SENTENZA
N. 293
ANNO
2011
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
-          Alfonso                     QUARANTA                                 Presidente
-          Alfio                          FINOCCHIARO                             Giudice
-          Franco                       GALLO                                                  "
-          Luigi                          MAZZELLA                                          "
-          Gaetano                     SILVESTRI                                           "
-          Sabino                       CASSESE                                              "
-          Giuseppe                   TESAURO                                             "
-Â Â Â Â Â Â Â Â Â Â Paolo
Maria               NAPOLITANO                                     "
-          Alessandro                CRISCUOLO                                        "
-          Paolo                         GROSSI                                                 "
-          Giorgio                      LATTANZI   Â
                                        "
-          Aldo                          CAROSI                                                 "
-          Marta                         CARTABIA                                           "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimitĂ
costituzionale dellâarticolo 11, commi 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitivitĂ economica), convertito, con modificazioni, dallâart. 1,
comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promossi
dal Tribunale di Reggio Emilia con ordinanza del 17 settembre 2010, dal
Tribunale di Parma con due ordinanze del 30 ottobre 2010, dal Tribunale di
Alessandria con ordinanza del 18 gennaio 2011, dal Tribunale di Tempio Pausania
con ordinanza del 13 gennaio 2011 e dal Tribunale di Alessandria con ordinanza
del 15 dicembre 2010, rispettivamente iscritte ai nn. 17, 57, 58, 88, 97 e 98
del registro ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 6, 15, 22 e 25, prima serie speciale, dellâanno 2011.
Visti gli atti di
costituzione di C.T., di L.F., nonchĂ© gli atti di intervento dellâAMEV,
Associazione Malati Emotrasfusi e Vaccinati, ed altri, del Coordinamento
nazionale danneggiati da vaccino e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nellâudienza
pubblica del 4 ottobre 2011 e nella camera di consiglio del 5 ottobre 2011 il
Giudice relatore Alessandro Criscuolo;
uditi gli
avvocati Vittorio Angiolini e Paola Soragni per C.T.,
Mario Melillo e Anton Giulio Lana per L.F. e lâavvocato dello Stato Marina
Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. â Il Tribunale di Reggio Emilia, in
funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 17 settembre 2010 (r. o. n.
17 del 2011) ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 25, primo comma,
32, 102, 104, 111 e 117 della Costituzione, questioni di legittimitĂ
costituzionale dellâarticolo 11, commi 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di
competitivitĂ economica) convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122.
1.1. â Il giudice a quo premette che nel giudizio principale il ricorrente, quale
beneficiario dellâindennizzo previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210
(Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo
irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e
somministrazione di emoderivati), avendo contratto epatite HCV a seguito di
trasfusioni, ha chiesto lâaccertamento del diritto a riscuotere la
rivalutazione monetaria, sulla base del tasso di inflazione programmato,
dellâindennitĂ integrativa speciale di cui allâart. 2, comma 2, della medesima
legge, costituente parte integrante dellâindennizzo in godimento.
Il rimettente pone in evidenza come la
questione, concernente la rivalutazione della componente prevista dallâart. 2,
comma 2, della legge n. 210 del 1992, sia stata oggetto in giurisprudenza di
decisioni contrastanti. In particolare, con la sentenza del 28 luglio 2005, n.
15894, la Corte di cassazione, sezione lavoro, ha affermato la necessitĂ della
rivalutazione, secondo il tasso annuale di inflazione programmata,
dellâindennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992, anche con riferimento alla
componente di cui al comma 2, dellâart. 2 della medesima legge, rilevando che
una diversa interpretazione non sarebbe conforme ai principi costituzionali, in
quanto la misura dellâindennizzo, se non rivalutata per intero nelle sue
componenti, non sarebbe equa rispetto al danno subito, da rapportare al
pregiudizio alla salute, tanto piĂč che gli aumenti Istat dellâindennizzo â al
netto dellâindennitĂ integrativa speciale â sono modesti e lâindennitĂ stessa Ăš
rimasta ferma a lire 1.991.765, pari a euro 1.028,66 (corrispondente al valore
di due mensilitĂ , in quanto lâindennizzo Ăš corrisposto ogni due mesi).
Diversamente, con la sentenza del 13 ottobre 2010 (recte: 2009) n. 21703, la Corte di cassazione, sezione lavoro, si Ăš
discostata dal precedente orientamento, ritenendo non rivalutabile la
componente di cui allâart. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992.
Il rimettente sottolinea che, nonostante
questâultima interpretazione, le Corti di merito continuano ad adeguarsi al
precedente orientamento, riconoscendo la rivalutazione monetaria dellâintero
indennizzo.
Il giudice a quo, dopo aver riportato il contenuto delle disposizioni
censurate, la cui adozione sarebbe scaturita dalla riferita difformitĂ
interpretativa in ordine allâart. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992, pone
in rilievo come, sulla base di tale intervento normativo, il ricorso
introduttivo del giudizio principale sarebbe da rigettare. Da qui la rilevanza
della questione di legittimitĂ costituzionale.
Sotto il profilo della non manifesta
infondatezza, il rimettente, nel condividere lâorientamento giurisprudenziale
di cui alle sentenze della Corte di cassazione, sezione lavoro, del 28 luglio
2005, n. 15894 e del 27 agosto 2007, n. 18109, osserva che, ai sensi di quanto
disposto dallâart. 2 della legge n. 210 del 1992, entrambe le componenti
dellâindennizzo dovrebbero essere rivalutate annualmente secondo il tasso di
inflazione programmato, in quanto: 1) lâindennizzo deve essere inteso nella sua
globalitĂ e, dunque, rivalutato in entrambe le sue parti; infatti, anche se la
disposizione che prevede la rivalutazione automatica Ăš collocata nel primo
comma dellâart. 2, ove Ăš prevista la corresponsione dellâassegno reversibile, Ăš
anche vero che la rivalutazione annuale Ăš riferita allâindennizzo di cui
allâart. 1, comma 1, ovvero al trattamento nella sua interezza, comprensivo anche
della componente di cui al secondo comma; 2) lâindennitĂ integrativa speciale
portava con sé il meccanismo di adeguamento delle retribuzioni al costo della
vita «nella sua originaria struttura», ma successivamente essa Ú stata
snaturata con il cosiddetto «taglio della scala mobile», per cui non câĂš
ragione di non rivalutarne lâimporto; 3) questa interpretazione sarebbe
«costituzionalmente orientata», garantendo la tutela del diritto alla salute ai
sensi dellâart. 32 Cost.
Pertanto, ad avviso del giudice a quo, la norma censurata, pur
qualificandosi come di interpretazione autentica, in realtĂ introdurrebbe una
vera e propria modifica legislativa con violazione dellâart. 3 Cost. sotto il
profilo della ragionevolezza e uguaglianza di trattamento, degli artt. 32 e 117
Cost., degli artt. 101, 102 e 104 Cost., interferendo con funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario, nonchĂ© dellâart. 24 Cost.
creando un discrimine nella tutela giudiziaria riservata a tutti i cittadini.
Sarebbero, poi, violati gli artt. 2, 14, 35 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dellâuomo e delle libertĂ fondamentali, ratificata e
resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848.
1.2. â In particolare, il citato art.
11, commi 13 e 14, violerebbe lâart. 3 Cost. sotto il profilo della illegittima
disparitĂ di trattamento tra coloro il cui indennizzo ai sensi della legge n.
210 del 1992 (avente finalitĂ assistenziali e non risarcitorie), per effetto
del d.l. n. 78 del 2010, non potrĂ essere rivalutato e coloro che percepiscono
lâindennizzo rivalutato sulla base delle numerose sentenze conformi
allâorientamento giurisprudenziale sopra riferito, nonchĂ© tra i titolari di
indennizzo, ai sensi della legge n. 210 del 1992, non rivalutato e gli altri titolari
di prestazioni pensionistiche e assistenziali, in particolar modo i vaccinati
(art. 1 , comma 4, della legge del 29 ottobre 2005, n. 229, recante
«Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da
complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie») e i
soggetti affetti da sindrome da talidomide (art.1,
comma 4, del decreto ministeriale del 2 ottobre 2009, n. 163 recante
«Regolamento di esecuzione dell'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre
2007, n. 244, che riconosce un indennizzo ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dellâomonimo
farmaco»), per i quali lâindennizzo Ăš integralmente rivalutato ex lege.
Le disposizioni censurate si porrebbero,
altresĂŹ, in contrasto con lâart. 117, primo comma, Cost. per violazione delle
norme convenzionali di cui agli artt. 2 e 14 della CEDU, (recte: Carta UE). In particolare, lâart. 2 della CEDU tutela il
diritto alla vita e lâart. 14 di essa pone il divieto di ogni discriminazione.
Secondo lâinterpretazione della Corte europea dei diritti dellâuomo, una
distinzione sarebbe «discriminatoria», ai sensi della norma suddetta, se manca
di una giustificazione obiettiva e ragionevole e «se essa non persegua uno
scopo legittimo o se non câĂš un rapporto di ragionevole proporzionalitĂ tra i
mezzi impiegati e lo scopo che si Ú prefissata» (CEDU,
sentenza 1° dicembre 2009, in causa G.N. e altri contro Italia). Ad avviso
del rimettente, sarebbe palesemente irragionevole e illegittima la
discriminazione tra coloro che hanno giĂ ottenuto la rivalutazione
dellâindennizzo ai sensi della legge n. 210 del 1992 e coloro che sono ancora
in attesa del riconoscimento e tra questi ultimi e gli altri titolari di
indennizzo, in particolar modo i vaccinati e gli affetti da sindrome da talidomide.
1.3. â Il rimettente ritiene che lâart.
11, commi 13 e 14, del d.l. n. 78 del 2010 violi anche il diritto alla salute
sancito dallâart. 32 Cost., in quanto la misura dellâindennizzo, ritenuta non
rivalutabile per intero nelle sue componenti, non sarebbe equa rispetto al
danno subito da rapportare al pregiudizio alla salute, tanto piĂč che gli
aumenti Istat dellâindennizzo (al netto dellâindennitĂ integrativa speciale)
dal 1992 in poi sarebbero stati modesti e lâindennitĂ nel periodo in questione
sarebbe stata ferma ad euro 1.028,66 (bimestrali).
Il giudice a quo pone in evidenza, al riguardo, che lâindennizzo ex lege n. 210 del 1992 Ăš composto da
due parti: lâindennizzo «in senso stretto», di cui al comma 1, dellâart. 2,
soggetto a rivalutazione (e costituente solo il 5 per cento dellâintero
indennizzo) e la somma corrispondente allâindennitĂ integrativa speciale di cui
al comma 2, del medesimo articolo, non rivalutata (costituente il 95 per cento
circa dellâindennizzo totale). La rivalutazione di una quota minima
dellâindennizzo avrebbe comportato una progressiva e ingiustificata perdita di
valore delle somme originariamente stabilite a titolo di indennizzo a favore
del soggetto danneggiato irreversibilmente da HIV, epatite post-trasfusionale e
da vaccinazione.
