SENTENZA N. 112
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Silvana SCIARRA
Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 2, e 21, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Veneto 27 maggio 2022, n. 12 (Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2022 in materia di politiche sanitarie e di politiche sociali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 25 luglio 2022, depositato in cancelleria il 27 luglio 2022, iscritto al n. 50 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2023 il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio;
uditi l’avvocato dello Stato Marina Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Enrico Minnei e Gaia Stivali per la Regione Veneto;
deliberato nella camera di consiglio del 23 marzo 2023.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 25 luglio 2022 e depositato il successivo 27 luglio, iscritto al n. 50 del registro ricorsi 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 2, e 21, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Veneto 27 maggio 2022, n. 12 (Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2022 in materia di politiche sanitarie e di politiche sociali).
1.1.– L’impugnato art. 12, comma 2, modifica l’Allegato alla legge della Regione Veneto 28 dicembre 2018, n. 48 (Piano socio-sanitario regionale 2019-2023), aggiungendovi il sottoparagrafo intitolato «Incremento del massimale di scelte degli incarichi temporanei di assistenza primaria assegnati ai medici in formazione specifica in medicina generale», del seguente tenore: «[i]n relazione alla contingente carenza di medici di medicina generale, aggravata dagli effetti della recente emergenza epidemiologica da COVID-19 al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza e di scongiurare la possibilità di interruzioni di pubblico servizio nell’assistenza territoriale, le aziende del servizio sanitario regionale possono prevedere nelle convenzioni concernenti gli incarichi temporanei di assistenza primaria assegnati ai medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale un massimale di scelte fino ad un massimo di 1.000 assistiti per il primo anno, e di 1.200 assistiti per gli anni successivi al primo. Le ore di incarico di assistenza primaria risultanti dalla convenzione sottoscritta dal medico iscritto al corso di formazione specifica in medicina generale con l’azienda saranno computabili quali attività pratiche del corso».
1.1.1.– La disposizione in questione recherebbe anzitutto vulnus all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, per contrasto con il principio fondamentale nelle materie di competenza legislativa concorrente «tutela della salute» e «professioni», secondo il quale la partecipazione al corso di formazione specifica in medicina generale è incompatibile con qualsiasi attività lavorativa.
L’invocato principio fondamentale è desunto dall’art. 9, comma 1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, come modificato dall’art. 12, comma 3-bis, lettera a), del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 (Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza, e altre disposizioni in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 19 maggio 2022, n. 52; dall’art. 2-quinquies, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 aprile 2020, n. 27; dall’art. 24, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE).
1.1.2.– Rileva il ricorrente che gli unici casi in cui la normativa statale consente di derogare alla regola, posta dall’art. 24 del d.lgs. n. 368 del 1999, che stabilisce l’incompatibilità della formazione specifica in medicina generale con lo svolgimento di attività lavorative, sarebbero quelli previsti dall’art. 2-quinquies, commi 1 e 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e dall’art. 9, commi 1 e 2, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito.
La prima di tali disposizioni stabilisce che, per la durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai medici iscritti al corso di formazione in medicina generale è consentita l’instaurazione di un rapporto convenzionale a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale (comma 1) e l’assunzione di incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale (comma 2).
La efficacia di dette previsioni è stata prorogata dall’art. 4, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi), convertito, con modificazioni, nella legge 25 febbraio 2022, n. 15.
L’art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, modificato, come già precisato, dall’art. 12, comma 3-bis, lettera a), del d.l. n. 24 del 2022, come convertito, dispone, al comma 1, che, fino al 31 dicembre 2024, in relazione alla contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione, i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, possono, a determinate condizioni, partecipare all’assegnazione degli incarichi convenzionali e che le regioni e le province autonome, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999, prevedono la limitazione del massimale degli assistiti in carico fino a mille, anche con il supporto dei tutori di cui all’art. 27 del medesimo d.lgs. n. 368 del 1999, o del monte ore settimanale, e possono organizzare i corsi anche a tempo parziale, garantendo, in ogni caso, che l’articolazione oraria e l’organizzazione delle attività assistenziali non pregiudichino la corretta partecipazione alle attività didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale.
Secondo la difesa statale, tali previsioni, essendo giustificate da una situazione contingente di carenza di medici di medicina generale, hanno carattere «speciale ed eccezionale» e sono, quindi, di stretta applicazione. Esse indicano in modo puntuale i presupposti in presenza dei quali i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale possono assumere, rispettivamente, incarichi temporanei destinati a trasformarsi in rapporti a tempo indeterminato a decorrere dal conseguimento del diploma di formazione, e incarichi a tempo determinato (incarichi provvisori di sostituzione) che il medico ricopre limitatamente al periodo di assenza del titolare.
1.1.3.– L’art. 12, comma 2, della legge regionale impugnata, nel prevedere che al medico in formazione in medicina generale, a partire dal secondo anno di corso, possano essere assegnati fino a milleduecento assistiti, violerebbe la regola, espressiva di un principio fondamentale, di cui al richiamato art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, generando il rischio di erogazione di prestazioni sanitarie di livello non adeguato e incidendo sul percorso formativo dei medici.
Inoltre, la disposizione regionale, introducendo un regime diversificato rispetto a quello delineato dalla disciplina statale, lederebbe il principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., il quale impone che le regole fondamentali sui rapporti in scrutinio siano uniformi sul territorio nazionale.
1.2.– Il ricorso impugna poi l’art. 21, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali dettati dal legislatore statale nella materia di competenza legislativa concorrente «tutela della salute». Le disposizioni oggetto di impugnazione, nel prevedere procedure concorsuali per il reclutamento di dirigenti medici che prescindono dalla verifica del possesso del requisito della specializzazione, si discosterebbero dalla disciplina sul concorso pubblico per l’accesso alla dirigenza sanitaria dettata dall’art. 15, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
Quest’ultima disposizione prevede che alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, come disciplinato dal d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale), il quale, all’art. 24, precisa che i requisiti specifici di ammissione a detto concorso sono la laurea in medicina e chirurgia, la specializzazione nella disciplina oggetto del concorso stesso e l’iscrizione all’albo dell’ordine dei medici-chirurghi, attestata da certificato in data non anteriore a sei mesi rispetto a quella di scadenza del bando.
La difesa dello Stato ritiene che le disposizioni impugnate, pur volte a far fronte alla carenza di personale nei servizi della medicina d’urgenza, incidano sulle condizioni che assicurano il buon andamento dell’amministrazione e la qualità dell’attività assistenziale erogata in tale settore.
Sottolinea, al riguardo, il ricorrente che le previsioni che impongono il possesso del diploma di formazione specifica in medicina generale esprimono un principio fondamentale della legislazione statale, considerata l’importanza che la formazione del medico assume ai fini dello svolgimento delle relative funzioni (viene citata la sentenza n. 38 del 2020 di questa Corte).
Le norme di cui si tratta – argomenta, ancora, la difesa statale – non solo prorogano di ulteriori tre anni, fino al 31 gennaio 2024, la possibilità, già prevista dall’art. 23, comma 1, della legge della Regione Veneto 24 gennaio 2020, n. 1 (Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2019 in materia di politiche sanitarie e di politiche sociali), di indire procedure concorsuali per assumere medici privi di specializzazione, e tuttavia destinati a prestare servizio a tempo indeterminato, ma, al contempo, dispongono l’abrogazione del comma 2 dello stesso art. 23 della citata legge reg. Veneto n. 1 del 2020, il quale, consentendo il contestuale avvio del necessario percorso formativo attraverso l’accesso immediato del medico in soprannumero al corso di specializzazione in medicina di emergenza-urgenza, ove mantenuto, avrebbe attenuato gli effetti della operata deroga alla disciplina statale.
1.2.1.– L’art. 21, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022 contrasterebbe, altresì, con l’art. 3 Cost., in quanto introdurrebbe per la sola Regione Veneto una procedura concorsuale diversificata rispetto a quella prevista dalla disciplina nazionale.
1.2.2.– Sarebbe, infine, violato l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto il regime di accesso alle procedure concorsuali delineato dalla norma regionale, coinvolgendo la disciplina del rapporto di lavoro dei medici, invaderebbe la competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento civile».
1.3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, impugna, infine, l’art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, a mente del quale, per il triennio 2022-2024 i laureati in medicina e chirurgia abilitati possono, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione e fatte salve le disposizioni del d.lgs. n. 368 del 1999, prestare, al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l’assolvimento degli obblighi formativi, attività di supporto presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del servizio sanitario regionale mediante contratti libero professionali o di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile. In tal modo, la disposizione de qua introdurrebbe una deroga al regime delle incompatibilità previste per il medico in formazione specialistica, in contrasto con l’art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999.
1.3.1.– La disposizione impugnata si porrebbe in contrasto, pertanto, anzitutto, con l’art. 117, terzo comma, Cost.
1.3.2.– Inoltre, la norma, in combinato disposto con il comma 1 dello stesso art. 21, offrendo un canale di accesso alla professione che prescinde dalla specializzazione, porrebbe una disciplina irragionevolmente diversa da quella nazionale, in contrasto con l’art. 3 Cost.
