Sentenza n. 273 del 2013

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[ELG:SOMMARIO]

SENTENZA N. 273

ANNO 2013

 

[ELG:COLLEGIO]

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Gaetano                      SILVESTRI                           Presidente

-      Luigi                           MAZZELLA                           Giudice

-      Sabino                        CASSESE                                      "

-      Giuseppe                    TESAURO                                    "

-      Paolo Maria                NAPOLITANO                             "

-      Giuseppe                    FRIGO                                           "

-      Paolo                          GROSSI                                        "

-      Giorgio                       LATTANZI                                   "

-      Aldo                           CAROSI                                        "

-      Marta                          CARTABIA                                  "

-      Sergio                         MATTARELLA                            "

-      Mario Rosario             MORELLI                                     "

-      Giancarlo                    CORAGGIO                                 "

-      Giuliano                      AMATO                                        "

[ELG:PREMESSA]

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promossi dalla Regione Veneto con ricorsi notificati il 12 ottobre 2012 e il 27 febbraio 2013, depositati in cancelleria il 17 ottobre 2012 e il 5 marzo 2013 ed iscritti al n. 151 del registro ricorsi 2012 ed al n. 34 del registro ricorsi 2013.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; 

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella;

uditi gli avvocati Luigi Manzi e Daniela Palumbo per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri.

[ELG:FATTO]

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 12 ottobre 2012 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 17 ottobre 2012 (r. ric. n. 151 del 2012), la Regione Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale relative a diverse disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

2.– Con ricorso notificato il 27 febbraio 2013 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 5 marzo 2013 (r. ric. n. 34 del 2013), la Regione Veneto ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha integralmente sostituito l’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012.

3.– La presente decisione ha ad oggetto unicamente l’art. 16-bis dell’impugnato decreto-legge, censurato dalla ricorrente Regione Veneto sia nella versione originariamente introdotta, in sede di conversione, dalla legge n. 135 del 2012, sia nella versione vigente, introdotta dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012.

4.– L’art. 16-bis citato viene censurato dalla Regione ricorrente, con il primo ricorso, per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione, nonché dell’art. 7, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e degli artt. 1, commi 2 e 3, 7, comma 1, e 32, comma 4, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).

Le norme impugnate definiscono i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle Regioni a statuto ordinario le risorse del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, già istituito dall’art. 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e rifinanziato dall’art. 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Il testo dell’impugnato art. 16-bis del richiamato d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, è il seguente: «1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare, ai sensi dell’articolo 8 della legge 28 agosto 1997, n. 281, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 ottobre 2012, sono definiti i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del fondo di cui agli articoli 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. I criteri sono, in particolare, finalizzati ad incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare ed efficientare la programmazione e la gestione dei servizi relativi al trasporto pubblico locale, anche ferroviario, mediante: a) un’offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica. 2. Le risorse del fondo di cui agli articoli 21, comma 3, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 e 30, comma 3, del citato decreto-legge n. 201 del 2011, e le risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio prevista dagli articoli 1, commi da 295 a 297, della legge n. 244 del 2007, una volta definiti i criteri di cui al comma 1, non possono essere destinate a finalità diverse da quelle del finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario».

Osserva la Regione Veneto ricorrente che le disposizioni impugnate disciplinerebbero un fondo a destinazione vincolata nella materia «trasporto pubblico locale», riconducibile alla potestà legislativa regionale residuale, violando conseguentemente sia l’art. 117 Cost. (che disciplina il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione), sia l’art. 119 Cost. (che disciplina l’autonomia finanziaria regionale). Al riguardo, è richiamata la giurisprudenza della Corte che ha affermato che «non sono […] consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale residuale ovvero concorrente, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell’esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza» (sentenza n. 50 del 2008; sono menzionate anche le sentenze n. 99 del 2009 e n. 452 del 2007).

Oltre agli evocati parametri costituzionali (artt. 117 e 119 Cost.), la ricorrente deduce il contrasto delle norme impugnate con gli artt. 1, commi 2 e 3, 7, comma 1, e 32, comma 4, del d.lgs. n. 68 del 2011, che avrebbero determinato la soppressione, a decorrere dall’anno 2013, «dei trasferimenti statali alle regioni, aventi carattere di generalità e permanenza, relativi al trasporto pubblico locale e la conseguente fiscalizzazione degli stessi trasferimenti».

Infine, la Regione Veneto asserisce che il comma 2 dell’impugnato art. 16-bis, nella parte in cui prevede che le risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio – disciplinata dall’art. 1, commi da 295 a 299, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) – siano destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale, si porrebbe in contrasto con l’art. 119 Cost., con l’art. 7, comma 1, lettera e), della legge n. 42 del 2009, e con l’art. 1, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 68 del 2011, che prevedono che le Regioni «dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio», i quali «devono essere senza vincolo di destinazione».

5.– Con atto depositato il 21 novembre 2012, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso proposto sia dichiarato inammissibile o infondato.

Osserva l’Avvocatura dello Stato che l’emendamento inserito in sede di conversione dell’impugnato decreto-legge compensa le lacune dell’originaria versione del provvedimento che prevedeva un cospicuo taglio dei trasferimenti alle Regioni, rischiando conseguentemente di incidere sulla funzionalità del trasporto pubblico locale. Al fine di ovviare a questi rischi, il vincolo di destinazione delle risorse destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale costituirebbe, quindi, una garanzia per gli enti territoriali, senza porsi in contrasto con alcuna norma o principio costituzionale.

