Sentenza n. 184 del 2012

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SENTENZA N. 184

ANNO 2012

 

[ELG:COLLEGIO]

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-          Alfonso                        QUARANTA              Presidente

-          Franco                         GALLO                        Giudice

-          Luigi                            MAZZELLA                       "

-          Gaetano                       SILVESTRI                        "

-          Sabino                         CASSESE                           "

-          Giuseppe                     TESAURO                          "

-          Paolo Maria                 NAPOLITANO                  "

-          Giuseppe                     FRIGO                                "

-          Alessandro                  CRISCUOLO                     "

-          Paolo                           GROSSI                             "

-          Giorgio                        LATTANZI                         "

-          Aldo                            CAROSI                             "

-          Marta                          CARTABIA                        "

-          Sergio                          MATTARELLA                  "

-          Mario Rosario             MORELLI                          "

[ELG:PREMESSA]

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 2, commi 8 e 9, e 5, commi 9, 10, 11, 12, 13 e 14, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011 n. 106, promosso dalla Regione autonoma Siciliana con ricorso notificato il 9 settembre 2011, depositato in cancelleria il 15 settembre 2011 ed iscritto al n. 92 del registro ricorsi 2011.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 5 giugno 2012 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l’avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione Siciliana e l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri.

[ELG:FATTO]

Ritenuto in fatto

1. — La Regione autonoma Siciliana (reg. ric. n. 92 del 2011) ha impugnato gli articoli 2, commi 8 e 9, e 5, commi 9, 10, 11, 12, 13 e 14, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106, per violazione, il primo, degli articoli 36 e 43 dello statuto della Regione Siciliana (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria), nonché del principio di leale collaborazione, e il secondo, per violazione degli articoli 14, lettera f), e 20 dello statuto regionale.

2. — Il comma 8, dell’art. 2 del decreto-legge n. 70 del 2011, prevede l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale e con il Ministro della gioventù, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, in cui sono stabiliti i limiti di finanziamento garantiti da ciascuna delle Regioni del Mezzogiorno – indicate al comma 1 – nonché le disposizioni di attuazione dei commi precedenti anche al fine di garantire il rispetto delle condizioni che consentono l’utilizzo dei fondi strutturali comunitari per il cofinanziamento del credito d’imposta. La disposizione richiede che, nello stabilire i limiti di finanziamento garantiti da ciascuna Regione, sia tenuto conto dei ritardi maturati, in assoluto e nel rispetto al precedente ciclo di programmazione, nell’impegno e nella spesa dei fondi strutturali comunitari.

Il comma 9 individua le risorse necessarie alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla concessione del credito di imposta per le nuove assunzioni a valere sulle risorse nazionali e comunitarie del Fondo Sociale Europeo e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, destinate al finanziamento dei programmi operativi, regionali e nazionali nei limiti stabiliti con il decreto ministeriale previsto al comma 8. Per l’utilizzo dei fondi comunitari la disposizione prevede il consenso della Commissione europea.

2.1. — Per quanto riguarda invece i commi impugnati dell’art. 5 del decreto-legge n. 70 del 2011: il comma 9 prevede che le Regioni approvino, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, specifiche leggi al fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio nonché per la riqualificazione delle aree urbane degradate in cui siano presenti «funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare», tenendo conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Tali azioni devono essere incentivate anche con interventi di demolizione e ricostruzione che prevedano: il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura premiale; la delocalizzazione delle relative volumetrie in aree diverse; le modifiche di destinazione d’uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari; le modifiche della sagoma necessarie per l’armonizzazione architettonica con le strutture esistenti.

Il comma 10 esclude dagli interventi di riqualificazione gli immobili abusivi o situati nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta, includendo invece quelli che hanno ottenuto il titolo abilitativo edilizio in sanatoria.

Il comma 11 reca una norma transitoria (decorsi i 60 giorni previsti dal comma 9 dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto e sino all’entrata in vigore della normativa regionale) che prevede l’applicazione – agli interventi di cui al comma 9 – dell’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – Testo A), relativo al rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, anche per il mutamento delle destinazioni d’uso. Resta fermo il rispetto degli standard urbanistici, delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e in particolare delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di quelle relative alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, nonché delle disposizioni del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).