In particolare, il rimettente precisa
che la tabella utilizzata dal Ministero della salute prevede la rivalutazione
del solo «indennizzo in senso stretto di cui alla tab. B» (art. 2, comma 1,
della legge n. 210 del 1992) per cui, dal 1992 al 2009, lâindennizzo mensile Ăš
aumentato soltanto di otto euro (dagli originari 542,20 euro a 550,20 euro), in
quanto lâimporto originariamente previsto a titolo di indennitĂ integrativa
speciale Ăš rimasto fisso ad euro 1.028,66 bimestrali, con una perdita di circa
150 euro mensili a causa della intercorsa svalutazione monetaria.
Il giudice a quo sottolinea che, proprio al fine di preservare nel tempo
lâoriginario importo stabilito dal legislatore del 1992, la legge del 25 luglio
1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in
materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie,
trasfusioni ed emoderivati) e giĂ prima il decreto-legge del 23 ottobre 1996,
n. 548 (Interventi per le
aree depresse e protette, per manifestazioni sportive internazionali, nonché modifiche
alla legge 25 febbraio 1992, n. 210), hanno introdotto il meccanismo della rivalutazione
annuale dellâindennizzo secondo il T.I.P. (tasso di
inflazione annualmente programmato). La rivalutazione dellâindennizzo nella sua
globalitĂ doveva assicurare la non alterazione del valore originariamente
fissato ex lege, trattandosi di
indennizzo vitalizio con finalitĂ assistenziali e non risarcitorie.
Pertanto, ad avviso del giudice a quo, le disposizioni censurate violano
lâart. 32 Cost. in quanto cristallizzano lâimporto dellâindennizzo ai valori
del 1992, determinandone una progressiva erosione a causa della svalutazione
monetaria e non garantendo un indennizzo equo e ragionevole.
Per le medesime ragioni le disposizioni
in oggetto si porrebbero in contrasto con lâart. 117, primo comma, Cost. per
violazione dellâart. 35 della CEDU (recte:
della Carta UE), che tutela la salute come «bene primario» cui garantire «un
elevato livello di protezione» nella definizione e nellâattuazione di tutte le
politiche e le attivitĂ dellâUnione.
1.4 â Il citato art. 11, commi 13 e 14,
violerebbe anche gli artt. 24, 25, primo comma, 102, 104 e 111 Cost.
Ad avviso del rimettente, stante
lâingerenza, attraverso le disposizioni censurate, del potere legislativo su
quello giudiziario, sarebbero lese lâindipendenza e lâautonomia della funzione
giudiziaria, con conseguente violazione degli artt. 102, 104, 111 Cost., nonché
il principio del giudice naturale precostituito per legge, con violazione
dellâart. 25, primo comma, Cost. e, infine, il diritto del cittadino ad un
giusto processo, tutelato dallâart. 111 Cost. e dagli artt. 6 CEDU e 47 Carta
UE.
Inoltre, le disposizioni in esame si
porrebbero in contrasto anche con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto sarebbe
vanificato il diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale. In
particolare, il citato articolo 11, commi 13 e 14, nel fare salve le pronunce
giurisdizionali passate in giudicato alla data di entrata in vigore della
norma, crea una disparitĂ ingiustificata di trattamento tra coloro che hanno
giĂ adito lâautoritĂ giudiziaria, percorrendo tutti i gradi di giudizio e
ottenendo una pronuncia favorevole alla rivalutazione, e coloro che sono ancora
sub iudice
o che non hanno ancora adito lâautoritĂ giurisdizionale ovvero che hanno ottenuto
sentenze favorevoli non passate in giudicato.
Ulteriore argomento a sostegno di tale
censura Ăš quello per cui il ius
superveniens comporterebbe di fatto una estinzione dei processi in corso
(con compensazione delle spese o, peggio, la condanna del ricorrente) e dunque
una sostanziale vanificazione della «via giurisdizionale quale mezzo per
attuare un diritto preesistente», con violazione del diritto di azione di cui
allâart. 24 Cost.
Il contrasto si porrebbe non solo con riguardo
agli artt. 3 e 24 Cost., ma anche agli artt. 102 e 113 (recte: 111) Cost., in
quanto lâestinzione automatica di tutti i giudizi pendenti â con compensazione
delle spese o addirittura con la condanna del ricorrente, in quanto ex lege si Ăš avuta una negazione del
diritto di questâultimo, con soccombenza virtuale dellâassistito â
comporterebbe una illegittima interferenza del potere legislativo nella sfera
della giurisdizione.
2. â Con memoria depositata in data 18
febbraio 2011 si Ăš costituito in giudizio T.C., chiedendo lâaccoglimento della
sollevata questione di legittimitĂ costituzionale.
La parte privata, nel condividere le
argomentazioni sottese alla ordinanza di rimessione, si sofferma
sullâinquadramento della fattispecie, anche alla luce della giurisprudenza
della Corte costituzionale. Al riguardo, pone in evidenza come al diritto
dellâindividuo a misure di sostengo assistenziale, ai sensi degli artt. 2 e 38
Cost., si contrapponga il diritto dellâindividuo ad un equo indennizzo,
discendente dagli artt. 2 e 32 Cost., nellâipotesi di danno irreversibile, non
derivante da fatto illecito, che sia stato subito in conseguenza
dellâadempimento di un obbligo legale (sentenza n. 118 del
1996).
In particolare, il diritto
costituzionale allâindennizzo, il quale trova fondamento negli artt. 2 e 32
Cost., Ú quello connesso ai danni non «tollerabili», in quanto eccedenti «la
temporaneità e scarsa entità » (sentenza n. 307 del
1990), che lâindividuo riporti a seguito di trattamenti sanitari
obbligatori ovvero di trattamenti promossi dalla pubblica autoritĂ nellâambito
di un programma di politica sanitaria, per un interesse della collettivitĂ (sentenza n. 27 del
1998). In tal caso, i soggetti pubblici si assumono il rischio del danno al
diritto fondamentale della salute dellâindividuo, che risulta leso per effetto
di trattamenti sanitari leciti (obbligatori o promossi dalla pubblica autoritĂ
per interesse della collettivitĂ ). Con particolare riguardo al diritto
allâindennizzo dovuto a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti
post-trasfusionali (HCV), lo stesso non risulterebbe direttamente assimilabile
ad un "diritto costituzionaleâ scaturente dagli artt. 2 e 32 Cost., ma sarebbe
riportabile ad una scelta discrezionale del legislatore, soggetta al controllo
della Corte sotto il profilo del rispetto della paritĂ di trattamento e del
nucleo minimo di garanzia (sentenza n. 226 del
2000), nonché sotto il profilo della ragionevolezza (sentenza n. 432 del
2005) ovvero della "ragionevoleâ modulazione della disciplina rispetto agli
scopi perseguiti.
In merito la Corte costituzionale, dopo
avere individuato la ratio
dellâindennizzo per danno da emotrasfusione nella «insufficienza dei controlli
sanitari fino ad allora predisposti», con assunzione da parte del soggetto
pubblico del rischio del danno irreversibile al «diritto fondamentale
dellâindividuo», ha esteso la applicabilitĂ della norma di cui allâart. 1 della
legge n. 210 del 1992, anche agli operatori sanitari che, in occasione del
servizio e durante il medesimo, abbiano riportato danni permanenti alla
integritĂ psico-fisica, a seguito di contatto con sangue e suoi derivati
provenienti da soggetti affetti da epatiti (sentenza n. 476 del
2002) e ai soggetti che presentino danni irreversibili derivanti da epatite
contratta a seguito di somministrazione di derivati del sangue (sentenza n. 28 del
2009).
Si tratterebbe, dunque, di una ratio e di un fondamento paralleli, e
non coincidenti, con quelli dellâindennizzo dovuto nel caso di "obbligo legaleâ
di trattamento sanitario o in situazioni equiparate. La parte privata
sottolinea come anche lâindennizzo per il danno da epatite (HVC) da
emotrasfusione sia indissolubilmente connesso alla tutela della salute ex art. 32 Cost. e, sia pure per la
scelta discrezionale del legislatore su come attuare la tutela sanitaria
medesima, trovi in essa specifico fondamento.
Si evidenzia, altresĂŹ, come la
previsione dellâindennizzo ai soggetti che presentino danni irreversibili
derivanti da epatite da emotrasfusione rappresenti il corollario logico e
ragionevole di un assetto normativo â legge del 21 ottobre 2005, n. 219 (Nuova
disciplina delle attivitĂ trasfusionali e della produzione nazionale degli
emoderivati); legge del 4 maggio 1990, n. 107 (Disciplina per le attivitĂ
trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la
produzione di plasma derivati); decreto-legge del 30 ottobre 1987, n. 443
(Disposizioni urgenti in materia sanitaria), convertito dalla legge del 29
dicembre 1987, n. 531; legge del 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio
sanitario nazionale); decreto del Presidente della Repubblica del 24 agosto
1971, n. 1256 (Regolamento per l'esecuzione della L. 14 luglio 1967, n. 592,
concernente la raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano); legge
del 14 luglio 1967, n. 592 (Raccolta, conservazione e distribuzione del sangue
umano) â congegnato con controlli sullâattivitĂ emotrasfusionale
e sullâuso di sostanze ematiche o emoderivati a scopo terapeutico, con
conseguente assunzione in capo al soggetto pubblico, che quei controlli Ăš
tenuto a far funzionare, del rischio del danno intollerabile al «diritto
fondamentale dellâindividuo».
Che la ratio dellâindennizzo del danno da emotrasfusione sia da rinvenire
nel malfunzionamento delle terapie e nella insufficienza dei controlli sulle
stesse esercitate, si evincerebbe anche avuto riguardo ai requisiti richiesti
dallâart. 1, comma 3, della legge n. 210 del 1992, individuati nella
irreversibilitĂ del danno e nel necessario nesso causale tra lâuso terapeutico
delle sostanze ematiche e il danno stesso (lâepatite deve essere
post-trasfusionale).
