Sentenza n. 141 del 2024

SENTENZA N. 141

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA

Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 35, comma 2, e 56 della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie), e dell’art. 5, comma 1, della legge della Regione Sardegna 29 dicembre 2023, n. 21 (Modifiche alla legge regionale n. 17 del 2023, alla legge regionale n. 9 del 2023 e alla legge regionale n. 1 del 2023), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorsi notificati il 22 dicembre 2023 e il 27 febbraio 2024, depositati in cancelleria il 22 dicembre 2023 e il 27 febbraio 2024, iscritti ai numeri 35 del registro ricorsi 2023 e 7 del registro ricorsi 2024 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 4 e 7, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna;

udito nell’udienza pubblica del 2 luglio 2024 il Giudice relatore Angelo Buscema;

uditi l’avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Sonia Sau per la Regione autonoma Sardegna;

deliberato nella camera di consiglio del 2 luglio 2024.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso iscritto al n. 35 del registro ricorsi 2023 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie), tra le quali gli artt. 35, comma 2, e 56, oggetto del presente giudizio.

L’art. 35, comma 2, si porrebbe in contrasto con la norma interposta di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e), e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», così violando l’art. 117, commi secondo e terzo, della Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «ordinamento civile» (comma secondo, lettera l) e la determinazione dei principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica» (comma terzo), anche con riguardo ai principi dell’equilibrio di bilancio e di sostenibilità del debito pubblico, di cui agli artt. 81 e 97, primo comma, Cost.

Il ricorrente ha impugnato altresì l’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 il quale interviene sul testo dell’art. 5, comma 12, della legge della Regione Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023).

La disposizione impugnata prevede che le risorse non utilizzate di cui al tetto di spesa assegnato per il 2020 per l’assistenza ospedaliera possono essere redistribuite tra gli erogatori privati accreditati che abbiano prodotto un’attività ospedaliera eccedente il budget assegnato nell’anno 2021 e prevede un incremento del tetto di spesa dell’assistenza ospedaliera nell’anno 2023 «anche oltre i limiti imposti dalle disposizioni di legge nazionali che prevedono la riduzione dell’acquisto di volumi di prestazioni sanitarie da privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera finalizzate alla contrazione della spesa pubblica, in quanto la Regione provvede con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria».

Tale disposizione contrasterebbe con l’art. 15, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, che viene indicato come norma interposta; da tale contrasto discenderebbe la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. che riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica», anche in relazione ai principi di equilibrio del bilancio e di sostenibilità del debito pubblico, di cui agli artt. 81 e 97, primo comma, Cost.

Sostiene il ricorrente che i vincoli previsti dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, relativamente alle risorse destinate a coprire la spesa sanitaria, costituirebbero un limite invalicabile non solo per l’amministrazione, ma anche per gli operatori privati, il cui superamento giustificherebbe l’adozione delle necessarie misure di riequilibrio finanziario (è citata la sentenza di questa Corte n. 203 del 2016).

La normativa statale che prevede le suddette misure di riequilibrio recherebbe principi fondamentali in materia di «coordinamento della finanza pubblica», atteso che essa persegue espressamente la «finalità di far fronte all’elevato e crescente deficit della sanità e alle esigenze ineludibili di bilancio e di contenimento della spesa pubblica». Tale finalità, in quanto imposta dai vincoli di bilancio derivanti dagli obblighi internazionali assunti dall’Italia in sede europea, si imporrebbe anche alla resistente, dato che l’art. 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) – in materia di «assistenza e beneficenza pubblica» e in materia di «igiene e sanità» – condiziona espressamente l’esercizio delle competenze legislative regionali al rispetto dei vincoli derivanti dalla Costituzione, dai principi dell’ordinamento giuridico statale, dagli obblighi internazionali, dagli interessi nazionali, dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, nonché dai principi stabiliti dalle leggi dello Stato.

