SENTENZA N. 32
ANNO 1958
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Mario BRACCI
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente della Regione siciliana con ricorso notificato il 30 agosto 1957, depositato il 10 settembre 1957 nella cancelleria della Corte costituzionale ed iscritto al n. 19 del Registro ricorsi 1957, per conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato, sorto a seguito del decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale 8 giugno 1957, col quale é stato disposto anche per le province di Messina e Palermo il rinvio all'annata agraria 1958 - 59 dell'adozione del libretto personale previsto dal D. M. 22 dicembre 1956 ai fini della assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione per i lavoratori agricoli.
Udita nell'udienza pubblica del 2 aprile 1958 la relazione del Giudice Giuseppe Cappi;
uditi l'avv. Francesco Santoro Passarelli per il ricorrente e il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna per il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Ritenuto in fatto
1. - In data 22 dicembre 1956, il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, "visto l'art. 32 della legge 29 aprile 1949, n. 264; visto l'art. 5 del regolamento per l'esecuzione delle norme di cui al titolo III della legge 29 aprile 1949, n. 264, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 1955, n. 1323", emanava un decreto in base al quale il Servizio per i contributi unificati in agricoltura doveva provvedere al rilascio di un libretto personale ai lavoratori dell'agricoltura, ai fini dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione. Il decreto riguardava varie province, fra le quali Brindisi, Cagliari, Messina e Palermo, e il libretto avrebbe dovuto aver valore per l'anno agrario 1957 - 58 o per quello 1958 - 59 a seconda che si trattasse di province ove l'anno agrario ha termine rispettivamente nel 2 o nel 1 semestre dell'anno solare. Il citato art. 32 della legge 29 aprile 1949, n. 264, estendeva anche ai lavoratori agricoli l'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione. L'art. 5 del regolamento, pure richiamato dal decreto ministeriale 22 dicembre 1956, disponeva: "Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale può disporre, con proprio decreto, che a cura del Servizio per i contributi unificati sia annualmente rilasciato a ciascun salariato o giornaliero di campagna un libretto personale. Il rilascio del libretto può essere stabilito per singole Regioni o Province". Seguivano, nello stesso articolo 5, numerose modalità e formalità di esecuzione.
Con successivo decreto dell'8 giugno 1957, lo stesso Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, "considerate le difficoltà di ordine tecnico ed organizzativo che nelle province di Brindisi, Cagliari, Messina e Palermo sono state rilevate per l'adozione, a partire dall'annata 1957 - 58, del libretto di cui al D. M. 22 dicembre 1956", decretava, per le province di Brindisi, Cagliari, Messina e Palermo, il rinvio all'annata agraria 1958 - 59 dell'adozione del libretto personale suindicato.
2. - La Regione siciliana, in data 30 agosto 1957, presentava ricorso a questa Corte "per il regolamento di competenza sul conflitto di attribuzioni fra la Regione e lo Stato, determinato dal D. M. 8 giugno 1957".
In sostanza, la Regione sosteneva che il citato decreto, il quale, nelle province di Messina e Palermo, rinviava all'annata 1958 - 59 l'adozione del libretto personale istituito con il D. M. 22 dicembre 1956, deve ritenersi illegittimo in quanto avrebbe invaso la sfera di competenza costituzionale della Regione siciliana.
A sostegno di tale assunto la Regione invocava l'art. 17 lett. f dello Statuto siciliano, che attribuisce alla Regione la competenza ad emanare leggi in materia di "legislazione sociale: rapporti di lavoro, previdenza ed assistenza sociale, osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato". La Regione sosteneva inoltre che nella frase "legislazione sociale" é indubbiamente compresa la disciplina del collocamento della mano d'opera, alla quale disciplina é strettamente connessa quella della disoccupazione e dei provvedimenti a favore della stessa, non esclusa l'assicurazione. E poiché, concludeva la Regione, l'art. 20 dello Statuto siciliano attribuisce agli organi regionali le funzioni esecutive ed amministrative concernenti le materie nelle quali la Regione ha potestà legislativa, il D.M. impugnato, dettando disposizioni particolari per le due province siciliane in materia di assicurazione contro la disoccupazione, aveva invaso la sfera di competenza della Regione. Conseguentemente, la Regione chiedeva che la Corte costituzionale, ritenuto quanto sopra, dichiarasse l'illegittimità costituzionale del citato D. M. 8 giugno 1957 e lo annullasse, per violazione degli artt. 116 della Costituzione, 17 e 20 dello Statuto siciliano.