1.3.3.– Essa violerebbe altresì l’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., in quanto interverrebbe a disciplinare una materia di diretta derivazione europea.
1.3.4.– Ad avviso del ricorrente, sarebbe, infine, leso l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto il legislatore regionale avrebbe invaso la competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento civile».
2.– Si è costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità e, comunque, la non fondatezza delle questioni promosse o, in via subordinata, dichiararsi le disposizioni regionali impugnate «provvisoriamente costituzionali o latentemente incostituzionali con monito al legislatore di provvedere al più presto».
2.1.– In premessa, la resistente ha sottolineato la necessità che, in linea con le indicazioni della giurisprudenza costituzionale, lo scrutinio delle odierne questioni sia condotto non in termini astratti, ma tenendo conto del concreto contesto in cui le disposizioni impugnate sono destinate a operare e delle profonde trasformazioni che in tempi recenti hanno interessato la disciplina sanitaria risalente agli anni Novanta (viene richiamata, tra le altre, la sentenza di questa Corte n. 36 del 2022).
Ha, quindi, diffusamente argomentato sulle ragioni della disciplina denunciata, evidenziando come la stessa sia diretta a fronteggiare le rilevantissime difficoltà in cui versano i settori della medicina generale e d’urgenza, nei quali la comprovata carenza di personale, aggravata dagli effetti della emergenza epidemiologica da COVID-19, è particolarmente avvertita, rappresentando che il deficit di medici di prima assistenza e dell’emergenza-urgenza è tale da mettere a rischio la concreta erogazione di prestazioni sanitarie essenziali sul territorio regionale.
2.2.– Quanto all’art 12, comma 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, la difesa regionale ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità delle questioni per carente ricostruzione del quadro giuridico-fattuale di riferimento.
2.2.1.– La difesa regionale premette che l’adozione della norma in esame è stata imposta dalla necessità di reperire una soluzione organizzativa alla grave situazione venutasi a creare in conseguenza della mancata assegnazione, attraverso le procedure di reclutamento ordinarie, del sessanta per cento degli incarichi destinati a coprire ambiti carenti di assistenza primaria.
La resistente ricorda, quindi, che gli incarichi temporanei in tale settore di assistenza primaria assegnati ai medici in formazione specifica in medicina generale sono previsti anche dalla legislazione statale – e segnatamente dall’art. 9, comma 1, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, modificato dall’art. 12, comma 3-bis, lettera a), del d.l. n. 24 del 2022, come convertito, e dall’art. 2-quinquies, comma 1, del d.l. n. 18 del 2021, come convertito –, evidenziando come la disposizione regionale impugnata sia in tutto conforme al modello statale, fatta eccezione per l’innalzamento del massimale degli assistiti da mille a milleduecento.
La Regione Veneto avrebbe introdotto tale incremento, nell’esercizio del proprio potere discrezionale di organizzazione del servizio sanitario sul territorio, allo scopo di scongiurare la paralisi di un servizio essenziale.
Ad avviso della resistente, il massimale di mille assistiti stabilito dalla normativa statale non esprime, infatti, un principio fondamentale non derogabile neanche in via temporanea e in presenza di situazioni di emergenza.
Ciò troverebbe conferma nella disciplina degli incarichi di assistenza primaria provvisori e di sostituzione, nella quale non si rinvengono limiti come quello in esame.
Osserva, ancora, la difesa regionale che l’art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, impone che l’articolazione oraria e l’organizzazione delle attività assistenziali non pregiudichino la corretta partecipazione alle attività didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale e concede alle Regioni la possibilità di organizzare i corsi anche a tempo parziale.
Da tali dati normativi si desumerebbe che spetta alle regioni valutare, sulla base delle esigenze imposte dal numero delle sedi carenti di medicina primaria, l’eventuale superamento del limite quantitativo indicato dallo Stato e, ove ciò avvenga, fare in modo che i corsi di formazione assicurino sempre un percorso formativo adeguato.
2.2.2.– La resistente rileva, poi, l’inconferenza del richiamo alla materia «professioni», sostenendo che la disciplina in scrutinio ricade nella materia «tutela della salute», e la non fondatezza della censura formulata in riferimento all’art. 3 Cost., non avendo il ricorrente tenuto conto della specifica situazione di carenza di medici di medicina generale della Regione Veneto, né considerato che all’esigenza di rispetto di regole omogenee su tutto il territorio nazionale corrisponde l’eguale godimento del fondamentale diritto alla salute ex art. 32 Cost.
2.3.− In merito alle censure rivolte all’art. 21, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, la resistente evidenzia, anzitutto, come tale disposizione, insieme all’art. 23, comma 1, della legge reg. Veneto n. 1 del 2020, di cui la prima ha prorogato la vigenza fino al 31 gennaio 2024, interviene a modificare quanto già previsto dal «Piano socio sanitario regionale 2019-2023», approvato con la legge reg. Veneto n. 48 del 2018, il quale, tuttavia, non è stato impugnato dallo Stato.
2.3.1.– Secondo la difesa regionale, l’impugnato art. 21, comma 1, è una norma «eccezionale, emergenziale e a efficacia temporale definita», come reso evidente dalla finalità di garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza nell’ambito del sistema di emergenza-urgenza, in un contesto di grave carenza di personale nonostante il reiterato tentativo di reclutamento di medici muniti di specializzazione; dal limitato ambito di applicazione oggettivo, costituito dall’emergenza-urgenza; dall’efficacia a termine (fino al 2024); dal sistema delle cautele e dei controlli espressamente previsto.
Inoltre, la norma in scrutinio sarebbe diretta a prevenire o limitare l’esternalizzazione dei servizi sanitari di cui si tratta, al fine di non disperdere la professionalità del personale medico che, benché privo di specializzazione, ha acquisito nel servizio sanitario regionale una importante esperienza di pronto soccorso in forza di contratti a tempo determinato, contratti di collaborazione coordinata e continuativa e altri rapporti in convenzione.
Ancora, in linea con le indicazioni offerte da questa Corte nella sentenza n. 36 del 2022, la disposizione regionale in esame sarebbe coerente con il quadro evolutivo della normativa statale sull’emergenza sanitaria e con la «relativa flessibilizzazione dei requisiti» di reclutamento.
2.3.2.– Ad avviso della resistente, poiché nel ricorso non è stato in alcun modo dato conto dell’evoluzione del quadro normativo nel senso chiarito, anche la censura in esame sarebbe inammissibile in ragione dell’incompleta ricostruzione del quadro giuridico-fattuale e per la mancata individuazione delle norme statali in grado di fungere da parametro interposto rispetto alle asserite violazioni.
2.3.3.– Le censure riguardanti l’art. 21, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022 sarebbero comunque non fondate, perché basate sull’erroneo presupposto della esistenza di un principio fondamentale statale nella materia concorrente della tutela della salute, in base al quale sarebbe sempre necessario il possesso della specializzazione per l’accesso al Servizio sanitario nazionale, laddove, al contrario, lo stesso principio assumerebbe, in condizioni emergenziali, carattere recessivo a fronte della preminente esigenza di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie.
La disposizione impugnata compenserebbe la mancanza del titolo di specializzazione con il requisito dell’esperienza specifica presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale.
D’altro canto – osserva la resistente – è lo stesso ordinamento a riconoscere ai medici laureati e abilitati all’esercizio della professione di medico chirurgo la facoltà di svolgere tutti gli atti medici senza alcun limite e con il solo obbligo di rispettare le regole proprie dell’esercizio dell’attività professionale, né è rinvenibile una disposizione, comunitaria o nazionale, che impedisca al medico abilitato privo di specializzazione di esercitare la professione sanitaria in qualunque ambito.
2.3.4.– Quanto alla prospettata lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., la Regione eccepisce l’inconferenza del parametro evocato.
A tal fine, la resistente richiama la giurisprudenza costituzionale secondo la quale l’ambito in cui ricadono le disposizioni impugnate è quello della tutela della salute ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. (vengono citate le sentenze di questa Corte n. 174 e n. 38 del 2020), evidenziando come, in ogni caso, le disposizioni regionali impugnate operano «a livello di macro-organizzazione, a monte rispetto alla stipula dei contratti di lavoro dei sanitari interessati».
2.3.5.– Ad avviso della resistente, la censura con la quale è dedotta la violazione dell’art. 3 Cost. è inammissibile, in quanto non considera che la disciplina dell’organizzazione e gestione del servizio sanitario regionale può essere oggetto di differenziazione sui vari territori regionali, sia pure nel rispetto dei principi fondamentali posti dalla legislazione statale.
2.4.– Quanto, infine, all’art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, la difesa regionale ripropone, in primo luogo, le considerazioni svolte a sostegno dell’eccezione di inammissibilità delle censure rivolte all’art. 21, commi 1 e 2, della medesima legge regionale.
Il Governo non avrebbe considerato la tendenza evolutiva del quadro normativo nazionale desumibile dall’art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, e dall’art. 1, commi 547, 548 e 548-bis, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), come modificati dall’art. 12 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60.
