SENTENZA N. 275
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta
dai signori:
-
-
-
- Luigi MAZZELLA "
-
- Sabino CASSESE
"
-
- Paolo
Maria NAPOLITANO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di
attribuzione tra enti sorto a seguito del decreto 10 settembre 2010 del
Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le
attività culturali, recante «Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili», (punti1.2.; 17.1., 17.2. e Allegato 3), promosso dalla
Provincia autonoma di Trento con ricorso notificato il 17 novembre 2010,
depositato in cancelleria il 23 novembre 2010 ed iscritto al n. 10 del registro
conflitti tra enti 2010.
Visto
l’atto di costituzione del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 ottobre 2011 il Giudice
relatore Gaetano Silvestri;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon
e Luigi Manzi per
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 17
novembre 2010 e depositato il successivo 23 novembre,
1.1. – La ricorrente premette di essere
titolare di potestà legislativa primaria in materia di «tutela del paesaggio»,
ai sensi dell’art. 8, numero 6, del d.P.R. n. 670 del 1972, nonché nelle
materie indicate ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 11, 14, 16, 17, 18, 21, 22, e
24 del medesimo art. 8. Premette, inoltre, che l’art. 9, numeri 8) e 9), dello
statuto di autonomia le riconosce competenza concorrente in materia di
incremento della produzione industriale e di utilizzazione delle acque
pubbliche, e che l’art. 16 del medesimo statuto le assegna le funzioni
amministrative in tutte le materie nelle quali può legiferare.
Con riferimento specifico alla materia
dell’energia, la ricorrente osserva come, già prima della modifica del Titolo V
della Parte seconda della Costituzione, l’art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977
(aggiunto dal d.lgs. 11 novembre 1999, n. 463, recante «Norme di attuazione
dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio
idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo
idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica») avesse
trasferito alle Province autonome le funzioni esercitate dallo Stato,
concernenti le attività di ricerca, produzione, stoccaggio, conservazione,
trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia.
Il novellato art. 117, terzo comma,
Cost. ha poi riconosciuto alle Regioni ordinarie competenza concorrente in
materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», e
tale previsione, nella misura in cui conferisce una potestà più ampia di quella
connessa all’autonomia statutaria delle Province autonome in materia di
energia, si applica anche alle predette, in base all’art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001 (è richiamata la sentenza della
Corte costituzionale n. 383 del 2005).
1.2. –
Ancora in riferimento alla materia
dell’energia, si osserva come, in ambito territoriale provinciale, assumano
rilievo le previsioni contenute nel piano urbanistico provinciale e, in
generale, in tutti gli atti di pianificazione e programmazione provinciale o
locale, concernenti anche le fonti di energia rinnovabili. Sono richiamate in
proposito le disposizioni delle leggi provinciali 4 marzo 2008, n. 1
(Pianificazione urbanistica e governo del territorio), e 27 maggio 2008, n. 5
(Approvazione del nuovo piano urbanistico provinciale).
Quanto alle prescrizioni comunitarie in
materia di produzione di energia da fonti rinnovabili,
1.3. – La difesa provinciale procede poi
all’esame della normativa statale di riferimento, e in particolare dell’art. 12
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva
2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), rubricato
«Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative».
Al comma 10 la norma citata prevede che
«in Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive
[…], si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al
comma 3». Lo stesso comma 10 stabilisce, inoltre, che le linee guida «sono
volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti,
con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio»; che, «in
attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione
di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di
impianti»; che, infine, «le regioni adeguano le rispettive discipline entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida».
La difesa provinciale pone in evidenzia
che il medesimo d.lgs. n. 387 del 2003 contiene, all’art. 19, una disposizione
di raccordo con le autonomie speciali, nella quale è previsto che sono fatte
«salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome
di Trento e di Bolzano che provvedono alle finalità del presente decreto
legislativo ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di
attuazione».
Diversamente, riferisce la ricorrente,
il Governo ha ritenuto di coinvolgere le Province autonome nella disciplina in
esame, pur avendo essa stessa più volte richiesto, in sede di approvazione
delle linee guida, emendamenti finalizzati a raccordare il contenuto delle
predette con l’ordinamento provinciale e con la previsione di cui all’art. 19
del d.lgs. n. 387 del
1.4. –
Nel punto 1.2. delle linee guida è
previsto che le Regioni e le Province autonome sono autorizzate a «porre
limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio
o pianificatorio per l’installazione di specifiche
tipologie di impianti alimentati da fonti rinnovabili» e che tale facoltà è
esercitabile «esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al paragrafo
17» delle medesime linee guida.
Il richiamato punto 17.1. stabilisce
che, «al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e
all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione
delle disposizioni delle presenti linee guida, le Regioni e le Province
autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla
installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al
presente punto e sulla base dei criteri di cui all’Allegato 3».