Il comma 12 estende l’applicabilità delle disposizioni contenute nei commi precedenti anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con le disposizioni degli statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione.

Il comma 13 reca un’altra norma transitoria per le Regioni a statuto ordinario (decorso il termine di 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto e sino all’entrata in vigore della normativa regionale), in base alla quale, oltre a quanto previsto nei commi precedenti, è ammesso il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali ai sensi dell’art. 14 del testo unico in materia edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001) anche per il mutamento delle destinazioni d’uso tra loro compatibili o complementari; inoltre, la medesima disposizione stabilisce che i piani attuativi comunque denominati, conformi allo strumento urbanistico generale, sono approvati dalla Giunta comunale.

Il comma 14 prevede che, decorsi 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, le disposizioni contenute nel comma 9 saranno immediatamente applicabili alle Regioni a statuto ordinario che non hanno provveduto ad approvare proprie leggi. La volumetria aggiuntiva da riconoscere quale misura premiale ai sensi della lettera a) del comma 9 – e applicabile fino all’approvazione delle leggi regionali – è realizzata: nel limite massimo del 20 per cento del volume dell’edificio se destinato ad uso residenziale; nel limite massimo del 10 per cento della superficie coperta per edifici adibiti ad uso diverso. Viene inoltre precisato che le volumetrie e le superfici di riferimento devono essere calcolate sulle distinte tipologie edificabili e pertinenziali esistenti e devono essere asseverate dal tecnico abilitato in sede di presentazione della documentazione relativa al titolo abilitativo previsto.

2.2. — In primo luogo la Regione Siciliana osserva che l’art. 2, commi 8 e 9, andrebbe interpretato nel senso che prevede il cofinanziamento del credito di imposta da parte delle Regioni del Mezzogiorno con fondi strutturali comunitari non impegnati e non spesi, stabilendo che, in caso di mancato utilizzo di tali risorse da parte dei datori di lavoro per la specifica finalità del credito d’imposta, esse non vengono restituite alla Regione, ma, sono incamerate dallo Stato.

In particolare la ricorrente ricorda che il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), con deliberazione 30 luglio 2010, n. 79, ha operato la ricognizione, per il periodo 2000-2006, dello stato di attuazione degli interventi finanziati dal fondo per le aree sottoutilizzate e delle risorse liberate nell’ambito dei programmi comunitari, e successivamente, con deliberazione 11 gennaio 2011, n. 1, ha definito obiettivi, criteri e modalità di programmazione delle risorse per le aree sottoutilizzate, selezione e attuazione degli investimenti per i periodi 2000-2006 e 2007-2013. Tali deliberazioni sono state impugnate dalla Regione dinnanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio con ricorso n. 1501/2011. Secondo la ricorrente l’intervento legislativo mira a vanificare i mezzi di tutela esperiti in via giurisdizionale dalla Regione.

3. — La Regione lamenta, in particolare, che l’art. 2, commi 8 e 9, del decreto-legge n. 70 del 2011 violerebbe l’art. 36 dello statuto regionale, nonché l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 perché sottrarrebbe alla Regione Siciliana risorse ad essa destinate senza prevedere che, se non utilizzate dai datori di lavoro per la specifica finalità del credito d’imposta, siano restituite al bilancio regionale. Tali disposizioni infatti, secondo la ricorrente, stabiliscono la regola generale in base alla quale spettano alla Regione (a parte individuate eccezioni) tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del proprio territorio, dirette o indirette, comunque denominate.

La ricorrente rileva, inoltre, che l’art. 2, commi 8 e 9, violerebbe «in ogni caso» anche l’art. 43 dello statuto poiché non ha previsto il coinvolgimento della Commissione paritetica, titolare, a detta della Regione Siciliana, di «una speciale funzione di partecipazione al procedimento legislativo». La Commissione rappresenterebbe, secondo il ricorso, «un essenziale raccordo con il legislatore statale, funzionale al raggiungimento di specifici obiettivi fra i quali avrebbe dovuto annoverarsi quello del credito d’imposta finanziato con fondi in precedenza destinati a finalità diverse con altri provvedimenti (amministrativi)».

In subordine si lamenta la violazione del principio di leale collaborazione dal momento che, pur titolare di competenze proprie in materia finanziaria e di gestione dei fondi in questione, la Regione non è stata coinvolta in alcuna forma di partecipazione e consultazione.