Il principio del libero consenso ai
trattamenti sanitari comporterebbe anche che esso si formi correttamente e sia
pertanto "informatoâ (art. 3 della legge n. 219 del 2005), per cui i soggetti
che abbiano riportato danni irreversibili, derivanti da epatite da
emotrasfusione, devono essere indennizzati in quanto il consenso che hanno dato
al trattamento si Ăš retto sulla premessa ingannevole che il rischio da
"malattie trasmissibiliâ sarebbe stato scongiurato da "sufficienti controlliâ
pubblici. A tale indennizzo, sotto il profilo della ratio e del fondamento, sarebbe assimilabile quello dei soggetti
affetti da sindrome da talidomide (art. 2, comma 363,
della legge 27 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato â legge finanziaria 2008), che ha esteso
lâapplicazione della legge n. 229 del 2005), determinata dalla somministrazione
dellâomonimo farmaco, in quanto, anche in tal caso, lâindennizzo troverebbe
fondamento nellâerroneo affidamento ingenerato, in ordine alla scelta di
assunzione del farmaco, da controlli pubblici rivelatisi, a posteriori, insufficienti a prevenire il rischio farmacologico
cui erano destinati.
Quanto alle singole censure, la parte
privata osserva, in primo luogo, che Ăš ingiustificata la disparitĂ di
trattamento (assunta violazione degli artt. 2, 3, 32, 38 Cost., nonché degli
artt. 2 e 14 della CEDU in relazione allâart. 117, primo comma, Cost.) tra i
titolari di indennizzo per danni da emotrasfusione (o somministrazione di
derivati del sangue), per i quali Ăš esclusa la integrale rivalutazione secondo
il tasso di inflazione, e i vaccinati e/o i soggetti affetti da sindrome da talidomide, per i quali lâindennizzo Ăš rivalutato
integralmente ex lege. In
particolare, la irragionevolezza della discriminazione emergerebbe con riguardo
alla diversa disciplina dellâindennizzo concernente la sindrome da talidomide, che presenta ratio e fondamento omologhi a quelli dellâindennizzo per danno da
emotrasfusione.
In ordine alla censura concernente la
incidenza delle disposizioni censurate sulla misura dellâindennizzo per danno
da emotrasfusione, in termini di equitĂ (assunta violazione degli artt. 32
Cost. e 35 della Carta UE in relazione allâart. 117, primo comma, Cost.), la
parte privata ritiene che la esclusione della rivalutazione di una componente
dellâindennizzo (ossia della somma corrispondente allâimporto dellâindennitĂ
integrativa speciale) verrebbe a contraddire irragionevolmente la finalitĂ e i
presupposti legislativamente assegnati allâindennizzo stesso, in quanto non
garantirebbe lâadeguamento nel tempo di questâultimo, ancorchĂ© ritenuto equo in
partenza. Invero, lâindennizzo, nella sua interezza, sarebbe suscettibile di rivalutazione
annuale secondo il tasso di inflazione programmato, ai sensi dellâart. 2, comma
1, della legge n. 210 del 1992, e nessun riflesso avrebbe comportato il
cosiddetto «blocco della scala mobile», relativo alla indennità integrativa
speciale, in quanto il riferimento ad essa, ai sensi dellâart. 2, comma 2,
della medesima legge, varrebbe soltanto come criterio per stabilire la somma
destinata ad integrare lâindennizzo.
Infine, riguardo alla assunta indebita
interferenza dellâattivitĂ legislativa con quella giurisdizionale, la parte
privata osserva, in particolare, che lâart. 11, comma 14, del d.l. n. 78 del
2010, lungi dal concretare una norma "interpretativaâ, detterebbe una
disciplina transitoria che scinde lâapplicazione della disposizione censurata
da quella che essa dovrebbe interpretare e che dovrebbe continuare ad essere
applicata nel significato reso chiaro dalla norma "interpretativaâ.
3. â Con atto depositato in data 22
febbraio 2011, Ăš intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri, rappresentato
e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata.
3.1. â In primo luogo, la difesa
erariale eccepisce il carattere generico della motivazione in ordine alla non
manifesta infondatezza con riferimento allâart. 2 Cost. (recte: della CEDU), agli
artt. 25, primo comma, 102, 104, 111 Cost. e agli artt. 6 della CEDU e 47 della
Carta UE.
3.2. â Nel merito, ad avviso del
Presidente del Consiglio dei ministri, la questione non sarebbe fondata.
In particolare, in ordine alla dedotta
violazione degli artt. 3 Cost. e 14 CEDU, in combinato disposto con lâart. 117,
primo comma, Cost., sotto il profilo del principio di uguaglianza e del divieto
di discriminazione, la difesa dello Stato osserva che la norma interpretativa
censurata â lungi dal creare una disparitĂ di trattamento tra i titolari di
indennizzo ex lege n. 210 del 1992,
destinati, per effetto del d.l. n. 78 del 2010, a percepire il beneficio senza
la rivalutazione della componente commisurata allâindennitĂ integrativa
speciale, e i titolari del medesimo indennizzo, che lo percepiscano maggiorato
della rivalutazione della componente commisurata allâindennitĂ integrativa
speciale per effetto di sentenze passate in giudicato â costituirebbe veicolo di perequazione del trattamento di
tali due categorie. Infatti, dopo lâentrata in vigore dellâart. 11, commi 13 e
14, del d.l. n. 78 del 2010, lâincremento periodico dellâindennitĂ integrativa
speciale non troverebbe piĂč titolo nĂ© nellâart. 2, comma 2, della legge n. 210
del 1992, per come interpretato autenticamente, né nei giudicati i cui effetti
sono fatti salvi solo per i periodi da essi definiti, né, infine, nei
provvedimenti amministrativi la cui efficacia Ăš cessata a decorrere
dallâentrata il vigore del d.l. n. 78 del 2010.
Il comma 14 dellâart. 11 del d.l. n. 78
del 2010 farebbe, infatti, salva la giĂ intervenuta corresponsione
dellâadeguamento dellâindennitĂ integrativa speciale per il periodo coperto
dalla sentenza, nel rispetto del principio dellâintangibilitĂ del giudicato,
disponendo, al tempo stesso, per il futuro la perdita di efficacia dei
provvedimenti amministrativi che dispongano lâadeguamento della detta
indennitĂ .
La difesa dello Stato precisa al
riguardo che, stante il consolidamento dellâorientamento giurisprudenziale nel
senso della spettanza della rivalutazione della indennitĂ in questione
(Cassazione, sezione lavoro, sentenze del 27 agosto 2007, n. 18109 e del 28
luglio 2005, n. 15894), il Ministero della salute, con una direttiva dellâ8
aprile 2008, aveva stabilito che, nel dare attuazione ai titoli esecutivi che
riconoscessero il diritto alla rivalutazione di essa, si dovesse estendere la
corresponsione dellâadeguamento, non solo al periodo coperto dal titolo
esecutivo, ma anche al futuro.
Ad avviso della Presidenza del Consiglio
dei ministri, lâart. 11, comma 14, dispone la cessazione dellâefficacia proprio
di quei provvedimenti adottati in esecuzione della direttiva ministeriale
dellâ8 aprile 2008, fermi restando gli effetti da essi prodotti fino alla data
di entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010 e gli effetti esplicati da
sentenze passate in giudicato per i periodi da esse definiti. Ne conseguirebbe
che i titolari di indennizzo che hanno ottenuto in passato giudicati favorevoli
â i cui effetti sono salvi solo per i periodi da essi definiti â e che abbiano
continuato a percepire lâindennizzo comprensivo della rivalutazione
dellâindennitĂ per effetto di provvedimenti adottati in base alla direttiva
ministeriale 8 aprile 2008, dopo lâentrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010
riceveranno lâindennizzo ricalcolato alla luce del significato dellâart. 2,
comma 2, della legge n. 210 del 1992, come esplicitato dalla legge di
interpretazione. Lâindennizzo effettivamente corrisposto dovrĂ essere quindi
quantificato per tutti gli aventi diritto senza lâadeguamento dellâindennitĂ
integrativa speciale, tornando allâimporto originario erogato ai titolari
dellâindennizzo che non abbiano mai ottenuto un titolo esecutivo che riconoscesse
loro il diritto alla rivalutazione della componente commisurata a detta
indennitĂ .
Con riguardo allâulteriore profilo in
cui si manifesterebbe la dedotta violazione del principio di eguaglianza,
ovvero la pretesa disparitĂ di trattamento tra i titolari dellâindennizzo ex lege n. 210 del 1992 non rivalutato e
gli altri titolari di prestazioni pensionistiche e assistenziali, in particolar
modo i vaccinati (art. 1, comma 4, della legge n. 229 del 2005) ed i soggetti
affetti da sindrome da talidomide (art. 1, comma 4,
del d.m. n. 163 del 2009, attuativo dellâart. 2,
comma 363, della legge n. 244 del 2007), per i quali lâindennizzo Ăš
integralmente rivalutato ex lege, la
difesa erariale osserva che si tratterebbe di categorie non equiparabili tra
loro, in quanto il diverso beneficio indennitario nascerebbe differenziato ab origine, essendo il rispettivo
ammontare comunque diverso, a prescindere dalla rivalutabilitĂ
o meno della componente commisurata allâindennitĂ integrativa speciale inclusa
nella base di calcolo. In particolare, i soggetti danneggiati da vaccino ex art. 1, comma 1, della legge n. 210
del 1992 e i soggetti affetti da «sindrome da talidomide»
avrebbero diritto, in ogni caso, ad un importo maggiore rispetto ai soggetti
elencati nei commi 2 e seguenti dellâart. 1 della legge n. 210 del 1992, ovvero
ad un importo che per i "talidomidiciâ Ăš multiplo
dellâindennizzo-base di cui allâart. 2 della legge n. 210 del 1992 e per i
vaccinati si aggiunge a questâultimo. La previsione di una differente
quantificazione dellâindennizzo per le diverse categorie di aventi diritto allo
stesso beneficio rientrerebbe nella discrezionalitĂ del legislatore, avuto
riguardo alla diversa fattispecie genetica del danno, al diverso grado di
partecipazione dello Stato nella sua causazione e
alla diversa percezione, in termini di solidarietĂ sociale, dellâesigenza di
"socializzareâ, attraverso lo strumento indennitario, il pregiudizio alla
salute prodottosi. Peraltro, ad avviso della difesa erariale, qualora si
dovesse riconoscere la rivalutazione della componente commisurata allâindennitĂ
in questione dellâindennizzo, la diversa entitĂ dei benefici indennitari denunciata dal rimettente resterebbe ferma,
atteso che lâindennitĂ integrativa speciale inclusa nel calcolo dellâindennizzo
spettante ai vaccinati e ai "talidomidiciâ subirebbe,
in tal modo, una doppia rivalutazione, essendo lâindennizzo spettante a queste
categorie comunque interamente rivalutato ex
lege.