In particolare, il ricorrente non avrebbe tenuto conto delle disposizioni statali che hanno introdotto deroghe al generale regime di incompatibilità delle attività lavorative dei medici iscritti ai corsi di specializzazione o ai corsi di formazione specifica in medicina generale (art. 2-quinquies, commi 1 e 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, art. 9, comma 1, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, modificato dall’art. 12, comma 3-bis, lettera a), del d.l. n. 24 del 2022, come convertito), né dell’inutile esperimento, da parte della Regione, di ogni tentativo di reclutare personale medico munito di specializzazione.
2.4.1.– Ad avviso della difesa regionale, le censure con cui è denunciata la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere a) ed l), Cost. sarebbero inammissibili per inconferenza dei parametri evocati.
2.4.2.– Palesemente non fondata sarebbe, invece, la doglianza relativa all’art. 117, terzo comma, Cost.
Evidenzia, al riguardo, la resistente che, contrariamente a quanto assunto dall’Avvocatura generale dello Stato, l’art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999 non impone al medico in formazione specialistica un divieto assoluto di svolgere attività professionale al di fuori dell’orario dedicato alla formazione, ma, anzi, consente ai tirocinanti l’attività libero professionale intra moenia.
La disposizione regionale in scrutinio si porrebbe, comunque, in linea con la legislazione nazionale già richiamata, la quale, nel contesto dell’emergenza da COVID-19, ha consentito ai medici iscritti ai corsi di specializzazione o ai corsi di formazione specifica in medicina generale l’instaurazione di rapporti convenzionali o il conferimento di incarichi provvisori o di sostituzione valevoli come attività pratiche ai fini del conseguimento del titolo affatto incompatibili con il percorso formativo.
2.4.3.– In ultimo, la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità della censura che lamenta la violazione dell’art. 3 Cost.
Essa non terrebbe conto delle deroghe al requisito del possesso della specializzazione contemplate nella legislazione statale, così equivocando sul tertium comparationis, e attribuirebbe alla norma interposta recata dall’art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999 un contenuto di cui è priva.
2.4.4.– Il motivo sarebbe, comunque non fondato, perché non terrebbe conto della situazione di carenza di medici di medicina di emergenza-urgenza in cui versa la Regione Veneto.
3.– Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative nell’imminenza dell’udienza pubblica.
3.1.– La Regione ha insistito nelle conclusioni rassegnate nell’atto di costituzione in giudizio, rilevando, altresì, che lo ius superveniens costituito dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, nella quale è stato convertito, con modificazioni, il decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi), ha aggiunto, all’art. 4 di tale decreto-legge, il comma 9-quater, il quale ha prorogato fino al 31 dicembre 2023 le disposizioni di cui all’art. 2-quinquies del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, che consentono ai laureati in medicina e chirurgia abilitati di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale, nonché ai medici iscritti al corso di specializzazione in pediatria di assumere, durante il percorso formativo, incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il servizio sanitario nazionale.
Assume la resistente che la proroga delle disposizioni statali che realizzano la «flessibilizzazione dei requisiti», cui ha fatto riferimento questa Corte nella sentenza n. 36 del 2022, ai fini del reclutamento del personale sanitario anche attraverso il ricorso ai medici privi della specializzazione o non ancora in possesso di essa, confermerebbe il quadro normativo descritto nell’atto di costituzione, al quale si uniforma la disposizione regionale impugnata dal Governo.
3.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha richiamato e sviluppato nella memoria difensiva le argomentazioni addotte nel ricorso, ribadendo le conclusioni ivi assunte e replicando analiticamente alle eccezioni e deduzioni svolte dalla difesa regionale.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge reg. Veneto n. 12 del 2022.
2.− È anzitutto impugnato l’art. 12, comma 2, della citata legge regionale, il quale modifica l’Allegato alla legge reg. Veneto n. 48 del 2018, aggiungendovi il sottoparagrafo, intitolato «Incremento del massimale di scelte degli incarichi temporanei di assistenza primaria assegnati ai medici in formazione specifica in medicina generale», secondo cui «[i]n relazione alla contingente carenza di medici di medicina generale, aggravata dagli effetti della recente emergenza epidemiologica da COVID-19 al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza e di scongiurare la possibilità di interruzioni di pubblico servizio nell’assistenza territoriale, le aziende del servizio sanitario regionale possono prevedere nelle convenzioni concernenti gli incarichi temporanei di assistenza primaria assegnati ai medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale un massimale di scelte fino ad un massimo di 1.000 assistiti per il primo anno, e di 1.200 assistiti per gli anni successivi al primo. Le ore di incarico di assistenza primaria risultanti dalla convenzione sottoscritta dal medico iscritto al corso di formazione specifica in medicina generale con l’azienda saranno computabili quali attività pratiche del corso».
2.1.– La disposizione impugnata violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con il principio fondamentale nelle materie «tutela della salute» e «professioni» – desumibile dall’art. 9, commi 1 e 2, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, modificato dall’art. 12, comma 3-bis, lettere a) e b), del d.l. n. 24 del 2022, come convertito; dall’art. 2-quinquies, commi 1 e 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e dall’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999 –, in base al quale la partecipazione al corso di formazione specifica in medicina generale è incompatibile con qualsiasi attività lavorativa.
2.1.1.– Ad avviso del ricorrente, tale precetto sarebbe derogabile nei soli casi previsti, rispettivamente, dall’art. 2-quinquies, commi 1 e 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito – secondo cui, per la durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, i medici in formazione specifica in medicina generale possono assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale ed essere iscritti negli elenchi della guardia medica e della guardia medica turistica – e dall’art. 9, commi 1 e 2, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, ai sensi del quale, fino al 31 dicembre 2024, i medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale possono assumere incarichi temporanei di assistenza primaria, con un massimale limitato a mille assistiti, nel rispetto di quanto disposto dall’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999.
2.2.– Pertanto, l’art. 12, comma 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, consentendo alle aziende del servizio sanitario regionale di innalzare fino a milleduecento il numero massimo di pazienti che, a partire dal secondo anno di corso, possono essere affidati ai medici in formazione in medicina generale, si porrebbe in contrasto con l’anzidetto principio fondamentale della legislazione statale, generando il rischio di erogazione di prestazioni di livello non adeguato e incidendo sul percorso formativo degli esercenti la professione sanitaria.
2.3.– Inoltre, la disposizione impugnata, introducendo una disciplina differenziata rispetto a quella di fonte statale, violerebbe il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., declinato come uniformità sul territorio nazionale della regolamentazione della fattispecie in scrutinio.
3.– Deve, preliminarmente, essere esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Veneto per incompleta ricostruzione del quadro fattuale e normativo, in quanto le censure non terrebbero conto del concreto contesto in cui le norme impugnate sono destinate a operare, né delle profonde trasformazioni che la disciplina sanitaria di fonte statale ha subìto nel corso del tempo.
3.1.– L’eccezione non è fondata.
3.1.1.– Il ricorso dà conto della recente normativa eccezionale, sia pure per trarne, mediante argomentazioni non implausibili, conclusioni opposte rispetto a quelle assunte dalla resistente.
Nelle previsioni statali valorizzate dalla difesa regionale il ricorrente individua, infatti, discipline di portata «speciale ed eccezionale» e quindi insuscettibili di essere ulteriormente derogate dalla legislazione regionale.
3.1.2.– Neppure può imputarsi al ricorrente di aver trascurato il quadro fattuale in cui si inscrivono le norme regionali in esame, rinvenendosi, al contrario, tanto nel ricorso, quanto nella memoria illustrativa, riferimenti alla finalità, perseguita dal legislatore veneto, di contenimento degli effetti della mancanza di personale sanitario, che notoriamente affligge i settori, oggetto delle norme in scrutinio, della medicina generale e dei servizi di emergenza-urgenza.
Nondimeno, il Governo menziona dette carenze per evidenziare come di esse si sia fatto carico lo stesso legislatore nazionale mediante previsioni che, in quanto temporanee e contingenti, sono di stretta applicazione e, quindi, non consentono alle regioni di introdurre nuove eccezioni alle regole di fonte statale che assicurano il buon andamento dell’amministrazione e la qualità delle prestazioni sanitarie.
In aggiunta, nella memoria difensiva, il ricorrente rileva che i dati più recenti mostrano una tendenza all’incremento del personale medico del Servizio sanitario nazionale e che le risorse finanziarie specificamente destinate alla formazione specialistica e in medicina generale dal piano nazionale di ripresa e resilienza consentono di prevedere il superamento delle descritte emergenze nel volgere di pochi anni.
3.2.– Sempre in via preliminare, deve rilevarsi che la doglianza con la quale è stata denunciata la violazione del principio di uguaglianza non ha dignità di censura autonoma, rappresentando un aspetto della denunciata violazione del principio di uniforme regolazione statale sul territorio nazionale della tutela della salute e delle professioni (sentenza n. 6 del 2022).
4.– La questione promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. non è fondata.