6.– Rileva la Regione Veneto ricorrente che le disposizioni impugnate sono state integralmente sostituite dall’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha anzitutto istituito, a decorrere dall’anno 2013, il «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale», alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L’aliquota di compartecipazione è applicata alla previsione annuale del predetto gettito, iscritta nel pertinente capitolo dello stato di previsione dell’entrata e stabilita, entro il 31 gennaio 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in misura tale da assicurare, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, l’equivalenza del fondo alle risorse stanziate per gli anni 2013-2015 derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione e dell’accisa sulla benzina e dal fondo precedentemente istituito dal richiamato art. 21, comma 3, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, e modificato dall’art. 30, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011.

Nel contempo, l’art. 16-bis, comma 2, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, dispone l’abrogazione, a decorrere dall’entrata in vigore del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, delle norme che disciplinano le richiamate fonti di finanziamento del menzionato fondo previgente, nonché, fissata la nuova aliquota di compartecipazione regionale, delle disposizioni relative alla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione e dell’accisa sulla benzina e delle disposizioni istitutive e di rifinanziamento del fondo originariamente istituito.

Vengono infine confermati i criteri e le modalità – già previsti per il fondo preesistente – con cui ripartire e trasferire alle Regioni a statuto ordinario le risorse del fondo istituito e viene confermato il vincolo di destinazione delle risorse previste per il finanziamento del trasporto pubblico locale, subordinando l’accesso delle Regioni alla dotazione del fondo stesso al conseguimento di determinati parametri di razionalizzazione ed efficientamento della gestione economica e dei servizi erogati (art. 16-bis, commi 3-9, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012).

Il testo dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, è il seguente: «1. A decorrere dall’anno 2013 è istituito il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario. Il Fondo è alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L’aliquota di compartecipazione è applicata alla previsione annuale del predetto gettito, iscritta nel pertinente capitolo dello stato di previsione dell’entrata, ed è stabilita, entro il 31 gennaio 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in misura tale da assicurare, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, l’equivalenza delle risorse del Fondo stesso al risultato della somma, per ciascuno dei suddetti anni, delle seguenti risorse: a) 465 milioni di euro per l’anno 2013, 443 milioni di euro per l’anno 2014, 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015; b) risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione e dell’accisa sulla benzina, per l’anno 2011, di cui agli articoli 1, commi da 295 a 299, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e 3, comma 12, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, al netto della quota di accisa sulla benzina destinata al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale; c) risorse derivanti dallo stanziamento iscritto nel fondo di cui all’articolo 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, ivi comprese quelle di cui all’articolo 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1 sono abrogati: a) il comma 12 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549; b) i commi da 295 a 299 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni; c) il comma 3 dell’articolo 21 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni; d) il comma 3 dell’articolo 30 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 3. Ferme restando le funzioni attribuite ai sensi della legislazione vigente all’Autorità di regolazione dei trasporti, di cui all’articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, entro il 31 gennaio 2013, sono definiti i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo di cui al comma 1. I criteri sono definiti, in particolare, tenendo conto del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando le esigenze della mobilità nei territori anche con differenziazione dei servizi, e sono finalizzati a incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere efficiente la programmazione e la gestione dei servizi medesimi mediante: a) un’offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica. 4. Entro quattro mesi dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 3, le regioni a statuto ordinario, al fine di ottenere assegnazioni di contributi statali destinati a investimenti o a servizi in materia di trasporto pubblico locale e ferrovie regionali, procedono, in conformità con quanto stabilito con il medesimo decreto di cui al comma 3, all’adozione di un piano di riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale, rimodulano i servizi a domanda debole e sostituiscono, entro centottanta giorni dalla predetta data, le modalità di trasporto da ritenere diseconomiche, in relazione al mancato raggiungimento del rapporto tra ricavi da traffico e costi del servizio al netto dei costi dell’infrastruttura, previsto dall’articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, con quelle più idonee a garantire il servizio nel rispetto dello stesso rapporto tra ricavi e costi. A seguito della riprogrammazione, rimodulazione e sostituzione di cui al presente comma, i contratti di servizio già stipulati da aziende di trasporto, anche ferroviario, con le singole regioni a statuto ordinario, sono oggetto di revisione. 5. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare, sentita la Conferenza unificata, entro il 30 giugno di ciascun anno, sono ripartite le risorse del Fondo di cui al comma 1, previo espletamento delle verifiche effettuate sugli effetti prodotti dal piano di riprogrammazione dei servizi, di cui al comma 4, nell’anno precedente. Per l’anno 2013 il riparto delle risorse è effettuato sulla base dei criteri e delle modalità previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3, previa adozione del piano di riprogrammazione di cui al comma 4 da parte delle regioni a statuto ordinario. 6. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui al comma 5, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, è ripartito a titolo di anticipazione tra le regioni a statuto ordinario il 60 per cento dello stanziamento del Fondo di cui al comma 1. Le risorse ripartite sono oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi a seguito dei risultati delle verifiche di cui al comma 3, lettera e), effettuate attraverso gli strumenti di monitoraggio. La relativa erogazione a favore delle regioni a statuto ordinario è disposta con cadenza mensile. 7. A decorrere dal 1° gennaio 2013, le aziende di trasporto pubblico locale e le aziende esercenti servizi ferroviari di interesse regionale e locale trasmettono, per via telematica e con cadenza semestrale all’Osservatorio istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i dati economici e trasportistici, che lo stesso Osservatorio provvede a richiedere con adeguate garanzie di tutela dei dati commerciali sensibili, utili a creare una banca di dati e un sistema informativo per la verifica dell’andamento del settore, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. I dati devono essere certificati con le modalità indicate con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno. I contributi pubblici e i corrispettivi dei contratti di servizio non possono essere erogati alle aziende di trasporto pubblico e ferroviario che non trasmettono tali dati secondo le modalità indicate. 8. Le risorse di cui al comma 1 non possono essere destinate a finalità diverse da quelle del finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario. Ferme restando le funzioni attribuite ai sensi della legislazione vigente all’Autorità di regolazione dei trasporti, di cui all’articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, il monitoraggio sui costi e sulle modalità complessive di erogazione del servizio in ciascuna regione è svolto dall’Osservatorio di cui al comma 7 del presente articolo, in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3. 9. La regione non può avere completo accesso al Fondo di cui al comma 1 se non assicura l’equilibrio economico della gestione e l’appropriatezza della gestione stessa, secondo i criteri stabiliti con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono stabilite, per l’ipotesi di squilibrio economico: a) le modalità di redazione del piano di riprogrammazione dei servizi, anche con la previsione dell’eventuale nomina di commissari ad acta; b) la decadenza dei direttori generali degli enti e delle società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale; c) le verifiche sull’attuazione del piano e dei relativi programmi operativi, anche con l’eventuale nomina di commissari ad acta».

