SENTENZA N. 155
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON
”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale
dell’art. 1, commi 122, 123 e 124, della legge
23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), promossi dalla Regione
Campania, dalla Regione Puglia e dalla Regione siciliana, con ricorsi
notificati il 27 febbraio-4 marzo 2015, il 27 febbraio-5 marzo 2015 e il 27
febbraio 2015, depositati in cancelleria il 4 e il 6 marzo 2015 e
rispettivamente iscritti ai nn. 32, 37 e 41 del
registro ricorsi 2015.
Visti
gli atti di costituzione del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 3 maggio 2016 il Giudice
relatore Giuliano Amato;
uditi
gli avvocati Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana, Beniamino Caravita di Toritto per la
Regione Campania, Marcello Cecchetti per la Regione
Puglia e l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la
notificazione il 27 febbraio 2015, ricevuto il 4 marzo 2015 e depositato nel
medesimo giorno (reg. ric. n. 32 del 2015), la Regione Campania ha impugnato,
fra gli altri, il comma 122 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ‒
legge di stabilità 2015), per violazione dell’art. 119, quinto comma,
della Costituzione.
L’art. 1, comma 122, prevede che «Al
finanziamento degli incentivi di cui ai commi 118 e 121 si provvede, quanto a 1
miliardo di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 500 milioni di
euro per l’anno 2018, a valere sulla corrispondente riprogrammazione delle
risorse del Fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile
1987, n. 183, già destinate agli interventi del Piano di azione coesione, ai
sensi dell'articolo 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, che, dal
sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato
del Ministero dell’economia e delle finanze, risultano non ancora impegnate
alla data del 30 settembre 2014».
2.– Ad avviso della Regione, la
disposizione impugnata presenterebbe criticità analoghe a quelle già
evidenziate nel ricorso n. 86 del 2014, con il quale la medesima Regione aveva
impugnato gli artt. 18, comma 9, e 19, comma 3, lettera a), del decreto-legge
24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela
ambientale e l’efficientamento energetico
dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle
imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché
per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto
2014, n. 116.
Le stesse criticità sarebbero state
prospettate anche nel ricorso n. 13 del 2015, con il quale erano stati
censurati gli artt. 3, comma 4, lettera f) e 7, comma 9-septies, del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei
cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del
Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e
per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164.
Secondo la Regione, infatti, in assenza
di ogni indice da cui possa desumersi che le risorse indicate siano
esclusivamente indirizzate a favore dei medesimi territori sottoutilizzati, già
destinatari degli interventi del Piano di azione coesione (in avanti anche
«PAC»), l’impugnato comma 122 si porrebbe in contrasto l’art. 119, quinto
comma, Cost.
2.1.– La ricorrente premette una
ricostruzione del quadro normativo di riferimento, osservando come il
richiamato Piano si inserisca all’interno della più generale politica di azione
e coesione comunitaria, finalizzata a ridurre le disparità in materia di
sviluppo socioeconomico fra le varie Regioni europee, promuovendo la crescita
di quelle meno favorite.
Uno dei principali strumenti di
attuazione della politica di coesione nel nostro ordinamento è rappresentato
dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, che rinviene la propria ratio nell’art. 119, quinto comma, Cost., e nel quale, a
decorrere dal 2003, confluiscono le risorse destinate agli interventi nelle
aree sottoutilizzate e sono iscritte tutte le risorse aggiuntive nazionali,
destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale.
L’art. 1, comma 6, della legge 27
dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato ‒ Legge di stabilità 2014), ha stabilito che «In
attuazione dell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione e in coerenza
con le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 31
maggio 2011, n. 88, la dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione
è determinata, per il periodo di programmazione 2014-2020, in 54.810 milioni di
euro. Il complesso delle risorse è destinato a sostenere esclusivamente
interventi per lo sviluppo, anche di natura ambientale, secondo la chiave di
riparto 80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e 20 per cento nelle aree del
Centro-Nord. Con la presente legge si dispone l’iscrizione in bilancio dell’80
per cento del predetto importo secondo la seguente articolazione annuale: 50
milioni per l’anno 2014, 500 milioni per l’anno 2015, 1.000 milioni per l’anno
2016; per gli anni successivi la quota annuale è determinata ai sensi
dell’articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 31 dicembre 2009, n. 196».
Nell’ottica della politica di coesione,
il Governo ha poi presentato alle autorità dell’Unione europea la proposta di
Accordo di partenariato per il periodo di programmazione 2014-2020. Sul testo
di tale Accordo è stata acquisita la preventiva intesa della Conferenza
unificata, la quale fa espresso riferimento alle risorse del Fondo per lo
sviluppo e la coesione, nell’importo stanziato nella legge di stabilità per il
2013.
2.2.– Alla luce di tale contesto
normativo, la Regione deduce che l’impugnato comma 122, nella parte in cui
prevede che, a copertura degli oneri correlati agli incentivi previsti dai
commi 118 e 121, ci si avvalga della corrispondente riprogrammazione delle
risorse del fondo di rotazione già destinate agli interventi del Piano di
azione coesione e non impegnate al 30 settembre 2014, violerebbe l’art. 119,
quinto comma, Cost., in quanto determinerebbe una riduzione del complesso delle
risorse esclusivamente destinate a sostenere interventi per lo sviluppo delle
aree sottoutilizzate.
Nella norma censurata, infatti, non vi
sarebbe alcuna indicazione da cui possa desumersi che le risorse destinate a
finanziare gli incentivi ai datori di lavoro siano esclusivamente indirizzate a
favore dei medesimi territori sottoutilizzati, e con la medesima chiave
percentuale di riparto prevista per il Fondo per lo sviluppo e la coesione (80
per cento per le aree del Mezzogiorno e 20 per cento per le aree del
Centro-Nord).
Ad avviso della difesa regionale, la
rideterminazione dell’ammontare delle risorse da destinare agli interventi per
lo sviluppo e la coesione delle aree sottoutilizzate, dovrebbe conformarsi alle
previsioni del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in
materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di
squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio
2009, n. 42), ai sensi del quale tale rideterminazione può essere effettuata
dalle leggi annuali di stabilità successive a quella che ha preceduto l’avvio
del ciclo pluriennale di programmazione, qualora si renda necessario soltanto
«in relazione alle previsioni macroeconomiche, con particolare riferimento
all’andamento del PIL, e di finanza pubblica» (art. 5); nonché a condizione che
la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza indichi i nuovi
«obiettivi di convergenza economica delle aree del Paese a minore capacità
fiscale [...] valutando l’impatto macroeconomico e gli effetti, in termini di
convergenza, delle politiche di coesione e della spesa ordinaria destinata alle
aree svantaggiate», previa acquisizione del parere della Conferenza permanente
per il coordinamento della finanza pubblica.