2.– Si è costituita in giudizio la Regione autonoma Sardegna, la quale evidenzia che l’art. 35, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 è stato soppresso dall’art. 5, comma 32, lettera b), numero 2), della legge della Regione Sardegna 19 dicembre 2023, n. 17, recante «Modifiche alla legge regionale n. 1 del 2023 (Legge di stabilità 2023), variazioni di bilancio, riconoscimento di debiti fuori bilancio e passività pregresse e disposizioni varie», a decorrere dal 20 dicembre 2023 (ai sensi di quanto stabilito dall’art. 27, comma 1, della medesima legge regionale).

Quanto all’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023, la difesa regionale si limita a evidenziare che tale disposizione è stata sostituita dapprima dall’art. 5, comma 32, lettera f), della legge reg. Sardegna n. 17 del 2023 e poi dall’art. 5, comma 1, della legge della Regione Sardegna 29 dicembre 2023, n. 21 (Modifiche alla legge regionale n. 17 del 2023, alla legge regionale n. 9 del 2023 e alla legge regionale n. 1 del 2023). Quest’ultima, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 9, comma 1, della medesima legge regionale, è entrata in vigore il 30 dicembre 2023.

3.– Con atto depositato in data 22 febbraio 2024 il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 essendo stata la disposizione abrogata senza trovare – medio tempore – alcuna applicazione.

4.– In prossimità dell’udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria illustrativa nella quale dà conto dell’intervenuta modifica dell’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 ad opera dapprima dell’art. 5, comma 32, lettera f), della legge reg. Sardegna n. 17 del 2023 e, successivamente, dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023.

Ritiene, tuttavia, che tali interventi legislativi non possano condurre a una declaratoria di cessazione della materia del contendere, in quanto non avrebbero rimosso i vizi di legittimità costituzionale dedotti nel ricorso; anzi, la normativa intervenuta sarebbe stata anch’essa successivamente impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al n. 7 del registro ricorsi 2024.

Sostiene l’Avvocatura generale che l’art. 56 si porrebbe in contrasto con quanto previsto dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, che individua precisi obiettivi di spesa per la finanza pubblica, imponendo la progressiva riduzione – per tutti gli enti regionali – dei volumi delle prestazioni sanitarie acquistate dai privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera. Da ciò discenderebbe la violazione – per il tramite della citata norma/disposizione interposta – dell’art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica».

5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso iscritto al n. 7 del registro ricorsi 2024, ha impugnato l’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023.

L’art. 5 in esame interviene, come detto, sul testo dell’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 impugnato con ricorso iscritto al n. 35 reg. ric. 2023.

Asserisce l’Avvocatura generale dello Stato che l’impugnato art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023 si porrebbe in contrasto con quanto stabilito dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, il quale individuerebbe precisi obiettivi di spesa per la finanza pubblica, prevedendo per tutte le regioni e province autonome, la riduzione dell’acquisto di volumi di prestazioni sanitarie da privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera.

Evidenzia altresì che il limite di spesa indicato nel primo periodo della disposizione statale è stato rideterminato dall’art. 1, comma 233, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026).

La norma statale interposta, in un’ottica di spending review, porrebbe precisi obiettivi e limiti di spesa per la finanza pubblica cui sarebbero sottoposte le regioni e le province autonome senza alcuna deroga anche qualora la regione provveda con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria. Il mancato rispetto dei predetti vincoli comporterebbe rischi non solo per la finanza pubblica, ma anche per la sostenibilità della spesa del Servizio sanitario regionale (sul punto sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 203 del 2016 e n. 236 del 2009).

Asserisce altresì il ricorrente che la disposizione statale interposta detta una disciplina che peserebbe in misura proporzionalmente non irragionevole sugli operatori privati in relazione al fine che il legislatore intende realizzare.