7.– Con memoria depositata in data 29 maggio 2013, la Regione Veneto ha ribadito le conclusioni già precedentemente rassegnate.

8.– Con il secondo ricorso (r. ric. n. 34 del 2013), la Regione Veneto ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012.

8.1.– La Regione ricorrente articola ulteriormente le doglianze già rivolte, con il primo ricorso, alle disposizioni originariamente impugnate, anche in relazione alle norme sopravvenute, deducendo anzitutto la violazione degli artt. 117 e 119 Cost., in quanto il fondo istituito, sebbene incidente su materia di competenza residuale delle Regioni, sarebbe esclusivamente destinato al finanziamento del trasporto pubblico locale.

8.2.– Con un secondo ordine di censure, la Regione Veneto lamenta che le norme impugnate, nel disciplinare i processi decisionali afferenti al riparto del fondo, non prevedrebbero il ricorso all’intesa in sede di Conferenza unificata, violando, in tal modo, l’art. 120 Cost. e il principio di leale collaborazione, non essendo previsto un adeguato coinvolgimento delle Regioni a statuto ordinario; ciò con riferimento ai seguenti commi dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012: comma 1, nella parte in cui, nel rideterminare le aliquote di compartecipazione regionale al gettito erariale dell’accisa sul gasolio per autotrazione e dell’accisa sulla benzina, non prevede – come invece disponeva l’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell’art.10 della legge 13 maggio 1999, n. 133) – il ricorso all’intesa in sede di Conferenza; comma 5, a tenore del quale la ripartizione delle risorse del fondo è rimessa ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; comma 6, il quale prevede che, nelle more dell’emanazione del menzionato decreto, un ulteriore decreto emanato dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, provveda al riparto del fondo a titolo di anticipazione a favore delle regioni a statuto ordinario, per un ammontare pari al 60 per cento del fondo stesso (sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 222 del 2005; n. 49 e n. 16 del 2004;  n. 370 del 2003).

8.3.– Con un terzo ordine di censure, la Regione Veneto deduce la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in quanto le norme impugnate, precludendo l’adeguata partecipazione delle Regioni alle scelte del legislatore attinenti alla materia «trasporto pubblico locale», finirebbero per ledere anche il generale parametro di ragionevolezza e razionalità, nonché il principio di buon andamento, ostacolando il perseguimento, nell’ambito degli interventi regionali afferenti alla mobilità e al trasporto pubblico, degli obiettivi di economicità, rapidità, efficacia ed efficienza sussumibili dal parametro costituzionale da ultimo invocato.

8.4.– Infine, sull’assunto che l’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012 determini effetti irreversibili sul trasporto pubblico regionale, innescando un processo regressivo in termini di redistribuzione delle risorse e recando, in tal modo, un grave ed irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico e ai diritti dei cittadini, la Regione Veneto ha rassegnato le proprie conclusioni proponendo istanza di sospensione dell’esecuzione delle norme impugnate, ai sensi dell’articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), come sostituito dall’art. 9 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3). La ricorrente chiede quindi che, in accoglimento del ricorso, venga dichiarata l’illegittimità costituzionale delle norme impugnate.

9.– Con atto depositato il 20 marzo 2013, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso proposto sia dichiarato inammissibile o infondato.