2.3.– Secondo la ricorrente, inoltre, il
rispetto del «principio di tipicità delle ipotesi e dei procedimenti attinenti
la perequazione regionale», sancito da questa Corte nella sentenza n. 176 del
2012, imporrebbe al legislatore statale di osservare, in attuazione
dell’art. 119, quinto comma, Cost., l’art. 16, comma 1, lettera d), della legge
5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), ai sensi del quale «l’azione
per la rimozione degli squilibri strutturali di natura economica e sociale a
sostegno delle aree sottoutilizzate si attua attraverso interventi speciali
organizzati in piani organici finanziati con risorse pluriennali, vincolate
nella destinazione»; nonché, l’art. 2, comma 1, del decreto legislativo n. 88
del 2011, ai sensi del quale la politica di riequilibrio economico e sociale è
perseguita prioritariamente con le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione,
con i finanziamenti a finalità strutturale dell’Unione europea «e i relativi
cofinanziamenti nazionali».
Sarebbe pertanto evidente – argomenta la
Regione – come lo Stato, ai fini della riduzione delle risorse destinate agli
interventi del Piano di azione coesione, non possa legittimamente invocare il
titolo competenziale relativo al coordinamento della
finanza pubblica, in ragione di un’incidenza sproporzionata degli oneri
derivanti dall’applicazione del comma impugnato a danno dei territori interessati
dagli interventi di perequazione e del conseguente effetto sperequativo
implicito nella disposta riduzione, in mancanza di ogni indice da cui possa
trarsi la conclusione che le risorse in tal modo rifinalizzate
siano indirizzate a favore dei territori sottoutilizzati.
3.– Con atto depositato il 13 aprile
2015, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
3.1.– Secondo l’Avvocatura generale
dello Stato, le censure della Regione Campania sarebbero prive di fondamento,
in quanto il finanziamento degli sgravi retributivi con risorse a carico del
Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie di cui alla
legge 16 aprile 1987, n. 183 (Coordinamento delle politiche riguardanti
l’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ed adeguamento
dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari), per 3,5 miliardi di
euro, riguarderebbe risorse del Piano di azione coesione libere da impegni
giuridicamente vincolanti.
Tali risorse, infatti, pur derivando
dalla riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi
cofinanziati dai fondi strutturali europei 2007-2013, non avrebbero alcun
vincolo giuridico di territorialità, essendo state riprogrammate per altri tipi
di azioni di sviluppo socio-economico, come previsto dall’art. 23, comma 4,
della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato ‒ Legge di stabilità 2012), a
beneficio di amministrazioni sia centrali, sia regionali.
La disposizione impugnata, pertanto, non
lederebbe il principio di territorialità. Al riguardo, secondo la difesa
statale, sarebbero inconferenti i richiami della
difesa regionale alla disciplina del Fondo per lo sviluppo e la coesione, in
quanto si tratterebbe di uno strumento finanziario distinto rispetto al Piano
di azione coesione, che avrebbe regole diverse di programmazione e di
ripartizione delle risorse.
4.– Con ricorso spedito per la
notificazione il 27 febbraio 2015, ricevuto il 5 marzo 2015 e depositato il
successivo 6 marzo (reg. ric. n. 37 del 2015), la Regione Puglia ha impugnato
l’art. 1, comma 122, della legge n. 190 del 2014, per violazione degli artt. 3, primo comma,
11, 117, primo comma, e 119, primo comma, Cost.,
chiedendo la concessione di idonea misura cautelare ai sensi dell’art. 35 della legge 11 marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),
4.1.– La ricorrente si duole della
indicazione della data del 30 settembre 2014 quale dies
ad quem, in relazione agli impegni di spesa, ai fini
dell’esclusione della possibilità di attingere risorse al Fondo di rotazione,
per finanziare i nuovi incentivi alle assunzioni di lavoratori a tempo
indeterminato.
Ad avviso della Regione, infatti,
l’individuazione di tale data determinerebbe la lesione del principio del
legittimo affidamento, in violazione degli artt. 3, primo comma, 11 e 117,
primo comma, Cost.
La fissazione del suddetto termine tre
mesi prima dell’entrata in vigore della disposizione impugnata renderebbe
utilizzabili, per le finalità di cui ai commi 118 e 121, anche le somme ricomprese
nel Fondo di rotazione e già impegnate, ai sensi dell’art. 23, comma 4, della
legge n. 183 del 2011, fino alla data del 31 dicembre 2014.
Da questo punto di vista, la norma
impugnata sarebbe caratterizzata da chiari profili di retroattività, in quanto
consentirebbe l’utilizzo anche delle somme già impegnate successivamente al 30
settembre 2014, vanificando una qualificazione giuridica già posta in essere e
sulla quale le amministrazioni locali avevano legittimamente fatto affidamento.
4.1.1.– Secondo la Regione, la lesione
del principio di legittimo affidamento si verificherebbe in danno di quelle
amministrazioni regionali e locali interessate dal Piano di azione coesione, le
quali, in relazione alle somme impegnate successivamente alla data del 30
settembre 2014, abbiano svolto attività che coinvolgono a vario titolo e con
varie modalità soggetti terzi, prima del 1° gennaio 2015.
In questi casi, la lesione
dell’affidamento deriverebbe dalla ripercussione negativa della norma in esame
su attività che sono state poste in essere confidando legittimamente sulla
sussistenza di un impegno di risorse del Fondo di rotazione, ai sensi dell’art.
23, comma 4, della legge n. 183 del 2011.
L’entità di tale pregiudizio, secondo la
Regione, sarebbe ancor più rilevante nel caso in cui, in relazione ad impegni
gravanti sul Fondo di rotazione successivi al 30 settembre 2014, siano state
assunte obbligazioni giuridicamente vincolanti (a seguito, ad esempio, di
aggiudicazioni di gare) prima del 1° gennaio 2015.
4.1.2.– La lesione del principio del
legittimo affidamento si fonderebbe, inoltre, sulla sussistenza di impegni già
presi a carico del Fondo di rotazione, nonché sull’inesistenza di cause che ne
escludano la legittimità, posto che esso dipendeva da una precedente legge
dello Stato, pienamente valida ed efficace.
4.1.3.– Peraltro, vertendosi
nell’ambito di una materia coinvolta dal processo di integrazione europea, la
Regione osserva come la disposizione impugnata non rispetterebbe le condizioni
che, secondo la Corte di giustizia dell’Unione europea, devono ricorrere
affinché possano porsi norme con caratteri di retroattività, cioè la
«necessarietà» di tali caratteri, ai fini del perseguimento dell’interesse
pubblico in questione, e il rispetto dell’affidamento degli interessati, ove
meritevole di tutela.