4.1.– Il ricorrente lamenta che l’art. 12, comma 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, fissando in milleduecento il numero massimo di assistiti che, dal secondo anno di corso, possono essere affidati ai medici di medicina generale in formazione – a fronte di un massimale di mille assistiti previsto dal legislatore statale – si discosterebbe dal principio fondamentale dell’incompatibilità della partecipazione al suddetto percorso formativo con lo svolgimento di attività lavorative, al di fuori dei limiti in cui la disciplina nazionale consente di derogarvi.
4.2.– È opportuno premettere, in sintesi, la descrizione del quadro normativo in cui si innestano le previsioni regionali impugnate.
4.2.1.– Il principio della formazione a tempo pieno trae origine dalla disciplina europea sulla formazione specifica dei medici di medicina generale approntata al dichiarato fine di garantire, a livello comunitario, un grado di preparazione adeguato a soddisfare i bisogni formativi peculiari dei professionisti destinati a operare nell’area delle cure primarie. L’istituzione di un apposito corso di formazione post lauream mira, inoltre, a favorire la libera circolazione dei professionisti in ambito comunitario, assicurando standard di formazione professionale uniformi per il reciproco riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli tra gli Stati membri.
La prima enunciazione della regola dell’impegno formativo a tempo pieno si rinviene negli artt. 2, paragrafo 1, lettera b), e 5, della direttiva 86/457/CEE del Consiglio, del 15 settembre 1986, relativa alla formazione specifica in medicina generale, attuata in Italia con il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256 (Attuazione della direttiva n. 86/457/CEE, relativa alla formazione specifica in medicina generale, a norma dell’art. 5 della legge 30 luglio 1990, n. 212), il quale, all’art. 1, comma 2, disponeva che «[i]l corso, della durata di anni due, articolato secondo la previsione di cui all’art. 3, comporta un impegno a tempo pieno dei partecipanti con obbligo della frequenza alle attività didattiche sia pratiche che teoriche e si conclude con il rilascio dell’attestato di formazione in medicina generale, conforme all’allegato modello».
Successivamente il principio della partecipazione a tempo pieno al corso di formazione in medicina generale è stato riaffermato dall’art. 31 della direttiva 93/16/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli.
Di seguito, tale fonte normativa è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, il cui art. 28, paragrafo 3, ha riprodotto la modalità del tempo pieno, disponendo che «[l]a formazione specifica in medicina generale avviene a tempo pieno sotto il controllo delle autorità od organi competenti ed è di natura più pratica che teorica».
Nell’ordinamento italiano i principi espressi dalla direttiva 93/16/CEE, come successivamente modificata, hanno trovato attuazione con il d.lgs. n. 368 del 1999, il quale ha abrogato il d.lgs. n. 256 del 1991 e ha ridisegnato la disciplina della formazione dei medici di medicina generale collocandola, in un sistema più ampio ed organico, accanto a quella dei corsi di formazione specialistica.
Nel nuovo assetto normativo, la modalità della formazione in medicina generale a tempo pieno è consacrata nell’art. 24 del citato decreto legislativo, il quale, al comma 2, dispone che il corso di formazione specifica in medicina generale, della durata di tre anni e riservato ai laureati in medicina e chirurgia, abilitati all’esercizio professionale, «comporta un impegno dei partecipanti a tempo pieno con obbligo della frequenza alle attività didattiche teoriche e pratiche, da svolgersi sotto il controllo delle regioni e province autonome e degli enti competenti»; mentre, al comma 3, prevede che «[l]a formazione a tempo pieno, implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno».
Detta modalità è, infine, ribadita nell’art. 11, comma 1, del decreto del Ministro della salute 7 marzo 2006 (Principi fondamentali per la disciplina unitaria in materia di formazione specifica in medicina generale), a mente del quale «[i]l corso è strutturato a tempo pieno. La formazione a tempo pieno implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno».
Conseguentemente, aggiunge la citata disposizione, «e` inibito al medico in formazione l’esercizio di attività libero-professionali ed ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche o private, anche di carattere saltuario o temporaneo. Durante la frequenza del corso e`, altresì, esclusa la contemporanea iscrizione o frequenza a corsi di specializzazione o dottorati di ricerca, anche qualora si consegua tale stato successivamente all’inizio del corso di formazione specifica in medicina generale».
4.2.2.– La modalità espressa dal plesso normativo così ricomposto persegue la finalità di indirizzare le energie professionali e di apprendimento dei medici iscritti al corso di medicina generale «nell’esclusivo impegno di studio, frequenza ed affinamento professionale richiesto dal corso formativo» (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 5 dicembre 2013, n. 5784).
L’esclusività dell’impegno richiesto risponde, quindi, all’esigenza di garantire un adeguato livello qualitativo della preparazione professionale dei medici di base – da cui dipende la sicurezza e l’efficacia delle cure che gli stessi sono chiamati a dispensare – e costituisce una delle condizioni minime dettate dall’ordinamento comunitario ai fini del rilascio dei titoli comprovanti la formazione specifica in medicina generale e del reciproco riconoscimento degli stessi da parte degli stati membri (artt. 21 e 28 della direttiva 2005/36/CE).
4.2.3.– La frequenza a tempo pieno identifica, peraltro, la modalità di svolgimento ordinaria, ma non esclusiva della formazione dei medici di medicina generale.
Il legislatore comunitario, dapprima con la direttiva 86/457/CEE (art. 5) e poi con quella 93/16/CE (art. 34), ha, infatti, previsto, accanto al modello organizzativo generale imperniato sulla esclusività dell’impegno degli iscritti, la possibilità, per le autorità nazionali, di autorizzare la formazione a tempo ridotto, alla duplice condizione che siano rispettati determinati limiti quantitativi e sia, in ogni caso, assicurato un livello qualitativo equivalente a quello conseguibile mediante il corso a tempo pieno.
Tale possibilità è stata poi ribadita dall’art. 22 della richiamata direttiva 2005/36/CE, la quale, come già riferito, ha abrogato e sostituito quelle del 1986 e del 1993.
Questa tipologia alternativa di formazione è stata recepita anche dal legislatore nazionale, come è reso evidente dalla formulazione dell’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999 ‒ a mente del quale «[l]e regioni e le province autonome possono organizzare corsi a tempo parziale purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) il livello della formazione corrisponda qualitativamente a quello della formazione a tempo pieno; b) la durata complessiva della formazione non sia abbreviata rispetto quella a tempo pieno; c) l’orario settimanale della formazione non sia inferiore al 50% dell’orario settimanale a tempo pieno» ‒ e dall’analoga previsione contenuta nell’art. 12 del d.m. 7 marzo 2006.
4.2.4.– La legislazione più recente ha ulteriormente articolato le modalità della partecipazione a tempo pieno, mediante disposizioni che, sia pure in via transitoria e al precipuo scopo di far fronte a situazioni di grave carenza di personale sanitario, hanno previsto la possibilità, per i medici in formazione in medicina generale, di instaurare rapporti convenzionali a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale, di assumere incarichi temporanei di assistenza primaria o incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, nonché di iscriversi negli elenchi della guardia medica e della guardia medica turistica.
I richiamati incarichi temporanei sono stati introdotti, anteriormente all’emergenza pandemica da COVID-19, dall’art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, il quale, nella originaria formulazione, disponeva, al comma 1, che, fino al 31 dicembre 2021, in relazione alla contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione specifica, i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, potessero partecipare all’assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all’accordo collettivo nazionale nell’ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale.
Lo stesso art. 9, al comma 2, precisava che «[p]er le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, possono prevedere limitazioni del massimale di assistiti in carico ovvero organizzare i corsi a tempo parziale, prevedendo in ogni caso che l’articolazione oraria e l’organizzazione delle attività assistenziali non pregiudichino la corretta partecipazione alle attività didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale».
Tale comma, dopo aver subito alcune modifiche, è stato sostituito dall’art. 12, comma 4, lettera b), del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, nei seguenti termini: «[p]er le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, prevedono limitazioni del massimale degli assistiti in carico o del monte ore settimanale da definire nell’ambito dell’accordo collettivo nazionale, e possono organizzare i corsi anche a tempo parziale, garantendo in ogni caso che l’articolazione oraria e l’organizzazione delle attività assistenziali non pregiudichino la corretta partecipazione alle attività didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale».
4.2.5.– Di seguito, il 17 maggio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’accordo collettivo nazionale per i medici di medicina generale, il quale, all’art. 38, comma 10, ha previsto che «[i]n attuazione di quanto disposto dall’articolo 9, comma 2, del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 febbraio 2019, n. 12 nonché dall’articolo 12, comma 4, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35 convertito, con modificazioni, dalla Legge 25 giugno 2019, n. 60, le Regioni, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 24, comma 3, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, possono prevedere limitazioni del monte ore settimanale o del massimale di assistiti in carico, ovvero organizzare i corsi a tempo parziale, prevedendo in ogni caso che l’articolazione oraria e l’organizzazione delle attività assistenziali non pregiudichino la corretta partecipazione alle attività didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale. A tal fine, per il concomitante periodo di frequenza del corso a tempo pieno, si applica un limite di attività oraria pari a 24 ore settimanali. Per l’attività a ciclo di scelta si applica il massimale di 500 assistiti, fatta salva la possibilità per le Regioni, in base alla loro programmazione, di incrementare tale limite fino ad un massimo del 30% secondo modalità da definire con l’AIR».