9.1.– Deduce anzitutto l’Avvocatura dello Stato l’infondatezza della censura riferita agli artt. 117 e 119 Cost., atteso che il fondo istituito dall’impugnato art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012 sarebbe riconducibile alle «risorse aggiuntive», previste dall’art. 119, quinto comma, Cost., che lo Stato può ben destinare agli enti territoriali per conseguire specifici obiettivi di coesione e solidarietà sociale (sono richiamate le sentenze n. 14, n. 16, n. 49, n. 423 del 2004; n. 77 del 2005). Ne conseguirebbe che, stando allo stesso tenore letterale della disposizione costituzionale in parola («lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni»), il fondo istituito non potrebbe che essere soggetto a specifico vincolo di destinazione.

9.2.– Quanto all’asserita lesione dell’art. 120 Cost. e del principio di leale collaborazione, la difesa erariale osserva che le disposizioni impugnate garantirebbero la piena partecipazione delle Regioni ai processi decisionali inerenti al riparto del fondo istituito, essendo espressamente prevista dall’art. 16-bis, comma 3, nel testo vigente, l’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini della definizione dei criteri e delle modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del fondo in parola.

9.3.– Quanto, infine, alla dedotta violazione degli artt. 3 e 97 Cost., osserva l’Avvocatura dello Stato che le disposizioni impugnate, assicurando la partecipazione delle Regioni interessate alla predisposizione dei criteri e delle modalità di assegnazione delle risorse stanziate, non lederebbero il principio costituzionale di buon andamento, né quello di ragionevolezza, posta la piena compatibilità tra il contenuto precettivo delle norme impugnate e la causa normativa che le assiste: il fondo sarebbe stato infatti istituito dal legislatore a garanzia delle ragioni di tutela del trasporto pubblico locale, tenendo conto anche di parametri di efficientamento del servizio offerto. Ne conseguirebbe la ragionevolezza delle norme censurate, stante la congruità dello strumento utilizzato rispetto ai fini perseguiti dal legislatore, anche sotto il profilo delle compatibilità economiche (è richiamata la sentenza n. 299 del 2012).

9.4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo, stante l’insussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, il rigetto dell’istanza di sospensione cautelare delle norme impugnate, e, nel merito, che il ricorso sia dichiarato infondato.

[ELG:DIRITTO]

Considerato in diritto

1.– Con due ricorsi, la Regione Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), censurato sia (con ricorso registrato al n. 151 del 2012) nella versione introdotta dalla legge di conversione (legge 7 agosto 2012, n. 135), sia (con ricorso registrato al n. 34 del 2013) nella versione vigente introdotta dall’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha integralmente sostituito le norme originariamente impugnate.

Stante l’evidente connessione esistente tra i due ricorsi, aventi ad oggetto la stessa materia e motivi identici, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.

2.– Con il primo ricorso, oltre ad altre disposizioni del medesimo decreto-legge, è impugnato l’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, inserito, in sede di conversione, dalla legge n. 135 del 2012, entrato in vigore il 15 agosto 2012, per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione, nonché dell’art. 7, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e degli artt. 1, commi 2 e 3, 7, comma 1, e 32, comma 4, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).

In via preliminare, occorre rilevare che le disposizioni originariamente censurate sono state oggetto di integrale sostituzione in epoca successiva al promovimento del primo giudizio di legittimità costituzionale per effetto dell’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2013, e sono rimaste pertanto vigenti soltanto sino all’entrata in vigore della disciplina sopravvenuta.

In secondo luogo, le norme impugnate, rimaste in vigore per poco più di quattro mesi, non hanno introdotto misure di efficacia immediata, presupponendo questa l’emanazione – mai avvenuta – di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dal comma 1 dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, ai fini della definizione dei criteri e delle modalità con cui ripartire e trasferire effettivamente alle Regioni le risorse del fondo precedentemente istituto e successivamente rifinanziato per il trasporto pubblico locale.

Riguardo alla questione di legittimità costituzionale del testo originario dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, ricorrono pertanto le condizioni richieste dalla giurisprudenza di questa Corte perché sia dichiarata la cessazione della materia del contendere (ex plurimis, sentenze n. 68 del 2013; n. 193 e n. 32 del 2012; n. 325 del 2011).

3.– Con il secondo ricorso, è impugnato l’art. 16-bis del d.l. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, per violazione, anzitutto, degli artt. 3 e 97 Cost.

La questione è inammissibile.

Questa Corte ha più volte affermato che, nei giudizi in via principale, le Regioni sono legittimate a censurare le leggi dello Stato esclusivamente in base a parametri relativi al riparto delle rispettive competenze e possono invocare altri parametri soltanto ove la violazione di questi comporti una lesione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (ex plurimis, sentenze n. 300 e n. 151 del 2012; n. 341, n. 246 e n. 99 del 2009; n. 286 del 2004).

Tale circostanza non ricorre nel caso di specie, in quanto la ricorrente Regione Veneto si limita ad affermare genericamente che la mancata partecipazione dei soggetti direttamente interessati alla corretta attuazione di funzioni di propria competenza finirebbe per ledere i generali parametri di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione. Le censure della Regione ricorrente riferite agli artt. 3 e 97 Cost. sono, pertanto, insufficientemente motivate circa la loro ridondanza in una lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione stessa (ex plurimis, per analoghe ragioni di inammissibilità, sentenze n. 300 e n. 151 del 2012; n. 341, n. 246 e n. 99 del 2009).