Secondo la ricorrente, nel caso di
specie, ricorrerebbero entrambi i richiamati caratteri, posto che l’affidamento
è stato ingenerato da norme legislative dello Stato, perfettamente valide e
vigenti; e che lo stretto rapporto di collaborazione tra amministrazioni
regionali e statali, in assenza di qualsivoglia segnale contrario, rendeva del
tutto imprevedibile, per la Regione, il mutamento di regolamentazione con
effetto retroattivo.
4.2.– La Regione lamenta inoltre la
violazione dell’art. 119, primo comma, Cost., poiché essa, confidando
legittimamente sulle risorse provenienti dal Fondo di rotazione in relazione ad
impegni presi tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2014, ha assunto obbligazioni
gravanti sul proprio bilancio.
In assenza di tali risorse, infatti, la
ricorrente si troverebbe a carico del proprio bilancio spese "non
preventivate”, che le impedirebbero un’autonoma deliberazione in ordine alla
destinazione della propria spesa.
4.3.– Alla luce di queste
considerazioni, la ricorrente ha inoltre richiesto a questa Corte che,
nell’esercizio del potere cautelare di cui all’art. 35 della legge n. 87 del
1953, sospenda, in pendenza del giudizio, l’efficacia della norma statale
impugnata.
4.3.1.– Ad avviso della difesa
regionale, infatti, sussisterebbero i presupposti del fumus
boni iuris e del periculum in mora necessari ai fini dell’attivazione di
tale potere cautelare.
4.3.1.1.– In ordine al primo, la Regione
si riporta alle considerazioni svolte nell’ambito delle censure di
incostituzionalità del comma impugnato.
4.3.1.2.– In relazione al periculum in mora, d’altra parte, la ricorrente osserva
come l’efficacia retroattiva della disposizione impugnata comporti il rischio
di un grave ed irreparabile pregiudizio in capo ad essa e agli altri enti
territoriali coinvolti. Essi, infatti, si troverebbero sforniti della copertura
finanziaria su cui avevano fatto legittimo affidamento, al fine di ottemperare
agli impegni di spesa contratti in relazione al periodo fra il 1° ottobre e il
31 dicembre 2014, specie ove ai predetti impegni di spesa abbia fatto seguito
l’assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti.
4.3.2.– Inoltre, secondo la Regione, i
dati del sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale
dello Stato non risulterebbero sempre esaustivi ed aggiornati, a causa dei
rallentamenti con i quali i soggetti beneficiari esterni alle amministrazioni
regionali alimentano il sistema.
Di conseguenza, alla data del 30
settembre 2014, potrebbero non risultare nel sistema di monitoraggio della
Ragioneria generale dati relativi a progetti per i quali siano già sorte
obbligazioni giuridicamente vincolanti, anche anteriormente alla data indicata
dalla norma censurata. Di qui, un ulteriore aggravamento dell’effetto
retroattivo della norma in questione e dei danni che gli enti coinvolti
potrebbero subire.
4.3.3.– Ad avviso della Regione, nel
caso di specie sarebbe configurabile sia il «rischio di un irreparabile
pregiudizio […] all’ordinamento giuridico della Repubblica», sia il «rischio di
un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico», dal momento che il venir
meno delle risorse sulle quali avevano fatto affidamento sia essa, sia gli
altri enti territoriali coinvolti, ai fini della realizzazione di una serie di
interventi nell’ambito delle politiche pubbliche, potrebbe pregiudicare in modo
grave e definitivo il corrispondente interesse dei cittadini alla realizzazione
di tali interventi.
Tali rischi, secondo la difesa
regionale, risulterebbero palesi ove si considerino la molteplicità e
l’importanza degli interventi che sono finanziati in Puglia dal Piano di azione
coesione, attinenti a settori strategici o di grande rilevanza economica, la
realizzazione dei quali sarebbe seriamente compromessa dalla norma impugnata.
4.3.4.– L’entrata in vigore della
disposizione censurata, inoltre, genererebbe un contenzioso particolarmente
ingente tra Regioni ed amministrazioni beneficiarie esterne, le quali si
vedrebbero annullare interventi in relazione ai quali sono già stati
sottoscritti disciplinari e convenzioni, sono in corso procedure di gara e sono
state già sostenute spese.
4.3.5.– La decurtazione delle risorse
del Piano di azione coesione, infine, comprometterebbe il completamento degli
interventi in corso, tra i quali i progetti inizialmente previsti nei programmi
comunitari, successivamente trasferiti al di fuori di tali programmi, perché
non in grado di conseguire la chiusura delle attività entro i termini della
programmazione comunitaria (dicembre 2015), a causa della complessità delle
procedure autorizzative.
4.4.– In via subordinata, nell’ipotesi
in cui si ritenesse che dall’adozione di tale misura possa discendere il
rischio – in senso uguale e contrario a quello appena prospettato – di pregiudizi
analoghi a quelli derivanti dall’applicazione della norma censurata e non si
ravvisasse la prevalenza del danno derivante dal perdurare dell’efficacia della
medesima, la difesa regionale chiede che venga quantomeno disposta, a titolo di
misura cautelare minima, la fissazione della trattazione del merito del
giudizio nel più breve termine possibile.
5.– Con atto depositato il 13 aprile
2015, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato, previa reiezione dell’istanza
cautelare.
5.1.– In via preliminare, il Presidente
del Consiglio dei ministri eccepisce l’inammissibilità delle censure relative
alla violazione degli artt. 3, 11 e 117, primo comma, Cost., in quanto la
lesione di tali parametri non si risolverebbe in una limitazione delle
competenze legislative regionali.
5.2.– Nel merito, l’Avvocatura generale
dello Stato deduce l’infondatezza di tutte le censure.
5.2.1.– Secondo la difesa statale, non
esisterebbe alcun "legittimo affidamento” per somme che non erano ancora state
impegnate, tanto che avrebbero ancora potuto essere finanziati anche altri
progetti di altre Regioni.
5.2.2.– Neppure si potrebbe affermare
che l’autonomia finanziaria della Regione sia stata in qualche modo incisa,
atteso che il principio dell’affidamento non potrebbe che riferirsi alla
disponibilità di risorse già stanziate e destinate all’ente territoriale.
Peraltro, il distogliere determinate
risorse – non ancora impegnate – da una precedente astratta destinazione, a
beneficio di un’altra, ritenuta di maggior rilievo, rientrerebbe nella piena
discrezionalità del legislatore statale, trattandosi di una scelta politica dettata
da esigenze di razionalizzazione della spesa e di miglior perseguimento della
finalità di coordinamento della finanza pubblica, che non inciderebbe in alcun
modo sulla libertà delle Regioni di allocare e gestire le proprie risorse.