Da ultimo, il d.l. n. 24 del 2022, come convertito, ha sostituito il comma 2 dell’art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, con il seguente: «[p]er le finalità di cui al comma 1, le regioni e le province autonome, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, prevedono la limitazione del massimale degli assistiti in carico fino a 1.000 assistiti, anche con il supporto dei tutori di cui all’articolo 27 del medesimo decreto legislativo n. 368 del 1999, o del monte ore settimanale e possono organizzare i corsi anche a tempo parziale, garantendo in ogni caso che l’articolazione oraria e l’organizzazione delle attività assistenziali non pregiudichino la corretta partecipazione alle attività didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale. Le ore di attività svolte dai medici assegnatari degli incarichi ai sensi del comma 1 devono essere considerate a tutti gli effetti quali attività pratiche, da computare nel monte ore complessivo previsto dall'articolo 26, comma 1, del citato decreto legislativo n. 368 del 1999».
4.2.6.– Inoltre, la possibilità, per i medici in formazione in medicina generale, di instaurare rapporti di convenzione a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale è stata riconosciuta, nell’ambito delle misure urgenti rivolte a fronteggiare l’emergenza pandemica, dall’art. 2-quinquies del d.l. n. 18 del 2020, come convertito.
Esso dispone, al comma 1, che, per la durata dell’emergenza epidemiologica, come stabilita dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, ai medici iscritti al corso di formazione in medicina generale è consentita l’instaurazione di un rapporto convenzionale a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale, con la precisazione che le ore di attività svolte dai suddetti medici devono essere considerate a tutti gli effetti quali attività pratiche, da computare nel monte ore complessivo, previsto dall’art. 26, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 1999.
Il comma 2 dispone, invece, che «[p]er la durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, come stabilita dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, i laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione o ai corsi di formazione specifica in medicina generale, possono assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale ed essere iscritti negli elenchi della guardia medica e della guardia medica turistica e occupati fino alla fine della durata dello stato di emergenza».
4.2.7.– Entrambe le disposizioni anzidette sono state prorogate fino al 31 dicembre 2023 in forza dell’art. 4, comma 2, del d.l. n. 228 del 2021, come modificato dalla legge di conversione n. 15 del 2022 e, successivamente, dall’art. 4, comma 9-quater, del d.l. n. 198 del 2022, come convertito.
4.3.– Ad avviso del ricorrente, le richiamate previsioni emergenziali, pur derogando, in via temporanea, al vincolo della formazione a tempo pieno, introducono, proprio al fine di salvaguardare tale regola, specifici limiti i quali, al pari di essa, esprimono principi fondamentali nella materia della tutela della salute e delle professioni.
Per tale ragione, la fissazione, da parte dell’art. 12, comma 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, qui in esame, di un massimale di assistiti in carico ai medici in formazione più elevato rispetto a quello stabilito dall’art. 9, comma 2, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, non trovando copertura nella norma statale, determinerebbe, di per sé sola, il denunciato vulnus costituzionale.
4.3.1.– Tale ricostruzione non può, tuttavia, essere condivisa, in quanto non coglie la ratio del limite quantitativo fissato dalla norma statale interposta.
L’abbassamento del massimale degli assistiti costituisce – al pari della riduzione del monte ore degli incarichi di continuità assistenziale pure contemplata dalla norma statale – uno strumento inteso a contenere l’incidenza che l’impegno in attività di assistenza primaria, pur imposta dalla carenza di personale sanitario, può avere sul percorso didattico dei medici in formazione.
Alla medesima finalità di contemperamento delle diverse esigenze risponde la previsione della possibilità che, per gli assegnatari degli incarichi in questione, il corso sia organizzato secondo il modulo del tempo parziale.
Tale finalità era particolarmente evidente nella originaria formulazione dell’art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, volta a conciliare le diverse istanze, formativa e di contenimento degli effetti della carenza di personale sanitario, ammettendo espressamente la possibilità alternativa di limitare il numero degli assistiti in carico al medico in formazione – pur senza fissare precisi limiti quantitativi – oppure di organizzare il corso di medicina generale secondo la modalità a tempo parziale.
I lavori preparatori confermano che, nella prospettiva del legislatore, la modulazione dell’articolazione oraria e l’organizzazione delle attività assistenziali avrebbero dovuto combinarsi in modo da non pregiudicare la corretta partecipazione del medico alle attività didattiche prescritte per il completamento del corso.
4.3.2.– Si tratta di una soluzione aderente alla logica di fondo della disciplina statale della formazione in medicina generale, che è quella di imporre l’obiettivo dell’acquisizione, da parte degli esercenti la professione sanitaria, di una preparazione teorico-pratica di livello adeguato e uniforme su tutto il territorio dell’Unione europea, indicando nella frequenza a tempo pieno la modalità organizzativa preferenziale per il suo raggiungimento.
D’altro canto, come già evidenziato, nel disegno del legislatore comunitario, recepito dall’art. 24 del d.lgs. n. 368 del 1999, l’articolazione a tempo pieno rappresenta la forma ottimale, ma non esclusiva, in cui può essere strutturato il corso di medicina generale, ben potendo optarsi, a fronte di specifiche esigenze, per il modulo del tempo ridotto, purché venga garantito un risultato qualitativo equivalente.
4.4.– È dunque nell’obiettivo della qualità della formazione – e non nella regola strumentale che indica nella frequenza a tempo pieno la formula organizzativa più idonea a conseguirla – che deve individuarsi un principio fondamentale della materia «tutela della salute».
Portata strumentale deve, parimenti, attribuirsi alla norma, espressa dall’art. 9, comma 2, del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, che fissa in mille assistiti il limite quantitativo dell’assegnazione di incarichi di assistenza primaria ai medici in formazione.
Essa non prescrive una modalità organizzativa vincolante, ma piuttosto indica un possibile criterio di contemperamento tra l’esigenza contingente, dettata dalle scoperture dell’ambito sanitario in esame, di impiegare nell’attività assistenziale i medici che ancora frequentano il corso, e la necessità di perseguire il risultato della qualità della loro formazione.
Si tratta, dunque, di una previsione di dettaglio strumentale, ma non coessenziale, alla norma-principio stabilita dall’art. 24 del d.lgs. n. 368 del 1999 e ribadita dalla stessa previsione speciale recata dall’art. 9 del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, la quale impone che l’organizzazione della formazione in medicina generale soddisfi l’interesse nazionale alla competenza e professionalità del medico in quanto incidenti sulla qualità e sull’adeguatezza delle prestazioni sanitarie e, quindi, sulla salute dei cittadini.
4.5.– In definitiva, attesa la portata, come sopra chiarita, del limite quantitativo indicato dalla norma statale, l’istituzione, ad opera del legislatore veneto, di un massimale di incarichi più elevato non contrasta con il principio fondamentale fissato dal legislatore statale nella materia, che è costituito dal vincolo a garantire adeguati standard qualitativi di formazione, individuando modalità di organizzazione dell’attività formativa adeguate allo scopo (e quindi comprensive della possibilità di una formazione a tempo parziale).
5.– Passando all’esame delle questioni relative all’art. 21, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, la prima delle due disposizioni impugnate stabilisce che «[a]l fine di garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza nell’ambito del sistema di emergenza-urgenza, il comma 1 dell’articolo 23 della legge regionale 24 gennaio 2020, n. 1 “Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2019 in materia di politiche sanitarie e di politiche sociali” e` prorogato fino al 31 gennaio 2024. Il servizio previsto dal comma medesimo, comprovato da contratti a tempo determinato, da contratti di collaborazione coordinata e continuativa, da rapporti in convenzione o da altre forme di rapporto di lavoro flessibile, ovvero le attività documentate da un numero di ore equivalente ad almeno quattro anni di servizio del personale medico del Servizio sanitario nazionale a tempo pieno, anche non continuative, possono essere maturati fino al 30 giugno 2022 e nei quindici anni precedenti presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale».
Il successivo comma 2 dispone che è abrogato il comma 2 dell’art. 23 della legge regionale n. 1 del 2020, il quale, dopo aver previsto, al comma 1, che, «[a]l fine di garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza nell’ambito del sistema di emergenza-urgenza, il personale medico del servizio sanitario regionale che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia maturato, negli ultimi dieci anni, almeno quattro anni di servizio, anche non continuativo, comprovato da contratti a tempo determinato, da contratti di collaborazione coordinata e continuativa o da altre forme di rapporto di lavoro flessibile, ovvero un documentato numero di ore di attività equivalente ad almeno quattro anni di servizio del personale medico del servizio sanitario nazionale a tempo pieno, anche non continuative, presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del servizio sanitario regionale, accede alle procedure concorsuali indette dagli enti del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre 2021, per la disciplina di “Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza”, ancorché non sia in possesso di alcuna specializzazione», al comma 2, stabiliva che «[u]na volta assunti, i medici accedono in soprannumero alla scuola di specializzazione in medicina d’emergenza-urgenza, sulla base di specifici protocolli d’intesa tra Regione e Università ove ha sede la scuola di specializzazione per la disciplina del numero di posti attivabili, delle modalità di frequenza al corso di specializzazione, dello svolgimento presso l’Università delle attività teoriche e presso l’Azienda di appartenenza delle attività pratiche e di tirocinio».
