SENTENZA N. 233
ANNO 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 6, 8, 9, 14 e 15 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, promossi dalla Regione Calabria, con ricorsi notificati il 22 maggio e il 30 luglio 2019, depositati in cancelleria rispettivamente il 21 maggio e il 6 agosto 2019, iscritti ai numeri 59 e 83 del registro ricorsi 2019 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 25 e 35, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2019 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
uditi l’avvocato Giuseppe Naimo per la Regione Calabria e l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– La Regione Calabria ha promosso, con un primo ricorso (r. r. n. 59 del 2019), giudizio di legittimità costituzionale in via principale degli artt. da 1 a 6, 8, 9, 14 e 15 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), denunciandone, per i motivi di cui direttamente si dirà nel Considerato in diritto, il contrasto con gli artt. 5, 81, 117, 120 e 121 nella Costituzione, oltre che con gli artt. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); 2, commi 78, 88 e 88-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»; 1, 2, 3, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 (Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria); 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015 n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.); 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nonché con il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
2.– Con riferimento agli stessi sopra indicati parametri – oltre che agli artt. 97 e 119 Cost., affiancati genericamente all’art. 81 Cost. nella denuncia di illegittimità costituzionale specificamente rivolta al riformulato comma 1 dell’art. 14 del suddetto decreto-legge − la Regione Calabria, con successivo ricorso (r. r. n. 83 del 2019), ha reiterato l’impugnativa dei medesimi già censurati articoli del d.l. n. 35 del 2019, come poi convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60: modificazioni reputate da essa ricorrente «quasi esclusivamente marginali o addirittura ultronee».
3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, nei giudizi relativi al primo e al secondo ricorso, ne ha eccepito l’inammissibilità sotto più profili e, in subordine, la non fondatezza.
4.– In entrambi i riferiti giudizi, sia la Regione, sia il Presidente del Consiglio hanno anche depositato memorie integrative.
Considerato in diritto
1.– Il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria) – nei suoi artt. da 1 a 6, 8, 9, 14 e 15, impugnati dalla Regione Calabria con il primo dei ricorsi in epigrafe – al dichiarato fine di supportare «l’azione commissariale di risanamento del servizio sanitario regionale», consentendo così il raggiungimento degli obiettivi previsti nei programmi operativi di prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario regionale, e di «tutelare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA) in ambito sanitario» (preambolo nonché art. 1), ha, tra l’altro, rispettivamente:
conferito nuovi poteri (non previsti dal piano di rientro dal deficit) al Commissario ad acta per la Regione Calabria, quali un potere di verifica straordinaria dei direttori generali e dei commissari delle aziende sanitarie e ospedaliere, con facoltà, in caso di valutazione negativa, di dichiararne la decadenza dall’incarico (art. 2);
assegnato al Commissario ad acta, nel caso di valutazione negativa del direttore generale, la nomina di commissari straordinari, previa intesa con la Regione, ovvero, in mancanza di intesa, al Ministro della Salute, su proposta del Commissario ad acta, previa delibera del Consiglio dei ministri, a cui è invitato a partecipare il Presidente della Giunta regionale (art. 3);
attribuito ai commissari straordinari e ai direttori generali un analogo potere di verifica periodica dell’attività svolta dai direttori amministrativi e sanitari (art. 4);
previsto che il commissario straordinario, in caso di verifica negativa sui conti degli enti del Servizio sanitario regionale cui è preposto, possa proporre al Commissario ad acta di disporne la gestione straordinaria, con bilancio separato, con la conseguente nomina di un commissario straordinario di liquidazione (art. 5);
demandato alla Consip spa ovvero, previa convenzione, alle centrali di committenza di altre Regioni ogni attività per l’affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture in materia sanitaria superiori alle soglie di rilevanza comunitaria, nonché disposto che sia stipulato un protocollo d’intesa con l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) per gli appalti sotto soglia, prevedendo altresì che il Commissario ad acta predisponga un piano triennale straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, della rete ospedaliera e della rete territoriale della Regione e che, per i progetti di edilizia sanitaria da finanziare, gli enti del servizio sanitario regionale possano avvalersi, previa convenzione, di Invitalia spa quale centrale di committenza (art. 6);
disposto che, per le finalità indicate dal decreto, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) fornisca supporto tecnico e operativo al Commissario ad acta e ai commissari straordinari, potendo all’uopo avvalersi di personale comandato (art. 8);
accordato al Commissario ad acta, ai commissari straordinari e ai commissari straordinari di liquidazione la possibilità di avvalersi, nell’esercizio delle proprie funzioni, del corpo della Guardia di finanza, al fine precipuo dello svolgimento delle attività dirette al contrasto delle violazioni in danno degli interessi economici e finanziari connessi all’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario regionale (art. 9);
consentito al Commissario ad acta e ai commissari straordinari di avvalersi di personale, uffici e mezzi della Regione (art. 14);
disposto la cessazione dalle funzioni dei direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere eventualmente nominati dalla Regione Calabria nei trenta giorni anteriori all’entrata in vigore del decreto, con la connessa revoca delle procedure selettive dei direttori generali in corso (art. 15).