In ogni caso, secondo l’Avvocatura
generale dello Stato, il legislatore statale ben potrebbe imporre agli enti
autonomi vincoli alle politiche di bilancio; se ciò si fosse verificato nel
caso di specie, sarebbe avvenuto in applicazione di criteri e obiettivi
generali.
5.2.3.– Ad avviso della difesa statale,
inoltre, l’evidente infondatezza del ricorso porterebbe di per sé ad escludere
la possibilità di concedere una tutela cautelare, difettando peraltro la
concreta prova di un danno e della irreparabilità dello stesso con riferimento
all’ordinamento della Repubblica.
Neppure si comprenderebbe in cosa possa
consistere la richiesta tutela cautelare. Da essa, infatti, non potrebbe
derivare la distribuzione di ipotetici finanziamenti in forza di una sorta di "ultrattività” del Piano di azione coesione, poiché in
questo caso si verificherebbe un danno irreparabile a carico delle finanze
dello Stato, che difficilmente potrebbe poi ripetere quanto costretto ad
erogare. Sarebbe quindi possibile solo un "congelamento” di somme, la cui
corretta individuazione risulterebbe comunque difficoltosa.
D’altra parte, ad avviso della difesa
statale, occorrerebbe considerare il vulnus derivante al programma di
finanziamento degli incentivi a favore dei datori di lavoro privati per la
promozione di forme di occupazione stabile. Tale programma costituisce uno dei
punti qualificanti dei provvedimenti adottati con la legge di stabilità per il
rilancio dell’economia nazionale e il legislatore statale, nella sua
discrezionalità, lo ha ritenuto una misura da privilegiare rispetto a quelle i
cui fondi sono stati distolti.
6.– Con memoria depositata in prossimità
dell’udienza, la Regione Puglia ha chiesto alla Corte di dichiarare la
cessazione della materia del contendere con riferimento alle questioni di
legittimità costituzionale sollevate con il ricorso introduttivo del giudizio.
6.1.– Nelle more del giudizio, infatti,
l’impugnato art. 1, comma 122, è stato modificato ad opera dell’art. 7, comma
9-sexies, del decreto-legge
19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni in materia di enti territoriali.
Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di
controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario
nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2015,
n. 125, il quale stabilisce che «All’art. 1, comma 122, della legge 23
dicembre 2014, n. 190, le parole: "alla data del 30 settembre 2014” sono
sostituite dalle seguenti: "alla data di entrata in vigore della presente
legge”».
6.2.– La ricorrente considera
satisfattiva delle sue pretese la modifica sopravvenuta, in quanto essa elimina
il censurato effetto retroattivo della disposizione impugnata, impedendo che vengano
utilizzate le risorse destinate agli interventi rientranti nel Piano di azione
coesione impegnate non solo alla data del 30 settembre 2014 – come prevedeva la
versione originaria del comma 122 – ma fino al 31 dicembre 2014, ovvero fino al
giorno prima dell’entrata in vigore della legge.
6.3.– La Regione, inoltre, produce
apposita documentazione dalla quale risulta come la norma impugnata non abbia
avuto applicazione nel periodo intercorrente tra la sua entrata in vigore (1°
gennaio 2015) e l’entrata in vigore della modifica normativa (29 agosto 2015).
6.3.1.– L’Agenzia per la coesione
territoriale, infatti, con nota adottata in data 2 aprile 2015, ha comunicato
alla Regione la riprogrammazione delle risorse ad essa attribuite nell’ambito
del PAC e la destinazione delle risorse così individuate a copertura delle
spese previste dall’impugnato art. 1, comma 122.
Tale nota considera quali impegni
giuridicamente vincolanti, non suscettibili di riprogrammazione, sia quelli
presenti nella banca dati del MEF-IGRUE – Ministero dell’economia e delle
finanze, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’Unione europea, e
comunque assunti al 31 dicembre 2014, sia quelli non risultanti nella predetta
banca dati, ma risultanti dall’attività di monitoraggio. Di conseguenza, essa
ritiene che non sia più possibile alcuna riprogrammazione delle risorse per
l’annualità 2015, mentre prevede l’applicazione di tagli per le annualità
successive.
6.3.2.– La Giunta regionale, inoltre, ha
adottato la delibera 30 dicembre 2015, n. 2422, con la quale, in attuazione
dell’art. 1, comma 122, ha individuato le risorse da riprogrammare a seguito
del monitoraggio da parte del Gruppo di azione coesione, applicando un taglio
di 112.627.271 euro per l’annualità 2016. Per l’annualità 2015, dunque, tale
disposizione non ha avuto attuazione nei confronti della Regione, non essendo
state distolte risorse destinate al Piano di azione coesione Puglia.
7.– Con ricorso notificato il 27
febbraio 2015 e depositato il successivo 6 marzo (reg. ric. n. 41 del 2015), la
Regione siciliana ha impugnato, fra gli altri, i commi 122, 123 e 124 dell’art.
1 della legge n. 190 del 2014, per violazione degli artt. 3 e 97, primo e secondo
comma, Cost., per la limitazione alla potestà amministrativa regionale
prevista dall’art. 20 dello statuto della Regione
siciliana (approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455,
convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), in
particolare negli ambiti attribuiti nelle materie di cui agli artt. l4, lettere
d), g), m), o), r), e 17, lettere a), d), f) ed h) del medesimo statuto; nonché
per violazione degli artt.
81, sesto comma, e 119,
primo e sesto comma, Cost., anche in riferimento all’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), e, per il solo comma 123, per violazione del principio di leale
collaborazione, di cui all’art. 120 Cost.
L’art. 1, comma 123, prevede che «Entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Gruppo
di azione coesione, di cui al decreto del Ministro per la coesione territoriale
1° agosto 2012 , provvede all’individuazione delle specifiche linee di
intervento oggetto di riprogrammazione ai sensi del comma 122».
A sua volta, l’art. 1, comma 124,
stabilisce che «Le risorse di cui al comma 122 sono versate all’entrata del
bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario».
7.1.– A sostegno del pregiudizio subito,
la Regione siciliana illustra la genesi e le finalità del Piano di azione
coesione, avviato nel 2011, d’intesa con la Commissione europea, per accelerare
l’attuazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013.