5.1.– Ad avviso del ricorrente, le predette previsioni violerebbero, anzitutto, l’art. 117, terzo comma, Cost., discostandosi dalla disciplina statale sul pubblico concorso per l’accesso alla dirigenza sanitaria dettata dall’art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992. A mente di tale disposizione, alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, come regolato dal d.P.R. n. 483 del 1997, che, all’art. 24, prescrive, tra i requisiti specifici di ammissione al concorso per titoli ed esami per il primo livello dirigenziale medico, la specializzazione nella disciplina oggetto del concorso stesso.
La difesa dello Stato assume che le previsioni che impongono il possesso del diploma di formazione specialistica, essendo poste a presidio della formazione dei medici, e dunque del buon andamento dell’amministrazione e della qualità dell’attività assistenziale erogata, esprimono un principio fondamentale della legislazione statale in materia di tutela della salute.
Sottolinea, ancora, il ricorrente che, in contrasto con tale precetto, l’art. 21, commi 1 e 2, della legge regionale impugnata, sia pure al fine di porre rimedio alla carenza di medici nel settore dell’emergenza-urgenza, per un verso, proroga di ulteriori tre anni la possibilità di indire procedure concorsuali per assumere medici privi di specializzazione, e tuttavia destinati a prestare servizio a tempo indeterminato, e, per l’altro, abroga il comma 2 dell’art. 23 della legge reg. Veneto n. 1 del 2020, il quale, disponendo che i medici assunti mediante la descritta procedura accedessero in soprannumero al corso di specializzazione in medicina di emergenza-urgenza, attenuava gli effetti della operata deroga alla disciplina statale.
5.2.– La normativa regionale impugnata, introducendo una disciplina della procedura concorsuale per il reclutamento del personale medico diversificata rispetto a quella nazionale, lederebbe anche il principio di uguaglianza.
5.3.– Sarebbe, infine, violato l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto il regime di accesso alle procedure concorsuali delineato dall’art. 21, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, riguardando il rapporto di lavoro dei medici, invaderebbe la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile.
6.– L’eccezione di inammissibilità delle questioni per incompleta ricostruzione del quadro fattuale e normativo, che la Regione ripropone anche in relazione a questo motivo di impugnazione, deve essere disattesa per le ragioni già esposte in riferimento al primo nucleo di censure.
7.– La questione promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. è fondata.
7.1.– Occorre, anzitutto, precisare che, diversamente da quanto ritenuto dalla resistente, la mancata impugnazione dell’art. 23 della legge reg. Veneto n. 1 del 2020, di cui la norma denunciata dispone la proroga, non incide sulla questione di legittimità costituzionale all’odierno esame, in quanto, secondo il costante orientamento di questa Corte, l’istituto dell’acquiescenza non si applica nei giudizi in via principale, atteso che la disposizione contestata, anche se riproduttiva, in tutto o in parte, di una norma anteriore non impugnata, ha comunque l’effetto di reiterare la lesione da cui deriva l’interesse a ricorrere (ex aliis, sentenze n. 107 e n. 25 del 2021).
7.2.– Ciò posto, il sistema di reclutamento delineato dalla disciplina in scrutinio, valorizzando, in luogo del diploma di specializzazione, l’esperienza concretamente maturata dal candidato nell’ambito dei servizi di emergenza-urgenza, non solo deroga alle disposizioni statali – segnatamente all’art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 e all’art. 24 del d.P.R. n. 483 del 1997 –, che condizionano l’accesso al concorso per l’immissione nel ruolo della dirigenza medica al possesso del titolo di formazione specialistica, ma eccede la stessa disciplina che, in deroga alle citate previsioni generali, ammette alla procedura concorsuale i medici iscritti al terzo anno del corso di specializzazione, sia pur subordinando il consolidamento del rapporto di impiego così instaurato con il Servizio sanitario nazionale al conseguimento, da parte del vincitore del concorso, del diploma di specializzazione.
7.2.1.– In particolare, l’art. 21, comma 1, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022 proroga al 31 gennaio 2024 le previsioni dell’art 23 della legge reg. n. 1 del 2020, secondo il quale il personale medico del servizio sanitario regionale che, alla data di entrata in vigore della stessa legge, avesse maturato, negli ultimi dieci anni, almeno quattro anni di servizio, anche non continuativo, ovvero un numero di ore, anche non continuative, di attività equivalente ad almeno quattro anni di servizio presso i sistemi di emergenza-urgenza ospedalieri, poteva accedere alle procedure concorsuali indette dagli enti del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre 2021, per la disciplina di «Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza», ancorché non fosse in possesso di alcuna specializzazione.
Inoltre, la disposizione impugnata amplia l’arco temporale entro il quale può essere maturato il servizio di emergenza-urgenza utile alla partecipazione al concorso («fino al 30 giugno 2022 e nei quindici anni precedenti»).
Il comma 2 dello stesso art. 21, poi, abroga il comma 2 dell’art. 23 della citata legge reg. Veneto n. 12 del 2022, il quale prevedeva che, una volta assunti, i medici accedessero in soprannumero al corso di specializzazione. In tal modo, la disposizione impugnata cancella la disciplina volta al conseguimento, da parte dei medici privi di specializzazione che avessero superato il concorso per la disciplina dell’emergenza-urgenza, sia pure successivamente all’istaurazione del rapporto di servizio, il titolo di formazione specialistica.
7.3.– Così disponendo, la norma regionale si discosta, innanzitutto, dal principio generale espresso dall’art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo cui alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, come disciplinato dal d.P.R. n. 483 del 1997. Questo, all’art. 24, precisa che, per il concorso per titoli ed esami per il primo livello dirigenziale medico i requisiti specifici di ammissione al concorso sono la laurea in medicina e chirurgia, la specializzazione nella disciplina oggetto del concorso e l’iscrizione all’albo dell’ordine dei medici-chirurghi, attestata da certificato in data non anteriore a sei mesi rispetto a quella di scadenza del bando.
7.3.1.– Diversamente da quanto sostenuto dalla resistente, il possesso del diploma di specializzazione costituisce un requisito indefettibile per l’accesso al ruolo della dirigenza sanitaria.
Di ciò si ha conferma non solo da quanto disposto dal citato art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 e dalle norme, di ascendenza comunitaria, sulla formazione specialistica contenute nel d.lgs. n. 368 del 1999, ma dalla stessa disciplina emergenziale dettata dall’art. 1, commi 547, 548 e 548-bis, della legge n. 145 del 2018, la quale, pur ammettendo, in deroga alla regola generale, l’ingresso del medico nel Servizio sanitario nazionale in via anticipata rispetto alla conclusione del percorso di formazione specialistica, stabilisce un vincolo di condizionamento tra l’assunzione a tempo indeterminato e il conseguimento del titolo.
7.3.2.– La disciplina nazionale che impone il possesso del titolo di formazione specialistica quale requisito per accedere al ruolo della dirigenza medica, essendo volta a garantire la professionalità e la competenza tecnico-scientifica degli esercenti la professione sanitaria e, di conseguenza, la qualità delle prestazioni dagli stessi rese all’utenza, concerne in via ordinaria un aspetto basilare dell’organizzazione del servizio sanitario così inscrivendosi tra i principi fondamentali della materia della tutela della salute.
7.3.3.– Al riguardo, questa Corte ha precisato che «i requisiti di professionalità del personale medico prescritti dalla legge statale […] integrano principi fondamentali in materia di tutela della salute, poiché la competenza e la professionalità del personale sanitario sono idonee ad incidere sulla qualità e sull’adeguatezza delle prestazioni erogate e, quindi, sulla salute dei cittadini (ex multis, sentenze n. 9 del 2022, n. 179 del 2021 e n. 38 del 2020). Esse, pertanto, vanno garantite in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, senza possibilità di deroga da parte della legislazione regionale di dettaglio nell’esercizio della propria competenza concorrente (sentenze n. 179 e n. 36 del 2021)» (sentenza n. 106 del 2022).
Questa Corte ha, poi, riconosciuto la natura di principio fondamentale in materia di tutela della salute, derogabile soltanto dal legislatore statale, alla previsione dell’art. 21 del d.lgs. n. 368 del 1999, il quale condiziona l’esercizio dell’attività di medico chirurgo di medicina generale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale al possesso del diploma di formazione specifica in medicina generale (sentenza n. 38 del 2020).