3. - Intervenivano il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, rappresentati e difesi, come per legge, dall'Avvocatura generale dello Stato. Questa, in data 18 settembre 1957, presentava le proprie deduzioni. In esse veniva anzitutto sollevata una eccezione di inammissibilità del ricorso della Regione, ricorso che si chiedeva venisse, in ogni caso, dichiarato infondato nel merito.
L'Avvocatura dello Stato basava l'eccezione di inammissibilità sul fatto che il D. M. impugnato (8 giugno 1957) contiene un semplice rinvio per alcune province dell'esecuzione del precedente D. M. 22 dicembre 1956, che non era stato impugnato dalla Regione. Dato ciò, l'Avvocatura argomentava che se la pretesa invasione della competenza costituzionale della Regione si fosse, in ipotesi, verificata, tale invasione sarebbe, sempre in ipotesi, avvenuta col primo D. M. 22 dicembre 1956 e non col successivo decreto 8 giugno 1957, con il quale si era disposta una semplice sospensione, parziale e temporanea, dell'esecuzione del precedente decreto. L'Avvocatura pertanto concludeva che la Regione, non avendo impugnato il primo decreto, era decaduta, per acquiescenza, dalla potestà di ricorrere contro il secondo.
L'Avvocatura infine aggiungeva che la Regione non aveva pro posto ricorso, a suo tempo, neppure contro il D.P.R. 24 ottobre 1955, n. 1323, che prevede provvedimenti particolari del Ministro per il lavoro anche per singole province e regioni, senza alcuna distinzione fra regioni di diritto comune e regioni a statuto speciale.
4. - Nel merito della controversia l'Avvocatura dello Stato sostiene l'infondatezza del ricorso. Contro l'assunto che gli articoli 17 lett. f e 20 dello St. sic., nonché l'art. 1 del D.P. 25 giugno 1952, n. 1138, conferiscano alla Regione la competenza di emanare il provvedimento contenuto nell'impugnato decreto, l'Avvocatura osserva che, anche ammesso che la materia dell'assicurazione contro la disoccupazione sia senz'altro da comprendere nella dizione dell'art. 17 lett. f dello St. sic., si tratterebbe pur sempre di una competenza non esclusiva e soggetta, anche per quanto riguarda la corrispondente attività amministrativa, ai limiti stabiliti nel primo comma e nella stessa lett. f dell'art. 17 dello St. sic. Tali limiti, prosegue l'Avvocatura, "importano, tra l'altro, che la funzione legislativa e le corrispondenti funzioni esecutive ed amministrative della Regione non debbano, nel loro esercizio, interferire sulle corrispondenti funzioni attribuite agli organi dello Stato a tutela di interessi nazionali e non semplicemente regionali, e disciplinate, in conseguenza, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista giuridico, in maniera uniforme su piano nazionale".
