preventiva).
Gli stessi parametri costituzionali e il principio di leale collaborazione sarebbero inoltre violati sotto l’ulteriore profilo che gli strumenti di collaborazione previsti dalla precedente normativa non sono stati sostituiti da altri equivalenti.
Il solo art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001 è poi impugnato – per violazione degli artt. 95, 117 e 118 della Costituzione – in quanto attribuisce esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri i poteri di coordinamento in materia di protezione civile già svolti (in base all’art. 81, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 300 del 1999) dall’Agenzia, con la definizione di indirizzi approvati dal Consiglio dei ministri; e così sottrae una funzione di indirizzo (anche) delle Regioni alla sede, costituzionalmente necessaria, del Consiglio dei ministri, in violazione dei limiti costituzionali relativi alle funzioni statali di indirizzo delle attività regionali.
L’art. 7 del decreto-legge n. 343 del 2001 - in base al quale "nelle materie oggetto del presente decreto restano ferme le attribuzioni di cui al decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804”, che disciplina il Corpo forestale dello Stato - è a sua volta censurato per violazione (quanto alla sostanza) degli artt. 5 e 118 della Costituzione e (quanto al modus procedendi) del principio di leale collaborazione: poiché le funzioni del medesimo Corpo forestale ("salvo quelle necessarie all’esercizio delle funzioni di competenza statale” in materia di protezione dell’ambiente) erano state trasferite alle Regioni da leggi successive al 1948 [art. 70, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) e già ex art. 4, comma 1, del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale)], la norma avrebbe inciso negativamente sulla ripartizione di competenze così operata, sulla base di procedure di cooperazione svolte in sede di Conferenza Stato-Regioni, e ripristinato parzialmente le funzioni del Corpo forestale dello Stato, per cui lo Stato si sarebbe riappropriato unilateralmente di funzioni già trasferite alle Regioni.
Infine, le ricorrenti impugnano l’intero decreto-legge n. 343 del 2001, per violazione degli artt. 77, 117 e 118 della Costituzione, in quanto provvedimento assunto senza i necessari presupposti giustificativi costituzionali, non essendo valide le ragioni addotte nel preambolo dell’atto a fondamento dell’urgenza.
1.3. – La Provincia autonoma di Trento impugna, in via principale, varie norme della legge 9 novembre 2001, n. 401 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile).
Secondo la ricorrente, i commi 1, 2, e 5 dell’art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 401 del 2001, si porrebbero in contrasto con gli artt. 8, n. 5), n. 13), n. 17) e n. 24), 9, n. 9), 16 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); con il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche); con gli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernente il rapporto tra atti legislativi e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); con l’art. 117 della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
La ricorrente così specifica le proprie censure: 1) l’art. 5, comma 1 – attribuendo al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di determinare le politiche di protezione civile e conferendogli "i poteri di ordinanza” in materia di protezione civile – determina la sovrapposizione di tali compiti e poteri all’attività normativa della Provincia, sia di carattere generale che relativa al settore della protezione civile, al di là dei casi e senza l’osservanza dei modi di cui all’art. 3 del citato decreto legislativo n. 266 del 1992; 2) l’art. 5, comma 2, prevede atti di indirizzo senza deliberazione collegiale del Governo e senza il limite della produzione di meri vincoli di risultato; 3) l’art. 5, comma 5, implica una posizione di "sovraordinazione” del capo del Dipartimento della protezione civile rispetto alla Provincia.
La ricorrente precisa peraltro che l’impugnazione è proposta nei confronti delle norme intese nella loro formulazione letterale, pur essendo esse suscettibili anche di una interpretazione adeguatrice.
Inoltre, la ricorrente impugna l’art. 5, commi 3-ter, 4, 4-bis, e 4-ter, del decreto-legge n. 343 del 2001, come risultanti dalla legge di conversione n. 401 del 2001, espressamente precisando che l’impugnazione è proposta «in via cautelativa ed ipotetica», qualora si dovesse ritenere che l’espressa previsione delle funzioni di cui ai citati commi dell’art. 5 costituisca attribuzione allo Stato di funzioni non comprese nella formula di salvaguardia delle attribuzioni provinciali, di cui al comma 6 del medesimo articolo; ed al riguardo deduce la violazione degli stessi parametri già evocati.