La misura di riduzione che i privati sono chiamati a sopportare non potrebbe essere ritenuta un onere eccessivo, anzitutto, per i tempi con i quali è stata imposta; inoltre, la riduzione non sarebbe riferita alle prestazioni già erogate oltre la previsione di spesa massima rideterminata ai sensi della disposizione in contestazione prima della sua entrata in vigore; infine, essa comporterebbe riduzioni quantitative modeste e calibrate in considerazione delle aspettative di credito degli operatori sanitari, in una percentuale minore per il periodo più ravvicinato e un progressivo (pur sempre ridotto) aumento per i periodi successivi.

La disposizione impugnata stabilisce invece che le risorse non utilizzate di cui al tetto di spesa assegnato per il 2020 per l’assistenza ospedaliera possano essere redistribuite tra gli erogatori privati accreditati che abbiano prodotto un’attività ospedaliera eccedente il budget assegnato nell’anno 2021 e incrementa il tetto di spesa dell’assistenza ospedaliera nell’anno 2023 anche oltre i limiti imposti dalle disposizioni di legge nazionali che prevedono la riduzione dell’acquisto di volumi di prestazioni sanitarie da privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera finalizzate alla contrazione della spesa pubblica.

Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il contrasto con l’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, determinerebbe, di conseguenza, la violazione del principio di «coordinamento della finanza pubblica» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

Inoltre, quanto allo ius superveniens, ricorda il ricorrente che la prima novella normativa (art. 5, comma 32, lettera f, della legge reg. Sardegna n. 17 del 2023), seppure non impugnata, è stata sostituita dall’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023 e, dunque, potrebbe ritenersi implicitamente abrogata. La disposizione subirebbe, in ogni caso, gli effetti dell’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale del previgente art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023.

Osserva altresì la difesa statale che, qualora il ricorso avverso l’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 fosse dichiarato improcedibile alla luce della normativa sopravvenuta, ciò renderebbe ancor più rilevante l’interesse alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023.

Alla luce di quanto rappresentato, il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che l’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023 sia dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., con riguardo al principio di «coordinamento della finanza pubblica», nonché degli artt. 3, 81 e 97, primo comma, Cost., in relazione all’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, e in riferimento agli artt. 3 e 4 dello statuto speciale.

6.– Si è costituita in giudizio la Regione autonoma Sardegna chiedendo che il ricorso sia dichiarato non fondato.

Sostiene la difesa regionale che, come tutti gli enti territoriali che si fanno interamente carico della propria spesa sanitaria, la Regione autonoma Sardegna non dovrebbe essere vincolata da norme statali di coordinamento finanziario che definiscono le modalità di contenimento della spesa sanitaria (sul punto viene richiamata la sentenza di questa Corte n. 125 del 2015), in quanto lo Stato non concorre in alcun modo al finanziamento del Servizio sanitario regionale (è citata la sentenza di questa Corte n. 231 del 2017) per garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e la riduzione delle liste di attesa.

Difatti, secondo quanto previsto dall’art. 1, commi da 834 a 840, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», in particolare dal comma 836, «[d]all’anno 2007 la regione Sardegna provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato».

L’incremento della spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati previsto dalla disposizione impugnata inoltre non sarebbe incondizionato, ma rappresenterebbe una facoltà della Giunta regionale di rimodulare la spesa sanitaria con altre categorie di spesa o di incrementarla per l’acquisto di prestazioni da erogatori privati del sistema sanitario regionale, nel rispetto dell’equilibrio economico e finanziario generale del sistema sanitario regionale. Per tale motivo, laddove fossero reperite le risorse necessarie, l’applicazione della disposizione regionale non comporterebbe rischi per la sostenibilità della spesa del Servizio sanitario regionale.

La normativa regionale, inoltre, sarebbe finalizzata a dare attuazione all’art. 32 Cost., nell’esercizio della competenza regionale nella materia «tutela della salute», ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. e dell’art. 4 dello statuto speciale; competenza che – per le autonomie che si fanno interamente carico con proprie risorse della spesa sanitaria – sarebbe limitata esclusivamente dai principi volti a garantire le soglie minime degli standard e della spesa necessaria, e non da misure specifiche che incidono sull’utilizzo delle risorse regionali, non consentendo il loro utilizzo per ampliare il soddisfacimento dei bisogni sanitari dei cittadini.