1.1.– Tutte le riferite disposizioni si baserebbero, secondo la ricorrente, su un «presupposto fattuale […] fallace»: quello cioè di ritenere ancora “vigente” il piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario regionale per la Regione Calabria, mentre detto piano non avrebbe, viceversa, potuto proseguire oltre il 2018, come già dedotto con il precedente ricorso per conflitto di attribuzione (r. c. n. 1 del 2019), proposto da essa Regione avverso la delibera governativa (del 7 dicembre 2018), con cui erano stati nominati un nuovo Commissario ad acta e un subcommissario per l’attuazione del piano stesso.
1.2.– In via subordinata – nell’ipotesi che l’intero articolato del d.l. n. 35 del 2019 sia interpretato in termini di riferibilità, invece, ad un piano di rientro ancora vigente ed efficace − la ricorrente lamenta allora l’unilateralità delle modifiche apportate dalle disposizioni impugnate, non transitate attraverso un accordo in sede di Conferenza Stato-Regione; la loro incidenza su materia di competenza residuale (ordinamento e organizzazione amministrativa regionale); l’indebita ingerenza, con previsioni puntuali di dettaglio, in materie di competenza concorrente (tutela della salute; coordinamento della finanza pubblica); le criticità in tema di copertura finanziaria; il contenuto per più aspetti derogatorio della normativa di principio sulla dirigenza sanitaria e violativo del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
Censure, queste, che conducono a ritenere, nel loro complesso, violati gli artt. 5, 81, 117, 120 e 121 della Costituzione, oltre agli artt. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); 2, commi 78, 88 e 88-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»; 1, 2, 3, 6, 7 e 8 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 (Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria); 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche); 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nonché il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
2.– Il d.l. n. 35 del 2019 è stato poi convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60.
Con successivo ricorso (r. r. n. 83 del 2019), la Regione Calabria ha reiterato l’impugnativa dei medesimi già denunciati articoli del suddetto decreto-legge, nel testo risultante dalla predetta legge di conversione.
Aderendo a quanto statuito dalla sentenza n. 200 del 2019 – che ha respinto il ricorso per conflitto di attribuzione precedentemente da essa proposto contro la delibera di nomina di un nuovo Commissario ad acta – la ricorrente non più ora contesta la “vigenza” del piano di rientro su cui è intervenuto, in senso modificativo, il legislatore del 2019. E di tali modifiche appunto ribadisce il contrasto con i medesimi parametri inizialmente evocati, cui aggiunge gli artt. 97 e 119, genericamente affiancati all’art. 81 Cost., nell’ambito della censura rivolta al riformulato comma 1 dell’art. 14 del decreto-legge.
3.– Come esattamente rilevato dalla stessa Regione Calabria, le modifiche apportate in sede di conversione alle impugnate disposizioni del d.l. n. 35 del 2019 sono «marginali od ultronee», comunque indifferenti rispetto al tenore delle censure.