Al riguardo, l'Avvocatura osserva che l'impugnato decreto é stato emanato in base ad un sistema di norme "che disciplinano la materia previdenziale su base e piano nazionali a tutela di un interesse generale e con un trattamento che, per tutto il territorio nazionale, non può essere che obbligatorio ed uniforme per ogni particolare categoria di lavoratori". In tale sistema si inserisce e "si inquadra il libretto di lavoro di cui si discute, libretto che, previsto da un regolamento a carattere nazionale, costituisce un mezzo per l'accertamento, non solo della sussistenza del diritto alla prestazione previdenziale, ma anche del quantum della prestazione da corrispondersi". Pertanto, "trattandosi di prestazioni che, in definitiva, devono essere regolate con unicità di criterio per tutto il territorio nazionale, é chiaro come non possa ammettersi l'adozione di un diverso criterio o sistema di accertamento del diritto alle prestazioni". "Se deroghe, sospensioni temporanee (come é quella disposta nel caso in esame) ecc. Sono consentite, ciò é sempre in conseguenza di una valutazione di opportunità fatta su base nazionale, anche se con riferimento alle condizioni locali".
Nell'ultima parte delle sue deduzioni l'Avvocatura considera poi la questione sotto un altro profilo. Osserva cioè che, in ordine alla materia di cui si discute, la competenza esecutiva ed amministrativa non potrebbe in nessun caso ritenersi passata alla Regione per quelle materie rispetto alle quali, pur avendone facoltà, la Regione non abbia ritenuto di esercitare il potere di emanare proprie leggi. Dato ciò, continua l'Avvocatura, é vano richiamarsi al D. P. 25 giugno 1952, n. 1138, che, nei limiti invalicabili risultanti dall'art. 17 in relazione all'art. 20, ha provveduto alla necessaria regolamentazione del passaggio delle funzioni amministrative, nelle materie di cui alla lett. f dell'art. 17, dallo Stato alla Regione ed alla disciplina della concreta attuazione di questo passaggio. Né gioverebbe, sempre secondo l'Avvocatura, invocare in contrario le sentenze n. 7 e 38 del 1957 di questa Corte citate dalla Regione; come non gioverebbe invocare il provvedimento regionale D.L. P. 18 aprile 1951, n. 25, il quale tratta del collocamento della mano d'opera disoccupata, ma non già dell'assicurazione contro la disoccupazione.
L'Avvocatura conclude che la Corte voglia in via pregiudiziale dichiarare inammissibile il ricorso e nel merito respingerlo.
5. - Alle deduzioni dell'Avvocatura dello Stato la Regione rispondeva con memoria del 20 marzo 1958. Circa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per acquiescenza, in quanto non era stato impugnato il D. M. 22 dicembre 1956, del quale il successivo decreto 8 giugno 1957, impugnato, non avrebbe contenuto che una semplice modalità di esecuzione, la difesa regionale nega anzitutto che il secondo decreto, della cui legittimità si discute, sia strettamente consequenziale al primo decreto; e, in ogni caso, la pretesa acquiescenza non potrebbe riguardare che l'adozione del libretto personale che costituisce il contenuto del primo decreto, non mai l'acquiescenza alla sospensione disposta dal secondo decreto, in quanto tale sospensione appare esplicitamente motivata da "particolari esigenze locali" la cui valutazione spetta esclusivamente alla Regione. Si sarebbe avuta un'indebita invasione della competenza regionale, onde sarebbe perfettamente ammissibile il ricorso di cui trattasi.
Nel merito la Regione contesta che la competenza amministrativa regionale incontri gli stessi limiti della corrispondente competenza legislativa e osserva che, in ogni caso, l'art. 20 dello St. sic. e l'art. 1 del D.P. 25 giugno 1952, n. 1138, richiamano l'art. 17 dello Statuto solo per la determinazione delle materie rientranti nella funzione amministrativa della Regione. Né, si aggiunge, appare fondata la tesi dell'Avvocatura che il D. M. detti una disciplina uniforme sul piano nazionale, ché, anzi, esso detta disposizioni particolari per singole province, tra cui quelle di Messina e di Palermo.