Del tutto inconferente sarebbe il richiamo alla citata sentenza n. 203 del 2016, in particolare per i profili valorizzati dal ricorrente, dal momento che detta pronuncia si riferisce alla competenza legislativa di una regione ordinaria, la cui spesa sanitaria è interamente finanziata dallo Stato. L’esigenza che la spesa sanitaria delle regioni ordinarie sia compatibile con la limitatezza delle disponibilità finanziarie sarebbe riferibile, per tali regioni, alle risorse statali la cui entità non condizionerebbe invece la capacità di spesa della Regione autonoma Sardegna, dal momento che quest’ultima stabilisce autonomamente il limite di risorse da destinare alla tutela della salute della collettività sarda, in relazione agli stanziamenti in bilancio, sul quale unicamente grava la spesa sanitaria regionale.

Poiché, nel caso in esame, la disposizione impugnata prevederebbe espressamente l’obbligo di mantenere l’equilibrio economico finanziario generale del Servizio sanitario regionale, sarebbe evidente che il rischio paventato dal ricorrente di compromissione della sostenibilità della spesa del servizio stesso non sussisterebbe. Tanto più che le regioni ad autonomia speciale devono obbligatoriamente conferire al proprio servizio sanitario, per l’erogazione dei LEA, la quota parametrata a livello statale e, a differenza di quanto avviene con riferimento alle regioni ordinarie nelle quali un eventuale disavanzo implica un risultato negativo di esercizio del settore sanitario, le autonomie speciali possono coprire in corso d’anno l’eventuale eccesso di spesa con il conferimento di risorse proprie aggiuntive.

Il legittimo affidamento dei privati o le loro aspettative non avrebbero in alcun modo inciso sulla scelta di disporre l’incremento contestato, dichiaratamente rivolto a garantire i LEA e la riduzione delle liste di attesa.

L’intervento legislativo regionale, peraltro, sarebbe stato necessario in quanto alla data di approvazione della disposizione regionale impugnata non sarebbe stato più sostenibile il mantenimento del limite del valore della spesa consuntivata nel 2011, ossia riferito a 12 anni prima (ex art. 45 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili», convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019, n. 157).

A riprova di ciò il d.P.C.m. 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) ha ampliato il ventaglio di prestazioni LEA da garantire con tipologie e standard più complessi rispetto al 2011.

Ciò nonostante, l’art. 1, comma 233, della legge n. 213 del 2023 non avrebbe mutato la situazione, dal momento che utilizza ancora il valore della spesa consuntivata nel 2011 quale parametro per prevedere un ridottissimo incremento dei limiti di spesa di cui all’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito.

Il legislatore regionale avrebbe pertanto esercitato una propria competenza nell’organizzazione e finanziamento del Servizio sanitario regionale nonché la relativa autonomia finanziaria, non comprimibili da specifiche misure statali di coordinamento della finanza pubblica.

La Regione autonoma Sardegna avrebbe adottato, entro i limiti stabili dalle norme costituzionali e statutarie, una disposizione finalizzata ad aumentare l’offerta di prestazioni ai cittadini attraverso le risorse del proprio bilancio (sul punto sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 11 del 2021, n. 174 del 2020, n. 241 del 2018, n. 231 del 2017, n. 75 del 2016, n. 125 del 2015, n. 115 del 2012, n. 133 del 2010 e n. 341 del 2009).

L’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023 sarebbe, dunque, costituzionalmente legittimo, anche nella parte in cui fissa i limiti di spesa delle prestazioni ospedaliere di alta specialità e di quelle di specialistica ambulatoriale di emodialisi e di radioterapia.