7.4.– La normativa regionale impugnata travalica, altresì, la portata precettiva delle stesse disposizioni emergenziali recate dall’art. 1, commi 547, 548 e 548-bis, della legge n. 145 del 2018, le quali, come ricordato, in deroga alla disciplina generale, consentono agli iscritti al corso di specializzazione, a partire dal terzo anno, di partecipare al concorso per l’accesso alla dirigenza medica, collocandoli, all’esito positivo della selezione, in una graduatoria separata.
Tale disciplina subordina, infatti, l’assunzione a tempo indeterminato dei medici risultati idonei e utilmente collocati in detta graduatoria al conseguimento del diploma di specializzazione e all’esaurimento della pertinente graduatoria dei medesimi professionisti già specialisti alla data di scadenza del bando (comma 548), prescrivendo, altresì, che l’interruzione definitiva del percorso di formazione specialistica comporta la risoluzione automatica del contratto di lavoro (comma 548-bis).
8.– Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, per contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992.
8.1.– Né le ragioni che sorreggono la presente statuizione di illegittimità costituzionale possono ritenersi obliterate dalla sopravvenienza del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34 (Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio 2023, n. 56.
Questo, a fronte della grave carenza di personale medico nel Servizio sanitario nazionale, all’art. 12, comma 1, con una formulazione che, invero, riecheggia quella della disposizione impugnata, ha stabilito che «[f]ino al 31 dicembre 2025, allo scopo di garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e valorizzare l’esperienza professionale acquisita, il personale medico, che alla data di pubblicazione del presente decreto, nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2013 ed il 30 giugno 2023, abbia maturato, presso i servizi di emergenza-urgenza del Servizio sanitario nazionale, almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con contratti di convenzione o altre forme di lavoro flessibile, ovvero abbia svolto un documentato numero di ore di attività, equivalente ad almeno tre anni di servizio del personale medico del SSN a tempo pieno, anche non continuative, presso i predetti servizi, è ammesso a partecipare ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza, ancorché non in possesso di alcun diploma di specializzazione. Il servizio prestato ai sensi del presente comma è certificato, su istanza dell’interessato, dalla struttura presso la quale è stato svolto, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda».
Nonostante la forte analogia contenutistica, la disposizione statale sopravvenuta non fa venir meno il contrasto con la Costituzione del regime introdotto dalla norma di fonte regionale.
La valutazione della legittimità costituzionale di una disciplina regionale adottata in una materia di competenza concorrente, che sia in contrasto con i principi fondamentali vigenti al momento della sua adozione e in linea con quelli sopravvenuti, deve essere effettuata alla luce dei principi fondamentali vigenti alla data dell’entrata in vigore della normativa regionale impugnata (con riferimento al limite delle norme fondamentali di riforma economico-sociale che si impone alle Regioni ad autonomia speciale e province autonome, sentenze n. 23 del 2022 e n. 262 del 2021).
8.2.– Restano assorbite dalla pronuncia di illegittimità costituzionale la censura relativa alla dedotta violazione dell'art. 3 Cost., priva, del resto, come già chiarito, di una sua autonomia funzionale, e quella concernente il lamentato vulnus all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
9.– Da ultimo, il ricorso impugna l’art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, a mente del quale «[p]er il triennio 2022-2024 i laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione, fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 “Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE.”, possono prestare, al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l’assolvimento degli obblighi formativi, attività di supporto presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario regionale tramite contratti libero professionali o di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile».
9.1.– Ad avviso del ricorrente, la previsione regionale confliggerebbe con il principio di uguaglianza, delineando, per un verso, un canale di accesso alla professione differenziato rispetto a quello previsto per l’intero territorio nazionale, e introducendo, per l’altro, una deroga al regime delle incompatibilità per il medico in formazione specialistica definito dall’art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999.
9.2.– Inoltre, la disposizione impugnata, disciplinando una materia di derivazione europea, quale è quella oggetto del citato d.lgs. n. 368 del 1999, invaderebbe un ambito di competenza esclusiva dello Stato, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.
9.3.– La stessa disposizione inciderebbe, al contempo, sul regime del rapporto di lavoro dei medici, pure riservato alla potestà legislativa statale, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
9.4.– Sarebbe, infine, violato l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con il principio fondamentale della materia «tutela della salute» espresso dall’art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999, secondo il quale la formazione specialistica deve essere svolta a tempo pieno.
10.– Quanto ai rilievi di inammissibilità per incompleta ricostruzione del quadro fattuale e normativo, articolati dalla resistente anche in relazione alle censure ora in esame, valgono le considerazioni svolte in premessa allo scrutinio del primo motivo di impugnazione.
10.1.– La censura relativa alla presunta violazione dell’art. 3 Cost. non ha dignità di censura autonoma, rappresentando un aspetto della denunciata violazione del principio di uniforme regolazione statale sul territorio nazionale della tutela della salute e delle professioni (ancora sentenza n. 6 del 2022).
10.2.– Non attiene all’ammissibilità, ma al merito, cui si rinvia, l’eccezione di inconferenza del parametro evocato dalla censura che lamenta l’invasione, da parte del legislatore veneto, della potestà legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile (ex aliis, sentenze n. 248 del 2022 e n. 198 del 2021).
10.3.– Merita, infine, accoglimento l’eccezione di inammissibilità della questione con la quale è dedotta la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.
10.3.1.– La giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che, nell’impugnazione in via principale, il ricorrente ha l’onere non soltanto di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali di cui denuncia la violazione, ma anche di suffragare le ragioni del dedotto contrasto sviluppando un’argomentazione non meramente assertiva, sufficientemente chiara e completa. Nei giudizi promossi in via principale, l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento della richiesta declaratoria d’illegittimità costituzionale si pone in termini addirittura più stringenti che nei giudizi incidentali (ex plurimis, da ultimo, sentenze n. 135 e n. 71 del 2022).
10.3.2.– Nel caso di specie, la difesa statale si è limitata a enunciare il titolo di competenza esclusiva dello Stato e l’invasione dello stesso ad opera del legislatore regionale, senza, tuttavia, spiegare le ragioni del preteso vulnus.
La rilevata carenza argomentativa si traduce, quindi, in un difetto di motivazione che inficia l’ammissibilità della questione.
11.– Nel merito, la censura con cui è denunciata la violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost., non è fondata.
11.1.– L’art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, disponendo che, per il triennio 2022-2024, gli specializzandi, nel rispetto di specifiche condizioni, possono prestare attività di supporto presso le strutture ospedaliere di emergenza-urgenza, autorizza un impiego extra ordinem di medici in formazione nell’erogazione del servizio sanitario, peraltro in linea con quanto previsto dalla legislazione statale in materia sanitaria per far fronte ad esigenze straordinarie e urgenti (sentenza n. 36 del 2022, punto 6.2. del Considerato in diritto).
In questo modo, il legislatore regionale appronta un rimedio organizzativo straordinario finalizzato a garantire la continuità assistenziale in un settore nevralgico, come quello della medicina di emergenza, altrimenti pregiudicato dalla carenza di personale sanitario.
11.1.1.– L’art. 21, comma 3, della legge in scrutinio investe, quindi, un ambito strettamente inerente all’organizzazione sanitaria, la quale, come ripetutamente affermato da questa Corte, costituisce componente fondamentale della tutela della salute (ex aliis, sentenze n. 113 e n. 9 del 2022, n. 192 del 2017).
Il ricorrente, assumendo che la disposizione in esame invaderebbe l’ambito della potestà legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento civile», invoca, dunque, un parametro inconferente, con conseguente non fondatezza della questione (ex aliis, sentenza n. 248 del 2022).
12.– Non è fondata neanche la censura con la quale è denunciato il contrasto dell’art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022 con il principio fondamentale in materia di tutela della salute espresso dall’art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999.
12.1.– La disposizione statale evocata a parametro interposto stabilisce che, per la durata della formazione a tempo pieno, al medico è inibito l’esercizio di attività libero-professionale all’esterno delle strutture assistenziali in cui si effettua la formazione e ogni rapporto convenzionale o precario con il servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche e private, precisando che l’impegno richiesto per la formazione specialistica è pari a quello previsto per il personale medico del Servizio sanitario nazionale a tempo pieno e che deve essere assicurata la sola facoltà dell’esercizio della libera professione intramuraria (art. 40, comma 1, d.lgs. n. 368 del 1999).
È, inoltre, previsto che il medico in formazione specialistica, ove sussista un rapporto di pubblico impiego, è collocato, compatibilmente con le esigenze di servizio, in posizione di aspettativa senza assegni, secondo le disposizioni legislative contrattuali vigenti, con la precisazione che il periodo di aspettativa è utile ai fini della progressione di carriera e del trattamento di quiescenza e di previdenza (art. 40, comma 2, d.lgs. n. 368 del 1999).