7.1.1.– Tale operazione – osserva la
ricorrente – è stata preceduta da un Accordo sottoscritto il 3 novembre 2011
tra il Governo e i Presidenti delle otto Regioni meridionali (Piano Nazionale
per il Sud: Sud 2020). Esso stabilisce, tra le altre cose, che «Le
rimodulazioni dei programmi potranno prevedere la revisione del tasso di
cofinanziamento comunitario a condizione che le risultanti risorse nazionali
siano vincolate al riutilizzo nel rispetto del principio della territorialità»
(punto 2). L’Accordo poi sottoscritto tra il Governo italiano e la Commissione
europea ha previsto la costituzione di un Gruppo di azione per seguire il Piano
di azione coesione.
Secondo la Regione, le istituzioni
europee avrebbero acconsentito ad una complessiva riprogrammazione delle
risorse destinate alla politica di coesione per l’Italia, a condizione che le
medesime non siano distolte, per la quota nazionale destinata al
cofinanziamento, dalle politiche di sviluppo rivolte alle Regioni più
svantaggiate.
7.1.2.– Il Piano di azione coesione è
stato attuato attraverso fasi successive di riprogrammazione dei Programmi
cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013, dei programmi operativi delle
Regioni meridionali e di quelli nazionali. In misura estremamente residuale
sono presenti piccole risorse destinate ad alcune Regioni del Centro-Nord.
Dunque, mentre in via amministrativa si
stava percorrendo il complesso iter per le riprogrammazioni dei programmi del
Piano approvate dal Gruppo di azione, come nel caso di alcune azioni del PAC
III, fase Sicilia, la legge di stabilità per il 2015 è intervenuta a decurtare
di un’ingente quota le risorse del Fondo di rotazione, già destinate ad
interventi nell’ambito del Piano di azione coesione, per il finanziamento degli
sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato.
Tale misura, secondo la Regione, in
quanto estranea alle finalità del Piano di azione coesione, non potrebbe essere
finanziata con l’impiego di fondi ad esso destinati.
7.1.2.1.– Neppure, in contrario avviso,
potrebbe essere invocato il precedente di cui all’art. 4 del decreto-legge 28 giugno
2013, n. 76 (Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in
particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul
valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 99, ai sensi
del quale il «Gruppo di Azione procede periodicamente in partenariato con le
amministrazioni interessate, alla verifica dello stato di avanzamento dei
singoli interventi e alle conseguenti rimodulazioni del Piano di azione
coesione che si rendessero necessarie anche a seguito dell'attività di
monitoraggio anche al fine di eventuali riprogrammazioni» (comma 3).
Ad avviso della ricorrente, infatti,
tale possibilità di riallocare le risorse già destinate a taluni interventi, in
quanto inserita fra le «Misure per la velocizzazione delle procedure in materia
di riprogrammazione dei programmi nazionali cofinanziati dai Fondi strutturali
e di rimodulazione del Piano di Azione coesione», sarebbe consentita
esclusivamente nel contesto del Piano.
7.1.3.– Con la legge di stabilità,
invece, in spregio delle finalità di finanziamento del Piano di azione
coesione, sarebbe stata introdotta una regola inedita, quella cioè della
decurtazione delle risorse del fondo di rotazione, in assenza di impegni.
In tal modo il legislatore statale,
oltre a disattendere il principio di territorialità imposto dalle istituzioni
europee, nel far riferimento alla data del 30 settembre 2014 avrebbe applicato
retroattivamente una vera e propria sanzione, alla quale le amministrazioni
interessate non sapevano di andare incontro.
7.2.– Quanto agli effetti negativi
derivanti dai commi impugnati, la ricorrente si duole della sottrazione di
oltre 1.314 milioni di euro sulle linee PAC Salvaguardia, Misure Anticicliche e
Nuove Azioni Regionali, relativa a interventi di rilevanza strategica per la
Regione, da attuare nell’ambito di pressoché tutti i suoi settori di
competenza; nonché della sottrazione di oltre 281 milioni relativi al cosiddetto
Piano Giovani.
7.2.1.– La Regione, inoltre, lamenta
l’incremento dei contenziosi con le amministrazioni beneficiarie esterne; le
ricadute finanziarie ancor più drastiche che tali contenziosi produrranno per
quei casi nei quali l’obbligo giuridicamente vincolante, non presente alla data
del 30 settembre 2014, sia stato assunto nei mesi successivi
(ottobre-dicembre); la vanificazione di gran parte del lavoro già svolto dagli
uffici regionali.
La ricorrente, in definitiva, si duole
che, in tal modo, le sarebbe impedito di realizzare opere e altre iniziative
strategiche per il suo sviluppo, già proposte e approvate, dovendo peraltro
sopportare costi e oneri amministrativi che conseguono esclusivamente alla
scelta che lo Stato ha retroattivamente compiuto per esigenze del proprio
bilancio.
7.3.– Pertanto, ad avviso della Regione,
gli impugnati commi 122, 123 e 124 violerebbero i principi di ragionevolezza e
di buon andamento della pubblica amministrazione, anche con riferimento alla
garanzia degli equilibri di bilancio, di cui agli artt. 3 e 97, primo e secondo
comma, Cost.
Secondo la ricorrente tali vizi, pur non
afferendo al riparto delle competenze tra Stato e Regione, ridonderebbero nella
lesione di competenze statutarie. A tal fine, osserva che l’art. 20 dello
statuto le attribuisce la potestà amministrativa nelle stesse materie in cui ha
la potestà legislativa, esclusiva e concorrente, ai sensi degli artt. l4 e 17;
e che gli interventi che le norme impugnate le impedirebbero di portare avanti
sarebbero tutti afferenti a materie elencate in tali articoli.
7.4.– Osserva inoltre che, per gli
effetti che la loro applicazione determina, le norme impugnate violerebbero i
principi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse
e funzioni pubbliche, di cui agli artt. 81, sesto comma, 97, primo comma, e
119, primo e sesto comma, Cost. Quest’ultimo parametro costituzionale viene
invocato in virtù della clausola di maggior favore, di cui all’art. 10 della l.
cost. n. 3 del 2001.
7.5.– Con specifico riguardo all’art. 1,
comma 123, viene lamentata la lesione dell’art. 120 Cost., perché nello
stabilire la procedura per il trasferimento dei fondi del Piano di azione
coesione al bilancio dello Stato, tale disposizione non prevederebbe
alcun coinvolgimento della Regione.
8.– Con atto depositato il 3 aprile
2015, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
8.1.– Ad avviso dell’Avvocatura generale
dello Stato, il comma 122 destina risorse anteriormente riservate al
finanziamento del Piano di azione coesione a parziale copertura dei maggiori
oneri derivanti dagli incentivi previsti dai precedenti commi 118 e 121. Tali
incentivi consistono in sgravi fiscali sulle nuove assunzioni a tempo
indeterminato, per gli anni compresi tra il 2015 ed il 2018,
Le somme richiamate provengono dal
bilancio dello Stato, precisamente dal Fondo di rotazione e sono ottenute, ai
sensi dell’art. 23, comma 4, della legge n. 183 del 2011, a seguito di eguali
riduzioni dei tassi di cofinanziamento nazionale dei programmi legati ai Fondi
strutturali 2007-2013.