Evidenzia la difesa regionale che per le prestazioni ospedaliere di alta specialità la facoltà di derogare ai limiti di cui all’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, sarebbe comunque prevista dalla stessa normativa statale costantemente applicata da tutte le regioni e che, relativamente alle prestazioni di specialistica ambulatoriale di emodialisi e di radioterapia, trattandosi di prestazioni “salvavita”, nei tavoli di verifica del Ministero dell’economia e delle finanze si sarebbe deciso che il loro finanziamento non debba essere contenuto nel limite della spesa consuntivata nel 2011, in quanto inciderebbe su diritti incomprimibili (è citata la sentenza di questa Corte n. 275 del 2016).

Considerato in diritto

1.– Con ricorso iscritto al n. 35 del registro ricorsi 2023 il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra l’altro, degli artt. 35, comma 2, e 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023.

1.1.– L’art. 35, comma 2, sarebbe costituzionalmente illegittimo in quanto – ponendosi in contrasto con la norma interposta di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, violerebbe l’art. 117, commi secondo, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «ordinamento civile» (comma secondo, lettera l), e terzo, Cost. per violazione dei principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica», anche con riguardo ai principi di equilibrio del bilancio e di sostenibilità del debito pubblico, di cui agli artt. 81 e 97, primo comma, Cost.

1.2.– Il ricorrente ha impugnato altresì l’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 che interviene sul testo dell’art. 5, comma 12, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023.

La disposizione impugnata contrasterebbe con l’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, indicato come norma interposta, e da tale contrasto discenderebbe la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. che riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica», anche con riguardo ai principi di equilibrio del bilancio e di sostenibilità del debito pubblico, di cui agli artt. 81 e 97, primo comma, Cost.

Sostiene il ricorrente che i vincoli previsti dalla norma interposta, relativamente alle risorse destinate a coprire la spesa sanitaria, costituirebbero un limite invalicabile non solo per l’amministrazione pubblica ma anche per gli operatori privati, il cui superamento giustificherebbe l’adozione delle necessarie misure di riequilibrio finanziario (è citata la sentenza di questa Corte n. 203 del 2016).

La normativa statale che prevede le suddette misure di riequilibrio, difatti, recherebbe principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica», atteso che essa persegue espressamente la «finalità di far fronte all’elevato e crescente deficit della sanità e alle esigenze ineludibili di bilancio e di contenimento della spesa pubblica». Tale finalità si imporrebbe anche alla resistente, dato che – in materia di «assistenza e beneficenza pubblica» e in materia di «igiene e sanità» – l’art. 4 statuto speciale condiziona espressamente l’esercizio delle competenze legislative regionali al rispetto dei vincoli derivanti dalla Costituzione, dai principi dell’ordinamento giuridico statale, dagli obblighi internazionali, dagli interessi nazionali, dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, nonché dai principi stabiliti dalle leggi dello Stato.

L’Avvocatura generale dello Stato nella memoria illustrativa dà conto che l’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 è stato modificato dapprima ad opera dell’art. 5, comma 32, lettera f), della legge reg. Sardegna n. 17 del 2023 e, successivamente, dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023.

Ritiene, tuttavia, che tali interventi legislativi non possano condurre a una declaratoria di cessazione della materia del contendere, in quanto non avrebbero rimosso i vizi di legittimità costituzionale dedotti nel ricorso; tanto che la normativa sopravvenuta è stata anch’essa successivamente impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri con successivo ricorso.

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso iscritto al n. 7 del registro ricorsi 2024, ha impugnato l’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023, che, come visto, modifica l’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. con riguardo alla materia «coordinamento della finanza pubblica», nonché degli artt. 3, 81 e 97, primo comma, Cost., in relazione all’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, che ha introdotto i limiti di spesa, successivamente rideterminati dall’art. 1, comma 233, della legge n. 213 del 2023, e agli artt. 3 e 4 statuto speciale.