3.3. â Quanto alla assunta violazione
degli artt. 32 Cost. e 35 della CEDU (recte
Carta UE), per insufficienza dellâindennizzo, quantificato secondo quanto
disposto dalla norma interpretativa, rispetto al diritto alla salute (sentenze n. 307 del 1990
e n. 118 del 1996),
la difesa dello Stato osserva che la stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 27 del
1998 (nel dichiarare non fondata la questione di legittimitĂ costituzionale
dellâart. 2 , comma 2, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui non
prevede gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dellâassegno una tantum ivi previsto in favore del
danneggiato da vaccinazione) ha affermato che rientra nella discrezionalitĂ del
legislatore operare le valutazioni nella predisposizione dei mezzi necessari a
fare fronte agli obblighi dello Stato in materia di diritti sociali, mentre
compete alla Corte garantire la misura minima essenziale di protezione dei
diritti, potendo valutare lâequitĂ dellâindennizzo nel senso di verificare se
esso risulti o meno «tanto esiguo da vanificare, riducendolo ad un nome privo
di concreto contenuto, il diritto allâindennizzo stesso, diritto che, da un
punto di vista costituzionale, Ăš stabilito nellâan ma non nel quantum ».
Se, dunque, la Corte costituzionale ha
ritenuto che la mancata previsione del diritto agli interessi e alla
rivalutazione sullâassegno una tantum
non ne comporti lâiniquitĂ , ciĂČ, ad avviso del Presidente del Consiglio dei
ministri, dovrebbe valere anche nel caso della mancata previsione della
rivalutazione automatica di una sola componente dellâindennizzo, stante
lâidentitĂ di scopo dellâassegno una
tantum e dellâindennizzo stesso, finalizzati a compensare, rispettivamente
per il passato e il futuro, il danno alla salute provocato da trattamenti
sanitari leciti.
3.4. â Infine, quanto alla censura
inerente agli artt. 3, 24, 102, 104 e 113 (recte:
111) Cost., per cui, con lâentrata in vigore dellâart. 11 del d.l. n. 78 del
2010, si determinerebbe una «estinzione di fatto» di tutti i giudizi pendenti,
aventi ad oggetto la spettanza della rivalutazione della componente
dellâindennizzo ex lege n. 210 del
1992 commisurata allâindennitĂ integrativa speciale, con sostanziale
vanificazione del diritto alla tutela giurisdizionale, la difesa dello Stato
osserva che la stessa Corte costituzionale ha affermato la legittimitĂ delle
norme interpretative retroattive che si limitino ad esplicitare uno dei
possibili significati della norma interpretata (sentenze n. 135 e n. 274 del 2006).
Di fronte a situazioni di incertezza interpretativa di una norma, come nel caso
di specie, la sopravvenienza in corso di causa di una legge, che tra i vari
significati possibili individua quello corretto, non impedisce al giudice di
pronunciarsi nel merito, sia pure attenendosi al significato che il legislatore
ha indicato come corretto in sede di interpretazione autentica, né gli preclude
di statuire sulle spese, ripartendole in base alle norme vigenti (rientrando,
peraltro, nella normale alea giudiziale la prevalenza di unâinterpretazione
favorevole o sfavorevole alla tesi prospettata da colui che agisce).
4. â Con atto depositato in data 22
febbraio 2011, sono intervenuti nel giudizio di legittimitĂ costituzionale la
AMEV, Associazione Malati Emotrasfusi e Vaccinati, in persona del presidente pro-tempore, nonché numerosi associati
indicati nellâatto di intervento stesso, svolgendo una serie di argomentazioni
a sostegno della sospettata illegittimitĂ costituzionale dellâart. 11, commi 13
e 14, del d.l. n. 78 del 2010.
4.1. ― In data 31 maggio 2011 la
parte privata e il Presidente del Consiglio dei ministri hanno depositato
memorie illustrative.
5. ― Il Tribunale di Parma, in
funzione di giudice del lavoro, con due ordinanze del 30 ottobre 2010 (r. o.
nn. 57 e 58 del 2011), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, primo
comma, 32, 102, 104, 111 e 117 Cost., questione di legittimitĂ costituzionale
dellâ art. 11, commi 13 e 14, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, nella n. 122 del 2010.
5.1. â In entrambe le ordinanze, il
rimettente, premette che, nei rispettivi giudizi principali, i ricorrenti,
quali beneficiari dellâindennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992, avendo
contratto epatite HCV a seguito di trasfusioni, hanno chiesto lâaccertamento
del diritto a percepire la rivalutazione monetaria dellâindennitĂ integrativa
speciale di cui allâart. 2, comma 2, della medesima legge, costituente parte
integrante dellâindennizzo in godimento, sulla base del tasso di inflazione programmato.
5.2. â Sotto il profilo della rilevanza,
il giudice a quo osserva che, sulla
base delle disposizioni censurate, i ricorsi introduttivi dei rispettivi
giudizi principali dovrebbero essere
rigettati.
5.3. â Quanto alla non manifesta infondatezza,
il rimettente svolge le medesime argomentazioni di cui alla ordinanza del
Tribunale di Reggio-Emilia del 17 settembre 2010 (r. o. n. 17 del 2011).
6. â Con atti depositati in data 21
aprile 2011 (r. o. n. 57 del 2011 e n. 58 del 2011), Ăš intervenuto il
Presidente del Consiglio del ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e
comunque infondata, sulla base delle medesime argomentazioni di cui allâatto di
intervento nel giudizio r. o. n. 17 del 2011.
7. â Nel giudizio r. o. n. 57 del 2011,
con atto depositato in data 20 aprile 2011, sono intervenuti nel giudizio di
legittimitĂ costituzionale la AMEV, Associazione Malati Emotrasfusi e
Vaccinati, in persona del presidente pro-tempore,
nonché la sua associata sig.ra M.G.L., svolgendo una
serie di argomentazioni a sostegno della sospettata illegittimitĂ
costituzionale dellâart. 11, commi 13 e 14, del d.l. n. 78 del 2010.
7.1. â La AMEV e la parte privata M.G.L. premettono di avere un interesse diretto alla
dichiarazione di illegittimitĂ costituzionale della norma censurata. In
particolare, la associata sig.ra M.G.L. sottolinea di
essere costituita in altro giudizio dinanzi al Tribunale di Oristano, sezione
previdenza, che ritenendo la decisione della controversia dipendente dallâesito
del giudizio di costituzionalitĂ sullâart. 11, commi 13 e 14, del d.l. n. 78
del 2010, convertito in legge n. 12 del 2010, ha sospeso il detto procedimento,
in attesa della decisione della Corte costituzionale.
7.2. â Nel detto atto di intervento sono
svolte le medesime argomentazioni di cui allâatto di intervento della AMEV nel
giudizio r. o. n.17 del 2011.
8. â In data 27 luglio 2011, nei giudizi
r. o. n. 57 e n. 58 del 2011, il
Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memorie illustrative, con
le quali, nel riportarsi a quanto giĂ dedotto con i rispettivi atti di
intervento, chiede dichiararsiÂ
inammissibile, e comunque non fondata, la questione di legittimitĂ
costituzionale. Nella memoria depositata nel giudizio r. o. n. 57 del 2011, la
difesa dello Stato eccepisce, preliminarmente, la inammissibilitĂ degli
interventi della sig.ra L. M. G. e della AMEV.
9. âÂ
Il Tribunale di Tempio Pausania, in funzione di giudice del lavoro, con
ordinanza del 13 gennaio 2011 (r. o. n. 97 del 2011) ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3 e 32 Cost. questioni di legittimitĂ costituzionale
dellâart. 11, commi 13 e 14, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
9.1. â Il rimettente premette che nel
giudizio principale il ricorrente, quale beneficiario dellâindennizzo previsto
dalla legge n. 210 del 1992, avendo contratto epatite HCV a seguito di
trasfusioni, ha chiesto lâaccertamento del diritto a percepire la rivalutazione
monetaria sulla indennità integrativa
speciale di cui allâart. 2, comma 2, della medesima legge, costituente parte
integrante dellâindennizzo in godimento, sulla base del tasso di inflazione
programmato.
Il giudice a quo pone in evidenza come la questione della rivalutazione della
componente, di cui allâart. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992, sia stata
oggetto in giurisprudenza di decisioni contrastanti, rilevando, tuttavia, che
le Corti di merito continuano ad adeguarsi al precedente orientamento,
riconoscendo la rivalutazione monetaria dellâintero indennizzo.
Il giudice a quo, dopo aver riportato il contenuto delle disposizioni
censurate, la cui adozione sarebbe scaturita dalla riferita difformitĂ
interpretativa in ordine allâart. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992, pone
in rilievo come, sulla base di tale intervento normativo, il ricorso del
giudizio principale sarebbe da rigettare. Da qui la rilevanza della questione
di legittimitĂ costituzionale.
Sotto il profilo della non manifesta
infondatezza, ad avviso del giudice a quo,
la norma censurata, pur qualificandosi come di interpretazione autentica, in
realtĂ introdurrebbe una vera e propria modifica legislativa con violazione
dellâart. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza e uguaglianza di
trattamento, dellâart. 32 Cost. nonchĂ© degli artt. 14 e 25 della CEDU.
9.2. â In particolare, il citato art.
11, commi 13 e 14, violerebbe lâart. 3 Cost. e lâart. 14 CEDU, determinando una
illegittima disparitĂ di trattamento tra coloro il cui indennizzo ex lege
n. 210 del 1992 (avente finalitĂ assistenziali e non risarcitorie), per effetto
del d.l. n. 78 del 2010, non potrĂ essere rivalutato e coloro che percepiscono
lâindennizzo rivalutato sulla base delle numerose sentenze conformi
allâorientamento giurisprudenziale sopra riferito, nonchĂ© tra i titolari di
indennizzo ex lege n.210 del 1992 non
rivalutato e gli altri titolari di prestazioni pensionistiche e assistenziali,
in particolar modo i vaccinati (art.1, comma 4, della legge n. 229 del 2005) e
i soggetti affetti da sindrome da talidomide (art.1,
comma 4, del d. m. n. 163 del 2009), per i quali lâindennizzo Ăš integralmente
rivalutato ex lege.
9.3. â Il rimettente ritiene che lâart.
11, commi 13 e 14, del d.l. n. 78 del 2010 violi anche il diritto alla salute
sancito dallâart. 32 Cost. e dallâart. 25 della CEDU, in quanto la misura
dellâindennizzo, ritenuta non rivalutabile per intero nelle sue componenti, non
sarebbe equa rispetto al danno subito da rapportare al pregiudizio alla salute,
tanto piĂč che gli aumenti Istat dellâindennizzo (al netto dellâindennitĂ
integrativa speciale) dal 1992 in poi sarebbero stati modesti e lâindennitĂ
stessa, nel periodo in questione, sarebbe stata ferma ad euro 1.028,66 (bimestrali).