4.– L’art. 16-bis del d.l. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, è censurato anche per violazione degli articoli 117 e 119 Cost.

La questione non è fondata.

4.1.– La decisione della questione implica la previa individuazione della materia alla quale va ricondotta la disciplina in esame, avendo riguardo all’oggetto e alla regolamentazione stabilita dalle norme impugnate, tenendo conto della loro ratio, della finalità che si propongono di perseguire, del contesto nel quale sono state emanate ed identificando l’interesse tutelato (tra le tante, sentenze n. 10 del 2010 e n. 322 del 2009).

In via preliminare, va osservato che le disposizioni in questione si limitano ad istituire un fondo per assicurare una finalità genericamente individuata nel concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, senza vincolare il legislatore regionale ad uno specifico impiego delle risorse stanziate nell’ambito del suddetto settore materiale, ascrivibile alla potestà legislativa regionale residuale ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. (sulla potestà legislativa regionale residuale in materia di trasporto pubblico locale, sentenze n. 142 del 2008, n. 452 del 2007, n. 80 del 2006, n. 222 del 2005).

4.2.– Al fine di inquadrare correttamente le questioni proposte, occorre fornire un breve cenno sulla complessa normativa in materia di finanziamento del trasporto pubblico locale.

Nella fase antecedente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle Regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), successivamente modificato dal decreto legislativo 20 settembre 1999, n. 400 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale), tuttora vigente, ha ridisciplinato l’intero settore del trasporto pubblico locale, conferendo alle Regioni ed agli enti locali funzioni e compiti relativi a tutti i «servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati» ed escludendo solo i trasporti pubblici di interesse nazionale (articoli 1 e 3).

La disciplina richiamata stabilisce che ogni Regione, in relazione ai servizi minimi (qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini), ai piani regionali di trasporto e al tasso programmato d’inflazione, costituisca annualmente un fondo destinato ai trasporti, alimentato sia dalle risorse proprie sia da quelle statali trasferite (art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 422 del 1997). In particolare, l’art. 1, comma 8, lettere a) e b), del successivo decreto legislativo n. 400 del 1999 hanno, rispettivamente, modificato l’art. 20, comma 2, e introdotto un comma 7-bis nello stesso art. 20 del decreto legislativo n. 422 del 1997, stabilendo che, nel trasferimento di risorse che consegue al conferimento di funzioni nell’ambito materiale del trasporto pubblico locale, deve essere garantito un determinato livello di servizio, in condizioni di omogeneità, tenendo conto anche del volume di passeggeri trasportati.

Nonostante i successivi interventi del legislatore, volti ad introdurre elementi di fiscalizzazione delle risorse per il finanziamento del trasporto pubblico locale, secondo il principio di territorialità, attribuendo alle regioni a statuto ordinario quote dell’accisa sulla benzina, sulla benzina senza piombo per autotrazione e sul gasolio per autotrazione, in misura tale da assicurare importi complessivi predeterminati, mediante il progressivo adeguamento delle misure delle suddette compartecipazioni, il legislatore statale ha costantemente garantito il proprio contributo al finanziamento del trasporto pubblico locale, ritenendo imprescindibile la finalità di assicurare livelli di omogeneità nella fruizione del servizio sull’intero territorio, anche mediante l’istituzione di appositi fondi a destinazione vincolata, come dimostra la sequenza di disposizioni contenute in ben cinque decreti-legge – convertiti in legge e peraltro mai oggetto di impugnazione – che sono intervenuti in materia negli ultimi due anni: art. 21, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; art. 21, comma 3, del richiamato decreto-legge n. 98 del 2011; art. 13, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148; art. 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; art. 27, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14; art. 34-undecies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.

In sintesi, dall’entrata in vigore dell’art. 20 del decreto legislativo n. 422 del 1997 – come visto, tuttora vigente – ad oggi, la disciplina di finanziamento del trasporto pubblico locale ha previsto il concorso di diverse fonti: risorse proprie della Regione, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e risorse trasferite mediante fondi istituiti a vario titolo, anche nella fase successiva alla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione. Le norme istitutive e di rifinanziamento di questi ultimi hanno superato indenni lo scrutinio di costituzionalità di questa Corte (n. 222 del 2005), legittimando la persistente vigenza di disposizioni che, a vario titolo, assicurano contributi statali ai fini di un limitato concorso alle spese per il finanziamento del trasporto pubblico locale (a cui si aggiungono compartecipazioni e risorse proprie).

Sempre in via preliminare, occorre poi osservare che la legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) – dichiaratamente rivolta all’attuazione dell’art. 119 Cost. – e il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) non hanno ancora trovato compiuta attuazione, con particolare riferimento alle rinnovate modalità di trasferimento alla fiscalità regionale del finanziamento del trasporto pubblico locale (art. 7, comma 1, lettera e, della legge n. 42 del 2009; artt. 2, commi 2 e 3, e 7, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011).

In particolare, non è stato ancora emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri cui l’art. 13, comma 4, del decreto legislativo n. 68 del 2011 demanda la ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie dell’assistenza, dell’istruzione e del trasporto pubblico locale, nonché dei livelli adeguati del servizio, anche nella materia da ultimo richiamata, previsti all’articolo 8, comma 1, lettera c), della citata legge n. 42 del 2009.

