SENTENZA N. 52
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 13 novembre 2003 relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’onorevole Vittorio Sgarbi nei confronti dell’avvocato Giuseppe Lucibello promosso del Tribunale di Bergamo, con ricorso notificato il 7 gennaio 2005, depositato in cancelleria il 25 gennaio 2005 ed iscritto al n. 2 del registro conflitti 2005.
Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nell’udienza pubblica del 9 gennaio 2007 il Giudice relatore Francesco Amirante;
udito l’avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso depositato il 3 dicembre 2003, il Tribunale di Bergamo ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata il 13 novembre 2003 (doc. IV-quater n. 35), con la quale – in difformità rispetto alla proposta della Giunta per le autorizzazioni – è stato dichiarato che i fatti per i quali l’avvocato Giuseppe Lucibello aveva intrapreso azione risarcitoria nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi riguardano opinioni espresse da quest’ultimo nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari e sono, quindi, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
Premette in fatto il Tribunale che l’attore ha convenuto in giudizio il deputato Vittorio Sgarbi, chiedendo l’accertamento del contenuto diffamatorio delle frasi da questi pronunciate in una serie di puntate del programma “Sgarbi quotidiani” e domandando la condanna al risarcimento dei danni che assumeva arrecatigli.
Rileva il Tribunale che la Camera dei deputati, adottando la suddetta delibera, ha fatto un uso non corretto del potere di decidere in ordine alla sussistenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, a causa dell’inesistenza nella condotta del parlamentare del necessario nesso funzionale fra le opinioni espresse e l’esercizio delle funzioni, come rilevato dalla Giunta per le autorizzazioni la cui proposta è stata immotivatamente disattesa dall’Assemblea.
Tra le espressioni del deputato Sgarbi, ipotizzate come diffamatorie, e la sua attività, secondo il Tribunale, non è riscontrabile alcuna connessione con atti tipici della funzione parlamentare, né risulta possibile individuare nel suo comportamento, portato alla cognizione del giudice, un qualche intento divulgativo di una scelta o di un’attività politico-parlamentare. Le dichiarazioni attengono, invece, ad opinioni del deputato nella veste di conduttore di un programma televisivo, denominato “Sgarbi quotidiani”, nel corso del quale egli, a fronte di un compenso contrattualmente previsto, aveva l’obbligo di commentare ed esprimere le proprie opinioni su argomenti d’attualità e su quanto riportato dalla stampa in generale. Sarebbe quindi evidente che il convenuto ha preso parte alle varie puntate del programma nella sua qualità di privato cittadino, non essendo ammissibile che un membro del Parlamento percepisca aliunde ricompense o retribuzioni come corrispettivo per atti inerenti lo svolgimento del proprio mandato.
Il Tribunale di Bergamo ha ritenuto, pertanto, necessario promuovere conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato – considerato ammissibile sia sotto il profilo soggettivo sia sotto il profilo oggettivo – e ha chiesto che questa Corte dichiari che non spetta alla Camera dei deputati il potere di qualificare come insindacabili le dichiarazioni di cui si tratta, con conseguente annullamento della relativa delibera.
2.— Il conflitto così proposto è stato giudicato ammissibile con ordinanza n. 324 del 2004, notificata, unitamente all’atto introduttivo del giudizio, alla Camera dei deputati, a cura del ricorrente, in data 7 gennaio 2005. Il successivo 15 gennaio 2005 lo stesso ricorrente ha provveduto ad effettuare il deposito presso la cancelleria di questa Corte.
3.— A seguito della notifica si è costituita in giudizio la Camera dei deputati, chiedendo preliminarmente, anche in una memoria depositata nell’imminenza dell’udienza, che il conflitto venga dichiarato inammissibile in quanto mancante della descrizione delle opinioni extra moenia ritenute prive di nesso funzionale con atti o dichiarazioni parlamentari, descrizione omessa non solo nel ricorso, ma anche nella precedente relazione della Giunta per le autorizzazioni alla quale esso si richiama. Tale relazione, anzi, è esplicita nel ricordare: a) di essersi limitata a riportare il contenuto dell’atto di citazione; b) di non aver riportato tale contenuto nella sua integrità, poiché rinvia expressis verbis a quell’atto «per le frasi pronunciate nelle restanti puntate». In difetto del quadro integrale delle dichiarazioni dell’on. Sgarbi, risulterebbe impossibile valutare la sussistenza o meno del nesso funzionale. Né potrebbe invocarsi il richiamo alle determinazioni della Giunta per le autorizzazioni e della Camera: anche nel giudizio incidentale è, infatti, pacifica l’inammissibilità delle questioni descritte o motivate per relationem.
Il ricorso non conterrebbe, inoltre, alcuna indicazione delle ragioni del conflitto e vorrebbe negare il nesso funzionale solo in conseguenza della sede (una trasmissione televisiva) nella quale le dichiarazioni extra moenia sono state rese.