Nell’ambito del Piano di azione
coesione, accanto a programmi di interesse nazionale, vi sono anche programmi
di sviluppo circoscritti al territorio di specifiche Regioni, tra cui rientrano
anche il «PAC Salvaguardia, Misure Anticicliche e Nuove Azioni Regionali» ed il
«Piano Giovani», messi a punto con specifico riferimento alla Regione
siciliana.
8.2.– Ad avviso del Presidente del
Consiglio dei ministri, la normativa censurata non potrebbe ritenersi lesiva
delle competenze delle Regioni interessate dai suddetti programmi, perché
riguarderebbe unicamente somme che risultino «non impegnate», cioè non ancora
utilizzate per finanziare iniziative e progetti concreti in attuazione dei
richiamati programmi.
Pertanto, poiché tali somme non
sarebbero entrate nella disponibilità della Regione siciliana, cosi come delle
altre Regioni interessate, né sarebbero state stanziate per attività operative,
non si sarebbe potuta determinare alcuna lesione delle competenze statutarie.
8.2.1.– L’Avvocatura generale dello
Stato richiama, in particolare, la sentenza n. 16 del
2010, con cui è stata esclusa l’illegittimità costituzionale di una norma
statale che revocava le assegnazioni anteriormente operate dal Comitato
interministeriale per la programmazione economica, in materia di Fondi per le
aree sottoutilizzate del Paese, che risultassero non impegnate.
8.3.– D’altra parte, la Regione non
avrebbe affatto dimostrato in che modo la lesione dei parametri di cui agli
artt. 3 e 97 Cost. ridondi nella violazione delle sue competenze statutarie.
8.4.– Essa, inoltre, nel paventare i
gravi pregiudizi che la normativa contestata potrebbe arrecare ad interventi
per i quali siano già state sostenute delle spese, descriverebbe situazioni
meramente ipotetiche, senza fare riferimento a specifici interventi regionali
che verrebbero compromessi. Mancherebbe, dunque, il necessario legame tra la
doglianza presentata e l’incisione della sfera regionale, costituzionalmente
garantita, di competenze e di attività.
Peraltro, secondo la difesa statale,
sarebbe piuttosto difficile sostenere che il "taglio” di risorse mai impegnate
possa avere ricadute su concreti interventi in essere, essendo del tutto
ragionevole pensare che detti interventi siano stati preceduti dall’"impegno”
di somme rientranti nell’originaria programmazione, come tali non toccati dai
commi 121 e seguenti.
8.5.– Quanto all’asserita retroattività
della sanzione comminata dall’art. 1, comma 122, in ragione della fissazione al
30 settembre 2014 della data per individuare le somme non ancora impegnate, una
simile previsione avrebbe potuto considerarsi lesiva della posizione
costituzionale della ricorrente, solo ove quest’ultima avesse dimostrato
l’esistenza di somme impegnate, relativamente ad interventi sul suo territorio,
nel periodo compreso tra il 30 settembre 2014 e la data dell’entrata in vigore
delle disposizioni censurate.
In mancanza di simili allegazioni,
tuttavia, anche tale argomento sarebbe privo di pregio, in considerazione delle
specifiche caratteristiche del giudizio di legittimità costituzionale promosso
in via principale.
8.6.– L’Avvocatura generale dello Stato
osserva, inoltre, che con l’Accordo del 3 novembre 2011, stipulato dal Ministro
per gli affari regionali con i Presidenti delle Regioni del Sud, lo Stato si è
impegnato a reimpiegare le risorse ricavate dalla riduzione del proprio tasso
di cofinanziamento dei programmi di intervento comunitari nel rispetto del
"principio di territorialità”, ossia nell’ambito degli stessi territori
interessati dagli originari programmi.
Tale Accordo, nella ricostruzione che ne
fa la ricorrente, impedirebbe allo Stato di destinare fondi riservati a
programmi di interesse regionale per finanziare interventi di portata
nazionale, quali, nel caso di specie, gli sgravi fiscali in materia di nuove
assunzioni a tempo indeterminato.
Tuttavia, secondo l’Avvocatura generale
dello Stato, l’accordo sarebbe antecedente alla legge n. 183 del 2011, la
quale, all’art. 23, comma 4, ha riprogrammato l’utilizzo delle risorse,
escludendo ogni vincolo di territorialità e prevedendo che il Fondo di
rotazione «destina le risorse finanziarie a proprio carico, provenienti da
un’eventuale riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi dei
Fondi strutturali 2007/2013, alla realizzazione di interventi di sviluppo
socio-economico concordati tra le Autorità italiane e la Commissione europea
nell'ambito del processo di revisione dei predetti programmi».
Pertanto, sarebbe del tutto infondata la
tesi della Regione secondo la quale lo Stato, per realizzare un investimento
come quello relativo agli sgravi fiscali sulle nuove assunzioni, non potrebbe
disporre di fondi precedentemente destinati all’attuazione di piani di sviluppo
regionale che, a distanza di anni, risultino inutilizzati.
Ciò sarebbe ancor più marcato – ad
avviso dell’Avvocatura generale dello Stato – ove si consideri la particolare
congiuntura economico-finanziaria che rende più complesso per lo Stato il
reperimento delle risorse da destinare a iniziative e investimenti per la
crescita e per il sostegno all’occupazione.
8.7.– Secondo la difesa statale, infine,
neppure la censura relativa all’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma
123, per violazione del principio di leale collaborazione, sarebbe fondata.
Da una parte, infatti, la Regione non
avrebbe specificato quale sia l’esatta composizione del "Gruppo di azione
coesione”, chiamato a riprogrammare gli interventi rientranti nell’ambito del
Piano di azione coesione.
Dall’altra, il principio di leale
collaborazione non verrebbe in rilievo nel momento in cui si pongono interventi
diretti a rideterminare il complessivo ammontare di fondi di pertinenza
statale, senza intervenire su prerogative regionali.
9.– Con memoria depositata in prossimità
dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha illustrato le
modifiche normative sopravvenute ai sensi dell’art. 7, comma 9-sexies, del d.l.
n. 78 del 2015.
9.1.– Ad avviso dell’Avvocatura generale
dello Stato, la novella legislativa farebbe cadere l’argomento della Regione
relativo all’illegittimità costituzionale della norma, in ragione del fatto
che, nell’arco di tempo intercorrente tra l’originario termine del 30 settembre
2014 e la data di entrata in vigore della norma (l°
gennaio 2015), essa avrebbe potuto assumere impegni giuridicamente vincolanti a
carico delle risorse del Piano di azione coesione, determinando un aggravio al
proprio bilancio.