Il giudice a quo sottolinea, al
riguardo, che lâindennizzo ex lege n.
210 del 1992 Ăš composto da due parti: lâindennizzo «in senso stretto», di cui
al primo comma dellâart. 2, soggetto a rivalutazione (e costituente solo il 5
per cento dellâintero indennizzo) e la somma corrispondente allâindennitĂ
integrativa speciale di cui al secondo comma del medesimo articolo, non
rivalutata (costituente il 95 per cento circa dellâindennizzo totale). La
rivalutazione di una quota minima dellâindennizzo avrebbe comportato una
progressiva e ingiustificata perdita di valore delle somme originariamente
stabilite a titolo di indennizzo a favore del soggetto danneggiato
irreversibilmente da HIV, epatite post-trasfusionale e da vaccinazione.
Pertanto, ad avviso del giudice a quo, le disposizioni censurate violano
lâart. 32 Cost. in quanto cristallizzano lâimporto dellâindennizzo ai valori
del 1992, determinandone una progressiva erosione a causa della svalutazione
monetaria e non garantendo un indennizzo equo e ragionevole.
10. â Con memoria depositata in data 1°
giugno 2011 si Ăš costituita la parte privata F.L.,
chiedendo preliminarmente che sia disposta la riunione del giudizio r. o. n. 97
del 2011 a quelli r. o. n. 17, 57, 58, 88 del 2011, e, nel merito, che sia
dichiarata la illegittimitĂ costituzionale della norma censurata per violazione
degli artt. 3, 32, 38, 101, 102, 104, Cost. nonché 117, primo comma, Cost. in
relazione agli artt. 6, paragrafo 1, e 14 CEDU, letto congiuntamente agli artt.
2 e 8 CEDU e allâart. 1 del Protocollo n. 1.
10.1. â La parte privata F.L., nel dedurre la violazione degli artt. 101, 102, 104
Cost., ricorda la giurisprudenza della Corte costituzionale in merito ai limiti
delle norme (retroattive) di interpretazione autentica. Ad avviso della parte
privata, il censurato comma 14, nel disporre «la cessazione, dalla data di
entrata in vigore del decreto, della efficacia dei provvedimenti emanati al
fine di rivalutare la somma di cui al comma 13 in forza di un titolo
esecutivo», esplicherebbe effetti sul giudicato. Infatti, diversi ricorrenti ai
quali era stato riconosciuto un determinato indennizzo si vedrebbero sottrarre
una notevole quota di quanto assegnato loro in precedenza.
La parte privata richiama, in merito,
alcune pronunce di illegittimitĂ costituzionale di norme comportanti la
decurtazione dei trattamenti pensionistici, in quanto lesive di altri e
preminenti beni della vita dei soggetti beneficiari (sentenze n. 566 del 1989;
n. 204 del 1992;
n. 822 del 1988).
La medesima parte richiama anche
pronunce della Corte costituzionale in tema di tutela dellâaffidamento del
privato cittadino nella sicurezza giuridica, la cui lesione Ăš tanto piĂč grave
quando colpisca soggetti a reddito non elevato, i quali abbiano destinato i
trattamenti previdenziali al soddisfacimento dei bisogni alimentari propri e
della famiglia (sentenze n. 282 del 2005,
n. 397 del 1994;
n. 39 del 1993).
10.2. â La parte privata deduce,
altresĂŹ, la violazione dellâart. 32 Cost. letto insieme con lâart. 2 Cost.
Essa ricorda che la Corte di cassazione,
sezione lavoro del 28 luglio 2005, n. 15894, nellâaffermare la rivalutabilitĂ della indennitĂ integrativa speciale, ha
richiamato le pronunce della Corte costituzionale n. 307 del 1990 e n. 118 del
1996, con le quali si era evidenziata la necessitĂ di garantire un equo ristoro
a coloro che avessero contratto infezioni a seguito di vaccinazioni
obbligatorie.
E, ancora, la parte privata richiama le
sentenze della Corte costituzionale n. 88 del 1979
e n. 184 del
1986, a sostengo di un completo ristoro nel caso di lesione di diritti
tutelati dalla Costituzione (il diritto alla salute ex art. 32 Cost. sarebbe lâunico espressamente dichiarato «fondamentale»
dalla Costituzione stessa).
10.3. â F.L.
assume anche il contrasto delle disposizioni censurate con lâart. 117, primo
comma, Cost. stante la violazione dellâart. 6, paragrafo 1, CEDU in tema di
diritto allâequo processo (obbligo imposto anche dallâart. 47 della Carta UE).
La CEDU ha affermato che, sebbene non
sia precluso al legislatore in materia civile di adottare nuove disposizioni
retroattive per regolare diritti derivanti da una legge esistente, il principio
dello stato di diritto e la nozione di giusto processo di cui allâart. 6 CEDU
impediscono qualsiasi ingerenza del legislatore â salvo che per impellenti
motivi di interesse generale â nellâamministrazione della giustizia volta ad
influenzare la decisione giudiziaria di una singola controversia (tra le tante,
CEDU,
Grande Camera, 29 marzo 2006, Scordino contro Italia).
Ad avviso della parte privata, nel caso
di specie, lo Stato parte in causa ha assunto il ruolo di Stato legislatore, al
fine di emanare una norma che nega al ricorrente il riconoscimento del proprio
diritto alla rivalutazione e che, nellâinterpretazione denegata, verrebbe ad
incidere sullâesito di un giudizio in corso assegnando un indebito vantaggio
allâamministrazione convenuta e cancellando gli effetti di una precedente
sentenza favorevole.
Detti principi sono stati ribaditi dalla
CEDU nella sentenza
21 giugno 2007, Scanner e altri contro Francia, secondo cui si verifica
unâingerenza nei diritti processuali qualora una legge sia stata introdotta
dopo lâinizio del processo avviato dal privato contro lo Stato, (âŠ) senza fare
salvi i processi pendenti prima della sua entrata in vigore, nonché nella sentenza
11 febbraio 2010, Javague contro Francia, in base
alla quale lo Stato aveva compromesso i diritti dei ricorrenti garantiti dallâart.
6, intervenendo in maniera decisiva per orientare in suo favore lâesito
imminente della procedura di cui era parte.
La parte privata ricorda come la CEDU â
nelle citate sentenze â abbia affermato che «i motivi imperativi di interesse
generale» che potrebbero giustificare lâapplicazione delle norme retroattive
con incidenza sui giudizi pendenti, non si possono ravvisare nelle mere
esigenze finanziarie connesse al rischio derivante dalla soccombenza nei
giudizi avviati dallo Stato amministrazione.
Si richiama anche la sentenza della
Corte costituzionale n. 311 del 2009, nella quale si Ăš riconosciuta la
potenziale incompatibilitĂ con il principio del giusto processo di interventi
legislativi sopravvenuti che modifichino retroattivamente in senso sfavorevole
per gli interessati le disposizioni di legge attributive di diritti, la cui
lesione abbia dato luogo ad azioni giudiziarie ancora pendenti allâepoca della
modifica.
Alla luce della giurisprudenza della
CEDU e costituzionale richiamata appare evidente, ad avviso della parte
privata, che la norma di interpretazione autentica censurata abbia lo scopo di
interferire indebitamente sulle iniziative giudiziarie giĂ promosse nei
confronti dello Stato al fine di tutelarne gli interessi finanziari in assenza
di motivi imperiosi di carattere generale, con violazione dellâart. 117, primo
comma, Cost. per il tramite dellâart. 6 CEDU.
10.4. â La parte privata deduce anche la
violazione dellâart. 3 Cost. e dellâart. 117, primo comma, Cost. in relazione
allâart. 14 CEDU, letto congiuntamente agli artt. 2 (diritto alla vita) e 8
(diritto al rispetto della vita privata e familiare) CEDU e allâart. 1 del
Protocollo n. 1 (diritto al rispetto dei beni), e in relazione allâart. 21
della Carta UE.
Infatti, ad avviso della parte privata,
le disposizioni censurate determinano una disparitĂ di trattamento
irragionevole tra vaccinati obbligatori (per i quali lâart. 1, comma 4, della
legge n. 229 del 2005 ha sancito la rivalutabilitĂ
annuale dellâintero importo dellâindennizzo) e affetti da sindrome da talidomide (con decreto ministeriale del 2 ottobre 2009, n.
163 il legislatore ha ribadito il principio della integrale rivalutazione
annuale dellâindennizzo), da un lato, e soggetti emotrasfusi, dallâaltro.
Lâesistenza di una «differenza di
trattamento» presuppone lâanalogia o compatibilitĂ delle situazioni che vengono
in rilievo (in tal senso, CEDU
18 febbraio 1999, Larkos contro Cipro; 27
marzo 1998, Petrovic contro Austria; 18
febbraio 1991, Fredin contro Svezia) e, per non
incorrere nella violazione dellâart. 14 CEDU, si deve fondare su di una
giustificazione oggettiva e ragionevole (CEDU
23 luglio 1968, Affare linguistico belga).
La parte privata richiama, al riguardo,
una recente sentenza che ha riconosciuto la violazione dellâart. 14 CEDU, letto
congiuntamente allâart. 2, in relazione al diverso trattamento riservato a
soggetti talassemici contagiati da emoderivati infetti rispetto a quello
riservato a soggetti emofiliaci infettati allo stesso modo (sentenza
30 aprile 2009, Glor contro Svizzera; nel senso
del divieto di discriminazione fondata sulle caratteristiche genetiche e sulla
disabilitĂ anche CEDU
1° dicembre 2009, G. N. e altri contro Italia).
11. â Con atto depositato in data 20
giugno 2011, Ăš intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri,
rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la
questione sia dichiarata infondata. La difesa erariale riporta sostanzialmente,
in riferimento ai parametri costituzionali evocati (art. 3 e 32 Cost.), le
medesime argomentazioni di cui agli atti
di intervento negli altri giudizi di cui sopra, precisando, nel caso di specie,
la erroneitĂ della indicazione dellâart. 25 CEDU, in quanto trattasi di norma
non vertente in materia di diritto alla salute.
12. â Con atto depositato in data 27
giugno 2011 Ăš intervenuto il Coordinamento nazionale danneggiati da vaccino, in
persona del Presidente pro-tempore,
chiedendo che sia dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimitĂ costituzionale delle disposizioni censurate per
contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 25, 32, 38, 77, 101, 104, 111 e 117 Cost.,
nonchĂ© con gli artt. 2, 14, 35 della CEDU, e per lâeffetto, che sia
dichiarata la illegittimitĂ
costituzionale dellâart. 11, commi 13 e 14, d.l. 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122
13. â In data 27 luglio 2011, il
Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria illustrativa, con
la quale, nel riportarsi a quanto giĂ dedotto con lâatto di intervento, chiede
dichiararsi la inammissibilitĂ dellâintervento del Coordinamento nazionale
danneggiati da vaccino nonché infondata la questione di legittimità costituzionale.