Ancora il punto 17.1. prevede che
«l’individuazione della non idoneità dell’area è operata dalle Regioni
attraverso un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle
disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio
storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità
e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili
con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni
di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilità di
esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione», e che «gli esiti
dell’istruttoria, da richiamare nell’atto di cui al punto 17.2., dovranno
contenere, in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la
descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione
individuati nelle disposizioni esaminate».
Il punto 17.2. delle linee guida
stabilisce, a sua volta, che «le Regioni e le Province autonome conciliano le
politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e
valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di programmazione
congruenti con la quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili
loro assegnata (burden sharing),
in applicazione dell’art. 2, comma 167, della legge n. 244 del 2007 […]
assicurando uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti», e che «le aree non
idonee sono, dunque, individuate dalle Regioni nell’ambito dell’atto di
programmazione con cui sono definite le misure e gli interventi necessari al
raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in attuazione delle suddette norme. Con
tale atto
Infine, l’Allegato 3 (al paragrafo 17)
detta i criteri ai quali anche le Province autonome devono attenersi per
l’individuazione delle aree non idonee.
1.5. – A parere della ricorrente tutte
le indicate disposizioni sarebbero lesive delle prerogative costituzionali
dell’autonomia speciale, avuto riguardo sia all’ambito materiale su cui
incidono, sia alla fonte, di natura regolamentare, che le ha introdotte
nell’ordinamento.
Sotto il primo profilo, dopo aver
nuovamente richiamato l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 – nella
parte in cui stabilisce che le «linee guida sono volte, in particolare, ad
assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli
impianti eolici, nel paesaggio» e che «le regioni possono procedere alla
indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche
tipologie di impianti» – la ricorrente evidenzia come la normativa oggetto del
presente conflitto attenga in misura prevalente alla materia della tutela del
paesaggio, di competenza primaria provinciale. Vi sarebbero poi evidenti
ricadute sulla materia dell’urbanistica, in ragione della previsione di atti
programmatori, oltre alla connessione con la materia dell’«energia».
La difesa provinciale sottolinea come la
competenza primaria delle Province autonome in materia di tutela del paesaggio
sia stata confermata dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137), che, all’art. 8, fa espressamente salve le potestà attribuite
alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di
Bolzano dagli statuti e dalle relative norme di attuazione.
In senso rafforzativo la ricorrente
segnala l’intervento della Corte costituzionale, attuato con la sentenza n. 226 del
2009, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 131, comma 3, del
medesimo d.lgs. n. 42 del 2004 nella parte in cui includeva le Province
autonome tra gli enti soggetti alla potestà esclusiva dello Stato in materia di
tutela del paesaggio.
Sotto il secondo profilo, della
qualificazione della fonte normativa da cui promanano le disposizioni impugnate,
la difesa provinciale ritiene che il d.m. 10
settembre 2010 abbia natura di regolamento. Ciò si desumerebbe agevolmente dal
contenuto dell’atto: esso infatti introduce una disciplina generale, astratta
ed innovativa, destinata a trovare diretta applicazione in caso di mancato
adeguamento da parte degli enti territoriali (è richiamata la giurisprudenza
costituzionale sull’applicazione di criteri "sostanziali” per identificare la
natura degli atti, in particolare sono citate le sentenze n. 278 e n. 274 del 2010).
Convergerebbero nella direzione della indicata qualificazione anche alcuni
indici formali, quali la previsione dell’entrata in vigore dopo 15 giorni dalla
pubblicazione, e la rubrica del punto 1 («Principi generali inerenti l’attività
di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili»).
La potestà legislativa provinciale in
materie di competenza primaria sarebbe dunque vincolata da un atto di natura
regolamentare, mentre l’ordinamento prevede che la suddetta potestà possa
essere condizionata soltanto con atti di normazione primaria. L’art. 2, comma
1, del d.lgs. n. 266 del 1992 stabilisce che nelle materie di competenza
provinciale la stessa legislazione statale non operi direttamente, dovendo la
legislazione provinciale essere adeguata «ai principi e norme costituenti
limiti ai sensi degli articoli 4 e 5 dello statuto speciale», recati «dai nuovi
atti legislativi dello Stato», entro i sei mesi successivi alla pubblicazione
di questi ultimi nella Gazzetta Ufficiale o nel più ampio termine da essi
stabilito.
Sul punto è richiamata la giurisprudenza
della Corte costituzionale, nella quale si trova ripetutamente affermato il
principio secondo cui la normazione statale secondaria non può vincolare le
autonomie speciali (sentenze n. 209 del 2009,
n. 145 del 2005,
n. 267 del 2003,
n. 371 e n. 84 del 2001,
n. 507 del 2000,
n. 250 del 1996
e n. 482 del 1995).