L’art. 5 della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023 prevede che le risorse non utilizzate di cui al tetto di spesa assegnato per il 2020 per l’assistenza ospedaliera possano essere redistribuite tra gli erogatori privati accreditati che abbiano prodotto un’attività ospedaliera eccedente il budget assegnato nell’anno 2021 e incrementa il tetto di spesa dell’assistenza ospedaliera nell’anno 2023 anche oltre i limiti imposti dalle disposizioni di legge nazionali che prevedono la riduzione dell’acquisto di volumi di prestazioni sanitarie da privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera finalizzate alla contrazione della spesa pubblica.

Tale previsione si porrebbe in contrasto con quanto previsto dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, il quale individua precisi obiettivi di spesa per la finanza pubblica con violazione dei principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

3.– I giudizi, per la parte che qui interessa, riguardano disposizioni in parte coincidenti, impugnate con riferimento agli stessi parametri e con argomentazioni analoghe; pertanto, riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso iscritto al n. 35 reg. ric. 2023, gli stessi devono essere riuniti per essere trattati congiuntamente e decisi con un’unica sentenza.

4.– Con riguardo alla questione di legittimità costituzionale promossa nei confronti dell’art. 35, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023, in seguito all’intervento operato dall’art. 5, comma 32, lettera b), numero 2), della legge reg. Sardegna n. 17 del 2023, che ne ha disposto l’abrogazione a decorrere dal 20 dicembre 2023 (come stabilito dall’art. 27, comma 1, della medesima legge), il Consiglio dei ministri, nella riunione del 21 febbraio del 2024, ha deliberato la rinuncia all’impugnativa limitatamente alla disposizione in esame.

Nell’udienza pubblica del presente giudizio la difesa della Regione autonoma Sardegna ha dichiarato di accettare la rinuncia.

Pertanto, va dichiarata l’estinzione del processo relativamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023, ai sensi dell’art. 25 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, (ex multis, sentenze n. 119 del 2024 e n. 190 del 2022).

5.– L’art. 56 della legge n. 9 del 2023 interviene sull’art. 5, comma 12, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023; la disposizione è stata poi modificata, dapprima, dall’art. 5, comma 32, lettera f), della legge reg. Sardegna n. 17 del 2023 e poi sostituita dall’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023, impugnato con il ricorso iscritto al n. 7 reg. ric. 2024.

Per tale motivo, si ritiene di esaminare congiuntamente le censure promosse nei confronti di dette disposizioni.

5.1.– Vanno, innanzitutto, esaminati alcuni profili preliminari che riguardano le censure promosse nei confronti dell’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 e nei confronti dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023.

Occorre rilevare d’ufficio un profilo di inammissibilità delle censure promosse con il ricorso n. 35 del 2023 nei confronti dell’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 con riguardo alla lamentata violazione dei principi di equilibrio del bilancio e di sostenibilità del debito pubblico, di cui agli artt. 81 e 97, primo comma, Cost.

Il ricorrente, difatti, si limita a evocare i predetti parametri costituzionali senza produrre alcuna argomentazione a sostegno dell’asserita lesione.

Per costante giurisprudenza costituzionale, «il ricorrente ha l’onere non soltanto di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali di cui denuncia la violazione, ma anche di suffragare le ragioni del dedotto contrasto sviluppando un’argomentazione non meramente assertiva, sufficientemente chiara e completa» (sentenze n. 89 del 2024 e n. 112 del 2023).

Onere che, con riguardo ai citati parametri costituzionali, non risulta assolto dal ricorrente nel presente giudizio e, pertanto, le censure proposte sono inammissibili.

5.2.– Anche per quel che concerne il ricorso iscritto al n. 7 reg. ric. 2024, occorre rilevare d’ufficio l’inammissibilità delle questioni promosse nei confronti dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023 in riferimento agli artt. 3, 81 e 97, primo comma, Cost., e 3 e 4 statuto speciale, essendo tali parametri evocati dal ricorrente senza una benché minima argomentazione.