1.4. – La Provincia autonoma di Bolzano impugna anch’essa, in via principale, diverse norme della legge n. 401 del 2001, deducendo la violazione dell’art. 8, comma 1, n. 5), n. 13), n. 17), e n. 24), dell’art. 9, comma 1, n. 9), dell’art. 16 e dell’art. 52, comma 2, del d.P.R. n. 670 del 1972; degli artt. 33, 34, e 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 381 del 1974, degli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992; degli artt. 117 e 118 e dei «principi del titolo V della parte seconda della Costituzione, come modificati dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in relazione al disposto all’art. 10 della medesima legge»; del principio di leale cooperazione.
Le doglianze riguardano in particolare: 1) l’art. 5, comma 1, nella parte in cui, per tutte le situazioni di danno o pericolo, attribuisce al Presidente del Consiglio poteri di intervento diretto (determinazione di politiche di protezione e poteri d’ordinanza) che sono invece di competenza provinciale, nonché poteri di indirizzo e coordinamento nei confronti anche della Provincia, ormai incompatibili con i nuovi principi costituzionali introdotti dalla riforma del titolo V e dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, o comunque con il principio di legalità "sostanziale” e con l’art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992; 2) l’art. 5, comma 2, nella parte in cui attribuisce al Presidente del Consiglio il potere di predisporre "gli indirizzi operativi dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, nonché i programmi nazionali di soccorso ed i piani per l’attuazione delle conseguenti misure di emergenza”, così eccedendo rispetto a quanto consentito dall’art. 2, comma 2, del decreto legislativo n. 266 del 1992; 3) l’art. 5, comma 3-ter, nella parte in cui concentra in un apparato centrale dello Stato (il "Comitato operativo della protezione civile”, presieduto dal capo del Dipartimento della protezione civile) la "direzione unitaria ed il coordinamento delle attività di emergenza, stabilendo gli interventi di tutte le amministrazioni e gli enti interessati al soccorso”, così prevedendo non solo un potere di indirizzo e coordinamento – già di per sé lesivo dalle attribuzioni provinciali per le ragioni illustrate – ma il potere di "ordinare” a tutte le amministrazioni "interessate al soccorso” (e quindi anche alla ricorrente) gli interventi di loro competenza; 4) l’art. 5, comma 4, nella parte in cui stabilisce che il Presidente del Consiglio si avvale del Dipartimento della protezione civile, così centralizzando ulteriormente l’esercizio delle attività in questione e comprimendo gli spazi e le garanzie di autonomia di Regioni e Province autonome, valorizzate invece dalla soppressa Agenzia; 5) l’art. 5, commi 4-bis e 4-ter, in quanto attribuisce al Dipartimento compiti spettanti alla Provincia; 6) l’art. 5, comma 5, in quanto prevede interventi diretti ed operativi svolti da un apparato centrale dello Stato in luogo della Provincia competente, anche in violazione del principio di leale collaborazione, per la mancata previsione di una qualche forma di intesa e comunque di consultazione con la Provincia; 7) l’art. 5, comma 6, nella parte in cui sembra far salve le competenze e le attribuzioni della Provincia in relazione ai soli compiti già attribuiti all’Agenzia soppressa e passati (in forza dello stesso comma 6) al Dipartimento della protezione civile, e non anche in relazione ai compiti attribuiti dalla normativa impugnata ad altri organi ed uffici (per esempio al Presidente del Consiglio), ovvero ai compiti del Dipartimento non provenienti dall’Agenzia; con riferimento a quest’ultima censura, la ricorrente assume «che la dichiarazione di incostituzionalità del sesto comma in parte qua, potrebbe in qualche misura rendere non necessaria la dichiarazione di incostituzionalità dei precedenti commi impugnati».