3.1. — Per quanto concerne l’art. 5, commi 9, 10, 11, 12, 13 e 14, del decreto-legge n. 70 del 2011 la ricorrente ritiene che tali disposizioni, dirette ad agevolare interventi edilizi su costruzioni private, si risolvano in un’invasione della propria autonomia speciale. In particolare, secondo la prospettazione della Regione Siciliana, il comma 12 stabilisce che i commi 9, 10 e 11 trovino applicazione anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale, e quindi anche alla Regione Siciliana. La ricorrente, infatti, ritiene che le disposizioni impugnate siano invasive della propria autonomia, in considerazione della competenza legislativa esclusiva in materia di urbanistica che l’art. 14, lettera f), dello statuto le attribuisce. Tale materia, va intesa, secondo la ricorrente, come ricomprendente anche la disciplina dell’attività edilizia. La clausola, contenuta nel comma 12 dell’articolo 5 del decreto-legge impugnato, in base alla quale le disposizioni censurate si applicano «compatibilmente con le disposizioni dagli statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione» non basterebbe, secondo la ricorrente, a far salve le prerogative statutarie. Prova ne sarebbe sia il comma 9 dell’articolo 5, laddove pone anche alle Regioni e Province autonome un termine di sessanta giorni per l’adozione di norme che recepiscano una serie di principi in materia di edilizia che costituiscono appunto, non principi di grande riforma economico-sociale, ma norme di dettaglio invasive della competenza regionale; sia i commi 9, 10 e 11, che imporrebbero anche l’applicazione immediata di alcune disposizioni del comma 14, del decreto-legge n. 70 del 2011, seppur tale comma faccia riferimento alle sole Regioni ordinarie.

4. — Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio, chiedendo che il ricorso sia respinto, in quanto infondato.

4.1. — In primo luogo, la difesa dello Stato ritiene non sussistere l’asserita violazione dell’art. 36 dello statuto regionale, nonché dell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, in quanto non si apprezza in che modo la disposizione impugnata possa confliggere con l’art. 36 dello statuto, considerato che la materia tributaria viene in rilievo esclusivamente per le modalità tecniche di utilizzo dei fondi strutturali, tramite appunto la concessione di benefici ai datori di lavoro, sotto forma di credito di imposta. Di conseguenza, non risultando, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, che la Regione contesti il potere statale di concedere tali agevolazioni, l’art. 36 dello statuto e il relativo art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 risulterebbero richiamati in modo inconferente.

Del pari la difesa dello Stato dubita dell’ammissibilità della prospettata violazione del principio di leale collaborazione dal momento che non risultano indicate le norme in base alle quali la Regione sarebbe titolare di competenze proprie per la gestione dei fondi in questione.

Altrettanto non fondata, infine, sarebbe la censura che contesta il mancato coinvolgimento della Commissione paritetica, prevista all’art. 43 dello statuto, dal momento che detta Commissione svolge finalità diverse rispetto alla decisione in merito alla destinazione delle somme non utilizzate come credito d’imposta dai datori di lavoro.

4.2. — In secondo luogo, risulterebbe non fondata la censura relativa all’art. 5, commi 9, 10, 11, 12, 13 e 14, del decreto-legge n. 70 del 2011, osservandosi che le prerogative regionali risultano tutelate tanto dal comma 9, laddove specifica che le disposizioni dei commi 9, 10 e 11 si applicano anche nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con le disposizioni degli statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione, quanto dai successivi commi 13 e 14, che esplicitamente fanno riferimento alle sole Regioni a statuto ordinario.

[ELG:DIRITTO]

Considerato in diritto

1. — La Regione autonoma Siciliana ha impugnato gli articoli 2, commi 8 e 9, e 5, commi 9, 10, 11, 12, 13 e 14, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106.

L’art. 2, commi 8 e 9, è impugnato in riferimento agli articoli 36 e 43 dello statuto di autonomia della Regione Siciliana (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria), nonché del principio di leale collaborazione.