Ciò determina, alla luce della costante giurisprudenza costituzionale già richiamata, l’inammissibilità delle relative censure.

6.– Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 e dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023, promosse in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. nella materia «coordinamento della finanza pubblica», in relazione all’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, non sono fondate.

L’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 ha aggiunto un periodo al comma 12 dell’art. 5 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2023, il quale dopo la modifica prevede che: «[l]e risorse non utilizzate di cui al tetto di spesa assegnato per il 2020 per l’assistenza ospedaliera possono essere redistribuite tra gli erogatori privati accreditati che abbiano prodotto un’attività ospedaliera eccedente il budget assegnato nell’anno 2021 e per incrementare il tetto di spesa dell’assistenza ospedaliera nell’anno 2023 anche oltre i limiti imposti dalle disposizioni di legge nazionali che prevedono la riduzione dell’acquisto di volumi di prestazioni sanitarie da privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera finalizzate alla contrazione della spesa pubblica, in quanto la Regione provvede con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria».

L’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023 prevede che: «1. L’articolo 56 della legge regionale 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie), come modificato dall’articolo 5, comma 32, lettera f) della legge regionale n. 17 del 2023, è così sostituito: “Art. 56 (Disposizioni in materia di tetti di spesa per prestazioni sanitarie erogate da privati accreditati) 1. Al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza e ridurre i tempi di attesa, fermo restando l’equilibrio economico finanziario generale del Servizio sanitario regionale, la Giunta regionale è autorizzata a incrementare la spesa per l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera e ambulatoriale da soggetti privati accreditati non oltre il 40 per cento rispetto alla spesa consuntivata nel 2011. Non rientrano nei limiti gli incrementi di spesa per le prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità rispetto spesa consuntivata nel 2015 e gli incrementi per l’acquisto di prestazioni di emodialisi e radioterapia rispetto alla spesa consuntivata nel 2011”».

7.– Ai fini del presente scrutinio, giova premettere una ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale nel quale le disposizioni impugnate si inseriscono.

La disposizione di riferimento in tema di tetti di spesa in materia sanitaria è l’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, il quale prevede che «14. Ai contratti e agli accordi vigenti nell’esercizio 2012 […], per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto in misura determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l’anno 2011, dello 0,5 per cento per l’anno 2012, dell’1 per cento per l’anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall’anno 2014. A decorrere dall’anno 2016, in considerazione del processo di riorganizzazione del settore ospedaliero privato accreditato in attuazione di quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70, al fine di valorizzare il ruolo dell’alta specialità all’interno del territorio nazionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono programmare l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità, nonché di prestazioni erogate da parte degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) a favore di cittadini residenti in regioni diverse da quelle di appartenenza ricomprese negli accordi per la compensazione della mobilità interregionale […] e negli accordi bilaterali fra le regioni per il governo della mobilità sanitaria interregionale […], in deroga ai limiti previsti dal primo periodo […]. Il livello di spesa determinatosi per il 2012 a seguito dell’applicazione della misura di contenimento di cui al presente comma costituisce il livello su cui si applicano le misure che le regioni devono adottare, a decorrere dal 2013, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), terzo periodo del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111».

Successivamente, l’art. 45, comma 1-ter, inserito in sede di conversione del d.l. n. 124 del 2019 ha stabilito che «il limite di spesa indicato all’articolo 15, comma 14, primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, come convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è rideterminato nel valore della spesa consuntivata nell’anno 2011, fermo restando il rispetto dell’equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale».

Da ultimo, l’art. 1, comma 233, della legge n. 213 del 2023 ha previsto che «[a]l fine di concorrere all’ordinata erogazione delle prestazioni assistenziali ricomprese nei livelli essenziali di assistenza, il limite di spesa indicato all’articolo 15, comma 14, primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è rideterminato nel valore della spesa consuntivata nell’anno 2011 incrementata di 1 punto percentuale per l’anno 2024, di 3 punti percentuali per l’anno 2025 e di 4 punti percentuali a decorrere dall’anno 2026, fermo restando il rispetto dell’equilibrio economico e finanziario del servizio sanitario regionale».