Infatti, l’espressione aggiunta al comma 1 dell’art. 1 si limita a ribadire lo scopo, già esplicitato nelle premesse del decreto, di tutelare i livelli essenziali di assistenza; nel testo originario dell’art. 2 viene semplicemente inserito il riferimento alla legge di conversione dell’ivi già richiamato «decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159»; all’art. 3 vengono apportate alcune modifiche non influenti sui motivi di ricorso e che la Regione dichiara, comunque, di non volere impugnare, al pari del comma 1-bis introdotto nell’art. 4 e del periodo finale aggiunto al comma 3 dell’art. 5; i periodi inseriti in chiusura dei commi 2 e 4 dell’art. 6 non incidono sui motivi di impugnazione di detta norma; l’art. 8 è interessato solo da una ultronea precisazione sul nome dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali; all’art. 9 non è apportata alcuna modifica; il solo art. 14, comma 1, presenta un parziale profilo di novità – censurato, come detto, dalla ricorrente anche in riferimento agli artt. 97 e 119, oltre che all’art. 81 Cost. – nella parte in cui dispone che una quota delle somme spettanti alla Regione Calabria in sede di riparto del cosiddetto “Fondo payback 2013-2017” (quota già iscritta in bilancio seppur non ancora erogata), di cui all’art. 9-bis, comma 6, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, è vincolata per la copertura finanziaria del piano di rientro dal disavanzo sanitario.
L’art. 15 non ha ricevuto modifica alcuna.
Le censure di incostituzionalità formulate avverso il testo originario del d.l. n. 35 del 2019, previa riunione dei due ricorsi, si trasferiscono e restano, pertanto, assorbite in quelle rivolte alle corrispondenti disposizioni del testo convertito, con conseguente limitazione a queste ultime dell’oggetto del giudizio (sentenze n. 244 del 2016, n. 298 del 2009, n. 443 del 2007 e n. 417 del 2005).
4.– L’esame del merito delle proposte questioni segue quello delle eccezioni di inammissibilità formulate dall’Avvocatura dello Stato.
4.1.– L’eccezione, che si rivolge alle «deduzioni preliminari […] inerenti all’ipotetico venir meno della gestione commissariale per effetto della supposta cessazione di operatività del Piano di rientro» − attinente al merito piuttosto che alla ammissibilità delle questioni sollevate – è comunque superata, per avere la Regione in prosieguo aderito alla tesi della perdurante vigenza di quel piano e per avere, unicamente in relazione a tale premessa, sostanzialmente riformulato, contro la riferita legge di conversione, le iniziali proprie censure.
4.2.– È pur poi esatto che la Regione Calabria evochi – come ancora eccepito dall’Avvocatura dello Stato rispetto a entrambi i ricorsi – in modo cumulativo una pluralità di norme costituzionali e di rango ordinario «senza motivare esplicitamente le ragioni di asserito contrasto tra le disposizioni impugnate e ciascuno dei singoli parametri».
Ma la sovrabbondante aggregazione di parametri, in riferimento ai quali la ricorrente denuncia le riferite disposizioni del d.l. n. 35 del 2019, e quelle corrispondenti della legge di conversione, non comporta l’inammissibilità delle correlative questioni, essendone (sia pur non sempre agevolmente) identificabile il nucleo essenziale, che rimanda – reiteratamente – alla lamentata unilateralità delle modifiche apportate dal legislatore statale al piano di rientro (senza un previo accordo in sede di Conferenza Stato-Regione), alla violazione del principio di leale collaborazione e alla conseguente prospettata lesione di competenze regionali, anche per effetto del carattere puntuale e di dettaglio degli interventi adottati nei confronti soltanto di essa Regione Calabria.
4.3.– È fondata, invece, l’eccezione di inammissibilità delle censure di violazione dell’art. 81 Cost., per carenza di copertura finanziaria di taluni interventi disposti dal d.l. n. 35 del 2019, e del principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), poiché dalla ricorrente è solo asserita, ma non anche adeguatamente motivata, la ridondanza della dedotta violazione di tali parametri sulle competenze regionali (da ultimo, sentenze n. 195 e n. 194 del 2019; n. 198 e n. 137 del 2018).
5.– Nel merito, le questioni proposte non sono fondate.
5.1.– L’impugnato d.l. n. 35 del 2019 è volto – come evidenziato nelle sue premesse – a porre rimedio alla situazione di estrema criticità determinata dalle perduranti condizioni di mancato riequilibrio economico finanziario dal disavanzo del settore sanitario.