2. – Le questioni sollevate in via principale dalle Regioni e Province autonome ricorrenti investono – con riferimento a profili d’asserita incostituzionalità in gran parte coincidenti – la medesima disciplina, riguardante la soppressione dell’Agenzia di protezione civile ed il trasferimento delle relative funzioni ad apparati governativi; pertanto i giudizi possono essere riuniti e decisi congiuntamente.
3. – I ricorsi proposti dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna ed Umbria (con atti notificati rispettivamente il 5 ed il 10 ottobre 2001) sono inammissibili.
3.1. – Essi propongono questioni di legittimità costituzionale dell’intero testo o di singole disposizioni del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, per violazione di parametri contenuti nel titolo V della seconda parte della Costituzione, evocati ratione temporis nel testo anteriore alla riforma di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il relativo giudizio, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 37 e n. 28 del 2003; n. 524, n. 422 e n. 376 del 2002), dovrebbe quindi essere compiuto – in assenza di nuove impugnazioni – alla stregua dei parametri all’epoca vigenti, non rilevando il sopravvenuto mutamento del quadro costituzionale.
Peraltro, il decreto-legge impugnato è stato convertito in legge (dalla legge 9 novembre 2001, n. 401) in data successiva alla menzionata riforma del titolo V.
La vicenda normativa sottoposta all’odierno scrutinio di costituzionalità presenta quindi la peculiarità di un decreto-legge emesso (ed impugnato) nel contesto del previgente sistema costituzionale di ripartizione delle attribuzioni tra Stato e Regioni, cui si è sostituita una legge di conversione promulgata sotto il vigore del sistema riformato.
Inoltre, la legge di conversione ha apportato al testo originario rilevanti modificazioni determinate, tra l’altro, dall’accoglimento di specifiche proposte emendative avanzate dai rappresentanti di enti locali, Regioni e Province autonome in sede di Conferenza unificata, la quale ha conseguentemente espresso parere favorevole sul disegno di conversione (seduta dell’11 ottobre 2001).
In particolare, è stato completamente riscritto proprio l’art. 5 del decreto-legge, oggetto di gran parte delle censure concernenti l’attribuzione al Presidente del Consiglio dei poteri di coordinamento prima svolti dalla soppressa Agenzia, che avrebbe determinato, secondo le ricorrenti, l’eliminazione degli strumenti di collaborazione previsti dalla normativa previgente e la conseguente sottrazione alle Regioni della funzione di indirizzo (anche) ad esse spettante.
All’originario testo del comma 1 dell’art. 5 è stata infatti aggiunta l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di un Comitato paritetico Stato-Regioni-enti locali, nel quale la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo n. 281 del 1997 designa i propri rappresentanti. Sono stati poi introdotti i commi 3-bis, 3-ter e 4-bis, che hanno disciplinato la composizione degli organi consultivi e operativi di cui si avvale il Presidente del Consiglio (Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, Comitato operativo della protezione civile, Dipartimento della protezione civile), prevedendo espressamente la presenza di esperti designati dalle Regioni e le modalità di partecipazione diretta di Regioni ed enti locali alla loro attività.
Il nuovo contesto normativo è evidentemente diverso da quello che ha dato origine alle impugnazioni, e tiene ampiamente conto delle critiche mosse dalle Regioni ricorrenti alla mancanza di strumenti collaborativi (tanto che la Regione Toscana ha concluso chiedendo a questa Corte di prendere atto del suo sopravvenuto difetto di interesse al ricorso).
3.2. – A tali considerazioni va aggiunto che anche la sopravvenuta modifica costituzionale preclude di per sé che la questione posta sulle norme del decreto-legge, in riferimento ai parametri costituzionali allora vigenti, possa essere trasferita alle norme della legge di conversione, in riferimento a parametri nuovi.