L’intero processo di individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia che le Regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono e dei relativi costi, nonché degli obiettivi di servizio, sulla base della determinazione dei costi e fabbisogni standard, è poi rimesso, dal successivo comma 6 dello stesso art. 13 del d.lgs. n. 68 del 2011, alla Società per gli studi di settore – SOSE s.p.a., in collaborazione con l’ISTAT e avvalendosi della Struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presso il Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO) delle Regioni, secondo la metodologia e il procedimento di determinazione di cui agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province).

I richiamati procedimenti, allo stato attuale ben lungi dal concludersi, costituiscono pertanto condizione necessaria ai fini della compiuta attuazione del sistema di finanziamento delle funzioni degli enti territoriali previsto dall’art. 119 Cost. Ciò determina la perdurante inattuazione di quanto previsto in materia dalla legge n. 42 del 2009, che non può non riflettersi sull’attuazione dell’art. 119 Cost., la quale, quantomeno sotto questo profilo, può dirsi ancora incompiuta.

4.3.– In questo quadro normativo di riferimento vanno inserite le norme impugnate, censurate per l’asserita violazione degli artt. 117 e 119 Cost., atteso che l’art. 16-bis, comma 1, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, quale sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, istituisce il «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale», anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L’aliquota di compartecipazione è applicata alla previsione annuale del predetto gettito e stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in misura tale da assicurare, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, l’equivalenza della dotazione del Fondo stesso al risultato della somma, per ciascuno dei suddetti anni, delle seguenti risorse: a) 465 milioni di euro per l’anno 2013, 443 milioni di euro per l’anno 2014, 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015; b) risorse derivanti da previgenti compartecipazioni al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione e all’accisa sulla benzina, quale fissata per l’anno 2011, al netto della quota di accisa sulla benzina destinata al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale (previste dall’art. 1, commi da 295 a 299, della legge n. 244 del 2007, e dall’art. 3, comma 12, della legge n. 549 del 1995); c) risorse derivanti dallo stanziamento iscritto nel fondo per il finanziamento di spese indifferibili per l’anno 2011 (fondo precedentemente istituito dall’art. 21, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, e rifinanziato dall’art. 30, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011).

Da quanto esposto consegue che, al momento, pur non potendo dirsi determinato né il livello essenziale delle prestazioni del trasporto pubblico locale, né il livello adeguato di servizio, l’esigenza di assicurare la garanzia di uno standard di omogeneità nella fruizione del servizio su tutto il territorio nazionale ha richiesto il costante concorso del legislatore statale al finanziamento delle funzioni riconducibili alla materia in cui si controverte nel presente giudizio.

Quanto a norme istitutive di fondi vincolati totalmente o parzialmente riconducibili al «trasporto pubblico locale», questa Corte ha censurato la disciplina statale limitatamente alla mancanza dell’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell’adozione del decreto ministeriale per la determinazione dei criteri e delle modalità di riparto delle risorse (sentenza n. 222 del 2005), rigettando, invece, le censure mosse in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost. In particolare, nel precedente da ultimo richiamato, questa Corte ha affermato che «nella perdurante situazione di mancata attuazione delle prescrizioni costituzionali in tema di garanzia dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni e degli enti locali, e del vigente finanziamento statale nel settore del trasporto pubblico locale, la disciplina di riferimento è ancora contenuta nell’art. 20 del d.lgs. n. 422 del 1997» (ancora vigente) «che disciplina le modalità di trasferimento delle risorse erogate dallo Stato», e ha pertanto concluso che «ciò appare sufficiente a giustificare l’intervento finanziario dello Stato e la sua relativa disciplina legislativa» (sentenza n. 222 del 2005).

È vero che, con la citata sentenza, questa Corte si è pronunciata su ricorsi proposti nella fase di «perdurante situazione di mancata attuazione» dell’art. 119 Cost.; ciononostante le considerazioni svolte in quella decisione, e dirette a rigettare le censure mosse in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost. avverso norme analoghe a quelle oggi sottoposte allo scrutinio di questa Corte, ben si attagliano anche al caso in esame, stante la perdurante inattuazione della legge n. 42 del 2009 e del decreto legislativo n. 68 del 2011. Infatti, il mancato completamento della transizione ai costi e fabbisogni standard, funzionale ad assicurare gli obiettivi di servizio e il sistema di perequazione, non consente, a tutt’oggi, l’integrale applicazione degli strumenti di finanziamento delle funzioni regionali previsti dall’art. 119 Cost.