Condizioni che hanno comportato, in Calabria, «il mancato raggiungimento del punteggio minimo previsto dalla griglia dei livelli essenziali di assistenza nonché rilevanti criticità connesse alla gestione amministrativa, più volte riscontrate, da ultimo, dai Tavoli di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei LEA nella seduta congiunta del 4 aprile 2019». Dal che, appunto, «la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure in materia di carenza di personale sanitario, di formazione sanitaria, di carenza di medicinali e altre misure, tutte volte a garantire e a promuovere la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e ad assicurare una maggiore efficienza e funzionalità del Servizio sanitario nazionale nonché una migliore erogazione delle prestazioni, rispondendo in maniera sempre più adeguata alle esigenze dell’utenza».
È, dunque, quello poi confluito nella legge di conversione n. 60 del 2019, un intervento normativo non ordinario ma appunto straordinario, che si propone – come sottolineato dall’Avvocatura dello Stato – di «affrontare con determinazione e rapidità il tentativo di traghettare la sanità calabrese verso situazioni di “normalità” amministrativa […], dotando il Commissario ad acta per l’attuazione degli obiettivi del piano di rientro della Regione Calabria di poteri straordinari», che consentano in tempi certi e definiti la rimozione dei principali fattori di criticità. Tra i quali – enumera ancora l’Avvocatura – la sistematica violazione degli obblighi derivanti dai principi della funzione pubblica, la gestione del personale fuori controllo, le divergenze emerse tra i vertici politici regionali e la struttura commissariale, gli impatti negativi del saldo della mobilità, i ritardi nei tempi di pagamento dei fornitori, il risultato della griglia dei LEA, peggiore di quello di ogni altra Regione.
5.2.– L’intervento nel suo complesso è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato non soltanto perché attinente all’esercizio del potere sostitutivo statale ex art. 120 Cost., che può estrinsecarsi anche attraverso l’adozione di atti normativi, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 131 del 2003, ma soprattutto perché rientrante nella sua competenza esclusiva in tema di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» ex art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. (lo scopo di perseguire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di tutela della salute nella Regione Calabria, già enunciato nel preambolo del decreto-legge, è ancor più esplicitamente messo in evidenza nell’art. 1 del decreto-legge come convertito). E, nella misura in cui risponde alla funzione di orientare la spesa sanitaria verso una maggiore efficienza, l’intervento stesso rientra nell’ambito dei principi fondamentali della materia concorrente «coordinamento della finanza pubblica» (art. 117, terzo comma, Cost.).
Le concorrenti competenze regionali (anche in materia di tutela della salute e governo del territorio), con le quali l’impugnata normativa statale interferisce, non risultano violate ma solo temporaneamente ed eccezionalmente “contratte”, in ragione della pregressa inerzia regionale o, comunque, del non adeguato esercizio delle competenze stesse.
Viene, al riguardo, in rilievo il principio già affermato da questa Corte, per cui «quando una Regione viola gravemente e sistematicamente gli obblighi derivanti dai principi della finanza pubblica, come nel caso che conduce alla nomina del commissario ad acta, allora essa patisce una contrazione della propria sfera di autonomia, a favore di misure adottate per sanzionare tali inadempimenti da parte dello Stato» (sentenza n. 219 del 2013; nello stesso senso, sentenza n. 155 del 2011).
Dal che, più specificamente in tema, il corollario per cui «la deroga alla competenza legislativa delle Regioni, in favore di quella dello Stato, è ammessa nei limiti necessari ad evitare che, in parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato» (sentenze n. 125 del 2015 e n. 217 del 2010).
5.3.– L’introduzione di una disciplina temporanea, avente come unico destinatario la Regione Calabria, non costituisce, dunque, un intervento discriminatorio, ma ha la finalità di realizzare un necessario riallineamento della gestione della sanità locale rispetto agli standard finanziari e funzionali operanti per la generalità degli enti regionali.
5.4.– Le procedure collaborative tra Stato e Regione, che la ricorrente lamenta violate, non rilevano nel sindacato di legittimità degli atti legislativi (ex plurimis, sentenze n. 278 del 2010, n. 371 del 2008 e n. 387 del 2007), salvo che l’osservanza delle stesse sia imposta, direttamente o indirettamente, dalla Costituzione (sentenze n. 33 del 2011 e n. 278 del 2010). L’esclusione della rilevanza di tali procedure, che è formulata in riferimento al procedimento legislativo ordinario, «vale a maggior ragione per una fonte come il decreto-legge, la cui adozione è subordinata, in forza del secondo comma dell’art. 77 Cost., alla mera occorrenza di “casi straordinari di necessità e d’urgenza”» (sentenze n. 251 del 2016, n. 298 del 2009 e n. 79 del 2011).