Sotto quest’ultimo profilo infatti essa sarebbe < < questione diversa>> rispetto a quella originariamente sollevata, e avrebbe quindi dovuto essere proposta, nei modi e nei termini di cui al nuovo art. 127 della Costituzione, nei confronti della legge di conversione. La conclusione vale anche per le norme che (come l’art. 7 del decreto) fossero, in sede di conversione, rimaste sostanzialmente immutate.
Pertanto in questa sede la Corte dovrebbe esaminare le sole questioni concernenti le norme del decreto-legge, in riferimento ai vecchi parametri.
Ma non risulta, né è allegato, che esse, prima dell’entrata in vigore della legge di conversione che le ha modificate, abbiano trovato applicazione. Deve quindi escludersi che si sia prodotto alcun concreto effetto lesivo in danno delle Regioni ricorrenti (sentenza n. 510 del 2002). Ne consegue la sopravvenuta carenza di interesse delle medesime Regioni a coltivare i ricorsi, e l’inammissibilità delle questioni con essi sollevate.
3.3. – Non occorre pertanto soffermarsi sui profili concernenti l’ammissibilità dell’impugnazione in via principale di un intero testo normativo e la concreta sussistenza dei requisiti della necessità e urgenza per l’attività di decretazione da parte del Governo.
4.1. – Il ricorso della Provincia autonoma di Trento riguarda vari commi dell’art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001, come convertito con modificazioni dalla legge n. 401 del 2001, censurati in riferimento tra l’altro (oltre che alle norme statutarie e di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) anche all’art. 117 della Costituzione, letto in connessione con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Esso è proposto al dichiarato scopo di ottenere «in via cautelativa ed ipotetica» un’interpretazione adeguatrice delle norme impugnate, che le mantenga nel quadro delle relazioni tra lo Stato e le Province autonome, definite dallo statuto e dalle norme di attuazione.
Secondo la Provincia, tale interpretazione potrebbe essere svolta in due modi: o estendendo la portata della clausola di salvaguardia delle competenze delle Province autonome, contenuta nel comma 6 dell’art. 5, al di là dell’ambito di operatività risultante dalla sua formulazione letterale, che sembrerebbe limitato ai soli compiti trasferiti dall’Agenzia al Dipartimento; ovvero considerando che i poteri governativi previsti dalle norme impugnate devono essere esercitati nel rispetto delle regole relative ai rapporti Stato-Provincia.
4.2. – L’eccezione di inammissibilità, sollevata dalla Avvocatura generale dello Stato, in ragione della dichiarata natura interpretativa della questione, è infondata.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che - a differenza di quanto accade per il giudizio in via incidentale - il giudizio in via principale (soggetto a termini di decadenza, in quanto processo di parti, svolto a garanzia di posizioni soggettive dell’ente ricorrente) può concernere questioni sollevate sulla base di interpretazioni prospettate dal ricorrente come possibili. Il principio vale soprattutto nei casi in cui su una legge non si siano ancora formate prassi interpretative in grado di modellare o restringere il raggio delle sue astratte potenzialità applicative, e le interpretazioni addotte dal ricorrente non siano implausibili e irragionevolmente scollegate dalle disposizioni impugnate così da far ritenere le questioni del tutto astratte o pretestuose (sentenze n. 412 del 2001, n. 244 del 1997 e n. 242 del 1989).
4.3. – Nel merito la questione non è fondata, nei termini di seguito precisati.
La clausola di salvaguardia in esame dispone che < < Ferme restando le attribuzioni rispettivamente stabilite dagli articoli 107 e 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e le competenze e attribuzioni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, i compiti attribuiti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, all'Agenzia di protezione civile sono assegnati al Dipartimento della protezione civile>>. La formale collocazione della clausola nel contesto del secondo periodo del comma 6 dell’art. 5, relativo al passaggio al Dipartimento dei compiti già attribuiti all’Agenzia, potrebbe far apparire non manifestamente implausibile l’interpretazione restrittiva temuta dalla ricorrente.