1.6. – Dopo aver ribadito che
l’intervento statale attuato con le disposizioni impugnate incide su materie di
sua competenza primaria,
Il punto 17.2. e l’Allegato 3 contengono
anch’essi, a parere della ricorrente, una disciplina che non lascia spazio
alcuno al legislatore provinciale, al punto che ne è prevista l’attuazione
diretta in via amministrativa. In particolare, le disposizioni del punto 17.2.
varrebbero a condizionare il modo attraverso il quale le Regioni e le Province
autonome sono chiamate a conciliare le politiche di tutela dell’ambiente e del
paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili,
individuando le aree non idonee. È prescritto, infatti, che ciò debba avvenire attraverso
specifici atti di programmazione.
Con riferimento all’Allegato 3, la
ricorrente richiama l’attenzione sul punto f), nel quale è previsto che le
Regioni e le Province autonome, con le modalità indicate al paragrafo 17,
possono indicare come aree e siti non idonei alla installazione di specifiche
tipologie di impianti le «aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle
trasformazioni territoriali o del paesaggio, ricadenti all’interno di quelle di
seguito elencate».
Assume la difesa provinciale che tale
previsione, di per sé ovvia, si presta ad essere interpretata come se ponesse
il divieto di sottrarre un’intera area dal territorio potenzialmente
disponibile all’installazione degli impianti energetici, così realizzando una
grave ingerenza nell’attività legislativa ed amministrativa dell’ente
territoriale, in un ambito materiale che appartiene alla competenza primaria
statutaria.
Infatti, prosegue la ricorrente, le zone
elencate al citato punto f) coincidono con le aree di interesse naturalistico o
culturale o le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari
di qualità, la cui tutela rientra nella competenza primaria della Provincia
autonoma, e precisamente nelle materie «tutela del paesaggio» (art. 8, numero 6
del d.P.R. n. 670 del 1972), «tutela e conservazione del patrimonio storico,
artistico e popolare» (art. 8, numero 3), «parchi per la protezione della flora
e della fauna» (art. 8, numero 16), «agricoltura e foreste» (art. 8, numero
21), come confermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (sono
richiamate le sentenze n. 329 e n. 104 del 2004).
Quanto alle aree «caratterizzate da
situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico», anch’esse indicate al punto
f) dell’Allegato 3, la difesa provinciale ritiene che la relativa
regolamentazione rientri nella competenza concorrente in materia di
utilizzazione delle acque pubbliche (art. 9 dello statuto speciale).
Le suddette prescrizioni, secondo la
ricorrente, al pari di quelle esaminate in precedenza non presentano contenuto
di norma fondamentale di riforma economico-sociale e «non concretano uno degli
altri limiti alla potestà primaria», sicché risulterebbero lesive se anche
fossero introdotte con fonte primaria.
Considerazioni del tutto analoghe a
quelle svolte in riferimento ai punti 17.1. e 17.2. varrebbero, ad avviso della
Provincia di Trento, per il punto 1.2. del d.m. 10
settembre 2010: esso, nella parte in cui rinvia all’«ambito» e alle «modalità
di cui al paragrafo 17», comprimerebbe il potere delle Province autonome di
vietare o limitare specifiche tipologie di impianti in determinate aree.
1.7. – La ricorrente assume, infine, che
le disposizioni impugnate risulterebbero lesive delle sue prerogative
costituzionali anche nell’ipotesi, prospettata in via subordinata, che il d.m. 10 settembre 2010 sia qualificato come atto di
indirizzo e coordinamento.
La normativa di attuazione dello statuto
speciale di autonomia contenuta nell’art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992
richiede, ai fini dell’adozione di tale tipologia di atti, la delibera del
Consiglio dei ministri ed il parere della Provincia autonoma interessata,
fissando il principio secondo il quale gli atti di indirizzo e di coordinamento
«vincolano la regione e le province autonome solo al conseguimento degli
obiettivi o risultati in essi stabiliti».
Sotto il profilo formale,
Sotto il profilo contenutistico, poi,
sono richiamate le considerazioni già svolte a proposito dei limiti e dei
vincoli posti dalle disposizioni impugnate, i quali, all’evidenza, vanno ben
oltre la fissazione di obiettivi.
1.8. – Per le ragioni sopra esposte la
ricorrente chiede che
2. – Con atto depositato il 27 dicembre
2010 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ed ha chiesto che
il ricorso per conflitto sia dichiarato inammissibile o, comunque, rigettato,
con riserva di formulare ulteriori osservazioni.
2.1. – La difesa statale preliminarmente
rileva che il provvedimento oggetto del conflitto è stato approvato con il
parere favorevole della Conferenza unificata, di cui fa parte
2.2. – Nel merito, l’Avvocatura dello
Stato rileva, in primo luogo, che la premessa al d.m.
10 settembre 2010 dà ampio conto sia della normativa interna di settore,
giustificativa dell’adozione del provvedimento, sia di quella comunitaria, che
tale adozione richiedeva, ed inoltre indica la «materia» su cui incide
l’intervento.
Gli ambiti materiali interessati
sarebbero quelli della tutela del paesaggio e dell’ambiente, e della fissazione
dei principi fondamentali e generali in tema di «energia», rispetto ai quali lo
Stato esercita una competenza esclusiva.