14. â Il Tribunale di Alessandria, in
funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 15 dicembre 2010 (r. o. n. 98
del 2011) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38, primo comma, Cost.,
questione di legittimitĂ costituzionale dellâart. 11, comma 13, d.l. 31 maggio
2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010
14.1. â Il rimettente premette che, nel
giudizio principale, il ricorrente, quale beneficiario dal maggio del 2001,
dellâindennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992, ha chiesto lâaccertamento
del diritto a ricevere la rivalutazione monetaria dellâindennitĂ integrativa
speciale di cui allâart. 2, comma 2, della medesima legge.
Il giudice a quo sottolinea che la giurisprudenza, a partire da Cassazione, sentenza
n. 15894 del 2005, ha sempre interpretato la disposizione, di cui allâart. 2
della legge n. 210 del 1992, nel senso della rivalutabilitĂ
della componente di cui al comma 2 dellâart. 2 della legge n. 210 del 1992.
Tale principio Ăš stato seguito anche dalla giurisprudenza di merito prevalente.
Con la sentenza 13 ottobre 2009, n.
21703, confermata dalla sentenza 19 ottobre 2009, n. 22212, la Corte di
cassazione si Ăš discostata da tale orientamento statuendo che la rivalutazione
non Ăš dovuta sulla integrazione. I giudici di merito, nonostante ciĂČ,
continuano ad adeguarsi al precedente orientamento, riconoscendo la
rivalutazione monetaria dellâintero indennizzo. Â
Il giudice a quo, dopo aver riportato il contenuto delle disposizioni
censurate, la cui adozione sarebbe scaturitaÂ
dalla riferita difformitĂ interpretativa in ordine allâart. 2, comma 2,
della legge n. 2010 del 1992, pone in rilievo come, sulla base di tale
intervento normativo, il ricorso del giudizio principale sarebbe da rigettare.
Da qui la rilevanza della questione di legittimitĂ costituzionale.
14.2. â Sotto il profilo della non
manifesta infondatezza, ad avviso del giudice a quo, la norma censurata, che avrebbe effettivamente natura
interpretativa e non innovativa, contrasterebbe con gli artt. 3 e 38, primo
comma, Cost.
Il rimettente osserva che gli indennizzi
ai soggetti affetti da epatite post-trasfusionale hanno natura assistenziale e
non di «equo ristoro» della salute lesa (sentenza della
Corte costituzionale n. 342 del 2006). Ricorda che, in ordine a tali misure
di sostegno, la giurisprudenza costituzionale ha anche affermato che «il
diritto a misure di sostegno assistenziale in caso di malattia, alla stregua
dellâart. 38 Cost., non Ăš indipendente dal necessario intervento del
legislatore nellâesercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualitĂ ,
della misura e delle modalitĂ di erogazione delle provvidenze da adottarsi,
nonché della loro gradualità , in relazione a tutti gli elementi di natura
costituzionale in gioco, compresi quelli finanziari, la cui ponderazione
rientra nellâambito della sua discrezionalità ». Ă stato, inoltre, sottolineato
che non mancano «alla Corte gli strumenti di controllo delle scelte del legislatore
sotto il profilo specialmente del rispetto della paritĂ di trattamento e del
nucleo minimo della garanzia, ma tali strumenti non le consentono di sostituire
alle necessarie valutazioni politiche del legislatore una propria decisione
che, in mancanza di criteri giuridico-costituzionali
predeterminati, si risolverebbe in unâesorbitanza in un campo che non le Ăš
proprio e nel quale trovano applicazione gli strumenti ordinari dellâassistenza
sociale anche in relazione alle menomazioni alla salute di cui Ú questione» (sentenza n. 226 del
2000).
Il rimettente richiama, altresĂŹ, la
giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui ai crediti per le
prestazioni assistenziali previste dal primo comma dellâart. 38 Cost. deve
essere concessa la medesima tutela attribuita ai crediti previdenziali contro i
danni da ritardo dellâadempimento (art. 429, terzo comma, del codice di
procedura civile). In particolare, le prestazioni assistenziali di cui al primo
comma dellâart. 38 Cost. hanno lo scopo di garantire ai cittadini inabili e
bisognosi «il minimo esistenziale, i mezzi necessari per vivere», mentre il
secondo comma dello stesso articolo garantisce non soltanto la soddisfazione
dei bisogni alimentari di pura sussistenza materiale, bensĂŹ anche il
soddisfacimento di ulteriori esigenze relative al tenore di vita dei lavoratori
(sentenza n. 196
del 1993).
Pertanto, ad avviso del rimettente, se
la esclusione di un meccanismo di difesa dai mutamenti del potere di acquisto
incidesse negativamente sulla adeguatezza delle prestazioni previdenziali
(sulla perequazione dei trattamenti pensionistici sono richiamate le sentenze n. 316 del 2010;
n. 372 del 1998;
n. 31 del 1986;
n. 349 del 1985),
tale conclusione dovrebbe valere anche per le prestazioni assistenziali, stante
il principio di «maggiore meritevolezza» di cui alla sentenza n. 196 del
1993.
La previsione della mancata
rivalutazione della somma corrispondente allâimporto della indennitĂ
integrativa speciale non assicura, stante la svalutazione monetaria, la
conservazione del potere di acquisto dellâimporto ritenuto in origine adeguato.
Da qui il dubbio di incostituzionalitĂ della disposizione censurata in
riferimento agli artt. 3 e 38 primo comma, Cost., sotto il profilo della
ragionevolezza e della adeguatezza delle prestazioni assistenziali.
Quanto allâevocato art. 3 Cost., come
parametro di ragionevolezza, il rimettente osserva che la Corte di cassazione,
sezione lavoro, sentenza n. 21703 del 2009, ha identificato la ratio della integrazione dellâindennizzo
di cui allâart. 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992 con una somma
corrispondente alla indennitĂ integrativa speciale nella necessitĂ di impedire
o attenuare gli effetti della svalutazione monetaria. La disposizione
censurata, nellâescludere la rivalutazione della detta componente
dellâindennizzo, appare irragionevole in quanto contraria alla funzione di
essa.
15. â Con atto depositato in data 20
giugno 2011 Ăš intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri,
rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la
questione sia dichiarata infondata.
In particolare, la difesa erariale nega
che dalla finalitĂ essenzialmente solidaristica e assistenziale
dellâindennizzo, nel caso di danni determinati da emotrasfusione, si possa fare
discendere un necessario adeguamento di tutte le sue componenti, compresa
quella commisurata allâindennitĂ integrativa speciale, pena la violazione del
contenuto economico del diritto e la conseguente violazione dellâart. 38 Cost.
In primo luogo, ad avviso del Presidente
del Consiglio dei ministri, dallâeccezione di illegittimitĂ costituzionale per
violazione dellâart. 38 Cost., resterebbero irragionevolmente fuori i casi dei
soggetti aventi diritto allâindennizzo in quanto danneggiati da vaccinazione
obbligatoria, per i quali il fondamento del beneficio risiede negli artt. 2 e
32 Cost.
Inoltre, il fatto che lâistituto
assistenziale prescinda completamente dalle condizioni reddittuali
dellâavente diritto comporta che il riferimento allâart. 38 Cost. vada letto in
senso ampio, senza necessariamente desumerne la necessitĂ di un adeguamento al
costo della vita di tutte le componenti dellâindennizzo.
Infine, se la Corte costituzionale,
nella sentenza
n. 27 del 1998, ha ritenuto che la mancata previsione del diritto agli
interessi e alla rivalutazione sullâassegno una
tantum non ne comporti lâiniquitĂ nel senso di renderlo talmente esiguo da
ridurlo ad un «nome privo di concreto contenuto», ciĂČ, ad avviso del Presidente
del Consiglio dei ministri, dovrebbe a maggior ragione valere anche nel caso
della mancata previsione della rivalutazione di una sola componente
dellâindennizzo, stante lâidentitĂ di scopo dellâassegno una tantum e dellâindennizzo stesso, entrambi finalizzati a
compensare â rispettivamente per il passato e per il futuro â il danno alla
salute provocato da trattamenti sanitari leciti. Nel caso di specie, peraltro,
un adeguamento di valore dellâindennizzo nel corso del tempo sarebbe comunque assicurato
dal meccanismo della rivalutazione annuale riguardante la sola componente
"assegnoâ.
16. â Con atto depositato in data 27
giugno 2011 Ăš intervenuto il Coordinamento nazionale danneggiati da vaccino, in
persona del Presidente pro-tempore,
chiedendo che sia dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimitĂ costituzionale delle disposizioni censurate per
contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 25, 32, 38, 77, 101, 104, 111 e 117 Cost.,
nonchĂ© con gli artt. 2, 14, 35 della CEDU, e per lâeffetto, la illegittimitĂ
costituzionale dellâart. 11, commi 13 e 14, del d.l. n. 78 del 2010,
convertito, con modificazioni,dalla legge n. 122 del 2010.
17. â Il Tribunale di Alessandria, in
funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 18 gennaio 2011 (r o. n. 88
del 2011) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38, primo comma, Cost.,
questione di legittimitĂ costituzionale dellâart. 11, comma 13, d.l. n. 78 del
2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122 del 2010.
17.1. â Il rimettente premette che, nel
giudizio principale, il ricorrente, quale beneficiario dal maggio del 2001
dellâindennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992, ha chiesto lâaccertamento
del diritto a percepire la rivalutazione monetaria dellâindennitĂ integrativa
speciale di cui allâart. 2, comma 2, della medesima legge.
Il giudice a quo, a sostegno della detta questione, svolge le medesime
argomentazioni di cui alla ordinanza del 15 dicembre 2010 (r. o. n. 98 del
2011).
18. â Con atto depositato in data 14
giugno 2011, Ăš intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri,
rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la
questione sia dichiarata non fondata sulla base delle medesime argomentazioni
di cui allâatto di intervento nel giudizio r. o. n. 98 del 2011.
Considerato in diritto
1. â I Tribunali di Reggio Emilia,
Parma, Tempio Pausania e Alessandria, tutti in funzione di giudici del lavoro,
con le sei ordinanze indicate in epigrafe hanno nel complesso sollevato â in
riferimento agli articoli 3, 24, 25 comma primo, 32, 38, 102, 104, 111, 117,
primo comma, della Costituzione â questioni di legittimitĂ costituzionale degli
articoli 11, commi 13 e 14, decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti
in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivitĂ economica),
convertito, con modificazioni, dallâarticolo 1, comma 1, della legge 30 luglio
2010, n. 122.