Al riguardo, questa Corte ha ben presente il disposto dell’art. 119, quarto comma, Cost., secondo cui le funzioni attribuite alle Regioni sono finanziate integralmente dalle fonti di cui allo stesso art. 119 (tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio e risorse derivanti da un fondo perequativo). Non vanno quindi accolti i rilievi dell’Avvocatura dello Stato, che ha dedotto l’infondatezza delle censure riferite agli artt. 117 e 119 Cost., riconducendo il Fondo istituito dalle norme impugnate alle «risorse aggiuntive», previste dall’art. 119, quinto comma, Cost., che lo Stato ben potrebbe destinare agli enti territoriali per conseguire specifici obiettivi di coesione e solidarietà sociale, e, in quanto tali, necessariamente soggette a specifico vincolo di destinazione. Dalla suesposta descrizione delle caratteristiche strutturali e funzionali del Fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale si desume che lo stesso non è riconducibile a nessuno degli strumenti di finanziamento previsti dall’art. 119 Cost. In particolare, come affermato da questa Corte in riferimento a norme istitutive di fondi analoghi, la "generalità” dei destinatari delle risorse – essendo le stesse ripartite, per quanto interessa, tra "tutti” gli enti regionali – nonché le finalità perseguite consistenti nel finanziamento di funzioni pubbliche regionali, determinano una deviazione sia dal modello del Fondo perequativo da istituire senza vincoli di destinazione – che deve essere indirizzato ai soli «territori con minore capacità fiscale per abitante» (art. 119, terzo comma, Cost.) – sia dalla sfera degli «interventi speciali» e delle «risorse aggiuntive», che lo Stato destina esclusivamente a «determinate» Regioni per finalità enunciate dalla norma costituzionale o comunque per «scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni» (art. 119, quinto comma, Cost.: ex plurimis, sentenze n. 451 del 2006; n. 107 del 2005; n. 423, n. 320, n. 49 e n. 16 del 2004).

Ritiene, peraltro, questa Corte che, nella sottolineata perdurante inattuazione della legge n. 42 del 2009, che non può non tradursi in incompiuta attuazione dell’art. 119 Cost., l’intervento dello Stato sia ammissibile nei casi in cui, come quello di specie, esso risponda all’esigenza di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti tutelati dalla Costituzione stessa (sentenza n. 232 del 2011). Come questa Corte ha già avuto modo di precisare in relazione a norme censurate analoghe a quelle in esame, siffatti interventi si configurano, appunto, come «portato temporaneo della perdurante inattuazione dell’art. 119 Cost. e di imperiose necessità sociali, indotte anche dalla attuale grave crisi economica nazionale e internazionale» (sentenza n. 121 del 2010), che ben possono tutt’oggi essere ritenute giustificazioni sufficienti per legittimare l’intervento del legislatore statale limitativo della competenza legislativa residuale delle Regioni nella materia del trasporto pubblico locale, allo scopo, appunto, di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti tutelati dalla Costituzione stessa (sentenza n. 232 del 2011).

Le suindicate finalità e il contesto nel quale è stato realizzato l’intervento del legislatore statale diretto a garantire un contributo al finanziamento del trasporto pubblico locale, per garantire quelle esigenze di omogeneità nella fruizione del servizio che rispondono ad inderogabili esigenze unitarie, valgono pertanto a differenziare la fattispecie in esame dalle ipotesi, soltanto apparentemente omologhe, in cui il legislatore statale, in materia di competenza regionale, prevede finanziamenti vincolati, ovvero rimette alle Regioni una determinata materia pretendendo poi di fissare anche la relativa disciplina (sentenza n. 10 del 2010).

5.– Occorre ora prendere in esame le censure mosse avverso l’art. 16-bis, commi 1, 5 e 6, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, per violazione dell’art. 120 Cost. e del principio di leale collaborazione.

La questione non è fondata.

5.1.– Quanto all’impugnato comma 1, le censure si appuntano sulla mancata previsione dell’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di determinazione dell’aliquota di compartecipazione al gettito dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina.

Al riguardo, va rilevato che, ancorché il legislatore utilizzi il termine «compartecipazione», nella richiamata disciplina del fondo prevista dall’impugnato comma 1, non si riscontra una compartecipazione delle Regioni al gettito di tributi erariali riferibile ai territori regionali ai sensi dell’art. 119, secondo comma, Cost., quanto piuttosto una "compartecipazione” al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina da parte del fondo istituito nel bilancio dello Stato. Detto fondo, infatti, "compartecipa” direttamente del gettito delle accise, nella misura determinata da un’aliquota che varia in maniera inversamente proporzionale al variare del gettito, in misura tale da assicurare, per ogni anno, l’equivalenza della dotazione del fondo alla somma delle tre voci che, in base al quadro normativo previgente, erano destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale.

La circostanza che vi sia corrispondenza tra il gettito delle accise e l’aliquota mediante la quale determinare le risorse destinate ad alimentare la dotazione del fondo non vale a qualificare tale modalità di finanziamento come "compartecipazione” ai sensi dell’art. 119, secondo comma, Cost., in quanto il gettito delle accise non va direttamente alle Regioni. Né – soprattutto – la norma impugnata richiama in alcun modo l’elemento della territorialità sulla cui base l’art. 119 Cost. qualifica invece la natura delle compartecipazioni stesse, come affermato da questa Corte (tra le tante, sentenze n. 423, n. 37 e n. 17 del 2004).

È ben vero – come asserisce la ricorrente – che le Regioni non risultano coinvolte nel processo di determinazione dell’aliquota di compartecipazione al gettito delle accise e, conseguentemente, delle risorse che vanno ad alimentare il fondo. Ciò si giustifica, tuttavia, in ragione dell’automatismo della disciplina di determinazione della dotazione del fondo, alimentato unilateralmente ed esclusivamente da risorse statali in maniera tale da determinare l’equivalenza della dotazione del fondo stesso alla somma delle tre voci precedentemente destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale.