5.5.– La denunciata violazione del principio di leale collaborazione è sostanzialmente reiterativa dell’analoga doglianza formulata con il ricordato precedente ricorso per conflitto avverso la delibera di nomina del nuovo Commissario ad acta ed è già stata rigettata con sentenza n. 200 del 2019.
5.6− Quanto alle ulteriori censure specificamente rivolte dalla ricorrente a talune singole misure introdotte dalla normativa impugnata, è sufficiente, in contrario, rilevare che:
la regolamentazione del potere del Commissario governativo di effettuare una verifica dell’operato dei direttori generali delle aziende del Servizio sanitario regionale, ai sensi dell’art. 2 della predetta normativa, costituisce sì una disciplina speciale, ma essa è funzionale alle esigenze sottese all’emanazione del decreto-legge, adottato nel rispetto dell’art. 120 Cost.;
la pretesa della Regione di fungere da supporto all’attività commissariale si pone in contrasto con l’esercizio pieno della potestà sostitutiva statale; ma resta, comunque, consentita la partecipazione paritaria della Regione al Tavolo di verifica del Piano di rientro e al Comitato sui livelli essenziali di assistenza sanitaria;
la disponibilità concessa alla struttura commissariale, del personale, degli uffici e dei mezzi regionali, costituisce misura ordinariamente prevista per ogni commissariamento;
la facoltà accordata ai Commissari governativi di avvalersi della Guardia di finanza, nell’esercizio delle loro attribuzioni, è funzionale al raggiungimento degli obiettivi del Piano di rientro dal disavanzo sanitario e, comunque, non viola alcuna competenza della Regione;
il ricorso obbligatorio alla Consip spa o alle centrali di committenza di altre Regioni per ogni acquisto o negoziazione sopra soglia comunitaria, in quanto lex specialis, va correttamente inteso come riferito ai soli nuovi contratti e non è quindi, di ostacolo – come si paventa – al prosieguo delle gare in atto. Allo stesso modo, per i contratti sotto soglia, la previsione di un protocollo d’intesa con l’ANAC si riferisce ai contratti da stipulare;
la regolamentazione degli interventi in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, con la relativa previsione della facoltà di avvalersi, previa convenzione, di Invitalia spa, quale centrale di committenza, ricade nell’ambito della tutela della salute e del governo del territorio, materie che riguardano la potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., e non la competenza legislativa residuale ex art. 117, quarto comma, Cost., che a torto la ricorrente lamenta violata;
la disposizione sub art. 14, comma 1, stabilisce esclusivamente un vincolo all’utilizzo delle risorse, che restano, comunque, destinate alla Regione Calabria, nell’ambito del “payback farmaceutico” finalizzato alla copertura della massa passiva delle aziende in dissesto, con procedura di riparto, peraltro, condizionata da intesa con la Regione. E ciò ne esclude il prospettato contrasto con l’art. 119 Cost.;
la cessazione delle funzioni dei direttori generali degli enti sanitari eventualmente nominati dalla Regione nei trenta giorni anteriori all’entrata in vigore del d.l. n. 35 del 2019, con la connessa revoca delle procedure selettive in corso – prevista sub art. 15 – è censurata, infine, dalla ricorrente solo per il suo carattere di «norma non di principio ma di dettaglio» e tale censura è superata dalle considerazioni che precedono, oltre a trovare giustificazione nelle pregresse gravi inadempienze regionali.
6.− L’effettiva rispondenza delle misure adottate dal legislatore del 2019 allo scopo perseguito di «risanamento del servizio sanitario» e soprattutto di tutela del «rispetto dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario» nella Regione Calabria nonché l’assenza di eventuali loro effetti controproducenti (quali paventati in udienza dal difensore della resistente) dovranno essere attentamente monitorate da parte dello Stato, e valutate in concreto, in sede applicativa delle misure stesse.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60, promossa dalla Regione Calabria in riferimento agli artt. 81 e 97 della Costituzione, con i ricorsi indicati in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 6, 8, 9, 14 e 15 del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, promosse dalla Regione Calabria, in riferimento agli artt. 5, 117, 119, 120 e 121 Cost., con i medesimi ricorsi.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2019.