Con riguardo ai vincoli di finanza pubblica recati dalla legislazione statale, questa Corte è costante nel ritenere che essi «si applicano, di regola, anche ai soggetti ad autonomia speciale (sentenza n. 36 del 2004; in seguito, sentenze n. 54 del 2014, n. 229 del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 353 del 2004), poiché funzionali a prevenire disavanzi di bilancio, a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e a garantire l’unità economica della Repubblica (sentenza n. 82 del 2015), dato che la finanza delle Regioni a Statuto speciale è parte della finanza pubblica allargata (sentenza n. 80 del 2017)» (sentenza n. 231 del 2017).

Questa Corte ha altresì affermato che i tetti di spesa costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

Occorre tuttavia verificare se, nel caso di specie, essi costituiscano un vincolo per la legislazione regionale sarda nella allocazione della spesa sanitaria.

A tal proposito è bene precisare che la Regione autonoma Sardegna rientra nel novero degli enti ad autonomia speciale che provvedono integralmente al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale. Difatti, ai sensi dell’art. 1, comma 836, della legge n. 296 del 2006, «[d]all’anno 2007 la regione Sardegna provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato».

Il finanziamento integrale degli oneri del servizio sanitario regionale a carico del bilancio della Regione autonoma Sardegna comporta, per orientamento costante di questa Corte, che lo Stato non possa intervenire con norme che definiscano le modalità di contenimento di una spesa sanitaria che è interamente sostenuta dalla Regione autonoma.

È stato difatti affermato che in siffatta ipotesi «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario (sentenza n. 341 del 2009; successivamente ribadita dalle sentenze n. 174 del 2020, n. 241 del 2018, n. 231 del 2017, n. 75 del 2016, n. 125 del 2015, n. 115 del 2012 e n. 133 del 2010)» (sentenza n. 11 del 2021).

Dunque, i vincoli recati dall’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, non si riferiscono alla Regione autonoma Sardegna che provvede autonomamente e integralmente al finanziamento del proprio sistema sanitario.

Occorre tener conto, altresì, che la Regione autonoma Sardegna non è sottoposta a un piano di rientro dal disavanzo finanziario in materia sanitaria e che l’intervento regionale oggetto di impugnazione è finalizzato a garantire i livelli essenziali di assistenza e a ridurre i tempi di attesa. Inoltre, come previsto dall’impugnato art. 5, «la Giunta regionale è autorizzata a incrementare la spesa per l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera e ambulatoriale da soggetti privati accreditati non oltre il 40 per cento rispetto alla spesa consuntivata nel 2011». Entro il predetto limite, l’entità delle risorse occorrenti agli indicati fini viene stabilita dalla Regione autonoma in relazione alla consistenza del proprio bilancio sul quale grava la spesa sanitaria regionale «fermo restando l’equilibrio economico finanziario generale del Servizio sanitario regionale». Pertanto, le questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti dell’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 e dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., nella materia «coordinamento della finanza pubblica», in relazione all’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, non sono fondate.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso n. 35 del registro ricorsi 2023;

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 56 della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie), promosse, in riferimento agli artt. 81 e 97, primo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, della legge della Regione Sardegna 29 dicembre 2023, n. 21, (Modifiche alla legge regionale n. 17 del 2023, alla legge regionale n. 9 del 2023 e alla legge regionale n. 1 del 2023), promosse, in riferimento agli artt. 3, 81 e 97, primo comma, Cost., e agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 promosse, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. nella materia «coordinamento della finanza pubblica», in relazione all’art. 15, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023 promosse, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. nella materia «coordinamento della finanza pubblica», in relazione all’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, come convertito, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

5) dichiara estinto il processo relativamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Angelo BUSCEMA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2024