Considerato in diritto
1.– La Regione Campania (reg. ric. n. 32
del 2015), la Regione Puglia (reg. ric. n. 37 del 2015) e la Regione siciliana
(reg. ric. n. 41 del 2015) hanno promosso questioni di legittimità
costituzionale di numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2014, n. 190
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ‒
legge di stabilità 2015).
L’esame di questa Corte è qui limitato alle
questioni relative ai commi 122, 123 e 124 dell’art. 1 di detta legge, restando
riservata a separate pronunce la decisione sulle altre questioni promosse dalle
ricorrenti.
In particolare, l’art. 1 è impugnato,
con riguardo al comma 122, dalla Regione Campania, dalla Regione Puglia e dalla
Regione siciliana; con riguardo ai commi 123 e 124, dalla sola Regione
siciliana.
L’art. 1, comma 122, provvede alla
copertura finanziaria degli incentivi per le assunzioni di lavoratori a tempo
indeterminato, di cui ai precedenti commi 118 e 121, attraverso la
riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione per le politiche
comunitarie, originariamente destinate agli interventi del Piano di azione
coesione, che risultino non ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014.
Il successivo comma 123 prevede che il
Gruppo di azione coesione individui le specifiche linee di intervento oggetto
di tale riprogrammazione; il comma 124, infine, destina le risorse di cui al
comma 122 al bilancio dello Stato.
2.– In considerazione della parziale
identità delle norme denunciate e delle censure proposte, i tre giudizi, come
sopra delimitati, devono essere riuniti per essere trattati congiuntamente e
decisi con un’unica pronuncia.
3.– La Regione Campania lamenta che
l’impugnato art. 1, comma 122, violerebbe l’art. 119, quinto comma, Cost., a
causa della riduzione del complesso delle risorse esclusivamente destinate a
sostenere interventi per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate.
In particolare, secondo la Regione, tale
disposizione non consentirebbe che le risorse destinate al finanziamento degli
incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato siano indirizzate a favore
dei medesimi territori sottoutilizzati, e con la medesima percentuale di
riparto prevista per il Fondo per lo sviluppo e la coesione (80 per cento per
le aree del Mezzogiorno e 20 per cento per le aree del Centro-Nord).
4.– La questione non è fondata.
Questa Corte, in riferimento ad analoga
censura mossa dalla medesima ricorrente, ha già chiarito che «Quel criterio
percentuale […] non ha alcun valore costituzionale, neppure indiretto. Ne
deriva che leggi ordinarie successive ben possono modificare le disposizioni
che disciplinano la destinazione del Fondo, anche ripartendone diversamente le
risorse, ovvero non applicando alcuna percentuale di riparto, come peraltro lo
stesso decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di
risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri
economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42)
lascia intendere, allorché stabilisce che "La programmazione degli interventi
finanziati a carico del Fondo di cui al presente articolo è realizzata tenendo
conto della programmazione degli interventi di carattere ordinario” (art. 4,
comma 3, ultimo periodo)» (sentenza n. 196 del
2015).
Alla medesima conclusione non può che
pervenirsi con riguardo alla destinazione delle risorse del Fondo di rotazione,
trattandosi «di risorse statali, non ancora utilizzate, che, sulla base di una
rinnovata valutazione delle esigenze di finanza pubblica, ricevono nel bilancio
dello Stato una nuova destinazione ritenuta più consona in rapporto al mutato
quadro di politica economica» (sentenza n. 207 del
2011).
5.– Con riguardo alla questione proposta
dalla Regione Puglia nei confronti dell’art. 1, comma 122, della legge n. 190
del 2014, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.
La disposizione, nella formulazione
originaria, prevedeva la riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione
che risultavano non impegnate alla data del 30 settembre 2014.
L’art. 7, comma 9-sexies, del
decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni in materia di enti
territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di
sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del
Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni
industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge
6 agosto 2015, n. 125, ha modificato la norma impugnata sostituendo le parole
«alla data del 30 settembre 2014» con le parole «alla data di entrata in vigore
della presente legge».
Come attestato dalla stessa ricorrente
nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, il comma 122, nella sua
versione originaria, non ha avuto applicazione nei suoi confronti nel periodo
compreso tra l’entrata in vigore e la modificazione ad opera del richiamato
art. 7, comma 9-sexies; inoltre, la modifica sopravvenuta è completamente
satisfattiva delle pretese della ricorrente.
La Regione Puglia con il ricorso aveva
formulato anche istanza di sospensione cautelare dell’art. 1, comma 122, della
legge n. 190 del 2014. L’istanza, però, è assorbita dalla decisione che
precede.
6.– La Regione siciliana ha impugnato
l’art. 1, commi 122, 123 e 124, deducendo la violazione degli artt. 3 e 97,
primo e secondo comma, Cost., per la limitazione che ne deriverebbe alla
potestà amministrativa regionale, sancita dall’art. 20 dello statuto della Regione
siciliana (approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455,
convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), segnatamente
negli ambiti attribuiti nelle materie di cui agli artt. l4, lettere d), g), m),
o), r), e 17, lettere a), d), f) ed h) del medesimo statuto; nonché la
violazione degli artt. 81, sesto comma, e 119, primo e sesto comma, Cost.,
anche in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), per gli
effetti dell’applicazione dei commi censurati.
L’art. 1, comma 123, viene, altresì,
impugnato per la violazione dell’art. 120 Cost., in quanto la procedura per il
trasferimento dei fondi destinati agli interventi del Piano di azione coesione
non prevede il coinvolgimento della Regione.
7.– In via preliminare, deve essere
valutata l’eccezione, sollevata dalla difesa statale, di inammissibilità delle
censure promosse nei confronti dei suindicati commi, in riferimento agli artt.
3 e 97 Cost., in quanto la Regione non avrebbe dimostrato in che modo tale
lesione ridondi nella violazione delle proprie competenze statutarie.
7.1.– L’eccezione non è fondata.
Sulla base dei precedenti di questa
Corte, il modo in cui la ricorrente ha argomentato la ridondanza dei vizi
lamentati sulle sue competenze statutarie può essere ritenuto sufficiente (sentenza n. 250 del
2015). Infatti, osserva che «l’art. 20 [dello statuto], attribuisce alla
Regione la piena potestà amministrativa nelle stesse materie in cui ad essa
spetta la potestà legislativa, esclusiva e concorrente, ai sensi degli artt. 14
e 17 (principio del parallelismo)» e che «gli interventi che le norme che
s’impugnano impediscono alla Regione di portare avanti afferiscono tutti a materie
elencate dai suddetti articoli, alle lettere come sopra riportate».