Nel merito, la difesa della Camera dei deputati sostiene l’infondatezza del conflitto, in quanto le affermazioni dell’on. Sgarbi si basano su una valutazione eminentemente politica. Infatti, il parlamentare – nel solco d’una risalente e costante polemica con l’attività della Procura della Repubblica di Milano e in particolare del dott. Di Pietro, ritenuta lesiva di taluni essenziali principi del nostro ordinamento – ha sostenuto che essa sarebbe stata criticabile anche sotto il profilo dei rapporti intrattenuti con gli avvocati del libero foro, alcuni dei quali sarebbero stati indebitamente favoriti, con vantaggio anche per i relativi assistiti: le accuse rivolte all’avv. Lucibello si inseriscono in tale contesto.
Nella società dell’informazione i tempi, i mezzi e le modalità della politica e della stessa attività parlamentare sono profondamente mutati, sicché l’imposizione di una connessione stretta tra singoli atti parlamentari e singole opinioni manifestate all’esterno determinerebbe un’eccessiva formalizzazione del tutto anacronistica; infatti, è la «natura» stessa dell’attività parlamentare che oggi impone la sua «proiezione esterna».
E’ del resto innegabile che una trasmissione televisiva costituisca un momento di incontro tra parlamentare e cittadini, e quindi le dichiarazioni dell’on. Sgarbi andrebbero qualificate come una forma di diretto esercizio del mandato parlamentare. Inoltre, dato che il sovraccarico di attività legislativa e di controllo che grava sulle assemblee rappresentative erode progressivamente la visibilità della discussione parlamentare, anche in ragione della contrazione dei tempi a disposizione per il singolo rappresentante all’interno della Camera di appartenenza, voler ridurre il ruolo del rappresentante all’adempimento delle funzioni intra moenia significa trascurare del tutto la realtà del mandato rappresentativo, che non si esaurisce nel compimento di atti “tipici”, ma si manifesta nel raccordo costante tra rappresentante e rappresentato, nelle forme della comunicazione democratica.
La difesa della Camera conclude rilevando in alcuni spunti della giurisprudenza di questa Corte la conferma alla propria tesi fondata su un’ampia accezione del termine «politica parlamentare», nel senso che, quando si afferma che il nesso funzionale ricorre laddove vi sia «sostanziale identità di contenuti» fra dichiarazioni tipiche e dichiarazioni esterne, non sembra escludersi che tale «identità sostanziale» sia desunta proprio dal complesso della «politica parlamentare».
Considerato in diritto
1.— Il Tribunale di Bergamo ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati riguardo alla delibera del 13 novembre 2003 (doc. IV–quater, n. 35), con la quale l’Assemblea ha dichiarato che le opinioni espresse dal deputato Sgarbi nel corso di alcune puntate del programma televisivo “Sgarbi quotidiani” – oggetto del giudizio di risarcimento danni instaurato dall’avvocato Lucibello che le aveva ritenute offensive nei propri confronti – costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono quindi coperte dall’immunità, di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione.
Il ricorrente sostiene che le espressioni oggetto del giudizio risarcitorio non possono essere ricondotte all’esercizio del mandato parlamentare, essendo state espresse nel corso di una trasmissione televisiva, nella quale il deputato svolgeva il ruolo di conduttore retribuito.
La Camera dei deputati, la quale ha prodotto alcuni atti parlamentari tipici sia del suddetto deputato, sia di colleghi di quest’ultimo, sostiene, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, la sua infondatezza.
2.— Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte ha più volte affermato che le opinioni espresse extra moenia da un parlamentare, per essere coperte dall’immunità di cui all’art. 68, primo comma, Cost., devono costituire sostanziale divulgazione di uno o più atti riconducibili alla funzione del loro autore. D’altra parte, perché questa Corte possa accertare la sostanziale identità delle espressioni in questione e per il principio di autosufficienza degli atti introduttivi dei giudizi costituzionali, il ricorrente ha l’onere di riportare nell’atto introduttivo del giudizio le espressioni ritenute offensive (ex plurimis, sentenze n. 79 del 2005 e n. 383 del 2006).
Nel caso in esame, il Tribunale di Bergamo non ha ottemperato a tale onere, né può essere accolta la tesi secondo la quale il ruolo di conduttore retribuito di una trasmissione televisiva, ricoperto dal deputato nel momento in cui manifestava le opinioni, in teoria offensive, è tale da escludere l’esistenza di un nesso con la funzione parlamentare; nesso ritenuto necessario per l’accertamento dell’immunità. Ciò che conta è che ad essere divulgato sia il contenuto sostanziale di un atto parlamentare, mentre le circostanze della divulgazione potranno avere rilievo eventualmente su piani diversi, estranei ai compiti di questa Corte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, proposto dal Tribunale di Bergamo nei confronti della Camera dei deputati, con l’atto indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2007.