Per ultimo, la difesa della Regione si occupa della tesi, sostenuta dall'Avvocatura, che nella specie la Regione, non avendo in concreto legiferato sulla materia prevista dall'art. 17, lett. f, St. sic, mancherebbe sempre il presupposto per l'esercizio da parte della Regione della funzione amministrativa nella stessa materia. A ciò la difesa della Regione oppone che nelle materie di legislazione concorrente la competenza amministrativa della Regione é determinata dalla competenza legislativa e non dall'esercizio concreto di questa, onde la competenza amministrativa sussiste anche quando la materia sia stata disciplinata da una legge nazionale. Nel caso concreto poi la Regione ha dettato anche in sede legislativa una propria disciplina del collocamento della mano d'opera, onde devesi riconoscere la competenza amministrativa della Regione in materia di disoccupazione e di provvidenze a favore dei disoccupati, anche se la disciplina regionale non regola specificatamente l'assicurazione contro la disoccupazione dei lavoratori agricoli.
In base a tutto quanto sopra, la Regione insiste per l'accoglimento del ricorso.
6. - Anche l'Avvocatura dello Stato, in data 20 marzo 1958, ha presentato una memoria nella quale, rispondendo alla difesa della Regione, riafferma le proprie tesi.
Circa l'eccezione di inammissibilità insiste nell'osservare che il conflitto di attribuzione investe in sostanza non lo spostamento, disposto col secondo decreto, della data di applicazione del primo, bensì solo ed esclusivamente il potere esercitato dal Ministro del lavoro con il primo decreto con l'adozione del libretto di lavoro anche per le province di Palermo e di Messina. Sennonché, osserva l'Avvocatura, tale primo decreto non é stato impugnato e in ogni caso sono ormai decorsi infruttuosamente i termini per impugnarlo.
Nel merito, l'Avvocatura dello Stato ribadisce e sviluppa le tesi già svolte nelle sue prime deduzioni.
Per quanto riguarda il caso in esame, cioè l'adozione del libretto personale, l'Avvocatura osserva che trattasi anche qui di una forma di assicurazione contro la disoccupazione che é concepita su piano nazionale e soggetta quindi alla valutazione tecnico discrezionale del Ministero del lavoro, onde evitare eventuali disfunzioni e squilibri nella disciplina della materia.
L'Avvocatura pertanto insiste nell'infondatezza e nella reiezione del ricorso.
Considerato in diritto
La difesa dello Stato ha sollevato preliminarmente l'eccezione di inammissibilità del ricorso della Regione. Di essa, dato il suo carattere pregiudiziale, la Corte deve anzitutto occuparsi.
La Corte ritiene che l'eccezione sia fondata. A1 riguardo, conviene considerare il contenuto dei due decreti ministeriali di cui trattasi e il rapporto che intercorre fra di essi. Col primo (22 dicembre 1956) veniva istituita una formalità speciale per l'assicurazione contro la disoccupazione, consistente nel rilascio ai lavoratori agricoli di un libretto personale. A ciò il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale era autorizzato dall'art. 5 del già citato regolamento 24 ottobre 1955. L'adozione del libretto poteva avvenire per singole regioni e province: e infatti il decreto 22 dicembre 1956 lo adottò in 39 province, fra le quali Messina e Palermo. "Il libretto - così il decreto - avrà valore per l'anno agrario 1957 - 58 o per quello 1958 - 59 a seconda che si tratti di Province ove l'anno agrario ha termine rispettivamente nel secondo o nel primo semestre dell'anno solare".
Col secondo decreto (8 giugno 1957), in alcune province, fra le quali Messina e Palermo, l'adozione del libretto fu "rinviata all'annata agraria 1958 - 59".
Lo Stato e la Regione controvertono circa le conseguenze della mancata impugnazione, da parte della Regione, del primo decreto (22 dicembre 1956); se, cioè, la Regione potesse poi impugnare il secondo decreto (8 giugno 1957).
La questione generale fu già affrontata da questa Corte con la sentenza n. 18 del 6 luglio 1956, la cui fattispecie ha notevole analogia con quella della presente causa. In tale sentenza la Corte ha fissato il principio che, se la lesione della sfera di competenza e la violazione dello statuto speciale di una Regione si siano, in ipotesi, verificate con un dato provvedimento statale, qualora questo non sia stato impugnato non può la Regione impugnare successivi provvedimenti che contengano norme di mero carattere strumentale ed esecutivo del provvedimento precedente, non impugnato.