Ad avviso della ricorrente, le norme censurate, prevedendo il cofinanziamento del credito di imposta da parte delle Regioni del Mezzogiorno con fondi strutturali comunitari non impegnati e non spesi, senza stabilire che, in caso di mancato utilizzo di tali risorse da parte dei datori di lavoro per la specifica finalità del credito d’imposta, esse non vengano restituite alla Regione, sottrarrebbe alla Regione Siciliana risorse ad essa destinate senza prevedere che, se non utilizzate dai datori di lavoro per la specifica finalità prevista, vengano restituite al bilancio regionale.

In secondo luogo, l’articolo impugnato lederebbe anche l’art. 43 dello statuto della Regione Siciliana in quanto non prevederebbe il coinvolgimento della Commissione paritetica di cui al suddetto articolo.

In subordine, il ricorso lamenta la lesione del principio di leale collaborazione, poiché la disposizione impugnata non stabilisce alcuna forma di partecipazione e consultazione della Regione, pur titolare, secondo la ricorrente, di competenze proprie in materia finanziaria e di gestione dei fondi in questione.

2. — La questione è inammissibile.

Le censure mosse avverso l’art. 2, commi 8 e 9, risultano invero del tutto generiche, in quanto non sorrette da idonea argomentazione volta a chiarire quale lesione le disposizioni impugnate arrecherebbero alle competenze regionali asseritamente lese e pertanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte (da ultimo in tal senso, ex multis, sentenze nn. 185, 129, 114 e 68 del 2011, nn. 278 e 45 del 2010) il ricorso deve dichiararsi inammissibile in parte qua. A tal proposito è del tutto evidente, non solo la genericità ed assertività della censura, ma anche l’inconferenza dei parametri evocati dalla Regione. La ricorrente infatti si è limitata a richiamare genericamente gli artt. 36 e 43 dello statuto regionale e l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, relativi all’autonomia finanziaria della Regione Siciliana, senza specificare la ragione per cui il finanziamento con fondi comunitari del credito d’imposta, a beneficio dei datori di lavoro che assumano a tempo indeterminato nuovi lavoratori, violerebbe le disposizioni statutarie relative alle entrate regionali.

3. — La Regione Siciliana censura anche l’art. 5, commi 9, 10, 11, 12, 13 e 14, del medesimo decreto-legge n. 70 del 2011 che, stabilendo misure dirette ad agevolare interventi edilizi su costruzioni private, violerebbe gli artt. 14, lettera f), e 20 dello statuto della Regione Siciliana.

Secondo la Regione Siciliana la norma impugnata invaderebbe l’autonomia regionale in considerazione sia della competenza legislativa esclusiva in materia di urbanistica, che l’art. 14, lettera f), dello statuto le attribuisce, sia delle funzioni amministrative proprie, che la Regione svolge in base al combinato disposto degli artt. 14, lettera f), e 20 dello statuto.

4. — La questione non è fondata.

Invero l’art. 5, comma 12, laddove specifica che le disposizioni dei commi 9, 10 e 11 si applicano «anche nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con le disposizioni degli statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione», rende operante la «clausola di salvaguardia» degli statuti speciali, che esclude l’applicabilità alla ricorrente dei censurati commi dell’art. 5, nella misura in cui non siano rispettosi delle competenze regionali garantite dallo statuto d’autonomia (ex multis sentenze n. 64 del 2012, n. 342 del 2010, n. 412 del 2004). Tale interpretazione delle disposizioni impugnate, che si fonda inequivocabilmente sul tenore letterale dell’art. 5, comma 12, è confermata del resto dai successivi commi 13 e 14 del medesimo articolo, che, esplicitamente fanno riferimento alle sole Regioni a statuto ordinario. Nessuna lesione, dunque, può derivare dalle disposizioni impugnate alle competenze della Regione Siciliana in materia di urbanistica.

[ELG:DISPOSITIVO]

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità dell’articolo 2, commi 8 e 9, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106, promossa dalla Regione autonoma Siciliana in riferimento agli articoli 36 e 43 dello statuto della Regione Siciliana (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 e all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria), nonché del principio di leale collaborazione, con il ricorso indicato in epigrafe ;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 commi 9, 10, 11, 12, 13 e 14, del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, in legge n. 106 del 2011, promossa dalla Regione autonoma Siciliana, in riferimento agli artt. 14, lettera f), e 20 dello statuto della Regione Siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2012.

[ELG:FIRME]

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2012.

 [ELG:ALLEGATO]