D’altra parte, prosegue l’Avvocatura
dello Stato,
2.3. – La difesa dello Stato contesta
poi la qualificazione del d.m. 10 settembre 2010 come
regolamento, ritenendo che si tratti di atto di indirizzo e di coordinamento,
che non condiziona l’attività legislativa delle Province autonome, in quanto si
limita a dettare criteri generali su materie di competenza esclusiva statale e
concorrente, allo scopo di uniformarne la disciplina sul territorio nazionale.
2.4. – Quanto alle specifiche doglianze
della ricorrente, la difesa dello Stato rileva che il contestato punto 1.2. del
d.m. 10 settembre 2010 riconosce alle Province
autonome il potere di vietare o limitare, in atti di tipo programmatico o pianificatorio, l’installazione di specifici impianti per
la produzione di energia da fonti rinnovabili. Tale potere deve essere
esercitato «esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al paragrafo
17».
Proprio la disposizione indicata da
ultimo varrebbe, secondo la ricorrente, ad introdurre una illegittima
limitazione delle attribuzioni provinciali. In realtà, prosegue la difesa
statale, se si guarda al contenuto dell’art. 17, punti 1 e 2, si coglie
agevolmente che le indicate limitazioni riguardano invece settori di competenza
esclusiva dello Stato, che non potrebbero non essere rispettati, anche se non
fossero stati espressamente richiamati.
Sarebbe poi rimasto integro il potere
della Provincia autonoma di individuare le aree non idonee alla installazione
degli impianti, all’interno di una logica di leale collaborazione, che tenga
conto degli interessi generali e delle competenze statali.
Allo stesso modo, secondo l’Avvocatura
dello Stato, la previsione contenuta nell’Allegato 3, punto f), non
risulterebbe invasiva delle competenze delle Province autonome, posto che
l’elencazione ivi contenuta riguarda siti e zone particolari, in ordine ai
quali verrebbero in rilievo le competenze dello Stato in materia ambientale e
di rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali.
3. – In data 13 settembre 2011
3.1. – In primo luogo la ricorrente
ritiene infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, prospettata dalla
difesa statale come effetto della partecipazione della Provincia di Trento alla
Conferenza unificata che ha approvato le linee guida.
La difesa provinciale richiama il
verbale della riunione dell’8 luglio 2010 della Conferenza delle Regioni e
delle Province autonome, dal quale risulta che le stesse avevano subordinato il
loro consenso all’approvazione delle linee guida all’accoglimento, tra gli
altri, degli emendamenti che prevedevano la soppressione dei riferimenti alle
autonomie speciali, e l’inserimento di una clausola in base alla quale esse
avrebbero provveduto, ai sensi dei relativi statuti e norme di attuazione, alla
realizzazione delle finalità indicate nelle linee guida. In tal senso, la
premessa del d.m. 10 settembre 2010 risulterebbe
inesatta nella parte in cui, dando atto dell’avvenuta approvazione da parte
della Conferenza unificata, non menziona l’espressa riserva.
3.2. – Nel merito, la ricorrente
ribadisce che le linee guida, per la parte impugnata, incidono su materie
attribuite alla propria competenza statutaria primaria, dovendosi guardare al
contenuto delle singole disposizioni asseritamente lesive, e non all’atto
normativo nella sua interezza. In particolare, essendo previsto che
l’individuazione delle aree non idonee deve basarsi esclusivamente su criteri
tecnici oggettivi, legati ad aspetti di tutela dell’ambiente, del paesaggio e
del patrimonio artistico-culturale connessi alle
caratteristiche intrinseche del territorio e del sito, vengono in rilievo le
materie di competenza primaria provinciale indicate nel ricorso, oltre alla
tutela dell’ambiente.
Peraltro, osserva ancora
3.3. – In conclusione, la ricorrente
evidenzia che le disposizioni impugnate risulterebbero ugualmente lesive del
riparto di competenza anche se si ritenesse che la materia in prevalenza incisa
sia quella, di competenza concorrente, della «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell’energia» (sono richiamate le sentenze n. 44 del 2011
e n. 282 del
2009 della Corte costituzionale). In tale ambito materiale, infatti, lo
Stato potrebbe vincolare le Province autonome solo con atti legislativi, ovvero
con atti di indirizzo e coordinamento, sottoposti questi ultimi ai requisiti
sostanziali e procedurali nella specie non rispettati.
A tale proposito
4. – In data 13 settembre 2011,
l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria nella quale svolge
ulteriori argomentazioni a sostegno della inammissibilità e infondatezza del
ricorso per conflitto.
4.1. – Vengono anzitutto prospettate
ulteriori eccezioni di inammissibilità del conflitto proposto dalla Provincia
autonoma di Trento.