8.– Va invece dichiarata
l’inammissibilità delle censure relative alla violazione degli artt. 81, sesto
comma, e 119, primo e sesto comma, Cost., anche in riferimento all’art. 10
della l. cost. n. 3 del 2001.
La ricorrente, infatti, si è limitata a
lamentare la violazione degli evocati parametri costituzionali da parte delle
disposizioni impugnate «per gli effetti che la loro applicazione determina».
L’assertività della censura, secondo la giurisprudenza di questa Corte (ex multis, sentenze n. 184 del 2012;
n. 185, n. 129, n. 114 e n. 68 del 2011;
n. 278 e n. 45 del 2010),
implica l’inammissibilità del ricorso in parte qua.
9.– Sempre in via preliminare, occorre
anche qui rilevare che l’art. 1, comma 122, è stato modificato dall’art. 7,
comma 9-sexies, del d.l. n. 78 del 2015, come convertito, che ha sostituito le
parole «alla data del 30 settembre 2014», con le parole «alla data di entrata
in vigore della presente legge».
9.1.– La sopravvenuta modifica normativa
elimina l’effetto retroattivo della disposizione impugnata. Al fine di ottenere
una pronuncia sul merito della questione, la Regione siciliana «ben [avrebbe]
potuto indicare a questa Corte, se fossero esistiti, i casi nei quali la norma
aveva trovato applicazione. Il non averlo fatto, in presenza di una condizione
negativa, quale è la mancata applicazione della norma impugnata […], e in
difetto di elementi probatori in senso contrario, non può non implicare una
pronuncia di cessazione della materia del contendere» (sentenza n. 142 del
2016), limitatamente alla censura relativa alla fissazione della data del
30 settembre 2014.
10.– Nel merito, la residua questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 122, 123 e 124, per violazione
degli artt. 3 e 97, primo e secondo comma, Cost., non è fondata.
10.1.– A questo proposito, da un lato
l’Avvocatura generale dello Stato ha esplicitamente dichiarato che è caduto
l’argomento della Regione a sostegno della illegittimità costituzionale del
termine; dall’altro, la Regione stessa, come si è visto, non ha attestato che
il termine originario ha avuto medio tempore applicazione. Ciò porta a
concludere che la prevista riduzione del fondo statale ha ad oggetto risorse
«non impegnate».
Al riguardo, questa Corte ha affermato
che «non può considerarsi costituzionalmente illegittima la norma legislativa
statale che, incidendo su somme iscritte in fondi statali, provveda ad una
diversa utilizzazione di risorse "non impegnate o programmate” in un periodo
determinato, "disponendo la nuova programmazione di esse per il conseguimento
degli obiettivi di rilevanza strategica nazionale” (sentenza n. 16 del
2010)» (sentenza
n. 207 del 2011).
D’altra parte, poiché si tratta di
risorse del bilancio dello Stato «non ancora impegnate», neanche «è sostenibile
che esse abbiano dato vita a rapporti già consolidati, mentre proprio la
mancanza di concreti atti di impegno, in presenza di risorse assegnate ma non
utilizzate in un arco di tempo circoscritto, non breve, giustifica che
l’intervento sia stato effettuato proprio su quelle risorse». Le risorse del
Fondo di rotazione, pertanto, sono «somme ancora legittimamente programmabili
dallo Stato e, soprattutto, non suscettibili di essere utilizzate dalle Regioni»
(sentenza n. 207
del 2011).
10.2.– Non può essere accolta neppure la
censura secondo la quale il legislatore statale, con le disposizioni impugnate,
avrebbe disatteso il principio di territorialità, sancito nell’Accordo sottoscritto
il 3 novembre 2011 tra il Governo e i Presidenti delle otto Regioni
meridionali.
In proposito, vanno ribaditi i principi
già affermati da questa Corte nella citata sentenza n. 196 del
2015, laddove si precisa che «Quel criterio percentuale […] non ha alcun
valore costituzionale, neppure indiretto. Ne deriva che leggi ordinarie
successive ben possono modificare le disposizioni che disciplinano la
destinazione del Fondo, anche ripartendone diversamente le risorse, ovvero non
applicando alcuna percentuale di riparto […]».
11.– Del pari non fondata, infine, è la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 123, promossa in
riferimento all’art. 120 Cost., per la violazione del principio di leale
collaborazione
È bensì vero, infatti, che rispetto alle
Regioni ad autonomia speciale «merita di essere privilegiata la via
dell’accordo (sentenza
n. 353 del 2004), con la quale si esprime un principio generale, desumibile
anche dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante "Delega al Governo
in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della
Costituzione” […]» (sentenza n. 46 del
2015; n. 193
e n. 118 del
2012). Tale procedura pattizia, infatti, «è ormai
diventata parte integrante della dimensione costituzionale dello Stato riguardo
ai rapporti finanziari con le autonomie speciali» (sentenza n. 155 del
2015).
È anche vero, tuttavia, che il principio
pattizio, proprio in quanto non rispondente ad una
finalità costituzionalmente vincolata, può essere derogato in casi particolari
dal legislatore statale (sentenze n. 46 del 2015,
n. 23 del 2014
e n. 193 del
2012).
Nel caso in esame, non vi è alcun
contrasto con l’art. 120 Cost., «posta l’evidente sussistenza della competenza
statale a disciplinare il fondo nei termini suddetti, che non incide su alcuna
competenza della Regione e rende pertanto inapplicabile, nella specie,
l’invocato principio di leale collaborazione (sentenza n. 297 del
2012)» (sentenze n. 196 del 2015
e n. 273 del
2013).
per questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la
decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con i
ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara
cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 122, della legge 23 dicembre 2014, n. 190
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge di stabilità 2015), promossa, in riferimento agli artt. 3, primo comma,
11, 117, primo comma, e 119, primo comma, della Costituzione, dalla Regione
Puglia, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara
inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi
122, 123 e 124, della legge n. 190 del 2014, promosse, in riferimento agli
artt. 81, sesto comma, e 119, primo e sesto comma, anche in relazione all’art.
10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V
della parte seconda della Costituzione), dalla Regione siciliana, con il
ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma
122, della legge n. 190 del 2014, promossa, in riferimento all’art. 119, quinto
comma, Cost., dalla Regione Campania, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 122,
123 e 124, della legge n. 190 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 3 e
97, primo e secondo comma, Cost., dalla Regione siciliana, con il ricorso
indicato in epigrafe;
5) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma
123, della legge n. 190 del 2014, promossa, in riferimento all’art. 120 Cost.,
dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 maggio 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 giugno
2016.