2. â I rimettenti premettono che, nei
giudizi principali, le parti ricorrenti, quali beneficiarie dellâindennizzo
previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti
danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), come modificata
dalla legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche e integrazioni alla legge 25
febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), avendo contratto
epatite HCV a seguito di trasfusioni, hanno chiesto lâaccertamento del diritto
a riscuotere la rivalutazione monetaria, sulla base del tasso dâinflazione
programmato, della somma corrispondente allâimporto dellâindennitĂ integrativa
speciale di cui allâart. 2, comma 2, della medesima legge, costituente parte
integrante dellâindennizzo in godimento.
Dopo aver dato atto dei contrasti emersi
sul punto nella giurisprudenza di legittimitĂ , i giudici a quibus considerano non manifestamente infondate le questioni di
legittimitĂ costituzionale della normativa censurata (ovvero lâart. 11, commi
13 e 14, comma, questâultimo, censurato da tutti i giudici a quibus, salvo il Tribunale di Alessandria, del d.l. n. 78 del
2010), convertito con modificazioni dallâart. 1, comma 1, della legge n. 122
del 2010, ritenendo che essa violi:
(r. o. nn. 17, 57, 58 del 2011):
a) lâart. 3 Cost., sotto il profilo
della ragionevolezza e dellâuguaglianza, per lâillegittima disparitĂ di
trattamento tra coloro il cui indennizzo, per effetto del d.l. n. 78 del 2010,
non potrĂ essere rivalutato e coloro che riscuotono lâindennizzo rivalutato
sulla base delle sentenze che hanno riconosciuto il relativo diritto, nonché
tra i titolari di indennizzo non rivalutato e gli altri titolari di prestazioni
pensionistiche e assistenziali, in particolar modo i vaccinati e le persone
affette da sindrome da talidomide, per i quali
lâindennizzo Ăš integralmente rivalutato ex
lege;
b) lâart. 117, primo comma, Cost.,
stante la violazione delle norme convenzionali di cui allâart. 2 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellâuomo e delle libertĂ
fondamentali (dâora in avanti, CEDU), ratificata e resa esecutiva in Italia con
legge 4 agosto 1955, n. 848, norma che tutela il diritto alla vita, nonché di
cui allâart. 14 della medesima CEDU che sancisce il divieto di discriminazione,
in quanto, tenuto conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dellâuomo sul concetto di distinzione discriminatoria â da ritenere tale se
manca di una giustificazione obiettiva e ragionevole e, cioĂš, se la distinzione
non persegua uno scopo legittimo o se non câĂš un rapporto di ragionevole
proporzionalitĂ tra i mezzi impiegati e lo scopo prefissato â sarebbe
palesemente irragionevole ed illegittima la discriminazione tra coloro che
hanno giĂ ottenuto la rivalutazione dellâindennizzo di cui alla legge n. 210
del 1992 e coloro che sono ancora in attesa del riconoscimento, e tra questi
ultimi e gli altri titolari di indennizzo, in particolar modo i vaccinati e gli
affetti da sindrome da talidomide;
c) lâart. 32 Cost., che tutela il
diritto alla salute, nonchĂ© lâart. 117, primo comma, Cost., stante la
violazione dellâart. 35 CEDU (recte:
della Carta dei diritti fondamentali dellâUnione europea), che tutela la salute
quale bene primario cui dover garantire «un livello elevato di protezione»
nella definizione e nellâattuazione di tutte le politiche e attivitĂ
dellâUnione, in quanto la misura dellâindennizzo, ritenuta non rivalutabile per
intero nelle sue componenti, non sarebbe equa rispetto al danno subĂŹto, da
riferire al pregiudizio alla salute, avuto riguardo alla progressiva elusione a
causa della svalutazione monetaria;
d) gli artt. 25, primo comma, 101, 102,
104, 111 Cost., in quanto, per lâingerenza attraverso le disposizioni censurate
del potere legislativo su quello giudiziario, sarebbero lesi lâindipendenza e
lâautonomia della funzione giudiziaria, il principio del giudice naturale
precostituito per legge e il diritto del cittadino ad un giusto processo;
e) lâart. 24 Cost., perchĂ© le
disposizioni censurate, nel fare salve le pronunzie giurisdizionali passate in
giudicato alla data di entrata in vigore della norma, creerebbero una
ingiustificata disparitĂ di trattamento tra coloro che hanno giĂ ottenuto una
decisione favorevole alla rivalutazione e coloro che sono ancora sub iudice o
che non hanno ancora adito lâautoritĂ giudiziaria ovvero che hanno ottenuto
sentenze favorevoli non passate in giudicato, onde sarebbe vanificato il
diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale. Inoltre, il ius superveniens comporterebbe, di
fatto, una estinzione dei processi in corso e, dunque, una sostanziale
vanificazione della via giurisdizionale quale mezzo per attuare un diritto
preesistente, con violazione del diritto di azione;
f) gli artt. 102 e 113 (recte: 111) Cost., in quanto
lâestinzione automatica di tutti i giudizi pendenti comporterebbe una
illegittima interferenza del potere legislativo nella sfera della
giurisdizione.
Sarebbero altresĂŹ violati:
(r. o. n. 97 del 2011):
g) lâart. 3 Cost., sotto il profilo
della ragionevolezza e dellâuguaglianza, per la illegittima disparitĂ di
trattamento tra coloro il cui indennizzo ai sensi della legge n. 210 del 1992,
per effetto del d.l. n. 78 del 2010, non potrĂ essere rivalutato e coloro che
riscuotono lâindennizzo rivalutato sulla base delle sentenze conformi
allâorientamento giurisprudenziale favorevole alla rivalutazione, nonchĂ© tra i
titolari del detto indennizzo non rivalutato e gli altri titolari di
prestazioni pensionistiche o assistenziali, in particolare i vaccinati e le
persone affette da sindrome da talidomide, per i
quali lâindennizzo Ăš integralmente rivalutato ex lege;
h) lâart. 32 Cost., in quanto la misura
dellâindennizzo, ritenuta non rivalutabile per lâintero nelle sue componenti,
non sarebbe equa rispetto al danno subĂŹto da riferire al pregiudizio alla
salute, avuto riguardo alla progressiva erosione conseguente alla svalutazione
monetaria.
Infine, risulterebbero violati
(r. o. nn. 88 e 98 del 2011):
i) lâart. 3 Cost., sotto il profilo
della ragionevolezza, perchĂ© la disciplina censurata, nel prevedere la non rivalutabilitĂ della somma corrispondente allâimporto
dellâindennitĂ integrativa speciale di cui allâart. 2, comma 2, della legge n.
210 del 1992, sarebbe irragionevole siccome contraria alla funzione stessa di
detta indennitĂ , identificata dalla Corte di cassazione (sentenza n. 21703 del
2009) nella necessitĂ dâimpedire o attenuare gli effetti della svalutazione
monetaria;
l) lâart. 38, primo comma, Cost., sotto
il profilo della adeguatezza delle prestazioni assistenziali, in quanto,
premesso che lâindennizzo corrisposto ai soggetti affetti da epatite o HIV
post-trasfusionale concreta una misura di sostegno economico fondata sulla
solidarietĂ collettiva a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno,
la previsione della mancata rivalutazione della somma corrispondente
allâimporto dellâindennitĂ integrativa speciale non assicura, stante la
svalutazione monetaria, la conservazione del potere di acquisto della somma
ritenuta in origine adeguata.
3. â Le sei ordinanze indicate in
epigrafe censurano la medesima normativa (art. 11, commi 13 e 14, d.l. n. 78
del 2010, convertito, con modificazioni, dallâart. 1, comma 1, della legge n.
122 del 2010), con argomentazioni identiche o analoghe. Pertanto, i relativi
giudizi di legittimitĂ costituzionale devono essere riuniti, per essere
definiti con unica decisione.
4. â Gli interventi, di cui in
narrativa, spiegati da AMEV (Associazione Malati Emotrasfusi e Vaccinati), in
persona del presidente pro-tempore,
dai numerosi associati aderenti a tale sodalizio, indicati nellâatto
dâintervento depositato il 22 febbraio 2011, da L. M. G. e dal Coordinamento
Nazionale Danneggiati da Vaccino, in persona del legale rappresentante p. t.,
sono inammissibili.
Invero, premesso che i suddetti
intervenienti non risultano essere parti nei giudizi a quibus, per costante giurisprudenza di questa Corte sono ammessi
ad intervenire nel giudizio incidentale di legittimitĂ costituzionale (oltre al
Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al
Presidente della Giunta regionale), le sole parti del giudizio principale.
Lâintervento di soggetti estranei a questo Ăš ammissibile soltanto per i terzi
titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al
rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari
di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis: ordinanza letta
allâudienza del 23 marzo 2010, confermata con sentenza n. 138 del
2010; ordinanza
letta allâudienza del 31 marzo 2009, confermata con sentenza n. 151 del
2009; sentenze n. 94 del 2009,
n. 96 del 2008,
n. 245 del 2007).
Del resto, lâammissibilitĂ
dellâintervento ad opera di un terzo, titolare di un interesse soltanto analogo
a quello dedotto nel giudizio principale, contrasterebbe con il carattere incidentale
del giudizio di legittimitĂ costituzionale, in quanto lâaccesso delle parti al
detto giudizio avverrebbe senza previa verifica della rilevanza e della non
manifesta infondatezza della questione da parte del giudice a quo.
Da quanto esposto consegue
lâinammissibilitĂ degli interventi sopra indicati.
5. â La questione Ăš fondata, con
riferimento ai profili di seguito indicati.
La legge n. 210 del 1992, modificata
dalla legge n. 238 del 1997, stabilisce che «Chiunque abbia riportato, a causa di
vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autoritĂ sanitaria
italiana, lesioni o infermitĂ , dalle quali sia derivata una menomazione
permanente della integritĂ psicofisica, ha diritto ad un indennizzo da parte
dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge» (art.
1, comma 1). Il medesimo art. 1, comma 3, dispone che «I benefici di cui alla
presente legge spettano altresĂŹ a coloro che presentino danni irreversibili da
epatiti post-trasfusionali».
Lâart. 2, comma 1, della citata legge n.
210 del 1992 (e successive modificazioni) aggiunge che lâindennizzo de quo «consiste in un assegno,
reversibile per quindici anni, determinato nella misura di cui alla tabella B
allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177, come modificata dallâarticolo 8
della legge 2 maggio 1984, n. 111. Lâindennizzo Ăš cumulabile con ogni altro
emolumento a qualsiasi titolo percepito ed Ăš rivalutato annualmente sulla base
del tasso dâinflazione programmato».