Ne consegue che l’impugnato comma 1 non è lesivo del principio di leale collaborazione, posta l’evidente sussistenza della competenza statale a disciplinare il fondo nei termini suddetti, che non incide su alcuna competenza della Regione e rende pertanto inapplicabile, nella specie, l’invocato principio di leale collaborazione (sentenza n. 297 del 2012).

5.2.– È censurato anche il comma 5 dello stesso art. 16-bis, il quale prevede che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentita la Conferenza unificata, entro il 30 giugno di ciascun anno, siano ripartite le risorse del fondo istituito, previo espletamento delle verifiche effettuate sugli effetti prodotti dal piano di riprogrammazione dei servizi adottato da ciascuna Regione ai sensi di quanto previsto dal comma 4.

La ricorrente lamenta il mancato ricorso all’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell’adozione del suddetto decreto.

Va osservato che, ai fini del riparto e del concreto trasferimento delle risorse, la disposizione impugnata si configura in termini meramente applicativi dei puntuali criteri concordati, previa intesa in sede di Conferenza, secondo il procedimento disciplinato dal precedente comma 3, informato al rispetto del principio di leale collaborazione, considerato che individua nell’intesa il presupposto necessario ai fini del pieno coinvolgimento delle Regioni nella determinazione dei criteri da adottare per l’attribuzione delle risorse.

Questa Corte, infatti, ha dichiarato costituzionalmente illegittime norme che disciplinavano i criteri e le modalità ai fini del riparto o della riduzione di fondi e trasferimenti destinati ad enti territoriali, nella misura in cui, rinviando a fonti secondarie di attuazione, non prevedevano "a monte” lo strumento dell’intesa con la Conferenza unificata non solo in caso di intreccio di materie, riconducibili alla potestà legislativa statale e regionale (ex plurimis, sentenza n. 168 del 2008), ma anche in caso di potestà legislativa regionale residuale (ex plurimis, sentenze n. 27 del 2010; nonché, in specifico riferimento al trasporto pubblico locale, n. 222 del 2005), affermando costantemente la necessità dell’intesa (tra le tante, sentenze n. 182 e n. 117 del 2013).

Interpretata in questi termini, la norma impugnata sfugge alle censure della ricorrente Regione Veneto, in quanto è finalizzata a garantire l’effettiva erogazione delle risorse in maniera meramente applicativa ed esecutiva di criteri già stabiliti previa intesa, rendendo, nella specie, già soddisfatto l’invocato principio di leale collaborazione (in senso conforme, tra le tante, sentenza n. 297 del 2012).

5.3.– Non sono fondate neppure le censure mosse avverso il comma 6, il quale prevede che, nelle more dell’emanazione del decreto del Ministro dei trasporti, con cui vanno ripartite le risorse del fondo ai sensi di quanto previsto dal precedente comma 5, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, venga ripartito a titolo di anticipazione tra le Regioni a statuto ordinario il 60 per cento dello stanziamento del fondo, e che le risorse ripartite siano oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi a seguito delle verifiche circa il grado di efficientamento del servizio in base ai parametri indicati al comma 3.

Anche in relazione a tale norma, la Regione Veneto lamenta il mancato ricorso all’intesa in sede di Conferenza unificata ai fini dell’adozione del menzionato decreto.

In realtà, la richiamata disciplina si configura in termini meramente esecutivi e applicativi rispetto ai criteri individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma 3 – emanato previa intesa in Conferenza – valendo, a fortiori, gli argomenti richiamati per la disciplina dettata dal comma 5, che consentono, fondatamente, di interpretare la norma impugnata in maniera tale da sfuggire alle censure della ricorrente. Il comma 6 disciplina, infatti, un procedimento di mera anticipazione di risorse, tale da postulare il coinvolgimento della Conferenza ai fini della realizzazione della leale cooperazione, ma non già da richiedere l’intesa. Ben potrebbero, tra l’altro, essere effettuate successive compensazioni rispetto a quanto attribuito alle Regioni a titolo di anticipazione.

Interpretata in questi termini, la disposizione del comma 6 sfugge alle censure della ricorrente Regione Veneto.

6.– L’istanza di sospensione dell’efficacia delle norme impugnate, formulata dalla ricorrente Regione Veneto nel secondo ricorso, rimane assorbita dalla decisione di inammissibilità e di non fondatezza nel merito delle censure proposte (ex plurimis, sentenze n. 299 del 2012, n. 263, n. 190 e n. 189 del 2011).

[ELG:DISPOSITIVO]

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;

riuniti i giudizi,

1) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, per violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione, nonché dell’articolo 7, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e degli articoli 1, commi 2 e 3, 7, comma 1, e 32, comma 4, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), con il ricorso registrato al n. 151 del 2012;

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promosse dalla Regione Veneto, per violazione degli articoli 3 e 97 Cost., con il ricorso registrato al n. 34 del 2013;

3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, per violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione, con il ricorso registrato al n. 34 del 2013;

4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis, commi 1, 5 e 6, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, promosse dalla Regione Veneto, per violazione dell’articolo 120 Cost. e del principio di leale collaborazione, con il ricorso registrato al n. 34 del 2013.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2013.

[ELG:FIRME]

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Sergio MATTARELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2013.