In primo luogo si afferma che il d.m. 10 settembre 2010 sarebbe atto meramente
consequenziale alla disposizione di rango primario contenuta nell’art. 12,
comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, e che pertanto la ricorrente avrebbe
dovuto impugnare quest’ultimo nel termine di legge (sono richiamate, tra le
molte, le sentenze della Corte costituzionale n. 369 del 2010,
n. 472 e n. 206
del 1975, n.
32 del 1958 e n.
18 del 1956).
Inoltre, il ricorso risulterebbe
inammissibile anche per la carenza dell’elemento oggettivo del conflitto:
l’atto impugnato non sarebbe idoneo a ledere le prerogative costituzionali
della ricorrente, in quanto, enunciando un principio fondamentale in materia di
energia, il suo contenuto è riferibile «a materia di competenza legislativa
esclusiva dell’ente confliggente» (è richiamata la sentenza n. 156 del
2011 della Corte costituzionale).
4.2. – Nel merito, la difesa statale si
sofferma sulla individuazione dell’ambito materiale inciso dalle disposizioni
in esame.
L’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387
del 2003, nella parte in cui prevede l’approvazione delle linee guida per lo
svolgimento del procedimento finalizzato al rilascio della "autorizzazione
unica” per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili, costituisce enunciazione di principi
fondamentali della materia, di potestà concorrente, della «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale di energia», di cui all’art. 117, terzo
comma, Cost. (sentenza
n. 192 del 2011 della Corte costituzionale), pur non essendo esclusa la
considerazione del paesaggio, da intendersi come «dimensione visiva»
dell’ambiente, secondo la definizione contenuta nella sentenza n. 226 del
2009 della Corte costituzionale.
A tale proposito, prosegue la difesa dello
Stato, vengono effettivamente in rilievo alcune delle competenze statutarie
primarie della ricorrente, concernenti aspetti particolari della tutela
dell’ambiente, quali appunto la tutela del paesaggio, più indirettamente
l’urbanistica, e perfino il patrimonio popolare, non essendovi dubbio che il
concetto di ambiente in senso ampio ricomprenda tutto ciò che costituisce
l’habitat nel quale si svolge la vita della popolazione.
Tuttavia, osserva l’Avvocatura dello
Stato, la «tutela del paesaggio», che spetta certamente alla Provincia
ricorrente, per un verso non collide con le competenze statali esclusive in
materia di ambiente ed ecosistema, di cui lo stesso paesaggio costituisce
l’aspetto visivo, e, per altro verso, non presenta alcun collegamento con le
ulteriori materie di competenza primaria provinciale, elencate nell’art. 8
dello statuto di autonomia.
In ogni caso, la potestà della Provincia
autonoma di legiferare in materia di «tutela del paesaggio» incontra i limiti
indicati nell’art. 4 del medesimo statuto, tra i quali «il rispetto delle norme
fondamentali delle riforme economico sociali della Repubblica», là dove, con
riguardo alle materie di competenza concorrente, vale il limite generale
costituito dal potere statale di determinarne i principi fondamentali.
La difesa statale richiama le numerose
pronunce della Corte costituzionale nelle quali si trova affermato che l’art.
12 del d.lgs. n. 387 del 2003 attiene alla materia dell’energia (ex plurimis, sentenze n. 107 del 2011,
n. 366, n. 332, n. 313, n. 194 del 2010),
sicché spetta allo Stato la fissazione dei principi generali della materia, tra
i quali rientrerebbe il divieto, per le Regioni e Province autonome, di
"chiudere” il proprio territorio alla installazione degli impianti per la
produzione di energia rinnovabile, anteponendo in assoluto la tutela
dell’aspetto visivo del territorio alle esigenze della produzione di energia.
4.3. – Con riguardo alle specifiche
doglianze della ricorrente, l’Avvocatura dello Stato osserva come in realtà il
punto 1.2. delle linee guida non ponga vincoli di sorta, riconoscendo al
contrario, alle «sole Regioni e Province autonome», il potere di disporre
limitazioni e divieti alla installazione degli impianti destinati alla
produzione di energia da fonti rinnovabili.
Ma anche il paragrafo 17.1. non
conterrebbe i lamentati vincoli all’attività programmatoria
della Provincia autonoma.
La citata disposizione, infatti, si
limita a prevedere «un’apposita istruttoria» finalizzata alla ricognizione di
tutti i valori coinvolti «non compatibili con l’insediamento degli impianti»,
nonché l’obbligo di descrizione delle incompatibilità e la valutazione delle
stesse in relazione agli obiettivi di burden sharing, fissati in attuazione della previsione contenuta
nell’art. 2, comma 167, della legge n. 244 del 2007 e successive modifiche.
A ben guardare, si tratterebbe di
prescrizioni meramente ricognitive del principio che esige, per tutti i
provvedimenti amministrativi di carattere generale, l’istruttoria e la
motivazione, al cui rispetto è tenuta anche
Quanto alle disposizioni contenute
nell’Allegato 3, la difesa statale ritiene inammissibile la relativa impugnazione,
per la genericità che la connoterebbe, contestando in ogni caso che l’art.