12.2.– La regola dell’esclusività dell’impegno formativo del medico iscritto alla scuola di specializzazione trae origine dalla direttiva 93/16/CEE ‒ già citata con riferimento alla formazione dei medici di medicina generale ‒ la quale, tra le condizioni essenziali per il conseguimento del diploma, certificato o altro titolo di medico specialista, poneva lo svolgimento della formazione «a tempo pieno e sotto il controllo delle autorità o degli enti competenti» [art. 24, paragrafo 1, lettera c)], salvo, poi, precisare all’art. 25, paragrafo 1, che «[f]ermo restando il principio della formazione a tempo pieno, enunciato nell’articolo 24, paragrafo 1, lettera c), e in attesa delle decisioni che il Consiglio deve prendere conformemente al paragrafo 3, gli Stati membri possono autorizzare una formazione specializzata a tempo ridotto, alle condizioni ammesse dalle autorità nazionali competenti, quando, per casi singoli giustificati, non sia realizzabile una formazione a tempo pieno».
Il principio della formazione a tempo pieno è stato, poi, ribadito dalla direttiva 2005/36/CE, la quale, all’art. 25, paragrafi 2 e 3, ha stabilito che la formazione medica specializzata comprende un insegnamento teorico e pratico, effettuato in un centro universitario, un centro ospedaliero universitario o, anche, un istituto di cure sanitarie a tal fine autorizzato da autorità od organi competenti, avviene sotto il controllo di autorità od organi competenti, comporta la partecipazione personale del candidato medico specialista all’attività e alle responsabilità dei servizi in questione ed è svolta «a tempo pieno in luoghi appositi riconosciuti dalle autorità competenti e implica la partecipazione a tutte le attività mediche del dipartimento in cui essa avviene, anche alle guardie, in modo che lo specialista in formazione dedichi alla formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per tutta la durata della settimana di lavoro e per tutto l’anno, secondo modalità fissate dalle competenti autorità».
12.3.– L’impegno a tempo pieno risponde all’esigenza di assicurare le condizioni affinché il medico acquisisca conoscenze teoriche avanzate e abilità pratiche di elevato livello qualitativo e, quindi, una specifica idoneità professionale che gli consenta di fornire, al termine del percorso formativo, prestazioni sicure ed efficaci.
Nella disciplina statale la regola dell’impegno esclusivo è presidiata dal divieto, per gli specializzandi, di esercitare attività libero-professionale all’esterno delle strutture assistenziali in cui si svolge la loro formazione, nonché di instaurare «ogni rapporto convenzionale o precario con il servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche e private» (art. 40, comma 1, d.lgs. n. 368 del 1999).
12.4.– Tali prescrizioni non hanno, tuttavia, carattere assoluto, come dimostrano le numerose eccezioni contemplate dalla disciplina statale in materia.
12.4.1.– Come precisato dallo stesso art. 40, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 1999, è, anzitutto, compatibile con la formazione a tempo pieno l’esercizio della libera professione intramuraria.
Inoltre, l’art. 19, comma 11, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)», stabilisce che i partecipanti al corso di specializzazione possono sostituire a tempo determinato medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale ed essere iscritti negli elenchi della guardia medica notturna e festiva e della guardia medica turistica, ma occupati solo in caso di carente disponibilità di medici già iscritti negli elenchi della guardia medica notturna e festiva e della guardia medica turistica.
La stessa disposizione, come modificata dall’art. 20-ter, comma 2, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2022, n. 25, prevede che, «[f]atte salve le disposizioni del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368», al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l’assolvimento degli obblighi formativi, gli specializzandi possono prestare la propria collaborazione volontaria a titolo gratuito e occasionale agli enti e alle associazioni che, senza scopo di lucro, svolgono attività di raccolta di sangue ed emocomponenti sulla base di convenzioni stipulate con le Regioni o con gli enti del Servizio sanitario nazionale.
12.4.2.– La recente legislazione statale, già anteriormente all’insorgere dell’epidemia da COVID-19, ha introdotto ulteriori deroghe alla regola della esclusività dell’impegno richiesto ai medici in formazione specialistica.
Anzitutto, come già ricordato, a norma dell’art. 1, comma 547, della legge n. 145 del 2018, a partire dal terzo anno del corso di formazione specialistica, i medici regolarmente iscritti sono ammessi alle procedure concorsuali per l’accesso alla dirigenza del ruolo sanitario nella specifica disciplina bandita e collocati, all’esito positivo delle medesime procedure, in graduatoria separata.
A norma dell’art. 1, comma 548-bis, della stessa legge, gli specializzandi utilmente collocati in detta graduatoria, «fermo restando il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea relativamente al possesso del titolo di formazione specialistica», sono, quindi, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale in ragione delle esigenze formative, disciplinato dal d.lgs. n. 502 del 1992.
Tale contratto non può avere durata superiore alla durata residua del corso di formazione specialistica, fatti salvi, per i medici specializzandi, i periodi di sospensione previsti, e può essere prorogato una sola volta fino al conseguimento del titolo di formazione specialistica e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi.
Lo stesso art. 1, comma 548-bis, dispone che gli specializzandi, che svolgono attività assistenziali coerenti con il livello di competenze e di autonomia raggiunto e correlato all’ordinamento didattico di corso, alle attività professionalizzanti nonché al programma formativo seguito e all’anno di corso di studi superato, per la durata del rapporto di lavoro a tempo determinato, restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria e «la formazione specialistica è a tempo parziale in conformità a quanto previsto dall’articolo 22 della direttiva n. 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005».
12.4.3.– Ancora, nell’ambito della legislazione volta a fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’art 2-quinquies del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, ha previsto, al comma 2, che i laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione, possono assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale ed essere iscritti negli elenchi della guardia medica e della guardia medica turistica e occupati fino alla fine della durata dello stato di emergenza.
Lo stesso art. 2-quinquies, al comma 4, stabilisce che, per la durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, i medici iscritti al corso di specializzazione in pediatria, durante il percorso formativo, possono assumere incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il Servizio sanitario nazionale.
Ancora, l’art. 2-quinquies del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, al comma 2, puntualizza che le ore di attività svolte dai suddetti medici devono essere considerate a tutti gli effetti quali attività pratiche, da computare nel monte ore complessivo previsto dall’art. 26, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 1999 e che, in caso di assunzione di incarico provvisorio che comporti l’assegnazione di un numero di assistiti superiore a ottocento, l’erogazione della borsa di studio è sospesa.
È, inoltre, stabilito che il periodo di attività, svolto dai medici specializzandi esclusivamente durante lo stato di emergenza, è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione e che le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi previsti.
Va, infine, evidenziato che l’efficacia di tali previsioni, originariamente limitata alla durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, come stabilita dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, è stata prorogata al 31 dicembre 2023. Infatti, la legge n. 14 del 2023, di conversione del d.l. n. 198 del 2022, ha aggiunto all’art. 4 di tale decreto il comma 9-quater, il quale ha riformulato l’art. 4, comma 2, del d.l. n. 228 del 2021, come convertito, nei seguenti termini: «[l]e disposizioni di cui all’articolo 2-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, relative alla possibilità per i laureati in medicina e chirurgia abilitati di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale, nonché alla possibilità per i medici iscritti al corso di specializzazione in pediatria, durante il percorso formativo, di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il servizio sanitario nazionale, sono prorogate al 31 dicembre 2023».
12.5.– In ultimo, occorre precisare che la previsione che, nell’ambito della formazione a tempo pieno, inibisce al medico di svolgere le attività indicate nell’art. 40, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 1999, non istituisce vere e proprie ipotesi di incompatibilità, la quale postula un dovere di esclusività che, nella specie, mancando un rapporto di lavoro alle dipendenze del Servizio sanitario nazionale, non è, all’evidenza, configurabile.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, ripetutamente chiarito che l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, né del lavoro autonomo, ma costituisce una particolare ipotesi di contratto di formazione-lavoro, oggetto di specifica disciplina (ex aliis, Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 27 luglio 2017, n. 18670).
12.6.– Tanto premesso, l’art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, nel prevedere che, per il triennio 2022-2024, i medici specializzandi possono prestare attività di supporto presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario regionale tramite contratti libero professionali o di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile, introduce una disciplina che, ancorché eccezionale, non deroga al principio fondamentale stabilito dalle norme statali, da individuarsi nel perseguimento dell’obiettivo della qualità della formazione medica specialistica, da attuarsi, di regola, attraverso lo svolgimento a tempo pieno delle attività teorico-pratiche prescritte dal programma del corso.
La disposizione regionale contiene, infatti, una clausola di salvaguardia che fa salve le disposizioni del d.lgs. n. 368 del 1999 e precisa che l’attività di supporto presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri deve essere prestata dagli iscritti al corso di specializzazione «al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l’assolvimento degli obblighi formativi».
La norma, abilitando gli specializzandi a prestare un’attività che si colloca al di fuori dell’impegno formativo e assoggettandone lo svolgimento alla condizione del pieno rispetto degli obblighi imposti dal corso di formazione specialistica, risulta, in definitiva, aderente alla ratio dei divieti posti dall’art. 40 del d.lgs. n. 368 del 1999.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 27 maggio 2022, n. 12 (Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2022 in materia di politiche sanitarie e di politiche sociali);
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 3, della legge reg. Veneto n. 12 del 2022, promosse, in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 40 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE), dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore
Valeria EMMA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2023.