Lâart. 2, comma 2 (primo periodo), della
medesima legge prevede che lâindennizzo in questione sia integrato da una somma
corrispondente allâimporto dellâindennitĂ integrativa speciale, di cui alla
legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti economici al personale statale in
attivitĂ ed in quiescenza), e successive modificazioni, contemplata per la
prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato.
La rivalutazione su base annua, secondo
il tasso dâinflazione programmato, dellâassegno disciplinato dallâart. 2, comma
1, della legge n. 210 del 1992 non era prevista dal testo iniziale di detta
disposizione. Essa fu introdotta con lâart. 1, comma 1, della legge n. 238 del
1997. Nulla, invece, fu disposto al riguardo per la seconda componente
dellâindennizzo, cioĂš per la somma corrispondente allâimporto dellâindennitĂ
integrativa speciale, ancorchĂ© questa avesse per lâappunto funzione integrativa
dellâindennizzo medesimo.
Sulla possibilitĂ di rivalutare o meno
la detta somma la giurisprudenza di legittimitĂ si Ăš espressa in modo
contrastante (in senso favorevole alla rivalutazione, Corte di cassazione,
sezione lavoro, sentenze del 27 agosto 2007, n. 18109 e del 28 luglio 2005, n.
15894, secondo cui lâimporto bimestrale corrisposto agli aventi diritto
allâindennizzo deve essere rivalutato secondo il tasso dâinflazione annualmente
programmato, sia con riferimento allâassegno di cui allâart. 2, comma 1, della
legge n. 210 del 1992, sia con riferimento alla somma prevista dallâart. 2,
comma 2, della medesima legge; in senso contrario, Corte di cassazione, sezione
lavoro, sentenza del 19 ottobre 2009, n. 22112 e 13 ottobre 2009, n. 21703,
secondo le quali la possibilitĂ di rivalutare la somma de qua sarebbe esclusa sia dal dato testuale, sia dal rilievo che
lâindennitĂ integrativa speciale avrebbe proprio la funzione di attenuare o
impedire gli effetti della svalutazione monetaria, onde sarebbe ragionevole che
ne sia esclusa la rivalutabilitĂ ).
La giurisprudenza di merito ha in
prevalenza seguito il primo orientamento.
In questo quadro, Ăš intervenuta la
normativa censurata, recata dallâart. 11, commi 13 e 14, del d. l. n. 78 del
2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010.
In particolare, il citato art. 11, comma
13, ha disposto che «Il comma 2 dellâarticolo 2 della legge 25 febbraio 1992,
n. 210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma
corrispondente allâimporto dellâindennitĂ integrativa speciale non Ăš rivalutata
secondo il tasso dâinflazione». Il successivo comma 14 ha stabilito che «Fermo
restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi
da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente
decreto cessa lâefficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la
somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli
effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto».
5.1. â Tale disciplina non Ăš conforme al
parametro dettato dallâart. 3, primo comma, Cost., in quanto risulta in
violazione del principio di uguaglianza.
Va premesso che, come questa Corte ha
giĂ chiarito, la menomazione della salute conseguente a trattamenti sanitari
puĂČ determinare, oltre al risarcimento del danno in base alla previsione
dellâart. 2043 del codice civile, il diritto ad un equo indennizzo, in forza
dellâart. 32 in collegamento con lâart. 2 Cost., qualora il danno, non
derivante da fatto illecito, sia conseguenza dellâadempimento di un obbligo
legale, come la sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie (fattispecie alla
quale Ăš stato assimilato il caso in cui il danno sia derivato da un trattamento
sanitario che, pur non essendo giuridicamente obbligatorio, sia tuttavia, in
base ad una legge, promosso dalla pubblica autoritĂ in vista della sua
diffusione capillare nella societĂ : sentenza n. 27 del
1998); nonché il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a norma degli
artt. 2 e 38, secondo comma, Cost., a misure di sostegno assistenziale disposte
dal legislatore nellâambito della propria discrezionalitĂ (sentenze n. 342 del 2006,
n. 226 del 2000
e n. 118 del 1996).
La situazione giuridica di coloro che, a
seguito di trasfusione, siano affetti da epatite Ăš riconducibile allâultima
delle ipotesi ora indicate. E il legislatore, nellâesercizio dei suoi poteri
discrezionali, Ăš intervenuto con la legge n. 210 del 1992, prevedendo (tra lâaltro)
un indennizzo consistente in una misura di sostegno economico, fondato sulla
solidarietĂ collettiva garantita ai cittadini, alla stregua dei citati artt. 2
e 38 Cost., a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno (sentenza n. 342 del
2006, punto 3 del Considerato in diritto),
misura che trova fondamento nella insufficienza dei controlli sanitari
predisposti nel settore (sentenza n. 28 del
2009).
Le scelte del legislatore,
nellâesercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualitĂ , della misura,
della gradualitĂ e dei modi di erogazione delle provvidenze da adottare,
rientrano nella sfera della sua discrezionalitĂ . Tuttavia, compete a questa
Corte verificare che esse non siano affette da palese arbitrarietĂ o
irrazionalitĂ , ovvero non comportino una lesione della paritĂ di trattamento o
del nucleo minimo della garanzia (sentenze n. 342 del 2006
e n. 226 del
2000).
CiĂČ posto, si deve rilevare che con
lâart. 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato â legge finanziaria
2008), Ăš stato disposto che «Lâindennizzo di cui allâarticolo 1 della legge 29
ottobre 2005, n. 229, Ăš riconosciuto, altresĂŹ, ai soggetti affetti da sindrome
da talidomide, determinata dalla somministrazione
dellâomonimo farmaco, nelle forme dellâamelia, dellâemimelia, della focomelia e della macromelia».
Lâart. 1 della legge 29 ottobre 2005, n.
229 (Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da
complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie) rinvia,
a sua volta, ai soggetti di cui allâart. 1, comma 1, della legge n. 210 del
1992 e disciplina lâulteriore indennizzo ai medesimi spettante, determinandone
importo e modalitĂ di erogazione (comma 1). Il comma 4 della norma statuisce
che «Lâintero importo dellâindennizzo, stabilito ai sensi del presente
articolo, Ú rivalutato annualmente in base alla variazione degli indici ISTAT».
Per il richiamo effettuato dalla legge n. 24 del 2007 allâintero art. 1 della
legge n. 229 del 2005 anche questâultima disposizione si applica allâindennizzo
riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide.
Del resto, il regolamento di esecuzione dellâart. 2, comma 363, della legge n.
244 del 2007, recato dal decreto ministeriale del 2 ottobre 2009, n. 163 (Regolamento di
esecuzione dell'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,
che riconosce un indennizzo ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo
farmaco), ribadisce nellâart. 1, comma 4, che lâimporto dellâindennizzo
suddetto «Ú interamente rivalutato annualmente in base alla variazione degli
indici ISTAT».
Orbene, come giĂ chiarito da questa
Corte, non Ăš ravvisabile irrazionale disparitĂ di trattamento dei soggetti
danneggiati in modo irreversibile da emotrasfusioni rispetto a quanti abbiano
ricevuto una menomazione permanente alla salute da vaccinazioni obbligatorie,
trattandosi di situazioni diverse che non si prestano ad entrare in una visione
unificatrice (sentenza
n. 423 del 2000 e ordinanza n. 522
del 2000).
Non altrettanto, perĂČ, puĂČ dirsi per la
situazione delle persone affette da sindrome da talidomide.
Invero, la ratio del beneficio
concesso a tali persone Ăš da ravvisare nellâimmissione in commercio del detto
farmaco in assenza di adeguati controlli sanitari sui suoi effetti, sicché esso
ha fondamento analogo, se non identico, a quello del beneficio introdotto
dallâart. 1, comma 3, della legge n. 210 del 1992. Nella sindrome da talidomide, come nellâepatite post-trasfusionale, i danni
irreversibili subiti dai pazienti sono derivati da trattamenti terapeutici non
legalmente imposti e neppure incentivati e promossi dallâautoritĂ nellâambito
di una politica sanitaria pubblica. Entrambe le misure hanno natura
assistenziale, basandosi sulla solidarietĂ collettiva garantita ai cittadini alla
stregua degli artt. 2 e 38 Cost.
In questo quadro non si giustifica, e
risulta, quindi, fonte di una irragionevole disparitĂ di trattamento in
contrasto con lâart. 3, comma primo, Cost., la situazione venutasi a creare, a
seguito della normativa censurata, per le persone affette da epatite
post-trasfusionale rispetto a quella dei soggetti portatori della sindrome da talidomide.
A questi ultimi Ăš riconosciuta la
rivalutazione annuale dellâintero indennizzo, mentre alle prime la
rivalutazione (sulla base del tasso di inflazione programmato: art. 2, comma 1,
legge n. 210 del 1992) Ăš negata proprio sulla componente diretta a coprire la
maggior parte dellâindennizzo stesso, con la conseguenza, tra lâaltro, che
soltanto questo rimane esposto alla progressiva erosione derivante dalla
svalutazione. E ciĂČ ad onta delle caratteristiche omogenee come sopra
riscontrate tra i due benefici.
La tesi della difesa dello Stato,
secondo cui essi in realtà resterebbero differenziati ab origine, «nel senso che il relativo ammontare Ú comunque diverso»,
anche a prescindere dalla rivalutabilitĂ o meno della
componente commisurata alla indennitĂ integrativa speciale inclusa nella base
di calcolo, non puĂČ essere condivisa. Infatti, il diverso ammontare
dellâindennizzo attiene alla determinazione del quantum e, quindi, risponde a legittime scelte discrezionali del
legislatore che non sono qui in discussione. Esse, comunque, non incidono sulle
ragioni unificanti sopra evidenziate.
Conclusivamente, alla stregua delle
esposte considerazioni, deve essere dichiarata lâillegittimitĂ costituzionale
dellâart. 11, comma 13, del d. l. n.78 del 2010, convertito, con modificazioni,
dallâart. 1, comma 1, della legge n. 122 del 2010. La declaratoria riguarda
anche il successivo comma 14, trattandosi di disposizione strettamente connessa
alla precedente, in quanto diretta a regolare gli effetti intertemporali della
norma interpretativa, della quale, dunque, segue la sorte.
Ogni altro profilo resta assorbito.
per
questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara lâillegittimitĂ costituzionale dellâarticolo 11,
commi 13 e 14, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivitĂ economica),
convertito, con modificazioni, dallâarticolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010,
n. 122.
CosĂŹ deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 novembre 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2011.