17.2. e l’Allegato 3 impongano l’attività amministrativa in luogo di quella
legislativa. Al contrario, tali disposizioni consentono di adottare atti
amministrativi, «in vista degli interessi sottesi alla materia – prevalente –
dell’energia», là dove in tema di raggiungimento degli obiettivi di burden sharing, sicuramente
rientrante nella materia dell’energia, è concesso alla Provincia di tenere
conto di «quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico».
Con riferimento alla disposizione
contenuta nel punto f) dell’Allegato 3, che secondo la difesa statale sarebbe
oggetto dell’unica censura specifica, essa non escluderebbe affatto la
possibilità per
4.4. – L’Avvocatura dello Stato contesta
la qualificazione del d.m. 10 settembre 2010 come
atto regolamentare e non legislativo, richiamando sia l’art. 12, comma 10, del
d.lgs. n. 387 del 2003, sia il recente decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28
(Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia
da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive
2001/77/CE e 2003/30/CE), che avrebbe «ratificato le disposizioni delle linee
guida», come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 192 del
2011.
Quanto, infine, alle censure svolte
dalla ricorrente in via subordinata, sul presupposto che il d.m.
citato costituisca un atto di indirizzo e coordinamento, la difesa dello Stato
evidenzia come, per un verso, l’art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992 non contenga
alcun riferimento alla delibera del Consiglio dei ministri e, per altro verso,
come la forma del d.m. 10 settembre 2010 sia quella
indicata dalla legge che l’ha previsto. Nella specie, del resto, non vi sarebbe
stato bisogno di acquisire il parere della Provincia dal momento che questa era
presente in sede di Conferenza unificata ed aveva svolto specifiche
osservazioni, pure non recepite.
È richiamato, in conclusione, il
documento consegnato nella seduta dell’8 luglio 2010 dalla Conferenza delle
Regioni e delle Province autonome alla Conferenza unificata, nel quale non
risulta contestato l’Allegato 3.
Considerato in diritto
1. –
2. – Preliminarmente devono essere
esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso.
2.1. – Si assume dalla difesa statale,
innanzitutto, che la partecipazione della Provincia autonoma di Trento alla
Conferenza unificata che ha approvato il d.m. 10
settembre 2010 vincolerebbe la ricorrente all’esito maturato in quella sede.
L’eccezione è infondata, essendo
ampiamente documentato, e non contestato, il dissenso della ricorrente
all’approvazione del testo nella formulazione poi diventata definitiva,
accompagnato dalla richiesta di introdurre emendamenti.
Per giurisprudenza costante di questa
Corte, il dissenso manifestato anteriormente all’approvazione di normativa
oggetto di concertazione implica la perdurante ammissibilità del ricorso per
conflitto ad opera della parte dissenziente (ex plurimis, sentenze n. 507 del 2002
e n. 206 del
2001).
Più in generale, va poi ribadito che nei
giudizi per conflitto di attribuzione non trova applicazione l’istituto
dell’acquiescenza, data l’indisponibilità delle competenze di cui si
controverte in tali giudizi (ex plurimis, sentenze n. 95 del 2003,
n. 511 del 2002,
n. 389 e n. 163 del 1995,
n. 191 del 1994;
ordinanza n. 195
del 2004).
2.2. – Ulteriore ragione di
inammissibilità del ricorso risiederebbe nella natura meramente attuativa del d.m. 10 settembre 2010 rispetto alla previsione contenuta
nell’art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387
(Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità), alla quale sarebbe riconducibile l’asserita lesione delle
prerogative della ricorrente, e che dunque avrebbe dovuto essere oggetto del
ricorso in via principale da parte della ricorrente.
Anche questa eccezione è infondata,
giacché il d.m. impugnato non costituisce pedissequa
attuazione della norma primaria ma, al contrario, si pone con essa in
contrasto, come sarà chiarito in prosieguo.
3. – Il ricorso è parzialmente fondato,
nei termini di seguito specificati.
3.1. – L’art. 12, comma 10, del d.lgs.
n. 387 del 2003 dispone che le linee guida per lo svolgimento del procedimento
volto al rilascio dell’autorizzazione unica, di cui al comma 3 del medesimo
articolo, siano approvate in Conferenza unificata, su proposta del Ministro
delle attività produttive (oggi Ministro per lo sviluppo economico), di
concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
e del Ministro per i beni e le attività culturali.
L’obiettivo delle suddette linee guida è
espressamente individuato dalla disposizione citata nella finalità di
«assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli
impianti eolici, nel paesaggio».
A sua volta, l’art. 19 del medesimo atto
con forza di legge stabilisce: «sono fatte salve le competenze delle regioni a
statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che
provvedono alle finalità del presente decreto legislativo ai sensi dei
rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione».