Tuttavia, non esistono elementi da cui possa desumersi che la clausola non operi anche rispetto agli altri commi del medesimo art. 5, e quindi anche ai compiti attribuiti dalla normativa impugnata ad organi ed uffici statali diversi dal Dipartimento, ovvero ai compiti del Dipartimento non provenienti dall’Agenzia.
Pertanto, in difetto di indici contrari, l’esplicita affermazione della salvezza delle competenze provinciali si risolve - indipendentemente dalla lettera della norma e dalla sua collocazione - nell’implicita conferma della sfera di attribuzioni delle Province autonome, fondata sullo statuto speciale e sulle relative norme di attuazione. Ed è significativo che la stessa Avvocatura generale dello Stato interpreti la normativa in questione nel senso che le competenze degli organi statali suscettibili di interferire con attribuzioni di Regioni speciali o Province autonome dovrebbero comunque essere esercitate «nel rispetto delle norme che in proposito operano nei confronti di ciascuno degli Enti interessati».
5. – Le considerazioni che precedono – oltre a rendere superfluo l’esame del merito delle censure mosse dalla Provincia di Trento sulle singole norme impugnate – sono determinanti anche ai fini della decisione dell’impugnazione proposta dalla Provincia autonoma di Bolzano.
Questa riguarda, tra gli altri, proprio il comma 6 dell’art. 5, censurato nella parte in cui sembrerebbe far salve le competenze della Provincia soltanto in relazione ai compiti trasferiti dalla soppressa Agenzia al Dipartimento, ma non anche in relazione ai compiti del Dipartimento non provenienti dall’Agenzia.
Pertanto la Provincia di Bolzano mira anch’essa, come quella di Trento, ad ottenere l’estensione della portata della ricordata clausola di salvezza. Ne consegue che la questione – come quella sollevata dalla Provincia di Trento – deve essere dichiarata non fondata, nei sensi prima precisati.
Tale questione è pregiudiziale rispetto alle altre, come ammette la medesima ricorrente, secondo la quale la dichiarazione di incostituzionalità del sesto comma nella parte in esame renderebbe non necessaria la dichiarazione di incostituzionalità dei precedenti commi anch’essi impugnati. Ed è evidente come, in tale prospettiva, all’ipotizzata decisione di incostituzionalità (basata sull’impossibilità di interpretare la norma nel senso auspicato dalla ricorrente) equivalga una pronuncia di non fondatezza che accolga proprio quella interpretazione.
Pertanto, le ragioni che hanno determinato la decisione di non fondatezza della questione comportano che anche le altre questioni sollevate dalla Provincia di Bolzano debbano ritenersi non fondate.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile), sollevata, in riferimento agli artt. 5, 76, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettere e) ed f), 4, 5 e 7, e dell’intero decreto-legge n. 343 del 2001, sollevate, in riferimento agli artt. 5, 77, 95, 117 e 118 della Costituzione, dalle Regioni Emilia-Romagna ed Umbria, con i ricorsi indicati in epigrafe;
dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, commi 1, 2, 3-ter, 4, 4-bis, 4-ter e 5, del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile), sollevate – in riferimento agli artt. 8, n. 5), n. 13), n. 17) e n. 24), 9, n. 9), 16 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche); agli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernente il rapporto tra atti legislativi e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); nonché all’art. 117 della Costituzione, in connessione con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 – dalla Provincia autonoma di Trento, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5, commi 1, 2, 3-ter, 4, 4-bis, 4-ter, 5 e 6 del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 401 del 2001, sollevate – in riferimento agli artt. 8, comma 1, n. 5), n. 13), n. 17), e n. 24), 9, comma 1, n. 9), 16 e 52, comma 2, del d.P.R. n. 670 del 1972; agli 33, 34, e 35 del d.P.R. n. 381 del 1974; agli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992; d) agli artt. 117 e 118 «principi del titolo V della parte seconda della Costituzione, come modificati dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in relazione al disposto all’art. 10 della medesima legge»; nonché al principio di leale cooperazione – dalla Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2003.