Il suindicato principio di diritto é applicabile al caso in disputa. Ed invero il secondo decreto impugnato dalla Regione contiene una semplice modifica di un punto secondario del primo decreto ed é a questo strettamente collegato.
La disposizione del secondo decreto non é che accessoria a quella del primo, le quali dal secondo decreto non sono state per nulla toccate nella loro sostanza, costituita dall'adozione ex novo del libretto personale ai fini della previdenza assicurativa contro la disoccupazione involontaria nel settore agricolo. Nel secondo decreto, infatti, si tratta di un semplice rinvio, a data determinata, dell'adozione in alcune province (4 su 39) del libretto personale; né vi si contiene nessuna modifica delle molte e minuziose formalità esecutive previste dall'art. 5 del Regolamento 24 ottobre 1955, n. 1323, bensì e solo - ripetesi - un puro e semplice rinvio. Non trattasi cioè di una proroga del provvedimento, la quale presupporrebbe che questo avesse già avuto esecuzione e, scaduto il termine fissato, una nuova disposizione lo avesse prorogato. Appunto l'ipotesi della proroga era stata considerata dalla giurisprudenza dell'Alta Corte per la Sicilia alla quale la Regioneha accennato. In sostanza, anche la Regione possa impugnare un provvedimento successivo ad un provvedimento precedente non impugnato la Corte ritiene che il secondo provvedimento non debba essere meramente accessorio del primo e, benché vertente sulla stessa materia, abbia una propria autonomia. É appunto questa condizione che difetta nel caso in disputa, in quanto il secondo decreto, impugnato dalla Regione, non può dirsi, come si é visto, abbia una propria autonomia, contenendo esso una semplice disposizione accessoria del primo decreto non impugnato.
Lo stabilire quando un provvedimento successivo abbia una propria autonomia in confronto ad uno precedente, é questione da decidere caso per caso. E pertanto infondato il richiamo che il patrocinio della Regione fa alla sentenza 7 marzo 1957, n. 44, di questa Corte. Tale sentenza infatti riguardava un caso diverso, cioè l'interpretazione autentica di una legge precedente e, del resto, la sentenza ribadiva espressamente il principio fissato con la già citata sentenza della Corte del 6 luglio 1956, n. 18. Di fronte a tale principio non può avere influenza in contrario la circostanza, addotta dalla Regione, che il rinvio disposto dal secondo decreto sia stato motivato da difficoltà locali di ordine tecnico ed organizzativo verificatesi nelle quattro province per le quali il rinvio era stato disposto, in quanto ciò non toglie il rapporto di accessorietà fra il secondo decreto ed il primo, rapporto che costituisce il motivo fondamentale che ha indotto la Corte ad accogliere l'eccezione di inammissibilità del ricorso di cui trattasi.
L'inammissibilità ha inoltre un fondamento razionale e pratico. Infatti, se l'autorità che ha emanato un provvedimento che - per non essere stato impugnato - é ormai pienamente operativo, non potesse poi emanare disposizioni accessorie opportune o queste dovessero venire rimesse ad altra diversa autorità, sorgerebbe possibilità di contrasti e di incertezze, ostacolandosi così il raggiungimento dei fini che il provvedimento principale si era proposto. Ciò avverrebbe - ad es. - nella specie, se lo Stato non potesse, per sopraggiunte esigenze tecniche, rinviare l'adozione del provvedimento, non ancora in atto, a data successiva determinata o se, per di più, la Regionepotesse sospendere o rinviare essa, a suo giudizio, il provvedimento stesso.
L'accoglimento dell'eccezione pregiudiziale preclude l'esame del merito della controversia.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto d'attribuzione proposto dalla Regione siciliana in relazione al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 8 giugno 1957, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 luglio 1957.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1958.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI
Depositata in cancelleria il 2 maggio 1958.