3.2. – Nel dettare la normativa di base
per l’emanazione delle linee guida, oggetto del presente conflitto, il
legislatore ha inteso trovare modalità di equilibrio tra la competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia di ambiente, la competenza
legislativa primaria delle Province autonome in materia di paesaggio e la
competenza legislativa concorrente, in materia di energia.
Questa Corte ha precisato che il citato
art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 enuncia i principi fondamentali
della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia»
(art. 117, terzo comma, Cost.) ed ha statuito che «il bilanciamento tra le esigenze
connesse alla produzione di energia e gli interessi ambientali impone una
preventiva ponderazione concertata in ossequio al principio di leale
cooperazione» (sentenza
n. 192 del 2011). Di qui l’attribuzione alla Conferenza unificata della
competenza ad approvare le linee guida in materia di fonti energetiche
rinnovabili.
Il legislatore nazionale ha avuto cura
altresì di inserire nella norma-base la cosiddetta «clausola di salvezza» delle
competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.
Tali competenze, per quanto riguarda la
ricorrente, si concretizzano nell’art. 8, numero 6), dello statuto speciale per
il Trentino-Alto Adige, che attribuisce alla potestà legislativa primaria delle
Province la «tutela del paesaggio».
3.3. – Sul piano concettuale, questa
Corte ha precisato che il paesaggio deve essere considerato «l’ambiente nel suo
aspetto visivo» (sentenza
n. 226 del 2009, in relazione alle sentenze n. 180 del 2008, n. 367 del 2007,
n. 183 e n. 182 del 2006).
L’art. 9, secondo comma, Cost. ha sancito un principio fondamentale, che vale
sia per lo Stato che per le Regioni, ordinarie e speciali. Il riferimento
testuale della norma costituzionale è alla «Repubblica», con ciò affermandosi
la natura di valore costituzionale in sé e per sé (citata sentenza n. 367 del
2007), la cui disciplina unitaria deve tuttavia «tener conto degli statuti
speciali di autonomia» (sentenza n. 378 del
2007).
Alla luce di tale quadro normativo di
rango costituzionale, si deve osservare che l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n.
387 del 2003 fa esclusivo riferimento al «corretto inserimento degli impianti,
con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio». Si deve notare, in
proposito, che l’intento del legislatore è quello di rendere compatibili le
ragioni di tutela dell’ambiente e del paesaggio, che, nella fattispecie,
potrebbero entrare in collisione, giacché una forte espansione delle fonti di
energia rinnovabili è, di per sé, funzionale alla tutela ambientale, nel suo
aspetto di garanzia dall’inquinamento, ma potrebbe incidere negativamente sul
paesaggio: il moltiplicarsi di impianti, infatti, potrebbe compromettere i
valori estetici del territorio, ugualmente rilevanti dal punto di vista storico
e culturale, oltre che economico, per le potenzialità del suo sfruttamento
turistico.
Poiché la materia «paesaggio», a
differenza della tutela dell’ambiente, è compresa tra quelle di competenza
esclusiva delle Province autonome, nessun riferimento alle stesse si rinviene
nel d.lgs. n. 387 del 2003, che si rivolge alle Regioni ordinarie ed
esplicitamente fa salve le competenze, per quel che qui interessa, delle
Province autonome di Trento e Bolzano. La competenza legislativa delle suddette
Province deve tuttavia coesistere con la competenza statale in materia di
tutela dell’ambiente e con quella concorrente in materia di energia. Resta
inteso, peraltro, che le competenze primarie delle Province in materia devono
essere esercitate sia nell’ambito degli obiettivi nazionali di consumo futuro
di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, sia nell’ambito
fissato dall’art. 2, comma 167, della legge 24 dicembre 2007, n. 244
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge finanziaria 2008), che stabilisce la «ripartizione fra regioni e
province autonome di Trento e di Bolzano della quota minima di incremento
dell’energia prodotta con fonti rinnovabili».
Ponendo in rapporto la norma statale che
si trova alla base delle linee guida, e quella, appena indicata, che precisa in
dettaglio le finalità dell’intero processo di attuazione della direttiva 27
settembre 2001, n. 2001/77/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), si giunge alla conclusione
che l’armonizzazione, profilata nell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, tra
competenze statali, regionali e provinciali costituisce una modalità di
equilibrio rispettosa delle competenze di tutti gli enti coinvolti nella
programmazione e nella realizzazione delle fonti energetiche rinnovabili.
4. – Esaminato il quadro normativo in
cui si inserisce il decreto impugnato, occorre preliminarmente chiarire la
natura di tale atto.
Ricorrono, nella specie, gli indici
sostanziali che la giurisprudenza costante di questa Corte assume a base della
qualificazione degli atti come regolamenti (da ultimo, sentenze n. 278 e n. 274 del 2010).
Il d.m. 10 settembre 2010 contiene norme finalizzate
a disciplinare, in via generale ed astratta, il procedimento di autorizzazione
alla installazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, alle quali
sono vincolati tutti i soggetti, pubblici e privati, coinvolti nell’attività in
questione.
4.1. – Accertata la natura regolamentare
dell’atto impugnato, si deve rilevare come le disposizioni censurate nel
presente conflitto presentino aspetti di difformità rispetto alla modalità di
equilibrio, ricavabile dalla normativa statale, e di conseguenza ledano
parzialmente le competenze costituzionalmente garantite della ricorrente.
4.2. – Il punto 1.2. vincola le Regioni
e le Province autonome a porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio
per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati da fonti
rinnovabili «esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al paragrafo
17».
Sulla scorta della precedente
ricostruzione del riparto costituzionale delle competenze in materia, il
vincolo contenuto nella suddetta norma non trova giustificazione né
nell’esigenza di mantenere integra la tutela ambientale, né nella necessità che
la normativa legislativa e regolamentare provinciale si inserisca nell’ambito
delle finalità stabilite nella disciplina europea e statale. D’altra parte, la
stessa legge statale – come s’è visto sopra – eccettua espressamente le
Province autonome dai destinatari delle linee guida. Si deve pertanto
concludere nel senso che la norma di cui al punto 1.2. viola la competenza
provinciale in materia di tutela del paesaggio.
4.3. – Il punto 17.1. stabilisce che «le
Regioni e le Province autonome possono procedere all’indicazione di aree e siti
non idonei alla istallazione di specifiche tipologie di impianti secondo le
modalità di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui all’Allegato
3».
Anche questa disposizione – nella parte
in cui si riferisce alle Province autonome – non trova giustificazione né in
norme di rango costituzionale, né nell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del
2003 e lede pertanto, per questo aspetto, le competenze costituzionalmente
garantite della ricorrente, a prescindere da ogni considerazione sulla
legittimità del decreto ministeriale impugnato rispetto alle leggi statali
vigenti, di competenza dei giudici comuni.
4.4. – Il punto 17.2., pur riferendosi
anch’esso alle Province autonome, contiene una serie di obiettivi e finalità a
carattere generale: conciliare «le politiche di tutela dell’ambiente e del
paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili
attraverso atti di programmazione congruenti con la quota minima di produzione
di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden
sharing), in applicazione dell’art. 2, comma 167,
della legge n. 244 del 2007, come modificato dall’articolo 8-bis della legge 27
febbraio 2009 n. 13, di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2008 n. 208,
assicurando uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti. Le aree non idonee
sono, dunque, individuate dalle Regioni nell’ambito dell’atto di programmazione
con cui sono definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento
degli obiettivi di burden sharing
fissati in attuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione individua
le aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano
paesaggistico e in congruenza con lo specifico obiettivo assegnatole».
La disposizione prima riportata, da una
parte non pone vincoli puntuali e concreti alla ricorrente, dall’altra
ribadisce l’obbligo di tutti gli enti – comprese le Province autonome – di
rispettare le quote minime di produzione di energia da fonti rinnovabili,
stabilite dal piano nazionale di riparto, in attuazione della direttiva
europea. Essa è priva pertanto di lesività delle competenze costituzionalmente
garantite della Provincia autonoma di Trento.
4.5. – L’Allegato 3 delle linee guida, anch’esso
impugnato, non contiene alcun riferimento espresso alle Province autonome e
sarebbe applicabile alle stesse solo per effetto del richiamo, di cui ai punti
1.2. e 17.1., la cui illegittimità costituzionale è stata motivata nel
paragrafo precedente.
Il venir meno, per effetto della
presente sentenza, del richiamo di cui sopra, rende automaticamente
inapplicabile il predetto Allegato 3 alla ricorrente. Il ricorso, per questo
aspetto, diviene, di conseguenza, privo di fondamento.
5. – In considerazione della piena
equiparazione statutaria delle Province autonome di Trento e di Bolzano
relativamente alle attribuzioni di cui trattasi, l’efficacia della presente
sentenza deve essere estesa anche nei confronti della Provincia autonoma di
Bolzano.
6. – In conclusione, il conflitto va
accolto limitatamente alle disposizioni di cui ai punti 1.2. e 17.1. delle
linee guida di cui al d.m. 10 settembre 2010, nella
parte in cui vincolano anche le Province autonome.
per questi motivi
dichiara che non spettava allo Stato imporre alle Province
autonome di Trento e di Bolzano di conformarsi alle disposizioni di cui ai
punti 1.2. e 17.1. del decreto 10 settembre 2010 del Ministro dello sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attività culturali
(Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili);
annulla, per l’effetto, i punti 1.2. e 17.1. del suddetto d.m. 10 settembre 2010, limitatamente alle parole «e le
Province autonome»;
dichiara
che spettava allo Stato emanare nei
confronti delle Province autonome di Trento e di Bolzano il punto 17.2. del
suddetto d.m. 10 settembre 2010;
dichiara che spettava allo Stato emanare l’Allegato 3 del
suddetto d.m. 10 settembre
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 ottobre
2011.